SCHEDE DI PROCESSO 1) SCHEDA DI COLTIVAZIONE PER VARIETA’ NUOVE O RECUPERATE A conclusione della prima annualità del progetto dimostrativo, la concertazione avvenuta tra i docenti intervenuti e le aziende partecipanti, ha scaturito un vivace confronto sulle tematiche riguardanti l’intero settore orticolo. A questo riguardo sono state individuate alcune tra le principali cultivar che storicamente sono state coltivate nella Val di Vara. Cipolla di Pignona Fagiolana di Torza Cavolo nero della Val di Vara Borlotto di Mangia Fagiolo Cenerino Per la descrizione delle cultivar si rimanda alla scheda di prodotto. 2) SCHEDA TECNICA SULLA DIFESA FITOSANITARIA I punti critici dell’orticoltura biologica risultano ancora oggi essere: - la mancanza di una preparazione adeguata - la complessità delle rotazioni - il contenimento delle infestanti a bassi costi La prima considerazione da fare è se vengano seguite o no le buone pratiche di conduzione agronomica delle nostre ortive. Infatti in casi contrari come in quello di eccesivi apporti azotati, le prime conseguenze riscontrabili risultano essere: - allungamento del ciclo vegetativo - ritardo nella fioritura e nella conseguente fruttificazione e maturazione - linfa troppo ricca - tessuti troppo molli, QUINDI facilmente VULNERABILI! Al contrario buone dosi ammendanti come quelle disponibili in Alta Val di Vara caratterizzate da letame maturo e compost da materiale vegetale, ben miscelati con concimazioni e sovesci a base di leguminose risultano essere un ottimo punto di partenza nella realizzazione di ottimali impianti orticoli. In agricoltura biologica si privilegia il mantenimento della sostanza organica presente nel suolo per il suo effetto positivo sulle colture; si ricorda a tale riguardo che il ruolo della sostanza organica non è quello di nutrizione diretta della pianta proprio di un concime, ma piuttosto quello di un ammendante. A tal proposito risultano quindi inadeguati le restituzioni di macroelementi, che vengono sostituiti da rotazioni pluriennali che determinano ideali bilanci umici. Entrando nel merito di una corretta e consapevole difesa fitosanitaria dei prodotti orticoli, i punti critici evidenziati nella casistica generale sono: - Tempestività dei trattamenti Presenza di ditteri Azione dei nottuidi delle Crocifere. Nel corso della fase di studio dell’esempio Alta Val di Vara, si sono evidenziate peculiarità climatiche affatto favorevoli a situazioni di dilaganti insorgenze fitosanitarie, generalmente controllabili al di sotto della soglia di intervento economica. Il ricorso ai dettami dell’agricoltura biologica, con considerazioni preventive sulle corrette rotazioni e sulla non spinta all’intensificazione del nr°piante / fila, ben si integrano a queste zone, dove la difesa può essere svolta ancora tramite operatori, soprattutto mano d’opera familiare, determinando un sinergismo ottimale per la buona riuscita dei prodotti. Gli apporti esterni tramite i tradizionali prodotti preventivi , es. rame, risultano minimi, e vengono prevalentemente integrati con rimedi locali quali “il macerato fermentato di ortica” e il “Tanaceto”. Il macerato fermentato di ortica è un prodotto di origine naturale ottenuto con 1 Kg di pianta fresca, macerata in 10 l. di acqua; può essere spruzzato tal quale sui germogli e sulle foglie per contrastare gli attacchi degli afidi, oppure se diluito serve per irrobustire le piante. Le ortiche utilizzate sono nella fattispecie, Urtica dioica e Urtica urens. La raccolta deve essere effettuata prima della fioritura; i motivi che hanno determinato la scelta di tali piante sono da ricercare nella composizione stessa rappresentata da: - Tannini Ferro Vitamine Ac. Formico Il Tanaceto detto anche “Erba dei vermi”, è una pianta vermifuga che ad alte dosi risulta tossica anche per l’uomo. Si impiega sia come estratto acquoso, sia come decotto, infuso e macerato. Particolarmente adatto contro formiche ed afidi, e a causa del suo forte odore, valido repellente per cavolaie, mosca della carota e carpocapsa; la forma acquosa è particolarmente efficace contro ruggini, oidio e malattie batteriche di patate e pomodori. L’estratto acquoso si ottiene macerando per 3 gg. 30 g. di fiori essiccati in 1 l. d’acqua. Decotto, infuso e macerato si ottengono a concentrazioni maggiori. SCHEDE DI PRODOTTO 1-2) SCHEDA DESCRITTIVA DI PRODOTTO - CARATTERIZZAZIONE SPECIFICA DI PRODOTTO Cipolla di Pignona Zona di produzione: Pignona (Sesta Godano) La cipolla ha limitate esigenze nutritive , per cui l’ideale è l’utilizzo di letame maturo alternato l’anno seguente con compost. La cipolla di Pignona si riproduce in semenzaio, facendo radicare le piantine. Queste poi vengono diradate e disposte nei solchi a distanza di 10-12 cm. Sarebbe opportuno consociare la cipolla alla carota, poiché l’odore della carota disturba la mosca della cipolla , l’odore della cipolla allontana la mosca della carota. Il diserbo viene effettuato meccanicamente. Nella fase iniziale della semina, al fine di consentire alle piantine giovani di prendere vigore e non soffocare , si consiglia una finta semina, con successiva distruzione dei germogli delle infestanti. La cipolla di Pignona si presenta tozza, tondeggiante e leggermente schiacciata.Lo sviluppo è elevato, tant’è che ogni pezzo può raggiungere anche gli 800 gr. Il colore è tipico, rosa con sfumature arancio. Il sapore è dolce e molto delicato, per cui può essere consumata anche cruda. L’odore non è troppo persistente. Fagiolana di Torza Tipico della zona prossima al torrente Torza è coltivata nell’intero territorio di Maissana. Legume dal caratteristico color bianco, presenta baccello carnoso, contenente semi dall’aspetto appiattito, di lunghezza attorno ai 2 cm. Le peculiari caratteristiche gustative, delicate e sapide, ne fanno un ingrediente indispensabile nella locale preparazione dello stoccafisso. Ottimo come fonte proteica, storicamente ha rappresentato un valido elemento di razione proteica nei lunghi inverni della Val di Vara. Cavolo nero della Val di Vara Pianta che può raggiungere notevoli dimensioni, è costituita da foglie arricciate di colore verde molto scuro. Si differenzia dalla varietà presente nella vicina Toscana in quanto le foglie appaiono a forma allargata affatto lanceolata. Nella nostra regione è coltivato abbondantemente negli orti familiari, ed in particolare in Val di Vara, dove ben si armonizza con il clima rigido invernale della zona. Sono proprio le basse temperature accompagnate alle frequenti gelate notturne, a determinare la tipica croccantezza delle sue foglie. Borlotto di Mangia Fagiolo dall’andamento rampicante, molto produttivo con elevata resistenza alle basse temperature e all’umidità; da sempre coltivato lungo il torrente mangia. La tradizione nella coltivazione di questo legume risulta diffusa al punto tale da indurre i consumatori a mantenere un rapporto fiduciario con gli agricoltori, sino ad arrivare a prenotarne il prezioso raccolto. Fagiolo Cenerino Cultivar tipica dell’entroterra spezzino, ha trovato ampio spazio nelle coltivazioni storiche della Val di Vara. Fagiolo ad andamento rampicante, è caratterizzato da un baccello piatto con forma allungata di circa 1520cm. Il seme racchiuso all’interno di circa 1 cm, manifesta un tipico color cenerino, da cui prende nome dialettale di “Cenerin”. La coltivazione di questo fagiolo si effettua in appositi solchi, evitando così inadeguati ristagni idrici. Una corretta epoca di semina viene effettuata dalle ultime settimane di Aprile, a tutto il mese di Giugno. Il ricorso alla semina tardiva, tradizionalmente dopo la festività di San Giovanni (25 Giugno), è da consigliarsi per proteggere il fagiolo da eventuali attacchi di pidocchi; tale pratica risulta un rimedio ottimale nell’ottica biologica di questa coltivazione, qualora si intenda conservare il prodotto per il consumo invernale. Quando le piante hanno raggiunto l’altezza di 25 cm, è cura dell’operatore utilizzare pali-tutori, quali sostegno per un corretto sviluppo apicale della stessa. In prossimità del termine del ciclo produttivo, la pianta può aver raggiunto un altezza pari a 2,5 m. La raccolta dei baccelli può avvenire quando ancora verdi, oppure dopo opportuna essiccazione sulla pianta stessa (fine Agosto). SCHEDE DI SISTEMA 1) INDAGINE STORICA L'Alta Val di Vara è un territorio a vocazione agricola. La pratica dell'agricoltura fu avviata dai Fieschi già alla fine del XII secolo e, nel '200, un tale, Menaloche vi introdusse il castagno, che nei secoli successivi, si diffuse fino a soppiantare il cerro. Fu il castagno a caratterizzare il paesaggio e la cultura locale e a dare impulso all'edificazione di numerosi mulini per la macina delle castagne, oltre che dei cereali. Dei mulini si hanno testimonianze antiche: dei due di Varese - uno sul fiume Vara, uno sul Crovana - si hanno notizie già dal 1468; uno sul Vara, a Comuneglia, risulta già esistente nel 1509. Nei documenti di inizio '500 compaiono anche quelli di Rocchetta (sul rio San Biagio), Torricella, Zanega, Cassego, Chinela, Valle, Donegato, Taglieto, Trenzanasca, Caranza, Porciorasco, San Pietro, Montale, oltre ai due di Scurtabò e al mulino sul Taro. Nel 1603 gli uomini di Salino ne costruirono uno proprio. Accanto ai castagni trovano posto le grandi faggete del Penna, di Pessino e del Monte Gottero, che per secoli fornirono il legno necessario a costruire i remi per le galee genovesi. Molte erano le coltivazioni di canapa, dislocate su tutto il territorio, soprattutto alle spalle di Varese (a Taglieto, Chinela, Valle, Valletti, Donegato, Comuneglia, San Pietro, Torricella, Cavizzano, Zanega, Scioverana, Cassego e Scurtabò). Quasi ogni famiglia disponeva di appezzamenti di terreno che coltivava direttamente. Un esempio particolare di azienda agricola è quella dei De Paoli di Porciorasco. La famiglia, ritenuta originaria della Corsica, fiorì dapprima nella zona di Comuneglia, quindi a Porciorasco; proprietaria di estesi fondi agricoli, nel XVIII secolo vi edificò una villa che divenne sede dell'operosa attività familiare. Oltre alla produzione agricola, al suo interno coesistevano la bottega del fabbro, quelle del calzolaio e del falegname, il frantoio, il laboratorio di orologeria; vi si allevavano anche i bozzoli e la seta veniva filata e tessuta. I De Paoli non trascurarono di dotare la villa di una ricca biblioteca e, in ossequio alla cultura classica, scelsero come motto familiare un verso del poeta latino Orazio, che troviamo ancora inciso sul portale a spiegare il senso di tanta laboriosità: Parta labore quies iterum paritura laborem (il benessere scaturito dalla fatica genera nuova attività). La documentazione storica fin dal Medio Evo offre l'immagine di un mondo rurale vivace e dinamico, aperto ai contatti esterni, in cui si muovono piccoli proprietari terrieri e soprattutto artigiani e commercianti. Un posto di rilievo occupavano i fabbri, i falegnami e, soprattutto, i calzolai. Il territorio varesino è caratterizzato da una scarsa densità di popolazione, dovuta soprattutto all'esodo degli abitanti verso la costa, fenomeno che peraltro ha colpito l'intera Val di Vara e le altre zone montane della Liguria. La povertà dei terreni e la conseguente ricerca di una più adeguata sistemazione economica e sociale da parte degli abitanti non ha trovato altro sbocco al di fuori dell'emigrazione: la dinamica dell'andamento demografico registra, da oltre un secolo, la tendenza ad un costante spopolamento, soprattutto delle frazioni. Un flusso interno porta ai centri maggiori, Varese Ligure e San Pietro Vara, che tendono a mantenere il loro peso demografico nonostante la diminuzione degli abitanti in valore assoluto. Il depauperamento delle risorse umane è dunque stato intenso e di lunga durata. Nell'ambito della Comunità Montana dell'Alta Val di Vara si registrano, nel decennio 1981 - 1991, tassi di attività estremamente bassi (28,8% medio) e tassi di inoccupazione piuttosto elevati. Gli attivi sono calati in media del 28,4%; i posti di lavoro non agricoli sono cresciuti del 17,8%. Il 50% dei residenti occupa posti di lavoro all'esterno dell'area; questo dato è correlato con un pendolarismo assai più consistente (19,3%). Nell'ambito della Comunità Montana l'occupazione industriale assorbe circa un terzo degli attivi totali, con un minimo del 21,3% a Varese Ligure, dove i giovani occupati raggiungono il 25,3%; il lavoro autonomo mantiene la consistenza dell'84,1% in rapporto a quello dipendente. Tra i dipendenti, le qualifiche impiegatizie risultano inferiori a quelle operaie. La tendenza occupazionale nel settore del terziario è legata soprattutto al fenomeno del turismo, attirato dal suggestivo ambiente naturale e dai caratteristici centri storici. Oltre al turismo stagionale, richiamato dalla presenza di seconde case e di strutture ricettive, è presente anche un flusso di visitatori articolato su gite di fine settimana, con un notevole numero di presenze specie nei giorni festivi. Chi ha dovuto lasciare la Valle per trovare un lavoro sicuro in città, a La Spezia, Genova o nei centri della costa, nel periodo estivo ama tornare al paese di origine: ed ecco che per qualche mese le frazioni si ripopolano e la vita in esse torna a pulsare, fino all'autunno. Negli ultimi anni si sono progressivamente consolidate alcune iniziative economiche legate alle produzioni locali, si è registrato un crescente sviluppo dell'agriturismo e della cooperazione contadina, che ha trovato un valido appoggio nelle associazioni di categoria sensibili al recupero ed alla promozione di un’agricoltura di qualità che privilegia il recupero delle antiche coltivazioni. 2) ANALISI TERRITORIALE / ANALISI GEOGRAFICA DEL TERRITORIO Chi tracciasse una retta che congiungesse il Monte Gottero ad est col Monte Porcile ad ovest avrebbe individuato, grosso modo, il limite meridionale dell'alto bacino del fiume Vara in provincia di La Spezia. Quello settentrionale è costituito da un ampio arco che, procedendo da ovest verso est, tocca le quote più elevate del Monte Zatta, del Ventarola, dello Zuccone, del Monte Scassella. Un arco di oltre trenta chilometri di montagne dal quale hanno origine, oltre il Vara dalle pendici orientali del Monte Zatta, numerosi suoi affluenti tra i quali lo Scagliana, il Chilinella, il Corvana e lo Stora che nella loro parte iniziale prendono spesso il nome locale di "canale". Questo "ventaglio di valli e vallicole accoglie piccoli e numerosi agglomerati siti a varia altezza i quali vivono di seminativi, pascoli e boschi" (Merlo, 1961). L'alta Val di Vara è compresa amministrativamente nei comuni di Varese Ligure e Maissana a nord, Sesta Godano e Rocchetta di Vara a sud Varese Ligure costituisce anche il limite settentrionale della provincia di La Spezia limite che, però, si sposta più a settentrione dell'arco di montagne predetto andando a finire sul fiume Taro che rappresenta, perciò, il confine di provincia tra La Spezia e Parma. Compatibilmente con i dati reperibili, riportiamo di seguito analisi storico territoriale sulla ripartizione del patrimonio boschivo. Carta topografica sabauda del 1854: BOSCO 57% COLTIVO 21% GERBIDO 22% Catasto agrario del 1929: BOSCO 56% COLTIVO 12% GERBIDO 32% Inventario boschi di Varese 1824: FAGGIO alto fusto 22% BOSCO MISTO ceduo ed alto fusto 10% CASTAGNO ceduo 67% CASTAGNETO DA FRUTTO 1% Carta forestale. 1938: FAGGIO ceduo 22% BOSCO MISTO ceduo 17% CASTAGNO ceduo 6% CASTAGNETO DA FRUTTO 55% Carta forestale dell'alta Val di Vara del 1993: FAGGIO (ceduo) 14% BOSCO MISTO (ceduo) 62% CASTAGNO (ceduo) 15% CERRO (ceduo) 5% RIMBOSCHIMENTI 3% 3) ANALISI DI IMPATTO AMBIENTALE e/o SALUTE UMANA Tali considerazioni, alla luce di quanto detto precedentemente, risultano affatto in contrasto con un corretto e responsabile sviluppo della valle; un tale sviluppo dell’attività agricola appare in realtà come una tra le migliori opportunità per gli abitanti del luogo, nel creare reddito non snaturando l’identità storico paesaggistica di questi luoghi. La valorizzazione del comparto agricolo locale è un processo già avviato dagli agricoltori e dalle associazioni operanti, che sta arrecando buoni risultati ed evidenzia potenzialità ancora inespresse. E’ in quest’ottica che il progetto vuole divenire parte integrante di questo sviluppo che risulta sostenibile sia per gli operatori coinvolti, gli agricoltori, sia per l’ambiente stesso. La vocazione della valle è tale da consentire produzioni di tipo biologico, con interventi minimi da parte dell’agricoltore, tenuto ad osservare le buone norme di pratica agricola, per lavorazione dei terreni e preparazione del letto di semina, ricorrendo assai raramente ad utilizzi di prodotti chimici di sintesi. 4) ANALISI DI FATTIBILITA’ SU DIVERSIFICAZIONE e/o RICONVERSIONE DI ATTIVITA’ AGRICOLE Ad oggi la maggior parte delle aziende presenti nella valle sono orientate a produzioni zootecniche, con prevalenza verso l’allevamento bovino, quindi ovino-caprino , in ultimo animali di bassa corte. Diversamente risultano poco rappresentate le aziende che ricavano il proprio reddito prevalentemente dalle coltivazioni orticole. Le cause sono molteplici: le superfici aziendali sono prevalentemente dedicate all’allevamento , competitività scarsa dovuta alle temperature più rigide rispetto ad altre zone della provincia, il che riduce la produzione di orticole in pieno campo a pochi mesi l’anno, produttività più contenuta rispetto a quanti utilizzano cultivar commerciali, che meglio si collocano in realtà dedite all’intensivizzazione, e dunque difficoltà di introduzione nei mercati dove i prodotti agricoli locali risultano poco competitivi sotto un’ ottica di mero prezzo. La fattibilità è da ricercarsi in un contesto di diversificazione aziendale, che risulta essere di semplice attuazione data la prevalenza di aziende zootecniche presenti, a loro volta produttrici di letame reimpiegabile per queste colture; l’operazione più importante in questa fase, però, risulta essere il recupero di varietà tipiche, locali, dunque ben adattate alla coltivazione in valle, che si distinguano per qualità organolettiche e processo produttivo (certificazioni di qualità, origine…), che proprio per la loro tipicità possano essere veicolate verso canali privilegiati di vendita e quindi non in competizione con prodotti provenienti da cultivar “commerciali” meno vocate in qualità. 5) INDAGINI DI MERCATO Il discreto sviluppo turistico riscontrato negli ultimi anni in Valle ha determinato una buona affluenza di visitatori nelle aziende. Il dato comunque non può da solo rappresentare una sicurezza nell’economia aziendale. L’attenzione deve essere posta nella creazione di una rete promozionale e commerciale, che si rivolga direttamente al consumatore, evitando quando possibile il ricorso ad intermediari di vendita, meglio conosciuti come gli altri anelli della catena commerciale. La partecipazione a fiere e mercati locali deve essere una risorsa irrinunciabile per questi prodotti, ribaltando dunque il concetto di ingresso dei prodotti aziendali in canali di vendita mediati da commercianti all’ingrosso e/o al dettaglio. La vendita presso terzi dovrà essere ben attenta e affidata principalmente a negozi, consorzi, che ben distinguano le fasi di processo che caratterizzano i prodotti del comparto agroalimentare. La visibilità dei prodotti della Valle dunque passerà anche tramite l’immagine di questi intermediari che andranno a valorizzare e/o a screditare il valore dei nostri prodotti. Compito ulteriore dell’agricoltore sarà dunque selezionare attentamente i propri “collaboratori commerciali”.