Glomerulosclerosi focale segmentaria

Nefrologia / Rassegna
Giornale Italiano di Nefrologia / Anno 18 n. 5, 2001/pp. 510-523
Glomerulosclerosi focale segmentaria
G. Fuiano, F. Marino, G. Natale, F. Cantiello, D. Mancuso
Cattedra di Nefrologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Catanzaro
Focal segmental glomerulosclerosis
The term “focal segmental glomerulosclerosis” FSGS indicates a relatively non-specific histologic change. It can occur as a
primary disease or of secondary to other pathologies. Primary focal segmental glomerulosclerosis is usually characterized
by nephrotic syndrome; it is more frequent in children and adolescents, but the incidence is increasing in adults. Secondary
FSGS include glomerular changes due to healing of other focal injuries, nephron loss as a consequence of several chronic
renal diseases, intraglomerular hypertension (as in diabetes mellitus) and obesity. Despite the differences in etiology and
clinical presentation, primary and secondary FSGS share the primary lesion: the visceral epithelial cell injury. Diagnosis of
FSGS can sometimes be missed because of sampling error due to the focal nature of the lesions. This error, however, can be
minimized by adequate number of serial section analyses. Nevertheless, it is thought that in most cases primary FSGS is etiologically related to minimal change disease. Although a familial form of FSGS has been described, the majority of cases of
FSGS are idiopathic. The therapy of primary FSGS is controversial. Treatment with prednisone (0.5-2 mg/kg/day) for at
least six months should be considered the basis of therapy. Cyclosporine A is also beneficial in inducing remission, despite a
high rate of relapse after tapering or discontinuing the drug. Cytotoxic drugs, such as cyclophosphamide and chlorambucil,
should be considered only as a second-choice therapy. Other drugs, such as tacrolimus, mycophenolate, or non-pharmacological approaches, such as plasmapheresis and protein imunoadsorption are still under evaluation. The latter could be considered for the treatment of post-transplant recurrence. (Giorn It Nefrol 2001; 18: 510-23)
KEY WORDS: Glomerulosclerosis, Segmental fibrosis, Nephrotic syndrome, Prednisone, Cyclosporine A, Cytotoxic drugs
PAROLE CHIAVE: Glomerulosclerosi, Fibrosi segmentale, Sindrome nefrosica, Prednisone, Ciclosporina A,
Farmaci citotossici
La glomerulosclerosi focale segmentaria (GSFS) oltre
ad essere tuttora una delle cause più frequenti di sindrome
nefrosica nel bambino, è in costante aumento.
Oltre 25 anni fa J.S. Cameron scriveva che “…uno dei
modi più facili per scatenare una controversia tra patologi
renali è quello di promuovere una discussione sulla glomerulosclerosi focale segmentaria…”. Attualmente, la
situazione non è molto diversa, perché, nonostante numerose acquisizioni abbiano consentito di definirne importanti aspetti nosologici, molti interrogativi rimangono
oggetto di studio e di dibattito.
In questa rassegna abbiamo ritenuto opportuno focalizzare la nostra attenzione su alcuni dei principali interrogativi relativi a questa patologia: che cosa si intende per
sclerosi focale? È un’entità nosologica autonoma? Quali
sono le forme secondarie più importanti? È possibile
distinguerle dalla forma primitiva? Esiste la possibilità di
una trasmissione familiare? Esistono dati che ci consentono di scegliere approcci terapeutici razionali? Con che frequenza si ripresenta nel rene trapiantato?
Cosa si intende per sclerosi focale?
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© Società Italiana di Nefrologia
Il termine “glomerulosclerosi focale segmentaria“ indica in senso stretto una lesione istologica aspecifica, che
interessa parte del glomerulo e parte dei glomeruli. A
livello clinico, invece, con lo stesso termine vengono
individuate entità nosologiche ad eziologia sconosciuta
(forma primitiva) o secondarie ad altre patologie, caratterizzate da quadri sintomatologici ed evolutivi differenti.
La forma primitiva identifica, infatti, una patologia associata generalmente a sindrome nefrosica, con tendenza a
progredire verso l’insufficienza renale cronica ed a recidivare dopo il trapianto. Nelle forme secondarie, invece,
la presentazione e l’evoluzione variano notevolmente in
rapporto alla patologia primitiva (1). Tuttavia, nonostante queste differenze, forme primitive e secondarie sembrano condividere un momento istopatogenetico iniziale:
il danno alle cellule epiteliali viscerali dei glomeruli.
Questa lesione può essere causata da una tossina (probabilmente una citochina prodotta dai linfociti) nella forma
Fuiano et al
primitiva, da un danno infiammatorio nelle lesioni glomerulosclerotiche secondarie a glomerulonefriti e vasculiti o dall’ispessimento delle cellule epiteliali indotto
dalla risposta ipertrofica alla perdita di nefroni in nefropatie croniche di varia natura. In quest’ultimo caso
l’incapacità fisiologica della cellula epiteliale a replicarsi
si traduce nella riduzione del numero delle cellule e nella
rarefazione di aree focali della membrana basale glomerulare (MBG) (2). Ne consegue una perdita di efficacia
della barriera di filtrazione, rappresentata nel versante
epiteliale dai sottili diaframmi interposti tra i pedicelli,
con incremento locale del flusso di acqua, piccoli soluti e
di albumina nello spazio del Bowman per convezione. Il
passaggio di albumina è favorito anche da un aumento
del numero di pori nella parete capillare e dalla ridotta
efficacia della barriera elettrostatica, in conseguenza
della perdita di cariche anioniche (3). Le molecole pro-
teiche più grandi, quali IgM, fibrinogeno e fattori del
complemento, restano invece intrappolate all’interno
della membrana basale del capillare glomerulare formando un caratteristico deposito ialino subendoteliale.
Alla microscopia ottica l’ alterazione più precoce è rappresentata da aderenze flocculo-capsulari. L’area aderenziale tende con il tempo a sclerotizzare a causa di depositi
di collagene di tipo III (un tipo di collegene normalmente
presente nei glomeruli). La sclerosi coinvolge successivamente altre anse capillari con incremento della matrice
mesangiale ed occlusione dei capillari ad opera di materiale ialino. La lesione sclerotica è spesso circondata da un
aggregato di cellule epiteliali proliferanti e cellule della
capsula del Bowman, talvolta così numerose da assumere
l’apparenza di un crescent segmentario (4).
Nei capillari adiacenti alla lesione, i podociti, separati
dalla MBG, lasciano un “alone” vuoto attorno all’ansa
capillare ed appaiono spesso vacuolati (5). I vacuoli risultano positivi ai coloranti per i lipidi neutri e conferiscono
ai podociti l’aspetto di “foam cells” (6). Sia i glomeruli
coinvolti dal processo sclerotico che quelli indenni presentano un aumento della cellularità mesangiale.
L’immunofluorescenza può mostrare nel 40% circa dei
casi una positività alle IgM in corrispondenza delle lesioni
(spesso attorno ai capillari occlusi).
La microscopia elettronica permette di osservare la
vacuolizzazione dei podociti e delle cellule endoteliali,
nonché l’alone costituito da materiale laminare e interposto tra i podociti e la MBG. È molto importante sottolineare che le alterazioni podocitarie sono presenti sia a
livello dei glomeruli con evidenza di sclerosi che di
quelli indenni. Ciò suggerisce che il coinvolgimento
glomerulare nella GSFS non è focale, ma diffuso (7). La
distribuzione diffusa della glomerulosclerosi è stata confermata anche dal nostro gruppo, analizzando 963 sezioni seriate dello spessore di 2 mm da 10 biopsie di
pazienti con diagnosi di GSFS primitiva (Tab. I).
Complessivamente si osservavano 182 glomeruli, 83 dei
quali non erano presenti nelle sezioni superficiali, ma
“emergevano” nelle sezioni successive. La percentuale
di glomeruli con lesioni sclerotiche nelle sezioni superficiali era del 34.7 %, ma questa percentuale saliva al
69.5% dopo l’osservazione di tutte le sezioni. La Figura
area di
sclerosi
glomerulo
Fig. 1 - Un glomerulo “seguito” con il taglio di sezioni seriate. È evidente
come l’area di sclerosi, inizialmente assente, compaia successivamente.
L’osservazione della sola sezione iniziale avrebbe fatto giudicare “normale” un glomerulo sclerotico.
TABELLA I - DISTRIBUZIONE DELLE LESIONI SCLEROTICHE GLOMERULARI IN 10 CASI DI GSFS PRIMITIVA (Ref 8)
Glomeruli della sezione iniziale
n
% del totale
Tutti i glomeruli
Glomeruli completi
Totale
con sclerosi
alla sezione
iniziale
con sclerosi
dopo la
analisi seriata
Totale
con sclerosi
alla sezione
iniziale
con sclerosi
dopo la
analisi seriata
Totale
con sclerosi
dopo la
analisi seriata
75
26
34.7
49
65.3
117
35
29.9
82
70.1
37
31
83.7
511
Glomerulosclerosi focale segmentaria
Fig. 2 - Rapporto di grandezza tra
l’area media della sclerosi e l’area
media del glomerulo.
1 mostra 4 differenti sezioni di uno stesso glomerulo:
come si può osservare, la sclerosi che non era presente
nella sezione iniziale, compariva in sezioni molto più
profonde. Inoltre, se si consideravano solo i 57 glomeruli che era possibile seguire, attraverso le sezioni seriate,
nella loro globalità (glomeruli “completi”), la percentuale di glomeruli sclerotici era dell’83.7%. Mediante
l’analisi morfometrica del materiale bioptico, è stato
possibile calcolare il volume glomerulare (pari a 587 ±
42 mm3 x 1000 ) e quello delle lesioni sclerotiche. Il
volume medio delle lesioni sclerotiche era solo il 12 ± 3
% del volume glomerulare. Il limitato volume dell’area
di sclerosi in rapporto al volume glomerulare (Fig. 2)
chiarisce il motivo per cui una patologia glomerulare
diffusa possa apparire focale o addirittura non essere
individuata allorquando vengano esaminate solo poche
sezioni (8).
Dal punto di vista epidemiologico, la GSFS è una
causa frequente di sindrome nefrosica anche nell’adulto. In un recente studio su biopsie renali effettuate in
adulti con sindrome nefrosica idiopatica tra il 1995 ed il
1997, la GSFS risultava essere la causa più frequente
(35% dei casi) (9). L’incidenza nella popolazione generale è approssimativamente di due casi per milione di
abitanti all’anno (10). Essa rappresenta anche una delle
cause più frequenti di insufficienza renale cronica (IRC)
terminale nella popolazione pediatrica (11). Non è stata
riportata una significativa correlazione etnica, anche se
sembra esserci una maggiore frequenza nella razza nera
(12).
512
La GSFS primitiva rappresenta una entità
nosologica autonoma ?
Rimane tuttora aperta la questione se, dal punto di vista
nosologico, la glomerulosclerosi focale primitiva possa
essere considerata un’entità autonoma rispetto ad altre
glomerulopatie primitive o secondarie ed in particolar
modo alla glomerulonefrite a lesioni minime (13).
Numerose evidenze fanno supporre la possibilità che, in
una parte di pazienti con sindrome nefrosica, la glomerulonefrite a lesioni minime e la GSFS rappresentino non
due condizioni distinte, bensí due aspetti prognosticamente diversi della stessa patologia (14). Alcuni pazienti con
diagnosi bioptica di glomerulonefrite a lesioni minime
progrediscono tardivamente verso la GSFS mentre, seppure occasionalmente, pazienti con GSFS presentano una
remissione con decorso “steroido sensibile” simile a quello osservato nella glomerulonefrite a lesioni minime. Studi
in pazienti pediatrici suggeriscono che, paradossalmente,
ciò si verifica soprattutto nei casi in cui la sclerosi glomerulare non è segmentaria, ma globale (15). Il motivo per
cui ciò accade non è noto.
In linea di massima è possibile distinguere due sottogruppi nell’ambito della GSFS primitiva: il primo caratterizzato da un andamento più favorevole, simile a quello
della glomerulonefrite a lesioni minime; il secondo caratterizzato da un' evoluzione inarrestabile verso l’IRC e da
elevata tendenza a recidivare dopo il trapianto.
Occorre sottolineare, tuttavia, che a causa della natura
focale della lesione glomerulare, errori di campiona-
Fuiano et al
mento dovuti all’esiguità del prelievo bioptico possono
far porre diagnosi di glomerulonefrite a lesioni minime
in pazienti in realtà affetti da GSFS. In assenza di lesioni sclerotiche nei glomeruli presenti nelle sezioni osservate, il solo vago indizio della presenza di GSFS è dato
dalla presenza di aree di atrofia tubulare e fibrosi interstiziale. Va però aggiunto che, come dimostrato dal
nostro gruppo, la valutazione di un numero congruo di
sezioni può aiutare o confermare la diagnosi. Nella
Tabella II è indicato il numero di sezioni che è necessario eseguire per confermare la diagnosi; il numero delle
sezioni è correlato al numero dei glomeruli presenti
nella sezione iniziale.
Nonostante la storia naturale e, di conseguenza, il giudizio prognostico sulla GSFS sia notevolmente differente da
quello della glomerulonefrite a lesioni minime, esistono
molte correlazioni patogenetiche tra le due glomerulopatie. Le alterazioni a livello dei podociti (causate probabilmente da linfochine circolanti non ancora del tutto note),
potrebbero rappresentare un momento patogenetico iniziale in entrambi (16). Ciò che non è chiaro, è il motivo per
cui queste lesioni tendano a scomparire in seguito alla
terapia immunosoppressiva, nel caso della glomerulonefrite a lesioni minime, e ad evolvere verso la sclerosi nella
GSFS (17).
Quali sono le più comuni forme secondarie
di GSFS ? È possibile distinguerle dalla
forma primitiva?
Come sottolineato in precedenza, la lesione sclerotica
focale segmentaria del glomerulo è un reperto istologico
non specifico. Essa può essere osservata, oltre che nella
forma primitiva o idiopatica (18), anche in associazione
ad altre patologie quali: a) guarigione (con conseguente
formazione di “cicatrice glomerulare”) di altre glomerulonefriti quali la nefrite lupica proliferativa, la nefropatia
da depositi mesangiali di IgA e le vasculiti; b) l'insufficienza renale cronica di qualunque origine, in conseguenza della perdita della massa nefronica funzionante;
c) la vasodilatazione renale cronica, come avviene nelle
fasi iniziali della nefropatia diabetica, nell’anemia falciforme e in svariate altre condizioni cliniche; d) l’obesità grave (19).
Esiste poi un gruppo di malattie in cui si osserva la
GSFS (Tab. III). Appare utile focalizzare l’attenzione su
alcune peculiarità delle forme secondarie, prima di distinguerle dalla forma idiopatica.
Guarigione di altre patologie glomerulari. La GSFS
può verificarsi durante la fase iniziale di numerose patologie glomerulari, quali la nefrite lupica proliferativa focale,
la malattia di Berger e le vasculiti. In questi casi si ritiene
che il rilascio di trasforming growth factor-β (TGF-β) da
parte delle piastrine e delle cellule endoteliali glomerulari
TABELLA II - NUMERO DI SEZIONI (TAGLIATE
ALL’INTERVALLO INDICATO) PER
POTER ESCLUDERE LA DIAGNOSI DI
GSFS NEL CASO IN CUI CI SIANO MENO
DI 9 GLOMERULI E NESSUNO DI ESSI
RISULTI SCLEROTICO NELLA SEZIONE
INIZIALE ( LIVELLO DI PROBABILITÀ:
99.9 %) (Ref 8)
Intervallo di confidenza: 99.9 %
Distanza tra le sezioni : 23 µm
Numero di
glomeruli
Sezioni da
tagliare
9
8
7
6
5
4
1
2
3
4
5
6
TABELLA III - CLASSIFICAZIONE DELLA GLOMERULOSCLEROSI FOCALE SEGMENTARIA
GSFS Primitiva (idiopatica):
Forma classica
Glomerulopatia con collasso della matassa glomerulare
Variante cellulare
Lesione glomerulare apicale
GSFS con massa renale ridotta e glomerulomegalia:
Nefropatia da reflusso
Obesità notevole
Da ischemia renale cronica
Altre
GSFS secondaria:
Glomerulonefrite focale proliferativa
Sindrome di Alport
Ipertensione
Anemia falciforme
Pre-eclampsia
Diabete mellito
GSFS associata a infezione da HIV
GSFS associata all’uso cronico di eroina
possa giocare un ruolo importante nella progressione della
nefropatia (20). Il TGF-β determina, infatti, un aumento
della matrice mesangiale stimolandone la produzione e
inibendone la degradazione. Esso inoltre facilita l’adesione di cellule infiammatorie alla matrice stessa. L’insieme
di questi effetti causa la sclerosi glomerulare (21). Studi
condotti su modelli sperimentali di glomerulonefriti hanno
dimostrato che è possibile ottenere la regressione o
comunque l’arresto della progressione, mediante la somministrazione di anticorpi contro questo fattore di crescita
513
Glomerulosclerosi focale segmentaria
o di suoi inibitori, riducendo l’accumulo di matrice e
l’estensione delle lesioni cicatriziali nei glomeruli (22).
Nel modello sperimentale murino di insufficienza renale
cronica, la soppressione dell’espressione di TGF-β, tramite la somministrazione di altre citochine (come ad esempio l’Hepatocyte growth factor HGF), limita la fibrosi
renale (23). Va, tuttavia, sottolineato che, nonostante gli
effetti del TGF-β favorenti la sclerosi siano stati ben documentati, questa terapia anti-TGF-β non ha ancora ricevuto
alcuna verifica clinica (24). È stato tuttavia dimostrato che
il dosaggio del TGF-β può essere utile ai fini diagnostici.
In particolare è stato suggerito che il rapporto TGF-β1
mRNA/β-actina mRNA può essere utilizzato come
marker di glomerulosclerosi nelle biopsie renali (25).
È stato inoltre suggerito un ruolo dell’Heparin-binding
epidermal growth factor (HB-EGF) nello sviluppo della
lesione sclerotica. Il meccanismo sarebbe duplice: la stimolazione di mitogenesi abortive nelle cellule epiteliali
glomerulari ed un’anomala interazione tra l’HB-EGF transmembrana e la membrana basale glomerulare esposta
(26).
Perdita di nefroni. La GSFS può essere indotta dalla
perdita di nefroni, come si verifica in corso di numerose
malattie renali croniche, incluse quelle non glomerulari
quali la nefropatia da reflusso e la nefrosclerosi ipertensiva benigna ischemizzante. In queste situazioni, infatti, la
riduzione della popolazione nefronica induce una risposta
adattativa dei nefroni residui che consiste in una ipertensione glomerulare compensatoria con ipertrofia dei relativi
glomeruli ed aumento della filtrazione per singolo nefrone (27). In tal modo è possibile mantenere inizialmente il
filtrato glomerulare totale (GFR) su valori normali, ma la
contropartita a lungo termine dell’ipertensione glomerulare è la glomerulosclerosi focale. La proliferazione delle
cellule glomerulari è seguita da infiltrazione di macrofagi,
produzione di citochine, accumulo progressivo di componenti della matrice extracellulare ed esposizione della
MBG (28).
Un’altra situazione in cui si osserva una perdita di
nefroni con meccanismo analogo è rappresentata dalla
marcata riduzione della massa renale funzionante in
pazienti con rene unico acquisito o congenito. La prima
evenienza è stata studiata da un follow up a lungo termine
di adulti monorene parzialmente nefrectomizzati per carcinoma renale: in questi pazienti è stata dimostrata una
aumentata proteinuria (secondaria alla GSFS), e in alcuni
casi, progressione verso l’IRC. Nei casi in cui la riduzione
della massa renale è del 75%, il rischio di sviluppare una
malattia clinicamente evidente a 5 anni dall’intervento
chirurgico è maggiore (29). Sulla base di questi dati diventa lecito chiedersi se esista o meno il rischio a lungo termine di sviluppare una GSFS tra i donatori di rene per trapianto da vivente. Una risposta a questo quesito viene da
uno studio che ha valutato 57 donatori di rene per un follow up di 24 anni. Nessuno di essi ha presentato una ridu-
514
zione della clearance della creatinina in questo lungo
periodo di tempo, né un aumento della proteinuria o
dell’ipertensione rispetto alla popolazione generale di pari
età (30). Un decorso clinico oltremodo favorevole è stato
descritto in 62 soggetti a 45 anni di distanza da un intervento di nefrectomia effettuato per cause traumatiche
durante la seconda guerra mondiale. Rispetto ai controlli
questi soggetti non presentavano alcuna correlazione tra
nefrectomia e ipertensione diastolica, mentre la pressione
sistolica e la proteinuria presentavano solo un modesto
incremento (31). L’esame (autoptico) del tessuto renale
mostrava solo un basso grado di glomerulosclerosi simile
a quella osservata nei soggetti controllo di pari età (32).
A differenza dei due modelli precedenti, nella riduzione
congenita della massa renale secondaria ad agenesia renale
monolaterale, è stata evidenziata un’aumentata frequenza
di GSFS secondaria (33). Il differente comportamento del
rene unico per agenesia renale controlaterale ha fatto ipotizzare una particolare suscettibilità da parte del rene solitario oppure la presenza di una patologia strutturale occulta.
Vasodilatazione renale cronica. L’ipertensione glomerulare conseguente a vasodilatazione renale cronica, come si
verifica nella nefropatia diabetica, nell’anemia falciforme
e nella glicogenosi di tipo I può promuovere la formazione
di aree di glomerulosclerosi segmentaria (34). Meccanismi
analoghi potrebbero essere responsabili della occasionale
ma non rarissima GSFS osservata dopo preeclampsia
grave. In questi casi, le donne affette tendono ad avere
valori pressori particolarmente elevati e glomeruli dilatati,
la qual cosa suggerisce un ruolo importante dei fattori
emodinamici nella genesi della GSFS (35). Il meccanismo
patogenetico alla base della lesione sclerotica focale posteclampitica si ritiene essere l’ipertrofia glomerulare.
Questa lesione, tuttavia, è in genere reversibile entro 40
giorni dal parto. La tipica riduzione della proteinuria che
si osserva, di conseguenza, in questi casi è compatibile
con l’ipotesi che la GSFS sia indotta dalla gravidanza e la
preeclampsia rappresenti una patologia concomitante o
preesistente (36).
Obesità. È stato proposto che le alterazioni dell’emodinamica renale possano essere responsabili dello sviluppo
di una GSFS in pazienti con obesità marcata (37). Infatti,
sebbene la sindrome nefrosica sia rara nei pazienti obesi,
uno studio autoptico suggerisce che il reperto di lesioni
sclerotiche in pochi glomeruli, associate a proteinuria
lieve o moderata, è relativamente comune (38). I pazienti
obesi con GSFS tendono ad avere un elevato GFR e glomeruli aumentati di dimensione, se comparati a quelli non
proteinurici; ciò è compatibile con un’ipertensione intraglomerulare nella genesi delle lesioni sclerotiche. La perdita di peso e la somministrazione di ACE-inibitori possono drasticamente ridurre l’escrezione urinaria di proteine
(dell’80 – 85 %) in questi pazienti (39). Il reperto di una
proteinuria elevata, associata a glomerulosclerosi lieve (o
assente) o a danno epiteliale con fusione dei pedicelli (40),
Fuiano et al
è più frequente nei pazienti obesi affetti dalla sindrome
dell’apnea notturna (41).
Quadri a patogenesi incerta. Sono incluse in questo
gruppo forme associate ad infezione da HIV, a terapia cronica con sali di litio, ed a patologie neoplastiche maligne.
È noto che una significativa percentuale di pazienti con
sindrome nefrosica presenta una patologia neoplastica
maligna associata. I tumori solidi si associano prevalentemente alla glomerulonefrite membranosa. I linfomi e le
leucemie alle glomerulopatie a lesioni minime. Il carcinoma renale, l’amiloidosi secondaria (42), alcune malattie
mieloproliferative (in particolare la policitemia vera e la
trombocitopenia essenziale) (43) ed anche alcuni linfomi,
sia Hodgkin che non-Hodgkin, alla GSFS. Il decorso
della nefropatia è in genere parallelo a quello della neoplasia (44, 45).
Una forma particolare è la nefropatia da eroina, frequente anche in pazienti HIV negativi (46), che può manifestarsi, oltre che con la GSFS, anche con amiloidosi o glomerulonefrite membranosa, particolarmente nei casi di
infezione da virus epatitici (47). La GSFS da eroina è particolarmente frequente nei pazienti di razza nera. Essa può
portare ad una lenta progressione verso l’insufficienza
renale. La patogenesi di questa forma è incerta (48). È
stato proposto che il danno epiteliale glomerulare possa
essere indotto da una tossina esogena correlata all’eroina.
Compatibile con questa ipotesi è l’osservazione che la
nefropatia da eroina è largamente scomparsa nei centri
urbani dove lo spaccio di droga è meglio controllato.
Un’ipotesi alternativa è che i consumatori di eroina possano sviluppare una nefropatia da HIV con evoluzione
rapida (49).
Distinzione clinica tra GSFS primitiva e secondaria.
L’importanza di porre una diagnosi differenziale tra GSFS
primitiva e secondaria ha notevoli implicazioni nella terapia. La forma primitiva, infatti, può rispondere a farmaci
steroidi ed immunosoppressivi, mentre la malattia secondaria deve essere trattata con farmaci atti a ridurre la pressione intraglomerulare, come gli ACE–inibitori (39) oltre
che con la terapia specifica della malattia di base, se è possibile.
Il procedimento diagnostico differenziale deve iniziare
dall’anamnesi, nel tentativo di identificare una patologia
notoriamente associata alla GSFS. Altro elemento da
valutare attentamente è la proteinuria. La modalità di
esordio, la quantità di proteine escrete nelle 24 ore, la
progressione ed eventualmente la regressione della proteinuria sono elementi distintivi utilissimi. I pazienti con
GSFS primitiva presentano un brusco inizio della sindrome nefrosica, mentre un lento incremento della proteinuria e la comparsa dell’insufficienza renale nel tempo
sono caratteristiche della malattia secondaria. La GSFS
primitiva è in genere associata ad edemi periferici, ipoalbuminemia e proteinuria nefrosica. Per contro, la proteinuria nella GSFS secondaria è spesso non nefrosica, i
livelli di albuminemia sono normali e l’edema è infrequente (50). La relazione tra ipoalbuminemia, edema
periferico e GSFS primitiva o secondaria è stata valutata
in uno studio effettuato su pazienti con GSFS (diagnosticata biopticamente) e proteinuria nefrosica. È stato
osservato che i livelli più marcati di ipoalbuminemia
erano presenti nelle forme primitive (51).
Altro criterio discriminante tra forma idiopatica e secondaria è rappresentato dalle lesioni renali osservate alla
microscopia elettronica. La GSFS primitiva è associata
alla fusione diffusa dei pedicelli; per contro questa anormalità tende ad essere focale nella forma secondaria,
essendo limitata alle aree sclerotiche. Uno studio istologico ha dimostrato che la percentuale di superficie glomerulare, in cui era presente la fusione dei pedicelli, era il 65%
circa nella forma primitiva ed il 22% circa nelle forme
secondarie (il 25% nella nefropatia da reflusso e il 20%
nell’obesità) (14). Inoltre la fusione dei pedicelli era maggiore nelle forme “collapsing” (19). Altre osservazioni che
aiutano a distinguere la sclerosi secondaria a pregresse
vasculiti dalla GSFS idiopatica o dovuta a perdita di
nefroni sono le seguenti:
a) nel glomerulo colpito da pregressa vasculite, il segmento obsoleto della matassa capillare è generalmente
inglobato nel tessuto cicatriziale composto da collagene
tipo I e tipo III;
b) con il PAS, questo tessuto cicatriziale si colora meno
intensamente rispetto al segmento fortemente PAS-positivo del capillare collassato della GSFS primitiva (52, 53).
Esiste la possibilità di una trasmissione
familiare?
Nonostante la maggior parte dei casi di GSFS primitiva
sia idiopatica, è stata descritta una forma familiare di
GSFS (54). Uno studio multicentrico internazionale ha
identificato 60 famiglie con FSGS ereditaria. Ogni famiglia aveva almeno un membro con GSFS dimostrata biopticamente e un altro con diagnosi sospetta o con IRC terminale (55).
In alcuni casi la trasmissione della malattia sembrava
essere di tipo autosomico dominante con penetranza variabile, mentre l’eredità autosomica recessiva era stata osservata solo in alcune famiglie. La forma familiare appare
essere eterogenea (56, 57). I loci del gene sospetto sono
stati identificati sul cromosoma 19q13, in prossimità della
regione che contiene il gene della “nefrina” (mutato nella
sindrome nefrosica congenita e nella glomerulonefrite di
tipo Finnico), sul cromosoma 11 e sul cromosoma 1 (che
presenta più geni sospetti) (58).
In tre famiglie il cromosoma 19 era coinvolto nella
mutazione del gene dell’alfa-4-actinina. La forma mutata
di questa proteina si lega all’actina in maniera più forte
della proteina originaria, suggerendo che la malattia
515
Glomerulosclerosi focale segmentaria
potrebbe essere dovuta ad un’alterazione del citoscheletro
dei podociti glomerulari (59).
Il gene coinvolto nella forma recessiva è stato identificato usando una tecnica di clonaggio diretta verso l’area 2531 del braccio lungo del cromosoma 1. Questo gene codifica per una nuova proteina transmembrana, la podocina,
trovata esclusivamente nei podociti glomerulari (60, 61).
Qual è l’atteggiamento diagnostico
adeguato?
Se da un lato la diagnosi di glomerulosclerosi focale è
essenzialmente bioptica, dall’altro non è possibile prescindere dal quadro clinico e di laboratorio del paziente per un
corretto inquadramento nosografico ed un adeguato
approccio terapeutico.
La presentazione clinica è variabile con l’età e, in alcuni
casi, consente di distinguere la glomerulosclerosi focale
dalla glomerulonefrite a lesioni minime (62). Quest’ultima, infatti, si presenta costantemente con proteinuria
(selettiva) superiore ai 3 grammi nelle 24 ore e sindrome
nefrosica, indipendentemente dall’età del paziente. Al
contrario, la GSFS si presenta con sindrome nefrosica
nella quasi totalità dei pazienti pediatrici (con proteinuria
non selettiva) mentre solo nei 2/3 dei pazienti adulti (63).
Il 33% degli adulti, infatti, presenta proteinuria non
nefrosica accompagnata a microematuria e, in alcuni casi,
ad ipertensione arteriosa e insufficienza renale già dall’inizio (64). La macroematuria è riscontrata raramente e rende
più probabile la diagnosi di una glomerulonefrite proliferativa (ad esempio con depositi mesangiali di IgA) (65).
Tuttavia anche questi pazienti possono sviluppare successivamente una sindrome nefrosica. La modalità di presentazione non nefrosica è più rara nella razza nera (66).
Il passo successivo nell’iter diagnostico di questi
pazienti è rappresentato dalla biopsia renale (67), sebbene
alcuni autori preferiscano effettuarla, per i pazienti in età
pediatrica, solo in caso di insuccesso della terapia steroidea.
Alla microscopia ottica la lesione caratteristica della
GSFS è rappresentata dalla presenza in alcuni, ma apparentemente non in tutti i glomeruli (da cui la caratteristica
di focalità) di aree segmentali di collasso e sclerosi delle
anse capillari glomerulari, con sinechie frequenti tra la
capsula del Bowman e le anse stesse (13). In realtà, questa
focalità rappresenta la conseguenza della segmentalità
delle lesioni come dimostrato dal nostro gruppo. La sclerosi è presente nella gran parte dei glomeruli. Le alterazioni sclerotiche avvengono prima nei glomeruli iuxtamidollari. Queste lesioni si possono non osservare nelle biopsie
che interessano solo la corticale. Frequentemente si osserva una moderata ipercellularità ed una parziale occlusione
del lume dei capillari da parte di depositi ialini. Questi
ultimi rappresentano l’accumulo di proteine plasmatiche
516
nell’ambito della parete del capillare glomerulare reso
abnormemente permeabile (19). La lesione sclerotica può
essere anche molto estesa, con progressiva evoluzione del
danno renale, fino al coinvolgimento dell’intera matassa
glomerulare e formazione di glomeruli ialini.
Esistono alcune varianti istologiche a cui sono state
attribuite alcune peculiarità prognostiche:
1) La variante “cellulare” è caratterizzata da ipercellularità intracapillare ed extracapillare che si manifesta con
carattere di segmentarietà. A livello intravasale è presente,
oltre alla proliferazione delle cellule endoteliali, un’infiltrazione leucocitaria. L’ipercellularità nello spazio extracapillare è dovuta ad iperplasia podocitaria con aspetto di
pseudosemilune (68).
2) La "lesione apicale (tip lesion)" è caratterizzata da
danno della cellula epiteliale, ed accumulo di cellule
schiumose. È stato suggerito che questa lesione possa
identificare un sottogruppo di pazienti che rispondono particolarmente alla terapia con corticosteroidi (69).
3) La variante “ipercellularità mesangiale diffusa” si
presenta con la lesione classica associata ad ipercellularità
e marcata proliferazione mesangiale. Non vi è accordo
unanime sulla rilevanza prognostica di questa lesione (70).
4) Un’ultima variante è rappresentata dalla "nefropatia
con collasso glomerulare (collapsing nephropathy)". Si
distingue dalla forma primitiva per la sclerosi e il collasso
dell’intera matassa glomerulare. Questa forma può essere
idiopatica o indotta da infezione HIV; di solito è resistente
alla terapia ed ha un rapido e progressivo decorso verso
l’IRC terminale (71).
L’immunofluorescenza abitualmente non rileva depositi
di immunocomplessi, eccetto quelli aspecifici dati dal
legame di IgM e complemento alle cellule sclerotiche
(72). La microscopia elettronica dimostra, nella forma primitiva una fusione diffusa dei processi peduncolati delle
cellule epiteliali, alterazione simile a quella osservata nella
glomerulonefrite a lesioni minime. Possono essere presenti i cosiddetti fenomeni di “insudazione” capillare con
neoformazione di lamelle tra la MBG ed i podociti.
Nell’ambito dei depositi ialini (evidenziabili, come si è
detto, alla microscopia ottica) è possibile osservare gocce
lipidiche sotto forma di vacuoli. Un’ulteriore peculiarità è
rappresentata dalla degenerazione microvillica del citoplasma podocitario (73).
Esiste attualmente una terapia efficace?
La GSFS primitiva non trattata evolve, in una notevole
percentuale di pazienti, verso l’insufficienza renale cronica terminale. Tuttavia la terapia immunosoppressiva è in
grado di modificare in parte la storia naturale di questa
patologia. Se consideriamo insieme i pazienti che rispondono con remissione completa (proteinuria inferiore a 200
mg/24h ) o parziale (proteinuria tra 200 e 3000 mg/24 h),
Fuiano et al
TABELLA IV - EFFICACIA DELLA TERAPIA CORTICOSTEROIDEA (Ref 64, 66, 74, 75, 81, 96, 108, 109, 110, 111, 112)
Autore
Numero di pazienti
arruolati
Sind. nefrosica
(SN)/proteinuria
non nefrosica
Pazienti con SN
trattati con
steroidi
Responders
tra i pazienti
con SN
Remissione %
Incidenza di IRC %
St Hillier
Beaufils
Pei
Rydel
85
70
55
81
30/55
35/35
30/25
60/21
17
26
18
30
16
6
7
15
94
23
39
50
Miyata
Nagai
Banfi
Korbet
Jenis
Velosa
32
17
59
46
11
32
32/0
12/5
59/0
29/17
9/2
n.d.
32
8
27
16
6
26
18
4
20
8
2
11
56
50
74
50
33
42
n.d.
55 dei pz. con SN
45 dei non responders
- 0 dei non reponders
-59 dei responders
n.d.
63 dei non responders
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.=non determinata
TABELLA V - EFFICACIA DELLA TERAPIA CON CICLOSPORINA CsA (Ref 81, 84, 85, 87, 113)
Autore
Pazienti trattati/
controlli
Trattamento
Ponticelli
10/9
CsA per 12 mesi
Lee
5
CsA per 8 mesi
Walker
9
CsA per 4-6 mesi
Meyrier 46 (età pediatrica)
CsA
Green
9
CsA
Remissione
completa/ remissione
parziale nei
pazienti trattati
3/3
4/0
0/6
11 (compl+parz)
1/1
la responsività complessiva alla terapia immunosoppressiva nell’adulto va dal 45 al 60% (74). La potenziale efficacia della terapia può modificare la storia naturale della
malattia. La riduzione della proteinuria ha un notevole
valore nella prognosi, poichè solo il 30-50 % dei pazienti
con GSFS e proteinuria nefrosica conserva una funzione
renale normale a 10 anni dalla diagnosi, rispetto al 90%
circa dei pazienti con proteinuria inferiore a 3 g/die (75).
Anche la creatininemia all’esordio clinico ha un valore
prognostico importante, indipendente dalla proteinuria.
Pazienti con creatininemia superiore a 1.3 mg/dl al
momento della diagnosi presentano un decorso clinico
peggiore rispetto ai pazienti con valori più bassi (76).
Attualmente sono impiegati diversi farmaci, da soli o in
associazione, per il trattamento della GSFS, senza che vi
sia però un accordo univoco tra i diversi autori sulle
modalità e sulla durata del trattamento stesso. In questa
rassegna tenteremo di esaminare il razionale dei diversi
protocolli impiegati, da quelli che utilizzano i farmaci
immunosoppressivi classici, a quelli basati sull’utilizzo di
nuovi agenti.
Corticosteroidi
In prima istanza, classicamente, la terapia era basata
sull’utilizzo di prednisone al dosaggio di 0.5-2 mg/kg/die
per un periodo di almeno 6 mesi. Il dosaggio poteva essere
ridotto a 0.5 mg/kg/die ma solo dopo il terzo mese (77).
Oggi come alternativa, altri autori consigliano un dosaggio di 60 mg/m2 per quattro settimane seguite da altre
quattro settimane di somministrazione a giorni alterni con
40 mg/m2 (78).
Nei pazienti che rispondono alla terapia con prednisone,
il farmaco deve essere somministrato a dosaggio pieno
ancora per una o due settimane dopo la remissione, e poi
va ridotto con dosi scalari, molto lentamente. Molti autori,
tuttavia, sottolineano la necessità che la terapia venga prolungata per indurre e sostenere la remissione. In uno studio
di Rydel et al un gruppo di pazienti con GSFS è stato trattato per nove mesi con prednisone somministrato giornalmente. La percentuale di remissione completa era approssimativamente del 50%; la remissione si verificava dopo un
periodo medio di 3.7 ± 2 mesi (79). Sebbene l’assenza di
riduzione della proteinuria ad 8 settimane dall’inizio della
terapia nel bambino e a 12 settimane nell’adulto suggerisca
una resistenza agli steroidi, la letteratura raccomanda che il
periodo di trattamento steroideo minimo, prima di definire
il paziente steroido-resistente, sia di almeno sei mesi (80).
In alcuni pazienti, per ottenere una remissione sia pur parziale, si è dimostrata efficace la somministrazione di steroidi ad alte dosi (81). Attualmente non è possibile prevedere
al momento della presentazione della malattia, quali
pazienti con GSFS primitiva risponderanno alla terapia steroidea. Dal punto di vista istologico la presenza di alterazioni tubulo-interstiziali sembra essere predittiva di steroido-resistenza. L’importanza prognostica delle alterazioni
tubulo-interstiziali è suggerita dalla correlazione tra funzione tubulare, valutata come escrezione di proteine a basso
517
Glomerulosclerosi focale segmentaria
peso molecolare, quali la β2-microglobulina e la retinol
binding protein, e risposta alla terapia. Le proteine più piccole sono normalmente filtrate dal glomerulo e vengono
riassorbite lungo il tubulo. L’aumento dell’escrezione di
tali proteine indica una ridotta capacità tubulare di riassorbimento piuttosto che un’aumentata permeabilità glomerulare. I pazienti, che presentano un' escrezione di proteine a
basso peso molecolare, vanno generalmente in remissione
entro 12 settimane dall’inizio della terapia steroidea (82,
83). L’efficacia della terapia corticosteroidea è illustrata
nella Tabella IV.
Ciclosporina
La ciclosporina è stata utilizzata nel trattamento della
GSFS circa 15 anni fa, dimostrandosi efficace nella maggior parte dei pazienti steroido-sensibili ed in una percentuale variabile di pazienti steroido-resistente (Tab. V) (84).
In uno studio multicentrico controllato di 45 pazienti ,
Ponticelli et al hanno studiato gli effetti della somministrazione di ciclosporina al dosaggio di 5 mg/kg negli adulti e
6 mg/kg nei bambini, per una durata del trattamento di sei
mesi (85). Al termine dei sei mesi la terapia veniva sospesa nei pazienti non responders, mentre proseguiva fino ad
un anno, con dosaggi scalari (riduzione del 25% della
dose ogni due mesi) nei pazienti responders. La durata del
follow-up era compresa tra 18 e 24 mesi. Nel gruppo trattato la proteinuria si riduceva significativamente rispetto
al gruppo non trattato, già a sei mesi dall’inizio della terapia. Al termine del trattamento il 70% dei pazienti trattati
era in remissione (30% in remissione completa, 40% in
remissione parziale). Dopo un anno di follow-up, però,
solo il 20% dei pazienti rimaneva in remissione. In uno
studio successivo, controllato e randomizzato in doppio
cieco, sono stati trattati con ciclosporina 12 pazienti per un
periodo di sei mesi al dosaggio di 6 mg/kg di peso corporeo (86). Il gruppo di controllo riceveva placebo. Nel
gruppo trattato la proteinuria si riduceva mediamente da
6.8 a 1.9 g/24h mentre aumentava da 6.2 a 7.0 g/24 ore
nel gruppo controllo. Un recente studio ha valutato l’effi-
cacia dell’associazione ciclosporina più prednisone a bassi
dosaggi, rispetto al trattamento con solo prednisone in 4
pazienti con GSFS steroido-resistenti (87). La durata del
trattamento era di 6 mesi, e il follow-up medio di 48 mesi.
Alla fine del trattamento è stata osservata una remissione
(completa o parziale) nel 70% dei pazienti trattati con
l’associazione di ciclosporina più prednisone e nel 4% dei
pazienti trattati solo con prednisone. Anche in questo studio, tuttavia, la percentuale di recidive era elevata: 40%
dei pazienti responders a 12 mesi dalla sospensione del
trattamento, e 60% a 18 mesi. La ciclosporina appariva
efficace anche nel ridurre la progressione verso l’insufficienza renale. Il dimezzamento del filtrato glomerulare
basale si osservava nel 25% dei pazienti trattati con ciclosporina più prednisone e nel 52% dei pazienti trattati con
soli steroidi.
È possibile che la dose di ciclosporina (5-6 mg/kg/die)
impiegata in questi studi, non sia adeguata per tutti i
pazienti (88). La ciclosporina, infatti, a causa della sua
spiccata lipofilia, si lega per oltre il 50-60 % alle lipoproteine plasmatiche circolanti. Nei pazienti con elevati livelli
di colesterolemia questa percentuale sale notevolmente,
riducendo così la quota efficace di farmaco circolante
(89). Per questo motivo, nei pazienti nefrosici con livelli
di colesterolemia superiori a 350 mg/dl sono richiesti
dosaggi superiori a quelli convenzionali, fino a 10-14
mg/kg/die (90).
In conclusione, la ciclosporina è un farmaco efficace nel
trattamento della GSFS, particolarmente nei pazienti con
sindrome nefrosica marcata, con normale funzione renale
e senza ipertensione arteriosa (81). Essa riduce la proteinuria e rallenta la progressione verso l’insufficienza renale. Sebbene la percentuale di recidive sia piuttosto elevata,
i casi con remissione completa dopo un anno di trattamento con ciclosporina tendono a rimanere in remissione se la
riduzione del dosaggio avviene in maniera graduale fino
alla sospensione (84).
Il dosaggio della ciclosporina deve essere attentamente
monitorizzato, in considerazione della nefrotossicità del
farmaco nei trattamenti prolungati (85).
TABELLA VI - TERAPIA CITOTOSSICA (Ref. 74, 81, 91, 114, 115)
Autore
Pz. trattati
Trattamento
Risultati
Commenti
Tarshish
60 (pediatr.)
Prednisone (P) vs.
P + ciclofosfamide
Nessuna
Differenza
Banfi
59
P + citotossici
Remissione 58%
Geary
29
Ciclofosfamide 2.5 mg/kg/die
Remissione 48 %
Riduzione del GFR minore nei
pz. trattati solo con P
(36% vs 57%)
Riduzione del GFR minore nei
responders
Riduzione del GFR in
14 % dei responders vs
88 % dei non responders
Tune
32 (pediatr.)
Steroidi + citotossici
e.v. / orale
Remissione completa 66 %
518
Fuiano et al
Farmaci citotossici
L’ efficacia dei farmaci citotossici nella terapia della
GSFS non è del tutto dimostrata; di conseguenza essi rappresentano una terapia di seconda istanza (Tab. VI) (81).
Tarshish et al (91) hanno dimostrato che l’efficacia
nell’ottenere la remissione in pazienti pediatrici è sovrapponibile sia nel trattamento steroideo classico che
nell’associazione prednisone e ciclofosfamide (2.5
mg/kg/die).
Griswald et al (92) hanno utilizzato l’associazione
metilprednisolone e ciclofosfamide. Questo trial è stato
esteso, in seguito, da Mendoza et al ad una casistica di 23
pazienti (93). Il periodo di trattamento era complessivamente di 46 mesi. Metà dei pazienti presentava una
remissione completa, mentre nel 25% dei casi si osservava
una riduzione della proteinuria al termine del periodo di
trattamento.
Nell’adulto, Banfi et al hanno valutato retrospettivamente l’efficacia dell’associazione prednisone e terapia citotossica (74). I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi: il
primo riceveva solo terapia steroidea, il secondo riceveva
prednisone (1mg/kg/die) ed un farmaco citotossico (chlorambucil, azatioprina, cicolfosfamide) mentre il terzo
gruppo riceveva prednisone a bassi dosaggi (0.2-0.3
mg/kg/die) ed un farmaco citotossico (azatioprina o
ciclofosfamide). La percentuale di remissione, completa o
parziale, era maggiore nel gruppo trattato con sola terapia
steroidea (74%), rispetto agli altri due gruppi in cui si otteneva, rispettivamente, il 58 e il 38% di remissione.
Uno studio di Ponticelli et al (80) ha valutato gli effetti a
lungo termine del trattamento prolungato con steroidi e
farmaci citotossici. Sono stati arruolati 80 pazienti adulti,
di cui 53 trattati con terapia steroidea per un periodo
medio 16 settimane e 27 con terapia citotossica per un
periodo medio di 75 settimane. Dopo il primo ciclo, 31
pazienti del primo gruppo contro 11 del secondo presentavano una remissione della patologia. Dei 38 pazienti non
responders 26 pazienti sono stati trattati con un secondo
ciclo, suddivisi in tre gruppi (6 con terapia steroidea, 11
con terapia citotossica e 9 con ciclosporina). La remissione, completa o parziale si otteneva rispettivamente in 2, 6
e 7 pazienti. Nel corso del follow-up sono stati osservati
gravi effetti collaterali (infezioni, ulcera peptica, diabete,
neoplasie) in 11 pazienti. La funzione renale si manteneva
stabile, a 10 anni di distanza, nel 70% dei pazienti.
Altri farmaci immunosoppressivi
L’utilizzo del tacrolimus (FK506) nella terapia della
GSFS è stato valutato nei pazienti in età pediatrica. Uno
studio ha valutato l’efficacia in corso di GSFS resistente al
trattamento steroideo e citotossico e con parziale risposta
alla ciclosporina (94). È stata dimostrata, infatti, una riduzione della proteinuria (del 45-99%) in tutti i 4 bambini
TABELLA VII - RECIDIVA DELLA GLOMERULOSCLEROSI FOCALE SEGMENTALE NEL RENE
TRAPIANTATO (Ref. 1, 102, 116)
n. di trapianti
Dati dalla letteratura
Dati Nord America
(Tejani e Stablein)
Dati Europa (Broyer et al)
Recidiva
(%)
Perdita trapianto
(%)
316
81 (25.6)
38 (12)
132
330
27 (20)
96 (29)
10 (7.5)
24 (7.2)
trattati per un periodo di tre mesi. Tuttavia non sono del
tutto definiti gli effetti collaterali.
Per quanto concerne il micofenolato mofetile esistono
solo pochi dati preliminari (95), e il suo impiego non
trova, per il momento, indicazioni nel trattamento della
GSFS.
Trattamento non immunosoppressivo
Sono stati utilizzati, soprattutto come terapia di supporto, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) ed inibitori dell’enzima di conversione (ACE-i).
I primi trovano il loro razionale nella riduzione della
sintesi renale di sostanze vasodilatanti quali le prostaglandine (96), mentre l’uso degli ACE-i risulta utile nel ridurre
la proteinuria grazie al meccanismo di riduzione della
pressione intraglomerulare. Tuttavia il mantenimento di
questo effetto a lungo termine resta da dimostrare (97).
Anche la plasmaferesi e l’immunoassorbimento su
colonna sono stati utilizzati nel trattamento della GSFS.
Tali metodiche hanno apportato beneficio nell’intento di
rimuovere i fattori circolanti in grado di alterare la permselettività glomerulare.
Gli effetti di questo approccio terapeutico sono stati inizialmente entusiasmanti, con riduzione e talvolta scomparsa immediata della proteinuria.
I risultati degli studi a lungo termine appaiono discordanti e, nel complesso, poco incoraggianti (40-41).
Con quale frequenza si ripresenta nel rene
trapiantato?
Esistono pareri discordanti sulla frequenza con cui la
GSFS recidiva nel rene trapiantato. Uno dei motivi è rappresentato dalla difficoltà di riconoscimento della lesione
focale che può portare a sottostimare la ricorrenza della
GSFS (98). Nella valutazione dei dati epidemiologici presenti in letteratura (soprattutto da registri USA) bisogna
tener conto della diversa composizione etnica della popolazione americana rispetto a quella europea (Tab. VII). Un
importante studio è stato condotto da Hariharan et al (99) a
partire dai dati del RADR (Renal Allograft Disease
519
Glomerulosclerosi focale segmentaria
Registry), nel decennio compreso tra il 1987 ed il 1996, su
4913 trapianti di rene. La presenza di recidiva o di malattia
de novo si osservava in 167 pazienti (3.4% del totale). In
57 di questi pazienti (circa 34%) si evidenziava la presenza
di GSFS. La diagnosi veniva effettuata dopo un periodo
medio di 678 giorni dal trapianto. La sopravvivenza a 5
anni dal trapianto nel gruppo di pazienti con recidiva della
malattia di base era del 39.8% e, quindi, nettamente più
bassa rispetto a quella del gruppo di controllo, pari al
67.6%. Anche la sopravvivenza del rene trapiantato era
nettamente diversa tra il gruppo in cui si osservava la recidiva della malattia di base rispetto al gruppo di controllo:
1360 giorni (1244 giorni in caso di ricorrenza della GSFS)
contro 3382 giorni, rispettivamente. L’analisi multivariata
dei dati ha inoltre consentito di identificare alcuni fattori di
rischio nella perdita del trapianto: trapianto da cadavere,
prolungato tempo di ischemia fredda, elevata incompatibilità HLA, ricorrenza della malattia di base. In quest’ultimo
ambito, il rischio relativo di perdita del trapianto, dovuto a
recidiva della GSFS, era di 2.25 (1.6-3.1). La percentuale
di pazienti con recidiva della GSFS che andavano incontro
a perdita del trapianto era pari al 64.9%.
Un altro recente studio è stato condotto da Abbott et al
valutando i dati dell’USRDS (United States Renal Data
Sysem) (100). Anche in questo studio la GSFS è risultata
la patologia di base più frequentemente coinvolta nella
perdita del trapianto renale. Nel caso di donatori viventi la
percentuale di perdita del trapianto era del 18.7%, mentre
nel caso di donatore cadavere la percentuale era del 7.8%.
L’analisi multivariata dei dati identificava alcuni fattori di
rischio associati alla recidiva di GSFS, razza afro-americana del donatore con ricevente di razza bianca, giovane età
del ricevente, modalità di trattamento ricevuto.
I pazienti, in cui si manifesta la recidiva della GSFS,
presentano proteinuria spesso nefrosica ed esordio precoce (nei bambini già dopo due settimane dal trapianto).
Talvolta può manifestarsi un'insufficienza renale acuta
nella prima settimana dopo il trapianto e gli episodi di
rigetto acuto sono più frequenti (101). I pazienti che sviluppano recidiva della GSFS in un primo trapianto hanno
il 75% di probabilità circa di ricorrenza in un successivo
trapianto. La perdita del trapianto in questi pazienti si verifica in una percentuale di casi compresa tra il 10% e
l’80%. Il motivo di questa variabilità è legato ad alcuni
fattori prognostici tra cui il più importante è rappresentato
dalla proteinuria persistente in range nefrosico (102).
La frequenza e la rapidità con cui la sclerosi focale si
ripresenta nel rene trapiantato suggerisce l’esistenza di un
fattore circolante nel siero dei pazienti affetti da GSFS primitiva. Per verificare questa ipotesi sono stati realizzati
numerosi studi sperimentali. Uno di questi, realizzato da
Savin et al (103), ha dimostrato la presenza nel siero di
pazienti affetti da GSFS primitiva di un fattore in grado di
aumentare la permeabilità all’albumina in glomeruli isolati. L’attendibilità di questo metodo è stata valutata in uno
520
studio (104) in cui si è osservata una maggiore incidenza
della recidiva (86% dei casi) se nel siero del ricevente era
presente il fattore “permeabilizzante”; l’incidenza era
molto più bassa (17%) se tale fattore era assente. Questo
fattore è un polipeptide non immunoglobulinico, con un
peso compreso tra 30 e 50 KD.
Accanto alle forme di recidiva della GSFS primitiva esistono forme di GSFS de novo a patogenesi differente. La
GSFS, infatti, può rappresentare la manifestazione del
rigetto cronico, di nefrotossicità da ciclosporina o di alterazioni emodinamiche associate all’ipertrofia glomerulare
indotta dalla condizione di monorene funzionale (105).
Nonostante la frequenza relativamente alta con cui la
GSFS si ripresenta nel rene trapiantato, non esistono in
letteratura dati univoci su come trattare questa evenienza.
Dal momento che la terapia immunosoppressiva è già
abitualmente impiegata nel trapiantato, è possibile tentare
solo un trattamento non farmacologico (plasmaferesi, plasma exchange, immunoassorbimento).
Il razionale dell’approccio non farmacologico consiste
nella rimozione del fattore permeabilizzante presente nel
siero di questi pazienti. L’efficacia è stata dimostrata
nell’induzione della remissione in alcuni casi o comunque
nella marcata riduzione della proteinuria. Uno studio di
Franke et al (106) ha valutato l’efficacia dell’associazione
tra “plasma exchange” e immunoassorbimento del plasma
in nove pazienti in età pediatrica con GSFS primitiva (7
pazienti) e recidiva dopo trapianto (2 pazienti). Cinque di
questi pazienti presentavano remissione completa mentre
uno andava incontro a remissione parziale. Tra le due
metodiche l’immunoassorbimento sembra preferibile
rispetto al plasma exchange in quanto non prevede la
somministrazione di albumina o di plasma fresco. L’efficacia dell’immunoassorbimento è stata valutata anche da
uno studio di Haas et al (107) su 8 pazienti con GSFS di
cui 3 con recidiva post trapianto. In 4 di questi pazienti si
osserva una riduzione della proteinuria del 50%.
Nonostante i risultati preliminari siano confortanti, i dati
disponibili non consentono giudizi definitivi sull’efficacia
della metodica.
Riassunto
Il termine “glomerulosclerosi focale segmentaria”
GSFS indica un’alterazione istologica non specifica.
Questa può verificarsi primitivamente o in corso di altre
patologie. La GSFS primitiva è usualmente caratterizzata
da sindrome nefrosica; questa è più frequente nel bambino
e nell’adolescente ma la sua incidenza è in aumento anche
nell’adulto. La GSFS secondaria include alterazioni glomerulari causate dalla guarigione di altre lesioni focali,
dalla perdita di nefroni o come conseguenza di numerose
patologie renali croniche, dell’ipertensione glomerulare
(come nel diabete mellito) e dell’obesità. Nonostante le
Fuiano et al
differenze eziologiche e di presentazione clinica, la GSFS
primitiva e secondaria hanno in comune la lesione caratteristica: il danno alle cellule epiteliali viscerali. La diagnosi
di GSFS può essere mancata in alcuni casi per errori di
campionamento dovuti alla natura focale della lesione.
Questo errore, tuttavia, può essere minimizzato dall’analisi di un numero adeguato di sezioni seriate. Ciò nonostante è opinione comune che in molti casi la GSFS sia eziologicamente correlata alla GN a lesioni minime. Nonostante
sia stata descritta una forma familiare di GSFS, la maggioranza dei casi di GSFS è idiopatica. La terapia della GSFS
è argomento di disputa. Il trattamento con prednisone (0.52 mg/kg/die) per un minimo di sei mesi può essere considerato la base della terapia. La ciclosporina A può essere
utile nell’induzione della remissione, nonostante una percentuale elevata di recidive dopo la riduzione del dosaggio
o la sospensione del farmaco. I farmaci citotossici, quali
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Questi ultimi possono essere considerati nel trattamento
della recidiva nel rene trapiantato.
Indirizzo degli Autori:
Prof. Giorgio Fuiano
Via F. Netti, 4
80131 Napoli
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Giunto in Redazione il 30.5.2001
Accettato il 30.9.2001
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