“L'IMPERO BIZANTINO TRA LUCI E OMBRE” PROF. MARCELLO PACIFICO Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre Indice 1 LA GRECIZZAZIONE DELL’IMPERO --------------------------------------------------------------------------------- 3 2 L’ESPANSIONE TERRITORIALE ---------------------------------------------------------------------------------------- 6 3 FORTUNA E DECLINO ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 9 BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre 1 La grecizzazione dell’impero Alla fine dell’VIII secolo i territori bizantini corrispondevano a circa un terzo del territorio al tempo di Eraclio (610-641): esso comprendeva metà della Turchia, Tracia orientale, Atene, Patrasso, Corinto e i territori dell’Italia meridionale eccetto le terre longobarde. Le perdite a causa degli attacchi arabi, slavi, longobardi e bulgari erano state molte e solo a partire dal IX secolo le dinastie bizantine iniziarono con rinnovato vigore una politica espansionistica per ritrovare l’antico splendore. Nel periodo più buio comunque vennero attuate diverse riforme come quella amministrativa: per dare una struttura organizzata al territorio dividendolo in temi con a capo uno stratega, quella territoriale, per distribuire in maniera razionale i possedimenti, quella militare, i soldati (stratioti) erano allo stesso tempo colonizzatori e proprietari delle terre, quella sociale, venne favorita la nascita di una classe di contadini liberi che potevano godere di piccole proprietà. L’impero bizantino doveva preoccuparsi di difendere i propri confini e si chiuse nelle sue frontiere, perse le sue pretese di universalismo e acquistò un carattere più orientale tanto che anche la lingua ufficiale non fu più il latino ma il greco. Il titolo imperale non fu più imperator, Caesar o augustus ma basileus; nell’ambito del diritto ci si rivolse alla giurisdizione orientale e si attuò sempre più frequentemente una compenetrazione tra vita civile e religiosa. Nelle province orientali dell’impero bizantino (le più influenzate dal Giudaismo e dall’Islamismo) si generò la controversia iconoclasta, la lotta contro il culto delle icone raffiguranti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre Cristo, la Vergine e i santi poiché la venerazione di immagini veniva considerato peccato di idolatria. Queste province sapevano che la loro posizione periferica e perciò in prima linea contro gli attacchi esterni era importante e cercarono di sfruttare la situazione per avere più autonomia dal potere centrale. Quando al trono salì Leone III l’Isaurico (717-741) gli iconoclasti ebbero esaudite parte delle loro richieste; nel 726, nonostante l’opposizione del patriarca di Costantinopoli e del papa Gregorio III, con un decreto proibì il culto delle immagini nelle icone e ordinò la distruzione di affreschi e mosaici raffiguranti immagini sacre. Nel 731 papa Gregorio III lo scomunica. Anche il figlio Costantino V (741-775) proseguì la strada intrapresa dal padre: infatti l’appoggio delle province orientali era decisivo per la stabilità del potere imperiale. Le loro scelte in realtà non furono errate visto che grazie all’appoggio dei territori periferici l’impero riuscì a fermare l’invasione araba e arrestare la crisi dell’impero. Nel 784 la politica degli imperatori isaurici ebbe fine poiché fu nominato un imperatore iconodulo, Costantino VI (780-797), cioè favorevole al culto delle immagini e nel Nel 787 il concilio di Nicea II di Nicea condannò definitivamente l’iconoclasmo come eresia. Un ritorno dell’ideologia iconoclasta si ebbe con Leone V in modo però non vigoroso e solo nell’843 Michele III(842-867) si richiamò formalmente al Concilio di Nicea del 787, riaffermando la liceità del culto alle immagini. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre Questo evento non a caso coincise con l’attenuarsi del pericolo arabo e con la ripresa della grande proprietà terriera ad opera di funzionari e burocrati, di membri del clero, dei vertici militari e dei mercanti. Contemporaneamente però il ceto dei piccoli proprietari, stratioti e contadini liberi, entrò in crisi; diversi imperatori come Romano Lecapeno (920-944), Costantino VII Porfirogenito (944-959) e Romano II (959-963) emanarono leggi in difesa della piccola proprietà: in caso di vendita ad esempio erano agevolati i vicini che non fossero grandi proprietari. Nonostante queste leggi però i contadini, molto impoveriti, preferivano vendere ai grandi proprietari; si ripropose lo stesso processo già avvenuto in Occidente. L’imperatore Niceforo Foca (963-969) al contrario dei suoi successori emanò leggi a favore delle potenti famiglie aristocratiche, alla quale lui stesso apparteneva, e agevolò il concentramento delle terre nelle mani di pochi proprietari. I suoi successori Giovanni Zimisce e Basilio II ripresero una politica antinobiliare; questi cercarono di tenere l’aristocrazia sotto pressione ma la maggior parte delle terre erano ormai in mano ai grandi proprietari. Nell’impero bizantino comunque non si ebbe il completo trasferimento dei poteri ai signori poiché l’esistenza di un efficiente apparato pubblico rendeva sempre necessaria la presenza dello Stato. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre 2 L’espansione territoriale L’imperatore bizantino contava su un efficiente apparato burocratico possedendo strumenti sconosciuti ai sovrani dell’Occidente e paragonabili a quelli del sultano di Baghdad. Il rapporto tra Stato e Chiesa divenne molto stretto: l’imperatore, rappresentante di Dio sulla terra divenne capo dell’esercito e dell’amministrazione, garante della giustizia e della pace, difensore della Chiesa e della vera fede; tutto questo non portò mai a veri e proprio scontri come in Occidente perché qui il potere imperiale era riconosciuto maggiore rispetto a quello della Chiesa. Un ulteriore rafforzamento del potere imperiale si ebbe anche durante la dinastia macedone; questi imperatori ebbero molti successi militari grazie al rafforzamento della flotta e alla riconquista di molti territori che avevano perso in passato, come Creta, Edessa, la Siria, il Libano e la Palestina. Figura di spicco nell’ambito ecclesiastico fu il patriarca Fozio, eletto nell’858 che cercò di contrastare la tendenza del potere imperiale imponendosi anche alla Chiesa (cesaropapismo). I membri della dinastia macedone, primo tra tutti Romano Lecapeno, riscossero molti successi militari anche sul fronte settentrionale dei Balcani minacciato dalle invasioni dei Russi: nel 944 Romano Lecapeno conquista l’importante centro strategico di Edessa, stringendo alleanze grazie alle quali riuscì ad accerchiare i Bulgari che furono definitivamente sconfitti nel 1014 da Basilio II. Anche Foca ottenne ottimi risultati occupando Creta nel 961; Aleppo nel 962 e buona parte della Siria con Antiochia nel 969. Giovanni Zimisce invece riconquistò Libano e Palestina spingendosi fino a Gerusalemme. L’aggressività dei Russi sfociò invece nell’assedio di Costantinopoli nell’860 e nel 907. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre Grazie a Lecapeno il delicato momento venne superato: egli infatti instaurò un sistema attivo di alleanze che portarono all’accerchiamento dei Bulgari da parte dei Serbi, dei Croati e dei Russi. Simeone re dei Bulgari (893-927), il quale educato a Costantinopoli, si faceva chiamare “zar”, rinunciò ai suoi ambiziosi progetti, accontentandosi del titolo di basileus dei Bulgari. Basilio II; detto Bulgaroctono, vinse e sottomise tutta la popolazione bulgara. La Chiesa bulgara invece, sotto Re Boris(852-893), da patriarcato divenne archiepiscopato e fu sottomessa al patriarcato di Costantinopoli. La cristianizzazione degli Slavi e delle altre popolazioni pagane nei Balcani corrispondeva ad un ampliamento dell’influenza politica di Bisanzio; il fatto che la conversione dei popoli pagani fosse legata all’aumento dell’influenza politica non era un fatto nuovo visto che la Chiesa romana con l’appoggio dei Franchi stavano attuando la stessa strategia e proprio per questo motivo entrarono in contrasto. Un vero e proprio conflitto scoppiò per il controllo della Chiesa bulgara; le due Chiese si accusarono a vicenda di superare la propria area di influenza e ben presto il dibattito si spostò all’ambito teologico e più precisamente alla questione del «Filioque». Il patriarca di Costantinopoli Fozio scomunicò il papa Niccolò I perché a Roma durante la recita del Credo si affermava che lo Spirito Santo derivasse sia dal Padre che dal Figlio mentre il Concilio di Nicea I, del 325 aveva postulato una derivazione solo dal Padre. Per rimettere la pace l’imperatore Basilio I convocò un concilio nell’869-870 durante il quale si decretò la deposizione di Fozio e la sottomissione a Bisanzio della Chiesa bulgara. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre I contrasti di natura religiosa per alcuni anni furono sopiti ma ripresero violentemente nel corso del XI secolo quando alla guida delle due Chiese si trovarono due prelati molto intransigenti: Leone IX a Roma e di Michele Cerulario a Costantinopoli. La Chiesa Occidentale doveva fronteggiare problemi come il matrimonio dei preti (non consentito) e l’uso di pane lievitato durante l’Eucarestia ma il problema principale rimaneva quello del «Filioque». Nessuno sforzo di conciliazione si ebbe dalle due parti; nel 1054 tre delegati bizantini si recarono a Roma nel falso tentativo di appianare le tensioni e senza nessuna motivazione di apertura tanto che al loro ritorno a Costantinopoli portarono la bolla di scomunica del papa al patriarca che, ovviamente, fece la stessa cosa col papa. Lo scisma tra le due Chiese si compì senza che però fosse avvertito come un evento traumatico dal mondo cristiano visto che non era la prima volta che si erano verificate tensioni tra i vertici della Chiesa romana e di quella bizantina. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre 3 Fortuna e declino Tra il IX e il X secolo la società bizantina attraversò un periodo di crescita in tutti i suoi settori: politico, amministrativo, economico, commerciale, artistico. Costantinopoli era la più importante città del Mediterraneo ed era inoltre nota per la produzione di stoffe e sete. Altre città importanti per i commerci internazionali erano Tessalonica (oggi Salonicco), Corinto in Grecia, Trebisonda, Amastri sul Mar Nero, Efeso e Attalia sulle coste del Mediterraneo. A Costantinopoli non si ha conoscenza di come venissero regolati i commerci e la attività produttive, ma era forte dovunque il controllo dello stato. Nel testo denominato “Libro dell’eparco” (prefetto) emerge che a Bisanzio tutti i mestieri erano organizzati in corporazioni, che operavano sotto il controllo delle autorità statali. La capitale, anche per iniziativa degli imperatori, era sede di un’intensa attività intellettuale e artistica; Leone VI, ad esempio, fu filosofo, teologo e giurista: il su nome è legato alla revisione del diritto giustinianeo. Costantino VII Porfirogenito compose opere di carattere storiografico, I Temi, L’amministrazione dell’impero e Il trattato sulle Cerimonie della corte bizantina. Un grande filosofo, teologo, storico e statista bizantino dell’XI secolo fu Michele Psello il quale incoraggiò l’attività delle scuole e fu molto influente a corte. Proprio quando il prestigio politico-culturale di Bisanzio era al culmine si manifestarono i primi segni di crisi che condussero l’impero a un rapido declino. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre Questa crisi fu determinata da vari fattori. Morta Teodora di Bisanzio nel 1056 la dinastia macedone si estinse e iniziò una lunga lotta per la successione tra la nobiltà della capitale e i membri della burocrazia contro l’aristocrazia fondiaria. Ad avere la meglio fu l’aristocrazia che legiferò a suo favore non occupandosi più dei contadini. Sul fronte orientale i Turchi selgiuchidi si erano impadroniti di Baghdad e ciò rappresentava una seria minaccia per Bisanzio visto che questi iniziarono subito un’offensiva verso l’Egitto ripristinando in qualche modo l’antico impero arabo. I turchi conquistarono anche la Siria, la Palestina e Gerusalemme nel 1070: lo stesso imperatore Romano IV Diogene fu fatto prigioniero. Nel 1081, quando l’imperatore Alessio Comneno ( 1081-1118) conquistò in maniera definitiva il potere all’impero era rimasto un territorio corrispondente a meno di un quarto dell’attuale Turchia. Sul fronte dell’Italia meridionale un altro pericolo fu costituito dai Normanni; questi conquistarono i territori bizantini in Italia e dopo aver conquistato Durazzo (in Albania) si mossero verso Costantinopoli. L’imperatore Alessio Comneno chiese aiuto ai Veneziani che riuscirono a fermare i Normanni e che per il loro intervento pretesero da Bisanzio un compenso altissimo: con un diploma imperiale (crisobolla) del 1082 gli furono concessi numerosi privilegi, come ad esempio commerciare liberamente nelle città dell’impero senza pagare dazi e tasse. Ne risultò un duro colpo alle finanze dell’impero che presto si trovò con le casse in dissesto. Dopo la parentesi del Regno Latino, entità politica creata dai crociati, la riconquista di Costantinopoli, nel 1261, non apportò mutamenti radicali nello sviluppo dell'impero bizantino. Gran parte degli antichi possedimenti era definitivamente perduta sia in Asia Minore che nei Balcani; alcune regioni si erano staccate e praticamente vivevano vita propria (Epiro, Tessaglia), altre erano ancora sotto il dominio franco (Attica, Beozia, parte delle isole). Costantinopoli era sempre un Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre grande centro urbano di importanza commerciale e culturale. Il rientro trionfale dell'imperatore, della corte, del patriarca e dell'amministrazione bizantina nella riconquistata ma alquanto mal ridotta e spoglia capitale fu naturalmente accompagnato dalla resurrezione e dal risveglio dell'ideologia imperiale e universalistica, che era stata accantonata, almeno in pratica, per un mezzo secolo. I suoi punti essenziali non furono però mai abbandonati sino alla fine dell'esistenza dell'impero. Sostenitrice convinta del dogma dell'universalità dell'impero fu, fino alla sua caduta, la Chiesa, una delle poche forze ben organizzate e stabili. Quando, verso la fine del XIV secolo, l'impero era ridotto alla sola capitale e circondato da ogni parte dai Turchi, il patriarca Antonio scriveva ancora al granduca di Mosca, Basilio I, rimproverandogli di aver dimenticato che c'era solo un impero e solo un imperatore e questi era quello dei Romei che risiedeva a Costantinopoli. Dopo la riconquista della capitale, l'impero fece grandi sforzi per riaffermarsi sul piano internazionale ma inutilmente. Ancora sotto il regno dell'imperatore Michele VIII Paleologo egli s'immischiò negli affari mediterranei conducendo una politica attiva ma volta piuttosto alla difesa che alla conquista o espansione. Costantinopoli rimase quindi oggetto piuttosto che soggetto della grande politica e presto passò a stato di terzo rango; già alla metà del XIV secolo divenne vassallo dei Turchi Ottomani e alla fine, quando era ormai ridotto alla sola capitale, tagliato fuori dal suo più prospero e splendido possesso, il Peloponneso o Morea, fu sommerso dai Turchi nel 1453. Non molto dopo, nel 1460, gli stessi Turchi entravano in Mistrà, capitale del Peloponneso bizantino, ponendo fine all'impero che da quasi due secoli era moribondo. In quest'ultimo periodo le forze sociali, che dall'XI secolo erano in continua ascesa, raggiunsero il punto più alto del loro sviluppo e furono esse, non le vecchie strutture statali, a caratterizzare l'ultima epoca bizantina. I grandi proprietari fondiari avevano già alzato la testa negli Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre ultimi anni dell'impero di Nicea. Con i Paleologhi trionfarono completamente, e fra essi soprattutto i membri della famiglia imperiale, che possedevano immensi latifondi. I grandi signori feudali avevano i loro seguiti armati e spesso furono essi, poiché lo stato non ne era più in grado, a formare o finanziare nuovi eserciti e flotte. Crebbe l'estensione della grande proprietà e con essa si acuì il processo di differenziazione in seno all'aristocrazia fondiaria e si formò uno strato sociale di grandi e potenti latifondisti. Ne trassero nuovo impulso le forze centrifughe, di espressione tipicamente feudale, che erano in opera da qualche secolo. A partire dal XII secolo Cipro, Trebisonda, Filadelfia in Asia Minore, Epiro e Tessaglia e tante altre regioni si erano staccate più o meno permanentemente dall'impero. Questo processo continuò ancora più vigorosamente sotto i Paleologhi con la distribuzione, da parte degli imperatori, degli appannaggi, cioè di regioni o province, ai membri della famiglia imperiale, appannaggi che, anche se non formalmente, erano di fatto indipendenti sia dal punto di vista amministrativo che politico. Ancora verso la fine del XIII secolo proposte di divisione dell'impero avevano sollevato scandalo. Le forze feudali si espandevano e dominavano lo stato e nulla ormai poteva più frenarle o fermarle. L'effettivo potere era nelle mani dei grandi signori, in primo luogo dei membri della famiglia imperiale, con un potente ed efficiente apparato burocratico. Gli scrittori del tempo non riuscivano a ricordarsi o ignoravano quale fosse il contenuto di cariche quali «logoteta del dromo» o «eparco della città», importanti ancora tre secoli addietro; la maggior parte di esse sono ora vuoti titoli di corte. Accanto alla grande proprietà laica, quella della Chiesa, e soprattutto dei monasteri, assunse proporzioni mai viste prima. È vero però anche che, proprio grazie alla continuità del possesso monastico e alla tradizione documentaria conservatasi fino a oggi, siamo molto meglio informati sui Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre beni della Chiesa che non su quelli dei laici; ma è comunque manifesto che ambedue caratterizzarono lo sviluppo dell'ultimo periodo bizantino. I cambiamenti quantitativi, per quanto di grande portata, non furono certo gli unici a influire sul possesso fondiario nel periodo tardo-bizantino. Altrettanto importanti furono quelli concernenti il potere dei signori feudali sui loro contadini. Crebbero i loro diritti immunitari, non solo sul piano tributario ma anche su quello giurisdizionale: le libertà dei contadini furono sensibilmente ridotte, furono date ai signori feudali nuove possibilità di prelazione sui beni contadini in certi casi (per es. di successione). D'altronde, non era in decadenza soltanto la proprietà contadina ma anche quella dell'aristocrazia media e piccola, le cui terre furono in parte assorbite dai grandi signori. La differenziazione sociale aveva fatto passi da gigante. Questi cambiamenti evidentemente scalzarono anche i resti dell'organizzazione delle forze armate, che ormai erano nelle mani dell'alta nobiltà tanto sul piano personale che su quello finanziario. Quanto mal ridotte esse fossero, divenne evidente sotto il regno dell'imperatore Andronico II (1282-1328) allorché egli non riuscì, malgrado una riforma finanziaria, a mettere in piedi un esercito di 3000 uomini (2000 per il servizio in Europa e 1000 per quello in Asia Minore), né a formare una flotta di 20 triremi. Le finanze erano in rovina e la situazione, invece di migliorare, divenne sempre più critica. La svalutazione precipitava: all'inizio del XIV secolo il nomisma bizantino, o come veniva chiamato sempre più spesso l'iperpero, conservava appena la metà del suo valore originario. Esso continuò a perdere livello e a peggiorare di lega, per cui i pagamenti si facevano a peso e non al pezzo. Perdite territoriali, guerre civili, svalutazione monetaria, concorrenza spietata di commercianti stranieri che affluivano ancora numerosi nel fiorente centro di Costantinopoli, Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre provenienti dai paesi arabi o italiani, provenzali o spagnoli, russi o balcanici, ma in primo luogo da quelli veneziani e sempre più da quelli genovesi contribuì a ridurre il bilancio statale a misere somme. Come prima nel cuore dell'impero e di Costantinopoli s'era insediata Venezia. Verso la fine del XIII secolo i Genovesi fondarono la loro colonia a Galata o Pera, dunque di fronte a quella veneziana, che fortificarono come se fossero in territorio nemico, e da dove controllarono sempre più il commercio e le finanze bizantine. Queste non bastavano né per l'esercito mercenario, anche se ormai minimo, né per le spese di corte spesso più che modeste. Se ancora all'inizio del XIV secolo si era potuto pensare a un esercito di 3000 uomini e a una flotta di 20 navi da guerra, verso la fine dello stesso secolo l'imperatore Manuele II, al momento di partire per l'occidente, lasciava a difesa della capitale 100 cavalieri francesi, 100 servitori armati, una compagnia di arcieri e otto galere, che erano state poste a sua disposizione dai Veneziani e dai Genovesi. Neppure imposte nuove e straordinarie, o tasse prelevate due o tre volte l'anno, potevano riempire le casse dello stato. Gli imperatori ricorsero a donazioni di ricchi signori feudali, a prestiti all'estero, e per esempio alla ricca ma poco sentimentale repubblica veneta , per cui si trovano ancora oggi nella chiesa di San Marco i gioielli della corona depositati quale garanzia nel XIV secolo; o a pie oblazioni come quella inviata dal granduca russo Basilio II nella prima metà del XV secolo per eseguire ingenti riparazioni alla chiesa di Santa Sofia ma con grande scandalo dei contemporanei impiegate come soldo per truppe mercenarie. Nelle città, che si andavano riducendo sempre più a centri di regioni agricole, la vita era determinata dall'aristocrazia fondiaria. La politica imperiale di controllo sia dell'industria che del commercio, e soprattutto i sempre maggiori privilegi concessi a partire dalla fine dell'XI secolo alle repubbliche marinare italiane avevano soffocato l'iniziativa delle classi cittadine: fu così che Bisanzio divenne una specie di Hinterland economico dei centri commerciali italiani. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre Nelle città bizantine non sorse mai una classe capace di incrementare lo sviluppo commerciale e industriale, come accadeva in occidente. Non si può dire che una tale classe mancasse del tutto; poiché anzi si sviluppò fino a un certo livello, ma non assunse mai forza sufficiente a inculcare nuove energie allo stato o a imprimergli una nuova direzione nella politica economica e sociale. Il tentativo più serio da parte delle nuove forze economiche e sociali sorte dallo sviluppo del primo capitalismo fu compiuto a Tessalonica, dove un partito popolare, quello degli «zeloti», poté assumere verso la metà del XIV secolo il potere nelle proprie mani per quasi un decennio. Ma le sue forze non ressero e l'alta aristocrazia poté ben presto riprendere le posizioni perdute. La mancanza di una giovane e vigorosa, intraprendente e audace borghesia bizantina fu certamente una delle cause, ma non la sola, che portò al crollo dell'impero. Il trionfo della reazione aristocratica feudale e la posizione privilegiata delle repubbliche marinare italiane, in primo luogo Venezia e Genova, con le loro immense privative commerciali, finanziarie, doganali, impedirono lo sviluppo di una borghesia quale si era formata in occidente. Forse una tale classe sarebbe stata una forza capace di opporsi alle tendenze centrifughe, separatistiche e smembratrici che indebolirono, scalzarono e rovinarono l'edificio dello stato bizantino dall'interno fino a un tal punto che cadde, come frutto maturo, in mani turche. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 16 Università Telematica Pegaso L'impero bizantino tra luci e ombre Bibliografia E. Ashtor, Storia Economica E Sociale Del Vicino Oriente, Nel Medioevo, Torino Einaudi, 1982 G. Ostrogorsky , Storia Dell’Impero Bizantino, Torino, Einaudi,1968 M. Psello, Imperatori di Bisanzio, Milano, Fondazione Valla Mondadori, 1984 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 16