NESSUNO PARLA PIÙ DEL VIRUS ZIKA PER DEBELLARE IL QUALE ERA D'OBBLIGO L'ABORTO. INDOVINATE UN PO' PERCHÉ di Leone Grotti su «Tempi» Per molti mesi, soprattutto nella prima metà del 2016, i giornali hanno parlato ossessivamente del virus Zika, della zanzara che lo trasmette, dei casi di microcefalia in Brasile che sarebbero collegati ad esso «a migliaia» e talvolta degli aborti «necessari» a impedire la nascita di bambini malformati. Le donne sono state terrorizzate. Ma dalla seconda metà del 2016 in poi il dibattito si è spento. Perché? Perché i dati finali non erano più “interessanti”. DOVE SONO LE MICROCEFALIE? Secondo i calcoli dell’Oms e del ministero della Salute brasiliano, infatti, «si sarebbero dovuti verificare almeno mille casi di microcefalia nel 2016». Invece, «ci sono state tantissime infezioni di Zika, ma poche microcefalie». Meno di 100. Lo scrive il membro dell’Oms, Christopher Dye, insieme ad altri colleghi in un rapporto pubblicato mercoledì sul New England Journal of Medicine. «NON CI SONO PROVE». Perché? Gli scienziati, nonostante tutto quello che avete letto nell’ultimo anno, non ne hanno idea. Di sicuro, in molti casi il virus Zika è stato scambiato con il chikungunya, che dà «sintomi simili»: cioè quasi nessuno, a parte una leggera febbre e qualche sfogo cutaneo. La seconda ipotesi è che il virus Zika non causi la microcefalia, o almeno non da solo: «Quando una donna incinta contrae il virus, questo da solo non causa la microcefalia. Forse un’altra infezione unita a Zika aumenta i rischi di malformazioni del neonato». Il principale indiziato è la febbre Dengue, «ma al momento non ci sono prove». IL CASO COLOMBIA. Questo spiegherebbe perché solo nell’ultimo anno sono nati tanti sospetti su un virus conosciuto da più di 60 anni, che nell’80 per cento dei casi è asintomatico. Questo spiegherebbe anche perché la Colombia ha registrato quasi 100 mila casi di Zika, con 17 mila donne incinte infette, ma solo 18 di microcefalia. Inoltre, secondo uno studio comparso a marzo su Lancet solo una donna su 100 rischierebbe di sviluppare un’anomalia del bambino. Questo significa che una donna incinta che contrae Zika entro il terzo mese di gestazione «ha il 99 per cento di possibilità di avere un bambino normale». BRASILE INAFFIDABILE. Già in passato i riflettori, più che sul virus Zika, erano stati puntati sul Brasile, dove si riscontrano molte sifilidi e sindrome alcoliche fetali, che aumentano il rischio di microcefalie. Il boom di malformazioni potrebbe anche essere dovuto semplicemente all’inaffidabilità del paese sudamericano, dove in passato «i dati riportati dal governo erano largamente sottostimati rispetto alla realtà dei fatti», scrive Nature. La notizia dunque è che non c’è notizia, ma anche una fake news va bene quando si tratta di lanciare appelli (l’Oms l’ha fatto) ai paesi dell’America Latina perché legalizzino l’aborto.