Nascita, vita e morte di una stella. - Associazione Astrofili Alta Valdera

Associazione Astrofili
ALTA VALDERA
Peccioli
Centro Astronomico di Libbiano
Libbiano, 27 Novembre 2008
Nascita, vita e morte
di una stella.
Il Diagramma H-R e le immagini ottenute con lo
spettrografo autocostruito di Libbiano ci
introducono alle varie fasi dell’evoluzione stellare
A cura di Alberto Villa
2
INDICE
INTRODUZIONE ……………………………………………
pag.
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LA CLASSIFICAZIONE SPETTRALE (breve riepilogo)…
pag.
7
SPETTRI SIGNIFICATIVI OTTENUTI AL
CENTRO ASTRONOMICO DI LIBBIANO ……………….
pag.
9
EJNAR HERTZSPRUNG E HENRY NORRIS RUSSEL….
pag.
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IL DIAGRAMMA DI HERTZSPRUNG – RUSSEL……….
pag.
17
□ Regioni del Diagramma……………………………..
□ Relazione Luminosità –Temperatura – Raggio……
□ La Parallasse Spettroscopica………………………..
pag.
pag.
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18
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DIAGRAMMA H-R ED EVOLUZIONE STELLARE…….
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□
□
La formazione delle stelle…………………………….
Diagramma H-R di ammassi ed evoluzione stellare..
Permanenza di una stella sulla sequenza principale..
Le fasi finali della vita di una stella ………………….
• Le Giganti Rosse ……………………………….
• Fasi avanzate dell’evoluzione stellare in
funzione della massa …………………………...
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INTRODUZIONE
La precedente relazione a cura dell’autore è stata presentata il 22 maggio scorso
presso il Centro Astronomico di Libbiano al titolo “Lo spettro: tutti i colori di una stella”,
nel tentativo di evidenziare come la scomposizione della luce proveniente da un astro ce
ne possa rivelare le sue caratteristiche chimiche e fisiche (la relativa dispensa è sempre
disponibile presso il Centro Astronomico di Libbiano e si può anche scaricare dal sito
della AAAV – Ass.ne Astrofili Alta Valdera www.astrofilialtavaldera.com ).
La precedente esposizione aveva preso in particolare considerazione i seguenti
argomenti:
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la radiazione elettromagnetica;
lo spettro;
lo spettro continuo;
lo spettro di assorbimento e di emissione;
l’atomo di Bohr;
lo spettro dell’idrogeno;
lo spettro delle stelle;
la classificazione spettrale delle stelle;
lo spettrografo autocostruito del Centro Astronomico di Libbiano e i primi
risultati sperimentali ottenuti.
Per una trattazione specifica di questi argomenti si rimanda pertanto alla dispensa
di cui sopra. Come logica conseguenza, la presente relazione accenna all’evoluzione
stellare, argomento che – come vedremo – è strettamente correlato alla classificazione
spettrale degli astri e vede nel noto Diagramma H – R, uno degli strumenti più validi e
sempre attuali per lo studio e l’interpretazione di questo affascinante argomento.
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LA CLASSIFICAZIONE SPETTRALE
(Breve riepilogo)
Fin da quando i primi spettrografi vennero utilizzati in campo astronomico, ci si
accorse che gli spettri stellari presentavano una parte continua, simile a quella dovuta
all’emissione di corpo nero (*), e delle righe di assorbimento che presentavano una certa
regolarità quando le stelle osservate erano simili.
Questa regolarità permise di classificare gli astri in diversi tipi (o classi) spettrali che,
come si scoprì successivamente, dipendono principalmente dalla temperatura. Disposti in
ordine di temperatura decrescente i principali tipi spettrali sono
O B A F G K M
e possono essere a loro volta suddivisi in 10 sottoclassi, da 0 a 9.
In figura 1 sono riportati gli spettri di stelle appartenenti a classi spettrali differenti (O,
B2, B5,...): ognuno di essi presenta delle righe di assorbimento ad una determinata
lunghezza d’onda. In corrispondenza con tali righe sono riportati gli elementi che le
hanno generate.
Fig. 1: la classificazione spettrale delle stelle
(*) Vedi dispensa “Lo spettro: tutti i colori di una stella” del 22 maggio 2008
7
Come già accennato, la parte continua dello spettro stellare risulta molto simile,
anche se non identico, a quello generato da un corpo nero. Definendo la temperatura T di
una stella come quella che avrebbe un corpo nero con pari raggio R e luminosità L,
ricordando la legge di Stefan-Boltzmann si ottiene, per le stelle, la seguente relazione:
La luminosità degli astri dipende, dunque, dal quadrato del loro raggio e dalla
quarta potenza della loro temperatura. Come importante conseguenza di questo fatto si ha
che, a parità di raggio, una stella più luminosa `e anche più calda e che, a parità di
temperatura, stelle con dimensioni maggiori sono anche più luminose.
La temperatura delle stelle è anche in stretta relazione con il loro colore: si ha,
infatti, che le stelle rosse sono più fredde di quelle gialle che, a loro volta, sono fredde
rispetto alle stelle blu. Per fare un esempio Betelgeuse (rossa) è più fredda del Sole
(gialla) che a sua volta è molto meno calda di Sirio (blu).
La sequenza spettrale “O – B – A – F – G – K – M” è una sequenza lineare,
funzione cioè di un singolo parametro fisico: proprio LA TEMPERATURA (si trascura il
contributo della pressione elettronica). Essa decresce con la sequenza ed è associabile al
“colore” della stella, assunto che le stelle si comportino come dei corpi neri
(approssimazione come accennato sufficientemente valida).
La lettura degli spettri stellari e quindi delle righe di assorbimento è strettamente
connessa alle temperature in gioco e quindi all’energia che può essere messa a
disposizione dell’atomo e più precisamente dei suoi elettroni. Come si può notare dal
seguente prospetto, le differenti temperature determinano la presenza dei diversi
elementi nelle varie classi spettrali.
Fig. 2 – Tabella riassuntiva delle classi spettrali con le caratteristiche salienti delle
relative stelle di appartenenza.
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SPETTRI SIGNIFICATIVI OTTENUTI AL
CENTRO ASTRONOMICO DI LIBBIANO
Utilizzando lo spettrografo costruito dall’Ing. Vittorio Lovato descritto in
dettaglio nella precedente dispensa, presso il Centro Astronomico di Libbiano sono stati
ripresi diversi spettri significativi, ultimamente proprio con lo scopo di visualizzare le
diverse classi spettrali e quindi confrontarle tra di loro. Il tutto ovviamente con spettri
ottenuti in proprio.
Di seguito si illustra il lavoro eseguito ed i principali risultati ottenuti, disponendo
gli spettri in ordine di temperatura decrescente. Gli spettri sono proposti sia in due
spezzoni aventi maggiore risoluzione (confrontati con una porzione dell’immagine grezza
così come rilevata tramite telescopio), sia in unica immagine per averne una visione
d’insieme.
SPETTRO DI γ (Gamma) CAS – 8 Settembre 2008
CLASSE SPETTRALE: B 0,5
Difficile trovare stelle più calde di questa con magnitudine a portata di
spettrografo, e difficile trovarle anche in assoluto. Alnitak, ovvero la stella più a est della
cintura di Orione (appena sopra la celeberrima nebulosa oscura “Testa di Cavallo”) è
classificata come O 9,7: sebbene cambi la lettera che contraddistingue la classe spettrale,
la differenza con γ CAS è minima, fatta eccezione ovviamente per le righe di emissione
presenti in quest’ultima.
Fig. 3 – Spettro di γ CAS (Gamma Cassiopeiae)
9
Distante 780 anni luce, è una straordinaria gigante blu variabile del tipo chiamato “stella
con inviluppo esteso” (shell star). Essa espelle anelli di gas a intervalli irregolari,
evidentemente perché la sua veloce rotazione la rende instabile, facendola variare in
modo imprevedibile tra magnitudine 3,0 e 2,15. Usualmente oscilla intorno alla
magnitudine 2,5. L’espulsione del gas spiega le righe di emissione caratteristiche di
questa stella: particolarmente evidenti la H Alfa e la H Beta dell’idrogeno, ben visibili in
Fig. 3.
Con la classificazione B 0,5, γ CAS si trova praticamente a cavallo delle classi
spettrali O e B. Alle temperature altissime delle stelle di classe O, che riescono a rompere
il fortissimo legame che unisce uno dei due elettroni al nucleo di elio, compaiono le righe
dell’elio sia neutro che ionizzato. Ovviamente, anche tutti gli altri elementi sono
ionizzati: l’idrogeno, avendo perduto il suo unico elettrone, è ridotto al solo nucleo, e non
può dare righe spettrali; a tali temperature solo una piccola percentuale di atomi di
idrogeno ha conservato l’elettrone e pertanto le rispettive righe di appaiono molto deboli.
Gli altri elementi sono ionizzati più volte e le loro righe cadono per lo più nel lontano
ultravioletto inosservabile da terra.
Nelle stelle di classe spettrale B, essendo più bassa la temperatura, la percentuale
di elio ionizzato è più bassa (a partire dal tipo B6 è praticamente assente). Predominano
invece le righe dell’elio neutro.
SPETTRO DI VEGA – 21 Giugno 2008
CLASSE SPETTRALE: A 0
Nella classe spettrale A le righe dell’idrogeno predominano, perché ormai, a
temperature sugli 8.000 - 10.000°, l’idrogeno è praticamente tutto neutro e quindi in
grado di assorbire la radiazione proveniente dall’interno della stella.
Fig. 4 – Spettro di Vega (Alpha Lyrae) , con la predominanza di righe dell’idrogeno.
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SPETTRO DI CAPH – 8 Settembre 2008
CLASSE SPETTRALE: F 2
Nella classe F cominciano a dominare le righe dei metalli facilmente ionizzabili,
come il ferro, il magnesio, il sodio.
Fig. 5 – Spettro di Caph (Beta Cassiopeiae)
SPETTRO DEL SOLE – 27 Ottobre 2007
(per riflessione sulla Luna)
CLASSE SPETTRALE: G 2
Lo spettro ricavato è la sommatoria di sette diverse immagini riprese con il CCD
ed elaborate prima con Maxim DL e quindi con Photoshop: sono evidenziate le righe
caratteristiche più importanti che ovviamente riproducono lo spettro solare e alcune righe
dell’atmosfera (Fig. 6).
Nella classe G si confermano le righe dei metalli facilmente ionizzabili, come il calcio, il
ferro, il magnesio, il sodio, i quali solo a temperature così basse risultano neutri o
ionizzati una sola volta; proprio nella classe G cominciano ad apparire intense nel vicino
ultravioletto una coppia di righe del calcio ionizzato: sono le righe H e K.
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Fig. 6 – Spettro della Luna ottenuto a Libbiano il 27 Ottobre 2007 a cura
di V. Lovato, D. Antonacci, P. Bacci, P. Piludu, Enzo Rossi ed Alberto Villa
SPETTRO DI MATAR – 8 Settembre 2008
CLASSE SPETTRALE: G 2
Fig. 7 – Spettro di Matar (Eta pegasi)
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Essendo sempre di classe spettrale G 2, per lo spettro di Matar (Fig. 7) vale
quanto già esposto per lo spettro solare al punto precedente.
SPETTRO DI ENIF - CLASSE SPETTRALE: K 2
SPETTRO DI SCHEAT - CLASSE SPETTRALE: M 2
8 Settembre 2008
Nelle classi spettrali K ed M la temperatura si è abbassata a tal punto che nelle
atmosfere di queste stelle cominciano ad essere presenti in gran numero anche molecole,
cioè atomi legati fra loro. Nelle molecole, il sistema dei livelli energetici possibili è assai
più complesso che negli atomi perché gli atomi legati a formare la molecola interagiscono
fra di loro in vari modi; perciò i livelli possibili sono suddivisi in sottolivelli talmente fitti
e numerosi che al posto delle singole righe dello spettro compaiono gruppi di righe
attaccate l’una all’altra a costituire larghe zone di assorbimento (o di emissione) dette
"bande". Questa struttura è ben visibile negli spettri di Enif (K 2) e di Scheat (M 2) di
seguito illustrati rispettivamente nelle figure 8 e 9.
Fig. 8 – Spettro di Enif (Epsilon Pegasi)
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Fig. 9 – Spettro di Scheat (Beta Pegasi):evidente la presenza di bande molecolari
A questo punto possiamo ricostruire la classificazione spettrale delle stelle
utilizzando le immagini ottenute a Libbiano (Fig. 10).
Fig. 10 – Classificazione spettrale composta con le immagini ottenute a Libbiano
14
Dal confronto tra le varie classi spettrali, ne possiamo riassumere sinteticamente
le principali caratteristiche.
CLASSE O - Stelle bianco-azzurre di altissima temperatura fra 60.000° e 25.000° . Solo
poche righe solcano lo spettro continuo e sono più che altro righe dell’elio neutro e
ionizzato, nonché deboli righe dell’idrogeno.
CLASSE B - Stelle bianco-azzurre sui 25.000° - 11.000° . Mostrano righe dell’elio
neutro mentre non ci sono più quelle dell’elio ionizzato; le righe dell’idrogeno sono più
intense che nella classe O.
CLASSE A - Stelle bianche di temperatura fra 11.000° e 7.500° . Le righe dell’idrogeno
hanno in questa classe la massima intensità; compaiono deboli righe di alcuni metalli,
come calcio e magnesio.
CLASSE F - Stelle bianche di temperatura fra 7.500° e 6.000° . Le righe dell’idrogeno,
più deboli che nella classe precedente, sono ancora molto intense. Le righe dei metalli
appaiono numerose.
CLASSE G - Stelle bianco-giallastre di temperatura fra 6.000° e 5.000° . Le righe
dell’idrogeno sono ancora più deboli che nella classe F, mentre quelle dei metalli sono
numerosissime ed intense: calcio neutro e ionizzato, ferro, magnesio, titanio, ecc. Quelle
del calcio ionizzato (CaII), note come righe H e K, che cadono nel vicino ultravioletto,
sono fra le più intense dello spettro.
CLASSE K - Stelle "fredde" di colore rosso-arancio. Essendo la temperatura compresa
fra 5.000° e 3.500° lo spettro è fitto di righe dovute prevalentemente a metalli. Le righe
dell’idrogeno sono assai deboli.
CLASSE M - Stelle ancora più fredde, avendo temperatura sui 3.500° e quindi color
rossastro. L’atmosfera, cioè gli strati più esterni di queste stelle, contengono non solo
elementi ma anche composti chimici e cioè molecole, che lo spettro a bande.
Fig. 11: massima intensità delle righe presenti negli spettri stellari in
relazione alla CLASSE SPETTRALE, e quindi alla TEMPERATURA.
15
Ejnar HERTZSPRUNG e Henry Norris RUSSEL
E’ questo il nome dei due astronomi che verso il 1910 idearono
indipendentemente un diagramma bidimensionale nel quale misero in relazione la
temperatura effettiva di una stella e la sua luminosità assoluta: ogni stella per la quale
erano noti tale valori è rappresentata da un punto sul diagramma denominato appunto
diagramma Hertzsprung - Russell (poi abbreviato in diagramma H-R).
Ejnar Hertzsprung (Copenaghen 1873 Tølløse 1967), Astrofisico danese. Ottenuta la laurea
in ingegneria chimica, si dedicò all'astronomia e si
interessò in particolare allo studio delle stelle giganti e
nane. Proseguì l'attività di ricerca presso l'Università
di Gottinga e l'osservatorio di Potsdam, e nel 1935
divenne direttore dell'osservatorio dell'Università di
Leida. Si interessò all'analisi spettrale e ai rapporti tra
gli spettri, la temperatura e la luminosità delle stelle.
Il suo lavoro, combinato con quello svolto in modo
indipendente dall'astronomo statunitense Henry
Norris Russell, produsse l'importante diagramma di
Hertzsprung-Russell.
Henry Norris Russell (Oyster Bay, New
York 1877 - Princeton, New Jersey 1957),
Astrofisico statunitense. Ottenne il dottorato
dall'Università di Princeton nel 1900, dove
insegnò dal 1905 al 1947, ricoprendo anche la
carica di direttore dell'osservatorio (1912-1947).
Dopo il 1921 condiresse anche l'osservatorio di
Mount Wilson. Partendo dagli studi pionieristici
sulle stelle doppie e sulle parallassi, Russell
elaborò una teoria (1913) dell'evoluzione stellare
che soppiantò concezioni superate. Proseguì le sue
ricerche sugli spettri degli elementi delle stelle e
sulla composizione quantitativa dei gas
nell'atmosfera del Sole. Inoltre, grazie alle
ricerche condotte separatamente dall'astrofisico
danese Ejnar Hertzsprung, il grafico da lui
sviluppato, che rilevava le magnitudini assolute
delle stelle contro i loro tipi spettrali, divenne noto come diagramma di HertzsprungRussell.
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IL DIAGRAMMA DI HERTZSPRUNG – RUSSEL
Nei primi anni del 1900 Ejnar Hertzsprung ed Henry Norris Russell,
introdussero indipendentemente un diagramma in cui ogni stella era rappresentata da un
punto corrispondente alla sua temperatura e dalla sua luminosità. Considerando le stelle
la cui distanza era minore di 10 parsec dalla Terra (*), essi notarono con sorpresa che la
distribuzione dei punti nel diagramma non era uniforme: la maggior parte delle stelle si
trovava infatti lungo una linea sinuosa che tagliava circa a metà il diagramma in
diagonale, detta Sequenza Principale (Main Sequence), mentre altri gruppi di stelle
andavano ad occupare la regione in alto a destra e quella in basso a sinistra. In figura 12 è
riportato un esempio di diagramma di Hertzsprung – Russel, o più semplicemente
Diagramma H-R.
Figura 12: esempio di Diagramma H-R.
Tale diagramma riporta in ascissa la temperatura espressa in gradi e in ordinata la
luminosità espressa in unità solari. Una versione più completa (Fig. 13) associa le classi
spettrali alle diverse temperature (relazione temperatura – colore) e la magnitudine
assoluta alla luminosità espressa in unità solari: valori – questi – equivalenti tra loro.
Fig. 13 – Diagramma H-R che
evidenzia l’equivalenza tra classi
spettrali e temperatura, e tra la
magnitudine assoluta di una
stella e la sua luminosità
espressa. in unità solari.
(*) 1 Paresc = 3,26 anni luce
17
In un primo momento il diagramma H-R fu interpretato come una semplice
rappresentazione statica di tutte le stelle esaminate. In seguito si scoprì invece la sua
grandissima e fondamentale importanza per lo studio e la comprensione dell’evoluzione
stellare.
REGIONI DEL DIAGRAMMA
A seconda sia delle caratteristiche (come la massa e la composizione chimica) che della
fase evolutiva, le stelle vanno ad occupare zone ben precise del diagramma H-R.
I principali raggruppamenti, presenti anche nelle figure precedenti, sono:
□ la sequenza principale;
□ il braccio delle giganti rosse;
□ la zona delle supergiganti;
□ la zona in cui si trovano le nane bianche.
La Sequenza Principale (Main Sequence)
E’ la regione del diagramma in cui si trova la maggior parte delle stelle. La loro posizione
lungo la sequenza dipende dalla massa; per le stelle massicce vale la seguente relazione
massa-luminosità:
La teoria della struttura stellare spiega che il motivo per cui le stelle tendono a
stazionare sulla sequenza principale è che essa rappresenta la fase evolutiva in cui le
stelle sono più stabili e nella quale passano la maggior parte della loro vita. La durata
della permanenza in questa fase dipende dalla massa delle stelle: quelle molto grandi
finiscono prima di bruciare l’idrogeno e quindi abbandoneranno la sequenza prima di
quelle più piccole.
Le stelle di sequenza sono caratterizzate da un grande varietà di temperature e luminosità:
questi valori sono alti per stelle molto grandi, diminuiscono per le stelle di tipo solare e
sono molto bassi per stelle di piccole dimensioni. Ricordiamo inoltre, che più alta è la
temperatura della stella, e più questa sarà brillante ed il suo colore tenderà al blu, mentre,
più la stella è fredda, minore sarà la sua luminosità e il colore tenderà al rosso.
Zona delle Giganti
La regione in alto a destra del diagramma H-R è occupata da stelle che vengono
dette giganti o supergiganti rosse a seconda delle loro dimensioni. Esse sono stelle
caratterizzate da una temperatura molto bassa ma che, nonostante questo, sono molto
luminose. Il motivo per cui si verifica questa condizione è riconducibile alla relazione
18
(§)
che lega la luminosità delle stelle non solo alla temperatura ma anche al raggio: le giganti
e le supergiganti rosse sono stelle fredde ma con raggi enormi, e risultano quindi molto
brillanti. Come vedremo in seguito, anche questa regione del diagramma corrisponde ad
una ben precisa fase evolutiva della vita delle stelle.
Zona delle Nane Bianche
Al di sotto della sequenza principale vi `e una zona in cui si trova un altro
raggruppamento di stelle, dette nane bianche, caratterizzate da temperature elevate ma
scarsa luminosità.
Come si può immaginare dal nome, le nane bianche sono stelle il cui raggio è
molto ridotto: dall’ espressione (§) si ottiene infatti che se T è grande e L piccola allora
R dovrà essere piccolo a sua volta. Queste stelle rappresentano la fase evolutiva finale di
una stella come il Sole: in esse non possono avvenire reazioni nucleari e la pressione
necessaria a bilanciare la gravità è fornita dagli elettroni degeneri. A causa dell’elevata
temperatura queste stelle sono di colore bianco ma si vedono difficilmente a causa delle
scerse dimensioni.
Zona delle Stelle di Wolf Rayet
Appena sotto la sequenza principale, a temperature e luminosità più elevate
rispetto quelle delle nane bianche, si trova una regione popolata da stelle peculiari, dette
di Wolf-Rayet. Esse sono stelle molto massicce che appaiono molto calde a causa della
perdita dell’inviluppo (strato esterno) e sono molto rare sia perchè se ne formano poche,
sia perchè muoiono presto come supernove.
Zona delle Variabili
Sopra la sequenza principale, a circa 7000 K di temperatura, vi è la più importante
fascia di instabilità nel diagramma H-R. Essa corrisponde alla regione in cui si trovano
stelle la cui luminosità varia a causa delle pulsazioni dell’inviluppo e che vengono dette
RR-Lyrae e Cefeidi. La loro variabilità costituisce, in astronomia, un metodo molto
efficace per determinare le distanze.
Le zone delle Wolf-Rayet e delle variabili non sono usualmente rappresentate sul
Diagramma H-R.
19
RELAZIONE LUMINOSITA’ – TEMPERATURA - RAGGIO
Per meglio comprendere le relazioni tra le quantità in gioco, osserviamo il
diagramma H-R riportato in Fig. 14 alla luce della nota relazione riportata di seguito per
comodità
Lungo l’asse delle ascisse sono riportati i valori della temperatura in gradi Kelvin
e le classi spettrali, mentre sull’asse delle ordinate troviamo la magnitudine assoluta
unitamente al valore della luminosità in unità solari.
Figura 14: Diagramma H-R: relazione luminosit`a-raggio
Questa figura è utile per visualizzare le diverse dimensioni delle stelle nel diagramma
H-R. Consideriamo ad esempio le stelle appartenenti alla classe spettrale M che nel
grafico sono colorate di rosso: la loro posizione nel diagramma indica che esse hanno una
temperatura molto bassa, corrispondente a circa 3500 K. Guardando gli assi delle
ordinate si vede facilmente che tra queste stelle molto fredde ve ne sono alcune molto
brillanti ed altre che lo sono molto meno: la differenza è dovuta alle loro diverse
dimensioni rappresentate dalla grandezza dei pallini.
Analogamente, confrontando due stelle con temperatura compresa tra i 25000 ed i 50000
Kelvin si vede che, a parità di temperatura, le nane bianche sono molto meno luminose
delle stelle appartenenti alla sequenza principale: ciò `e dovuto ancora una volta alla
differenza nei raggi delle due stelle come è sottolineato dal fatto che i pallini che
rappresentano le nane bianche (white dworfs) sono molto più piccoli.
Di seguito `e riportata un immagine (Fig. 15) che permette di interpretare meglio il
legame tra la temperatura delle stelle e il loro colore.
20
Figura 15: Diagramma H-R: relazione temperatura-colore
A differenza della precedente, in questo caso non si fa distinzione tra le diverse
dimensioni delle stelle ma riporta più chiaramente la relazione tra la temperatura, o la
classe spettrale, e il colore degli astri. Si vede facilmente, infatti che man mano che la
temperatura aumenta i colori delle stelle passano dal rosso, che diventa sinonimo di basse
temperature, al blu, che invece è associato ad alte temperature.
LA PARALLASSE SPETTROSCOPICA
Un'altra importante utilizzazione del diagramma HR è rappresentata dalla
possibilità di ricavare attraverso l'analisi spettroscopica la distanza di stelle troppo
lontane per permetterne una misura della parallasse trigonometrica. Abbiamo già visto
che sia la temperatura sia la luminosità di una stella possono essere ricavate dall'analisi
dello spettro; in particolare, l'aspetto di alcune righe è sensibile all'effetto di temperatura
o a quello di gravità. La conoscenza di questi due parametri permette di localizzare una
stella sul diagramma HR e quindi di ricavarne la magnitudine assoluta; dalla differenza
tra questa e la magnitudine apparente si ricava il valore della distanza. Tale metodo della
determinazione delle distanze stellari trova larga applicazione: la misura che così si
ottiene prende il nome di parallasse spettroscopica (così chiamata arbitrariamente per
analogia con la parallasse trigonometrica).
21
DIAGRAMMA H–R ED EVOLUZIONE STELLARE
Come già accennato, il motivo per cui le stelle tendono a stazionare sulla
sequenza principale è che essa rappresenta la fase evolutiva in cui le stelle sono più stabili
e nella quale passano la maggior parte della loro vita. La durata della permanenza in
questa fase dipende dalla loro massa: quelle molto grandi finiscono prima di bruciare
l’idrogeno e quindi abbandoneranno la sequenza prima di quelle più piccole.
Il fatto che sulla sequenza principale si trovino stelle formate, intese – secondo gli
astronomi - come corpi celesti in equilibrio nel quale si sono avviate le reazioni
termonucleari (cioè non cade più su sé stesso e neppure si dilata dissolvendosi nello
spazio) lascia logicamente presupporre che ci sia una fase precedente di formazione e
nascita della stella: questa fase prende il nome di protostella (detta anche pre - sequenza
principale). ed è caratterizzata da instabilità accompagnata da variazioni di luminosità
sporadiche. Le variabili di questo genere prendono il nome di “T Tauri” da una stella
della costellazione del Toro che sta attualmente vivendo questa fase evolutiva.
Altrettanto logicamente la stella che ha trascorso stabilmente gran parte della sua
esistenza sulla sequenza principale ad un certo punto esaurisce tutto l’idrogeno a
disposizione nel nucleo, avendolo trasformato in elio: le reazioni termonucleari si
arrestano ed inizia la fase finale della vita di una stella che possono dare luogo come
vedremo a diverse soluzioni in funzione della massa in gioco (fase di post - sequenza
principale).
LA FORMAZIONE DELLE STELLE
Le stelle si formano per collasso gravitazionale di una nube interstellare di gas
prevalentemente idrogeno, con tracce di altri gas) e polvere. Le nubi di gas interstellare
sono molto grandi, con masse di gas fino ad un milione di volte quella del Sole, e si
trovano normalmente in equilibrio, nel senso che la forza di gravità che tenderebbe a farle
collassare su se stesse è controbilanciata dalla pressione creata dal moto delle particelle al
suo interno. A volte però questa pressione non è sufficiente, in certi punti la densità
aumenta e la nube si contrae spontaneamente e lentamente sotto l'azione della propria
gravità. E' probabilmente attraverso questo meccanismo che si formano le stelle di
piccola massa, all'interno di nubi molto dense e oscure. Le stelle più massicce sembra che
si formino invece nel collasso di nubi meno dense, causato da fattori esterni. Uno di
questi sembra essere la compressione della nube da parte di materiale espulso ad alte
velocità da stelle evolute (nebulose planetarie o supernovae).
In realtà, le nubi di gas interstellare sono molto grandi e il loro collasso non dà origine ad
una stella sola, ma ad un insieme di stelle (cioè un ammasso stellare), dopo aver subito
una frammentazione in nubi più piccole.
Quando la nube si contrae, al suo interno le particelle di gas si muovono più rapidamente
e il nucleo si riscalda. E’ proprio questa fase che il nome di protostella: la nube emette
22
energia sotto forma di radiazione, anche se molto più debolmente di una stella; ciò
avviene a spese della sua energia gravitazionale, che viene convertita in radiazione.
Durante questa fase, la protostella ha una temperatura superficiale di 2-3.000 gradi ed e'
ancora immersa nella nube di gas e polvere dalla quale si e' originata. Generalmente si
forma un disco di gas attorno alla protostella, gas che piano piano cade su di essa. In
questa fase la protostella e' oscurata dal materiale circostante e perciò poco luminosa; la
polvere della nube circostante assorbe la radiazione emessa dall'oggetto, e la riemette a
sua volta a frequenze più basse, nella regione infrarossa dello spettro, perciò le protostelle
si possono rivelare in questa banda di lunghezze d'onda.
Durante la fase di protostella, detta anche di pre-sequenza principale, la stella attraversa
delle fasi di instabilità, accompagnate da variazioni di luminosità sporadiche. Le variabili
di questo genere prendono il nome di “T Tauri” da una stella della costellazione del Toro
che sta attualmente vivendo questa fase evolutiva. Il gas e la polvere che circondano la
stella vengono gradualmente spazzati via dai getti di gas e dal vento che essa emette.
In Fig. 16 possiamo osservare una spettacolare regione di formazione stellare in
M16 (o nebulosa Aquila, nella costellazione del Serpente) ripresa dall’HST, Hubble
Space Telescope. I "pilastri" (o “dita”) sono formazioni di idrogeno e polveri nelle quali
si stanno formando nuove stelle.
Fig. 16: spettacolare regione di formazione stellare nella nebulosa M 16
Le immagini riprese dall'HST mostrano stelle appena nate che emergono da "uova": si
tratta di densi e compatti bozzoli di gas interstellare chiamati globuli gassosi in
evaporazione (evaporating gaseous globules - EGGs), che contengono praticamente la
protostella. Le immagini mostrano strutture a forma di dito che fuoriescono da
gigantesche colonne di gas freddo e polveri. Queste colonne che emergono da una più
vasta nube di idrogeno molecolare: all'interno delle torri di gas, lunghe pochi anni luce, il
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gas interstellare è abbastanza denso da collassare sotto il suo stesso peso, formando delle
giovani stelle che continuano ad ingrandirsi sempre più "nutrendosi" della massa
circostante. Il telescopio spaziale ci fornisce una chiara visione di quello che accade
quando un flusso di luce ultravioletta proveniente da giovani stelle vicine, riscalda la
superficie delle colonne di gas, facendolo "bollire" e uscire nello spazio interstellare con
il processo noto come "fotoevaporazione".
La superficie di una nube molecolare viene illuminata
dall'intensa radiazione ultravioletta proveniente da una
stella calda presente nelle vicinanze. La radiazione
evapora i gas che si diffondono nello spazio esterno
(fotoevaporazione).
Mentre la nube si dissolve a causa della radiazione, i
globuli di gas (che hanno una densità media maggiore)
escono allo scoperto.
L'EGG è ora completamente scoperto. La sua ombra
protegge la colonna di gas che si trova nella zona
retrostante e la struttura acquista una forma a “dito”.
Alla fine l'EGG può separarsi totalmente dalla nube
molecolare nella quale si è formato. Anch'esso evapora
lentamente e la stella che vi si trova rinchiusa diventa
visibile, situata nella parte frontale della superficie.
******************************
La contrazione della protostella continua finché al suo interno non vengono
raggiunte temperature abbastanza alte da poter dare inizio alla fusione nucleare, che sarà
il suo mezzo di sostentamento per milioni o miliardi di anni; la protostella e' diventata
24
una stella. A questo punto, l'energia che essa emette non è più prodotta a spese della
propria energia gravitazionale, ma a spese della propria massa: le reazioni termonucleari
consistono infatti nella fusione di più nuclei atomici in un nucleo solo, di massa
leggermente minore rispetto alla somma delle masse dei nuclei di partenza. La massa che
viene persa nel processo e' quella che si trasforma in energia secondo la legge
E = m c2
Le moderne teorie dell'evoluzione stellare, unite alle osservazioni di come le stelle
si distribuiscono nei vari intervalli di massa, hanno fissato questo limite inferiore a circa
0.08 volte la massa del Sole. Analogamente, esiste un limite superiore per la massa di una
stella, al di sopra del quale subisce delle instabilità e non può esistere in equilibrio.
Questo limite è probabilmente compreso tra 100 e 120 volte la massa del Sole.
DIAGRAMMA H-R DI AMMASSI ED EVOLUZIONE STELLARE
Fin dalla prima scoperta del diagramma si sospettò che esso fosse in qualche
modo connesso con la costituzione interna di una stella e con la sua evoluzione.
Oggi é provato che la posizione di una stella nel diagramma H-R dipende da tre
parametri:
□ massa;
□ costituzione chimica;
□ età.
Questo fatto risulta di facile comprensione se si osservano i diagrammi costruiti
per gli ammassi stellari. Gli
ammassi (globulari, galattici
o aperti a seconda della loro
morfologia) sono famiglie di
stelle i cui membri si sono
presumibilmente formati più
o meno nella stessa epoca e
dalla stessa nebulosa, quindi
dallo stesso materiale di
partenza. In questo caso
pertanto due dei tre parametri
sopra menzionati diventano
delle
costanti:
la
composizione
chimica
iniziale e l’età. Appare allora
evidente che la posizione di
una stella nel diagramma H-R
di un ammasso dipende solo
Fig. 17 – L’ammasso stellare in Orione, immerso
dal parametro massa.
nella
omonima
e
bellissima
nebulosa
25
Inoltre, il diagramma é valido anche se non si conosce la distanza dell’ammasso e quindi
le magnitudini assolute delle stelle: appartenendo allo stesso ammasso, infatti, possiamo
considerare le stelle con buona approssimazione tutte alla stessa distanza, per cui la
forma del diagramma in funzione della magnitudine apparente e dei tipi spettrali sarà in
ogni caso valida.
Prendiamo in considerazione ad esempio le stelle di un ammasso giovane come
quello di Orione (Fig. 17), in cui le stelle si stanno ancora formando. Dato che esse,
provenendo tutte dallo stesso materiale, hanno più o meno la stessa composizione
chimica iniziale oltre che un’età - astronomicamente parlando - più o meno uguale, é
evidente che, se venissero generate tutte con la stessa massa, raggiungendo l'equilibrio
dopo la fase di protostella dovrebbero avere tutte temperatura e luminosità uguale, e
quindi dovrebbero essere rappresentate nel diagramma H-R da un unico punto!.
Poiché ciò non accade:
vediamo infatti che il
diagramma H-R costruito in
base ad osservazioni su
quell'ammasso mostra che le
sue stelle sono distribuite
lungo tutta la sequenza
principale (Fig. 18). E dato
che la composizione chimica
é la stessa così come, grosso
modo l’età, é evidente che
temperatura e luminosità,
cioè la posizione
sul
diagramma,
sono
determinate soprattutto dalla
massa.
Fig. 18 – Diagramma H-R dell’ammasso in Orione
Riguardo a questo tipo di diagramma c'é ancora un particolare che merita di
essere sottolineato. Nella teoria basata sulla correlazione tra età, massa e costituzione
chimica iniziale, le stelle considerate, avendo la stessa origine, dovrebbero disporsi
secondo una linea e non, come in effetti avviene, secondo una fascia.
Come si può notare infatti, procedendo verso la destra sono sempre più evidenti numerosi
punti sparpagliati a ventaglio, per la maggior parte non appartenenti alla sequenza
principale. Quei punti rappresentano stelle che non hanno ancora raggiunto l'equilibrio,
cioè protostelle. Sappiamo infatti che le stelle, più sono pesanti e più velocemente
arrivano sulla sequenza principale. I punti sparpagliati, a destra, corrispondono dunque
alle protostelle di massa minore che, impiegando molto più tempo per arrivare alla
sequenza principale, non l'hanno ancora raggiunta e sono ancora in fase di contrazione
gravitazionale.
26
In effetti, nella fascia della sequenza principale ci sono anche stelle che stanno arrivando,
ma che non hanno ancora innescato le reazioni termonucleari, e stelle adulte che
mostrano piccole variazioni in tempi lunghi. Le condizioni postulate dalla teoria si hanno
sicuramente nel momento in cui iniziano le reazioni nucleari. Le stelle che si trovano in
questa
situazione
si
distribuiscono
appunto
secondo
una
linea,
chiamata
"linea
d’età
zero", che corre lungo il
lato basso della sequenza
principale, e in Fig. 19 è
rappresentata con il tratto
marcato (in rosso a colori).
Dunque, lo studio del
Diagramma
H-R
di
ammassi è più semplice
perché le stelle di ogni
ammasso costituiscono un
gruppo omogeneo, avendo
la stessa composizione
chimica iniziale.
Fig. 19 - Diagramma H-R dell’ammasso in Orione
con evidenziata la cosiddetta “linea dell’età zero”
PERMANENZA DI UNA STELLA
SULLA SEQUENZA PRINCIPALE
Come già accennato, la stella si può definire tale nel momento in cui nella
protostella si innescano le reazioni nucleari: in questo momento la stella diventa stabile
andando a collocarsi in un preciso punto della sequenza principale, corrispondente alla
propria luminosità assoluta e temperatura / classe spettrale.
Una stella si può pensare come una struttura stratificata, come una sorta di
"cipolla", in cui ogni strato possiede un dato valore di temperatura, di densità e di
pressione. Questi valori aumentano andando dalla superficie della stella verso il centro.
Questa struttura di gas si trova in equilibrio tra due forze opposte: quella gravitazionale
diretta verso l'interno (cioè il "peso" degli strati esterni su quelli più interni) e la pressione
della radiazione prodotta nel nucleo della stella, che e' diretta verso l'esterno. Durante
tutta la vita della stella, che può durare anche decine di miliardi di anni, questo equilibrio
viene sempre mantenuto, attraverso dei meccanismi di autoregolazione.
Nelle condizioni di altissime temperature e pressioni che si trovano all'interno delle stelle,
tutto il gas è tutto ionizzato. I nuclei del gas sono molto vicini tra loro e si urtano ad alte
velocità. La fusione di due o più nuclei avviene quando la pressione e la temperatura sono
27
abbastanza alte perché essi possano vincere la loro mutua repulsione elettromagnetica
(dovuta al fatto che hanno una carica elettrica dello stesso segno). Le reazioni di fusione
nucleare richiedono quindi due condizioni: una sufficiente abbondanza dell'elemento
combustibile e una temperatura abbastanza alta per vincere la repulsione di nuclei.
Ogni elemento chimico richiede una temperatura diversa per la fusione: tanto più pesante
e' l'elemento, tanto maggiore è la temperatura richiesta.
La più semplice reazione nucleare che avviene all'interno di una stella e' la fusione
dell'idrogeno: quattro nuclei di idrogeno vengono fusi in un nucleo di elio, e la lieve
differenza di massa viene convertita in energia. Questa reazione può avvenire solo a
temperature di almeno dieci milioni di gradi, e sostenta la stella per la maggior parte della
sua vita, mantenendo praticamente invariata la sua posizione sulla sequenza principale.
La stella mantiene il suo equilibrio di pressione attraverso un meccanismo termostatico:
quando la produzione di energia nel centro diminuisce, essa si contrae, la temperatura
interna cresce e le reazioni di fusione, che dipendono dalla temperatura del gas,
accelerano. Durante questa fase la stella diventa più calda e quindi emette radiazione di
lunghezza d'onda inferiore rispetto a prima. Viceversa, quando l'energia prodotta e'
eccessiva, la stella si espande per aumentare la superficie dalla quale può dissiparla.
L'espansione fa sì che al centro della stella la pressione e la temperatura decrescano, e
quindi le reazioni di fusione rallentino. Durante questa fase, la stella diventa più luminosa
perchè aumenta la superficie emittente, ma gli strati esterni sono più freddi e quindi
emettono radiazione a maggior lunghezza d'onda.
Quando l'idrogeno, che e' il costituente principale della stella, comincia ad
esaurirsi nel suo centro, la produzione di energia per fusione nucleare cala ed inizia
inevitabilmente la fase finale della vita di una stella.
LE FASI FINALI DELLA VITA DI UNA STELLA
Si è visto che le stelle della sequenza principale sono in equilibrio perché
producono energia trasformando l’idrogeno in elio. Già nel 1942 M. Shonberg e S.
Chandrasekar avevano trovato teoricamente che il bruciamento dell’idrogeno è tanto più
rapido quanto più la stella è luminosa e di massa elevata, e che quando tutto l’idrogeno
del nucleo si è trasformato in elio la stella comincia a divenire instabile, ed inizia
praticamente un ciclo di eventi che la porterà a morire, con soluzioni diverse a seconda
della massa in gioco. La prima fase di questo percorso è praticamente comune a tutte le
stelle che diventano Giganti Rosse: non tutte le stelle però – come vedremo – evolvono
allo stesso modo dopo aver superato questa fase. E’ proprio dopo lo stadio della Gigante
Rossa infatti che diventa determinante la massa della stella.
Solo al di sotto delle 0.2 masse solari (M ~) la pressione gravitazionale non è
sufficiente a portare la protostella alla temperatura necessaria all’accensione del
meccanismo termonucleare: è il caso delle "nane brune", veri e propri aborti di stelle
che, per quanto ovvio, non potranno mai diventare delle giganti rosse.
28
Le Giganti Rosse
Quando la parte centrale di una stella (ovvero il nucleo, a più alta temperatura) ha
bruciato tutto l’idrogeno trasformandolo in elio, le reazioni termonucleari si arrestano e
con esse la produzione di energia. L'involucro soprastante allora, non più sostenuto
dall'energia prodotta all'interno, torna a collassare, e, così facendo, a produrre nuova
energia, stavolta di origine gravitazionale; parte di questa energia tende a fuggire
all'esterno, ma quella residua sviluppa calore nello strato di idrogeno non ancora bruciato
che è rimasto intorno al nucleo di elio, e ne innalza la temperatura fino a reinnescare le
reazioni termonucleari (Fig. 20).
Fig. 20 – Come una stella che si trova nella sequenza principale (a), si trasforma in una
gigante rossa. In (b): dopo la formazione del nucleo di elio la produzione di energia subisce un
arresto e gli strati esterni, non più sorretti dall’energia prodotta all’interno, cadono verso il
centro. L’energia gravitazionale così sviluppata si converte in calore. La temperatura intorno
alla superficie del nucleo diventa così alta da innescare nuovamente la reazione che trasforma
l’idrogeno in elio (con produzione di energia) in un sottile strato intorno al nucleo di elio.
Come conseguenza il nucleo di elio si accresce con l’elio che viene prodotto nello strato che lo
circonda, mentre l’energia sviluppata nel guscio spinge verso l’esterno l’idrogeno incombusto
sovrastante che rappresenta ancora la maggior parte della stella e che si espande enormemente
trasformando la stella in gigante.
Così si viene a produrre energia in un guscio che circonda il nucleo di elio; quest'energia
tende a far dilatare gli strati superiori, che espandendosi si raffreddano, e la stella si
gonfia fino a dimensioni inimmaginabili rispetto a quelle che aveva in precedenza: si è
trasformata in una gigante rossa, con un minuscolo nucleo di elio estremamente denso,
intorno al quale brucia un sottile guscio di idrogeno, ed un involucro estremamente
rarefatto ma immenso, relativamente freddo (circa 3.000 K) in confronto alla temperatura
superficiale che la stella aveva prima di espandersi, che poteva anche superare i 20.000
K. Tra il guscio d’idrogeno e la superficie esterna c’è ora un gas molto tenue attraverso il
quale, se non fosse per il fortissimo calore proveniente dal nucleo, ci si potrebbe
tranquillamente avventurare con una astronave!
29
Fasi avanzate dell’evoluzione stellare in funzione della massa
Nel nucleo di tutte le giganti rosse l'idrogeno si è trasformato in elio. Questo, a
sua volta, può trasformarsi, attraverso altri processi di fusione termonucleare, in carbonio
e ossigeno, elementi dotati di un maggiore peso atomico. Ma le reazioni termonucleari
capaci di questa nuova trasformazione richiedono, per innescarsi, temperature dell'ordine
dei 100 milioni di gradi. Queste possono essere raggiunte attraverso la contrazione
gravitazionale: tutto dipende dalla massa, che anche stavolta sarà decisiva per il passo
successivo.
Stelle con massa compresa tra 0,2 e 0,5 M ~
Per quel che riguarda le stelle con masse tra le 0,2 e le 0,5 M ~, la contrazione
non riesce ad innalzare la temperatura fino ai fatidici 100 milioni di gradi. La stella
diventa sì gigante rossa, ma una volta bruciato il guscio di idrogeno che circonda il
nucleo di elio, le reazioni termonucleari si estinguono per sempre, e la stella collassa in
una configurazione estremamente densa chiamata nana bianca.
Si chiama nana bianca un corpo celeste nel quale la materia, non più
sostenuta dalla produzione di energia nucleare, precipita su se stessa
raggiungendo densità abnormi rispetto agli standard fisici riproducibili
sulla Terra. Lo stato in cui si trova la materia a queste densità non è più
paragonabile a nessuno dei tre che conosciamo per esperienza diretta: non
è più né gassoso, né liquido, né solido, si dice che è allo stato "degenere",
e gode di proprietà particolari, sulle quali non è il caso qui di soffermarci,
se non per precisare che, non emettendo la materia degenere energia
luminosa, qualunque ne sia la temperatura, l'aggettivo "bianche" va riferito
soltanto al guscio di materia non degenere che circonda l'astro, guscio che,
raggiungendo temperature estremamente elevate, è talmente luminoso da
rendere visibile, alla distanza di diversi anni luce, la compagna di Sirio,
malgrado lo splendore di Sirio stessa, e malgrado le sue dimensioni non
superino quelle di un pianeta di tipo terrestre
Stelle di tipo solare ( massa compresa tra 0,5 e 3 M ~)
Per le masse tra 0,5 e 3 M. S., la situazione di partenza è quella solita di un nucleo
di elio circondato da idrogeno che brucia sostenendo l'involucro esterno. Ma in questo
caso la pressione degli stati sovrastanti il nucleo è sufficiente raggiungere temperature
dell’ordine dei 100 milioni di gradi, necessarie per causare l’accensione dell’elio che
inizierà a trasformarsi in carbonio. In stelle di questo tipo l’accensione dell’elio avviene
in maniera esplosiva determinando il cosiddetto “flash dell’elio”.
Come immediata conseguenza di questa fase la stella è soggetta a elevata
instabilità dinamica (pulsi termici) che la porta ad espellere l’inviluppo più esterno,
30
dando così origine alla formazione di una nebulosa planetaria, al centro della quale
rimane ben identificabile la nana bianca dalla quale ha avuto origine (Fig. 21).
Fig. 21 – NGC 2793 o Nebulosa Helix si trova nella costellazione
dell’Acquario ed è uno degli esempi più spettacolari di nebulosa
planetaria. L’inviluppo espulso nella fase di gigante rossa è distribuito
intorno alla nana bianca ben visibile al centro dell’oggetto.
Essendo la massa della stella non eccessiva, la stella continuerà a bruciare elio
ancora per qualche centinaio di milioni di anni (si tenga presente che questa stima è
valida per dimensioni e massa di taglia solare:i tempi cambiano notevolmente per stelle di
massa diversa, pur nell’intervallo considerato compreso tra 0,5 e 3 M ~).
Finito anche l’elio, resta nel nucleo centrale il suo prodotto e cioè il carbonio. Ma poiché
la massa e relativamente ridotta, la forza di gravità non riesce a comprimere la stella in
modo tale da aumentare la temperatura del nucleo a livelli ancora più elevati e non si
innescano nuove reazioni nucleari. La forza di gravità allora diventa di nuovo padrona e
comprime la stella fino a farle raggiungere densità elevatissime e facendo salire
comunque la temperatura: in questo modo la stella diventa molto piccola ed assume una
colorazione bianco acceso. La densità di queste stella raggiunge valori 40.000 volte
maggiori di qualunque metallo sulla Terra: si è appena formata una nana bianca che, non
potendosi contrarre ulteriormente, continua ad emettere radiazioni finché rimane calda,
dissipando lentamente nello spazio la sua energia residua: per questo motivo le nane
31
bianche cono state ironicamente battezzate “cadaveri ancora caldi”. Così anche per loro
arriverà il momento in cui la temperatura superficiale incomincerà a diminuire, e alla fine
si arrossano e si spengono. Ma questo avviene dopo molto tempo: si è infatti calcolato
che le nane bianche più massicce arrivano a spegnersi dopo 2.000 miliardi di anni mentre
quelle meno massicce possono forse anche raddoppiare tale tempo. Dato che l’universo
ha avuto origine circa 13,7 miliardi di anni fa, nane bianche che si fossero formate nelle
prima fasi di vita dell’universo non solo non si sono ancora estinte ma si possono
considerare addirittura nella loro prima giovinezza. Raffreddandosi lentamente ed
inesorabilmente la nana bianca è destinata a diventare una nana nera.
In Fig. 22, il percorso che una stella di tipo solare compie attraverso il Diagramma
H-R dal momento in cui lascia la sequenza principale, attraversando nella sua evoluzione
tutte le fasi appena descritte fino a diventare una nana bianca.
Figura 22: Evoluzione di una stella simile al Sole. Il percorso nel diagramma H-R è
quello appena descritto nel teso. Interessante sulla destra la visualizzazione del nucleo
della stella in corrispondenza delle relative fasi evolutive.
32
Stelle con massa compresa tra 3 e 9 M ~
Una stella di massa compresa tra 3 ed 8 M ~ evolve in modo simile, anche se
l'elio viene acceso nel nucleo non degenere, e quindi senza causare flash.. Di nuovo
l'accensione dell'elio causa l'espansione del nucleo e la contrazione dell'inviluppo, e la
stella si porta a temperature più alte. Dopo un riassestamento si formano uno strato di
idrogeno ed un nucleo di elio in combustione. Successivamente la stella evolve in modo
analogo alle stelle di massa minore: il nucleo di carbonio ed ossigeno si contrae e diventa
degenere, l'inviluppo si espande finché la stella diventa una gigante rossa, attorno al
nucleo si formano due strati, di idrogeno ed elio, in combustione, i quali danno origine ai
pulsi termici, generando infine il forte vento stellare che causa l'espulsione dell'intero
inviluppo sotto forma di nebulosa planetaria al centro della quale rimane la nana bianca.
Stelle con massa superiore a 9 M ~: Supergiganti Rosse e Supernovae
Quando ci sono in gioco masse così enormi, le cose vanno invece molto
diversamente. In maniera molto semplice si può dire che una stella con massa maggiore
di 9 M ~ riesce ad accendere il carbonio e a formare elementi più pesanti (neon,
ossigeno e silicio). L’inizio di un nuovo bruciamento causa, ogni volta, l’espansione del
nucleo e la contrazione dell’inviluppo, mentre, ogni volta che un bruciamento termina, il
nucleo si contrae e l’inviluppo si espande in modo incontrollabile, fino a diventare una
supergigante rossa, caratterizzata da un diametro pari a quello di tutto il Sistema Solare.
In questo modo la stella si muove avanti e indietro nel diagramma H-R , mentre il suo
nucleo viene circondato dagli strati di combustione degli elementi precedenti, formando
una struttura “a cipolla” nella quale gli strati interni bruciano gli elementi più pesanti
della tavola periodica, mentre gli strati più esterni bruciano gli elementi più leggeri (Fig.
23). In pratica in stelle così massicce ogni volta che finisce la combustione di un
elemento nel nucleo, la pressione degli
strati esterni è sempre più che sufficiente
ad innescare un nuovo bruciamento del
nucleo che inizia così a produrre
l’elemento successivo più pesante. Il tutto
attraverso il processo della fusione
nucleare nel quale una parte di materia si
trasforma nell’energia necessaria a
sostenere la stella dall’interno verso
l’esterno. Si produce così all’interno della
stella la già citata struttura “a cipolla” con
gusci formati (dal più esterno al più
interno) da idrogeno, elio, carbonio,
neon, ossigeno e silicio. Quando anche il
silicio brucia, si forma al centro della
stella un nucleo di ferro.
Il ferro è però l’elemento con il più alto
Fig. 23 – Struttura interna “a cipolla”
valore di energia di legame e la fusione
di una stella massiccia evoluta
dei suoi atomi assorbe energia anziché
33
produrla come è avvenuto finora. La catena di reazioni nucleari pertanto si interrompe.
Le supergiganti rosse sono stelle aventi un “core” ferroso la cui temperatura
interna può raggiungere 1 miliardo di gradi! Il problema è che – nonostante questa
temperatura, non vi è più emissione di energia nucleare, e quindi la stabilità della stella è
sempre più compromessa perché manca un contrasto alla gravità.
In una stella di questo tipo la densità raggiunge un miliardo di grammi per centimetro
cubo: un cucchiaino di materia peserebbe sulla terra 1 miliardo di tonnellate!
Quando il nucleo diviene stracolmo di atomi di ferro, le stella non regge più alla
enorme pressione della gravità. La radiazione elettromagnetica nelle zone centrali diviene
estremamente energetica al punto da riuscire a disintegrare i nuclei di ferro e di nichel:
praticamente il nucleo centrale di ferro viene disintegrato e tutta la materia che compone
la stella collassa verso il centro, causando la distruzione della stella stessa con la
terrificante esplosione nota con il nome di supernova, gettando nello spazio tutto quello
che aveva creato, compresi gli atomi più pesanti.
Figura 24: Evoluzione di stelle massicce sul diagramma H-R.
La capacità della stella di creare elementi a questo punto ha un nuovo impulso
perché se nel suo core non ha avuto la possibilità di produrre elementi più pesanti del
ferro come l’oro, l’argento, l’uranio, ecc., l’immane temperatura originata dall’esplosione
è in grado di dar vita a un complesso procedimento chimico in grado di generare anche
gli atomo di oro e dei restanti elementi più pesanti della tavola periodica. I materiali
espulsi nella fase di supernova creano anche in questo caso una nebulosa che si espande
in maniera turbolenta intorno al residuo dell’esplosione.
34
Il residuo dell’esplosione di una supernova
Stelle a Neutroni (Pulsar)
L’esplosione di una supernova è talmente violenta da distruggere tutta la stella,
nocciolo centrale ed inviluppo. Le caratteristiche dell’oggetto che si crea come residuo
dell’evento, dipendono ancora una volta dalla massa in gioco.
Se la massa del residuo (non quella della stella di partenza!) è compresa tra 1,4
e 3,4 M ~, si forma quella che viene detta stella a neutroni o pulsar, caratterizzata da
enormi densità e campo gravitazionale. In questo oggetto densissimo, gli atomi non
esistono più in quanto tali ma si frantumano, in modo che protoni ed elettroni si scontrano
con grande energia formando i neutroni che compongono praticamente tutta la stella. Le
stelle a neutroni (o pulsar) ruotano velocemente su se stesse emettendo due potenti fasci
di onde radio in direzioni opposte lungo l’asse del campo magnetico, che non coincide
però con l’asse di rotazione (Fig. 25).
Fig. 25 Rappresentazione schematica di
una pulsar e del meccanismo che
genera il cosiddetto “effetto faro”.
L’emissione delle onde radio avviene
lungo l’asse del campo magnetico che
ha una inclinazione diversa rispetto
all’asse di rotazione della pulsar. Se un
osservatore si trova casualmente nella
direzione di un cono dei coni vede
pertanto un “lampo” di emissione ogni
volta che la stella a neutroni compie un
giro su se stessa.
Se uno dei due fasci è casualmente orientato verso la Terra, siamo allora in grado
di osservare gli impulsi emessi dalla pulsar sotto forma di onde elettromagnetiche. Le
pulsar ruotano velocissime, tanto da compiere anche 30 rotazioni al secondo ed hanno
dimensioni estremamente ridotte, dell’ordine di poche decine di chilometri (Fig. 26).
35
Fig. 26 – Schema del nucleo di una stella a neutroni o pulsar. Si noti
che la massa di 1,5 M ~ è concentrata in una stella di soli 2° Km di diametro!
Pur essendo molto rari, gli eventi di supernova sono stati osservati in epoche
storiche nella Galassia. Il più noto è quello relativo alla supernova del 1054, registrata
negli annali cinesi: oggi al suo posto c’è la celeberrima nebulosa del Granchio (o Crab
Nebula – Fig. 27) al centro della quale, come residuo, è rimasta una piccolissima stella
che varia la sua luminosità con precisione cronometrica: è una pulsar o stella a neutroni.
Fig. 27 – La Nebulosa del Granchio (o Crab Nebula) resto
dell’esplosione della supernova del 1054
36
Grazie alle favorevoli condizioni geometriche (uno dei due coni di emissione è
ovviamente orientato verso la Terra) ci è possibile osservare la rapidissima variazione di
luminosità della pulsar che originò la Nebulosa del Granchio, come mostrato in Fig. 28.
Fig. 28 – Il rettangolo tracciato sulla Nebulosa del Granchio evidenzia una coppia di
stelline: quella più a destra è la pulsar. La sequenza riportata a lato (da leggersi
dall’alto verso il basso) riesce ad evidenziare le variazioni di luminosità della pulsar
millisecondo per millisecondo. La stella a neutroni della Crab Nebula compie infatti
una rotazione su se stessa ogni 33,367 millisecondi!
Fig. 29 – Immagine ad alta risoluzione (ripresa dalla sonda Chandra)
della stella a neutroni all’interno della Crab Nebula: sono addirittura visibili
i coni di emissione delle onde radio lungo l’asse magnetico della pulsar
37
Buchi Neri
Il collasso e l’esplosione di una supernova non formano sempre una stella a
neutroni: è stato calcolato che una pulsar non può avere una massa superiore a 3,4 M ~.
Naturalmente la stella originaria ha una massa ben superiore, ma in seguito all’evento di
supernova gran parte della stella viene proiettata nello spazio a formare la nebulosa e non
contribuisce a formare l’oggetto centrale.
Ma se il materiale che collassa ha una massa superiore a 3,4 M ~, il collasso non si
arresterà neppure di fronte alla enorme densità della pulsar, e la stella tenderà a ridursi
teoricamente a un punto generando un oggetto caratterizzato da una inimmaginabile
concentrazione di massa in pochissimo spazio, la cui forza di gravità è talmente elevata
da non permettere neppure alla luce di uscirne. Per chiarire questo concetto basti pensare
che se noi volessimo uscire dall’orbita della Terra per sfuggire al suo campo
gravitazionale dovremmo raggiungere la velocità di 11,2 chilometri al secondo: questa è
la cosiddetta velocità di fuga per il nostro pianeta. Per vincere la forza di gravità di
Giove, servirà una velocità di fuga più elevata, in funzione della maggiore massa del
pianeta. Il buco nero è un oggetto con una forza di gravità così elevata, che la velocità di
fuga necessaria per sfuggirgli è superiore a 300.000 chilometri al secondo, ovvero la
velocità della luce. In poche parole, la luce emessa dal buco nero non riesce ad andare
nello spazio circostante e ricade sul buco nero stesso.
Un corpo celeste con questa proprietà risulterebbe invisibile e la sua presenza
potrebbe essere rilevata solo indirettamente, tramite gli effetti del suo intenso campo
gravitazionale. Fino ad oggi sono state raccolte numerose osservazioni astrofisiche che
possono essere interpretate (come fenomenologia indiretta, anche se non univocamente)
come indicazioni dell'effettiva esistenza di buchi neri nell'Universo, specie al centro dei
nuclei galattici.
*********************************************
In appendice è riportata una interessante tabella che evidenzia i range caratteristici di
raggio (R), luminosità (L) e temperatura (T) per stelle di sequenza principale (MS),
giganti (G) e supergiganti (SG).
38