Brucellosi Questa malattia è sostenuta da batteri del genere Brucella. In Europa si ritiene che la fonte di contagio sia generalmente rappresentata dai ruminanti domestici, nonostante esistano biotipi di Brucella (come B.suis biotipo 4 nella renna) probabilmente coevolutisi con le popolazioni di ungulati selvatici che parassitizzano. La trasmissione dal serbatoio domestico ai camosci avviene per contaminazione ambientale (del pascolo, delle acque) con materiale infetto quali feti abortiti e invogli fetali. Una certa importanza nella diffusione della malattia può essere attribuita anche ad altri vettori: artropodi, uccelli, micromammiferi. La brucellosi decorre generalmente in forma cronica, manifestandosi con lesioni osteo-articolari e genitali; nella femmina può essere causa di aborto ed espulsione del feto. Non va dimenticato il pericolo, che questa malattia rappresenta per l’uomo che si infetta tramite manipolazione di carcasse e visceri infetti o per ingestione di latte crudo o latticini freschi non pastorizzati. Eziologia La brucellosi è una malattia altamente contagiosa sostenuta da batteri del genere Brucella, trasmissibile all’uomo. La malattia esordisce con una batteriemia, seguita da localizzazione e persistenza a carico di linfonodi, milza, apparato riproduttore e articolazioni. La malattia è sostenuta da cinque specie di Brucella: B. melitensis, B. abortus, B. suis, B. ovis e B. canis. Tutte queste specie provocano negli animali un’infezione a decorso cronico con sintomatologia clinica talvolta manifesta e per lo più a carico degli organi del tratto genitale (aborto, metrite, orchite, epididimite) e spesso uno stato di infezione inapparente. B. melitensis, B. abortus, B. suis, e B. canis possono provocare malattia nell’uomo, mentre si può escludere qualsiasi significato zoonosico per B.ovis, specie in grado di produrre infezioini localizzate dell'apparato riproduttore nelle pecore. Le brucelle sono dotate di elevata resistenza nell’ambiente esterno, soprattutto in clima freddoumido e al riparo dalla luce, dove sono in grado di sopravvivere per mesi e in alcuni casi anche anni. Epidemiologia La brucellosi può interessare una grande varietà di specie selvatiche, in cui le segnalazioni sono state fatte soprattutto sulla base di positività sierologiche. Queste tuttavia vanno interpretate con cautela, in quanto non sempre si conosce la sensibilità e specificità dei test sierologici nelle specie controllate. Alcune sieropositività infatti possono conseguire a reazioni sierologiche crociate o indicare soltanto un'esposizione all'agente, ma non necessariamente infezione attiva. Inoltre le alte prevalenze di infezione, ancora presenti in alcune zone negli animali domestici, rendono difficile l’interpretazione di sieropositività nei selvatici che possono venire a contatto con soggetti infetti: in molti casi infatti il selvatico funge soltanto da “sentinella” della presenza dell’infezione, e non da serbatoio di brucelle. Soltanto poche specie selvatiche e in particolari contesti ambientali svolgono un ruolo importante nella epidemiologia della brucellosi. In Nord-America il bisonte e il wapiti mantengono l’infezione da B. abortus e rappresentano il principale serbatoio di brucellosi silvestre. Nelle regioni circumpolari il caribou e la renna sono serbatoi di B. suis, biotipo 4, distinto da altri biotipi, con coinvolgimento dell’uomo, cane e canidi selvatici. In Africa l’infezione brucellare interessa il bufalo e altri ungulati selvatici. Nel contesto europeo, B. abortus è stata isolata in Italia nel camoscio (che risulta una specie particolarmente sensibile a questa infezione), in Francia nel capriolo e in Svizzera sia nel camoscio che nel capriolo; inoltre è stata isolata nel daino (Cervus dama), muflone (Ovis musimon), renna (Rangifer tarandus) e cervo (Cervus elaphus). B. melitensis è stata isolata in Francia nel camoscio, e in Italia nello stambecco. La brucellosi è una malattia soggetta a denuncia e un piano di eradicazione nazionale è in fase di avanzata attuazione. Gli sporadici casi negli ungulati selvatici, riscontrati anche nel camoscio, sono verosimilmente riferibili alla presenza sui pascoli di animali domestici infetti. Patogenesi Solitamente l’infezione da brucelle avviene per via orale (attraverso la mucosa orale, le tonsille e la mucosa gastrointestinale) sebbene siano possibili anche la trasmissione per via oculare, attraverso le ferite e per via genitale (il maschio può trasmettere l’infezione durante l’accoppiamento). L’aborto riveste un ruolo importante nella diffusione dell’infezione: il feto abortito, gli invogli fetali, le secrezioni uterovaginali successive all’aborto o a un parto prematuro sono ricchissime in brucelle, e rappresentano un'eccellente fonte di contaminazione ambientale. Anche il colostro e il latte (grazie alla localizzazione delle brucelle nella mammella) possono trasmettere l’infezione. Per quanto riguarda le feci e urine, non si hanno conoscenze dettagliate, sebbene si ritiene che possano comunque svolgere un ruolo marginale nell’epidemiologia dell’infezione. Gli insetti (zecche, tabanidi, stomossidi, mosche, zanzare) sono riconosciuti come possibili vettori dell’infezione (la zecca anche per trasmissione verticale) ma il loro ruolo è ancora oggetto di studio e va considerato con cautela. Si riportano di seguito gli elementi di patogenesi e di evoluzione dell'infezione classicamente osservati nella specie bovina. Penetrate nell’animale recettivo, le brucelle si moltiplicano rapidamente nella sede di ingresso, dove vengono peraltro inglobate dai granulociti tissutali; in queste cellule le brucelle si moltiplicano attivamente, vengono trasportate ai linfonodi regionali, con conseguente iperplasia delle cellule del sistema reticolo-endoteliale a livello linfonodale regionale e sviluppo di granulomi. Superata la barriera linfonodale i microrganismi raggiungono il torrente circolatorio (batteriemia primaria) e si localizzano quindi alla milza, fegato, midollo osseo e linfonodi. Anche in questi organi si ha iperplasia cellulare, con formazione di granulomi. A questo punto, se l’animale è impubere l’infezione si esaurisce, in quanto le brucelle vengono inattivate dalla reazione immunitaria dell’organismo, lasciando tuttavia l’animale recettivo a ulteriori infezioni brucellari. Se invece l’animale è una femmina gravida, le brucelle rimangono quiescenti nelle sedi in cui sono pervenute durante la batteriemia primaria, fino a circa 2/3 della gravidanza, quindi si mobilitano, determinano una batteriemia secondaria, raggiungono gli organi bersaglio (placenta e feto) e si moltiplicano attivamente. Tale localizzazione sembra facilitata dalla presenza in sede placentare di d-eritrolo, un carboidrato in grado di stimolare attivamente l’attività metabolica delle brucelle. Replicandosi attivamente a livello placentare, con conseguente flogosi fibrinoso-necrotica-purulenta, interruzione degli scambi nutritivi tra madre e feto, morte di quest’ultimo e aborto. Sintomatologia Nei ruminanti la brucellosi induce abitualmente aborto nell’ultimo terzo della gravidanza e soprattutto a carico dei soggetti alla prima gravidanza. Altre manifestazioni sono rappresentate da neonati deboli e ritenzione placentare, seguita da metrite, perdite vaginali e successiva infertilità. Nei maschi la brucellosi causa orchite ed epididimite, che si manifestano con rigonfiamento dello scroto e occasionalmente suppurazione. Altre manifestazioni sono rappresentate da zoppicature dovute a lesioni granulomatose a carico di tarso, carpo e delle loro borse sinoviali. Camoscio. Necrosi da brucellosi a livello testicolare. (Foto: D. Gauthier) Camoscio. Raccolta purulenta (ascesso) a livello di testicolo. (Foto: D. Gauthier) Lesioni Nell'ambito di problemi alla sfera genitale, le lesioni più significative si riscontrano a carico della placenta, anche se tale organo è per ovvi motivi di difficile riscontro nelle specie selvatiche. A carico delle membrane placentari si rileva infiltrazione, ispessimento ed essudato necrotico purulento a carico dei cotiledoni placentari, che a loro volta si presentano ingrossati, emorragici o degenerati (di colorito grigio-giallastro). Il feto, se ritrovato, si presenta spesso putrefatto o mummificato. Le lesioni testicolari, descritte nel camoscio e nello stambecco, sono caratterizzate da notevole ingrossamento dell’organo, sclerosi parenchimale, presenza di focolai necrotici o ascessi a contenuto caseoso o purulento e spesso calcificazione. A carico delle articolazioni si rilevano lesioni (anche in questo caso descritte in camoscio e stambecco) caratteristiche di artrite e bursite, con presenza di tessuto granulomatoso, presenza di focolai necrotici e purulenti con spessa capsula connettivale. Noduli granulomatosi si possono riscontrare anche nella milza e nel fegato. Arto di camoscio con rigonfiamenti articolari (artrite) da brucellosi. (Foto: D. Gauthier) Diagnosi Oltre ai reperti clinici e anatomo-patologici, la diagnosi di brucellosi richiede analisi di laboratorio. La diagnosi di genere si effettua tramite esame colturale da materiale patologico con identificazione biochimica e sierologica e successiva caratterizzazione a livello di specie e biotipo. L'indagine sierologica si effettua mediante siero-agglutinazione lenta in tubi (SAL), sieroagglutinazione rapida con antigene al rosa bengala (RBT), e fissazione del complemento (FC). Anche il test ELISA può essere utilizzato e mostrasi utile nella diagnosi sierologica nei ruminanti selvatici in quanto può ovviare ai problemi di anticomplementarietà che con una certa frequenza possono riscontrarsi nei sieri.