Nefrologia / Rassegna Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 18 n. 5, 2001/pp. 510-523 Glomerulosclerosi focale segmentaria G. Fuiano, F. Marino, G. Natale, F. Cantiello, D. Mancuso Cattedra di Nefrologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Catanzaro Focal segmental glomerulosclerosis The term “focal segmental glomerulosclerosis” FSGS indicates a relatively non-specific histologic change. It can occur as a primary disease or of secondary to other pathologies. Primary focal segmental glomerulosclerosis is usually characterized by nephrotic syndrome; it is more frequent in children and adolescents, but the incidence is increasing in adults. Secondary FSGS include glomerular changes due to healing of other focal injuries, nephron loss as a consequence of several chronic renal diseases, intraglomerular hypertension (as in diabetes mellitus) and obesity. Despite the differences in etiology and clinical presentation, primary and secondary FSGS share the primary lesion: the visceral epithelial cell injury. Diagnosis of FSGS can sometimes be missed because of sampling error due to the focal nature of the lesions. This error, however, can be minimized by adequate number of serial section analyses. Nevertheless, it is thought that in most cases primary FSGS is etiologically related to minimal change disease. Although a familial form of FSGS has been described, the majority of cases of FSGS are idiopathic. The therapy of primary FSGS is controversial. Treatment with prednisone (0.5-2 mg/kg/day) for at least six months should be considered the basis of therapy. Cyclosporine A is also beneficial in inducing remission, despite a high rate of relapse after tapering or discontinuing the drug. Cytotoxic drugs, such as cyclophosphamide and chlorambucil, should be considered only as a second-choice therapy. Other drugs, such as tacrolimus, mycophenolate, or non-pharmacological approaches, such as plasmapheresis and protein imunoadsorption are still under evaluation. The latter could be considered for the treatment of post-transplant recurrence. (Giorn It Nefrol 2001; 18: 510-23) KEY WORDS: Glomerulosclerosis, Segmental fibrosis, Nephrotic syndrome, Prednisone, Cyclosporine A, Cytotoxic drugs PAROLE CHIAVE: Glomerulosclerosi, Fibrosi segmentale, Sindrome nefrosica, Prednisone, Ciclosporina A, Farmaci citotossici La glomerulosclerosi focale segmentaria (GSFS) oltre ad essere tuttora una delle cause più frequenti di sindrome nefrosica nel bambino, è in costante aumento. Oltre 25 anni fa J.S. Cameron scriveva che “…uno dei modi più facili per scatenare una controversia tra patologi renali è quello di promuovere una discussione sulla glomerulosclerosi focale segmentaria…”. Attualmente, la situazione non è molto diversa, perché, nonostante numerose acquisizioni abbiano consentito di definirne importanti aspetti nosologici, molti interrogativi rimangono oggetto di studio e di dibattito. In questa rassegna abbiamo ritenuto opportuno focalizzare la nostra attenzione su alcuni dei principali interrogativi relativi a questa patologia: che cosa si intende per sclerosi focale? È un’entità nosologica autonoma? Quali sono le forme secondarie più importanti? È possibile distinguerle dalla forma primitiva? Esiste la possibilità di una trasmissione familiare? Esistono dati che ci consentono di scegliere approcci terapeutici razionali? Con che frequenza si ripresenta nel rene trapiantato? Cosa si intende per sclerosi focale? 510 © Società Italiana di Nefrologia Il termine “glomerulosclerosi focale segmentaria“ indica in senso stretto una lesione istologica aspecifica, che interessa parte del glomerulo e parte dei glomeruli. A livello clinico, invece, con lo stesso termine vengono individuate entità nosologiche ad eziologia sconosciuta (forma primitiva) o secondarie ad altre patologie, caratterizzate da quadri sintomatologici ed evolutivi differenti. La forma primitiva identifica, infatti, una patologia associata generalmente a sindrome nefrosica, con tendenza a progredire verso l’insufficienza renale cronica ed a recidivare dopo il trapianto. Nelle forme secondarie, invece, la presentazione e l’evoluzione variano notevolmente in rapporto alla patologia primitiva (1). Tuttavia, nonostante queste differenze, forme primitive e secondarie sembrano condividere un momento istopatogenetico iniziale: il danno alle cellule epiteliali viscerali dei glomeruli. Questa lesione può essere causata da una tossina (probabilmente una citochina prodotta dai linfociti) nella forma Fuiano et al primitiva, da un danno infiammatorio nelle lesioni glomerulosclerotiche secondarie a glomerulonefriti e vasculiti o dall’ispessimento delle cellule epiteliali indotto dalla risposta ipertrofica alla perdita di nefroni in nefropatie croniche di varia natura. In quest’ultimo caso l’incapacità fisiologica della cellula epiteliale a replicarsi si traduce nella riduzione del numero delle cellule e nella rarefazione di aree focali della membrana basale glomerulare (MBG) (2). Ne consegue una perdita di efficacia della barriera di filtrazione, rappresentata nel versante epiteliale dai sottili diaframmi interposti tra i pedicelli, con incremento locale del flusso di acqua, piccoli soluti e di albumina nello spazio del Bowman per convezione. Il passaggio di albumina è favorito anche da un aumento del numero di pori nella parete capillare e dalla ridotta efficacia della barriera elettrostatica, in conseguenza della perdita di cariche anioniche (3). Le molecole pro- teiche più grandi, quali IgM, fibrinogeno e fattori del complemento, restano invece intrappolate all’interno della membrana basale del capillare glomerulare formando un caratteristico deposito ialino subendoteliale. Alla microscopia ottica l’ alterazione più precoce è rappresentata da aderenze flocculo-capsulari. L’area aderenziale tende con il tempo a sclerotizzare a causa di depositi di collagene di tipo III (un tipo di collegene normalmente presente nei glomeruli). La sclerosi coinvolge successivamente altre anse capillari con incremento della matrice mesangiale ed occlusione dei capillari ad opera di materiale ialino. La lesione sclerotica è spesso circondata da un aggregato di cellule epiteliali proliferanti e cellule della capsula del Bowman, talvolta così numerose da assumere l’apparenza di un crescent segmentario (4). Nei capillari adiacenti alla lesione, i podociti, separati dalla MBG, lasciano un “alone” vuoto attorno all’ansa capillare ed appaiono spesso vacuolati (5). I vacuoli risultano positivi ai coloranti per i lipidi neutri e conferiscono ai podociti l’aspetto di “foam cells” (6). Sia i glomeruli coinvolti dal processo sclerotico che quelli indenni presentano un aumento della cellularità mesangiale. L’immunofluorescenza può mostrare nel 40% circa dei casi una positività alle IgM in corrispondenza delle lesioni (spesso attorno ai capillari occlusi). La microscopia elettronica permette di osservare la vacuolizzazione dei podociti e delle cellule endoteliali, nonché l’alone costituito da materiale laminare e interposto tra i podociti e la MBG. È molto importante sottolineare che le alterazioni podocitarie sono presenti sia a livello dei glomeruli con evidenza di sclerosi che di quelli indenni. Ciò suggerisce che il coinvolgimento glomerulare nella GSFS non è focale, ma diffuso (7). La distribuzione diffusa della glomerulosclerosi è stata confermata anche dal nostro gruppo, analizzando 963 sezioni seriate dello spessore di 2 mm da 10 biopsie di pazienti con diagnosi di GSFS primitiva (Tab. I). Complessivamente si osservavano 182 glomeruli, 83 dei quali non erano presenti nelle sezioni superficiali, ma “emergevano” nelle sezioni successive. La percentuale di glomeruli con lesioni sclerotiche nelle sezioni superficiali era del 34.7 %, ma questa percentuale saliva al 69.5% dopo l’osservazione di tutte le sezioni. La Figura area di sclerosi glomerulo Fig. 1 - Un glomerulo “seguito” con il taglio di sezioni seriate. È evidente come l’area di sclerosi, inizialmente assente, compaia successivamente. L’osservazione della sola sezione iniziale avrebbe fatto giudicare “normale” un glomerulo sclerotico. TABELLA I - DISTRIBUZIONE DELLE LESIONI SCLEROTICHE GLOMERULARI IN 10 CASI DI GSFS PRIMITIVA (Ref 8) Glomeruli della sezione iniziale n % del totale Tutti i glomeruli Glomeruli completi Totale con sclerosi alla sezione iniziale con sclerosi dopo la analisi seriata Totale con sclerosi alla sezione iniziale con sclerosi dopo la analisi seriata Totale con sclerosi dopo la analisi seriata 75 26 34.7 49 65.3 117 35 29.9 82 70.1 37 31 83.7 511 Glomerulosclerosi focale segmentaria Fig. 2 - Rapporto di grandezza tra l’area media della sclerosi e l’area media del glomerulo. 1 mostra 4 differenti sezioni di uno stesso glomerulo: come si può osservare, la sclerosi che non era presente nella sezione iniziale, compariva in sezioni molto più profonde. Inoltre, se si consideravano solo i 57 glomeruli che era possibile seguire, attraverso le sezioni seriate, nella loro globalità (glomeruli “completi”), la percentuale di glomeruli sclerotici era dell’83.7%. Mediante l’analisi morfometrica del materiale bioptico, è stato possibile calcolare il volume glomerulare (pari a 587 ± 42 mm3 x 1000 ) e quello delle lesioni sclerotiche. Il volume medio delle lesioni sclerotiche era solo il 12 ± 3 % del volume glomerulare. Il limitato volume dell’area di sclerosi in rapporto al volume glomerulare (Fig. 2) chiarisce il motivo per cui una patologia glomerulare diffusa possa apparire focale o addirittura non essere individuata allorquando vengano esaminate solo poche sezioni (8). Dal punto di vista epidemiologico, la GSFS è una causa frequente di sindrome nefrosica anche nell’adulto. In un recente studio su biopsie renali effettuate in adulti con sindrome nefrosica idiopatica tra il 1995 ed il 1997, la GSFS risultava essere la causa più frequente (35% dei casi) (9). L’incidenza nella popolazione generale è approssimativamente di due casi per milione di abitanti all’anno (10). Essa rappresenta anche una delle cause più frequenti di insufficienza renale cronica (IRC) terminale nella popolazione pediatrica (11). Non è stata riportata una significativa correlazione etnica, anche se sembra esserci una maggiore frequenza nella razza nera (12). 512 La GSFS primitiva rappresenta una entità nosologica autonoma ? Rimane tuttora aperta la questione se, dal punto di vista nosologico, la glomerulosclerosi focale primitiva possa essere considerata un’entità autonoma rispetto ad altre glomerulopatie primitive o secondarie ed in particolar modo alla glomerulonefrite a lesioni minime (13). Numerose evidenze fanno supporre la possibilità che, in una parte di pazienti con sindrome nefrosica, la glomerulonefrite a lesioni minime e la GSFS rappresentino non due condizioni distinte, bensí due aspetti prognosticamente diversi della stessa patologia (14). Alcuni pazienti con diagnosi bioptica di glomerulonefrite a lesioni minime progrediscono tardivamente verso la GSFS mentre, seppure occasionalmente, pazienti con GSFS presentano una remissione con decorso “steroido sensibile” simile a quello osservato nella glomerulonefrite a lesioni minime. Studi in pazienti pediatrici suggeriscono che, paradossalmente, ciò si verifica soprattutto nei casi in cui la sclerosi glomerulare non è segmentaria, ma globale (15). Il motivo per cui ciò accade non è noto. In linea di massima è possibile distinguere due sottogruppi nell’ambito della GSFS primitiva: il primo caratterizzato da un andamento più favorevole, simile a quello della glomerulonefrite a lesioni minime; il secondo caratterizzato da un' evoluzione inarrestabile verso l’IRC e da elevata tendenza a recidivare dopo il trapianto. Occorre sottolineare, tuttavia, che a causa della natura focale della lesione glomerulare, errori di campiona- Fuiano et al mento dovuti all’esiguità del prelievo bioptico possono far porre diagnosi di glomerulonefrite a lesioni minime in pazienti in realtà affetti da GSFS. In assenza di lesioni sclerotiche nei glomeruli presenti nelle sezioni osservate, il solo vago indizio della presenza di GSFS è dato dalla presenza di aree di atrofia tubulare e fibrosi interstiziale. Va però aggiunto che, come dimostrato dal nostro gruppo, la valutazione di un numero congruo di sezioni può aiutare o confermare la diagnosi. Nella Tabella II è indicato il numero di sezioni che è necessario eseguire per confermare la diagnosi; il numero delle sezioni è correlato al numero dei glomeruli presenti nella sezione iniziale. Nonostante la storia naturale e, di conseguenza, il giudizio prognostico sulla GSFS sia notevolmente differente da quello della glomerulonefrite a lesioni minime, esistono molte correlazioni patogenetiche tra le due glomerulopatie. Le alterazioni a livello dei podociti (causate probabilmente da linfochine circolanti non ancora del tutto note), potrebbero rappresentare un momento patogenetico iniziale in entrambi (16). Ciò che non è chiaro, è il motivo per cui queste lesioni tendano a scomparire in seguito alla terapia immunosoppressiva, nel caso della glomerulonefrite a lesioni minime, e ad evolvere verso la sclerosi nella GSFS (17). Quali sono le più comuni forme secondarie di GSFS ? È possibile distinguerle dalla forma primitiva? Come sottolineato in precedenza, la lesione sclerotica focale segmentaria del glomerulo è un reperto istologico non specifico. Essa può essere osservata, oltre che nella forma primitiva o idiopatica (18), anche in associazione ad altre patologie quali: a) guarigione (con conseguente formazione di “cicatrice glomerulare”) di altre glomerulonefriti quali la nefrite lupica proliferativa, la nefropatia da depositi mesangiali di IgA e le vasculiti; b) l'insufficienza renale cronica di qualunque origine, in conseguenza della perdita della massa nefronica funzionante; c) la vasodilatazione renale cronica, come avviene nelle fasi iniziali della nefropatia diabetica, nell’anemia falciforme e in svariate altre condizioni cliniche; d) l’obesità grave (19). Esiste poi un gruppo di malattie in cui si osserva la GSFS (Tab. III). Appare utile focalizzare l’attenzione su alcune peculiarità delle forme secondarie, prima di distinguerle dalla forma idiopatica. Guarigione di altre patologie glomerulari. La GSFS può verificarsi durante la fase iniziale di numerose patologie glomerulari, quali la nefrite lupica proliferativa focale, la malattia di Berger e le vasculiti. In questi casi si ritiene che il rilascio di trasforming growth factor-β (TGF-β) da parte delle piastrine e delle cellule endoteliali glomerulari TABELLA II - NUMERO DI SEZIONI (TAGLIATE ALL’INTERVALLO INDICATO) PER POTER ESCLUDERE LA DIAGNOSI DI GSFS NEL CASO IN CUI CI SIANO MENO DI 9 GLOMERULI E NESSUNO DI ESSI RISULTI SCLEROTICO NELLA SEZIONE INIZIALE ( LIVELLO DI PROBABILITÀ: 99.9 %) (Ref 8) Intervallo di confidenza: 99.9 % Distanza tra le sezioni : 23 µm Numero di glomeruli Sezioni da tagliare 9 8 7 6 5 4 1 2 3 4 5 6 TABELLA III - CLASSIFICAZIONE DELLA GLOMERULOSCLEROSI FOCALE SEGMENTARIA GSFS Primitiva (idiopatica): Forma classica Glomerulopatia con collasso della matassa glomerulare Variante cellulare Lesione glomerulare apicale GSFS con massa renale ridotta e glomerulomegalia: Nefropatia da reflusso Obesità notevole Da ischemia renale cronica Altre GSFS secondaria: Glomerulonefrite focale proliferativa Sindrome di Alport Ipertensione Anemia falciforme Pre-eclampsia Diabete mellito GSFS associata a infezione da HIV GSFS associata all’uso cronico di eroina possa giocare un ruolo importante nella progressione della nefropatia (20). Il TGF-β determina, infatti, un aumento della matrice mesangiale stimolandone la produzione e inibendone la degradazione. Esso inoltre facilita l’adesione di cellule infiammatorie alla matrice stessa. L’insieme di questi effetti causa la sclerosi glomerulare (21). Studi condotti su modelli sperimentali di glomerulonefriti hanno dimostrato che è possibile ottenere la regressione o comunque l’arresto della progressione, mediante la somministrazione di anticorpi contro questo fattore di crescita 513 Glomerulosclerosi focale segmentaria o di suoi inibitori, riducendo l’accumulo di matrice e l’estensione delle lesioni cicatriziali nei glomeruli (22). Nel modello sperimentale murino di insufficienza renale cronica, la soppressione dell’espressione di TGF-β, tramite la somministrazione di altre citochine (come ad esempio l’Hepatocyte growth factor HGF), limita la fibrosi renale (23). Va, tuttavia, sottolineato che, nonostante gli effetti del TGF-β favorenti la sclerosi siano stati ben documentati, questa terapia anti-TGF-β non ha ancora ricevuto alcuna verifica clinica (24). È stato tuttavia dimostrato che il dosaggio del TGF-β può essere utile ai fini diagnostici. In particolare è stato suggerito che il rapporto TGF-β1 mRNA/β-actina mRNA può essere utilizzato come marker di glomerulosclerosi nelle biopsie renali (25). È stato inoltre suggerito un ruolo dell’Heparin-binding epidermal growth factor (HB-EGF) nello sviluppo della lesione sclerotica. Il meccanismo sarebbe duplice: la stimolazione di mitogenesi abortive nelle cellule epiteliali glomerulari ed un’anomala interazione tra l’HB-EGF transmembrana e la membrana basale glomerulare esposta (26). Perdita di nefroni. La GSFS può essere indotta dalla perdita di nefroni, come si verifica in corso di numerose malattie renali croniche, incluse quelle non glomerulari quali la nefropatia da reflusso e la nefrosclerosi ipertensiva benigna ischemizzante. In queste situazioni, infatti, la riduzione della popolazione nefronica induce una risposta adattativa dei nefroni residui che consiste in una ipertensione glomerulare compensatoria con ipertrofia dei relativi glomeruli ed aumento della filtrazione per singolo nefrone (27). In tal modo è possibile mantenere inizialmente il filtrato glomerulare totale (GFR) su valori normali, ma la contropartita a lungo termine dell’ipertensione glomerulare è la glomerulosclerosi focale. La proliferazione delle cellule glomerulari è seguita da infiltrazione di macrofagi, produzione di citochine, accumulo progressivo di componenti della matrice extracellulare ed esposizione della MBG (28). Un’altra situazione in cui si osserva una perdita di nefroni con meccanismo analogo è rappresentata dalla marcata riduzione della massa renale funzionante in pazienti con rene unico acquisito o congenito. La prima evenienza è stata studiata da un follow up a lungo termine di adulti monorene parzialmente nefrectomizzati per carcinoma renale: in questi pazienti è stata dimostrata una aumentata proteinuria (secondaria alla GSFS), e in alcuni casi, progressione verso l’IRC. Nei casi in cui la riduzione della massa renale è del 75%, il rischio di sviluppare una malattia clinicamente evidente a 5 anni dall’intervento chirurgico è maggiore (29). Sulla base di questi dati diventa lecito chiedersi se esista o meno il rischio a lungo termine di sviluppare una GSFS tra i donatori di rene per trapianto da vivente. Una risposta a questo quesito viene da uno studio che ha valutato 57 donatori di rene per un follow up di 24 anni. Nessuno di essi ha presentato una ridu- 514 zione della clearance della creatinina in questo lungo periodo di tempo, né un aumento della proteinuria o dell’ipertensione rispetto alla popolazione generale di pari età (30). Un decorso clinico oltremodo favorevole è stato descritto in 62 soggetti a 45 anni di distanza da un intervento di nefrectomia effettuato per cause traumatiche durante la seconda guerra mondiale. Rispetto ai controlli questi soggetti non presentavano alcuna correlazione tra nefrectomia e ipertensione diastolica, mentre la pressione sistolica e la proteinuria presentavano solo un modesto incremento (31). L’esame (autoptico) del tessuto renale mostrava solo un basso grado di glomerulosclerosi simile a quella osservata nei soggetti controllo di pari età (32). A differenza dei due modelli precedenti, nella riduzione congenita della massa renale secondaria ad agenesia renale monolaterale, è stata evidenziata un’aumentata frequenza di GSFS secondaria (33). Il differente comportamento del rene unico per agenesia renale controlaterale ha fatto ipotizzare una particolare suscettibilità da parte del rene solitario oppure la presenza di una patologia strutturale occulta. Vasodilatazione renale cronica. L’ipertensione glomerulare conseguente a vasodilatazione renale cronica, come si verifica nella nefropatia diabetica, nell’anemia falciforme e nella glicogenosi di tipo I può promuovere la formazione di aree di glomerulosclerosi segmentaria (34). Meccanismi analoghi potrebbero essere responsabili della occasionale ma non rarissima GSFS osservata dopo preeclampsia grave. In questi casi, le donne affette tendono ad avere valori pressori particolarmente elevati e glomeruli dilatati, la qual cosa suggerisce un ruolo importante dei fattori emodinamici nella genesi della GSFS (35). Il meccanismo patogenetico alla base della lesione sclerotica focale posteclampitica si ritiene essere l’ipertrofia glomerulare. Questa lesione, tuttavia, è in genere reversibile entro 40 giorni dal parto. La tipica riduzione della proteinuria che si osserva, di conseguenza, in questi casi è compatibile con l’ipotesi che la GSFS sia indotta dalla gravidanza e la preeclampsia rappresenti una patologia concomitante o preesistente (36). Obesità. È stato proposto che le alterazioni dell’emodinamica renale possano essere responsabili dello sviluppo di una GSFS in pazienti con obesità marcata (37). Infatti, sebbene la sindrome nefrosica sia rara nei pazienti obesi, uno studio autoptico suggerisce che il reperto di lesioni sclerotiche in pochi glomeruli, associate a proteinuria lieve o moderata, è relativamente comune (38). I pazienti obesi con GSFS tendono ad avere un elevato GFR e glomeruli aumentati di dimensione, se comparati a quelli non proteinurici; ciò è compatibile con un’ipertensione intraglomerulare nella genesi delle lesioni sclerotiche. La perdita di peso e la somministrazione di ACE-inibitori possono drasticamente ridurre l’escrezione urinaria di proteine (dell’80 – 85 %) in questi pazienti (39). Il reperto di una proteinuria elevata, associata a glomerulosclerosi lieve (o assente) o a danno epiteliale con fusione dei pedicelli (40), Fuiano et al è più frequente nei pazienti obesi affetti dalla sindrome dell’apnea notturna (41). Quadri a patogenesi incerta. Sono incluse in questo gruppo forme associate ad infezione da HIV, a terapia cronica con sali di litio, ed a patologie neoplastiche maligne. È noto che una significativa percentuale di pazienti con sindrome nefrosica presenta una patologia neoplastica maligna associata. I tumori solidi si associano prevalentemente alla glomerulonefrite membranosa. I linfomi e le leucemie alle glomerulopatie a lesioni minime. Il carcinoma renale, l’amiloidosi secondaria (42), alcune malattie mieloproliferative (in particolare la policitemia vera e la trombocitopenia essenziale) (43) ed anche alcuni linfomi, sia Hodgkin che non-Hodgkin, alla GSFS. Il decorso della nefropatia è in genere parallelo a quello della neoplasia (44, 45). Una forma particolare è la nefropatia da eroina, frequente anche in pazienti HIV negativi (46), che può manifestarsi, oltre che con la GSFS, anche con amiloidosi o glomerulonefrite membranosa, particolarmente nei casi di infezione da virus epatitici (47). La GSFS da eroina è particolarmente frequente nei pazienti di razza nera. Essa può portare ad una lenta progressione verso l’insufficienza renale. La patogenesi di questa forma è incerta (48). È stato proposto che il danno epiteliale glomerulare possa essere indotto da una tossina esogena correlata all’eroina. Compatibile con questa ipotesi è l’osservazione che la nefropatia da eroina è largamente scomparsa nei centri urbani dove lo spaccio di droga è meglio controllato. Un’ipotesi alternativa è che i consumatori di eroina possano sviluppare una nefropatia da HIV con evoluzione rapida (49). Distinzione clinica tra GSFS primitiva e secondaria. L’importanza di porre una diagnosi differenziale tra GSFS primitiva e secondaria ha notevoli implicazioni nella terapia. La forma primitiva, infatti, può rispondere a farmaci steroidi ed immunosoppressivi, mentre la malattia secondaria deve essere trattata con farmaci atti a ridurre la pressione intraglomerulare, come gli ACE–inibitori (39) oltre che con la terapia specifica della malattia di base, se è possibile. Il procedimento diagnostico differenziale deve iniziare dall’anamnesi, nel tentativo di identificare una patologia notoriamente associata alla GSFS. Altro elemento da valutare attentamente è la proteinuria. La modalità di esordio, la quantità di proteine escrete nelle 24 ore, la progressione ed eventualmente la regressione della proteinuria sono elementi distintivi utilissimi. I pazienti con GSFS primitiva presentano un brusco inizio della sindrome nefrosica, mentre un lento incremento della proteinuria e la comparsa dell’insufficienza renale nel tempo sono caratteristiche della malattia secondaria. La GSFS primitiva è in genere associata ad edemi periferici, ipoalbuminemia e proteinuria nefrosica. Per contro, la proteinuria nella GSFS secondaria è spesso non nefrosica, i livelli di albuminemia sono normali e l’edema è infrequente (50). La relazione tra ipoalbuminemia, edema periferico e GSFS primitiva o secondaria è stata valutata in uno studio effettuato su pazienti con GSFS (diagnosticata biopticamente) e proteinuria nefrosica. È stato osservato che i livelli più marcati di ipoalbuminemia erano presenti nelle forme primitive (51). Altro criterio discriminante tra forma idiopatica e secondaria è rappresentato dalle lesioni renali osservate alla microscopia elettronica. La GSFS primitiva è associata alla fusione diffusa dei pedicelli; per contro questa anormalità tende ad essere focale nella forma secondaria, essendo limitata alle aree sclerotiche. Uno studio istologico ha dimostrato che la percentuale di superficie glomerulare, in cui era presente la fusione dei pedicelli, era il 65% circa nella forma primitiva ed il 22% circa nelle forme secondarie (il 25% nella nefropatia da reflusso e il 20% nell’obesità) (14). Inoltre la fusione dei pedicelli era maggiore nelle forme “collapsing” (19). Altre osservazioni che aiutano a distinguere la sclerosi secondaria a pregresse vasculiti dalla GSFS idiopatica o dovuta a perdita di nefroni sono le seguenti: a) nel glomerulo colpito da pregressa vasculite, il segmento obsoleto della matassa capillare è generalmente inglobato nel tessuto cicatriziale composto da collagene tipo I e tipo III; b) con il PAS, questo tessuto cicatriziale si colora meno intensamente rispetto al segmento fortemente PAS-positivo del capillare collassato della GSFS primitiva (52, 53). Esiste la possibilità di una trasmissione familiare? Nonostante la maggior parte dei casi di GSFS primitiva sia idiopatica, è stata descritta una forma familiare di GSFS (54). Uno studio multicentrico internazionale ha identificato 60 famiglie con FSGS ereditaria. Ogni famiglia aveva almeno un membro con GSFS dimostrata biopticamente e un altro con diagnosi sospetta o con IRC terminale (55). In alcuni casi la trasmissione della malattia sembrava essere di tipo autosomico dominante con penetranza variabile, mentre l’eredità autosomica recessiva era stata osservata solo in alcune famiglie. La forma familiare appare essere eterogenea (56, 57). I loci del gene sospetto sono stati identificati sul cromosoma 19q13, in prossimità della regione che contiene il gene della “nefrina” (mutato nella sindrome nefrosica congenita e nella glomerulonefrite di tipo Finnico), sul cromosoma 11 e sul cromosoma 1 (che presenta più geni sospetti) (58). In tre famiglie il cromosoma 19 era coinvolto nella mutazione del gene dell’alfa-4-actinina. La forma mutata di questa proteina si lega all’actina in maniera più forte della proteina originaria, suggerendo che la malattia 515 Glomerulosclerosi focale segmentaria potrebbe essere dovuta ad un’alterazione del citoscheletro dei podociti glomerulari (59). Il gene coinvolto nella forma recessiva è stato identificato usando una tecnica di clonaggio diretta verso l’area 2531 del braccio lungo del cromosoma 1. Questo gene codifica per una nuova proteina transmembrana, la podocina, trovata esclusivamente nei podociti glomerulari (60, 61). Qual è l’atteggiamento diagnostico adeguato? Se da un lato la diagnosi di glomerulosclerosi focale è essenzialmente bioptica, dall’altro non è possibile prescindere dal quadro clinico e di laboratorio del paziente per un corretto inquadramento nosografico ed un adeguato approccio terapeutico. La presentazione clinica è variabile con l’età e, in alcuni casi, consente di distinguere la glomerulosclerosi focale dalla glomerulonefrite a lesioni minime (62). Quest’ultima, infatti, si presenta costantemente con proteinuria (selettiva) superiore ai 3 grammi nelle 24 ore e sindrome nefrosica, indipendentemente dall’età del paziente. Al contrario, la GSFS si presenta con sindrome nefrosica nella quasi totalità dei pazienti pediatrici (con proteinuria non selettiva) mentre solo nei 2/3 dei pazienti adulti (63). Il 33% degli adulti, infatti, presenta proteinuria non nefrosica accompagnata a microematuria e, in alcuni casi, ad ipertensione arteriosa e insufficienza renale già dall’inizio (64). La macroematuria è riscontrata raramente e rende più probabile la diagnosi di una glomerulonefrite proliferativa (ad esempio con depositi mesangiali di IgA) (65). Tuttavia anche questi pazienti possono sviluppare successivamente una sindrome nefrosica. La modalità di presentazione non nefrosica è più rara nella razza nera (66). Il passo successivo nell’iter diagnostico di questi pazienti è rappresentato dalla biopsia renale (67), sebbene alcuni autori preferiscano effettuarla, per i pazienti in età pediatrica, solo in caso di insuccesso della terapia steroidea. Alla microscopia ottica la lesione caratteristica della GSFS è rappresentata dalla presenza in alcuni, ma apparentemente non in tutti i glomeruli (da cui la caratteristica di focalità) di aree segmentali di collasso e sclerosi delle anse capillari glomerulari, con sinechie frequenti tra la capsula del Bowman e le anse stesse (13). In realtà, questa focalità rappresenta la conseguenza della segmentalità delle lesioni come dimostrato dal nostro gruppo. La sclerosi è presente nella gran parte dei glomeruli. Le alterazioni sclerotiche avvengono prima nei glomeruli iuxtamidollari. Queste lesioni si possono non osservare nelle biopsie che interessano solo la corticale. Frequentemente si osserva una moderata ipercellularità ed una parziale occlusione del lume dei capillari da parte di depositi ialini. Questi ultimi rappresentano l’accumulo di proteine plasmatiche 516 nell’ambito della parete del capillare glomerulare reso abnormemente permeabile (19). La lesione sclerotica può essere anche molto estesa, con progressiva evoluzione del danno renale, fino al coinvolgimento dell’intera matassa glomerulare e formazione di glomeruli ialini. Esistono alcune varianti istologiche a cui sono state attribuite alcune peculiarità prognostiche: 1) La variante “cellulare” è caratterizzata da ipercellularità intracapillare ed extracapillare che si manifesta con carattere di segmentarietà. A livello intravasale è presente, oltre alla proliferazione delle cellule endoteliali, un’infiltrazione leucocitaria. L’ipercellularità nello spazio extracapillare è dovuta ad iperplasia podocitaria con aspetto di pseudosemilune (68). 2) La "lesione apicale (tip lesion)" è caratterizzata da danno della cellula epiteliale, ed accumulo di cellule schiumose. È stato suggerito che questa lesione possa identificare un sottogruppo di pazienti che rispondono particolarmente alla terapia con corticosteroidi (69). 3) La variante “ipercellularità mesangiale diffusa” si presenta con la lesione classica associata ad ipercellularità e marcata proliferazione mesangiale. Non vi è accordo unanime sulla rilevanza prognostica di questa lesione (70). 4) Un’ultima variante è rappresentata dalla "nefropatia con collasso glomerulare (collapsing nephropathy)". Si distingue dalla forma primitiva per la sclerosi e il collasso dell’intera matassa glomerulare. Questa forma può essere idiopatica o indotta da infezione HIV; di solito è resistente alla terapia ed ha un rapido e progressivo decorso verso l’IRC terminale (71). L’immunofluorescenza abitualmente non rileva depositi di immunocomplessi, eccetto quelli aspecifici dati dal legame di IgM e complemento alle cellule sclerotiche (72). La microscopia elettronica dimostra, nella forma primitiva una fusione diffusa dei processi peduncolati delle cellule epiteliali, alterazione simile a quella osservata nella glomerulonefrite a lesioni minime. Possono essere presenti i cosiddetti fenomeni di “insudazione” capillare con neoformazione di lamelle tra la MBG ed i podociti. Nell’ambito dei depositi ialini (evidenziabili, come si è detto, alla microscopia ottica) è possibile osservare gocce lipidiche sotto forma di vacuoli. Un’ulteriore peculiarità è rappresentata dalla degenerazione microvillica del citoplasma podocitario (73). Esiste attualmente una terapia efficace? La GSFS primitiva non trattata evolve, in una notevole percentuale di pazienti, verso l’insufficienza renale cronica terminale. Tuttavia la terapia immunosoppressiva è in grado di modificare in parte la storia naturale di questa patologia. Se consideriamo insieme i pazienti che rispondono con remissione completa (proteinuria inferiore a 200 mg/24h ) o parziale (proteinuria tra 200 e 3000 mg/24 h), Fuiano et al TABELLA IV - EFFICACIA DELLA TERAPIA CORTICOSTEROIDEA (Ref 64, 66, 74, 75, 81, 96, 108, 109, 110, 111, 112) Autore Numero di pazienti arruolati Sind. nefrosica (SN)/proteinuria non nefrosica Pazienti con SN trattati con steroidi Responders tra i pazienti con SN Remissione % Incidenza di IRC % St Hillier Beaufils Pei Rydel 85 70 55 81 30/55 35/35 30/25 60/21 17 26 18 30 16 6 7 15 94 23 39 50 Miyata Nagai Banfi Korbet Jenis Velosa 32 17 59 46 11 32 32/0 12/5 59/0 29/17 9/2 n.d. 32 8 27 16 6 26 18 4 20 8 2 11 56 50 74 50 33 42 n.d. 55 dei pz. con SN 45 dei non responders - 0 dei non reponders -59 dei responders n.d. 63 dei non responders n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.=non determinata TABELLA V - EFFICACIA DELLA TERAPIA CON CICLOSPORINA CsA (Ref 81, 84, 85, 87, 113) Autore Pazienti trattati/ controlli Trattamento Ponticelli 10/9 CsA per 12 mesi Lee 5 CsA per 8 mesi Walker 9 CsA per 4-6 mesi Meyrier 46 (età pediatrica) CsA Green 9 CsA Remissione completa/ remissione parziale nei pazienti trattati 3/3 4/0 0/6 11 (compl+parz) 1/1 la responsività complessiva alla terapia immunosoppressiva nell’adulto va dal 45 al 60% (74). La potenziale efficacia della terapia può modificare la storia naturale della malattia. La riduzione della proteinuria ha un notevole valore nella prognosi, poichè solo il 30-50 % dei pazienti con GSFS e proteinuria nefrosica conserva una funzione renale normale a 10 anni dalla diagnosi, rispetto al 90% circa dei pazienti con proteinuria inferiore a 3 g/die (75). Anche la creatininemia all’esordio clinico ha un valore prognostico importante, indipendente dalla proteinuria. Pazienti con creatininemia superiore a 1.3 mg/dl al momento della diagnosi presentano un decorso clinico peggiore rispetto ai pazienti con valori più bassi (76). Attualmente sono impiegati diversi farmaci, da soli o in associazione, per il trattamento della GSFS, senza che vi sia però un accordo univoco tra i diversi autori sulle modalità e sulla durata del trattamento stesso. In questa rassegna tenteremo di esaminare il razionale dei diversi protocolli impiegati, da quelli che utilizzano i farmaci immunosoppressivi classici, a quelli basati sull’utilizzo di nuovi agenti. Corticosteroidi In prima istanza, classicamente, la terapia era basata sull’utilizzo di prednisone al dosaggio di 0.5-2 mg/kg/die per un periodo di almeno 6 mesi. Il dosaggio poteva essere ridotto a 0.5 mg/kg/die ma solo dopo il terzo mese (77). Oggi come alternativa, altri autori consigliano un dosaggio di 60 mg/m2 per quattro settimane seguite da altre quattro settimane di somministrazione a giorni alterni con 40 mg/m2 (78). Nei pazienti che rispondono alla terapia con prednisone, il farmaco deve essere somministrato a dosaggio pieno ancora per una o due settimane dopo la remissione, e poi va ridotto con dosi scalari, molto lentamente. Molti autori, tuttavia, sottolineano la necessità che la terapia venga prolungata per indurre e sostenere la remissione. In uno studio di Rydel et al un gruppo di pazienti con GSFS è stato trattato per nove mesi con prednisone somministrato giornalmente. La percentuale di remissione completa era approssimativamente del 50%; la remissione si verificava dopo un periodo medio di 3.7 ± 2 mesi (79). Sebbene l’assenza di riduzione della proteinuria ad 8 settimane dall’inizio della terapia nel bambino e a 12 settimane nell’adulto suggerisca una resistenza agli steroidi, la letteratura raccomanda che il periodo di trattamento steroideo minimo, prima di definire il paziente steroido-resistente, sia di almeno sei mesi (80). In alcuni pazienti, per ottenere una remissione sia pur parziale, si è dimostrata efficace la somministrazione di steroidi ad alte dosi (81). Attualmente non è possibile prevedere al momento della presentazione della malattia, quali pazienti con GSFS primitiva risponderanno alla terapia steroidea. Dal punto di vista istologico la presenza di alterazioni tubulo-interstiziali sembra essere predittiva di steroido-resistenza. L’importanza prognostica delle alterazioni tubulo-interstiziali è suggerita dalla correlazione tra funzione tubulare, valutata come escrezione di proteine a basso 517 Glomerulosclerosi focale segmentaria peso molecolare, quali la β2-microglobulina e la retinol binding protein, e risposta alla terapia. Le proteine più piccole sono normalmente filtrate dal glomerulo e vengono riassorbite lungo il tubulo. L’aumento dell’escrezione di tali proteine indica una ridotta capacità tubulare di riassorbimento piuttosto che un’aumentata permeabilità glomerulare. I pazienti, che presentano un' escrezione di proteine a basso peso molecolare, vanno generalmente in remissione entro 12 settimane dall’inizio della terapia steroidea (82, 83). L’efficacia della terapia corticosteroidea è illustrata nella Tabella IV. Ciclosporina La ciclosporina è stata utilizzata nel trattamento della GSFS circa 15 anni fa, dimostrandosi efficace nella maggior parte dei pazienti steroido-sensibili ed in una percentuale variabile di pazienti steroido-resistente (Tab. V) (84). In uno studio multicentrico controllato di 45 pazienti , Ponticelli et al hanno studiato gli effetti della somministrazione di ciclosporina al dosaggio di 5 mg/kg negli adulti e 6 mg/kg nei bambini, per una durata del trattamento di sei mesi (85). Al termine dei sei mesi la terapia veniva sospesa nei pazienti non responders, mentre proseguiva fino ad un anno, con dosaggi scalari (riduzione del 25% della dose ogni due mesi) nei pazienti responders. La durata del follow-up era compresa tra 18 e 24 mesi. Nel gruppo trattato la proteinuria si riduceva significativamente rispetto al gruppo non trattato, già a sei mesi dall’inizio della terapia. Al termine del trattamento il 70% dei pazienti trattati era in remissione (30% in remissione completa, 40% in remissione parziale). Dopo un anno di follow-up, però, solo il 20% dei pazienti rimaneva in remissione. In uno studio successivo, controllato e randomizzato in doppio cieco, sono stati trattati con ciclosporina 12 pazienti per un periodo di sei mesi al dosaggio di 6 mg/kg di peso corporeo (86). Il gruppo di controllo riceveva placebo. Nel gruppo trattato la proteinuria si riduceva mediamente da 6.8 a 1.9 g/24h mentre aumentava da 6.2 a 7.0 g/24 ore nel gruppo controllo. Un recente studio ha valutato l’effi- cacia dell’associazione ciclosporina più prednisone a bassi dosaggi, rispetto al trattamento con solo prednisone in 4 pazienti con GSFS steroido-resistenti (87). La durata del trattamento era di 6 mesi, e il follow-up medio di 48 mesi. Alla fine del trattamento è stata osservata una remissione (completa o parziale) nel 70% dei pazienti trattati con l’associazione di ciclosporina più prednisone e nel 4% dei pazienti trattati solo con prednisone. Anche in questo studio, tuttavia, la percentuale di recidive era elevata: 40% dei pazienti responders a 12 mesi dalla sospensione del trattamento, e 60% a 18 mesi. La ciclosporina appariva efficace anche nel ridurre la progressione verso l’insufficienza renale. Il dimezzamento del filtrato glomerulare basale si osservava nel 25% dei pazienti trattati con ciclosporina più prednisone e nel 52% dei pazienti trattati con soli steroidi. È possibile che la dose di ciclosporina (5-6 mg/kg/die) impiegata in questi studi, non sia adeguata per tutti i pazienti (88). La ciclosporina, infatti, a causa della sua spiccata lipofilia, si lega per oltre il 50-60 % alle lipoproteine plasmatiche circolanti. Nei pazienti con elevati livelli di colesterolemia questa percentuale sale notevolmente, riducendo così la quota efficace di farmaco circolante (89). Per questo motivo, nei pazienti nefrosici con livelli di colesterolemia superiori a 350 mg/dl sono richiesti dosaggi superiori a quelli convenzionali, fino a 10-14 mg/kg/die (90). In conclusione, la ciclosporina è un farmaco efficace nel trattamento della GSFS, particolarmente nei pazienti con sindrome nefrosica marcata, con normale funzione renale e senza ipertensione arteriosa (81). Essa riduce la proteinuria e rallenta la progressione verso l’insufficienza renale. Sebbene la percentuale di recidive sia piuttosto elevata, i casi con remissione completa dopo un anno di trattamento con ciclosporina tendono a rimanere in remissione se la riduzione del dosaggio avviene in maniera graduale fino alla sospensione (84). Il dosaggio della ciclosporina deve essere attentamente monitorizzato, in considerazione della nefrotossicità del farmaco nei trattamenti prolungati (85). TABELLA VI - TERAPIA CITOTOSSICA (Ref. 74, 81, 91, 114, 115) Autore Pz. trattati Trattamento Risultati Commenti Tarshish 60 (pediatr.) Prednisone (P) vs. P + ciclofosfamide Nessuna Differenza Banfi 59 P + citotossici Remissione 58% Geary 29 Ciclofosfamide 2.5 mg/kg/die Remissione 48 % Riduzione del GFR minore nei pz. trattati solo con P (36% vs 57%) Riduzione del GFR minore nei responders Riduzione del GFR in 14 % dei responders vs 88 % dei non responders Tune 32 (pediatr.) Steroidi + citotossici e.v. / orale Remissione completa 66 % 518 Fuiano et al Farmaci citotossici L’ efficacia dei farmaci citotossici nella terapia della GSFS non è del tutto dimostrata; di conseguenza essi rappresentano una terapia di seconda istanza (Tab. VI) (81). Tarshish et al (91) hanno dimostrato che l’efficacia nell’ottenere la remissione in pazienti pediatrici è sovrapponibile sia nel trattamento steroideo classico che nell’associazione prednisone e ciclofosfamide (2.5 mg/kg/die). Griswald et al (92) hanno utilizzato l’associazione metilprednisolone e ciclofosfamide. Questo trial è stato esteso, in seguito, da Mendoza et al ad una casistica di 23 pazienti (93). Il periodo di trattamento era complessivamente di 46 mesi. Metà dei pazienti presentava una remissione completa, mentre nel 25% dei casi si osservava una riduzione della proteinuria al termine del periodo di trattamento. Nell’adulto, Banfi et al hanno valutato retrospettivamente l’efficacia dell’associazione prednisone e terapia citotossica (74). I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi: il primo riceveva solo terapia steroidea, il secondo riceveva prednisone (1mg/kg/die) ed un farmaco citotossico (chlorambucil, azatioprina, cicolfosfamide) mentre il terzo gruppo riceveva prednisone a bassi dosaggi (0.2-0.3 mg/kg/die) ed un farmaco citotossico (azatioprina o ciclofosfamide). La percentuale di remissione, completa o parziale, era maggiore nel gruppo trattato con sola terapia steroidea (74%), rispetto agli altri due gruppi in cui si otteneva, rispettivamente, il 58 e il 38% di remissione. Uno studio di Ponticelli et al (80) ha valutato gli effetti a lungo termine del trattamento prolungato con steroidi e farmaci citotossici. Sono stati arruolati 80 pazienti adulti, di cui 53 trattati con terapia steroidea per un periodo medio 16 settimane e 27 con terapia citotossica per un periodo medio di 75 settimane. Dopo il primo ciclo, 31 pazienti del primo gruppo contro 11 del secondo presentavano una remissione della patologia. Dei 38 pazienti non responders 26 pazienti sono stati trattati con un secondo ciclo, suddivisi in tre gruppi (6 con terapia steroidea, 11 con terapia citotossica e 9 con ciclosporina). La remissione, completa o parziale si otteneva rispettivamente in 2, 6 e 7 pazienti. Nel corso del follow-up sono stati osservati gravi effetti collaterali (infezioni, ulcera peptica, diabete, neoplasie) in 11 pazienti. La funzione renale si manteneva stabile, a 10 anni di distanza, nel 70% dei pazienti. Altri farmaci immunosoppressivi L’utilizzo del tacrolimus (FK506) nella terapia della GSFS è stato valutato nei pazienti in età pediatrica. Uno studio ha valutato l’efficacia in corso di GSFS resistente al trattamento steroideo e citotossico e con parziale risposta alla ciclosporina (94). È stata dimostrata, infatti, una riduzione della proteinuria (del 45-99%) in tutti i 4 bambini TABELLA VII - RECIDIVA DELLA GLOMERULOSCLEROSI FOCALE SEGMENTALE NEL RENE TRAPIANTATO (Ref. 1, 102, 116) n. di trapianti Dati dalla letteratura Dati Nord America (Tejani e Stablein) Dati Europa (Broyer et al) Recidiva (%) Perdita trapianto (%) 316 81 (25.6) 38 (12) 132 330 27 (20) 96 (29) 10 (7.5) 24 (7.2) trattati per un periodo di tre mesi. Tuttavia non sono del tutto definiti gli effetti collaterali. Per quanto concerne il micofenolato mofetile esistono solo pochi dati preliminari (95), e il suo impiego non trova, per il momento, indicazioni nel trattamento della GSFS. Trattamento non immunosoppressivo Sono stati utilizzati, soprattutto come terapia di supporto, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) ed inibitori dell’enzima di conversione (ACE-i). I primi trovano il loro razionale nella riduzione della sintesi renale di sostanze vasodilatanti quali le prostaglandine (96), mentre l’uso degli ACE-i risulta utile nel ridurre la proteinuria grazie al meccanismo di riduzione della pressione intraglomerulare. Tuttavia il mantenimento di questo effetto a lungo termine resta da dimostrare (97). Anche la plasmaferesi e l’immunoassorbimento su colonna sono stati utilizzati nel trattamento della GSFS. Tali metodiche hanno apportato beneficio nell’intento di rimuovere i fattori circolanti in grado di alterare la permselettività glomerulare. Gli effetti di questo approccio terapeutico sono stati inizialmente entusiasmanti, con riduzione e talvolta scomparsa immediata della proteinuria. I risultati degli studi a lungo termine appaiono discordanti e, nel complesso, poco incoraggianti (40-41). Con quale frequenza si ripresenta nel rene trapiantato? Esistono pareri discordanti sulla frequenza con cui la GSFS recidiva nel rene trapiantato. Uno dei motivi è rappresentato dalla difficoltà di riconoscimento della lesione focale che può portare a sottostimare la ricorrenza della GSFS (98). Nella valutazione dei dati epidemiologici presenti in letteratura (soprattutto da registri USA) bisogna tener conto della diversa composizione etnica della popolazione americana rispetto a quella europea (Tab. VII). Un importante studio è stato condotto da Hariharan et al (99) a partire dai dati del RADR (Renal Allograft Disease 519 Glomerulosclerosi focale segmentaria Registry), nel decennio compreso tra il 1987 ed il 1996, su 4913 trapianti di rene. La presenza di recidiva o di malattia de novo si osservava in 167 pazienti (3.4% del totale). In 57 di questi pazienti (circa 34%) si evidenziava la presenza di GSFS. La diagnosi veniva effettuata dopo un periodo medio di 678 giorni dal trapianto. La sopravvivenza a 5 anni dal trapianto nel gruppo di pazienti con recidiva della malattia di base era del 39.8% e, quindi, nettamente più bassa rispetto a quella del gruppo di controllo, pari al 67.6%. Anche la sopravvivenza del rene trapiantato era nettamente diversa tra il gruppo in cui si osservava la recidiva della malattia di base rispetto al gruppo di controllo: 1360 giorni (1244 giorni in caso di ricorrenza della GSFS) contro 3382 giorni, rispettivamente. L’analisi multivariata dei dati ha inoltre consentito di identificare alcuni fattori di rischio nella perdita del trapianto: trapianto da cadavere, prolungato tempo di ischemia fredda, elevata incompatibilità HLA, ricorrenza della malattia di base. In quest’ultimo ambito, il rischio relativo di perdita del trapianto, dovuto a recidiva della GSFS, era di 2.25 (1.6-3.1). La percentuale di pazienti con recidiva della GSFS che andavano incontro a perdita del trapianto era pari al 64.9%. Un altro recente studio è stato condotto da Abbott et al valutando i dati dell’USRDS (United States Renal Data Sysem) (100). Anche in questo studio la GSFS è risultata la patologia di base più frequentemente coinvolta nella perdita del trapianto renale. Nel caso di donatori viventi la percentuale di perdita del trapianto era del 18.7%, mentre nel caso di donatore cadavere la percentuale era del 7.8%. L’analisi multivariata dei dati identificava alcuni fattori di rischio associati alla recidiva di GSFS, razza afro-americana del donatore con ricevente di razza bianca, giovane età del ricevente, modalità di trattamento ricevuto. I pazienti, in cui si manifesta la recidiva della GSFS, presentano proteinuria spesso nefrosica ed esordio precoce (nei bambini già dopo due settimane dal trapianto). Talvolta può manifestarsi un'insufficienza renale acuta nella prima settimana dopo il trapianto e gli episodi di rigetto acuto sono più frequenti (101). I pazienti che sviluppano recidiva della GSFS in un primo trapianto hanno il 75% di probabilità circa di ricorrenza in un successivo trapianto. La perdita del trapianto in questi pazienti si verifica in una percentuale di casi compresa tra il 10% e l’80%. Il motivo di questa variabilità è legato ad alcuni fattori prognostici tra cui il più importante è rappresentato dalla proteinuria persistente in range nefrosico (102). La frequenza e la rapidità con cui la sclerosi focale si ripresenta nel rene trapiantato suggerisce l’esistenza di un fattore circolante nel siero dei pazienti affetti da GSFS primitiva. Per verificare questa ipotesi sono stati realizzati numerosi studi sperimentali. Uno di questi, realizzato da Savin et al (103), ha dimostrato la presenza nel siero di pazienti affetti da GSFS primitiva di un fattore in grado di aumentare la permeabilità all’albumina in glomeruli isolati. L’attendibilità di questo metodo è stata valutata in uno 520 studio (104) in cui si è osservata una maggiore incidenza della recidiva (86% dei casi) se nel siero del ricevente era presente il fattore “permeabilizzante”; l’incidenza era molto più bassa (17%) se tale fattore era assente. Questo fattore è un polipeptide non immunoglobulinico, con un peso compreso tra 30 e 50 KD. Accanto alle forme di recidiva della GSFS primitiva esistono forme di GSFS de novo a patogenesi differente. La GSFS, infatti, può rappresentare la manifestazione del rigetto cronico, di nefrotossicità da ciclosporina o di alterazioni emodinamiche associate all’ipertrofia glomerulare indotta dalla condizione di monorene funzionale (105). Nonostante la frequenza relativamente alta con cui la GSFS si ripresenta nel rene trapiantato, non esistono in letteratura dati univoci su come trattare questa evenienza. Dal momento che la terapia immunosoppressiva è già abitualmente impiegata nel trapiantato, è possibile tentare solo un trattamento non farmacologico (plasmaferesi, plasma exchange, immunoassorbimento). Il razionale dell’approccio non farmacologico consiste nella rimozione del fattore permeabilizzante presente nel siero di questi pazienti. L’efficacia è stata dimostrata nell’induzione della remissione in alcuni casi o comunque nella marcata riduzione della proteinuria. Uno studio di Franke et al (106) ha valutato l’efficacia dell’associazione tra “plasma exchange” e immunoassorbimento del plasma in nove pazienti in età pediatrica con GSFS primitiva (7 pazienti) e recidiva dopo trapianto (2 pazienti). Cinque di questi pazienti presentavano remissione completa mentre uno andava incontro a remissione parziale. Tra le due metodiche l’immunoassorbimento sembra preferibile rispetto al plasma exchange in quanto non prevede la somministrazione di albumina o di plasma fresco. L’efficacia dell’immunoassorbimento è stata valutata anche da uno studio di Haas et al (107) su 8 pazienti con GSFS di cui 3 con recidiva post trapianto. In 4 di questi pazienti si osserva una riduzione della proteinuria del 50%. Nonostante i risultati preliminari siano confortanti, i dati disponibili non consentono giudizi definitivi sull’efficacia della metodica. Riassunto Il termine “glomerulosclerosi focale segmentaria” GSFS indica un’alterazione istologica non specifica. Questa può verificarsi primitivamente o in corso di altre patologie. La GSFS primitiva è usualmente caratterizzata da sindrome nefrosica; questa è più frequente nel bambino e nell’adolescente ma la sua incidenza è in aumento anche nell’adulto. La GSFS secondaria include alterazioni glomerulari causate dalla guarigione di altre lesioni focali, dalla perdita di nefroni o come conseguenza di numerose patologie renali croniche, dell’ipertensione glomerulare (come nel diabete mellito) e dell’obesità. Nonostante le Fuiano et al differenze eziologiche e di presentazione clinica, la GSFS primitiva e secondaria hanno in comune la lesione caratteristica: il danno alle cellule epiteliali viscerali. La diagnosi di GSFS può essere mancata in alcuni casi per errori di campionamento dovuti alla natura focale della lesione. Questo errore, tuttavia, può essere minimizzato dall’analisi di un numero adeguato di sezioni seriate. Ciò nonostante è opinione comune che in molti casi la GSFS sia eziologicamente correlata alla GN a lesioni minime. Nonostante sia stata descritta una forma familiare di GSFS, la maggioranza dei casi di GSFS è idiopatica. La terapia della GSFS è argomento di disputa. Il trattamento con prednisone (0.52 mg/kg/die) per un minimo di sei mesi può essere considerato la base della terapia. La ciclosporina A può essere utile nell’induzione della remissione, nonostante una percentuale elevata di recidive dopo la riduzione del dosaggio o la sospensione del farmaco. I farmaci citotossici, quali Bibliografia 1. Cameron JS. The enigma of focal segmental glomerulosclerosis. Kidney Int 1996; 50 (suppl 57): S119-31. 2. Rennke HG. How does glomerular epithelial cell injury contribute to progressive glomerular damage. Kidney Int 1994; 45 (suppl): S58. 3. Guasch A, Deen WM, Myers BD. Charge selectivity of the glomerular filtration berrier in healthy and nephrotics humans. J Clin Invest 1993; 92: 2274. 4. Schwartz MM, Lewis EJ. Focal segmental glomerular sclerosis: the cellular lesion. Kidney Int 1985; 28: 968-74. 5. Yoshikawa N, Ito H, Akamatsu R, Hazikano H, Okada S. Glomerulosclerosis. Arch Pathol Lab Med 1986; 110: 394-8. 6. Schonholzer KW, Waldron M, Magil AB. Intraglomerular foam cells and human focal glomerulosclerosis. Nephron 1992; 62: 130-6. 7. Whitworth JA, Turner DR, Leibowitz S, Cameron JS. “Focal segmental sclerosis or scarred focal proliferative glomerulonephritis?” Clin Nephrol 1975; 9: 229-35. 8. Fuiano G, Comi N, Magri P, et al. 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