Le stelle nella “Commedia”

6
settembre2001
ASTRI
Le stelle nella “Commedia”
Si completa la lettura astronomica del capolavoro dantesco
Nella prima cantica, ambientata
nell’Inferno, Dante utilizza il riferimento alle posizioni degli
astri in cielo (per ovvie ragioni
non nomina mai il sole, simbolo
di vita e di luce) per calcolare il
passare del tempo.
Il poeta latino Virgilio, che gli fa
da guida, lo solleciterà continuamente nel corso delle varie
soste nei diversi cerchi, a non
indugiare, poiché il tempo concesso per visitare il regno delle
tenebre è limitato a 24 ore.
Dice Virgilio:
Già ogne stella cade che saliva
Quand’io mi mossi, e ‘l troppo
star si vieta»
(Inf. VII – 98, 99)
si avviano al tramonto tutte le
stelle che salivano in cielo
quando ti venni incontro; non ci
è permesso attardarci.
L’ora indicata dovrebbe essere
la mezzanotte.
Virgilio si era mosso incontro a
Dante a mezzodì, 12 ore prima,
equivalenti a mezza rotazione
della sfera celeste.
Successivamente Virgilio insiste:
Ma seguimi ormai, che ‘l gir mi
piace;
Che i Pesci guizzan su per
l’orizzonta,
E ‘l Carro tutto sovra ‘l Coro giace,
(Inf. XI – 112, 114)
la costellazione dei Pesci sta salendo ad oriente ed il Gran Carro sta scendendo ad occidente.
La costellazione dei Pesci sorge
per ultima e considerando i
trenta gradi occupati da ciascuna costellazione corrispondenti
a due ore, se ne deduce che
sono circa le quattro del mattino.
Quasi al termine del viaggio:
E già la luna è sotto i nostri piedi;
Lo tempo è poco ormai che n’è
concesso,
(Inf. XXIX – 10, 11)
la Luna è ormai al culmine
dell’emisfero sud; rimane poco
tempo.
Tenendo conto che il cono
dell’Inferno sta sotto Gerusalemme, culmine dell’emisfero nord, e che nella fase di
plenilunio Sole e Luna sono in
opposizione, dire che la Luna è
agli antipodi dell’Inferno, equivale a dire che il Sole splende in
pagina precedente
pieno sull’emisfero nord. Siamo però nel secondo giorno
successivo al plenilunio (che si
verificò nella notte di Giovedì
Santo, quando Dante si smarrì
nella Selva) ed il ritardo giornaliero della Luna sul Sole è di circa 50 minuti; quindi il Sole,
nell’emisfero nord, ha superato
il meridiano da circa 50 minuti.
Sono 50 minuti dopo mezzogiorno di Sabato Santo.
Nella seconda cantica dedicata
al Purgatorio, luogo di espiazione prima della beatitudine eterna, che Dante visita in circa
quattro giorni, oltre ad utilizzare gli astri come orologio Dante
fa ricorso alle varie posizioni
dei corpi celesti anche per descrivere la geografia delle terre
emerse. Secondo la carta geografica della terra allora conosciuta, disegnata da Tolomeo
nel IIº secolo d.C., le terre
emerse si trovano tutte
nell’emisfero nord, dalle Colonne d’Ercole alla valle del Gange, per un’estensione totale di
180º di longitudine ed hanno al
centro il più esteso dei mari interni: il Mediterraneo. Nella
Commedia dantesca Gerusalemme è al centro dell’emisfero nord; agli antipodi, al centro dell’emisfero sud sorge la
montagna del Purgatorio, interamente circondato dalle acque
dell’Oceano.
Uscito
dalla
voragine
dell’Inferno Dante rivede le
stelle, ed ora egli stesso calcola
lo scorrere del tempo.
Già era ‘l sole a l’orizzonte giunto
Lo cui meridian cerchio coverchia
Ierusalèm col suo più alto punto;
E la notte, che opposita a lui cerchia,
Uscia di Gange fuor con le Bilance,
Che le caggion di man quando
soverchia;
(Purg. II – 1, 6)
Già il Sole era sull’orizzonte occidentale dell’emisfero nord,
emisfero che ha Gerusalemme
come punto più alto nel meridiano; la notte sorgeva ad oriente nella costellazione della Bilancia che diventerà invisibile
all’equinozio d’autunno quando
il Sole nel suo girovagare fra le
stelle occuperà quella porzione
di cielo.
Questi versi per dire che nel
Purgatorio, dove si trovano i
due poeti, il sole sta sorgendo; è
l’alba. E nei giorni degli equinozi (periodo in cui è ambientato
il viaggio) quando il sole sorge
sono le 6 e abbiamo 12 ore di
luce e altrettante di buio. Inizia
così, con una rigorosa precisazione dell’ora, il cammino di
Dante e Virgilio nel nuovo regno.
Proseguendo nel viaggio:
A seder ci ponemmo ivi ambedui
Vòlti a levante ond’eravam saliti,
Che suole a riguardar giovare
altrui.
Li occhi prima drizzai ai bassi
liti;
Poscia li alzai al sole, e ammirava
Che da sinistra n’eravam feriti.
(Purg. IV – 52, 57)
nel corso della salita sulla montagna del Purgatorio, Dante e
Virgilio si fermano a guardare
verso levante. Dante si accorge
con meraviglia che il sole lo colpisce da sinistra anziché da destra.
La montagna del Purgatorio si
trova nell’emisfero sud dove alcuni elementi astronomici di riferimento sono invertiti. Dante
considera il guardare verso levante di buon auspicio perché
da questo punto cardinale sorge il sole, simbolicamente identificato con Cristo, luce del
mondo.
Ancora un’indicazione sullo
scorrere del tempo:
E già le quattro ancelle eran del
giorno
Rimase a dietro, e la quinta era
al temo,
Drizzando pur in sù l’ardente
corno,
(Purg. XXII – 118, 120)
erano già passate quattro ore
dal sorgere del sole e la quinta
segnava l’avanzare del giorno.
Rifacendosi alla mitologia classica, Dante immagina le ore
come fanciulle che accompagnano o seguono il carro del
sole; a partire dall’alba quattro
sono già rimaste indietro, la
quinta è al timone del carro e ne
guida il movimento ascendente. Se ne ricava che sono le dieci del mattino, 4 ore dopo la levata.
Nella terza cantica dedicata al
Paradiso, luogo della luce e della beatitudine, che circonda la
terra con le orbite dei pianeti e
culmina con la perfetta immobilità dell’Empireo, la complessità dei passi astronomici aumenta ulteriormente. Non più
l’utilizzo degli astri come misura del tempo, i riferimenti astronomici ora si identificano con
concetti teologici. Diventa
quindi indispensabile coglierne
il vero e più profondo significato.
Il Paradiso inizia così:
Surge ai mortali per diverse foci
La lucerna del mondo; ma da
quella
Che quattro cerchi giugne con
tre croci,
Con miglior corso e con migliore
stella
Esce congiunta, e la mondana
cera
Più a suo modo tempera e suggella.
Fatto avea di là mane e di qua
sera
Tal foce, e quasi tutto era là
bianco
Quello emisperio, e l’altra parte
nera,
(Par. I – 37, 45)
il sole durante l’anno sorge da
diversi punti dell’orizzonte, a
seconda delle stagioni, ma nel
periodo dell’equinozio di primavera quando è congiunto col
segno dell’Ariete, la sua luce ha
migliore influenza sugli uomini.
In tale punto i quattro cerchi
(equatore, eclittica, orizzonte,
coluro degli equinozi), che
sono i riferimenti fondamentali
della sfera celeste, diventano
per Dante il simbolo delle quattro Virtù Cardinali.
Intersecandosi tra loro, formano inoltre tre croci, simbolo per
Dante delle tre Virtù Teologali.
Risulta chiaro, da questa citazione, il profondo rapporto tra
astronomia e costruzione teologica dell’ultima cantica; così
pure i sette pianeti allora conosciuti, la sfera delle stelle fisse
ed il primo mobile, sono visti
come scala ascendente alla Divinità.
(a cura della Società
Astronomica Fiorentina)
MOSTRA
Cento opere
di Ardengo Soffici
Dopo le grandi mostre di Fattori (‘94), Rosai (‘95), De Pisis
(‘96) e i Macchiaioli (‘97), la Galleria Pananti di Firenze
continua la sua opera di sostegno e diffusione dell’arte
italiana dell’800 e ‘900 con l’inaugurazione, il 4 ottobre, di
un’esposizione di Ardengo Soffici (Rignano sull’Arno, 1879
– Vittoria Apuana, 1964). Oltre cento opere provenienti da
collezioni pubbliche e private, numerosi manoscritti e un
ricchissimo carteggio contribuiranno a descriverne
l’avventura artistica e umana.
La mostra è la prima di tale importanza che Firenze riserva a
Soffici ed è dedicata all’editore Enrico Vallecchi, uno dei
personaggi più meritevoli dell’ambiente culturale che ha
dato carattere al nostro tempo, amico fraterno del pittore.
Negli anni Dieci e Venti Firenze era del resto la città delle
riviste e dei caffè letterari in cui si ritrovavano artisti, poeti,
scrittori spalleggiati da un’editoria vivace e colta che seppe
collocarsi come uno tra i riferimenti più seguiti in Italia e in
Europa. Una fase di affermazione del linguaggio moderno
che proprio con Soffici si può visitare traendone nuove
ragioni poetiche e critiche.
Lo svolgimento formale delle ricerche di Soffici potrà
leggersi nei dipinti e nei disegni. A segnare ogni periodo,
dando rilievo di colori e di spazi alle pagine grafiche, dipinti
di scelta significazione (Ner vi, 1903; Mar gh er ite
, 1911; L a
r ou te, 1911; D ecor azion edi B u lcian,o1914; P er a,libr oe
tazza, 1914-15; P aes aggioa Ch iavr is
, 1916) illuminano le
energie plastiche e compositive, il filo conduttore
profondamente umano, la dimensione creativa che fanno di
Soffici uno dei riferimenti maggiori del secolo appena
trascorso.
Nelle opere su carta, disegni monotipi, acquerelli, tempere,
l’intera evoluzione, dal 1901 al 1915, le influenze simboliste
cezanniane, cubiste e futuriste, fino alla ricomposizione
figurativa degli anni Venti e Trenta e all’approfondimento
del paesaggio, dei panorami che rispecchiano l’intima e
assorta meditazione di un artista che non ha mai cessato di
identificare nella realtà, nella verità il ritmo armonico che
lega l’uomo ai valori universali.
Paesaggi, figure, nature morte dal ’20 al ’60, qui esposti,
una tematica mai discosta da profonde necessità espressive,
articolano l’opera di Soffici dove ci si può ritrovare come in
un territorio amorosamente coltivato nel quale spuntano
erbe e fiori che attengono a una spirituale idea di bellezza.
In una sala saranno esposte le opere che il maestro ha
dipinto su spunti religiosi (i cartoni per L’elem os in a
fr an ces can ea per l’affresco Mir acolodi S anF r an ces co
;i
quadri T r as por tofu n ebr e, 1910; L acen adi E m m au,s1941);
in un’altra, la ristretta silloge della ritrattistica familiare
(Mam m aE gle, 1904 – 8; i figli Valeria, Sergio e Laura, la
moglie Maria).
Il curatore dell’esposizione, Luigi Cavallo, cui è affidato
l’archivio Soffici dall’anno della scomparsa del maestro, darà
quindi una disposizione riunita parzialmente per soggetti;
nel testo che fa da introduzione al catalogo è posta
attenzione ai rapporti Soffici-Rosai per ricostruire
un’irripetibile stagione di scoperte, di amicizie, di
polemiche.
Palazzo Ridolfi, via Maggio 16
Orario: 10–19 da martedì a domenica
Ingresso: L. 10.000
Comitive (minimo 12 persone): Lit. 5.000
Tel. 055244931Fax 055245849
E-mail: [email protected]
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