Autoconsumo di beni L’autoconsumo si configura in due ipotesi, distinte in relazione all’utilizzo a favore di esigenze interne all’impresa, ovvero per finalità e scopi ad essa estranei. Quindi, l’autoconsumo può essere distinto tra “autoconsumo interno” e “autoconsumo esterno”. Il primo si configura quando il bene viene utilizzato nell’esercizio dell’attività imprenditoriale. Al riguardo si pensi a una materia prima (come ad esempio il ferro) o un bene sussidiario (ad esempio, l’impugnatura in legno di un qualsiasi strumento) autoprodotti dall’impresa, o acquistati presso un soggetto terzo, che vengono utilizzati nella produzione del bene finito oggetto dell’attività d’impresa (ad esempio, un badile). Alla luce di ciò, si può affermare che si verifica autoconsumo interno quando il soggetto passivo utilizza i beni prodotti o le materie prime nell’ambito dell’impresa, al fine di migliorarne l’efficienza, la produttività, o per altri simili scopi. Si tenga presente che tale fattispecie non è rilevante ai fini IVA. IVA L’autoconsumo “esterno”, invece, rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, coincide con la fruizione di un bene da parte del soggetto IVA o dei suoi familiari, o comunque con la destinazione del bene a finalità estranee all’attività svolta. Esso si configura sia nel caso di esercizio d’impresa, che nel caso di esercizio di arti e professioni. Dà sempre luogo a imposizione IVA, IVA , fatte salve le ipotesi in cui non sia stata operata la detrazione IVA relativa all’ all ’acquisto del bene. bene Si evidenzia che costituisce un’ipotesi di autoconsumo esterno anche quella di cessazione dell’attività. Nel caso in cui vi sia autoconsumo “esterno” il contribuente dovrà assoggettare ad IVA il prezzo di acquisto o, in mancanza, il prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni. Al fine di assolvere l’IVA il contribuente procederà all’emissione di apposita autofattura. L’autofattura avrà le seguenti caratteristiche: - intestazione a se stessi, indicando che si tratta di autofattura per autoconsumo esterno; - unico esemplare; - indicazione della corretta aliquota IVA. Per tali cessioni, secondo l’art. 18, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, la rivalsa non è obbligatoria: se la rivalsa non viene esercitata, la fattura va registrata nel solo registro delle vendite. L’autofattura deve essere registrata nel registro delle fatture emesse, seguendo la numerazione progressiva. Base imponibile e valore normale La Comunitaria 2008, ha apportato alcune modifiche all’art. 13 del D.P.R. n. 633/1972 che disciplina la base imponibile. Più in particolare, per le cessioni gratuite, l’ l ’autoconsumo “esterno” o la destinazione ad altre finalità estranee all’ all ’impresa e le assegnazioni di beni ai soci di cui rispettivamente all’ all ’ art. 2, comma 2, numeri numeri 4), 5) e 6), la base imponibile non è più determinata in funzione del “valore normale”, ma coerentemente al dettato comunitario - è ora costituita dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal momento mento in cui si effettuano tali operazioni. prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel mo all’’ art. 3, primo e terzo periodo del D.P.R. n. 633/1972, Analogamente, per le prestazioni gratuite di cui all la base imponibile è costituita dalle spese sostenute dal soggetto passivo per l’ l ’ esecuzione delle prestazioni prestazioni stesse. stesse Al riguardo si segnala che l’Assonime con la circolare n. 42/2009 ha precisato che “il prezzo di acquisto ai fini della determinazione dell’imponibile, non può essere limitato solo all’importo pagato per acquistare il bene, ma dovrebbe comprendere anche le spese relative ad acquisti di beni e servizi sostenute, in ipotesi, per riparare o completare il bene (naturalmente se rilevanti ai fini dell’IVA: non sono tali, ed esempio, le retribuzioni ai dipendenti impiegati nella manutenzione), tenendosi conto, inoltre, di quanto è stato già consumato al momento della effettuazione dell’operazione; non potrebbe, ad esempio, essere assunto come imponibile della cessione il prezzo di acquisto “tal quale”, se il bene nel frattempo è stato usato ed è diminuito di valore, così come non potrebbe assumersi il mero prezzo di acquisto se il bene è stato migliorato (riparato o completato) ed è aumentato di valore. In tale ottica, il riferimento al prezzo di acquisto tende a coincidere con il “valore residuo del bene al momento del prelievo”, intendendo, però, come valore residuo, non il valore normale, ma la somma dei prezzi pagati per l’acquisto dei beni e dei servizi che hanno consentito la realizzazione del bene, al netto del deprezzamento che il bene ha subito nel tempo. La stessa chiave interpretativa dovrebbe essere utilizzata nei casi in cui manca il prezzo di acquisto e la norma impone di riferirsi al “prezzo di costo”; l’unica differenza, in questi casi, è data dalla circostanza che il bene in questione non è stato acquistato, ma è stato prodotto “ex novo” dal soggetto che effettua l’operazione, con la conseguenza che gli importi che compongono l’imponibile non comprendono, evidentemente, il prezzo dell’acquisto iniziale”. Sono state, poi, integralmente recepite le disposizioni “antielusive” contenute nell’art. 80 della direttiva n. 112 del 2006 in materia di base imponibile relativamente alle operazioni poste in essere fra soggetti “controllati” e con limitazioni soggettive del diritto alla detrazione per effetto del pro rata di cui al comma 5 dell’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972, ovvero dell’opzione di cui all’art. 36-bis del medesimo decreto. Le nuove disposizioni contrastano possibili abusi concernenti l’artificiosa determinazione dei corrispettivi, finalizzata ad ottenere indebiti vantaggi rispetto all’ammontare dell’imposta detraibile, nell’ambito delle operazioni poste in essere da società che direttamente o indirettamente controllano la controparte, ne sono controllate oppure sono controllate dalla stessa società che controlla la controparte. Più in dettaglio è previsto che la base imponibile sia determinata al valore normale nelle seguenti ipotesi: 1) operazioni imponibili effettuate con corrispettivo inferiore al valore normale nei confronti di un soggetto con diritto alla detrazione limitato. Tale previsione, già recepita in realtà dalla finanziaria 2008, mira ad evitare che i corrispettivi siano fissati artificiosamente in misura inferiore per addebitare una minore imposta e quindi consentire un vantaggio al soggetto acquirente che soffre di una limitazione del dritto alla detrazione; 2) operazioni esenti effettuate con corrispettivo inferiore al valore normale, da un soggetto con limitato diritto alla detrazione. La nuova previsione intende evitare che si possano fissare corrispettivi artificiosamente più bassi allo scopo di ridurre il “volume d’affari” dell’attività esente e beneficiare conseguentemente di una maggiore percentuale di detrazione; 3) operazioni imponibili, nonché quelle assimilate ai fini del diritto alla detrazione, effettuate con corrispettivo superiore al valore normale da un soggetto con limitato diritto alla detrazione. Anche questa previsione intende evitare la possibile alterazione del pro rata di detrazione del fornitore realizzata, stavolta, attraverso l’artificiosa pattuizione di corrispettivi imponibili superiori. La Comunitaria 2008 interviene anche sulla definizione del valore normale ai fini IVA di cui all’art. 14 del D.P.R. n. 633/1972 al fine di adeguarla ai principi comunitari. In pratica dal nuovo testo dell’art. 14 del D.P.R. n. 633/1972 scompare ogni riferimento ai listini di vendita e alle mercuriali o alle tariffe professionali, e si lascia spazio alla nozione comunitaria che identifica il valore normale con “l’intero importo che il cessionario o il committente, al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi, dovrebbe pagare, in condizioni di libera concorrenza, a un cedente o prestatore indipendente per ottenere i beni o servizi in questione nel tempo e nel luogo di tale cessione o prestazione”. Nel nuovo quadro normativo, laddove non risultassero accertabili cessioni di beni o prestazioni di servizi analoghi a quelli da stimare, il valore normale va parametrato al prezzo di acquisto o, in mancanza, a quello di costo di beni simili ovvero, per le prestazioni di servizi, alle spese di esecuzione delle stesse. È stata altresì modificata l’intitolazione dell’art. 14 del D.P.R. n. 633/1972 che risulta ora rubricato “Determinazione del valore normale” e non più “Determinazione della base imponibile” e coerentemente con la nuova intitolazione anche il comma 1 dell’art. 14 relativo alla determinazione della base imponibile in caso di corrispettivi in valuta estera è stato trasfuso nel comma 4 dell’art. 13 del D.P.R. n. 633/1972. Di una certa rilevanza risulta poi la previsione contenuta nel comma 3 dell’art. 14 in base alla quale il valore normale per la messa a disposizione da parte del datore di lavoro nei confronti del proprio personale dipendente di veicoli e telefonini1 sarà individuato secondo apposti criteri stabiliti con un decreto ministeriale di futura emanazione. In attesa dell’emanazione di tale decreto si continua ad applicare il regime attuale che, come è noto, prevede che per la messa a disposizione dei veicoli il valore normale è costituito dal “fringe benefit” calcolato ai fini 1 In base al nuovo art. 13, comma 3, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972, per la messa a disposizione di veicoli stradali a motore nonché di telefonini e delle relative prestazioni di gestione, effettuata dal datore di lavoro nei confronti del proprio personale dipendente, la base imponibile è costituita dal valore normale dei servizi se è dovuto un corrispettivo inferiore. reddituali. Le nuove disposizioni si applicano alle operazioni effettuate dal sessantesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della Comunitaria 2008 vale a dire dal 27 settembre 2009. Naturalmente per stabilire quando un’operazione s’intende effettuata ai fini IVA occorrerà fare riferimento alle disposizioni di cui all’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972. Infine, per quanto attiene agli immobili, la Comunitaria 2008 ha rimosso le disposizioni introdotte dal D.L. n. 223/2006 che consentivano al Fisco di rettificare la dichiarazione del venditore nel caso in cui il corrispettivo fatturato fosse inferiore al valore dell’immobile determinato secondo parametri estimatori oggettivi. Più precisamente le modifiche eliminano le previsioni introdotte dall’art. 35, comma 3 del D.L. n. 223/2006, che di fatto avevano ampliato i poteri di accertamento relativamente alle cessioni immobiliari effettuate nell’esercizio di impresa, prevedendo la possibilità di esperire azioni di controllo analitico-presuntivo anche in tutti quei casi in cui il corrispettivo dichiarato era inferiore al valore normale. Caso risolto Quesito: Un ristoratore destina al proprio autoconsumo personale e dei suoi familiari degli alimentari acquistati per il suo ristorante. Ai fini IVA, è rilevante tale autoconsumo? Soluzione prospettata: Premesso che l’IVA afferente l’acquisto dei beni alimentari sia stata operata dal ristoratore nell’esercizio della propria attività commerciale, tale operazione può essere inquadrata come “autoconsumo esterno”, in quanto nel caso in oggetto la fruizione dei beni (alimentari) da parte del soggetto IVA e dei suoi familiari avviene per finalità estranee all’attività svolta. In questo caso l’autoconsumo è assoggettato a IVA. Più precisamente, l’imprenditore autofattura i beni (alimentari), tenendo presente che la base imponibile sarà costituita dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni. Sul valore imponibile così determinato va applicata l’IVA nella misura corrente, che rimane a carico dell’impresa, salvo che i destinatari (ristoratore e suoi familiari) dei beni (alimentari) vogliano rimborsarla alla società con propri fondi personali.