Ricardo Reyes Castillo
33 passi verso
il Sacramento
del Perdono
I testi riportati in questo volume riprendono una catechesi
tenuta in Perù dall’Autore e risentono di uno stile colloquiale.
Traduzione di Paloma Cuartero Samperi.
© 2016 ÀNCORA S.r.l.
ÀNCORA EDITRICE
Via B. Crespi, 30 - 20159 Milano
Tel. 02.345608.1 - Fax 02.345608.66
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www.ancoralibri.it
N.A. 5583
ISBN 978-88-514-1652-2
Stampa: Àncora Arti Grafiche - Milano
Questo libro è stampato
su carta certificata FSC ,
che salvaguarda le foreste,
in uno stabilimento grafico
con Catena di Custodia
certificata FSC (Forest
Stewardship Council ).
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Introduzione
Se mi chiedessero una breve definizione dei sacramenti, risponderei che questi sono: «Vuoto del nostro
essere / presenza dell’essere di Dio». E noi tutti abbiamo
un gran bisogno di sperimentare la presenza di Dio e
la sua eternità, che sono le uniche cose che potrebbero
dare un senso alla nostra vita, principalmente al dolore
e alla morte. Questo implica fare uno spazio dentro
noi stessi o, meglio ancora, riconoscere ciò che siamo
e soprattutto ciò di cui abbiamo bisogno.
Nel sacramento della Riconciliazione Dio ci aiuta
con la sua grazia a riconoscere le nostre miserie per
desiderare di essere riempiti dal suo amore. Per questo
è fondamentale riscoprire la profondità di questo sacramento, in che cosa consiste, quali grazie ci concede,
la ricchezza che possiede e l’aiuto incalcolabile che
rappresenta per la nostra vita spirituale.
La meraviglia sta nel fatto che i sacramenti, specialmente quello della Riconciliazione, sono mezzi attraverso i quali il cristiano può sperimentare in mezzo alle
proprie debolezze e incapacità la forza trasformatrice di
Dio e, così, lasciarsi invadere da quell’amore, perdono
e pace che danno senso alla nostra esistenza, aprendoci
il cielo sulla terra.
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A prima vista, il sacramento della Riconciliazione
sembra molto più semplice degli altri: dire i propri
peccati, ricevere l’assoluzione… e basta; a seconda di
quanti peccati riconosciamo, la sua durata sarà maggiore o minore. Anche se il rito può essere molto breve,
il sacramento è qualcosa di molto più profondo e bello.
In queste pagine cercherò di spiegarlo in modo semplice, riprendendo una catechesi che ho avuto l’opportunità di impartire in Perù e che ho diviso in 33 piccoli
punti per facilitarne la lettura.
Inizierò commentando alcune difficoltà che ci impediscono di vivere in pienezza il sacramento della
Riconciliazione; poi spiegherò i fondamenti per vivere
questo sacramento; quindi, parlerò delle grazie che ci
dà e della ricchezza di ognuna delle sue parti. Infine,
esporrò brevemente in che cosa consistono le indulgenze dell’Anno Giubilare.
Spero che queste pagine siano un umile strumento
che aiuti a incontrare sempre più la tenerezza dell’amore di Dio.
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I
Principali difficoltà
per vivere il sacramento
della Riconciliazione
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Una fede infantile
La prima difficoltà che incontriamo per comprendere e vivere il sacramento della Riconciliazione è la
scarsa formazione nella fede. Oltre alle catechesi che
riceviamo durante la preparazione ad alcuni sacramenti, come la comunione e la cresima, la maggior parte
dei cristiani non riceve alcun tipo di approfondimento
nella fede; siamo adulti, cresciamo in altri aspetti, ma
ci troviamo ancora col vestito della prima comunione.
Tuttavia, il problema si presenta quando, per esempio,
di fronte a un grande dolore abbiamo bisogno di Dio,
ma purtroppo sperimentiamo che non sappiamo relazionarci con lui, che siamo infantili in tutto ciò che
appartiene alla nostra sfera spirituale. Dico spesso che
siamo cristiani che indossiamo ancora il vestito della
prima comunione – nonostante ci stia ormai stretto
– perché non siamo cresciuti nella conoscenza di ciò
che realmente sono i sacramenti. Per questo motivo è
importantissimo riscoprire la loro ricchezza, le grazie
e i tesori che racchiudono per la nostra vita spirituale.
Una percezione infantile della fede è il terreno fertile
perché il demonio ci riempia di confusione. Il demonio,
in cui si crede sempre di meno, esiste veramente; e non
si stanca di perseguire il suo scopo, volto a distruggere
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e dividere la Chiesa attraverso il suggerimento al nostro
orecchio, come fosse un consigliere premuroso, di idee
che uccidono la verità e la speranza, confuse e spacciate
per moderne e innovative. Il nemico attacca dentro la
Chiesa e anche da fuori. Si potrebbe dire che, attraverso
la televisione e altri mezzi di comunicazione, riceviamo
una catechesi costante, figlia di una «cultura» che ha
principi contrari alla nostra fede, travestiti da inni alla
libertà che, alla prova dei fatti, si rivelano falsi e fallaci.
La verità è che il maligno conosce molto bene il valore e
la potenza salvifica che ha il sacramento della Riconciliazione; per questo fa di tutto per ridicolizzarlo e svilirlo: inganno in cui, purtroppo, cadiamo facilmente.
Stiamo entrando, anzi direi che già siamo dentro
un’epoca che pone nuove sfide e, certamente, esige di
vivere in modo autentico e radicale la nostra fede cristiana. Non possiamo rimanere con una fede infantile.
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2
Difficoltà della vita spirituale
Ho sempre pensato che tra la vita spirituale e quella
sportiva ci siano molte analogie. Basti pensare ad alcune caratteristiche comuni, come la perseveranza, la
lotta, l’obbedienza, la disciplina. Nella vita sportiva, per
esempio, quando si riprendono gli esercizi fisici dopo
averli abbandonati da molto tempo, si sperimenta una
grande difficoltà. Ti accorgi che non puoi fare quello
che facevi quando eri allenato. Devi andare per gradi
per ottenere dal tuo corpo il massimo della sua capacità: il primo giorno riprendi piano piano, i successivi un
po’ di più e poi tornerai alle performance di un tempo.
La stessa cosa accade nella vita spirituale.
È difficile iniziare correndo nella vita spirituale
perché comporta una grande fatica; allora rischi di demoralizzarti, perché ti sembra di non farcela e senti che
sarà impossibile giungere alla meta. La difficoltà più
grande sta nell’avere coscienza del proprio limite, come
dice san Paolo quando ci ammonisce a non stimarci
troppo per evitare brutte cadute. Dobbiamo avere pazienza con noi stessi e lasciarci illuminare dal Signore,
che sa bene chi siamo e quanto siamo deboli. Allo stesso tempo, però, non dobbiamo rinunciare all’impegno
con la scusa che sia troppo fuori dalla nostra portata.
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Siamo uomini e come tali preferiremmo vivere nella
comodità e non curarci delle storture della realtà.
La Chiesa, cosciente di questa difficoltà, non lascia
soli i suoi figli, ma li accompagna nel loro cammino
di fede, offrendo l’appoggio di persone consacrate, o
ministri, che diventano «allenatori». Per crescere nella
vita spirituale, hai bisogno di qualcuno che ti indichi
la strada e ti dica come è necessario agire. Per esempio,
l’allenatore di esercizi posturali ha il compito di aiutare la persona a mantenere la postura corretta in ogni
esercizio, affinché non ripeta gli stessi errori. Come
osservatore competente ed esterno, per lui è molto più
semplice vedere dove sono gli errori.
L’allenatore nella vita spirituale è il sacerdote che
conferisce i sacramenti; così come nella vita sportiva,
anche nella vita spirituale abbiamo bisogno di un agente esterno che ci aiuti a vivere la nostra fede. La cosa
meravigliosa è rendersi conto che è lo Spirito Santo
che agisce attraverso persone fragili e peccatrici come
i sacerdoti, eletti da Dio per la missione di santificare
il popolo e, consapevoli di essere peccatori indegni,
sono i primi a essere chiamati a stupirsi per l’opera del
Signore. Agendo «in persona Christi», in ognuno dei
sacramenti rendono presente Cristo comunicandoci la
sua forza redentrice.
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Difficoltà nel riconoscersi
I sacramenti sono innanzitutto un incontro, la via
privilegiata per entrare in relazione con Dio. Ogni
relazione, per essere appagante, ha bisogno di approfondimento; ciò presuppone il desiderio di aprirsi alla
novità: quella disposizione interiore attraverso la quale
permetto che qualcuno entri in contatto profondo con
me. Per questo potremmo dire che il requisito fondamentale affinché questa relazione porti novità e bellezza alla mia esistenza, è creare intimamente uno spazio.
Questo spazio si crea in modo molto semplice: accettando la nostra condizione di fragilità. Tutti i sacramenti sono presenza di Dio, che discende nelle miserie
dell’uomo per concedergli la grazia di una vita nuova
nello Spirito; grazia che solamente Dio ci può dare nella
sua infinita bontà. Quest’opera, impossibile all’uomo,
è possibile a Dio.
Il sacramento della Riconciliazione è, dunque, questa via attraverso la quale il Signore vuole portare i suoi
figli e le sue figlie a spogliarsi per essere rivestiti dalla
potenza dell’amore di Dio.
Ma normalmente sperimentiamo una grande difficoltà nell’accettare le nostre fragilità e incapacità. L’essere umano lotta continuamente per arrivare a «essere»
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qualcuno e presentarsi agli altri al meglio e respinge
tutto ciò che crede non lo porti a questo risultato. Che
cosa significa, però, per l’uomo d’oggi «essere»? La
cultura odierna ha ridotto l’essenza delle persone alla
categoria del «vincente»: la persona di successo. Ecco,
allora, sempre presente il desiderio di apparire di fronte
agli altri più forti, capaci e sicuri; è la tentazione più
grande che viviamo, perché si pensa che chi è debole
e ultimo, in fondo, è solo un fallito, e nessuno accetta
tale umiliazione.
Nel cristianesimo, invece, la grandezza sta proprio
nel riconoscere la propria debolezza. Quanto più sono
debole, tanto più posso meravigliarmi della presenza
e della forza di Dio, perché «chi si esalta sarà umiliato
e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 18,14). L’apostolo Paolo sperimenta questa grazia: «Quando sono debole è
allora che sono forte» (2Cor 12,10).
Riconoscere i nostri peccati significa riconoscere le
nostre incapacità, miserie, ingratitudini e, anche se non
è facile, è fondamentale per poterci incontrare con quel
Dio che si è umiliato e si è fatto l’ultimo per riscattarci
dalla morte.
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