Michele Rismondo [email protected] Insegnamento di BIOLOGIA, ANATOMIA E MORFOLOGIA VEGETALE Argomento 13: ANGIOSPERME Principali famiglie di interesse alimentare OLEACEAE Oleaceae Piante arbustive a arboree, talvolta liane, caducifoglie a sempreverdi, con foglie opposte, semplici a composte; fiori piccoli, unisessuali su piante dioiche, bisessuali a unisessuali e bisessuali sulla stessa pianta, riuniti in cime a grappoli; il frutto può essere una drupa, una bacca, una capsula o una samara. La famiglia, la cui origine risale al Terziario, e formata da 30 generi con 600 specie distribuite nelle aree temperate e tropicali di tutto il globo, con particolare riguardo all' Asia orientale. L'importanza di questa famiglia è legata soprattutto all'Olivo (Olea europaea), famosa pianta del paesaggio mediterraneo, alimentatrice, con i suoi frutti, di una vasta attività industriale. Tra le altre piante di interesse economico, un ruolo di prima piano e occupato dai Frassini, soprattutto per il loro legno. Non mancano diverse specie utilizzate come piante ornamentali, quali i Gelsomini, i Lillà, i Ligustri, le Forsitie. Allo stato spontaneo sono maggiormente diffusi i generi Fraxinus, Ligustrum, Phillyrea e, spontaneizzato, Syringa. Oleaceae CHIAVE PER LA FAMIGLIA OLEACEAE 1 Foglie intere 1 Foglie imparipennate 2 Foglie sempreverdi, coriacee 2 Foglie caduche, membranose 3 Foglie tomentose nella pagina inferiore 3 Foglie verdi anche nella pagina inferiore 4 Infiorescenza a brevi racemi ascellari; frutto a drupa 4 Infiorescenza a pannocchia terminale; frutto a bacca 5 Fiori violetti, raramente bianchi, relativamente grandi, con tubo corollino lungo il doppio del diametro; foglie cuoriformi alia base; frutto a capsula. 5 Fiori bianchi, piccoli, con tubo corollino tanto lungo che largo; frutto a bacca 6 Foglie imparipennate; frutto a samara 6 Foglie imparipennate; frutto a drupa 2 6 3 5 Olea 4 Phillyrea Ligustrum Syringa Ligustrum Fraxinus Jasminum Fraxinus ornus Fraxinus ornus Orniello, Avorniello, Frassino da manna MORFOLOGIA Albero caducifoglio o arbusto alto fino a 10-15 m, a porta-mento slanciato e chioma leggera, ovale. Corteccia dapprima grigio-verdognola e liscia, poi più scura e screpolata. Rami flessibili e robusti, portanti gemme grandi, pelose, grigie o rossastro-cenerine. Foglie opposte, imparipennate, lunghe 15-25 cm, formate da 7-9 foglioline brevemente picciolate, arrotondato-ellittiche, cuspidate e a margine denticolato, di 1,5-4 x 5-10 cm. Fiori odorosi, con petali bianchi, lanceolato-lineari, riuniti in grandi pannocchie erette che si sviluppano contemporaneamente alle foglie. Il frutto e una samara ellittico-spatolata di 3-5 x 15-25 mm. Fiorisce ad aprile-maggio e matura i frutti in settembre-ottobre. ECOLOGIA Specie eliofila e moderatamente termo-xerofila, e adattata a climi temperato-caldi con aridità estiva. Non mostra particolari esigenze nei confronti del substrato, anche se preferisce suoli sciolti, calcarei ed evita quelli argillosi e troppo acidi. Diffuso soprattutto nella fascia dei querceti caducifogli supramediterranei, mostra un'ampia valenza ecologica, potendo vivere sia nei boschi freschi su terreno relativamente umido, sia nelle boscaglie xerofile su terreno arido con esposizioni meridionali. E’ tra le piu diffuse e frequenti caducifoglie ed è specie accompagnatrice nei boschi collinari di Roverella, di Carpino nero, di Cerro, in quelli di Faggio alle quote più basse del piano montano; penetra anche nelle cenosi mediterranee di Leccio. DISTRIBUZIONE Penisola Balcanica, Turchia, Austria, Italia, Francia meridionale e Spagna orientale. UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA Dall'Orniello e dal Frassino meridionale si raccoglie la manna, sostanza zuccherina contenente mannite, che trasuda dalle incisioni praticate nella corteccia e che all'aria si rapprende. Il suo maggiore impiego è come dolcificante, lassativo e purgante, privo di disturbi secondari, ma viene considerato efficace anche contro gli avvelenamenti da barbiturici, le ascaridiosi e negli stati di shock. I Frassini da manna, nelle loro diverse varietà, venivano un tempo coltivati in alcune località dell'ltalia meridionale e in particolare in Sicilia. Fraxinus excelsior Fraxinus excelsior, F.maggiore, F. comune MORFOLOGIA Albero caducifoglio alto fino a 35-40 m, a portamento slanciato, con tronco eretto e rami ascendenti; chioma ampia ed a contorno rotondeggiante. Corteccia dapprima grigio-verdastra e liscia, quindi con I'età ruvida e finemente screpolata. Gemme piramidate, nere, vellutate. Foglie opposte, imparipennate, con 7-13 foglioline sessili o quasi, ellittico-lanceolate o lanceolate, irregolarmente dentate, con denti in numero maggiore rispetto ai nervi laterali, con nervatura mediana a volte pubescente, superiormente di colore verde-vivo, inferiormente più chiare. Fiori incospicui, senza calice e corolla, bisessuali o unisessuali, con antere purpureo-violacee, riuniti in densi racemi ascellari e sviluppantisi in primavera prima delle foglie. Il frutto è una samara larga 7-8 mm e lunga 3-5 cm, con ala oblungo-lanceolata, ottusa. Fiorisce a marzo-aprile e matura i frutti a settembre-ottobre. ECOLOGIA E’ specie mesofila, eliofila da adulta; predilige suoli poco coerenti, fertili, freschi e profondi. Rappresenta un elemento dei boschi misti mesofili di caducifoglie, delle faggete, dei boschi di forra e di quelli planiziari, fino a 1500 m; è associato più frequentemente ai Tigli, all' Acero di monte, all'Ontano nero e all'Olmo montano. E’ specie caratteristica delle formazioni forestali mesofile di caducifoglie a dominanza di Faggio. DISTRIBUZIONE Penisola Iberica settentrionale, Isole Britanniche, Scandinavia meridionale, Europa centro-orientale fino alle regioni caucasiche. Alpi e Appennino centro-settentrionale. UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA II legno, soprattutto nel passato, era utilizzato per la costruzione di carrozze e di carri agricoli. Grazie alla facilità con cui si lucida e alla sua elasticità e ottimo per remi, sci, racchette da tennis e mobili. Le foglie e la corteccia hanno proprietà eupeptiche, diuretiche, diaforetiche, lassative, antireumatiche e febbrifughe. Anticamente il Frassino era considerato anche simbolo di fecondità. Fraxinus angustifolia Fraxinus angustifolia Frassino meridionale, Frassino ossifillo MORFOLOGIA Albero caducifoglio simile a F. excelsior da cui differisce principalmente per la taglia più modesta (fino a 20-25 m), per il portamento meno slanciato, per la corteccia grigia e fin da giovane profondamente fessurata, per le gemme da verde-bruno a bruno-scuro ma non nere. Le foglioline sono oblungo-linearilanceolate, acuminate, dentate, con nervatura mediana generalmente pubescente nella sezione prossimale e denti in numero eguale ai nervi laterali. Fiorisce durante I'inverno e matura i frutti a fine estate-autunno. ECOLOGIA Specie tendenzialmente igrofila, vive nei boschi umidi, lungo i fiumi, nei valloni e nelle forre, associandosi più fre-quentemente al Pioppo bianco, alla Farnia e all'Olmo campestre. Tende a sostituire F. excelsior nelle foreste planiziarie e nei boschi ripariali e retrodunali. E una delle specie caratteristica delle foreste igrofile descritta da Pedrotti (1970, 1992), per il fiume Sinello nel Chietino e presente in molte località del versante adriatico e anche a S. Rossore (Pisa) sui versante tirrenico (Pedrotti, 1980; Gellini et alii, 1992). DISTRIBUZIONE Europa centro-meridionale, Asia Minore, Caucaso, Africa del Nord. Versante tirrenico dalla Toscana in giu; versante adriatico dal Ferrarese e Ravennate in giu; Lago di Garda; Sicilia e Sardegna. Tende a sostituire F. excelsior nelle regioni dell'ltalia meridionale. Gen. Phillyrea Le Filliree, dette anche Ilatri a Lillatri, sono diffuse, con 3 specie (secondo alcuni Autori 4 specie), nel Bacino Mediterraneo e fino al Mar Nero meridionale. Piante arbustive tipiche della macchia mediterranea, possiedono foglie opposte, persistenti, coriacee, intere a seghettate al margine. I fiori, piccoli, sono bianchi e riuniti in infiorescenze a racemo. Il frutto è una piccola drupa. Le Filliree sono utilizzate soprattutto come piante ornamentali. Sono inoltre impiegate per il rimboschimento di aree nude e degradate; P. angustifolia, in particolare, è indicata per il consolidamento di sabbie retrodunali. Le foglie possiedono proprietià rinfrescanti e astringenti e sono appetite dal bestiame. La corteccia, che ha proprietià tintorie, conferisce alla lana e alla seta varie tonalità di giallo. Il termine Phillyrea deriva dal greco " phyllon" = foglia. In Italia sono presenti P. latifolia e P. angustifolia, un tempo riunite in un'unica specie (P. variabilis Timb.): la distinzione tra le due specie è poco agevole a causa della notevole variabilità delle foglie. Alcuni Autori, al contrario, avevano proposto uno smembramento in numerose "specie" che, come sottolinea Pignatti (1982) rappresentano soltanto degli stati individuaii; ad esempio, P. media L. è considerata, attualmente, uno stadio giovanile di P. latifolia. CHIAVE PER IL GENERE PHILLYREA 1 Foglie ovato-lanceolate, con 6-12 paia di nervi secondari robusti; calice con lobi triangolari; frutto arrotondato a compresso all'apice. P. latifolia 1 Foglie lineari-lanceolate, con 4-6 paia di nervi secondari deboli; calice con lobi arrotondati; frutto appuntito all'apice. P. angustifolia Phyllirea latifolia Phyllirea latifolia MORFOLOGIA Arbusto o piccolo albero sempreverde alto 1-5 m, raramente fino a 10-15 m, con corteccia liscia screpolantesi con l'età e chioma leggera. Foglie opposte, coriacee, a breve picciolo e lamina ovato-lanceolata, larga fino a 3-3,5 cm e lunga fino a 6-7 cm (2-3 volte piu lunga che larga), con margine intero a denticolata, verde-scura e lucida di sopra; nervi secondari 6-12 paia, robusti e inseriti quasi ad angolo retto. Fiori piccoli, bianco-verdastri a bianco-rosei, riuniti in brevi racemi all'ascella delle faglie. Drupa sub-sferica di 6-10 mm, arrotandata a appiattita all'apice, nera bluastra a maturità. Fiorisce da marzo a maggio; i frutti maturano a novembre-dicembre. ECOLOGIA Specie elio-xerofila, indifferente alla natura del substrato, e tipico elemento della macchia mediterranea, ma vive anche nei querceti supramediterranei di caducifaglie, fina a circa 800 m di altitudine. E’ specie caratteristica delle formazioni forestali e di macchia a sclerofille sempre-verdi del Bacino Mediterraneo. DISTRIBUZIONE Bacino Mediterraneo; coste atlantiche dalla Francia al Marocco; coste meridionali del Mar Nero. Camune nella Penisola e nelle Isole, molta rara nell'ltalia settentrionale. Gen. Ligustrum II genere Ligustrum comprende una cinquantina di specie con areale a baricentro nell' Asia orientale ed in Europa presente con una sola specie spontanea, L. vulgare, diffusa in tutta l'ltalia, con esclusione della Sardegna. I Ligustri sono piante arbustive o, più raramente, arboree, a foglie caduche a sempreverdi, opposte, semplici e intere. I fiori, profumati e spesso bianchi, sono bisessuali e riuniti in pannocchie terminali. I frutti sono delle bacche generalmente nerastre a maturità. I Ligustri rivestono, e rivestivano soprattutto in passato, vari motivi di interesse, legati alla fabbricazione di inchiostri, alla concia delle pelli, alla medicina popolare. I semi abbrustoliti di L. japonicum, di origine asiatica orientale, vengono usati, nella patria di origine, come succedanea del caffe. Varie specie trovano largo impiego, da tempi remoti, nel giardinaggio, sia per la loro eleganza sia per la produzione di fiori profumati. L'origine del termine Ligustrum non e chiara; secondo alcuni deriverebbe dal latino ligare = legare, con riferimento all'impiego dei rami, flessibili, per farne legacci e per lavori di intreccio. CHIAVE PER IL GENERE LIGUSTRUM 1 Foglie ellittico-lanceolate, lunghe fino a 4-5 cm. Pannocchie lunghe 6-8 cm. Pianta spontanea. 1 Foglie ovali-ellittiche, lunghe fino a 12 cm. Pannocchie più lunghe (lino a 20 cm). Piante largamente coltivate. 2 Foglie ovali-acuminate, coriacee, di 3-5 x 6-12 cm; infiorescenza glabra. 2 Foglie ovali-ellittiche, generalmente membranacee e meno coriacee, di 2-3 x 3-7 cm; infiorescenza pubescente. L. vulgare 2 L. lucidum L. ovalifolium Ligustrum vulgare, ligustro Ligustrum vulgare, ligustro MORFOLOGIA Arbusto alto 0,5-3 m, con numerosi rami flessibili, spesso ricadenti; corteccia brunoverdastra, liscia, con piccole len-ticelle. Foglie opposte, caduche 0, nelle zone a clima medi-terraneo, persistenti in inverno, con breve picciolo e lamina ellittico-lanceolata, intera e glabra, piu o meno cuoiosa nelle forme sempreverdi, di 10-15 x 12-40 mm, superior-mente verde-scuro e inferiormente piu chiara. Fiori tetrame-ri riuniti in pannocchie terminali lunghe 6-8 cm; calice di 1 mm; corolla biancoIattea, imbutiforme, lunga 4-5 mm. Bacca subsferica di 6-8 mm, nera e lucida a maturità.. ECOLOGIA E DISTRIBUZIONE Specie tendenzialmente eliofila, predilige substrati ricchi di calcare. Vive nelle siepi, negli arbusteti, nei boschi di caducifoglie termofile e ai loro margini, fino a circa 1300 m. Di buon temperamento pioniero, colonizza le aree denudate, contribuendo attivamente alla ricostruzione della vegetazione legnosa. Europa e Asia occidentale, dalla Spagna all'Ucraina, Caucaso e Asia Minore. In tutte le regioni italiane con esclusione della Sardegna. UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA II succo dei frutti era un tempo utilizzato per la preparazione degli inchiostri e, talvolta, per intensificare la tonalità troppo chiare. In alcuni Paesi le foglie sono impiegate nella concia delle pelli; i rami flessibili servono a fare legacci in agricoltura e per produrre cestini, nasse, gabbie e altri lavori di intreccio. II carbone del suo legno e particolarmente adatto per la preparazione della polvere da sparo. Le foglie sono appetite dagli animali pascolanti e i frutti sono molto graditi a merli, tordi e altri uccelli. Nella medicina popolare le foglie erano utilizzate, in decozione, contro il mal di gola, per curare le ulcere della bocca e per tonificare le gengive. E’ ottima pianta mellifera. Molto comune e il suo impiego in giardinaggio, soprattutto per la formazione di siepi. La pianta contiene un glucoside velenoso, ma casi di avvelenamento sono molto rari perche i frutti sono di gusto sgradevole. Ligustri esotici ed ornamentali Ligustro del Giappone Arbusto o piccolo albero sempreverde con foglie opposte, coriacee, ovali-acuminate, lunghe 8-12 cm; fiori bianchi riuniti in pannocchie piramidali lunghe 10-20 cm; bacca ovoidale, nero-bluastra a maturità. Originario della Cina, e largamente coltivato come pianta ornamen-tale e spesso si spontaneizza. Ligustro a foglie ovali In Italia è coltivato per siepi anche Ligustrum ovalifolium Hassk., che in qualche caso tende a spontaneizzarsi. Originario del Giappone, ha portamento arbustivo, con foglie persistenti (caduche nei climi freddi), ovali-ellittiche, di 2-3 x 37 cm, con fiori bianchi riuniti in infiorescenze piramidate ad asse pubescente. Gen. Olea Olea europaea, olivo Al genere Olea appartengono 20 specie, diffuse nei climi tropicali o subtropicali, ma solo l'olivo produce frutti commestibili. La domesticazione dell’olivo. L'olivo ha origini controverse: nonostante la sua coltivazione sia conosciuta già nelle più antiche civiltà mediterranee e la sua presenza diffusa come pianta spontanea molti ritengono che esso provenga dall'Asia minore. Olea europaea var. sylvestris, olivastro, olivo selvatico L’olivastro è un elemento della vegetazione termomediterranea dal quale è stato ottenuto l’olivo coltivato. Quest’ultimo una volta inselvatichito tende a riprendere all’aspetto dell’olivastro. L’olivastro si differenzia dall’olivo coltivato per i rami giovani induriti e spinescenti foglie lanceolato-ovali, frutti piccoli e portamento arbustivo. L'olivo selvatico Olea europaea var. sylvestris (oleastro) è utilizzato come porta innesti dell'olivo comune. La longevità dell'olivo è proverbiale, grazie alla sua caratteristica di emettere con facilità nuovi germogli alla base del tronco (ciocco). Ancora oggi in Sardegna vive uno dei più grandi e vetusti olivi con probabilmente 4000 anni. Gen. Syringa Syringa vulgaris, Lillà MORFOLOGIA Arbusto caducifoglio alto 2-6 m, con foglie opposte, picciolate, a lamina acuminata, ovatocuoriforme, di 5-7 x 6-9 cm, verde-scuro. I fiori sono molto profumati, hanno corolla Iillacina, con tubo di 8-10 mm e 4 lobi patenti di 4-5 mm; sono riuniti in dense pannocchie lunghe 10-20 cm. II frutto è una capsula acuminata lunga 10-15mm. Fiorisce ad aprilemaggio e matura i frutti a settembre-ottobre. ECOLOGIA Specie termo-xerofila, vive nelle siepi, negli arbusteti, nelle boscaglie e sui pendii rupestri. AREALE Il suo areale comprende l'Europa sud-orientale, dalla Romania alla Grecia. In Italia è coltivato per ornamento e spesso è spontaneizzato in varie regioni. Gen. Syringa Jasminum Jasminum officinalis, gelsomino Forsythia Forsythia viridissima, forsizia FABACEAE Fabaceae (Mimosoideae, Cesalpinoideae, Faboideae) Erbe, suffrutici, arbusti, alberi e liane, con foglie semplici, digitate, trifogliate, pari o imparipennate, talora modificate in cirri o spine. Fiori bisessuali, pentameri, isolati o riuniti in racemi. Il tipo di fiore è alla base della distinzione di tre sottofamiglie: Mimosoideae, con corolla regolare, con 5 (4) petali, piccoli o spesso concresciuti in tubulo; stami in numero doppio dei petali o numesi, liberi, spesso aventi una funzione vessillare; sono alberi o arbusti di aree tropicali ed equatoriali, in Italia solo generi coltivati (Mimosa, Acacia, Albizia); Cesalpinoideae, con corolla irregolare, non papilionacea, con 5 petali liberi; stami generalmente liberi; appartengono a questa sottofamiglia alberi o arbusti di aree subtropicali ed equatoriali; in Italia vivono allo stato spontaneo solo due specie: Cercis siliquastrum e Ceratonia siliqua. Faboideae, con corolla irregolare di 5 petali, papilionacea, cioè un petalo superiore più sviluppato e ripiegato (vessillo), petali laterali liberi (ali), petali inferiori concresciuti (carena); stami 10, liberi, saldati in un unico fascio (monadelfi) o 9 saldati e uno libero (diadelfi); sono erbe, arbusti o alberi; moltissime specie spontanee in Italia. Il frutto è un legume variamente conformato. E’ una delle famiglie più ricche: annovera infatti circa 600 generi e 13000 specie diffuse in tutto il mondo. Anche gli interessi che tale famiglia riveste sono molteplici: ne fanno parte piante alimentari, foraggere, medicinali; alcune specie sono utilizzate per il loro legno o per altri prodotti come resine, gomme, olii ecc. MIMOSOIDEAE Pithecolobium pruinosum Mimosa pudica mimosa sensitiva MIMOSOIDEE Mimosa MIMOSOIDEE Acacia Acacia cyanophylla Acacia mollifolia Acacia collinsii Acacia dealbata MIMOSOIDEE Albizia Albizia julibrissin CESALPINOIDEAE Cercis siliquastrum Cercis Cericis siliquastrum Cericis siliquastrum Il genere Cercis (sottofamiglia Cesalpinoideae) comprende 6-7 specie diffuse nell'Europa meridionale, nell' Asia e nel Nord America. Il Siliquastro (Cercis siliquastrum) è l'unica specie che interessa la flora italiana e presenta una distribuzione mediterraneo-orientale. Si tratta di piccoli alberi o arbusti, con foglie caduche a lamina cordata; fioriscono generalmente prima di emettere le foglie ed i fiori, di colore rosa o rosso, formano vistosi glomeruli direttamente inseriti sui rami più vecchi e sui tronco (cauliflora). Il frutto è un legume lungo e compresso. Le specie del genere Cercis sono utilizzate come piante ornamentali, nei giardini e nelle alberature stradali, soprattutto per le loro ricche e vistose fioriture primaverili, oltre che per essere docili alla potatura. Cercis siliquastrum CESALPINOIDEE Fiori maschili Fiori maschili in dettaglio Fiori femminili Ceratonia siliqua carrubo Albero o arbusto sempreverde. Foglie composte da 3 o 4 paia di foglioline coriacee verde scuro di sopra e chiare di sotto, con margini interi. Fiori molto piccoli, verde-giallastri o rossicci i maschili, portati da corte spighe sul legno vecchio (caulifloria). Baccelli numerosi lunghi 10 – 20 cm spessi e cuoiosi, dapprima verdi e poi a maturazione marrone scuro contenenti semi ovoidali molto duri. Originario dei paesi del Mediterraneo caldo e arido ove viene comunemente coltivato. I baccelli sono comunemente utilizzati per l’alimentazione del bestiame ed un tempo venivano utilizzati secchi per l’alimentazione umana grazie al sapore dolce, gradevole e delicato. Si usano anche per la produzione di bevande fermentate. CESALPINOIDEE Ceratonia siliqua carrubo Fiori maschili Frutti: lomenti Ceratonia siliqua FABOIDEE FIORE PAPILIONACEO vessillo 2 ali carena Ovario unicarpellare FABOIDEE Astragaleae foglie imparipennate senza viticci con Astragalus, Wistaria sinensis (glicine, specie ornamentale con corteccia tossica per vistarina) Robinia pseudo-acacia (Nordamericana) naturalizzata. Viciae erbe rampicanti foglie composte paripennate, con Pisum sativum (pisello), Lens esculenta (lenticchia), Cicer aretinum (cece), Vicia faba (Fava), tutte eduli. V. villosa e V. sativa sono foraggere. latyrus odoratus (pisello odoroso) ornamentale. Phaseoleae erbe volubili foglie trifogliate, Phaseolus vulgaris (fagiolo comune), Ph. coccineus (f. di Spagna), Glicine max (soia). Trifolieae: erbe non volubili, foglie trifogliate, foraggere, Trifolium pratense (trifoglio dei prati), T. repens (trifoglio a fiori bianchi). Medicago sativa (erba medica), e Trigonella foenum graecum (fieno greco). Lotae foglie imparipennate raramente palmate Lotus corniculatus (ginestrino) Genisteae legnose e erbacee, foglie palmate o trifgliate, Lupinus albus (lupino), Spartium junceum (ginestra del vesuvio), Genista tinctoria. Coronilleae legumi lomentacei foraggere. Onobrychis viciaefolia (lupinella), e Hedysarum coronarium (sulla), Arachis hypogaea (arachide). Lathyrus sylvestris Interesse L'importanza economica delle leguminose è grandissima e numerose specie sono utilizzate per l'alimentazione umana o come foraggio per il bestiame. Tra le prime la fava, Vicia faba, il pisello, Pisum sativum, il cece, Cicer arietinum, la lenticchia, Lens culinaris, tutti largamente coltivati nelle regioni del Mediterraneo, i fagioli, Phaseolus vulgaris e P. coccineus, di origine americana, la soia, Glicine max, proveniente dell’Estremo Oriente, la cui crescente importanza come seme oleaginoso ne fa oggi una delle colture più diffuse, l'arachide, Arachis hypogea, coltivata nei paesi caldi, il fagiolino, Vigna unguiculata, la cicerchia, Lathyrus sativus, coltura in via di scomparsa. Tra le più importanti specie foraggere si ricordano le specie dei generi Trifolium, Medicago, Lupinus. Sfruttando la naturale tendenza delle leguminose a entrare in simbiosi con batteri azoto-fissatori, alcune di queste specie vengono anche utilizzate in agricoltura con la tecnica del sovescio per arricchire i terreni poveri di sostanze azotate. Lathyrus sylvestris Phaseolus vulgaris fagiolo comune Phaseolus coccineus fagiolo di Spagna Faseolus lunatus fagiolo di Lima Vigna unguiculata fagiolino Pisum sativum pisello Vicia faba fava Cicer arietinum cece Lathyrus sativus cicerchia Lens esculenta lenticchia Arachys hypogea arachide Glycine max soia Lupinus luteus lupino giallo Lupinus angustifolius lupino azzurro Leguminose di interesse zootecnico Medicago sativa erba medica Vicia faba favino Onobrychis viciifolia lupinella Hedysarum coronarium sulla Trifolium Trifolium campestre Trifolium pratense Trifolium repens Trifolium repens Trifolium campestre Trifolium repens Lotus Lotus corniculatus Hippocrepis Hippocrepis comosa Vicia Medicago Medicago arabica Vicia sativa Vicia sativa Medicago lupulina Leguminose spontanee erbacee Specie degli orli forestali Astragalus glycyphyllos Astragalus hamosus Specie dei suoli scoperti, in erosione Astragalus monspessulanus (sp. perenne) Astragalus sesameus (sp. annuale) Medicago lupulina Medicago sativa Medicago sativa subsp. falcata Medicago minima Medicago orbicularis Medicago scutellata Medicago arabica Medicago hispida Medicago marina TRIFOLIUM (annuali) Trifolium scabrum Trifolium arvense Trifolium striatum Trifolium stellatum Trifolium suffocatum Trifolium hybridum Trifolium maritimum Trifolium nigrescens (bienni) TRIFOLIUM Trifolium incarnatum Trifolium resupinatum (perenni) Trifolium medium Trifolium ochroleucum VICIA Vicia disperma Vicia bithynica Vicia hirsuta Vicia hybrida Vicia incana VICIA Vicia peregrina Vicia lutea Vicia sepium Vicia villosa Leguminose spontanee di interesse officinale Melilotus Melilotus officinalis Galega Galega officinalis Anthyllis Anthyllis vulneraria Anthyllis barba-jovis Anthyllis montana Leguminose spontanee legnose (arbustive ed arboree) Cytisus Gen. Cytisus I CITISI I Citisi sono piccoli arbusti o raramente piccoli alberi, con foglie trifogliate o semplici, piccole, caduche o persistenti. I fiori, papilionacei, sono bianchi, gialli o porporini, isolati o riuniti in racemi o in fascetti. Gli stami sono in numero di 10 ed hanno i filamenti saldati fra loro. Il frutto è un legume allungato, glabro o peloso, con semi forniti di un'appendice detta “caruncola". Vivono nelle regioni temperate dell'Europa, dell' Africa e dell' Asia. Queste piante venivano un tempo riunite, con una sessantina di specie, nel genere Cytisus, successivamente smembrato in varie entità generiche. Sulla base di Flora Europaea (1968) e di Pignatti (1982), e seguendo una recente revisione (Cristofolini, 1991), i Citisi italiani, appartengono ai generi Lembotropis (1 specie), Cytisus (11 specie), Argyrolobium (1 specie), Laburnum (2 specie). I Citisi sono utilizzati, per la loro eleganza, come piante decorative in parchi e giardini. Alcuni di essi sono adatti inoltre a rivestire i suoli nudi, per la loro rusticita e capacità di fissare l'azoto atmosferico. I Citisi, soprattutto i loro semi, contengono la citisina, un alcaloide tossico ad azione paralizzante dei centri nervosi. Cytisus 1 Calice con tubo cilindrico, lungo il doppio dei denti 1 Calice con tubo conico, lungo quanto i denti o meno 2 Rami spinescenti all'apice, bianco-argentini per pelosità appressata. 2 Rami non spinescenti, verdi, glabri o con pelosita patente. 3 Cespuglio di 20-50cm; foglie sempljci. 3 Arbusti di 0,5-3 m; foglie trifogliate. 4 Foglie dei rami fioriferi sessilj; fiori jn racemi senza foglie. 4 Foglie tutte con picciolo; fiori all'ascella di foglie normali. 5 Stilo avvolto a spirale; calice glabro; rami glabri, ginestriformi, scanalati, ad angoli acuti. 5 Stilo dritto o solo curvato; calice peloso; rami pelosi, cilindrici o pentagonali, ad angolj ottusi. 2 3 C. spinescens C. triflorus C. decumbens 4 C. sessilifolius 5 C. scoparius C. villosus Cytisus sessilifolius Cytisus villosus Cytisus scoparius Argyrolobium zannonii Genista e Spartium Cen. Genista e Spartium LE GINESTRE Vengono comunemente chiamate “Ginestre” numerose specie appartenenti a diversi generi (Calicotome, Cytisus, Teline, Genista, Spartium, Ulex), più o meno affini fra loro e afferenti alla tribù delle Genisteae. Le Ginestre, in senso ampio, presenti nelle Marche sono: Cytisus scoparius (Ginestra dei carbonai o Citiso scopario); Genista tinctoria (Ginestra minore); Genista radiata (Ginestra stellata); Spartium junceum (Ginestra comune o odorosa o di Spagna). Al genere Genista appartengono piante arbustive caducifoglie che, con circa 10 specie, sono diffuse in Europa, Asia occidentale, Africa settentrionale e Isole Canarie, soprattutto nei territori caldo-aridi. Inermi o spinose, hanno rami solcati o striati, flessuosi o rigidi; le foglie sono semplici o talvolta trifogliate; i fiori sono riuniti in racemi o in capolini, raramente sono solitari; il calice e bilabiato, persistente, con labbro superiore bilobo e labbro inferiore tridentato; la corolla, papilionacea, e gialla o raramente bianca; gli stami, in numero di 10, hanno i filamenti saldati fra loro; il legume è globulare o ristretto-oblungo. Molte specie sono utilizzate come piante ornamentali in parchi e giardini o per produrre pigmenti gialli per tingere la lana e il lino. Il nome Genista risale agli Autori classici latini che chiamano così una Ginestra di non chiara identificazione. Al genere Spartium appartiene una sola specie, S. junceum, diffusa nell'area mediterranea. Il nome Spartium deriva dal greco sparton = corda, con riferimento all'utilizzazione dei rami della pianta per ricavarne corde rustiche. Spartium junceum Genista tinctoria Genista michelii Genista michelii Genista radiata Coronilla Gen. Coronilla LE CORNETTE Sono cosl chiamate le specie, appartenenti al genere Coronilla, la cui denominazione deriva dalla disposizione dei fiori a "piccola corona" alla sommita del peduncolo dell'infiorescenza. II genere comprende una ventina di specie presenti in Europa, Asia occidentale, Africa settentrionale e Isole Canarie. Si tratta di piante erbacee o arbustive, annuali o perenni, a foglie semplici, trifogliate o imparipennate, con fiori gialli, porporini o bianchi disposti in ombrelle su lunghi peduncoli. II frutto e un legume articolato. Vengono coltivate a scopo ornamentale nei giardini; data la loro tossicità, non hanno impieghi medicinali. In Italia il genere è rappresentato da 10 specie; quelle arbustive presenti nelle Marche sono C. emerus e C. valentina. Coronilla emerus Coronilla valentina Colutea arborescens Laburnum Gen. Laburnum I MAGGIOCIONDOLI I Maggiociondoli sono piccoli alberi o arbusti appartenenti al genere Laburnum, che comprende tre sole specie e che è affine al genere Cytisus, al quale un tempo venivano ascritti. La distribuzione interessa l'Europa meridionale e l' Asia occidentale; due specie (L. anagyroides e L. alpinum) vivono in Italia; la terza (L. caramanicum), è originaria della Grecia e dell'Asia Minore. I Maggiociondoli hanno foglie caduche, alterne, picciolate, composte da 3 foglioline; i fiori, gialli, sono riuniti in lunghi racemi penduli ed hanno corolla papilionacea; il frutto e un legume lineare. La denominazione di "falso Ebano" che viene data a queste piante deriva dai caratteri del legno, che ha il durame color brunoscuro ed è durissimo e resistente alia marcescenza, indicato per lavori di ebanisteria, di tornio e di intarsio; lo scarso accrescimento in diametro però ne limita in pratica l'uso perché i tronchi sono quasi sempre sottili. Alla sua elasticità pare che fosse legato l'antico uso nella fabbricazione degli archi e l'uso pastorale di ricavarne collari per il bestiame ovino e caprino. I Maggiociondoli sono anche utilizzati come piante ornamentali e per il consolidamento di scarpate e pendii. Tutti gli organi vegetativi di queste piante, e in particolare i legumi freschi, sono velenosi a causa della presenza della citisina, un alcaloide molto tossico ad azione paralizzante dei centri nervosi. Laburnum CHIAVE PER IL GENERE LABURNUM 1 Legume non alato lungo la sutura; rami e legumi a pelosità sericea; foglioline ad apice ottuso, mucronato, superiormente glabre, inferiormente a pelosità sericea; fiore con ali lunghe il doppio della carena. L. anagyroides 1 Legume alato lungo la sutura, glabro; rami glabri o scarsamente pelosi; foglioline ad apice acuto, glabre con ciglia al margine; fiore con ali poco più lunghe della carena. L. alpinum Laburnum anagyroides Laburnum alpinum Laburnum anagyroides Laburnum alpinum Laburnum alpinum Laburnum alpinum GENERE ASTRAGALUS Gli astragali più primitivi (cespugli spinosi emisferici) sono relitti di una fascia di vegetazione subtropicale-montana ad arbusti pulvinati e spinosi ancora ben sviluppata in Asia, ma da noi distrutta dalle glaciazioni. Più abbondanti le specie erbacee degli ambienti desertici e steppici, che da noi sono l’assoluta maggioranza. Tutte le specie italiane hanno analoga ecologia e possono dirsi xerofile e condizionate dal clima steppico, non necessariamente caldo (molte specie vivono in montagna) Astragalus genargenteus (endemismo sardo) Astragalus tragacantha (W-Mediterraneo) Leguminose esotiche Leguminose esotiche Amorpha fruticosa L. - spontaneizzata (Amorfa, Indaco bastardo) Morfologia Arbusto caducifoglio alto 1-2 m, a volte fino a 5 m, con rami giovani sparsamente pubescenti; foglie imparipennate, con (7) 11-25 foglioline ellittiche lunghe 10-40 mm. Fiori riuniti in dense spighe lineari, di 1 x 10-15 cm; corolla ridotta al solo vessillo violetto, lungo più o meno 6 mm; stami brevemente sporgenti. Legume ghiandoloso, lungo 6-9 mm. Fiorisce a giugno-Iuglio e matura i frutti in autunno. Distribuzione Originaria del Nordamerica, e coltivata per siepi e si spontaneizza soprattutto lungo i greti e gli alvei fluviali. In Abruzzo si e spontaneizzata lungo vari fiumi, nel tratto planiziare e collinare (Saline, Tronto, Vibrata, Vomano ecc.) e anche in ambienti retrodunali sui litorale del Pescarese e di Martinsicuro, invadendo i saliceti ripariali e, nei casi di maggiore degradazione, sostituendosi ad essi. Amorpha fruticosa Wistaria sinensis Glicine Robinia pseudacacia Gleditsia triacantos ROSACEAE ROSACEAE E’ una famiglia assai numerosa, alla quale appartengono 100 generi e oltre 3000 specie, diffuse in tutto il mondo e soprattutto nelle regioni temperate. II loro interesse deriva anche dalle numerose specie coltivate per il frutto e ornamentali (peri, meli, peschi, ciliegi, susini, albicocchi, mandorli, sorbi, biancospini, agazzini, cotognastri ecc.). Si tratta di alberi, arbusti ed erbe con foglie semplici, trifogliate o composte. I fiori, isolati o riuniti in infiorescenze a racemo, ombrella a corimbo, hanno 5 sepali, 5 petali e numerosi stami; L'ovario è supero, semi-infero o infero, con carpelli da uno a molti (in quest’ultimo caso fiori generalmente apocarpici). I frutti sono assai diversificati e più frequentemente sono costituiti da drupe, pomi e follicoli. La famiglia è costituita da un elevato numero di generi e specie, assai diversificate in fatto di habitus, struttura fiorale e tipi di frutti, tanto da essere suddivisa in varie sottofamiglie, tra queste ultime sono ben rappresentate nei nostri climi tre sottofamiglie: Rosoideee, Maloidee e Prunoidee. Relativamente alle specie legnose, sia arboree che arbustive, sono presenti, allo stato spontaneo, i generi Rubus, Rosa, Pyrus, Malus, Sorbus, Amelanchier, Cotoneaster, Pyracantha, Crataegus, Mespilus. II genere Prunus è presente con specie sia spontanee che spontaneizzate. ROSACEAE Prospetto per la determinazione dei generi di taxa ad habitus legnoso: 1. Fiori solitari, terminali Gen. Mespilus 1. Fiori in fascetti, racemi o corimbi, per lo più ascellari 2 2. Carpelli uno; ovario supero; frutto con un solo seme (drupa) Sottofam. Prunoidee Gen. Prunus 2. Carpelli numerosi 3 3. Carpelli assai numerosi; ovario infero Sottofam. Rosoidee 3. Carpelli sino a 5; ovario semiinfero; frutto con più semi 4. Fiori piccoli (meno di 2 cm in diam.);frutto drupa polisperma Sottofam. Maloidee 4 5 4. Fiori grandi (2-4 cm in diametro); il frutto è un pomo 6 5. Rami inermi; endocarpo membranaceo o cartilagineo sottile 5. Rami spinosi; endocarpo osseo 6. Fi. bianchi; antere rosso-violacee; frutto non ombelicato alla base 6. Fi. rosei; antere gialle; frutto ombelicato alla base Gen. Sorbus Gen. Crataegus Gen. Pyrus Gen. Malus ROSACEAE Le più comuni Rosacee spontanee che interessano il territorio dell’Appennino centrale: ROSOIDEE Rosa canina, R. arvensis, R. sempervirens, Rubus idaeus, R. ulmifolius MALOIDEE Malus sylvestris, M. florentina, Pyrus pyraster, Crataegus monogyna, C. laevigata, Pyracantha coccinea, Mespilus germanica, Amelanchier ovalis, Sorbus domestica, S. aucuparia, S. torminalis, S. aria, Cotoneaster nebrodensis PRUNOIDEE Prunus spinosa, P. avium, P. mahaleb Rosoidee • Ovario infero o semiinfero, carpelli numerosi, frutto ad achenio o drupeola • Specie erbacee ed arbusti spinosi Rosa canina Fragaria vesca Dryas octopetala Sanguisorba minor Rubus ulmifolius Rosoidee Specie erbacee Sanguisorba minor Fragaria sp. Potentilla reptans Genere Rosa Le Rose sono arbusti con rami sarmentosi, rampicanti, spinosi, diffusi, con oltre 100 specie (ma secondo alcuni Autori le specie sarebbero circa 500), nelle regioni temperate e subtropicali dell'Emisfero boreale. Le foglie sono alterne, imparipennate, a margine generalmente dentato. I fiori, bisessuali, hanno corolla grande, variamente colorata, e numerosi stami. II ricettacolo, a forma di coppa, a maturazione diventa carnoso dando origine a un falso frutto chiamato "cinorrodio”, che contiene i veri frutti, i quali sono degli acheni circondati da numerose setole rigide. Le Rose nostrane vivono nei boschi, nei cespuglieti e nelle siepi, nei pascoli sassosi e sulle rupi, dal piano basale fino a quello culminale. Regine dei fiori, le Rose sono note fin dall'antichità per la loro bellezza e il loro profumo e da tempi immemorabili sono impiegate largamente in floricoltura. Dai fiori si estrae un'essenza utilizzata in profumeria; i frutti sono ricchi di vitamina C, oltre a essere diuretici, antidiarroici e disinfettanti. Sembra che il nome derivi, secondo alcuni, dal celtico rhood tradotto nel greco rhoan e quindi nel latino rosa; secondo altri deriverebbe dal sanscrito vrodche significa "flessibile", con riferimento alia flessibilità dei rami. Rosa pendulina Rosa micrantha Rosa pouzinii Rosa rubiginosa Genere Rosa Complessità sistematica L’identificazione delle rose, ad eccezione di poche specie, è molto difficile, soprattutto a causa delle particolari modalità riproduttive e delle frequenti ibridazioni. Queste difficoltà sono dovute anche alla scarsa diffusione di opere moderne che permettano di determinare agevolmente queste piante. Principali caratteri identificativi Morfologia e indumento dei peduncoli fiorali, del ricettacolo fruttifero o cinorrodio, dei sepali, degli stili, delle foglioline. La presenza o assenza ad esempio di pelosità o ghiandolosità su alcuni di questi organi è un carattere discriminante fondamentale per distinguere le varie specie. Ha invece di solito scarsa importanza il colore dei petali che è generalmente roseo, bianco-roseo o bianco ed è abbastanza variabile anche nella stessa specie. Stili Stami Sepali Stili liberi Stili in colonna Ricettacolo Peduncolo fiorale Stili poco sporgenti Stili liberi villosi Foglia Sepali interi Rachide foglia Fogliolina Sepali laciniati Nervatura Denti semplici Sepali eretti Sepali riflessi Denti composti Rosa canina L., rosa selvatica, rosa canina MORFOLOGIA Arbusto caducifoglio di 1-3 m, con ampia ramificazione eretto-scandente, con fusti principali poco ramificati, glabri; spine robuste e arcuate. Foglie: alterne, hanno 5-7 foglioline da ellittiche a ovate, di 9-25 x 13-40 mm, con pelosità e seghettatura variabile e ghiandole assenti o presenti solo sul picciolo, le nervature ed i denti. Fiori: sono isolati o riuniti in corimbi di pochi elementi; peduncoli di 20-25 mm; sepali laciniati, riflessi a maturità e poi caduchi; petali bianco-rosei, larghi 19-25 mm e lunghi 2025 mm; stami numerosi con antere gialle; stili liberi. Frutto: subgloboso-ellissoide o piriforme, rosso, lungo 2-2,5 cm, detto cinorrodio. ECOLOGIA Fiorisce da maggio a luglio; i frutti maturano in autunno. Specie eliofila, vive nei boschi radi e ai loro margini, negli arbusteti, nelle siepi, nelle radure e nei pascoli sassosi, dal livello del mare fino a 1500 m. Rosa canina L., rosa selvatica, rosa canina Rosa canina L., rosa selvatica, rosa canina PROPRIETÀ ED USI i frutti sono ricchi di vitamina C, acidi organici, tannini, pectine carotenoidi e soprattutto bioflavonoidi, pigmenti naturali dall´importante azione antiossidante. La vitamina C è sinergica con i bioflavonoidi, aiuta la cicatrizzazione di ferite, ustioni, gengive sanguinanti, abbassa l’incidenza dei coaguli sanguigni, previene le infezioni virali e batteriche. Pianta antinfiammatoria, antiallergica, astringente, blandamente diuretica, cicatrizzante, antisettica, vasoprotettrice. In medicina per uso interno: in caso di raffreddori, influenza, gastrite e diarrea. I frutti si usano per preparare sciroppo, impiegato come integratore alimentare, in particolare nella dieta dei neonati e usato dall’industria farmaceutica come aromatizzante delle medicine. Gli estratti dei frutti si aggiungono alle pastiglie di Vitamina C. I petali sono utili per combattere la diarrea, il mal di gola se spremuti, possono essere usati per preparare un buon collirio. Rosa arvensis Hudson, rosa cavallina CARATTERISTICHE Arbusto caducifoglio di 0,5-3 m, a rami arcuati, piuttosto gracili, striscianti o lianosi, glabri, più o meno bluastri e pruinosi, con aculei arcuati o anche dritti. Foglie: sono composte da 5-7 (raramente 9) foglioline, con pagina superiore un po' lucida e glabra, quella inferiore più chiara e pelosa nelle nervature, a margine seghettato (a volte con doppie seghettature). Fiori: isolati o riuniti in infiorescenze di pochi elementi con lunghi peduncoli ricchi di peli ghiandolari; sepali interi o con 1-2 appendici lineari per lato, riflessi dopo la fruttificazione e caduchi; petali bianchi, inodori, lunghi 15-25 mm; stili concresciuti in colonna glabra o con pochi peli. Frutti: ovoidi, glabri, rossi, lunghi 10-15 mm. ECOLOGIA Fiorisce da maggio a luglio; i frutti maturano in autunno. Vive nelle boscaglie, nei cedui e ai margini dei boschi; predilige suoli fertili, neutri o moderatamente acidi, dal piano fino a 1700 m circa. Rosa arvensis Hudson, rosa cavallina Rosa sempervirens L. rosa sempreverde, rosa di San Giovanni MORFOLOGIA Arbusto sempreverde di 1-5 m, strisciante o rampicante, con spine curve. Foglie sono a 3-7 foglioline lanceolato-acuminate, le maggiori di 2x3,5 cm, glabre, verdescuro e lucide di sopra, con seghettatura semplice. Fiori in corimbi terminali, con peduncoli peloso-ghiandolosi; sepali interi, riflessi a maturità, caduchi; petali bianchi, cuoriformi, di 10-20 mm; stami numerosi con antere gialle; stili concresciuti in colonna pubescente. Fiorisce a maggio-giugno; matura i frutti a settembre-ottobre. Frutto: subgloboso, rosso, di 8-10 mm. ECOLOGIA Specie eliofila, è specie caratteristica della macchia mediterranea, nelle leccete costiere, oltre che nei boschi termofili supramediterranei e nelle siepi, dal livello del mare fino a 800900 m di altitudine. È una pianta di discreto valore ornamentale, senza particolari esigenze ambientali, adatta per parchi e giardini ove può crescere in siepi o rivestire cancellate e muri, grazie alle sue caratteristiche di arbusto sempreverde rampicante. Rosa sempervirens Rosa agrestis e Rosa micrantha Sono due specie molto affini fra loro. Rosa agrestis si riconosce per le foglioline cuneate alla base, i peduncoli fiorali glabri ed è molto più diffusa dalla pianura al livello della faggeta, negli stessi ambienti di Rosa canina. Hanno lo stesso portamento di Rosa canina dalla quale si distinguono per alcuni caratteri. Foglioline: molto lucide sulla pagina superiore, piccole, con odore di mela e molto ruvide nella pagina inferiore per l’abbondante presenza di ghiandole sulla pagina inferiore, non solo sulle nervature, facilmente percepibili al tatto. Rosa micrantha è molto più rara della precedente e diversa per le foglioline arrotondate alla base e i peduncoli fiorali ghiandolosi, è conosciuta di poche località del settore montano, ove si trova soprattutto in radure e luoghi boschivi. Rosa pimpinellifolia L. Specie assai caratteristica che vive in pascoli e radure delle montagne più elevate. Forma spesso ampie colonie. Fusti: eretti alti fino un metro, provvisti di abbondanti spine diritte frammiste ad aculei deboli e sottili (per questo viene anche detta spinosissima). Fiori:solitari e generalmente di un caratteristico colore bianco-giallastro. Foglie: foglioline, da 5 a 11, piccole, da sub-orbiculari a ellittiche, i sepali sono interi ed eretti dopo la fioritura. Frutti: più o meno globosi, Dapprima rossi poi bruno-nerastri. Rosa pendulina L. Altra specie piuttosto interessante, anche se presente in diverse località dell’Appennino, ove si osserva in ambienti rupestri di tipo ghiaioso o roccioso e nelle radure delle faggete. Si riconosce agevolmente per i sepali interi, eretti, foglie glauche, petali di un rosso vivo, peduncoli ripiegati in baso a maturità e frutti di forma ovale-affusolata. Genere Rubus I Rovi sono piante erbacee o arbustive con rami sarmentosi da eretti a prostrati, inermi o spinosi; possono essere glabri, pelosi o ghiandolosi, diffusi in molti ambienti di tutti i continenti. Controverso è il numero delle specie, essendo la sistematica del genere molto complessa; le specie più o meno ben caratterizzate dovrebbero comunque essere 400; numerosissimi sono gli ibridi. Le foglie sono generalmente composte; i fiori, bisessuali, vanno dal rosa al bianco, sono solitari o riuniti in infiorescenze. I frutti sono delle piccole drupe riunite in frutti composti ( le cosiddette “more” di rovo). I Rovi sono noti da tempi antichissimi ed il loro interesse è legato soprattutto all’uso alimentare dei loro frutti, in particolare del Lampone e di alcuni rovi comuni. Le foglie sono ricche di tannini; nella medicina popolare vengono indicate come utili per i casi di diarrea e di emorroidi, come decotto vengono usate per curare le gengiviti. Il nome generico Rubus, deriva dal latino (rubus = rosso), con allusione al colore rossastro delle radici e, forse più propriamente al fatto che nell’antichità queste piante venivano usate come coloranti. Per avere un’idea della complessità della sistematica del genere Rubus basti pensare che Pignatti (1982) sostiene che, ad eccezione di Rubus saxatilis e di Rubus idaeus, “è del tutto illusorio sperare di riconoscere le specie di rovo in natura”; lo studio deve essere sempre fatto a tavolino su esemplari raccolti secondo particolari criteri. Rubus idaeus L., lampone. CARATTERISTICHE Arbusto sarmentoso, alto 1-2 m, con rami piu o meno eretti e con deboli aculei. Le foglie sono 3-fogliate o pennate a 5 foglioline, lanceolate e poco seghettate sui margine, di sotto sono bianco-tomentose ed hanno un picciolo spinoso, lungo 2-4 cm. Fiori di circa 10 mm di diametro, con 5 sepali verdi e 5 petali bianchi, ovati, riuniti in cime di pochi elementi. Il frutto composto da drupeole rosso-feltrose, a maturità si stacca facilmente dal ricettacolo. ECOLOGIA Specie nitrofila, vive nei boschi montani e subalpini di caducifoglie e di conifere, fino a 2000 m, preferisce stazioni soleggiate delle schiarite forestali e suoli profondi e freschi. Spesso si comporta da specie pioniera su morene e macereti. E’ specie caratteristica dei megaforbieti e delle chiarie forestali. DISTRIBUZIONE Comune nei boschi di faggio ed ai loro margini in tutto il piano montano. UTILIZZAZIONE Contiene vitamine dei gruppi B e C, sali minerali, zuccheri. Per il suo gusto particolare e gradevole, viene utilizzato sia per preparare sciroppi, gelatine, e marmellate, sia come correttivo in prodotti medicinali sgradevoli. Rubus ulmifolius Schott, rovo comune CARATERISTICHE Arbusto con fusti sarmentosi arcuati o striscianti, radicanti all’estremità, lunghi da 1 a 2,5 m circa, glabri o con leggera pubescenza appressata, pruinosi, scanalati e provvisti sulle coste di robusti aculei. Le foglie sono persistenti, coriacee, palmate a 3-5 foglioline con pagina superiore glabra e verde-scuro e pagina inferiore tomentosa, a margine seghettato; somigliano vagamente alle foglie di Olmo (da qui l'epiteto specifico). I fiori sono riuniti in dense infiorescenze a pannocchia ed hanno corolla generalmente rosea, di rado bianca. I frutti composti, aderenti al ricettacolo, sono formati da drupeole nere a maturità. ECOLOGIA Fiorisce da maggio a luglio, a seconda dell'esposizione e dell'altitudine; i frutti maturano da agosto a ottobre. E’ specie invadente nei boschi cedui, nelle formazioni di mantello di vegetazione, negli arbusteti pionieri, nelle siepi e negli incolti, dalla pianura fino a 1000-1200 m. DISTRIBUZIONE Europa occidentale e centro-meridionale, Africa settentrionale. Maloidee Malus M. sylvestris, M. florentina, M. domestica Pyrus P. pyraster, P. amygdaliformis Sorbus S. domestica, S. aria, S. torminalis, S. aucuparia, S.chamaemespilus Crataegus C. monogyna, C. oxyacantha Cotoneaster C. nebrodensis Pyracantha P. coccinea Amelanchier A. ovalis Mespilus M. germanica Malus sylvestris Miller, melo selvatico MORFOLOGIA Arbusto o alberello alto fino a 6 m, raramente fino a 10 m, con rami numerosi, induriti e spinescenti all'apice. Le foglie sono alterne, a lamina ovata, di 2-4 x 3-5 cm, a margine dentellato, da giovani tomentose e a maturità glabre, più o meno coriacee; picciolo più breve della lamina. Fiori in cime ombrelliformi, con calice a 5 lacinie e corolla a 5 petali soffusi di rosa all'esterno, obovati, lunghi da 13 a 25 mm; antere gialle. II frutto è globoso o ovato, acidulo, di 2-3 cm, di colore variabile dal verde al giallo al rosso, a polpa molto aspra. Fiorisce ad aprile-maggio; i frutti maturano tra luglio e settembre. ECOLOGIA Vive nei boschi di latifoglie planiziali, submontani e montani, ai loro margini e nelle radure, oltre che in stazioni aride. La specie è caratteristica delle cenosi forestali temperate di caducifoglie. M. sylvestris e indicata anche tra le specie caratteristiche delle cenosi arbustive insediate su macereti calcarei parzialmente consolidati dell' Appennino centrale, in contatto con cenosi boschive a Carpino nero e Roverella. Malus domestica melo Malus sylvestris Miller melo selvatico Malus florentina (Zuccagni) Schneider MORFOLOGIA Cespuglio o alberello senza spine, foglie a contorno ovato-cuoriforme, irregolarmente lobate e seghettate, verde scure di sopra e bianco-tomentose di sotto. Fiori in corimbi, sepali caduchi, petali bianchi, frutto ellissoideo (1 cm) rosso-pallido. ECOLOGIA Vegeta dal piano collinare a quello basso montano. E’ presente in modo assai sporadico nei boschi submediterranei dell’appennino. Specie interessante con areale transadriatico, caratterizza il mantello di vegetazione di boschi planiziari a rovere, insieme a Rosa arvensis e Frangula alnus a contatto con preboschi di pioppo tremulo. Genere Crataegus I BIANCOSPINI I biancospini sono arbusti o piccoli alberi, generalmente spinosi, comprendenti circa 200 specie (ma secondo alcuni Autori sarebbero molte di più) diffuse nelle regioni temperate dell'Emisfero boreale. Le loro foglie, caduche, sono dentate, lobate o pennatifide e i fiori, bianchi nella maggior parte delle specie, sono generalmente riuniti in infiorescenze corimbose. I frutti sono dei piccoli pomi. I Biancospini sono molto decorativi sia nel periodo della fioritura sia in autunno e in inverno, quando si ricoprono di ricche e vistose infruttescenze; per tale motivo alcune specie sono utilizzate nei giardini e nelle siepi. Potendo dare facilmente origine a ibridi, il loro riconoscimento non è sempre agevole. II nome Crataegus deriva dal greco cratos con riferimento alla durezza del legno, che è molto ricercato dai tornitori perché può essere ben lucidato. I fiori e i frutti hanno proprietà cardiotoniche, diuretiche, ipotensive, sedative. In Italia vivono, allo stato spontaneo, 4 specie: Crataegus laevigata (Poiret) DC. (tutto il territorio esclusa Sicilia e Sardegna), C. macrocarpa Hegetschw. (Alpi orientali), C. monogyna Jacq. (tutto il territorio) e C. laciniata Ucria (Sicilia); nell'ltalia settentrionale e in Sicilia è presente anche C. azarolus L., coltivato e spontaneizzato. CHIAVE PER IL GENERE CRATAEGUS 1 Foglie piu o meno profondamente divise in 3-7 lobi quasi interi o grossolanamente dentati nella parte superiore; stili 1; semi 1 C. monogyna 1 Foglie a 3-5 lobi poco profondi e dentati; stili 2-3; semi 2 C. laevigata Crataegus monogyna Jacq. MORFOLOGIA Arbusto o piccolo albero caducifoglio alto fino a 6 m, con spine corte e chioma espansa e intricata. Foglie con picciolo di 1-3 cm, a lamina coriacea lunga 2-5 cm, da rombica o ovale, con 1-4 incisioni profonde per lato; lobi a margini paralleli, sinuoso-crenati o grossolanamente dentati nella parte superiore; base fogliare tronca o ampiamente cuneata. Fiori con 5 petali bianchi subrotondi, riuniti in infiorescenze terminali a corimbo. Frutto con diametro di 6-9 mm, rosso, lucido e glabro, con un solo seme. Fiorisce ad aprile-maggio; fruttifica in estate. ECOLOGIA Specie eliofila, moderatamente xerofila, frugale, vive nei boschi luminosi e ai loro margini, nelle radure, nelle siepi, dal piano fino a 1500 m circa; assieme a molti arbusti è un componente degli stadi di ricostruzione dei boschi a dominanza di Querce. E’ specie degli arbusteti pionieri e delle siepi. DISTRIBUZIONE Europa, Asia sud-occidentale e Africa settentrionale. Comune in tutto il territorio. Di difficile distinzione da C. laevigata con il quale spesso si ibrida. UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA Il decotto di foglie e fiori e usato nel mal di gola. Con i fiori si può preparare un decotto cardiotonico ed emolliente. Crataegus laevigata (Poiret) Dc Sinonimo: C. oxyacantha L. MORFOLOGIA Arbusto o piccolo albero caducifoglio alto 1-6 m, provvisto di spine robuste. Foglie a lamina coriacea, ellittico-obovata, con 1-2 incisioni poco profonde per lato; lobi dentellati; base fogliare acutamente cuneata. Fiori con 5 petali bianchi, riuniti in corimbi terminali; stili generalmente 2. Frutto con diametro di circa 1 cm, rosso scarlatto, lucido e glabro, contenente 2 semi. ECOLOGIA Specie mediamente eliofila, vive nei boschi di latifoglie decidue e nelle radure fino a 1200 m. Rispetto a C. monogyna, è più fortemente legato all'ambiente forestale, meno agli aspetti di margine ed alle siepi. E’ specie caratteristica delle cenosi forestali temperate di caducifoglie. DISTRIBUZIONE Europa settentrionale e centro-occidentale. In Italia è presente in tutto il territorio, con esclusione delle Isole, anche se raro. Secondo. Pignatti (1982) l'area è però da precisare, in quanto molte segnalazioni si riferiscono ad individui atipici di C. monogyna o ad ibridi. Pyrus pyraster Burgsd., pero selvatico, perastro MORFOLOGIA Albero che raramente raggiunge i 15-20 m, a rami induriti e spinescenti e chioma globosa. Le foglie, caduche, sono alterne, semplici, con lamina variabile da rotondo-ovale a ellittica a ovale-lanceolata; la base da cuneata a cordata. La foglia è larga 2-5 cm e lunga 3-8 cm, con margine dentellato; la pagina superiore è verde-scuro e quella inferiore verde-glauco, glabra almeno a maturita; il picciolo e lungo 2-5 cm. I fiori, bisessuali, sono riuniti in infiorescenze a corimbo; calice a 5 denti e corolla a 5 petali bianchi, ovato-orbicolari, lunghi 7 -16 mm; gl i stami sono numerosi con antere porporine. Il frutto è da sferoidale a piriforme, lungo da 1 a 4 cm. Fiorisce ad aprile-maggio; i frutti maturano a ottobre-novembre. ECOLOGIA E’ specie eliofila, poco esigente nei confronti del substrato; vegeta su suoli umidi e ricchi in sostanze nutritizie, fino a 1400 m. Viene indicata come specie caratteristica sia degli arbusteti pionieri e siepi, sia delle cenosi forestali termofile a dominanza di querce caducifoglie. DISTRIBUZIONE Europa centro-meridionale; Asia occidentale. In Italia è presente in tutto il territorio anche se appare più abbondante su substrati arenacei e marnoso-arenacei, in particolare all’interno delle cerrete appenniniche. Pyrus pyraster - P. amygdaliformis Foglie a margine dentato glabre sulle due facce Foglie a margine intero con pagina inferiore biancotomentosa Areale stenomediterraneo in Italia presente in meridione da dove risale lungo la costa tirrenica e fino all’Abruzzo meridionale Areale del pero selvatico Genere Sorbus CARATTERISTICHE Le specie del genere Sorbus sono alberi o arbusti caducifogli diffusi, con oltre 100 specie, nelle regioni temperate dell'Emisfero boreale. Molto simili ai Peri, un tempo venivano compresi nel genere Pyrus. Le foglie sono intere, lobate o pennate. I fiori, bianchi o rosei, sono riuniti in infiorescenze corimbiformi. I frutti sono dei piccoli pomi; le sorbe (o sorbole) di S. domestica, molto aspre quando sono acerbe, diventano gustosissime a completa maturazione; a tale proposito sembra che il nome derivi dal celtico sor = aspro. I sorbi sono noti da tempi antichissimi e sono citati nei classici latini che si occupano di agricoltura. Di essi si sono ottenute diverse varietà da frutto ed ornamentali. I sorbi spontanei rivestono un ruolo importante sia come componenti delle cenosi forestali sia come riserva di cibo della fauna attiva durante l'inverno. In Italia sono presenti S. domestica L., S. torminalis (L.) Crantz, S. aria L. Crantz (tutto il territorio), S. aucuparia L. (tutto il territorio ad eccezione della Sardegna), S. chamaemespilus (L.) Crantz (Alpi, Appennino settentrionale, Abruzzo), S. graeca (spach) Kotschy (Appennino meridionale), S. umbellata (Desf.) Fritsch (dubbio in Sicilia, segnalato anche in Abruzzo), S. mougeotii Soy-Will et Godr. (Alpi occidentali e centrali). E’ un genere difficile da determinare, data la presenza di complessi di ibridi con molte forme affini nelle varie zone geografiche. Genere Sorbus CHIAVE PER IL GENERE SORBUS 1 Foglie imparipennate. 1 Foglie semplici. 2 Foglioline seghettate nei due terzi superiori; gemme fogliari glabre e vischiose; stili 5; frutto di 2-3 cm, a maturità giallo-bruno. 2 Foglioline seghettate nei tre quarti superiori; gemme fogliari tomentose, non vischiose; stili 3-4; frutto di circa 1 cm, a maturità rosso scarlatto. 3 Petali oblunghi, rosei, eretti; foglie solo dentate, non lobate, le adulte verdi e glabre di sopra, piu o meno pubescenti ma non tomentose di sotto. 3 Petali rotondeggianti, bianchi; foglie lobate, o se non lobate, bianco-tomentose inferiormente. 4 Foglie lobate a lobi acuti, glabre op raramente pubescenti di sotto; frutti bruni a maturità 4 Foglie sempre bianco-tomentose inferiormente; frutti giallicci o rosso-arancione a maturità. 2 3 S. domestica S. aucuparia S. chamaemespilus 4 S. torminalis S. aria Sorbus domestica L. sorbo comune, sorbo domestico MORFOLOGIA Albero alto 15-20 m, longevo e a crescita lenta, con tronco dritto a corteccia bruna che con l'età si fessura e si sfalda; rami grigi, prima tomentosi, poi quasi glabri. Le foglie sono alterne, lunghe fino a 20 cm, imparipennate, con 6-10 paia di foglioline intere. II frutto è subgloboso o a forma di pera, lungo 2-4 cm, dapprima di colore giallo-rossiccio, a maturità bruno e dolce. Fiorisce a maggio; i frutti maturano a luglio-agosto. ECOLOGIA Vive nei boschi supramediterranei, fino a 800 m circa di altitudine. E’ specie caratteristica delle cenosi forestali termofile a dominanza di Querce caducifoglie. DISTRIBUZIONE Europa meridionale, Bacino Mediterraneo. In tutto il territorio italiano, rara al Nord. UTILIZZAZIONI E ETNOBOTANICA Un tempo la coltivazione della pianta era molto diffusa; ora, passati di moda i frutti, è in disuso. Le sorbe si dovrebbero raccogliere ben mature, ma generalmente la raccolta si fa quando sono ancora acerbe, per poi farle ammezzire fra la paglia in luoghi asciutti. Ricche di tannino, alle sorbe vengono riconosciute proprietà astringenti e antidiarroiche; contengono inoltre vitamina C e sorbitolo, un alcool utilizzato come succedaneo dello zucchero dai diabetici. Sorbus domestica L. sorbo domestico Sorbus aucuparia L., sorbo degli uccellatori MORFOLOGIA Arbusto o albero alto 3-15 m, a tronco snello, con corteccia bruna, liscia e lucida da giovane, poi fessurantesi con l'eta; chioma rada, ovato-arrotondata. Foglie alterne, imparipennate, lunghe 10-22 cm, con 4-9 paia di foglioline a margine intero nel quarto prossimale e seghettate nel resto, verdescuro superiormente, glauche inferiormente. Fiori riuniti in ricche e vistose infiorescenze a corimbo; calice tomentoso; corolla di 5 petali obovati, lunghi 4-5 mm, bianchi; 20 stami e 3-4 stili. Frutti, raccolti in grandi infruttescenze, piccoli (5-10 mm), globosi, rosso-scarlatti a maturità e di sapore acidulo. Fiorisce da maggio a luglio; i frutti maturano in agosto-settembre. L' epiteto aucuparia deriva dal latino aucupium = uccellagione, ed è riferito al fatto che i frutti, molto graditi dagli uccelli, venivano utilizzati per attirarli nei roccoli e catturarli con le reti. ECOLOGIA E’ un elemento dei boschi mesofili di latifoglie e di aghifoglie, presente soprattutto ai loro margini e nelle radure. In tali cenosi si accompagna in particolare al Faggio, all'Acero montano, ai Tigli, al Frassino maggiore, alla Rovere, alla Betulla, all' Abete rosso e al Pino cembro. Si rinviene, in forma arbustiva, anche negli arbusteti dell'orizzonte subalpino e sulle pendici detritiche. Le cenosi nelle quali si rinviene più frequentemente sono le foreste e le lande acidofile subalpine ed i boschi di Faggio e di altre latifoglie mesofile. DISTRIBUZIONE E UTILIZZAZIONE Europa fino al Caucaso. In Italia interessa tutto il territorio, esclusa la sardegna; piu raro al centro-sud. Con i frutti, ricchi di vitamina C, di tannini e di sorbitolo, si preparano marmellate astringenti; il legname, assai duro, era impiegato per fabbricare mortai e bocce da gioco. Sorbus aucuparia L. sorbo degli uccellatori Sorbus torminalis (L.) Crantz, ciavardello MORFOLOGIA Arbusto o albero alto fino a 15-18 m, a lento accrescimento e molto longevo; tronco dritto e chioma ampia, globosa; corteccia lucida, dapprima color cenere, liscia, poi a piccole scaglie, bruno-scuro. Foglie alterne, semplici, con lamina glabra, ovato-Iobata, lunga 4-10 cm e larga 3-8 cm, con 3-4 paia di lobi (profondi alla base, meno profondi verso I'apice), acuti e a margine irregolarmente dentato; picciolo lungo da 2 a 5 cm. Fiori bisessuali riuniti in infiorescenze a corimbo composto; sepali triangolari, villosi e ghiandolosi al margine; petali suborbicolari, di 5-6 mm, bianchi; stami numerosi, stili 2. Frutto ellissoidale-globoso, di 10-15 mm, prima giallo-rossastro, a maturita bruno. Fiorisce ad aprile-maggio; i frutti maturano a settembre-ottobre. ECOLOGIA Specie moderatamente sciafila e termofila, presente nei boschi di latifoglie soprattutto supramediterranei. E’ specie caratteristica dei boschi termofili a dominanza di Querce caducifoglie. DISTRIBUZIONE Europa, Asia occidentale, Africa nord-occidentale. Presente in tutto il territorio italiano. UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA Per l'eleganza delle foglie e per il loro bel colore autunnale, il Ciavardello è molto apprezzabile come pianta ornamentale nei giardini. I frutti, commestibili, sono rinfrescanti e astrigenti; dalla loro distillazione si ottiene una bevanda alcolica. L'epiteto torminalis, che deriva dal latino tormina=diarrea, indica l'uso dei frutti contro la dissenteria. Sorbus torminalis (L.) Crantz ciavardello Sorbus aria (L) Crantz, farinaccio CARATTERISTICHE Il farinaccio, o sorbo montano, è un caratteristico albero dalla chioma a cupola, ramificazioni ascendenti ed altezza fino a 25 m. Il tronco è ricoperto da una corteccia grigio-rossastra e liscia, punteggiata da lenticelle romboidali. Foglie intere, ovato-lanceolate, con pagine inferiore bianco-tomentosa. DIFFUSIONE Questa specie è abbastanza diffusa, con presenza sporadica, nei boschi dell' Europa centromeridionale; in Italia si rinviene soprattutto in montagna, nelle fasce vegetazionali del Castanetum e del Fagetum. Riguardo alle esigenze edafiche, il sorbo montano può essere considerato alquanto rustico, vegetando bene anche su terreni calcarei; tuttavia è necessario che il terreno sia poroso e aerato, per cui i terreni asfittici come quelli spiccatamente argillosi sono poco tollerati. Questa specie, al pari degli altri sorbi, è inoltre piuttosto resistente all' inquinamento atmosferico. Il fabbisogno di umidità non è elevato, essendo sufficienti 800-900 mm di precipitazioni, in media, nel corso dell' anno; le temperature, nel mese più freddo, occorre che non scendano, nel valore medio. al di sotto di -2/-3 0C IMPIEGHI Il legno del sorbo montano è di colore giallastro, a grana densa e perciò duro e tenace; è usato tipicamente per lavori al tornio, con produzione di manici di attrezzi, arnesi agricoli e oggetti ornamentali. Dagli assortimenti di più grosse dimensioni si possono ricavare sfogliati per l’industria dei pannelli di compensato. Sorbus aria (L) Crantz, farinaccio Sorbus chamaemespilus (L.) Crantz, sorbo alpino MORFOLOGIA Picolo arbusto caducifoglio alto 0/5-1,5 m, a corteccia bruno-scura con lenticelle chiare. Foglie alterne, ovato-ellittiche, di 2x6 cm, cuoiose, a margine minutamente seghettato, superiormente glabre e lucide, inferiormente piu o meno pubescenti; picciolo lungo 5-10 mm. Fiori riuniti in ricchi corimbi pelosi; sepali triangolari di 1,5 mm; petali ovali, eretti, di 4-5 mm, rosa-chiaro. Frutto ovoidale o subgloboso, di 10-12 mm, da rosso-arancio a rosso-bruno. Fiorisce a giugno-luglio; matura i frutti in agosto-settembre. ECOLOGIA Specie eliofila, predilige suoli calcarei poco profondi e sassosi; e legata alle radure delle peccete, ai lariceti, alle cembrete e alle brughiere ipsofile a Pino mugo, a Rododendri e ad altri arbusti prostati. Nell'Appennino centrale entra, sporadica, negli arbusteti dell'orizzonte subalpino con Juniperus communis subsp. alpina, Vaccinium myrtillus, Rosa pendulina, Daphne oleoides, Arctostaphylos uvaursi, arbusteti della classe Pino-Juniperetea (vegetazione arbustiva e arborea oromediterranea, climacica). DISTRIBUZIONE Europa centro-meridionale. In Italia è diffuso nelle Alpi e nell’Appennino centrosettentrionale. Sorbus chamaemespilus (L.) Crantz, sorbo alpino Genere Cotoneaster CARATTERISTICHE I Cotognastri sono arbusti o, raramente, piccoli alberi a foglie caduche o persisitenti, diffusi, con una ottantina di specie, in Asia (baricentro dell'areale in Asia Minore), Europa, Africa settentrionale, America settentrionale e Messico. Le foglie sono semplici, coriacee, in molte specie cotonose sulla pagina inferiore. I fiori sono piccoli, bianchi o rosei, solitari o riuniti in infiorescenze corimbiformi. I frutti sono delle piccole drupe (o piccoli pomi) rosse, gialle onere. II nome del genere Cotoneaster deriva dal latino con significato di "falso cotogno"; in realta i frutti sono più simili a quelli del Biancospino che a quelli del Melo cotogno; poiché però le foglie sono cotonose inferiormente, il nome potrebbe essere riferito a tale caratteristica. I Cotognastri, di grande effetto decorativo, sono tra gli arbusti più indicati per i giardini. In Italia vegetano 2 specie spontanee: C. integerrimus e C. nebrodensis. Cotoneaster nebrodensis (Guss.) Koch, cotognastro bianco MORFOLOGIA Arbusto caducifoglio alto 0,5-2 m, poco ramificato, con rami giovani tomentosi. Foglie ellittiche, larghe 2-4 cm e lunghe 3-6 cm, con 4-6 nervi per lato, verde-scuro e sparsamente pelose superiormente, grigiotomentose inferiormente. Fiori riuniti a 3-10 in cime corimbose brevemente peduncolate; sepali di 4 mm, tomentosi; petali di 4 mm, rosei. Frutto subsferico, di 8-10 mm, rosso. Fiorisce ad aprile-maggio; i frutti maturano in settembre. ECOLOGIA Vive nei boschi aridi di caducifoglie e ai loro margini, negli arbusteti e negli ambienti rupestri detritici ben soleggiati, fino a 1600 m, raramente fino a 2400 m. DISTRIBUZIONE Europa centro-meridionale. Alpi, Appennini, Sicilia; raro verso Sud. Cotoneaster salicifolius COTONEASTER ORNAMENTALI Cotoneaster horizontalis Genere Amelanchier Il PERO CORVINO Al genere Amelanchier si ascrivono circa 20 specie, arbusti o piccoli alberi caducifogli, quasi tutte dell'America settentrionale, un paio europee ed una asiatica, diffuse nelle regioni temperate. Alcune specie sono utilizzate come piante ornamentali in parchi e giardini, soprattutto per le loro ricche fioriture bianche primaverili. I loro frutti, piccoli pomi di circa un centimetro, sono commestibili e vengono usati nella preparazione di bevande alcoliche. II decotto delle varie parti della pianta è ipotensivo. Il termine Amelanchier deriva dal nome savoiardo con cui si indicano i frutti della pianta. Secondo alcuni Autori deriverebbe invece dal greco meles-anchein, che significa "frutto stopposo". II genere è presente in Italia con la sola specie A. ovalis. Amelanchier ovalis Medicus, pero corvino MORFOLOGIA Arbusto caducifoglio alto 1-3 m, con corteccia grigio-bruna. Foglie alterne, lunghe 2-3 cm, ovatoarrotondate, glabre e verde-scuro di sopra, bianco-lanose di sotto da giovani, poi glabre, a margine finemente seghettato, con picciolo piu corto del lembo. Fiori in racemi terminali, calice persistente con tubo lungo 2 mm e 5 denti rossastri; petali 5, bianchi, larghi 3-4 mm e lunghi 12-14 mm, vellutati all'esterno. II frutto e un piccolo pomo globoso, di 5-10 mm di diametro, nero-bluastro e dolciastro. Fiorisce ad aprile-maggio; i frutti maturano in luglio-agosto ECOLOGIA Specie eliofila e xerofila, vegeta nei boschi radi di caducifoglie, nelle radure, nei cespuglieti e in ambienti rupestri, in associazione con Cotognastri, Rose selvatiche, Ciliegio canino, Sorbo montano ecc., fino a 800-1000 m di altitudine; raramente, sulle Alpi, si spinge fino a 1900 m, sulle pendici rocciose ben esposte. E indicata come specie caratteristica sia delle siepi e degli arbusteti termofili del piano montano, sia dei dei boschi di caducifoglie termofili su suolo neutro o basico. AREALE Europa centro-meridionale, Asia occidentale e Africa nord-occidentale Amelanchier ovalis Medicus, pero corvino Genere Pyracantha L ' AGAZZINO II genere Pyracantha, comprende 6 specie arbustive spinose sempreverdi diffuse nell'Europa sud-orientale, nella regione Himalayana e nella Cina centrale. II nome del genere, le cui specie un tempo venivano ascritte ai generi Crataegus o Cotoneaster o Mespilus, con i quali vi sono diverse affinità morfologiche, deriva dal greco pyros=fuoco, e acanthos=spinoso, in relazione al colore rosso dei frutti e alla spinescenza dei rami. Di grande effetto decorativo sia per le esuberanti fioriture sia, soprattutto, per le vistosissime infruttescenze, questi arbusti sono preziose piante da giardino e vengono utilizzati anche per il rinverdimento e il consolidamento di scarpate stradali. In Italia è presente una sola specie spontanea: P. coccinea. Pyracantha coccinea M. J. Roemer, agazzino MORFOLOGIA Arbusto sempreverde, densamente ramificato, alto fino a 2 m e più, con rami spinosi, pubescenti da giovani. Foglie persistenti, a breve picciolo, con lamina ovato-oblanceolata, di 7-15x20-40 mm, a margine dentato verso l'apice, leggermente coriacea, glabra, lucida di sopra. Fiori in corimbi densi; calice con tubo pubescente e sepali brevi, laciniati; petali bianchi, lunghi il doppio del calice, obovati, ottusi. Frutto della grandezza di un pisello, globoso, rosso-scarlatto o arancione. Fiorisce ad aprile-maggio; matura i frutti da luglio a settembre. ECOLOGIA Specie xerofila ed eliofila, predilige suoli freschi, mediamente ricchi in sostanze nutritizie. Vive nei boschi luminosi e ai loro margini, nelle radure, negli arbusteti e nelle siepi, dalla pianura alla bassa montagna. Specie legata agli arbusteti pionieri ed alle siepi, in Appennino centrale è specie di mantello della cerrreta su substrati marnoso-arenacei. DISTRIBUZIONE Bacino del Mediterraneo e Asia Minore. Italia peninsulare, fino al crinale dell'Appennino Ligure. Pyracantha coccinea M. J. Roemer, agazzino Mespilus germanica L., nespolo selvatico MORFOLOGIA Arbusto o alberello di 2-6 m, spinoso, con rami giovani pubescenti. Foglie subsessili, con lamina lanceolata, pelosa di sotto, di 2-4 x 6-12 cm; margine intero o con qualche dentello verso I'apice. Fiori isolati, bianchi, con diametro di 3-4 cm. Frutto bruno, piriforme, lungo 23 cm. Fiorisce a maggio-giugno; matura i frutti a ottobre. ECOLOGIA Specie termofila ed eliofila, predilige suoli sciolti, fertili, freschi; vive nei boschi subacidi di latifoglie (querceti e castagneti). E’ specie caratteristica delle cerrete subacidofile dell'ltalia centro-meridionale. DISTRIBUZIONE Europa sud-orientale e Asia occidentale fino al Caucaso, all'lran e all'Asia Minore. Attivamente coltivato fino al secolo scorso, oggi presente in forma quasi esclusivamente spontanea. Mespilus germanica L., nespolo selvatico Prunus spinosa Prunoidee Genere Prunus Prunus avium Prunus spinosa Prunus avium Genere Prunus I CILIEGI e I PRUNI II genere Prunus raggruppa moltissime specie, circa 200, arboree e arbustive, proprie delle regioni temperate dell’emisfero boreale e con qualche rappresentante nel Sudamerica. L'interesse di questo genere per l'uomo è duplice: da una parte appartengono ad esso specie di rilevante importanza nel settore frutticolo, come Ciliegi, Albicocchi, Mandorli, Peschi e Susini; dall'altra numerose specie rivestono grande valore come piante da giardino. Hanno foglie semplici, persistenti o decidue; i fiori sono bisessuali, bianchi o rosei, solitari o riuniti in infiorescenze racemose o corimbose; il frutto è una drupa. II nome generico Prunus è di origine latina e con esso i Romani distinguevano l'albero del Susino. Nel nostro Paese sono inoltre coltivate e spontaneizzate le specie: P. persica (L.) Bartsch (Pesco); P. dulcis (Miller) D.A. Webb (Mandorlo); P. cerasifera Ehrh. (Ciliegio-susino, Mirabolano) (subspontaneo); P. cerasifera Ehrh. var. pissardii (mirobalano porporino) (ornamentale); P. domestica L. (Susino) con le subsp. domestica e insititia P. cerasus L. (Amarena, Marasca); P. serotina Ehrh. (Prugnolo tardivo); P. laurocerasus L. (Lauroceraso); Queste specie sono tutte spontaneizzate, ad eccezione di P. serotina e P. laurocerasus; P. armeniaca L. (Albicocco), comunemente coltivato, non tende invece a spontaneizzarsi. CHIAVE PER LE SPECIE SPONTANEE DEL GENERE PRUNUS 1 Fiori riuniti in racemi allungati 12-multiflori e penduli. 1 Fiori incorimbi o fascetti pauciflori eretti 2 Fiori in corimbi brevi, 4-12 flori 2 Fiori in fascetti ombrelliformi pauciflori 3 Rami spinosi e fiori sempre bianchi 3 Rami senza spine 4 Infiorescenza ornata alla base da 1 o 2 foglie; foglie lunghe 6-12 cm, consistenti, liscie, glabre sulle due facce, picciolo nudo 4 Infiorescenza nuda alla base; foglie lunghe 12-15 cm, sottili, rugose pelosette sulla pagina inferiore, picciolo ornato in alto da 1 o 2 ghiandole rossastre 5 Frutto con diametro minore di 15 mm, su peduncoli di 5 mm, fiori con petali lunghi 5-8 mm, foglie con lamina di 1-4 cm 5 Frutto con diametro di oltre 20 mm, su peduncoli di 15 mm, fiori con petali più lunghi di 8 mm, foglie con lamina di 5-10 cm pianta spinosa o no (la var. pissardii ha foglie rosso purpuree e petali rosei) P. padus 2 P. mahaleb 3 5 4 P. cerasus P. avium P. spinosa P. cerasifera In Italia sono presenti, allo stato spontaneo, le seguenti specie: P. spinosa L.- Prugnolo (in tutto il territorio); P. avium L. - Ciliegio (in tutto il territorio); P. mahaleb L. - Ciliegio canino (tutto il territorio con esclusione della Sardegna); P. padus L. - Pado (Alpi e Padania). Prunus spinosa L., prugnolo, pruno selvatico MORFOLOGIA Arbusto caducifoglio alto 0,5-3 m, molto ramificato, con corteccia nerastra; rami molto spinosi, con corteccia grigio-rossiccia. Foglie alterne, con picciolo di 3-5 mm e lamina lanceolata o ovato-ellittica, arrotondata o cuneata alla base e con margine finemente seghettato, lunga 3-4 cm e larga 1,5-2 cm, verde-scuro e glabra superiormente, più chiara e con peli lungo le nervature inferiormente. Fiori sviluppantisi prima delle foglie, bisessuali, bianchi, solitari o raramente in gruppi di 2-3 su peduncoli brevi; petali ovali-bislunghi, di 5-8 mm; stami generalmente 20, stili 1. Il frutto è una drupa subsferica di 10-15 mm, nero-bluastra, pruinosa, di sapore acido. Fiorisce a marzo-aprile, prima della emissione delle foglie, i frutti maturano in ottobre-novembre. ECOLOGIA e DISTRIBUZIONE Specie eliofila e moderatamente xerofila, predilige suoli calcarei, profondi, ricchi di sali. Notevole ampiezza ecologjca: vive nei boschi lumjnosj, negli arbusteti e nelle siepi, nei pascolj, dalla pianura fino a 1500 m circa; è un componente dei cespuglieti di ricostituzjone dei boschi di Querce e presente anche nei boschi igrofili, dove assume un aspetto meno intricato. Europa, Asia occidentale e Africa settentrionale. In Italia è presente in tutto il territorio. UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA I frutti, ricchi di tannino, sono commestibili e gradevoli solo a maturazione, dopo le prime gelate, a ottobre-novembre o anche a dicembre, quando la polpa è più morbida e dolce; con essi si preparano bibite, liquori ed ottime marmellate. Le varie parti della pianta hanno proprietà astringenti, depurative, diuretiche, toniche. Il decotto di foglie fresche e bevuto contro il mal di gola; quello di frutti è antimetrorragico; I'infuso di fiori è utilizzato come sedativo nella prostatite. I frutti si mangiavano contro la diarrea. Prunus spinosa L., prugnolo, pruno selvatico Prunus avium L., ciliegio selvatico MORFOLOGIA Albero alto fino a 15-20 (25) m, poco longevo, a tronco dritto e slanciato con rami eretti; raramente assume aspetto arbustivo; corteccia grigiastra o rosso-scuro, liscia e lucida, desquamantesi in nastri orizzontali; dalle ferite del tronco sgorga una resina gommosa; chioma ovato-piramidale, rada. Foglie alterne, lungamente picciolate, con lamina da ovato-oblunga ad obovata, lunga 10-12 (15) cm e larga 5-7 (12) cm, cuneato-arrotondata alla base ed acuminata all'apice, a margine seghettato, superiormente glabra, inferiormente pelosetta; picciolo di 2-4 cm, con 2-4 ghiandole rosse nel punto di attacco della lamina. Fiori bisessuali riuniti in ombrelle di 2-6, con lungo peduncolo; petali bianchi di 10-15 mm. Il frutto e una drupa globosa di 1 cm circa, lucida, rosso-scuro, dolce. Fiorisce ad aprile-maggio, contemporaneamente all'emissione delle foglie; i frutti maturano a giugno-luglio. ECOLOGIA Specie eliofila, rustica, resistente alle basse temperature, con temperamento pioniero; vive, sporadica, nei boschi di latifoglie e ai loro margini: faggete, querceti mesofili, boschi igrofili e querco-carpineti delle pianure alluvionali. Diffuso, per lo più in esemplari isolati. in gran parte dei boschi della media montagna, dove vegeta in ambienti con precipitazioni medie annue non inferiori a 800-900 mm. Le condizioni ottimali di terreno per il ciliegio si riscontrano in substrati a reazione sub-acida (pH = 5-6). di matrice silicea preferibilmente. ma comunque con basso contenuto di argilla. Prunus avium L., ciliegio selvatico DISTRIBUZIONE Europa, Asia Minore, Caucaso e Africa del Nord. Data la sua coltivazione su larga scala, è difficile precisare il suo areale originario; secondo alcuni sarebbe originario dell' Asia occidentale. Reperti archeologici risalenti al Paleolitico confermano però il suo indigenato in Europa. Distribuzione italiana in tutto il territorio. UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA Il Ciliegio, poco utilizzato in selvicoltura, meriterebbe invece un più largo impiego sia per il suo legno sia per favorire la fauna selvatica. Plastico, rustico e a rapido accrescimento, possiede anche uno spiccato carattere pioniero ed è adatto quindi a rimboschire terreni poveri e degradati, assieme al Carpino nero, all'Orniello, all' Acero, al Maggiociondolo, ecc. Il legno, duro, pesante e poco poroso, è molto pregiato ed è adatto per mobili e per lavori al tornio. II Ciliegio è utilizzato in coltura sin dall'antichità in numerose varietà. Coltivato in Egitto già nel VI-VII sec. a.C., era largamente nota ai Greci e ai Romani, citato da Teofrasto, Ovidio, Plinio e altri antichi Autori. I suoi frutti sono utilizzati sia direttamente sia per preparare marmellate, dolci, liquori; tra questi ultimi sono famosi il cherry, il kirsch, il ratafiil. Ricche di vitamine A e C e di sali minerali, le ciliege possiedono proprietà diuretiche, depurative, antiuriche e lassative. Il decotto dei peduncoli secchi dei frutti veniva somministrato per calmare la tosse; lo stesso decotto era usato in veterinaria contro le indigestioni. L'epiteto specifico avium in latino significa "degli uccelli" con riferimento all'appetibilità dei frutti da parte di questi animali. Il nome "ciliegia", utilizzato sia per le ciliege comuni che per le amarene, deriva dall'iraniano kirahs, tradotto in greco kerasion e in latino cerasum. Prunus avium L., ciliegio selvatico Prunus mahaleb L.,ciliegio canino CARATTERISTICHE Piccolo albero, alto sino a 6 (12) m, più spesso arbusto ramosissimo, a rami spesso spinosi e ramuli ghiandoloso-vischiosi. Foglie alterne, con picciolo glabro e per lo più senza ghiandole, ornato da due stipole dentate e ciliate, a lamina ovata, rotondata o debolmente cordata alla base, minutamente crenato-dentellata ai margini, acuminata all’apice, glabra e lucida di sopra, pelosa da giovane di sotto. Fiori ermafroditi in corimbi brevi 4-12 flori eretti, corolla a petali bianchi. Il frutto è una drupa globosa (510 mm), glabra, non pruinosa, nera a maturità, di sapore amarognolo. Fiorisce da marzo a maggio. DISTRIBUZIONE ED ECOLOGIA Ha un vasto areale che si stende attraverso tutta l’Europa meridionale dalla Penisola Iberica al Caucaso e all’Asia occidentale. In Italia vive in tutta la Penisola e in Sicilia dal piano fino a 1700 m. Specie termofila e lucivaga, si trova nelle radure dei querceti e delle pinete, nei boschi cedui, negli arbusteti e nelle siepi; predilige i terreni calcarei e le pendici asciutte e assolate. E’ specie caratteristica dei macereti parzialmente consolidati del piano collinare dell’Appennino centrale. UTILIZZAZIONI ED ETNOBOTANICA Il legno, ad alburno bianco giallognolo e durame bruno, è semiduro pesante e gradevolmente profumato di cumarina; si usa per lavori di tornio ed intaglio e per la produzione di pregiati bocchini da pipa, tabacchiere e bastoni da passeggio. Si usa come portainnesto per le varietà migliorate di ciliegio. Prunus mahaleb L.,ciliegio canino Rosoidee esotiche e ornamentali Kerria japonica Rosoidee esotiche e ornamentali Gen. Spiraea Maloidee esotiche e ornamentali Eriobotrya japonica Maloidee esotiche e ornamentali Crataegus azarolus Prunoidee esotiche e ornamentali Prunus laurocerasus Prunoidee esotiche e ornamentali Prunus pissardii Prunoidee esotiche e ornamentali Prunus padus SOLANACEAE Classificazione Regno: Classe: Sottoclasse: Ordine: Famiglia: Plantae Magnoliopsida Asteridae Solanales Solanaceae Informazioni generali: Generi: circa 95 Specie: più di 2000 Distribuzione: climi temperati e tropicali SOLANACEAE • • • • • Sono piante raramente legnose (pomo di Sodoma), spesso erbacee con fusto eretto (patata, melanzana) o rampicante (pomodoro). Alcune formano tuberi e rizomi. Importanza in ambito alimentare: fanno parte delle Solanacee la patata (Solanum tuberosum) (riserva di amido), la melanzana (Solanum melongena), il pomodoro (Solanum lycopersicum) (elevato contenuto di vitamine, di -carotene e licopene), i peperoni (ricchi di vitamine e di capsaicina). Il frutto è una bacca (o una capsula) Molte contengono alcaloidi (solanina, nicotina, atropina, scopolamina) e vengono utilizzate anche in ambito farmaceutico. Stramonio (Datura stramonium) Belladonna (Atropa belladonna) Giusquiamo (Hyoscyamus niger) Appartiene alle Solanacee anche la pianta del Tabacco (Nicotiana tabacum) Habitus: Erbaceo Arbustivo Arboreo Liane steptosolen patata pomodoro pomo di Sodoma Inflorescenze: Solitarie o cimose Fiori: Ermafroditi Generalmente attinomorfi Ovario supero Generalmente 5 petali, 5 sepali, 5 stami, 2 carpelli, 2 loculi (petali e sepali sono spesso uniti) Frutti: Bacca Capsula I più importanti Generi delle Solanaceae Non presenti nella flora italiana Presenti nella flora italiana Introdotti in Italia dopo la scoperta delle Americhe Atropa Browallia Brugmansia Calibrachoa Capsicum Datura Hyoscyamus Lycium Lycopersicon Mandragora Nicotiana Petunia Physalis Salpiglossis Schizanthus Streptosolen solanacee presenti nella flora italiana Atropa belladonna belladonna Datura stramonium Stramonio Hyoscyamus niger Giusquiamo Mandragora officinarum Mandragola Physalis alkekengi Alchechengi Solanum dulcamara Dulcamara Solanum nigrum Erba morella Solanum luteum Morella rossa Solanum sodomaeum Pomo di sodoma solanacee introdotte in italia dopo la scoperta delle americhe • La scoperta delle Americhe segna una serie di cambiamenti storici non solo per le radicali modificazioni sociali ed economiche, ma anche per una profonda trasformazione delle abitudini alimentari e dell’agricoltura in tutta Europa. • Furono gradualmente introdotte nuove specie vegetali di grande potenzialità agronomiche ed alimentari come il mais, la patata, il pomodoro, il peperone, le zucche, le zucchine, i fagioli, il tabacco,, il girasole, la fragola da orto, l’arachide, il topinambur, e molte altre. Capsicum annuum var. grossum Peperone Capsicum annuum var. longum (=C. frutescens) Peperoncino Lycopersicon esculentum Pomodoro Solanum melongena Melanzana Solanum tuberosum Patata Nicotiana tabacum Tabacco Nicotiana alata Nicotiana glauca Tabacco ornamentale Petunia xhybrida Petunia Lycium chinense Goji Il Goji è un albero da frutto che può raggiungere 3 metri di altezza, originario del continente asiatico, la cui diffusione si va lentamente estendendo a tutte le zone a clima temperato. I frutti contengono numerose sostanze (betaina, beta-sitosterolo, cyperone, germanio, solavetivone, physalin, zeaxantina, luteina) antiossidanti e utili a combattere l’invecchiamento per questo viene chiamato anche il “frutto dell’eterna giovinezza”. solanacee non presenti nella flora italiana Browallia spp. Bush violet Brugmansia spp. Angel’s Trumpet Calibrachoa spp. Salpiglossis spp. Painted tongue flower Schizanthus xwisetonensis Butterfly flower Solanum pseudocapsicum Ciliegia di Gerusalemme Streptosolen jamesonii Marmalade bush Arbusto sempreverde proveniente dal Sudamerica molto apprezzato come pianta ornamentale per l’abbondante e prolungata fioritura estiva Michele Rismondo [email protected] Insegnamento di BIOLOGIA, ANATOMIA E MORFOLOGIA VEGETALE Approfondimento: Famiglia FAGACEAE Fagacee Comprende piante legnose con portamento arboreo, con foglie alterne o spiralate e stipole caduche. I fiori sono unissessuali, quelli maschili solitari o disposti in amenti, quelli femminili solitari o in spighe. I fiori maschili hanno un numero variabile di stami e di elementi del perianzio. I fiori femminili hanno generalmente 3 carpelli e 3 stili. L'impollinazione è di tipo anemogamo, entomogamo nelle specie più primitive. Il frutto, normalmente monospermo, è una noce (achenio) circondato parzialmente o totalmente da una cupula derivata dai tessuti dell'asse fiorale e provvista esternamente di squame o spine. Fagacee Castanea Il castagno è considerato più primitivo per il fatto di essere impollinato parzialmente da insetti; le infiorescenze maschili sono rigide e nella sua cupula si trovano spesso 3 nucule eduli. Fagus Il faggio è una specie anemofila; i fiori maschili penduli sono numerosi e disposti in capolini (dicasiali), quelli femminili eretti in dicasi biflori; la cupula, coperta da appendici molli, contiene due noci trigone, ricche di olii. Quercus Le querce hanno dicasi maschili e femminili costituiti da un unico fiore; la loro nucula "ghianda" è solitaria nella cupula squamata e caliciforme. Castanea sativa Castagno CARATTERISTICHE Il castagno è una pianta a portamento arboreo, con chioma espansa e rotondeggiante e altezza variabile, secondo le condizioni, dai 10 ai 30metri. In condizioni normali sviluppa un grosso fusto colonnare, con corteccia liscia, lucida, di colore grigio-brunastro. La corteccia dei rami è di colore bianco ed è cosparsa di lenticelle trasverse. Con il passare degli anni, la corteccia si screpola longitudinalmente. Le foglie sono alterne, provviste di un breve picciolo e, alla base di questo, di due stipole oblunghe. La lamina è grande, lunga anche fino a 20-22 cm e larga fino a 10 cm, di forma lanceolata, acuminata all'apice e seghettata nel margine, con denti acuti e regolarmente dislocati. Le foglie giovani sono tomentose, ma a sviluppo completo sono glabre, lucide e di consistenza coriacea. I fiori sono unisessuali, presenti sulla stessa pianta. I fiori maschili sono riuniti in piccoli glomeruli a loro volta formanti amenti eretti, lunghi 5–15 cm, emessi all'ascella delle foglie. Ogni fiore è di colore biancastro, provvisto di un perigonio suddiviso in 6 lobi e un androceo di 6-15 stami. I fiori femminili sono isolati o riuniti in gruppi di 2-3. Ogni gruppo è avvolto da un involucro di brattee detto upola. Il frutto è un achenio, comunemente chiamato castagna, con pericarpo di consistenza cuoiosa e di colore marrone, glabro e lucido all'esterno, tomentoso all'interno. La forma è più o meno globosa, con un lato appiattito, detto pancia, e uno convesso, detto dorso. Il polo apicale termina in un piccolo prolungamento frangiato, detto torcia, mentre il polo prossimale, detto ilo, si presenta leggermente appiattito e di colore grigiastro. Sul dorso sono presenti striature più o meno marcate, in particolare nelle varietà del gruppo dei marroni. Questi elementi morfologici sono importanti ai fini del riconoscimento varietale. Gli acheni sono racchiusi, in numero di 1-3, all'interno di un involucro spinoso, comunemente chiamato riccio, derivato dall'accrescimento della cupola. A maturità, il riccio si apre dividendosi in quattro valve. Il seme è ricco di amido. Castanea sativa Castagno ECOLOGIA E DISTRIBUZIONE Il castagno è una specie mesofila e moderatamente esigente in umidità. Sopporta abbastanza bene i freddi invernali, subendo danni solo a temperature inferiori a -25 °C, ma diventa esigente durante la stagione vegetativa. Per questo motivo il castagno ha una ripresa vegetativa tardiva, con schiusura delle gemme in tarda primavera e fioritura all'inizio dell'estate. È diffuso nel piano montano (600-1300 m) delle regioni mediterranee o in bassa collina più a nord. In condizioni di umidità favorevoli può essere coltivato anche nelle stazioni fresche a quote più basse. A fronte delle moderate esigenze climatiche, il castagno presenta notevoli esigenze pedologiche, perciò la sua distribuzione è strettamente correlata alla geologia del territorio. Sotto l'aspetto chimico e nutritivo, la specie predilige i terreni ben dotati di potassio e fosforo e di humus. Le condizioni ottimali si verificano nei terreni neutri o moderatamente acidi; si adatta anche ad un'acidità più spinta, mentre rifugge in genere dai suoli basici, in quanto il calcare è moderatamente tollerato solo nei climi umidi. INTERESSE Il frutto è utilizzato da tempi antichissimi per la produzione di farine. Questo impiego ha oggi un'importanza marginale e circoscritta alla produzione di dolci tipici, come il castagnaccio e il Panmorone. Ancora diffusa è invece la destinazione dei frutti di buon pregio al consumo diretto, concentrato nei mesi autunnali, e alla produzione industriale di confetture e marron glacé. Interesse del tutto marginale ha il possibile impiego dei frutti come alimento per gli animali domestici. Il legno di castagno è caratterizzato da durevolezza e la resistenza all'umidità, perciò si presta per l'impiego come legno strutturale; la facilità di lavorazione lo rendono adatto ad essere impiegato per la realizzazione di vari manufatti. È inoltre un legno semiduro, adatto secondariamente anche per lavori di ebanisteria. La precocità di formazione del durame rende inoltre possibile l'attuazione di turni di ceduazione relativamente brevi, naturalmente in funzione del tipo di assortimento mercantile richiesto. Il legno lavorato presenta tonalità variabili dal giallo al rossastro, venature sottili e una spiccata nodosità. Per le sue caratteristiche tecnologiche, il castagno è stato tradizionalmente usato per molteplici impieghi e la realizzazione di travi, pali, infissi, doghe per botti, cesti e mobili, oltre alla già citata estrazione del tannino. Attualmente la sua destinazione principale è l'industria del mobile. Castanea sativa Castanea sativa Castanea sativa frutti Castanea sativa Distribuzione italiana del castagno Areale di Castanea sativa • naturale ° coltivato Fagus sylvatica CARATTERISTICHE È una pianta che raggiunge facilmente i 25 - 30 metri di altezza. Presenta fogliame denso e foglie ovali e glabre, più chiare nella pagina inferiore. Le foglie sono disposte sul ramo in modo alterno, lucide su entrambe le facce, con margine ondulato, ciliato da giovani. In autunno assumono una caratteristica colorazione arancio o rosso-bruna. Ha una chioma massiccia, molto ramificata e con fitto fogliame, facilmente riconoscibile a distanza perché molto arrotondata e larga, con rami della porzione apicale eretti verticali. È una pianta monoica che produce fiori maschili e femminili sulla stessa pianta ma in posizioni diverse. I fiori maschili sono riuniti in amenti tondi e penduli, lungamente picciolati, quelli femminili accoppiati in un involucro, detto 'cupola', hanno ovario triloculare, la fioritura avviene generalmente nel mese di maggio. I frutti, chiamati faggiole, sono grossi acheni commestibili, trigoni, rossicci, contenuti in ricci deiscenti per 4 valve, dai quali si ricavava olio (che si dice secondo soltanto a quello d'oliva). ECOLOGIA E DISTRIBUZIONE L'areale naturale di distribuzione della specie va dalla Svezia meridionale (con popolazioni più rade in Norvegia) a nord fino all'Italia centrale e alla Penisola Iberica nella parte centro-settentrionale a sud e ad est si estende fino alla Turchia nord-occidentale dove si mischia con il Fagus orientalis. In Italia è presente sulle Alpi e sugli Appennini, su questi ultimi giunge fino al limite vegetazionale. È una pianta sciafila che si aggrega facilmente con altre essenze, soprattutto conifere. Si adatta a qualsiasi terreno. In condizioni sfavorevoli si presenta come un arbusto prostrato e molto ramificato, adatto a sopportare il peso del manto nevoso per lunghi periodi. INTERESSE Il faggio viene coltivato in boschi cedui per la produzione di legna da ardere, tuttavia negli ultimi anni si è avuta una conversione da ceduo a fustaia per soddisfare l'interesse commerciale. Nelle coltivazioni a fustaia si effettuano tagli ogni 90-100 anni, dai quali si ricavano 400-500 metri cubi di legname a taglio. Come legname viene impiegato nella costruzione di mobili, giocattoli, utensili da cucina ed è adatto alla tornitura. Grazie alla sua compattezza viene inoltre apprezzato nella costruzione di sedie, mazzuoli, pavimenti e ripiani di banchi da lavoro. Fagus sylvatica Fagus sylvatica Fagus sylvatica fiori Fagus sylvatica frutti Fagus sylvatica Distribuzione italiana del faggio Areale del Fagus sylvatica Fagus sylvatica var. purpurea Fagus sylvatica var. pendula Gen. Quercus Sez. ROBUR Foglie caduche più o meno profondamente lobate, ghiande maturanti in 1 anno, cupola con squame brevi, appressate. Q. robur (farnia) Q. petraea (rovere) Q. pubescens (roverella) Q. frainetto (farnetto) Sez. CERRIS Q. cerris (cerro) Foglie caduche o semipersistenti, ghiande maturanti generalm. in 2 anni, Q. trojana (fragno) cupola con squame lunghe ricurve. Q. aegylops (vallonea) Sez. SUBER Foglie persistenti di forma più o meno Q. suber (sughera) ovata, ghiande maturanti in 1 o 2 anni, Q. ilex (leccio) cupola con squame brevi, più o meno Q. coccifera (q.spinosa) appressate. Quercus sez. “robur” Chiave dei taxa appartenenti al genere Quercus sez. “robur” sulla base della forma delle foglie Quercus robur “farnia” CARATTERISTICHE È caratterizzata da notevoli dimensioni, crescita lenta (cosa che ne determina il raro impiego come pianta ornamentale) e da rinomata longevità. La farnia è un albero dal portamento maestoso ed elegante, con una chioma espansa, molto ampia e di forma globosa ed irregolare. Raggiunge un'altezza che va dai 25 ai 40 m, eccezionalmente 50. Il fusto è diritto e robusto ed alla base si allarga come per rafforzare la pianta; i rami con il passare del tempo divengono via via più massicci, nodosi e contorti. La corteccia, che in giovane età appare liscia ed opaca, è di colore grigio-bruno pallido e fessurata in piccole placche. Le foglie, lunghe dai 7 ai 14 cm, sono decidue, alterne, subsessili (con picciolo molto breve), glabre, di forma obovata con margini lobati (da 4 a 7 lobi per lato) e due vistose orecchiette alla base della foglia. La pagina superiore è di colore verde scuro, quella inferiore mostra un riflesso bluastro. Essendo una pianta monoica, ogni esemplare porta fiori di entrambi i sessi, molto simili a quelli delle altre querce. I fiori maschili si presentano in amenti filiformi di colore giallognolo; quelli femminili sono da 1 a 3 su un lungo peduncolo. La fioritura avviene nel periodo di aprile-maggio. I frutti sono acheni, più precisamente ghiande. Esse sono lunghe fino a 4 cm, di forma ovale-allungata, con cupola ruvida e ricoperta di squame romboidali che le ricopre per circa un quarto. Il colore va dal verde chiaro al marrone con il procedere della maturazione. Crescono singolarmente o a gruppi di fino 4 ghiande su lunghi gambi (da 3 a 7 cm). Maturano l'autunno seguente alla fioritura. Quercus robur “farnia” ECOLOGIA e DISTIBUZIONE Un tempo formava le vaste foreste della Pianura Padana assieme ad altri alberi quali il cerro (Quercus cerris) e il carpino bianco (Carpinus betulus). Attualmente esistono relitti di questi boschi planiziali, che ci danno una idea di quello che doveva essere l'ambiente padano prima dei massicci disboscamenti operati dall'uomo nelle varie epoche. È comunque diffusa ancora con una certa frequenza nelle campagne, soprattutto come albero isolato, ad indicare antichi confini territoriali. È inoltre spesso presente in parchi cittadini e giardini di grosse dimensioni, così come in vicinanza di vecchie residenze di campagna. Cresce comunemente nelle aree europee continentali, spesso in boschi, spingendosi sino ad un'altitudine di 800-1000 m. È in grado di adattarsi a diversi tipi di terreno, sebbene prediliga quelli profondi, freschi, argillosi, acidi e ben irrigati. Resiste bene ai geli invernali e richiede temperature elevate nel periodo estivo, nonché una discreta esposizione alla luce. È la quercia più diffusa in Europa, e il suo areale si estende fino alla Scandinavia, alle isole britanniche, all'Anatoliae al Caucaso. In Italia è presente su tutto il territorio ad esclusione delle isole e della Puglia. INTERESSE La farnia è coltivata per il rimboschimento e per il pregiato legname che ne costituisce il prodotto più importante. Il legno di questa quercia, noto come "rovere di Slavonia", è di colore bruno chiaro, resistente, durevole e pesante. Esso viene impiegato per costruire mobili pregiati, parquet e botti, oltre che per la produzione di carbone e l'impiego diretto come combustibile. In epoche passate la farnia era largamente utilizzata nelle costruzioni navali. Quercus robur “farnia” Quercus robur Distribuzione della farnia in Italia Areale di Quercus robur Quercus petraea “rovere” CARATTERISTICHE È una quercia dalla discreta longevità, raggiunge infatti i 500-800 anni d'età e le dimensioni massime definitive vengono raggiunte a 120-200 anni. Le foglie sono semplici, decidue, di forma ellittica, con margine lobato e 5-8 paia di lobi arrotondati, senza peli. L'apice è ottuso e arrotondato. La pagina superiore è verde lucido, quella inferiore più pallida. Il tronco è eretto, robusto e slanciato, ramificato solo nella parte superiore. I rami sono molto nodosi e formano una corona densa, globosa e regolare. I rami giovani non sono pelosi. La sua chioma si espande verso l'alto raggiungendo un'altezza di 30-40 metri in bosco. Il frutto è la classica ghianda, con pericarpo oblungo, giallo bruno e lucente. Di forma ovoidale, lunghe fino a 2,5 centimetri, sono protette solo nel terzo inferiore da una cupola a squame piccole e appressate. Nel rovere il frutto è sessile, a differenza della roverella i cui frutti presentanto un peduncolo assai corto. ECOLOGIA e HABITAT Albero tipico dell'Europa occidentale e centromeridionale; in Italia sarebbe la specie tipica del piano collinare e montano inferiore (300-1100 m), se l'antropizzazione subita dal bosco negli ultimi secoli non avesse introdotto il castagno al suo posto. Il nome specifico (petraea) indicherebbe proprio il fatto che la pianta ama i luoghi pietrosi ben drenati. In Italia vive fino a 1500-1800 m di altitudine. La rovere è tollerante la siccità grazie al suo apparato radicale profondo, a differenza della farnia, che tollera un ristagno idrico di 100 giorni consecutivi; trova l'ottimo di diffusione in suoli sciolti e sabbiosi in cui non vi è possibilità di marciume radicale causato dall'acqua, ha inoltre una lieve preferenza per i substrati acidi. INTERESSE Il legno di rovere è del tutto simile a quello della farnia, ma più pesante. Piuttosto pregiato viene utilizzato, oltre che nella fabbricazione di mobili, nell'edilizia, per travature, parquet, nei cantieri navali e nella costruzione di doghe per botti per l'invecchiamento dei vini e altre bevande alcoliche, ed anche per la costruzione di bare. Ottimo combustibile, è anche utilizzato per la produzione di carbone. Quercus petraea “rovere” Quercus petraea Distribuzione della rovere in Italia Areale di Q. petraea Quercus pubescens “roverella” CARATTERISTICHE La Roverella, è la specie di quercia più diffusa in Italia, tanto che in molte località è chiamata semplicemente quercia. Resistente all'aridità è facilmente riconoscibile d'inverno in quanto mantiene le foglie secche attaccate ai rami a differenza delle altre specie di querce. Le foglie e le gemme sono ricoperte da una fine peluria. ECOLOGIA ed INTERESSE Questa pianta si trova principalmente nelle località più assolate, nei versanti esposti a Sud ad un'altitudine compresa tra il livello del mare e i 1000 m s.l.m. Distribuita nel bacino mediterraneo e in tutta Italia, con esclusione delle zone più interne e più elevate. È poco apprezzato ed utilizzato come legno d'ardere, fa parte della categoria delle legne dure, ovvero quei legni che hanno ottimo valore calorifico e lenta combustione. Le ghiande sono dolci e venivano utilizzate non solo per l'alimentazione dei maiali, ma anche, nei periodi di carestia, per fare una specie di pane o piadina di ghianda. Quercus pubescens “roverella” Quercus pubescens amenti maschili Quercus pubescens frutti Quercus pubescens “roverella” Distribusione italiana della roverella Areale di Quercus pubescens Quercus frainetto “farnetto” Quercus frainetto “farnetto” Distribusione italiana del farnetto Areale di Quercus frainetto Ha portamento maestoso che raggiunge i 25 m di altezza dopo una lentissima crescita. I giovani rami sono pelosi e la corteccia del tronco è grigio-bruno mentre negli esemplari adulti la corteccia è suddivisa in piccole squame rugose. Le foglie sono piuttosto lunghe (15/20 cm) e di un bel verde intenso. Non ha particolari esigenze di terreno ma soffre i climi freddi con frequenti gelate e quindi è adatto alle zone del centro-sud Italia. Quercus sez. “cerris” 1 Fg. Membranacee, aspre al tatto, verdi pallide di sotto e poco pelose (pubescenti), cupole diam. 2-3 cm, squame lesiniformi Q. cerris 1 Fg. coriacee, semipersistenti, cupole a squame lanceolate od ovate 2.Fg. verdi glabre o quasi in ambedue le pagine, le definitive regolarmente seghettate (simili, in piccolo, a quelle del castagno), frutti sessili, cupole di 2-3 cm, squame lanceolate Q. trojana 2. Fg. Più o meno grigiastre nelle due pagine per pelosità abbondante, grossamente dentate o lobate, frutti subsessili, cupole del diametro di 4-6 cm, con squame ovali o bislunghe, larghe anche 5-6 cm Q. aegylops Quercus cerris “cerro” CARATTERISTICHE Grande albero, può raggiungere i 35 m di altezza e diametri del tronco che possono superare il metro. Ha tronco dritto e slanciato, che in bosco, si diparte in rami nel terzo superiore, con branche robuste, le più basse orizzontali e corte, poi ascendenti e sinuose, che formano una chioma dapprima ovale, poi globosa e mediamente densa. La corteccia, nei primi anni è grigia e liscia, ma già dopo una decina di anni si forma un ritidoma con scanalature sempre più profonde e verticali interrotte da solchi trasversali, stretti, si da formare uno spesso strato suberoso e rugoso, di colore grigio scuro, ma che a differenza delle altre querce, mostra la zona di crescita di color salmone, molto evidente durante la stagione vegetativa. Le foglie sono di forma molto variabile e tardivamente caduche; mediamente a profilo oblungo-obovato e arrotondate alla base, a volte troncate o leggermente cordate, spesso profondamente lobate, quasi a toccare la nervatura centrale in numero di 4-7 lobi per lato, ma anche nella stessa pianta e/o in diverse fasi fenologiche, si possono trovare foglie e anche l'intera chioma, con lobi poco profondi, ineguali, quasi serrate, appuntiti e terminanti con un mucrone. Sono mediamente lunghe da 6 a 11 cm e larghe 4-6 cm con un picciolo di 0.5-1,5 cm; da giovani sono tomentose biancastre, in seguito, diventano coriacee e scabre superiormente per la presenza di peli stellati, mentre la pubescenza persiste a lungo nella pagina inferiore, rendendola più chiara. Quercus cerris “cerro” ECOLOGIA e DISTRIBUZIONE Il Cerro è principalmente specie a baricentro europeo sud-orientale. In Italia, si trova sporadico nella Pianura Padana, forse introdotto, certamente naturale nel Friuli orientale dove concorre alla formazione dei querceti collinari e rovereti e sul Carso assieme a Roverella ed anche Rovere in suoli ferrettizzati. Il Cerro, diviene molto abbondante sulla dorsale appenninica, soprattutto dalla Maremma toscana in giù, ma diventa più raro in Sicilia e manca in Sardegna. Specie a comportamento mesofilo, ma più xerofilo di Farnia e Rovere e meno di Roverella, lo possiamo trovare associato in diverse formazioni dove queste tre querce possono essere presenti. E' limitato dal basso dalle leccete più xerofile e dall'alto dalle faggete più fresche dove gli inverni sono più rigidi; occupa una fascia altitudinale che dalla pianura e bassa collina, va a 800 m nella zona avanalpica e nord-appenninica, a 1000, 1200 m di quota nell'Appennino meridionale e Sicilia. INTERESSE Il legno è a porosità anulare molto più accentuata che nel subg. Quercus, è discolore con alburno giallastro e duramen più scuro con sfumature rosate, ha raggi midollari numerosi e rettilinei evidenti (specchiature). Il legno è molto duro e pesante, ma non contiene tannino perciò a differenza delle querce a legno pregiato, non è durevole se esposto alle intemperie e soprattutto all'acqua, non è facilmente lavorabile e normalmente tende a spaccarsi lungo le fibre. In genere, il legname veniva utilizzato per traverse ferroviarie, per doghe da botti, raggi di ruote, paleria per miniere, ma ora viene utilizzato più come ottimo legno da ardere e per la produzione di carbone, migliore ancora del legno delle altre querce in quanto privo di tannino che rallenta la combustione. Quercus cerris “cerro” Quercus cerris frutti Quercus cerris “cerro” Distribusione italiana del cerro Areale di Quercus cerris Quercus Macrolepis (vallonea) Quercus troiana (fragno) Quercus suber “sughera” Quercus sez. “suber” Quercus suber “sughera” CARATTERISTICHE Albero sempreverde, monoico, a portamento arboreo, che può raggiungere i 20 metri di altezza e i 300 anni di età, con chioma rada ma espansa; fusto generalmente inclinato, spesso con tendenza a contorcersi; corteccia suberosa (chiamata sughero), molto spessa (fin oltre 7 cm) con colorazione e aspetto diverso a seconda che sia stata asportata almeno una volta o no: il sughero che non è stato mai asportato viene chiamato “sugherone” o “sughero maschio”, la superficie è assai irregolare e rugoso-fessurata, di colore grigio-cenere chiaro; il sughero che viene rigenerato dopo l’asportazione viene chiamato “sughero gentile” o “sughero femmina”, la superficie è molto più, fessurata e finemente divisa in scaglie. Le foglie sono semplici, alterne, brevemente picciolate, di consistenza coriacea; lamina di forma e dimensioni variabili anche su uno stesso esemplare, da ovata a lanceolata a oblunga; pagina superiore di colore verde tendente allo smeraldo, semi-opaca, quasi completamente glabra, o glabrescente per peli brevi e minutissimi. Pagina inferiore bianco-verdognola per fitta pubescenza, con nervatura ben rilevata; margine da intero a lievemente sinuato a dentato-spinescente (in questo caso poco pungente), spesso revoluto e lievemente ondulato; apice e base di forma variabile. Su uno stesso esemplare sono presenti sia fiori maschili che femminili, quelli maschili riuniti in amenti lassi, penduli, tomentosi, di colore giallastro, mentre i femminili in spighe pauciflore, erette e verdastre. Il frutto è una ghianda ± ovoidale, verde da giovane e bruno-castana a maturazione, con cupola che la ricopre da meno della metà a metà della loro lunghezza, con squame verdi-grigiastre, talvolta un po’ arrossate, almeno quelle più prossime al margine ben allungate e libere. Quercus suber “sughera” ECOLOGIA e DISTRIBUZIONE Specie spontanea del settore nord-occidentale del Mediterraneo e del Portogallo; in Italia è presente allo stato spontaneo in Liguria, Lazio, Toscana, Puglia, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna, nell’Umbria è stata introdotta, è quindi da considerarsi spontaneizzata. La quercia da sughero predilige gli ambienti caldi e moderatamente siccitosi, preferibilmente su suoli ben drenati a substrato siliceo, generalmente assente sui calcari; spesso condivide l'ambiente con Q. ilex e/o Q. pubescens, fino a 700 metri di quota. INTERESSE Pianta coltivata in Sardegna, Spagna e Portogallo per l'estrazione del sughero, molto usato per produrre tappi da imbottigliamento ed oggetti tradizionali, quali le famose cartoline postali e diversi altri oggetti d'arte o "souvenir". Viene coltivata nei vivai forestali per i rimboschimenti. Molto resistente al fuoco grazie al sughero che ha un buon potere ignifugo, oltre che essere un ottimo isolante termico. Il sughero macinato ed impastato con alcuni tipi di colla, viene utilizzato nell’industria meccanica ed automobilistica, e come isolante termoacustico nell’edilizia, per foderare pareti e pavimenti. Quercus suber “sughera” Distribusione italiana della sughera Areale di Quercus suber Quercus ilex “Leccio” CARATTERISTICHE Albero sempreverde, xerofilo e monoico, il più delle volte con portamento arboreo (di rado arbustivo o cespuglioso), può raggiungere i 25-27 (30) m di altezza, con chioma globosa ed espansa; il tronco è eretto e la corteccia è liscia e grigiastra negli esemplari giovani, più scura, screpolata e fittamente divisa in placchette tetragonali (almeno sul fusto) a maturità. I rami sono cenerino-pubescenti fino al secondo anno di età, crescendo, diventano glabri, scurendosi. L'apparato radicale è fittonante nei primissimi anni di vita della pianta, ramificandosi poi con l'età, diventando imponente e tale da consentire alla pianta di sopravvivere anche in ambienti estremi, quali suoli rocciosi o pareti verticali. E' pianta molto longeva, potendo superare i 1000 anni di età. Le foglie sono coriacee, con un breve picciolo tomentoso, e con stipole brune di breve durata; sono verdi-scure e lucide nella pagina superiore, grigio-feltrose (più raramente glabrescenti) in quella inferiore, di forma variabile, da lanceolate a ellittiche, con margine da intero a dentato, e in quest'ultimo caso, non di rado, sono pungenti, soprattutto negi esemplari più giovani; l'apice è in genere acuto, ma può essere anche mucronato. In uno stesso esemplare possono coesistere foglie di forma e dimensioni molto eterogenee. I fiori maschili, giallastri, sono raggruppati in amenti penduli, ben allungati in piena antesi, con rachide variamente peloso, portati in fascetti all'ascella dei nuovi getti; quelli femminili sono verdognoli e raggruppati in infiorescenze erette e pauciflore. I frutti sono acheni ovoidali, ± allungati, che vengono chiamati ghiande, maturano ad autunno inoltrato, hanno colore dapprima verde, diventando bruno-castani, con striature longitudinali più scure, a maturità, e portano un mucrone ben evidente all'apice. La cupola porta squame brevi e appressate, e può coprire da 1/3 fino a quasi tutta la superficie della ghianda. Quercus ilex “Leccio” ECOLOGIA e DISTRIBUZIONE Specie spontanea di tutti i Paesi che si affacciano al bacino del Mediterraneo. In Italia è spontanea fino alle pendici delle Prealpi: presente, quindi, in tutte le Regioni, ad eccezione della Val d'Aosta. Cresce nei boschi e nella macchia mediterranea, in prevalenza su terreni acidi e ben drenati, indifferentemente al substrato, dal livello del mare fino a oltre i 1000 m di quota (1800 m in Sicilia, 600-700 m al Nord). INTERESSE Il legno della pianta è forte, duro e resistente, è usato in lavori al tornio, in ebanisteria, in falegnameria; brucia a lungo, anche quando è ancora fresco, e dalla sua combustione si ottiene un carbone molto pregiato. Le ghiande sono commestibili sia crude che cotte e, previa tostatura, possono essere usate come succedaneo del caffè; seccate e polverizzate, possono essere usate come addensante, tipo fecola di patate, oppure, mescolate a farine di cereali, per fare il pane. Quercus ilex “Leccio” Quercus ilex fiori maschili Quercus ilex frutti Quercus ilex “Leccio” Distribusione italiana del leccio Areale di Quercus ilex Quercus coccifera, Q. calliprinus quercia spinosa Quercus coccifera Areale orientale Quercus calliprinus Areale occidentale