Associazione Astrofili ALTA VALDERA Peccioli Centro Astronomico di Libbiano Libbiano, 27 Novembre 2008 Nascita, vita e morte di una stella. Il Diagramma H-R e le immagini ottenute con lo spettrografo autocostruito di Libbiano ci introducono alle varie fasi dell’evoluzione stellare A cura di Alberto Villa 2 INDICE INTRODUZIONE …………………………………………… pag. 5 LA CLASSIFICAZIONE SPETTRALE (breve riepilogo)… pag. 7 SPETTRI SIGNIFICATIVI OTTENUTI AL CENTRO ASTRONOMICO DI LIBBIANO ………………. pag. 9 EJNAR HERTZSPRUNG E HENRY NORRIS RUSSEL…. pag. 16 IL DIAGRAMMA DI HERTZSPRUNG – RUSSEL………. pag. 17 □ Regioni del Diagramma…………………………….. □ Relazione Luminosità –Temperatura – Raggio…… □ La Parallasse Spettroscopica……………………….. pag. pag. pag. 18 20 21 DIAGRAMMA H-R ED EVOLUZIONE STELLARE……. pag. 22 pag. pag. pag. pag. pag. 22 25 27 28 29 pag. 30 □ □ □ □ La formazione delle stelle……………………………. Diagramma H-R di ammassi ed evoluzione stellare.. Permanenza di una stella sulla sequenza principale.. Le fasi finali della vita di una stella …………………. • Le Giganti Rosse ………………………………. • Fasi avanzate dell’evoluzione stellare in funzione della massa …………………………... 3 4 INTRODUZIONE La precedente relazione a cura dell’autore è stata presentata il 22 maggio scorso presso il Centro Astronomico di Libbiano al titolo “Lo spettro: tutti i colori di una stella”, nel tentativo di evidenziare come la scomposizione della luce proveniente da un astro ce ne possa rivelare le sue caratteristiche chimiche e fisiche (la relativa dispensa è sempre disponibile presso il Centro Astronomico di Libbiano e si può anche scaricare dal sito della AAAV – Ass.ne Astrofili Alta Valdera www.astrofilialtavaldera.com ). La precedente esposizione aveva preso in particolare considerazione i seguenti argomenti: □ □ □ □ □ □ □ □ □ la radiazione elettromagnetica; lo spettro; lo spettro continuo; lo spettro di assorbimento e di emissione; l’atomo di Bohr; lo spettro dell’idrogeno; lo spettro delle stelle; la classificazione spettrale delle stelle; lo spettrografo autocostruito del Centro Astronomico di Libbiano e i primi risultati sperimentali ottenuti. Per una trattazione specifica di questi argomenti si rimanda pertanto alla dispensa di cui sopra. Come logica conseguenza, la presente relazione accenna all’evoluzione stellare, argomento che – come vedremo – è strettamente correlato alla classificazione spettrale degli astri e vede nel noto Diagramma H – R, uno degli strumenti più validi e sempre attuali per lo studio e l’interpretazione di questo affascinante argomento. 5 6 LA CLASSIFICAZIONE SPETTRALE (Breve riepilogo) Fin da quando i primi spettrografi vennero utilizzati in campo astronomico, ci si accorse che gli spettri stellari presentavano una parte continua, simile a quella dovuta all’emissione di corpo nero (*), e delle righe di assorbimento che presentavano una certa regolarità quando le stelle osservate erano simili. Questa regolarità permise di classificare gli astri in diversi tipi (o classi) spettrali che, come si scoprì successivamente, dipendono principalmente dalla temperatura. Disposti in ordine di temperatura decrescente i principali tipi spettrali sono O B A F G K M e possono essere a loro volta suddivisi in 10 sottoclassi, da 0 a 9. In figura 1 sono riportati gli spettri di stelle appartenenti a classi spettrali differenti (O, B2, B5,...): ognuno di essi presenta delle righe di assorbimento ad una determinata lunghezza d’onda. In corrispondenza con tali righe sono riportati gli elementi che le hanno generate. Fig. 1: la classificazione spettrale delle stelle (*) Vedi dispensa “Lo spettro: tutti i colori di una stella” del 22 maggio 2008 7 Come già accennato, la parte continua dello spettro stellare risulta molto simile, anche se non identico, a quello generato da un corpo nero. Definendo la temperatura T di una stella come quella che avrebbe un corpo nero con pari raggio R e luminosità L, ricordando la legge di Stefan-Boltzmann si ottiene, per le stelle, la seguente relazione: La luminosità degli astri dipende, dunque, dal quadrato del loro raggio e dalla quarta potenza della loro temperatura. Come importante conseguenza di questo fatto si ha che, a parità di raggio, una stella più luminosa `e anche più calda e che, a parità di temperatura, stelle con dimensioni maggiori sono anche più luminose. La temperatura delle stelle è anche in stretta relazione con il loro colore: si ha, infatti, che le stelle rosse sono più fredde di quelle gialle che, a loro volta, sono fredde rispetto alle stelle blu. Per fare un esempio Betelgeuse (rossa) è più fredda del Sole (gialla) che a sua volta è molto meno calda di Sirio (blu). La sequenza spettrale “O – B – A – F – G – K – M” è una sequenza lineare, funzione cioè di un singolo parametro fisico: proprio LA TEMPERATURA (si trascura il contributo della pressione elettronica). Essa decresce con la sequenza ed è associabile al “colore” della stella, assunto che le stelle si comportino come dei corpi neri (approssimazione come accennato sufficientemente valida). La lettura degli spettri stellari e quindi delle righe di assorbimento è strettamente connessa alle temperature in gioco e quindi all’energia che può essere messa a disposizione dell’atomo e più precisamente dei suoi elettroni. Come si può notare dal seguente prospetto, le differenti temperature determinano la presenza dei diversi elementi nelle varie classi spettrali. Fig. 2 – Tabella riassuntiva delle classi spettrali con le caratteristiche salienti delle relative stelle di appartenenza. 8 SPETTRI SIGNIFICATIVI OTTENUTI AL CENTRO ASTRONOMICO DI LIBBIANO Utilizzando lo spettrografo costruito dall’Ing. Vittorio Lovato descritto in dettaglio nella precedente dispensa, presso il Centro Astronomico di Libbiano sono stati ripresi diversi spettri significativi, ultimamente proprio con lo scopo di visualizzare le diverse classi spettrali e quindi confrontarle tra di loro. Il tutto ovviamente con spettri ottenuti in proprio. Di seguito si illustra il lavoro eseguito ed i principali risultati ottenuti, disponendo gli spettri in ordine di temperatura decrescente. Gli spettri sono proposti sia in due spezzoni aventi maggiore risoluzione (confrontati con una porzione dell’immagine grezza così come rilevata tramite telescopio), sia in unica immagine per averne una visione d’insieme. SPETTRO DI γ (Gamma) CAS – 8 Settembre 2008 CLASSE SPETTRALE: B 0,5 Difficile trovare stelle più calde di questa con magnitudine a portata di spettrografo, e difficile trovarle anche in assoluto. Alnitak, ovvero la stella più a est della cintura di Orione (appena sopra la celeberrima nebulosa oscura “Testa di Cavallo”) è classificata come O 9,7: sebbene cambi la lettera che contraddistingue la classe spettrale, la differenza con γ CAS è minima, fatta eccezione ovviamente per le righe di emissione presenti in quest’ultima. Fig. 3 – Spettro di γ CAS (Gamma Cassiopeiae) 9 Distante 780 anni luce, è una straordinaria gigante blu variabile del tipo chiamato “stella con inviluppo esteso” (shell star). Essa espelle anelli di gas a intervalli irregolari, evidentemente perché la sua veloce rotazione la rende instabile, facendola variare in modo imprevedibile tra magnitudine 3,0 e 2,15. Usualmente oscilla intorno alla magnitudine 2,5. L’espulsione del gas spiega le righe di emissione caratteristiche di questa stella: particolarmente evidenti la H Alfa e la H Beta dell’idrogeno, ben visibili in Fig. 3. Con la classificazione B 0,5, γ CAS si trova praticamente a cavallo delle classi spettrali O e B. Alle temperature altissime delle stelle di classe O, che riescono a rompere il fortissimo legame che unisce uno dei due elettroni al nucleo di elio, compaiono le righe dell’elio sia neutro che ionizzato. Ovviamente, anche tutti gli altri elementi sono ionizzati: l’idrogeno, avendo perduto il suo unico elettrone, è ridotto al solo nucleo, e non può dare righe spettrali; a tali temperature solo una piccola percentuale di atomi di idrogeno ha conservato l’elettrone e pertanto le rispettive righe di appaiono molto deboli. Gli altri elementi sono ionizzati più volte e le loro righe cadono per lo più nel lontano ultravioletto inosservabile da terra. Nelle stelle di classe spettrale B, essendo più bassa la temperatura, la percentuale di elio ionizzato è più bassa (a partire dal tipo B6 è praticamente assente). Predominano invece le righe dell’elio neutro. SPETTRO DI VEGA – 21 Giugno 2008 CLASSE SPETTRALE: A 0 Nella classe spettrale A le righe dell’idrogeno predominano, perché ormai, a temperature sugli 8.000 - 10.000°, l’idrogeno è praticamente tutto neutro e quindi in grado di assorbire la radiazione proveniente dall’interno della stella. Fig. 4 – Spettro di Vega (Alpha Lyrae) , con la predominanza di righe dell’idrogeno. 10 SPETTRO DI CAPH – 8 Settembre 2008 CLASSE SPETTRALE: F 2 Nella classe F cominciano a dominare le righe dei metalli facilmente ionizzabili, come il ferro, il magnesio, il sodio. Fig. 5 – Spettro di Caph (Beta Cassiopeiae) SPETTRO DEL SOLE – 27 Ottobre 2007 (per riflessione sulla Luna) CLASSE SPETTRALE: G 2 Lo spettro ricavato è la sommatoria di sette diverse immagini riprese con il CCD ed elaborate prima con Maxim DL e quindi con Photoshop: sono evidenziate le righe caratteristiche più importanti che ovviamente riproducono lo spettro solare e alcune righe dell’atmosfera (Fig. 6). Nella classe G si confermano le righe dei metalli facilmente ionizzabili, come il calcio, il ferro, il magnesio, il sodio, i quali solo a temperature così basse risultano neutri o ionizzati una sola volta; proprio nella classe G cominciano ad apparire intense nel vicino ultravioletto una coppia di righe del calcio ionizzato: sono le righe H e K. 11 Fig. 6 – Spettro della Luna ottenuto a Libbiano il 27 Ottobre 2007 a cura di V. Lovato, D. Antonacci, P. Bacci, P. Piludu, Enzo Rossi ed Alberto Villa SPETTRO DI MATAR – 8 Settembre 2008 CLASSE SPETTRALE: G 2 Fig. 7 – Spettro di Matar (Eta pegasi) 12 Essendo sempre di classe spettrale G 2, per lo spettro di Matar (Fig. 7) vale quanto già esposto per lo spettro solare al punto precedente. SPETTRO DI ENIF - CLASSE SPETTRALE: K 2 SPETTRO DI SCHEAT - CLASSE SPETTRALE: M 2 8 Settembre 2008 Nelle classi spettrali K ed M la temperatura si è abbassata a tal punto che nelle atmosfere di queste stelle cominciano ad essere presenti in gran numero anche molecole, cioè atomi legati fra loro. Nelle molecole, il sistema dei livelli energetici possibili è assai più complesso che negli atomi perché gli atomi legati a formare la molecola interagiscono fra di loro in vari modi; perciò i livelli possibili sono suddivisi in sottolivelli talmente fitti e numerosi che al posto delle singole righe dello spettro compaiono gruppi di righe attaccate l’una all’altra a costituire larghe zone di assorbimento (o di emissione) dette "bande". Questa struttura è ben visibile negli spettri di Enif (K 2) e di Scheat (M 2) di seguito illustrati rispettivamente nelle figure 8 e 9. Fig. 8 – Spettro di Enif (Epsilon Pegasi) 13 Fig. 9 – Spettro di Scheat (Beta Pegasi):evidente la presenza di bande molecolari A questo punto possiamo ricostruire la classificazione spettrale delle stelle utilizzando le immagini ottenute a Libbiano (Fig. 10). Fig. 10 – Classificazione spettrale composta con le immagini ottenute a Libbiano 14 Dal confronto tra le varie classi spettrali, ne possiamo riassumere sinteticamente le principali caratteristiche. CLASSE O - Stelle bianco-azzurre di altissima temperatura fra 60.000° e 25.000° . Solo poche righe solcano lo spettro continuo e sono più che altro righe dell’elio neutro e ionizzato, nonché deboli righe dell’idrogeno. CLASSE B - Stelle bianco-azzurre sui 25.000° - 11.000° . Mostrano righe dell’elio neutro mentre non ci sono più quelle dell’elio ionizzato; le righe dell’idrogeno sono più intense che nella classe O. CLASSE A - Stelle bianche di temperatura fra 11.000° e 7.500° . Le righe dell’idrogeno hanno in questa classe la massima intensità; compaiono deboli righe di alcuni metalli, come calcio e magnesio. CLASSE F - Stelle bianche di temperatura fra 7.500° e 6.000° . Le righe dell’idrogeno, più deboli che nella classe precedente, sono ancora molto intense. Le righe dei metalli appaiono numerose. CLASSE G - Stelle bianco-giallastre di temperatura fra 6.000° e 5.000° . Le righe dell’idrogeno sono ancora più deboli che nella classe F, mentre quelle dei metalli sono numerosissime ed intense: calcio neutro e ionizzato, ferro, magnesio, titanio, ecc. Quelle del calcio ionizzato (CaII), note come righe H e K, che cadono nel vicino ultravioletto, sono fra le più intense dello spettro. CLASSE K - Stelle "fredde" di colore rosso-arancio. Essendo la temperatura compresa fra 5.000° e 3.500° lo spettro è fitto di righe dovute prevalentemente a metalli. Le righe dell’idrogeno sono assai deboli. CLASSE M - Stelle ancora più fredde, avendo temperatura sui 3.500° e quindi color rossastro. L’atmosfera, cioè gli strati più esterni di queste stelle, contengono non solo elementi ma anche composti chimici e cioè molecole, che lo spettro a bande. Fig. 11: massima intensità delle righe presenti negli spettri stellari in relazione alla CLASSE SPETTRALE, e quindi alla TEMPERATURA. 15 Ejnar HERTZSPRUNG e Henry Norris RUSSEL E’ questo il nome dei due astronomi che verso il 1910 idearono indipendentemente un diagramma bidimensionale nel quale misero in relazione la temperatura effettiva di una stella e la sua luminosità assoluta: ogni stella per la quale erano noti tale valori è rappresentata da un punto sul diagramma denominato appunto diagramma Hertzsprung - Russell (poi abbreviato in diagramma H-R). Ejnar Hertzsprung (Copenaghen 1873 Tølløse 1967), Astrofisico danese. Ottenuta la laurea in ingegneria chimica, si dedicò all'astronomia e si interessò in particolare allo studio delle stelle giganti e nane. Proseguì l'attività di ricerca presso l'Università di Gottinga e l'osservatorio di Potsdam, e nel 1935 divenne direttore dell'osservatorio dell'Università di Leida. Si interessò all'analisi spettrale e ai rapporti tra gli spettri, la temperatura e la luminosità delle stelle. Il suo lavoro, combinato con quello svolto in modo indipendente dall'astronomo statunitense Henry Norris Russell, produsse l'importante diagramma di Hertzsprung-Russell. Henry Norris Russell (Oyster Bay, New York 1877 - Princeton, New Jersey 1957), Astrofisico statunitense. Ottenne il dottorato dall'Università di Princeton nel 1900, dove insegnò dal 1905 al 1947, ricoprendo anche la carica di direttore dell'osservatorio (1912-1947). Dopo il 1921 condiresse anche l'osservatorio di Mount Wilson. Partendo dagli studi pionieristici sulle stelle doppie e sulle parallassi, Russell elaborò una teoria (1913) dell'evoluzione stellare che soppiantò concezioni superate. Proseguì le sue ricerche sugli spettri degli elementi delle stelle e sulla composizione quantitativa dei gas nell'atmosfera del Sole. Inoltre, grazie alle ricerche condotte separatamente dall'astrofisico danese Ejnar Hertzsprung, il grafico da lui sviluppato, che rilevava le magnitudini assolute delle stelle contro i loro tipi spettrali, divenne noto come diagramma di HertzsprungRussell. 16 IL DIAGRAMMA DI HERTZSPRUNG – RUSSEL Nei primi anni del 1900 Ejnar Hertzsprung ed Henry Norris Russell, introdussero indipendentemente un diagramma in cui ogni stella era rappresentata da un punto corrispondente alla sua temperatura e dalla sua luminosità. Considerando le stelle la cui distanza era minore di 10 parsec dalla Terra (*), essi notarono con sorpresa che la distribuzione dei punti nel diagramma non era uniforme: la maggior parte delle stelle si trovava infatti lungo una linea sinuosa che tagliava circa a metà il diagramma in diagonale, detta Sequenza Principale (Main Sequence), mentre altri gruppi di stelle andavano ad occupare la regione in alto a destra e quella in basso a sinistra. In figura 12 è riportato un esempio di diagramma di Hertzsprung – Russel, o più semplicemente Diagramma H-R. Figura 12: esempio di Diagramma H-R. Tale diagramma riporta in ascissa la temperatura espressa in gradi e in ordinata la luminosità espressa in unità solari. Una versione più completa (Fig. 13) associa le classi spettrali alle diverse temperature (relazione temperatura – colore) e la magnitudine assoluta alla luminosità espressa in unità solari: valori – questi – equivalenti tra loro. Fig. 13 – Diagramma H-R che evidenzia l’equivalenza tra classi spettrali e temperatura, e tra la magnitudine assoluta di una stella e la sua luminosità espressa. in unità solari. (*) 1 Paresc = 3,26 anni luce 17 In un primo momento il diagramma H-R fu interpretato come una semplice rappresentazione statica di tutte le stelle esaminate. In seguito si scoprì invece la sua grandissima e fondamentale importanza per lo studio e la comprensione dell’evoluzione stellare. REGIONI DEL DIAGRAMMA A seconda sia delle caratteristiche (come la massa e la composizione chimica) che della fase evolutiva, le stelle vanno ad occupare zone ben precise del diagramma H-R. I principali raggruppamenti, presenti anche nelle figure precedenti, sono: □ la sequenza principale; □ il braccio delle giganti rosse; □ la zona delle supergiganti; □ la zona in cui si trovano le nane bianche. La Sequenza Principale (Main Sequence) E’ la regione del diagramma in cui si trova la maggior parte delle stelle. La loro posizione lungo la sequenza dipende dalla massa; per le stelle massicce vale la seguente relazione massa-luminosità: La teoria della struttura stellare spiega che il motivo per cui le stelle tendono a stazionare sulla sequenza principale è che essa rappresenta la fase evolutiva in cui le stelle sono più stabili e nella quale passano la maggior parte della loro vita. La durata della permanenza in questa fase dipende dalla massa delle stelle: quelle molto grandi finiscono prima di bruciare l’idrogeno e quindi abbandoneranno la sequenza prima di quelle più piccole. Le stelle di sequenza sono caratterizzate da un grande varietà di temperature e luminosità: questi valori sono alti per stelle molto grandi, diminuiscono per le stelle di tipo solare e sono molto bassi per stelle di piccole dimensioni. Ricordiamo inoltre, che più alta è la temperatura della stella, e più questa sarà brillante ed il suo colore tenderà al blu, mentre, più la stella è fredda, minore sarà la sua luminosità e il colore tenderà al rosso. Zona delle Giganti La regione in alto a destra del diagramma H-R è occupata da stelle che vengono dette giganti o supergiganti rosse a seconda delle loro dimensioni. Esse sono stelle caratterizzate da una temperatura molto bassa ma che, nonostante questo, sono molto luminose. Il motivo per cui si verifica questa condizione è riconducibile alla relazione 18 (§) che lega la luminosità delle stelle non solo alla temperatura ma anche al raggio: le giganti e le supergiganti rosse sono stelle fredde ma con raggi enormi, e risultano quindi molto brillanti. Come vedremo in seguito, anche questa regione del diagramma corrisponde ad una ben precisa fase evolutiva della vita delle stelle. Zona delle Nane Bianche Al di sotto della sequenza principale vi `e una zona in cui si trova un altro raggruppamento di stelle, dette nane bianche, caratterizzate da temperature elevate ma scarsa luminosità. Come si può immaginare dal nome, le nane bianche sono stelle il cui raggio è molto ridotto: dall’ espressione (§) si ottiene infatti che se T è grande e L piccola allora R dovrà essere piccolo a sua volta. Queste stelle rappresentano la fase evolutiva finale di una stella come il Sole: in esse non possono avvenire reazioni nucleari e la pressione necessaria a bilanciare la gravità è fornita dagli elettroni degeneri. A causa dell’elevata temperatura queste stelle sono di colore bianco ma si vedono difficilmente a causa delle scerse dimensioni. Zona delle Stelle di Wolf Rayet Appena sotto la sequenza principale, a temperature e luminosità più elevate rispetto quelle delle nane bianche, si trova una regione popolata da stelle peculiari, dette di Wolf-Rayet. Esse sono stelle molto massicce che appaiono molto calde a causa della perdita dell’inviluppo (strato esterno) e sono molto rare sia perchè se ne formano poche, sia perchè muoiono presto come supernove. Zona delle Variabili Sopra la sequenza principale, a circa 7000 K di temperatura, vi è la più importante fascia di instabilità nel diagramma H-R. Essa corrisponde alla regione in cui si trovano stelle la cui luminosità varia a causa delle pulsazioni dell’inviluppo e che vengono dette RR-Lyrae e Cefeidi. La loro variabilità costituisce, in astronomia, un metodo molto efficace per determinare le distanze. Le zone delle Wolf-Rayet e delle variabili non sono usualmente rappresentate sul Diagramma H-R. 19 RELAZIONE LUMINOSITA’ – TEMPERATURA - RAGGIO Per meglio comprendere le relazioni tra le quantità in gioco, osserviamo il diagramma H-R riportato in Fig. 14 alla luce della nota relazione riportata di seguito per comodità Lungo l’asse delle ascisse sono riportati i valori della temperatura in gradi Kelvin e le classi spettrali, mentre sull’asse delle ordinate troviamo la magnitudine assoluta unitamente al valore della luminosità in unità solari. Figura 14: Diagramma H-R: relazione luminosit`a-raggio Questa figura è utile per visualizzare le diverse dimensioni delle stelle nel diagramma H-R. Consideriamo ad esempio le stelle appartenenti alla classe spettrale M che nel grafico sono colorate di rosso: la loro posizione nel diagramma indica che esse hanno una temperatura molto bassa, corrispondente a circa 3500 K. Guardando gli assi delle ordinate si vede facilmente che tra queste stelle molto fredde ve ne sono alcune molto brillanti ed altre che lo sono molto meno: la differenza è dovuta alle loro diverse dimensioni rappresentate dalla grandezza dei pallini. Analogamente, confrontando due stelle con temperatura compresa tra i 25000 ed i 50000 Kelvin si vede che, a parità di temperatura, le nane bianche sono molto meno luminose delle stelle appartenenti alla sequenza principale: ciò `e dovuto ancora una volta alla differenza nei raggi delle due stelle come è sottolineato dal fatto che i pallini che rappresentano le nane bianche (white dworfs) sono molto più piccoli. Di seguito `e riportata un immagine (Fig. 15) che permette di interpretare meglio il legame tra la temperatura delle stelle e il loro colore. 20 Figura 15: Diagramma H-R: relazione temperatura-colore A differenza della precedente, in questo caso non si fa distinzione tra le diverse dimensioni delle stelle ma riporta più chiaramente la relazione tra la temperatura, o la classe spettrale, e il colore degli astri. Si vede facilmente, infatti che man mano che la temperatura aumenta i colori delle stelle passano dal rosso, che diventa sinonimo di basse temperature, al blu, che invece è associato ad alte temperature. LA PARALLASSE SPETTROSCOPICA Un'altra importante utilizzazione del diagramma HR è rappresentata dalla possibilità di ricavare attraverso l'analisi spettroscopica la distanza di stelle troppo lontane per permetterne una misura della parallasse trigonometrica. Abbiamo già visto che sia la temperatura sia la luminosità di una stella possono essere ricavate dall'analisi dello spettro; in particolare, l'aspetto di alcune righe è sensibile all'effetto di temperatura o a quello di gravità. La conoscenza di questi due parametri permette di localizzare una stella sul diagramma HR e quindi di ricavarne la magnitudine assoluta; dalla differenza tra questa e la magnitudine apparente si ricava il valore della distanza. Tale metodo della determinazione delle distanze stellari trova larga applicazione: la misura che così si ottiene prende il nome di parallasse spettroscopica (così chiamata arbitrariamente per analogia con la parallasse trigonometrica). 21 DIAGRAMMA H–R ED EVOLUZIONE STELLARE Come già accennato, il motivo per cui le stelle tendono a stazionare sulla sequenza principale è che essa rappresenta la fase evolutiva in cui le stelle sono più stabili e nella quale passano la maggior parte della loro vita. La durata della permanenza in questa fase dipende dalla loro massa: quelle molto grandi finiscono prima di bruciare l’idrogeno e quindi abbandoneranno la sequenza prima di quelle più piccole. Il fatto che sulla sequenza principale si trovino stelle formate, intese – secondo gli astronomi - come corpi celesti in equilibrio nel quale si sono avviate le reazioni termonucleari (cioè non cade più su sé stesso e neppure si dilata dissolvendosi nello spazio) lascia logicamente presupporre che ci sia una fase precedente di formazione e nascita della stella: questa fase prende il nome di protostella (detta anche pre - sequenza principale). ed è caratterizzata da instabilità accompagnata da variazioni di luminosità sporadiche. Le variabili di questo genere prendono il nome di “T Tauri” da una stella della costellazione del Toro che sta attualmente vivendo questa fase evolutiva. Altrettanto logicamente la stella che ha trascorso stabilmente gran parte della sua esistenza sulla sequenza principale ad un certo punto esaurisce tutto l’idrogeno a disposizione nel nucleo, avendolo trasformato in elio: le reazioni termonucleari si arrestano ed inizia la fase finale della vita di una stella che possono dare luogo come vedremo a diverse soluzioni in funzione della massa in gioco (fase di post - sequenza principale). LA FORMAZIONE DELLE STELLE Le stelle si formano per collasso gravitazionale di una nube interstellare di gas prevalentemente idrogeno, con tracce di altri gas) e polvere. Le nubi di gas interstellare sono molto grandi, con masse di gas fino ad un milione di volte quella del Sole, e si trovano normalmente in equilibrio, nel senso che la forza di gravità che tenderebbe a farle collassare su se stesse è controbilanciata dalla pressione creata dal moto delle particelle al suo interno. A volte però questa pressione non è sufficiente, in certi punti la densità aumenta e la nube si contrae spontaneamente e lentamente sotto l'azione della propria gravità. E' probabilmente attraverso questo meccanismo che si formano le stelle di piccola massa, all'interno di nubi molto dense e oscure. Le stelle più massicce sembra che si formino invece nel collasso di nubi meno dense, causato da fattori esterni. Uno di questi sembra essere la compressione della nube da parte di materiale espulso ad alte velocità da stelle evolute (nebulose planetarie o supernovae). In realtà, le nubi di gas interstellare sono molto grandi e il loro collasso non dà origine ad una stella sola, ma ad un insieme di stelle (cioè un ammasso stellare), dopo aver subito una frammentazione in nubi più piccole. Quando la nube si contrae, al suo interno le particelle di gas si muovono più rapidamente e il nucleo si riscalda. E’ proprio questa fase che il nome di protostella: la nube emette 22 energia sotto forma di radiazione, anche se molto più debolmente di una stella; ciò avviene a spese della sua energia gravitazionale, che viene convertita in radiazione. Durante questa fase, la protostella ha una temperatura superficiale di 2-3.000 gradi ed e' ancora immersa nella nube di gas e polvere dalla quale si e' originata. Generalmente si forma un disco di gas attorno alla protostella, gas che piano piano cade su di essa. In questa fase la protostella e' oscurata dal materiale circostante e perciò poco luminosa; la polvere della nube circostante assorbe la radiazione emessa dall'oggetto, e la riemette a sua volta a frequenze più basse, nella regione infrarossa dello spettro, perciò le protostelle si possono rivelare in questa banda di lunghezze d'onda. Durante la fase di protostella, detta anche di pre-sequenza principale, la stella attraversa delle fasi di instabilità, accompagnate da variazioni di luminosità sporadiche. Le variabili di questo genere prendono il nome di “T Tauri” da una stella della costellazione del Toro che sta attualmente vivendo questa fase evolutiva. Il gas e la polvere che circondano la stella vengono gradualmente spazzati via dai getti di gas e dal vento che essa emette. In Fig. 16 possiamo osservare una spettacolare regione di formazione stellare in M16 (o nebulosa Aquila, nella costellazione del Serpente) ripresa dall’HST, Hubble Space Telescope. I "pilastri" (o “dita”) sono formazioni di idrogeno e polveri nelle quali si stanno formando nuove stelle. Fig. 16: spettacolare regione di formazione stellare nella nebulosa M 16 Le immagini riprese dall'HST mostrano stelle appena nate che emergono da "uova": si tratta di densi e compatti bozzoli di gas interstellare chiamati globuli gassosi in evaporazione (evaporating gaseous globules - EGGs), che contengono praticamente la protostella. Le immagini mostrano strutture a forma di dito che fuoriescono da gigantesche colonne di gas freddo e polveri. Queste colonne che emergono da una più vasta nube di idrogeno molecolare: all'interno delle torri di gas, lunghe pochi anni luce, il 23 gas interstellare è abbastanza denso da collassare sotto il suo stesso peso, formando delle giovani stelle che continuano ad ingrandirsi sempre più "nutrendosi" della massa circostante. Il telescopio spaziale ci fornisce una chiara visione di quello che accade quando un flusso di luce ultravioletta proveniente da giovani stelle vicine, riscalda la superficie delle colonne di gas, facendolo "bollire" e uscire nello spazio interstellare con il processo noto come "fotoevaporazione". La superficie di una nube molecolare viene illuminata dall'intensa radiazione ultravioletta proveniente da una stella calda presente nelle vicinanze. La radiazione evapora i gas che si diffondono nello spazio esterno (fotoevaporazione). Mentre la nube si dissolve a causa della radiazione, i globuli di gas (che hanno una densità media maggiore) escono allo scoperto. L'EGG è ora completamente scoperto. La sua ombra protegge la colonna di gas che si trova nella zona retrostante e la struttura acquista una forma a “dito”. Alla fine l'EGG può separarsi totalmente dalla nube molecolare nella quale si è formato. Anch'esso evapora lentamente e la stella che vi si trova rinchiusa diventa visibile, situata nella parte frontale della superficie. ****************************** La contrazione della protostella continua finché al suo interno non vengono raggiunte temperature abbastanza alte da poter dare inizio alla fusione nucleare, che sarà il suo mezzo di sostentamento per milioni o miliardi di anni; la protostella e' diventata 24 una stella. A questo punto, l'energia che essa emette non è più prodotta a spese della propria energia gravitazionale, ma a spese della propria massa: le reazioni termonucleari consistono infatti nella fusione di più nuclei atomici in un nucleo solo, di massa leggermente minore rispetto alla somma delle masse dei nuclei di partenza. La massa che viene persa nel processo e' quella che si trasforma in energia secondo la legge E = m c2 Le moderne teorie dell'evoluzione stellare, unite alle osservazioni di come le stelle si distribuiscono nei vari intervalli di massa, hanno fissato questo limite inferiore a circa 0.08 volte la massa del Sole. Analogamente, esiste un limite superiore per la massa di una stella, al di sopra del quale subisce delle instabilità e non può esistere in equilibrio. Questo limite è probabilmente compreso tra 100 e 120 volte la massa del Sole. DIAGRAMMA H-R DI AMMASSI ED EVOLUZIONE STELLARE Fin dalla prima scoperta del diagramma si sospettò che esso fosse in qualche modo connesso con la costituzione interna di una stella e con la sua evoluzione. Oggi é provato che la posizione di una stella nel diagramma H-R dipende da tre parametri: □ massa; □ costituzione chimica; □ età. Questo fatto risulta di facile comprensione se si osservano i diagrammi costruiti per gli ammassi stellari. Gli ammassi (globulari, galattici o aperti a seconda della loro morfologia) sono famiglie di stelle i cui membri si sono presumibilmente formati più o meno nella stessa epoca e dalla stessa nebulosa, quindi dallo stesso materiale di partenza. In questo caso pertanto due dei tre parametri sopra menzionati diventano delle costanti: la composizione chimica iniziale e l’età. Appare allora evidente che la posizione di una stella nel diagramma H-R di un ammasso dipende solo Fig. 17 – L’ammasso stellare in Orione, immerso dal parametro massa. nella omonima e bellissima nebulosa 25 Inoltre, il diagramma é valido anche se non si conosce la distanza dell’ammasso e quindi le magnitudini assolute delle stelle: appartenendo allo stesso ammasso, infatti, possiamo considerare le stelle con buona approssimazione tutte alla stessa distanza, per cui la forma del diagramma in funzione della magnitudine apparente e dei tipi spettrali sarà in ogni caso valida. Prendiamo in considerazione ad esempio le stelle di un ammasso giovane come quello di Orione (Fig. 17), in cui le stelle si stanno ancora formando. Dato che esse, provenendo tutte dallo stesso materiale, hanno più o meno la stessa composizione chimica iniziale oltre che un’età - astronomicamente parlando - più o meno uguale, é evidente che, se venissero generate tutte con la stessa massa, raggiungendo l'equilibrio dopo la fase di protostella dovrebbero avere tutte temperatura e luminosità uguale, e quindi dovrebbero essere rappresentate nel diagramma H-R da un unico punto!. Poiché ciò non accade: vediamo infatti che il diagramma H-R costruito in base ad osservazioni su quell'ammasso mostra che le sue stelle sono distribuite lungo tutta la sequenza principale (Fig. 18). E dato che la composizione chimica é la stessa così come, grosso modo l’età, é evidente che temperatura e luminosità, cioè la posizione sul diagramma, sono determinate soprattutto dalla massa. Fig. 18 – Diagramma H-R dell’ammasso in Orione Riguardo a questo tipo di diagramma c'é ancora un particolare che merita di essere sottolineato. Nella teoria basata sulla correlazione tra età, massa e costituzione chimica iniziale, le stelle considerate, avendo la stessa origine, dovrebbero disporsi secondo una linea e non, come in effetti avviene, secondo una fascia. Come si può notare infatti, procedendo verso la destra sono sempre più evidenti numerosi punti sparpagliati a ventaglio, per la maggior parte non appartenenti alla sequenza principale. Quei punti rappresentano stelle che non hanno ancora raggiunto l'equilibrio, cioè protostelle. Sappiamo infatti che le stelle, più sono pesanti e più velocemente arrivano sulla sequenza principale. I punti sparpagliati, a destra, corrispondono dunque alle protostelle di massa minore che, impiegando molto più tempo per arrivare alla sequenza principale, non l'hanno ancora raggiunta e sono ancora in fase di contrazione gravitazionale. 26 In effetti, nella fascia della sequenza principale ci sono anche stelle che stanno arrivando, ma che non hanno ancora innescato le reazioni termonucleari, e stelle adulte che mostrano piccole variazioni in tempi lunghi. Le condizioni postulate dalla teoria si hanno sicuramente nel momento in cui iniziano le reazioni nucleari. Le stelle che si trovano in questa situazione si distribuiscono appunto secondo una linea, chiamata "linea d’età zero", che corre lungo il lato basso della sequenza principale, e in Fig. 19 è rappresentata con il tratto marcato (in rosso a colori). Dunque, lo studio del Diagramma H-R di ammassi è più semplice perché le stelle di ogni ammasso costituiscono un gruppo omogeneo, avendo la stessa composizione chimica iniziale. Fig. 19 - Diagramma H-R dell’ammasso in Orione con evidenziata la cosiddetta “linea dell’età zero” PERMANENZA DI UNA STELLA SULLA SEQUENZA PRINCIPALE Come già accennato, la stella si può definire tale nel momento in cui nella protostella si innescano le reazioni nucleari: in questo momento la stella diventa stabile andando a collocarsi in un preciso punto della sequenza principale, corrispondente alla propria luminosità assoluta e temperatura / classe spettrale. Una stella si può pensare come una struttura stratificata, come una sorta di "cipolla", in cui ogni strato possiede un dato valore di temperatura, di densità e di pressione. Questi valori aumentano andando dalla superficie della stella verso il centro. Questa struttura di gas si trova in equilibrio tra due forze opposte: quella gravitazionale diretta verso l'interno (cioè il "peso" degli strati esterni su quelli più interni) e la pressione della radiazione prodotta nel nucleo della stella, che e' diretta verso l'esterno. Durante tutta la vita della stella, che può durare anche decine di miliardi di anni, questo equilibrio viene sempre mantenuto, attraverso dei meccanismi di autoregolazione. Nelle condizioni di altissime temperature e pressioni che si trovano all'interno delle stelle, tutto il gas è tutto ionizzato. I nuclei del gas sono molto vicini tra loro e si urtano ad alte velocità. La fusione di due o più nuclei avviene quando la pressione e la temperatura sono 27 abbastanza alte perché essi possano vincere la loro mutua repulsione elettromagnetica (dovuta al fatto che hanno una carica elettrica dello stesso segno). Le reazioni di fusione nucleare richiedono quindi due condizioni: una sufficiente abbondanza dell'elemento combustibile e una temperatura abbastanza alta per vincere la repulsione di nuclei. Ogni elemento chimico richiede una temperatura diversa per la fusione: tanto più pesante e' l'elemento, tanto maggiore è la temperatura richiesta. La più semplice reazione nucleare che avviene all'interno di una stella e' la fusione dell'idrogeno: quattro nuclei di idrogeno vengono fusi in un nucleo di elio, e la lieve differenza di massa viene convertita in energia. Questa reazione può avvenire solo a temperature di almeno dieci milioni di gradi, e sostenta la stella per la maggior parte della sua vita, mantenendo praticamente invariata la sua posizione sulla sequenza principale. La stella mantiene il suo equilibrio di pressione attraverso un meccanismo termostatico: quando la produzione di energia nel centro diminuisce, essa si contrae, la temperatura interna cresce e le reazioni di fusione, che dipendono dalla temperatura del gas, accelerano. Durante questa fase la stella diventa più calda e quindi emette radiazione di lunghezza d'onda inferiore rispetto a prima. Viceversa, quando l'energia prodotta e' eccessiva, la stella si espande per aumentare la superficie dalla quale può dissiparla. L'espansione fa sì che al centro della stella la pressione e la temperatura decrescano, e quindi le reazioni di fusione rallentino. Durante questa fase, la stella diventa più luminosa perchè aumenta la superficie emittente, ma gli strati esterni sono più freddi e quindi emettono radiazione a maggior lunghezza d'onda. Quando l'idrogeno, che e' il costituente principale della stella, comincia ad esaurirsi nel suo centro, la produzione di energia per fusione nucleare cala ed inizia inevitabilmente la fase finale della vita di una stella. LE FASI FINALI DELLA VITA DI UNA STELLA Si è visto che le stelle della sequenza principale sono in equilibrio perché producono energia trasformando l’idrogeno in elio. Già nel 1942 M. Shonberg e S. Chandrasekar avevano trovato teoricamente che il bruciamento dell’idrogeno è tanto più rapido quanto più la stella è luminosa e di massa elevata, e che quando tutto l’idrogeno del nucleo si è trasformato in elio la stella comincia a divenire instabile, ed inizia praticamente un ciclo di eventi che la porterà a morire, con soluzioni diverse a seconda della massa in gioco. La prima fase di questo percorso è praticamente comune a tutte le stelle che diventano Giganti Rosse: non tutte le stelle però – come vedremo – evolvono allo stesso modo dopo aver superato questa fase. E’ proprio dopo lo stadio della Gigante Rossa infatti che diventa determinante la massa della stella. Solo al di sotto delle 0.2 masse solari (M ~) la pressione gravitazionale non è sufficiente a portare la protostella alla temperatura necessaria all’accensione del meccanismo termonucleare: è il caso delle "nane brune", veri e propri aborti di stelle che, per quanto ovvio, non potranno mai diventare delle giganti rosse. 28 Le Giganti Rosse Quando la parte centrale di una stella (ovvero il nucleo, a più alta temperatura) ha bruciato tutto l’idrogeno trasformandolo in elio, le reazioni termonucleari si arrestano e con esse la produzione di energia. L'involucro soprastante allora, non più sostenuto dall'energia prodotta all'interno, torna a collassare, e, così facendo, a produrre nuova energia, stavolta di origine gravitazionale; parte di questa energia tende a fuggire all'esterno, ma quella residua sviluppa calore nello strato di idrogeno non ancora bruciato che è rimasto intorno al nucleo di elio, e ne innalza la temperatura fino a reinnescare le reazioni termonucleari (Fig. 20). Fig. 20 – Come una stella che si trova nella sequenza principale (a), si trasforma in una gigante rossa. In (b): dopo la formazione del nucleo di elio la produzione di energia subisce un arresto e gli strati esterni, non più sorretti dall’energia prodotta all’interno, cadono verso il centro. L’energia gravitazionale così sviluppata si converte in calore. La temperatura intorno alla superficie del nucleo diventa così alta da innescare nuovamente la reazione che trasforma l’idrogeno in elio (con produzione di energia) in un sottile strato intorno al nucleo di elio. Come conseguenza il nucleo di elio si accresce con l’elio che viene prodotto nello strato che lo circonda, mentre l’energia sviluppata nel guscio spinge verso l’esterno l’idrogeno incombusto sovrastante che rappresenta ancora la maggior parte della stella e che si espande enormemente trasformando la stella in gigante. Così si viene a produrre energia in un guscio che circonda il nucleo di elio; quest'energia tende a far dilatare gli strati superiori, che espandendosi si raffreddano, e la stella si gonfia fino a dimensioni inimmaginabili rispetto a quelle che aveva in precedenza: si è trasformata in una gigante rossa, con un minuscolo nucleo di elio estremamente denso, intorno al quale brucia un sottile guscio di idrogeno, ed un involucro estremamente rarefatto ma immenso, relativamente freddo (circa 3.000 K) in confronto alla temperatura superficiale che la stella aveva prima di espandersi, che poteva anche superare i 20.000 K. Tra il guscio d’idrogeno e la superficie esterna c’è ora un gas molto tenue attraverso il quale, se non fosse per il fortissimo calore proveniente dal nucleo, ci si potrebbe tranquillamente avventurare con una astronave! 29 Fasi avanzate dell’evoluzione stellare in funzione della massa Nel nucleo di tutte le giganti rosse l'idrogeno si è trasformato in elio. Questo, a sua volta, può trasformarsi, attraverso altri processi di fusione termonucleare, in carbonio e ossigeno, elementi dotati di un maggiore peso atomico. Ma le reazioni termonucleari capaci di questa nuova trasformazione richiedono, per innescarsi, temperature dell'ordine dei 100 milioni di gradi. Queste possono essere raggiunte attraverso la contrazione gravitazionale: tutto dipende dalla massa, che anche stavolta sarà decisiva per il passo successivo. Stelle con massa compresa tra 0,2 e 0,5 M ~ Per quel che riguarda le stelle con masse tra le 0,2 e le 0,5 M ~, la contrazione non riesce ad innalzare la temperatura fino ai fatidici 100 milioni di gradi. La stella diventa sì gigante rossa, ma una volta bruciato il guscio di idrogeno che circonda il nucleo di elio, le reazioni termonucleari si estinguono per sempre, e la stella collassa in una configurazione estremamente densa chiamata nana bianca. Si chiama nana bianca un corpo celeste nel quale la materia, non più sostenuta dalla produzione di energia nucleare, precipita su se stessa raggiungendo densità abnormi rispetto agli standard fisici riproducibili sulla Terra. Lo stato in cui si trova la materia a queste densità non è più paragonabile a nessuno dei tre che conosciamo per esperienza diretta: non è più né gassoso, né liquido, né solido, si dice che è allo stato "degenere", e gode di proprietà particolari, sulle quali non è il caso qui di soffermarci, se non per precisare che, non emettendo la materia degenere energia luminosa, qualunque ne sia la temperatura, l'aggettivo "bianche" va riferito soltanto al guscio di materia non degenere che circonda l'astro, guscio che, raggiungendo temperature estremamente elevate, è talmente luminoso da rendere visibile, alla distanza di diversi anni luce, la compagna di Sirio, malgrado lo splendore di Sirio stessa, e malgrado le sue dimensioni non superino quelle di un pianeta di tipo terrestre Stelle di tipo solare ( massa compresa tra 0,5 e 3 M ~) Per le masse tra 0,5 e 3 M. S., la situazione di partenza è quella solita di un nucleo di elio circondato da idrogeno che brucia sostenendo l'involucro esterno. Ma in questo caso la pressione degli stati sovrastanti il nucleo è sufficiente raggiungere temperature dell’ordine dei 100 milioni di gradi, necessarie per causare l’accensione dell’elio che inizierà a trasformarsi in carbonio. In stelle di questo tipo l’accensione dell’elio avviene in maniera esplosiva determinando il cosiddetto “flash dell’elio”. Come immediata conseguenza di questa fase la stella è soggetta a elevata instabilità dinamica (pulsi termici) che la porta ad espellere l’inviluppo più esterno, 30 dando così origine alla formazione di una nebulosa planetaria, al centro della quale rimane ben identificabile la nana bianca dalla quale ha avuto origine (Fig. 21). Fig. 21 – NGC 2793 o Nebulosa Helix si trova nella costellazione dell’Acquario ed è uno degli esempi più spettacolari di nebulosa planetaria. L’inviluppo espulso nella fase di gigante rossa è distribuito intorno alla nana bianca ben visibile al centro dell’oggetto. Essendo la massa della stella non eccessiva, la stella continuerà a bruciare elio ancora per qualche centinaio di milioni di anni (si tenga presente che questa stima è valida per dimensioni e massa di taglia solare:i tempi cambiano notevolmente per stelle di massa diversa, pur nell’intervallo considerato compreso tra 0,5 e 3 M ~). Finito anche l’elio, resta nel nucleo centrale il suo prodotto e cioè il carbonio. Ma poiché la massa e relativamente ridotta, la forza di gravità non riesce a comprimere la stella in modo tale da aumentare la temperatura del nucleo a livelli ancora più elevati e non si innescano nuove reazioni nucleari. La forza di gravità allora diventa di nuovo padrona e comprime la stella fino a farle raggiungere densità elevatissime e facendo salire comunque la temperatura: in questo modo la stella diventa molto piccola ed assume una colorazione bianco acceso. La densità di queste stella raggiunge valori 40.000 volte maggiori di qualunque metallo sulla Terra: si è appena formata una nana bianca che, non potendosi contrarre ulteriormente, continua ad emettere radiazioni finché rimane calda, dissipando lentamente nello spazio la sua energia residua: per questo motivo le nane 31 bianche cono state ironicamente battezzate “cadaveri ancora caldi”. Così anche per loro arriverà il momento in cui la temperatura superficiale incomincerà a diminuire, e alla fine si arrossano e si spengono. Ma questo avviene dopo molto tempo: si è infatti calcolato che le nane bianche più massicce arrivano a spegnersi dopo 2.000 miliardi di anni mentre quelle meno massicce possono forse anche raddoppiare tale tempo. Dato che l’universo ha avuto origine circa 13,7 miliardi di anni fa, nane bianche che si fossero formate nelle prima fasi di vita dell’universo non solo non si sono ancora estinte ma si possono considerare addirittura nella loro prima giovinezza. Raffreddandosi lentamente ed inesorabilmente la nana bianca è destinata a diventare una nana nera. In Fig. 22, il percorso che una stella di tipo solare compie attraverso il Diagramma H-R dal momento in cui lascia la sequenza principale, attraversando nella sua evoluzione tutte le fasi appena descritte fino a diventare una nana bianca. Figura 22: Evoluzione di una stella simile al Sole. Il percorso nel diagramma H-R è quello appena descritto nel teso. Interessante sulla destra la visualizzazione del nucleo della stella in corrispondenza delle relative fasi evolutive. 32 Stelle con massa compresa tra 3 e 9 M ~ Una stella di massa compresa tra 3 ed 8 M ~ evolve in modo simile, anche se l'elio viene acceso nel nucleo non degenere, e quindi senza causare flash.. Di nuovo l'accensione dell'elio causa l'espansione del nucleo e la contrazione dell'inviluppo, e la stella si porta a temperature più alte. Dopo un riassestamento si formano uno strato di idrogeno ed un nucleo di elio in combustione. Successivamente la stella evolve in modo analogo alle stelle di massa minore: il nucleo di carbonio ed ossigeno si contrae e diventa degenere, l'inviluppo si espande finché la stella diventa una gigante rossa, attorno al nucleo si formano due strati, di idrogeno ed elio, in combustione, i quali danno origine ai pulsi termici, generando infine il forte vento stellare che causa l'espulsione dell'intero inviluppo sotto forma di nebulosa planetaria al centro della quale rimane la nana bianca. Stelle con massa superiore a 9 M ~: Supergiganti Rosse e Supernovae Quando ci sono in gioco masse così enormi, le cose vanno invece molto diversamente. In maniera molto semplice si può dire che una stella con massa maggiore di 9 M ~ riesce ad accendere il carbonio e a formare elementi più pesanti (neon, ossigeno e silicio). L’inizio di un nuovo bruciamento causa, ogni volta, l’espansione del nucleo e la contrazione dell’inviluppo, mentre, ogni volta che un bruciamento termina, il nucleo si contrae e l’inviluppo si espande in modo incontrollabile, fino a diventare una supergigante rossa, caratterizzata da un diametro pari a quello di tutto il Sistema Solare. In questo modo la stella si muove avanti e indietro nel diagramma H-R , mentre il suo nucleo viene circondato dagli strati di combustione degli elementi precedenti, formando una struttura “a cipolla” nella quale gli strati interni bruciano gli elementi più pesanti della tavola periodica, mentre gli strati più esterni bruciano gli elementi più leggeri (Fig. 23). In pratica in stelle così massicce ogni volta che finisce la combustione di un elemento nel nucleo, la pressione degli strati esterni è sempre più che sufficiente ad innescare un nuovo bruciamento del nucleo che inizia così a produrre l’elemento successivo più pesante. Il tutto attraverso il processo della fusione nucleare nel quale una parte di materia si trasforma nell’energia necessaria a sostenere la stella dall’interno verso l’esterno. Si produce così all’interno della stella la già citata struttura “a cipolla” con gusci formati (dal più esterno al più interno) da idrogeno, elio, carbonio, neon, ossigeno e silicio. Quando anche il silicio brucia, si forma al centro della stella un nucleo di ferro. Il ferro è però l’elemento con il più alto Fig. 23 – Struttura interna “a cipolla” valore di energia di legame e la fusione di una stella massiccia evoluta dei suoi atomi assorbe energia anziché 33 produrla come è avvenuto finora. La catena di reazioni nucleari pertanto si interrompe. Le supergiganti rosse sono stelle aventi un “core” ferroso la cui temperatura interna può raggiungere 1 miliardo di gradi! Il problema è che – nonostante questa temperatura, non vi è più emissione di energia nucleare, e quindi la stabilità della stella è sempre più compromessa perché manca un contrasto alla gravità. In una stella di questo tipo la densità raggiunge un miliardo di grammi per centimetro cubo: un cucchiaino di materia peserebbe sulla terra 1 miliardo di tonnellate! Quando il nucleo diviene stracolmo di atomi di ferro, le stella non regge più alla enorme pressione della gravità. La radiazione elettromagnetica nelle zone centrali diviene estremamente energetica al punto da riuscire a disintegrare i nuclei di ferro e di nichel: praticamente il nucleo centrale di ferro viene disintegrato e tutta la materia che compone la stella collassa verso il centro, causando la distruzione della stella stessa con la terrificante esplosione nota con il nome di supernova, gettando nello spazio tutto quello che aveva creato, compresi gli atomi più pesanti. Figura 24: Evoluzione di stelle massicce sul diagramma H-R. La capacità della stella di creare elementi a questo punto ha un nuovo impulso perché se nel suo core non ha avuto la possibilità di produrre elementi più pesanti del ferro come l’oro, l’argento, l’uranio, ecc., l’immane temperatura originata dall’esplosione è in grado di dar vita a un complesso procedimento chimico in grado di generare anche gli atomo di oro e dei restanti elementi più pesanti della tavola periodica. I materiali espulsi nella fase di supernova creano anche in questo caso una nebulosa che si espande in maniera turbolenta intorno al residuo dell’esplosione. 34 Il residuo dell’esplosione di una supernova Stelle a Neutroni (Pulsar) L’esplosione di una supernova è talmente violenta da distruggere tutta la stella, nocciolo centrale ed inviluppo. Le caratteristiche dell’oggetto che si crea come residuo dell’evento, dipendono ancora una volta dalla massa in gioco. Se la massa del residuo (non quella della stella di partenza!) è compresa tra 1,4 e 3,4 M ~, si forma quella che viene detta stella a neutroni o pulsar, caratterizzata da enormi densità e campo gravitazionale. In questo oggetto densissimo, gli atomi non esistono più in quanto tali ma si frantumano, in modo che protoni ed elettroni si scontrano con grande energia formando i neutroni che compongono praticamente tutta la stella. Le stelle a neutroni (o pulsar) ruotano velocemente su se stesse emettendo due potenti fasci di onde radio in direzioni opposte lungo l’asse del campo magnetico, che non coincide però con l’asse di rotazione (Fig. 25). Fig. 25 Rappresentazione schematica di una pulsar e del meccanismo che genera il cosiddetto “effetto faro”. L’emissione delle onde radio avviene lungo l’asse del campo magnetico che ha una inclinazione diversa rispetto all’asse di rotazione della pulsar. Se un osservatore si trova casualmente nella direzione di un cono dei coni vede pertanto un “lampo” di emissione ogni volta che la stella a neutroni compie un giro su se stessa. Se uno dei due fasci è casualmente orientato verso la Terra, siamo allora in grado di osservare gli impulsi emessi dalla pulsar sotto forma di onde elettromagnetiche. Le pulsar ruotano velocissime, tanto da compiere anche 30 rotazioni al secondo ed hanno dimensioni estremamente ridotte, dell’ordine di poche decine di chilometri (Fig. 26). 35 Fig. 26 – Schema del nucleo di una stella a neutroni o pulsar. Si noti che la massa di 1,5 M ~ è concentrata in una stella di soli 2° Km di diametro! Pur essendo molto rari, gli eventi di supernova sono stati osservati in epoche storiche nella Galassia. Il più noto è quello relativo alla supernova del 1054, registrata negli annali cinesi: oggi al suo posto c’è la celeberrima nebulosa del Granchio (o Crab Nebula – Fig. 27) al centro della quale, come residuo, è rimasta una piccolissima stella che varia la sua luminosità con precisione cronometrica: è una pulsar o stella a neutroni. Fig. 27 – La Nebulosa del Granchio (o Crab Nebula) resto dell’esplosione della supernova del 1054 36 Grazie alle favorevoli condizioni geometriche (uno dei due coni di emissione è ovviamente orientato verso la Terra) ci è possibile osservare la rapidissima variazione di luminosità della pulsar che originò la Nebulosa del Granchio, come mostrato in Fig. 28. Fig. 28 – Il rettangolo tracciato sulla Nebulosa del Granchio evidenzia una coppia di stelline: quella più a destra è la pulsar. La sequenza riportata a lato (da leggersi dall’alto verso il basso) riesce ad evidenziare le variazioni di luminosità della pulsar millisecondo per millisecondo. La stella a neutroni della Crab Nebula compie infatti una rotazione su se stessa ogni 33,367 millisecondi! Fig. 29 – Immagine ad alta risoluzione (ripresa dalla sonda Chandra) della stella a neutroni all’interno della Crab Nebula: sono addirittura visibili i coni di emissione delle onde radio lungo l’asse magnetico della pulsar 37 Buchi Neri Il collasso e l’esplosione di una supernova non formano sempre una stella a neutroni: è stato calcolato che una pulsar non può avere una massa superiore a 3,4 M ~. Naturalmente la stella originaria ha una massa ben superiore, ma in seguito all’evento di supernova gran parte della stella viene proiettata nello spazio a formare la nebulosa e non contribuisce a formare l’oggetto centrale. Ma se il materiale che collassa ha una massa superiore a 3,4 M ~, il collasso non si arresterà neppure di fronte alla enorme densità della pulsar, e la stella tenderà a ridursi teoricamente a un punto generando un oggetto caratterizzato da una inimmaginabile concentrazione di massa in pochissimo spazio, la cui forza di gravità è talmente elevata da non permettere neppure alla luce di uscirne. Per chiarire questo concetto basti pensare che se noi volessimo uscire dall’orbita della Terra per sfuggire al suo campo gravitazionale dovremmo raggiungere la velocità di 11,2 chilometri al secondo: questa è la cosiddetta velocità di fuga per il nostro pianeta. Per vincere la forza di gravità di Giove, servirà una velocità di fuga più elevata, in funzione della maggiore massa del pianeta. Il buco nero è un oggetto con una forza di gravità così elevata, che la velocità di fuga necessaria per sfuggirgli è superiore a 300.000 chilometri al secondo, ovvero la velocità della luce. In poche parole, la luce emessa dal buco nero non riesce ad andare nello spazio circostante e ricade sul buco nero stesso. Un corpo celeste con questa proprietà risulterebbe invisibile e la sua presenza potrebbe essere rilevata solo indirettamente, tramite gli effetti del suo intenso campo gravitazionale. Fino ad oggi sono state raccolte numerose osservazioni astrofisiche che possono essere interpretate (come fenomenologia indiretta, anche se non univocamente) come indicazioni dell'effettiva esistenza di buchi neri nell'Universo, specie al centro dei nuclei galattici. ********************************************* In appendice è riportata una interessante tabella che evidenzia i range caratteristici di raggio (R), luminosità (L) e temperatura (T) per stelle di sequenza principale (MS), giganti (G) e supergiganti (SG). 38