UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTÀ DI MANAGEMENT ED ECONOMIA Corso di Laurea in FINANZA AZIENDALE E MERCATI FINANZIARI TESI DI LAUREA “L'influenza della finanza islamica sull'azienda Shariah – compliant: i valori dell'Islam dall'homo islamicus alle teorie di struttura finanziaria ottimale” Relatore: Prof. Pietro Paolo Biancone Correlatore: Prof. Willem Tousijn Candidata: Desire’ Di Iesu Anno Accademico 2013/2014 1 INDICE INTRODUZIONE 8 1. L’ISLAM: DALLA FONDAZIONE ALLO SVILUPPO DEL CONCETTO DI HOMO ISLAMICUS 12 1.1. Dell’Islam 12 1.1.1. L’Islam sciita 15 1.1.2. I cinque pilastri dell’Islam 17 1.2. La relazione tra Islam e diritto 20 1.2.1. Le fonti del diritto islamico 21 1.2.2. Le scuole giuridico – religiose 24 1.3. L’Islam come ideologia 26 1.4. Il rapporto tra Islam, economia e finanza 28 1.4.1. Il tawhid: l’unicità di Allah come espressione dell’indivisibilità della Ummah 28 1.4.2. Il concetto di khalifah e il diritto di proprietà 30 1.4.3. Il pilastro della zakat: la funzione sociale della ricchezza e del lavoro 31 1.4.4 Il Maslahah e il pubblico interesse 32 1.4.5. Il divieto della riba 33 1.4.6. I divieti del gharar e del maysir 36 1.5. L’homo islamicus: per uno sviluppo sostenibile dell’Islam 37 2. I VALORI ISLAMICI E IL CONCETTO DI IMPRESA 41 2.1. La natura dell’impresa 41 2.2. L’impresa Shariah – compliant 45 2.2.1. Islam e attività imprenditoriale 45 2.2.2. I limiti morali e i valori che condizionano l’attività imprenditoriale islamica 46 2.2.3. L’impresa islamica 47 2.3. La corporate finance secondo la teoria tradizionale 57 2 2.3.1. Verso una definizione di corporate finance islamica 59 3.4. Islam e Corporate Social Responsibility 66 3. LA SULUKIAT E IL MANAGEMENT SECONDO LA PROSPETTIVA ISLAMICA 69 3.1. Simboli, eroi, rituali e valori della cultura islamica 69 3.2. La cultura aziendale islamica 76 3.3. La teoria del management secondo una prospettiva islamica 80 4. LA CORPORATE GOVERNANCE SECONDO LA PROSPETTIVA ISLAMICA E IL RUOLO DELLO SHARIAH SUPERVISORY BOARD 88 4.1. Definizione di corporate governance 88 4.1.1. La prospettiva islamica della corporate governance 90 4.2. L’aspetto peculiare della corporate governance nelle aziende bancarie e nelle istituzioni finanziarie islamiche 94 4.2.1. Il ruolo dello Shariah Supervisory Board interno alle istituzioni finanziarie islamiche 96 4.2.2. Le caratteristiche dello Shariah Supervisory Board 99 4.2.3. Il ruolo degli Shariah Supervisory Board esterni alle istituzioni finanziarie islamiche 105 5. GLI STRUMENTI CARATTERISTICI DEL SISTEMA BANCARIO ISLAMICO 109 5.1.1. Il ruolo del manager finanziario 110 5.1.1. Gli strumenti finanziari tradizionali a disposizione delle imprese 111 5.2. I principi operativi alla base del sistema bancario Shariah – compliant 115 5.2.1. Il concetto di profit and loss sharing 115 5.2.2. Il concetto di valore del denaro nel tempo secondo la prospettiva islamica 116 5.3. Gli strumenti di equity del circuito bancario islamico 118 5.3.1 Trustee Partnership (mudarabah) 119 5.3.2. Joint Venture (musharaka) 121 5.3.3. Declining musharaka 123 3 5.4. Gli strumenti di debito del circuito bancario islamico 123 5.4.1. Bay mu ’ajjal – murabaha 124 5.4.2. Ijara 127 5.4.3. Salam 128 5.4.4. Istinsa 130 5.4.4. Istijrar 132 5.4.5. Qard Hassan 132 5.4.6. Bai-al-Einah 132 5.4.7. Bay-al-Dayn 133 5.4.8. Tawarruq 133 5.4.9. Bay bithman ajil (BBA) 134 5.5. Considerazioni conclusive 135 6. IL MERCATO DEI CAPITALI SHARIAH – COMPLIANT 138 6.1. Lo strumento dei Sukuk 138 6.1.1. Il sukuk al – musharaka 141 6.1.2. Il sukuk al – mudarabah 142 6.1.3. Il sukuk al – murabaha 143 6.1.4. Il sukuk al – ijara 144 6.1.5. Il sukuk al – istinsa 145 6.1.6. Il sukuk al – salam 146 6.1.7. Obbligazioni e sukuk a confronto 147 6.2. Il mercato dei derivati 149 6.2.1. Il mercato dei derivati secondo la Shariah 151 6.2.2. Le alternative islamica ai forward e ai future 151 6.2.3. Le alternative islamiche agli swap 153 6.2.4. Le alternative islamiche alle opzioni 161 4 6.3. Gli indici islamici e le metodologie di screening 162 6.3.1. I criteri di screening qualitativi 163 6.3.2. I criteri di screening quantitativi 164 6.4. Gli organi che compongono il sovra sistema finanziario islamico 166 7. LE TEORIE FINANZIARIE SECONDO LA PROSPETTIVA ISLAMICA 168 7. 1 Rischio e ritorno secondo la prospettiva islamica 168 7.1.1 Rischio e incertezza 168 7.1.2. Risk – return parity 169 7.2 Portfolio e capital market theory : prospettiva tradizionale e prospettiva islamica a confronto 170 7.2.1 La portfolio theory 170 7.2.2. La capital market theory 172 7.2.3. La portfolio theory e la capital market theory secondo la prospettiva islamica 175 7.3. Il Capital Asset Pricing Model (CAPM) 180 7.3.1 Il modello zero beta CAPM 184 7.3.2. Il Capital Asset Princing Model (CAPM) secondo la prospettiva islamica 186 7.3.3. Il zaka rate CAPM 188 7.4. La teoria dell’efficienza di mercato 189 7.4.1. I tipi di efficienza 190 7.4.2. L'ipotesi dei mercati efficienti proposta da Fama 190 7.4.3. Etica e efficienza di mercato secondo la prospettiva tradizionale 191 7.4.4. Efficienza di mercato secondo la prospettiva islamica 192 7.4.5. Etica del mercato secondo la prospettiva islamica 193 8. LE SCELTE DI STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE SHARIAH-COMPLIANT 8.1. I modelli organizzativi che caratterizzano l’impresa islamica 195 197 5 8.1.1. Il modello della sole proprietorship 197 8.1.2. I modelli islamici di partnership 198 8.1.3. Il modello della corporation 199 8.1.4. Comparazione tra i modelli di partnership e il modello della corporation 200 8.2. Le teorie tradizionali di struttura finanziaria 201 8.2.1. La tesi tradizionale 201 8.2.2. Le tesi di Miller e Modigliani 202 8.2.3. La teoria del trade – off 204 8.2.4. La teoria del packing order 208 8.3. La scelta di struttura del capitale secondo la prospettiva islamica 209 8.3.1. Il costo dei principali strumenti finanziari islamici 211 8.3.2. La struttura del capitale nelle imprese di piccole dimensioni 218 8.3.3. La struttura del capitale nelle corporation di dimensioni medio grandi 220 8.4. Il trattamento dei dividendi secondo la prospettiva tradizionale 222 8.4.1. Il processo di purificazione dei dividendi nel contesto islamico 223 8.4.2. I vincoli allo scambio azionario nel mercato islamico 225 8.5. Il grado di sviluppo della finanza islamica ed il ricorso agli strumenti finanziari Shariah – compliant 227 9. LA FINANZA ISLAMICA SECONDO LE TEORIE DELLA SOCIOLOGIA ECONOMICA 233 9.1. Il rapporto tra economia ed etica: prospettiva tradizionale e prospettiva islamica a confronto 233 9.2. Confronto tra “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” di Weber ed etica islamica e sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant 235 9.3. Le caratteristiche del mercato islamico 238 9.4. L’agire degli operatori economici musulmani alla luce dei tipi di azione individuati da Weber 240 9.5. Il ruolo delle istituzioni per lo sviluppo dell’etica islamica 241 9.6. La fiducia nei confronti del sistema finanziario islamico 243 6 9.7. Le tre forme di scambio individuate da Polyani e la particolarità della zakat 245 9.8. Il concetto del valore del denaro alla luce delle analisi di Simmel, Weber e Zelizer 245 9.9. I tre modelli di mercato individuati da Zelizer 248 9.10. Gallino e la responsabilità sociale dell’impresa islamica 249 9.11. Conclusioni 252 CONCLUSIONI 253 INDICE DELLE FIGURE 258 RIFERIMENTI E FONTI 261 Bibliografia 261 Sitografia 266 7 INTRODUZIONE A seguito dell’attuale instabilità del panorama finanziario internazionale e degli scandali degli ultimi anni si pone sempre maggior accento sulla necessità di un’etica tanto all’interno delle imprese quanto nei mercati finanziari. Queste posizioni partono dalla considerazione dell’impresa come un sistema sociale aperto, fortemente interconnesso con l’ambiente interno ed esterno, le cui azioni hanno ripercussioni anche nei confronti del contesto sociale nel quale essa opera. Allo stesso modo l’ultima crisi finanziaria ha evidenziato come le azioni intraprese dagli operatori sui mercati possano avere risvolti drammatici sull’economia reale, ancor più considerando il livello di interconnessione che caratterizza i moderni circuiti bancari e di mercato. Parlare di finanza etica e di responsabilità sociale dell’azienda significa ricondurre entrambe alla loro funzione originale: quella di creare benessere per la collettività attraverso l’azione economica e l’allocazione delle risorse. Parlare di finanza islamica significa parlare di finanza etica. La finanza islamica nasce e si sviluppa con l’obiettivo di riformulare alcuni aspetti del sistema finanziario tradizionale alla luce dei valori dell’Islam in modo da costruire un sistema economico e finanziario che si ispiri al principio del maslaha di benessere sociale. La finanza islamica rappresenta circa l’1% della finanza mondiale ed ha dimostrato dei tassi di crescita maggiori rispetto alla finanza tradizionale mostrando anche una migliore capacità di superare l’ultima crisi finanziaria internazionale. Per questo motivo gli studi sul sistema finanziario islamico stanno aumentando allo scopo di illustrare gli strumenti del circuito bancario e di quello di mercato Shariah – compliant e di analizzare come ed entro quali limiti la finanza islamica possa essere proposta ed implementata all’interno di sistemi giuridici e di mercato stranieri. Se i principi che reggono il sistema finanziario islamico sono oggi maggiormente compresi rispetto al passato, le modalità con cui gli stessi valori che hanno ispirato la nascita della finanza islamica influenzino l’agire economico delle imprese Shariah – compliant è meno conosciuto. 8 Partendo dalla considerazione che la scienza economico – finanziaria è una scienza sociale e che l’Islam è la religione monoteista che più di tutte si caratterizza per una stretta relazione tra la sfera dogmatica ed ogni aspetto della vita del credente si è voluto analizzare non solo quali sono i principi alla base del sistema finanziario Shariah – compliant, ma anche quali sono i principi che guidano la teoria dell’impresa operante nel rispetto dell’etica islamica e quali sono gli elementi culturali che influenzano l’agire degli operatori economici nel loro ruolo di imprenditori, manager, azionisti e lavoratori. L’obiettivo della tesi è stato quello di analizzare come si modifica il sistema di relazioni tra l’impresa e gli stakeholder nel contesto Shariah – compliant1: i principi dell’Islam influenzano l’agire dell’impresa, dei manager e degli azionisti i cui obiettivi convergono verso quello primario di onorare Allah e il livello di sviluppo del sistema finanziario islamico influenza le modalità di finanziamento delle imprese che decidono di agire nel rispetto della Shariah. Nel corso della trattazione si è anche evidenziato come le scelte di investimento dell’impresa siano influenzate dai principi dell’Islam e come la politica dei dividendi debba rispettare il cosiddetto “principio di purificazione” che prevede che le componenti haram, vietate, di dividendi e plusvalenze vengano stimate e donate in beneficienza. Per compiere questo studio si è scelto volontariamente di fare il minimo riferimento a fonti bibliografiche pubblicate da autori non musulmani in modo da studiare in maniera approfondita l’interrelazione tra gli elementi culturali caratteristici della religione islamica e i modelli economici e finanziari sviluppati negli ultimi anni nel mondo musulmano. La ricerca ha richiesto un impegno considerevole perché, se è vero che gli studi e le pubblicazioni sulla finanza islamica e sulle istituzioni finanziarie islamiche è fiorente, il modello di un’impresa operante all’interno del contesto Sharia – compliant è meno analizzato. Il lavoro di ricerca si sviluppa secondo tre profili continuamente interconnessi: il primo piano è di tipo sociologico – culturale, il secondo di tipo aziendalistico e l’ultimo di tipo finanziario. 1 Si rimanda al modello proposto alla fine del secondo capitolo. 9 Sotto il profilo sociologico – culturale si evidenzia la presenza di due modelli ideali: il modello comportamentale rappresentato dal Profeta Muhammad, riconosciuto come “il Sigillo dei Profeti”, che guida l’azione dei credenti anche nella loro veste di imprenditori, manager, azionisti e lavoratori ed il modello di benessere sociale della Ummah, la Comunità dei Musulmani fondata dal Profeta a seguito del viaggio dell’Ègira, che guida le scelte sociali ed economico – finanziarie delle istituzioni dei paesi a maggioranza musulmana. Il mondo islamico si caratterizza anche per la presenza di una pluralità di scuole giuridico – religiose che hanno un diverso approccio all’interpretazione delle fonti del diritto islamico, nelle quali rientrano come fonti primarie i testi religiosi: gli studiosi, ulema, sono gli stessi che compongono gli Shariah Supervisory Board delle istituzioni finanziarie islamiche ed hanno il compito morale di guidare i fedeli verso la salvezza e di preservarli dal peccato. Proprio per questo motivo la costruzione del sistema finanziario islamico si sviluppa sulla fiducia che la Ummah attribuisce agli ulema. Sotto il profilo aziendalistico sono stati analizzati i principi coranici che condizionano l’attività imprenditoriale e l’impresa islamica nella sua natura di sistema sociale aperto, nonché le peculiarità dell’ambiente culturale, sociale, politico – legislativo e finanziario nel quale essa opera. L’analisi della cultura aziendale islamica, sulukiat, ha permesso di comprendere come i valori islamici vengano interiorizzati dagli individui che operano all’interno dell’organizzazione in modo da guidare l’agire delle imprese verso un obiettivo di creazione di valore coerente con il fine ultimo di onorare la volontà di Allah. Ampio spazio è stato dedicato all’analisi delle teorie islamiche di management e di corporate governance, con particolare riferimento al ruolo svolto dagli Shariah Supervisory Board all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche. Sotto il profilo finanziario un’ampia parte è stata dedicata allo studio degli strumenti finanziari Shariah – compliant a disposizione delle imprese distinguendo tra quelli appartenenti al circuito bancario e quelli appartenenti al circuito di mercato. Si è scelto anche di analizzare i progressi teorici in tema di derivati per evidenziare come il sistema finanziario islamico cerchi continuamente un adeguato equilibrio tra i principi etici propri dell’Islam e le necessità 10 economico – finanziarie delle imprese e degli operatori economici. L’analisi dei criteri qualitativi e quantitativi che devono essere rispettati nei processi di screening per l’accesso agli indici di mercato, alla quotazione alle borse nei paesi a maggioranza musulmana e ai fondi di investimento islamici evidenzia come i divieti economico – finanziari dedotti dal Sacro Corano e dalla Sunna influenzino le scelte di investimento delle aziende e delle istituzioni finanziarie islamiche e il processo di purificazione dei dividendi e delle plusvalenze richiesto ai credenti. I principi dell’Islam sono importanti anche nell’approccio degli studiosi musulmani allo studio delle teorie finanziare: sotto questo aspetto si evidenzia come non tutte le teorie finanziarie tradizionali siano accettate dalla comunità di esperti musulmani perché alcune di esse comprendono nelle ipotesi di base aspetti quali la possibilità di indebitamento e di speculazione degli operatori economici che sono contrarie alla Shariah. Per questo motivo gli studiosi islamici sono attivi nello studio di modelli teorici alternativi a quelli tradizionali e nella continua reinterpretazione delle teorie alla luce degli sviluppi continui ed incrementali del sistema finanziario islamico evidenziando la stretta relazione tra contributo teorico, approvazione giuridico – religiosa ed offerta di strumenti finanziari che caratterizza l’intero sistema Shariah – compliant. 11 1. L’ISLAM: DALLA FONDAZIONE ALLO SVILUPPO DEL CONCETTO DI HOMO ISLAMICUS La peculiarità dei paesi di fede musulmana consiste nell’influenza che l’Islam ha nei confronti tanto della sfera esteriore che di quella interiore dei credenti: la legge della Shariah non disciplina solamente l’aspetto più intimo e morale dei credenti, ma abbraccia ogni aspetto della vita quotidiana, dalla politica, alla giurisprudenza, alla società, all’economia: per quanto sia conosciuta la stretta relazione esistente tra fede ed aspetti politici e sociali, meno conosciuta è la relazione tra l’Islam e l’economia e la finanza. Conoscere l’Islam e i principali aspetti d’influenza è di fondamentale importanza per poter comprendere la portata del sistema finanziario Shariah – compliant e l’agire economico delle imprese e degli investitori islamici. Nel presente capitolo verrà trattata la storia dell’Islam approfondendone da una parte la sua influenza nei confronti del sistema giuridico e dall’altra i valori più importanti della comunità islamica che rappresentano le basi morali che hanno permesso la nascita e lo sviluppo della finanza islamica e di quello che gli economisti musulmani definiscono “homo islamicus”. 1.1. Dell’Islam L’Islam è la terza religione monoteista del mondo e ha la stessa origine dell’Ebraismo e del Cristianesimo, ma si caratterizza per una più profonda relazione tra la dimensione teologica – morale e quella sociale coinvolgendo anche gli aspetti dell’economia e della finanza: i precetti contenuti nella Shariah, ossia “la via maestra per giungere alla salvezza”, non riguardano soltanto l’aspetto 12 più intimo del credo, quello della relazione tra il credente e Dio, ma costituiscono i principi di condotta morali in ogni settore della vita pubblica della comunità islamica, la Ummah. L’Islam è la religione di coloro che credono nel Sacro Corano: i credenti riconoscono i profeti delle religioni monoteistiche dell’Ebraismo e del Cristianesimo, ma considerano il Profeta Muhammad l’ultimo profeta, portatore della verità divina e il Sacro Corano come il testo sacro più completo e veritiero in quanto dettato direttamente da Allah: questo è il motivo per cui i credenti musulmani non negano l’esistenza delle altre religioni monoteiste e nello stesso tempo sottolineano l’importanza della propria come la più compiuta. La tradizione religiosa islamica affonda le sue radici in una notte del mese del ramadan nella città della Mecca del VII secolo d.C dove un mercante quarantenne, Muhammad ibn Abdallah, il Profeta, ricevette direttamente da Allah una serie di rivelazioni che incominciarono nell’anno 610 d.C e terminarono nell’anno della sua morte, nel 632 d.C. Tali rivelazioni costituiscono il Sacro Corano, considerato dai credenti di fede musulmana parola di Allah, diretta ed atemporale: “Questo è il Libro scevro di dubbi, dato come guida per i timorati di Dio”2 A completamento del Sacro Corano si pone la biografia del Profeta Muhammad, l’hadith, che tramanda ciò che il Profeta pensò, disse e fece. L’insegnamento del Profeta Muhammad, che era incentrato sull’unicità di Allah e sulla condanna dei costumi degli abitanti della Mecca, non fu ben accolto dalla tribù Quraysh che controllava il culto dello haram, centro di pratica religiosa locale e di pellegrinaggio dove era custodita la Kaba, qibla, allora circondata da idoli che rappresentavano le divinità dello haram. Le persecuzioni avanzate dagli abitanti della Mecca verso i suoi seguaci convinsero il Profeta Muhammad, nell’anno 622 d.C., a spostarsi verso la città settentrionale di Yathrib, nota da allora come Medina: il drammatico viaggio del 2 Il Corano, 2;2 www.ilcorano.it 13 Profeta è conosciuto come Ègira (hijra) e viene considerato dalla tradizione il momento della fondazione della comunità islamica, la Ummah.3 A Medina il Profeta Muhammad continuò la propria missione profetica e divenne capo politico e militare della Ummah, sostituendo alla complessa rete di relazioni tribali e di sangue l'idea di un gruppo umano legato da vincoli di fede a prescindere dall'origine familiare e dalla razza. Egli mostrò gesti di benevolenza e di perdono nei confronti della tribù Quraysh che gli aveva opposto resistenza alla Mecca. Alla morte del Profeta e sotto le dinastie degli Omayyadi (661-750 d.C.) e degli Abassidi (750-1258 d.C.) la tradizione islamica si diffuse nell’Asia centrale, in India e in Spagna ed entro il XVIII secolo la conversione all’Islam caratterizzava la maggioranza delle popolazioni dell’Africa settentrionale, del Medio Oriente e dell’Asia Centrale, spingendosi sino agli stati della Malesia, dell’Indonesia e dell’Africa sub-sahariana. Oggi i musulmani nel mondo sono circa un miliardo e trecentomila, facendo dell’Islam la seconda religione più diffusa nel mondo. La maggior parte della comunità islamica aderisce al Sunnismo che rappresenta circa il 90% dei fedeli musulmani e che insiste sul modello del Profeta Muhammad come modello di condotta per il buon musulmano, mentre la minoranza più importante è costituita dallo Sciismo che sorse subito dopo la morte del Profeta. I musulmani sciiti scelsero quale successore del Profeta il genero Ali Ibn Abi Talib, anziché Abu Bakr. Le principali divisioni dell’Islam sciita, letteralmente traducibile come “seguaci di Ali”, sono rappresentate da tre correnti: quella dei duodecimali, degli ismailiti e dei settemani, di cui la più estesa è quella dei duodecimali, chiamati così in quanto in attesa del dodicesimo Imam, un ragazzo di nome Muhammad. 3 La nascita della comunità islamica viene fatta coincidere dalla maggioranza degli studiosi con l’hijira, sebbene alcuni ritengano che essa sia stata fondata prima del viaggio, alla Mecca, o dopo il viaggio, a Medina. 14 Figura 1.1. L’Islam nel mondo Fonte: www.wikipedia.org 1.1.1. L’Islam sciita L’Islam sciita nacque e si diffuse per motivi politico – religiosi riguardanti la designazione del califfo: secondo i musulmani sciiti il capo della Comunità, che essi preferirono chiamare imàm, ossia colui che guida e che è esente dal peccato e dalle colpe, doveva essere individuato all’interno dell’Ahl al-Bayt, ossia tra le “genti della casa”, la parentela più stretta del Profeta Muhammad e considerata unica erede degna. I musulmani sciiti riconoscono il primo imàm nel genero del Profeta Muhammad Ali Ibn Abi Talib: alla morte di Ali i suoi seguaci offrirono lealtà a suo figlio Hasan ed alla morte di questi a suo fratello Husayn. A partire dallo scisma tra musulmani sciiti e sunniti gli studiosi sciiti svilupparono un complesso insieme di dottrine centrato sull’ufficio dell’imàm: secondo la dottrina sciita l’istituto dell’imàm è un anello della profezia che si estende da Abramo e da Gesù fino al Profeta Muhammad e deve essere un diretto discendente di quest’ultimo e designato dall’imàm precedente. Secondo il culto sciita l’imàm è l’unica autorità legittima sulla terra ed è esente dai peccati e dalle colpe in quanto depositario di un insieme di conoscenze direttamente trasmesse da Allah. 15 Il ramo più importante dell’Islam sciita è quello duodecimano chiamato così in ragione della credenza nel dodicesimo imàm: secondo i musulmani duodecimani dopo la morte dell’undicesimo imàm, Hasan al-Haskari, il figlio Muhammad scomparve. Secondo il credo duodecimano il dodicesimo imàm Muhammad non sarebbe morto, ma sarebbe entrato in uno stato di nascondimento miracoloso, la durata del quale è conosciuta solo a Allah. Gli ulama4 duodecimani detenevano inizialmente soltanto il ruolo di guida spirituale della Comunità limitato temporalmente in attesa del risveglio del dodicesimo imàm, mentre con il tempo hanno assunto un ruolo sempre di maggior influenza anche in campo politico e giuridico. Il secondo ramo principale dell’Islam sciita è quello del ramo ismailita, o settemano, che sorse a seguito della morte del sesto imàm, Jafar al-Sadiq. Gli sciiti ismailiti parteggiavano per il figlio maggiore Ismail quale settimo imàm, anziché per il figlio minore Musa che viene invece considerato il settimo imàm dall’Islam duodecimano. A differenza degli sciiti duodecimani che attendono il dodicesimo imàm nascosto, gli sciiti ismailiti credono nella discendenza degli imàm fino ad oggi. Figura 1.2. Diffusione del Sunnismo e dello Sciismo Fonte: www.wikipwdia.org 4 Con il termine ulama si indicano gli studiosi della legge della Shariah. 16 In generale dove prevale l’Islam sciitta piuttosto che quello sunnita, quindi in Iran, in Iraq e in una parte del Libano, il ruolo degli imàm è molto forte e caratterizza una fede più cupa e nostalgica rispetto a quella sunnita che non riconosce intermediari tra il fedele e Allah, e che riconosce agli imàm solo il ruolo di dotti. 1.1.2. I cinque pilastri dell’Islam La religione islamica si caratterizza per la presenza di cinque precetti che rappresentano le fondamenta del credo e che contribuiscono all’educazione del buon musulmano. Essi non sono espressi in modo organica, ma si trovano sparsi in diverse sure del Sacro Corano. I pilastri dell’Islam sono: la doppia testimonianza di fede, le cinque giornaliere, l’elemosina, il pellegrinaggio alla città della Mecca e il digiuno nel mese del ramadan. 1. La doppia testimonianza di fede (sciahada): è un pilastro che si esegue oralmente e che è considerato la porta d’ingresso per l’Islam. “Non vi è altra divinità che Allah e Muhammad è servitore e messaggero di Allah” La prima parte della sciahada è l’espressione dell’unicità di Allah, e rappresenta uno dei concetti principali del credo islamico: il tawhid. La seconda parte della sciahada è incentrata sul Profeta Muhammad, considerato dai credenti musulmani “il sigillo dei Profeti” e testimonia l’amore di Allah, verso il suo Profeta. Ai credenti musulmani è richiesto di convincersi che il messaggio portato dall’Islam è stato dettato direttamente da Allah, e di riconoscere la natura umana del Profeta Muhammad: il credente buon musulmano deve seguire gli insegnamenti della Sunna, la pratica di vita del Profeta, e considerarlo un modello di ispirazione. 2. La preghiera: è un pilastro indispensabile nell’Islam e rafforza la doppia testimonianza di fede. La preghiera è un insieme di atti e parole che vengono richiesti al buon credente musulmano allo scopo di adorare e 17 mantenere vivo il legame con Allah. Il buon musulmano compie la preghiera cinque volte al giorno rivolto verso la Kabla, qibla, che si trova alla Mecca. La posizione assunta dai fedeli in preghiera rispecchia la parola Allah scritta in lingua araba: Il richiamo alla preghiera è il takbir, Allah Akbar, espressione equivalente a “Sia Lode a Dio”. “Recita quello che ti è stato rivelato del Libro ed esegui l'orazione. In verità l'orazione preserva dalla turpitudine e da ciò che è riprovevole."5 3. Il versamento della zakat: la zakat consiste nel prelievo di una determinata somma di denaro che ogni buon musulmano fa della propria ricchezza, quando essa supera un limite minimo stabilito, in modo disinteressato e che versa a favore dei poveri in modo da sovvenire alle loro necessità e non privarli dei loro diritti. Il pilastro della zakat si caratterizza per il suo contenuto economico e per molto tempo ha rappresentato l’unica imposta dovuta dai musulmani all’interno dei paesi islamici. La zakat è fissata al 2,5% dell’imponibile. Una delle condizioni della zakat è l’appartenenza alla comunità islamica e non è obbligatoria per i non musulmani. Oltre all’appartenenza al credo è necessario che il credente possegga da almeno un anno una ricchezza che supera il limite minimo imponibile, nissab, fissato pari all’equivalente del prezzo di 85 grammi d’oro. La zakat ha l’obiettivo di combattere la povertà all’interno della comunità islamica e di promuovere l’ideale di solidarietà sociale tra i fedeli oltre a purificare i cuori dei credenti dall’eccessivo amore per le ricchezze della vita terrena. “Preleva sui loro beni un'elemosina tramite la quale li purifichi e li mondi e prega per loro.”6 4. Il digiuno (sawm) nel mese del ramadan: il digiuno cade nel mese del calendario lunare islamico del ramadan e quindi non trova una corrispondenza specifica con il calendario occidentale. Durante il mede del 5 6 Il Corano, 29;45 www.ilcorano.it Il Corano, 9;103 www.ilcorano.it 18 ramadan è richiesto al buon musulmano di purificarsi attraverso la rinuncia dall’alba al tramonto non soltanto dal mangiare, dal bere e dall’avere rapporti sessuali, ma anche dal commettere peccato espresso in tutte le sue forme, menzogna, tradimento, truffa, inganno ed altri vizi. Il digiuno permette al credente di vincere i suoi vizi e le sue passioni e lo sforzo compiuto, gihad, è manifestazione della sua fede in Allah. “O voi che credete, vi è prescritto il digiuno come era stato prescritto a coloro che vi hanno preceduto. Forse diverrete timorati.”7 5. Il pellegrinaggio (hajj): viaggio alla Mecca, richiesto ai credenti almeno una volta nella vita ed in determinati periodi dell’anno, allo scopo di visitare la Kaba e compiere determinati riti di adorazione in nome di Allah. La Kaba, quibla, è un simbolo potente della presenza divina e viene definita “Sacra Casa di Dio”: essa rappresenta il simbolo fisico del legame tra Allah, e l’umanità. I fedeli musulmani credono che la qibla sia stata costruita da Adamo e poi purificata e ricostruita da Abramo. Sono esonerati dall’obbligo del viaggio coloro che soffrono di un male incurabile, che possono mandare un altro credente al loro posto, coloro che sono troppo poveri per permetterselo e coloro che non possono assicurare che ci sarà qualcuno a prendersi cura di chi hanno in carico. Il pellegrinaggio è il più grande raggruppamento della comunità islamica del mondo ed ai non musulmani non è consentito l’ingresso alla città della Mecca. Durante il pellegrinaggio tutti i credenti sono vestiti di bianco in modo che non vi sia distinzione in base al ceto sociale, al colore della pelle o tra un fedele arabo ed un fedele non arabo. “Il Pellegrinaggio avviene nei mesi ben noti. Chi decide di assolverlo, si astenga dai rapporti sessuali, dalla perversità e dai litigi durante il Pellegrinaggio.”8 7 8 Il Corano, 2;183 www.ilcorano.it Il Corano, 2;197 www.ilcorano.it 19 1.2. La relazione tra Islam e diritto Il diritto musulmano nasce e si afferma con la nascita e l’affermazione dell’Islam, termine che non indica soltanto la religione, din, fondata dal Profeta Muhammad, ma anche il sistema politico, sociale e culturale che ad essa intimamente si riconnette: in realtà la ripartizione dell’Islam in tre sistemi (religioso, politico e giuridico) è un adattamento occidentale di una realtà che internamente si presenta unitaria e che trova le proprie fondamenta nella legge della Shariah. 9. Le radici storiche della Shariah si ritrovano nel concetto di Ummah: il concetto di inscindibile unità della Comunità dei Musulmani dimostra che non esiste il concetto di Chiesa distinto dallo Stato in quanto è la Ummah ad essere allo stesso tempo Chiesa e Stato allo stesso modo e nello stesso tempo. Nonostante l’Islam tenda a dominare minuziosamente tutti gli aspetti della vita del credente, esso ignora l’esistenza di un clero organizzato: a tutela del dogma, del rito e del diritto sono destinati i dottori della legge, gli ulama. Il fiqh è la scienza giuridica musulmana e parte dallo studio della Shariah che è l’insieme di regole, principi e valori in cui si ricavano leggi e normative. Il fiqh può essere definito come la "conoscenza dei comandamenti di Allah che concernono le azioni, qualificate come wajib (obbligatorie), haram (vietate), mandub (raccomandate), makruh (disapprovate) o mubah (indifferenti). La Shariah islamica contiene le caratteristiche dell’universalità, della totalità e dell’adattabilità ad ogni luogo e tempo ed i suoi sistemi e norme comprendono sia la religione che il mondo terreno. A questa complessità si aggiunga che ogni Stato nel quale vige il diritto islamico è caratterizzato da una propria storia, che per i paesi della cosiddetta “franconomie” è stata influenzata dal diritto della civil law francese, mentre altri paesi sono stati influenzati dalla common law inglese: nonostante l’affermarsi della legge della Shariah, che trova le proprie fonti normative sul testo del Sacro Corano, sulla Sunna e sul consenso dei dottori della legge, l’influenza di secoli di storia di 9 F. Castro, “Il modello islamico”, a cura di Gian Maria Piccinelli, G. Giappichelli Editore, Torino, 2007 20 sistemi giuridici esterni alla Shariah è ancora riscontrabile nelle consuetudini, sebbene non tutti gli esperti di legge le considerino fonti del diritto. Le quattro scuole legali dell’Islam sono nate nel XI secolo e hanno rappresentato uno dei passi chiave della formalizzazione del Sunnismo. Esse sono: la scuola hanafita, la scuola malikita, la scuola shafiita e la scuola hanabalita. L’Islam sciita tende invece a fare maggiore ricorso alle opinioni degli imàm: la scuola giuridica sciita più importante è quella duodecamana. 1.2.1. Le fonti del diritto islamico Le fonti del diritto musulmano sono quattro: Sacro Corano, Sunna, igma e qiyas. A queste si aggiunge la consuetudine: nonostante le scuole legali non siano concordi nel definirla fonte del diritto essa assume molta importanza nella giurisprudenza islamica. - Il Sacro Corano (al-Qur’àn): è il testo sacro per eccellenza del credo islamico e contiene le rivelazioni che Allah, fece al Profeta Muhammad, attraverso l’arcangelo Gabriele dal momento della rivelazione, nel 610 d.C., fino al momento della sua morte, nel 632 d.C. Il Sacro Corano fu rivelato a brani isolati, anche di brevissima lunghezza. Il Profeta affidò prima queste rivelazioni alla sua memoria e poi ai suoi scrittori che avevano il compito di riportarle per iscritto: fu solo dopo la morte del Profeta Muhammad che i suoi Compagni decisero di riordinare il materiale scegliendo come metodo quello della lunghezza dei brani, anziché quello cronologico o quello logico. Secondo la tradizione islamica il Sacro Corano raggiunse la sua forma attuale durante il califfato di Uthman (644-656 d.C.) che ordinò ad un gruppo di stimati musulmani di stilarne la versione definitiva. 21 I musulmani attribuiscono una sacralità fisica al Sacro Corano e ritengono che esso possegga potere divino10 e preferiscono maneggiarlo solamente in condizioni di estrema purezza rituale. Il Corano risulta composto da 114 sure, ordinate secondo lunghezza dalla più breve alla più lunga ad eccezione della prima detta l’“Aprente del Libro”, che possono essere distinte tra sure della Mecca, rivelate quando il Profeta viveva alla città della Mecca, che si caratterizzano per il loro contenuto morale e religioso, e sure di Medina, rivelate dopo il viaggio dell’Ègira quando il Profeta era diventato capo politico e militare della comunità islamica creatasi e che trattano dell’organizzazione della società toccando anche i campi dell’economia, della finanza e del diritto. La materia giuridica del Corano compare quindi nelle sure di Medina, ma è scarsa in paragone alla mole del libro: secondo gli scrittori musulmani, su poco più di 6200 versetti contenuti nel Corano solo un centinaio si caratterizzano per un contenuto strettamente giuridico11. - La Sunna: il termine “sunna” deriva dalla radice asl, termine arabo che designa le norme morali di condotta, e che con la nascita e l’affermazione dell’Islam viene inteso come sunnat al-nabì, “la Sunna del Profeta”, intendendo il modo di comportarsi di Muhammad nelle varie circostanze, norme di condotta consistenti in un detto, in un fatto o in un silenzio assenso. È intorno all’inizio del terzo secolo dall’Ègira che alle norme contenute nella Sunna venne attribuita efficacia normativa dalla Comunità 12 : il Profeta Muhammad è considerato dai fedeli musulmani un modello, fonte di profonda ispirazione per il fedele, in quanto uomo la cui condotta è ispirata direttamente dalla perfezione di Allah. 10 Il Sacro Corano può essere utilizzato anche in pratiche popolari di guarigione. I versetti a contenuto giuridico sono in realtà circa cinquecento, ma molti di essi riguardano le pratiche del culto e quindi sono un centinaio trattano della materia del diritto in senso stretto. 12 È a Muhammad al-Shafii, uno dei maggiori giuristi dell’Islam e fondatore della scuola che da lui prende nome, che si deve il concetto di sunna quale fonte del diritto. Egli fece trionfare l’inderogabilità delle tradizioni risalenti al Profeta Muhammad rispetto a qualsiasi altra autorità. Fonte: F. Castro, “Il modello islamico”, a cura di Gian Maria Piccinelli, G. Giappichelli Editore, Torino, 2007 11 22 Gli hadith sono i racconti della vita del Profeta che sono stati trasmessi oralmente da trasmettitori degni di fede, gli isnàd: lo studio della catena di trasmettitori ha ispirato una vera e propria scienza, giacché il racconto è tanto più veritiero quanto più sono degni di fiducia i trasmettitori: per gli studiosi musulmani il punto centrale è quello di garantire la continuità della memoria storica della Comunità dei Musulmani fondata dal Profeta Muhammad, la Ummah, che avrebbe trasmesso al suo interno, di generazione in generazione, le tradizioni dei tempi del Profeta.13 - Il consenso (ijimà’): è uno delle due fonti diritto minore e trova fondamento in un detto attribuito al Profeta <<La mia Comunità non si troverà mai d’accordo sopra ad un errore>>. L’accordo della Comunità è in realtà l’accordo dei dottori in quanto rappresentanti qualificati, per profondità di dottrina, della Comunità stessa. L’ijimà’ è importante agli occhi dei fedeli islamici in quanto garantisce l’autenticità sia del Sacro Corano che della Sunna e non è altro che un’ulteriore manifestazione della volontà di Allah, che preserva la Comunità dei Musulmani dall’errore guidandola verso la Verità. Si deve considerare come l’ijimà’ non sia accettata dai musulmani sciiti che restringono il diritto al consenso ai soli discendenti diretti del Profeta Muhammad seguaci della dottrina sciita. In tempi recenti autori musulmani modernisti hanno tentato di dare un nuovo significato al consenso facendolo coincidere con l’opinione pubblica, o con l’accordo di dottori e politici in assemblee più o meno elettive14: tali forme nuove di consenso sono sempre più accettate nel campo del diritto dei contratti, del diritto bancario e dell’economia. - Il procedimento analogico (qiyàs): è la quarta fonte del diritto islamico ed anche la più controversa. Per qiyàs’ si intende deduzione per analogia e quindi comparazione di un caso o di un atto nuovo con casi o atti che possano giudicarsi analoghi o che trovano definizione nel Sacro Corano, nella Sunna o nel consenso dei dotti. 13 F. Castro, “Il modello islamico”, a cura di Gian Maria Piccinelli, G. Giappichelli Editore, Torino, 2007 14 Idem 23 Mentre le prime tre fonti del diritto sono espressione diretta o indiretta della volontà divina, il qiyàs’ è un processo logico e razionale dell’essere umano che, seppur avviene nel rispetto di determinate regole e procedure può sempre essere soggetto all’errore: ci si è posti quindi il quesito se sia lecito per l’intelletto umano investigare quali siano le ragioni che hanno determinato l’intelletto divino. L’applicazione del qiyàs’ risulta molto controversa: la scuola hanbalita e quella shafiita sono conservatrici e ne limitano il ricorso al minimo indispensabile, a differenza della scuola degli hanafiti e di quella dei malikiti. - La consuetudine: è una forma di fonte del diritto secondaria, ma ricopre un ruolo non indifferente nel diritto islamico ed ha consentito il progressivo adattamento dei sistemi giuridici dei paesi islamici con l’evoluzione dei tempi, permettendo anche l’introduzione di elementi di sistemi giuridici stranieri, sia della common law che della civil law. I dottori della legge islamica distinguono tra consuetudine generale, ‘urf àmm, che si fonda sopra un interesse generale e che viene prevalentemente qualificata come fonte del diritto, e consuetudine locale, ‘urf khàss, che non può essere estesa ad altri luoghi e non viene considerata fonte del diritto. In alcune aree dell’Islam il diritto consuetudinario si è mostrato così forte che la legge della Shariah non è riuscita a penetrare in alcuni ambiti di regolamentazione. 1.2.2. Le scuole giuridico – religiose Nel contesto islamico sunnita esistono quattro scuole giuridico – religiose che si differenziano sulla base degli strumenti ermeneutici usati per l'interpretazione della Legge Coranica, sia nella ritualità adottata per il suo rispetto. 24 - La scuola hanafita: è stata fondata da Abu Hanifa ed è diffusa in Turchia, India e Pakistan. È la scuola più liberale in quanto tende a rispettare più la forma che la sostanza delle fonti primarie del diritto islamico che sono il Sacro Corano e la Sunna. - La scuola malikita: è stata fondata da Malik Ibn Anas ed è diffusa soprattutto nel Maghreb. È una scuola molto conservatrice e pone l’accento sul ruolo del consenso dei dotti, l’ijimà’. - La scuola shafiita: è stata fondata da Muhammad al-Shafii ed è diffusa in Egitto, in Indonesia e nell’Africa Orientale. Tra le fonti del diritto riconosce particolare importanza alla Sunna e all’ijimà’. - La scuola hanabalita: è stata fondata da Ibn Hanbal, è diffusa nell’Arabia Saudita ed è la più conservatrice. Si caratterizza per un’assoluta fedeltà alle fonti scritte ed esige il massimo rispetto per le fonti del Sacro Corano e della Sunna. Professa l’applicazione del modello di Comunità dei Musulmani costituita dal Profeta Muhammad nella sua permanenza a Medina e pone particolare accento sul rigore morale e sulla purezza dell’Islam delle origini. Nello sciismo la scuola giuridica più importante è quella jafarita fondata dal sesto imàm, Jafar al-Sadiq15, e presente principalmente in Iran e in Iraq. Il ruolo degli ulama nella tradizione islamica è molto importante ed essi hanno da sempre goduto di grande rispetto da parte della Comunità: in quanto dotti della legge islamica essi hanno l’obbligo morale di garantire l’autorevolezza delle fonti del Sacro Corano e della Sunna, ma anche di guidare la Comunità dei Musulmani verso la Verità, preservandola dall’errore. Hanno il compito, non facile, di individuare quel punto di incontro tra etica islamica, fondata sul Sacro Corano e sul modello di vita del Profeta Muhammad, e l’evolversi dei fenomeni della globalizzazione e dell’occidentalizzazione, occupandosi anche dei settori dell’economia e della finanza. 15 Jafar al-Sadiq fu un importante giurista sciita alle cui lezioni parteciparono, tra gli altri, Abu Hanifa e Malik Ibn Anas, fondatori rispettivamente della scuole giuridiche sunnite degli hanafiti e dei malikiti. 25 Sono importanti in quanto hanno avuto un ruolo chiave nello sviluppo del sistema finanziario islamico ed oggi rivestono una posizione di primaria importanza nel sistema bancario: essi formano infatti lo Shariah Supervisory Board, un particolare organo direttivo delle istituzioni finanziarie islamiche che ha il compito di valutare la legittimità degli strumenti offerti al mercato e il loro rispetto verso la legge della Shariah. Figura 1.3. Le scuole giuridiche islamiche Fonte: www.wikipedia.org 1.3. L’Islam come ideologia Secondo i credenti islamici il termine Islam non significherebbe religione nel senso occidentale del termine, bensì uno stato di sottomissione, di obbedienza e di armonia del credente con il mondo e con il suo creatore. Il termine Islam deriva dal termine arabo ‘aslama che significa sottomettersi di cui il participio presente è il termine muslimùn, musulmani. Il mondo islamico ha sviluppato il concetto di Ibadat che deriva da Abid, letteralmente traducibile con “schiavo”, per esprimere il senso di sottomissione del fedele alla volontà di Allah. L’Ibadat esprime il dovere del buon musulmano di compiere le azioni che portano onore ad Allah e di non commettere azioni 26 vietate dal Sacro Corano. L’Ibadat può essere osservato sotto due accessioni: si parla di ubudiyah quando si fa riferimento al rapporto diretto tra il fedele ed Allah e di amaliyah quando si fa riferimento alla relazione che il fedele trattiene con il creato e quindi sia con l’ambiente che con la società. Secondo la prospettiva islamica l’Ibadat stimola la relazione tra l’essere umano e l’universo, entrambi espressivi della grandezza di Allah. A differenza delle altre religioni monoteiste l’Islam influenza la vita dei credenti tanto negli aspetti esteriori quanto in quelli interiori: la definizione di Islam è quella di din, termine arabo generalmente tradotto come religione, ma di senso molto più ampio e che esprime non soltanto il culto e il dogma, ma anche il vivere associato e le sue regole.16 Secondo Porzio, l’Islam per i musulmani è molto più di una religione, è un’ideologia, un pensiero, “una visione del mondo completa e complessa”17. Lo storico della filosofia Henry Corbin esprime il principio metastorico che fonda la coscienza religiosa dell’Islam attraverso il seguente passo: La coscienza religiosa dell’Islam è concentrata non su un fatto della storia, ma della metastoria. Questo fatto primordiale, anteriore al tempo della nostra storia empirica, è costituito dalla domanda rivolta da Dio agli Spiriti degli esseri umani preesistenti al mondo terrestre: <<Non sono forse il vostro Signore? 18 >> L’acclamazione di gioia che risponde a questa domanda suggella un patto eterno di fedeltà, ed è la fedeltà di questo patto che i profeti sono venuti, di periodo in periodo, a ricordare agli uomini; la loro successione forma il <<ciclo della profezia>>. 16 M Campanini “Islam e Politica”, Bologna, Il Mulino, 2003 Porzio, 2009 18 Il Corano, 7;171 www.ilcorano.it 17 27 1.4. Il rapporto tra Islam, economia e finanza Esistono diversi principi etici che possono essere considerati il cuore dell’Islam e che costituiscono le fondamenta teoriche del sistema economico e finanziario islamico. Nonostante il mondo occidentale tenda a studiare principalmente i tre divieti più importanti del sistema finanziario islamico, quello della riba, interesse,del gharar, incertezza, e del maysir, speculazione, esistono principi etico – morali che hanno avuto un impatto diretto sullo sviluppo del sistema finanziario ed economico islamico. La società islamica è sottoposta a norme di carattere etico direttamente discendenti da Allah: sotto questo principio universale e totale rientrano anche i campi dell’economia e della finanza. In particolar modo è importante l’analisi dei concetti di khalifah, quale significato etico del diritto di proprietà, e di zakat, quale guida morale all’utilizzo dei beni che il buon musulmano ha in proprietà. 1.4.1. Il tawhid: l’unicità di Allah come espressione dell’indivisibilità della Ummah Il concetto di tahwid, ossia dell’unicità di Dio, è il cuore dell’Islam: è con queste parole che il Profeta Muhammad iniziò la sua predicazione e rappresenta la prima parte della shahada, considerata la porta d’ingresso dell’Islam. Come afferma Piccinelli il tawhid rappresenta le fondamenta teoriche del sistema economico e finanziario islamico: “Sotto il profilo ideologico, il sorgere di un sistema islamico dell’economia è stato sostenuto anche da una vasta corrente religioso – filosofica con l’intento di riscoprire e approfondire la necessaria e continua integrazione tra fede ed azione del musulmano: il tahwid umano che attinge all’inesauribile fonte del tawhid divino, dell’unicità di Dio – costantemente riaffermata da ogni credente nella 28 prima parte della professione di fede (shahada) <<la ilaha illa Allah>>, cioè <<Non c’è altro Dio se non Dio>> - porta necessariamente i suoi effetti anche in campo economico ispirando i singoli atti economici e fornendo la base per la verifica della loro conformità”19 Il sorgere dell’economia islamica ha un profondo debito con il pensiero riformista islamico del XIX e del XX secolo, in particolare per l’importanza attribuita al tawhid che ebbe influenze sulla sfera politica, su quella sociale e su quella economica. In questi secoli il concetto di tahwid fu riscoperto e riaffermato come metafora della Ummah, la Comunità dei Musulmani fondata dal Profeta Muhammad, che dovrebbe essere unita ed armonica nell’adorazione di Allah e che dovrebbe rifiutare ogni potere umano indipendente da Dio. Il principio del tawhid esprime la volontà dei fedeli islamici di unificare ed assoggettare tutte le sfere del vivere sociale, comprendendo anche quella economico-finanziaria, alla volontà di Allah: tutto è interdipendente in quanto tutto deve essere in stato di Islam, cioè di sottomissione alla volontà divina. Figura 1.4 Finanza tradizionale e finanza islamica: Stato e religione Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012 19 G.M. Piccinelli, “Banche islamiche in contesto non islamico. Materiali e strumenti giuridici”, Laterza, Roma-Bari, 2004 29 Il termine Ummah deriva dalla radice araba ‘m-m da cui ha origine anche la parola araba di madre, umm, ed ha acquistato con la nascita dell’Islam il senso di Comunità dei Musulmani. La Ummah fondata e guidata dal Profeta Muhammad a Medina è per i credenti islamici il modello ideale di società a cui ispirarsi. Essi considerano questa comunità, da intendersi anche come nazione, la più giusta, ma anche la più vantaggiosa per l’umanità. Il concetto di Ummah si poggia sulla benedizione di Allah: "Voi siete la migliore nazione mai suscitata tra gli uomini; promuovete la giustizia, impedite l'ingiustizia e credete in Allah”20 1.4.2. Il concetto di khalifah e il diritto di proprietà Il concetto di khalifah assume una particolare importanza in riferimento al sistema economico e finanziario basato sul rispetto della legge della Shariah: nell’Islam la proprietà appartiene solo ad Allah in quanto creatore dell’universo, diritto che è stato affidato all’uomo come Suo vicereggente sulla terra, khalifah. Per questo tutti i musulmani devono sentirsi responsabili di un ordine sociale giusto e morale. Il diritto di proprietà privata dell’uomo, in quanto khalifah del diritto di Allah, implica l’obbligo di esercitare responsabilmente questo diritto sia nei confronti della famiglia che dell’intera società secondo gli insegnamenti etici rivelati. Secondo l’Islam non esiste il peccato originale e quindi l’uomo è fin dalla nascita innocente ed in grado di perseguire il bene, compiendo le parole di Allah, di promuovere la giustizia ed impedire il male: lo sfruttamento degli altri uomini e l’accaparramento delle risorse elargite da Allah sottraggono l’uomo dalla sua responsabilità di tutelare l’armonia del cosmo e vengono considerate un tradimento della fiducia accordata da Allah all’umanità. 20 Il Corano, 2;110 www.ilcorano.it 30 1.4.3. Il pilastro della zakat: la funzione sociale della ricchezza e del lavoro La zakat assume un ruolo di particolare privilegio nello sviluppo del sistema economico e finanziario islamico: essa è uno dei cinque pilastri dell’Islam, promuove la solidarietà tra i musulmani e diffonde il senso di responsabilità sociale della Ummah. Se la preghiera rituale è espressione del legame verticale e diretto tra il credente e Allah, la zakat è espressione del legame orizzontale tra i credenti ed alla base del mumalah islamico che tratta delle relazioni economiche tra gli uomini. Essa purifica le ricchezze del fedele e assume il ruolo di strumento economico di circolazione del capitale, funzionale alla creazione di un ordine sociale giusto ed etico. La zakat è considerata dall’Islam la trasposizione materiale al concetto di tawhid in quanto determina la coesione della Ummah attraverso la realizzazione della giustizia sociale.21 Figura 1.5. Finanza tradizionale e finanza islamica: il profitto Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012 Dalla funzione sociale della ricchezza discende anche la funzione sociale del lavoro: il lavoro è posto al servizio della comunità e quindi il profitto derivante dall’attività lavorativa del credente non può prescindere da obiettivi di natura 21 G. Vercellin, “Istituzioni del mondo musulmano”, Einaudi, Torino, 1996 31 sociale ed etica. Si distinguono profitti derivanti da attività vietate o scollegate agli obiettivi di sviluppo sociale, haram, con quelli derivanti da attività lecite e auspicate: halal Le buone azioni del fedele sono importanti per promuovere una società più giusta: è secondo questa logica che la vita del Profeta Muhammad, descritta nella Sunna e negli hadith, deve essere considerata come un modello e deve suscitare ammirazione, ispirando il percorso da seguire nella vita di ogni giorno. Il ruolo sociale della zakat è considerato fondamentale anche in tempi contemporanei, come dimostra il fatto che essa rappresenta una specifica voce del conto economico del bilancio delle banche islamiche.22 1.4.4 Il Maslahah e il pubblico interesse Il termine “maslahah” può essere letteralmente tradotto come “pubblico interesse”. Si tratta di uno degli aspetti fondamentali dell’intero sistema islamico, sia in termini finanziari che giuridici. La legge islamica, infatti, deve essere costruita in piena armonia e rispetto del concetto di interesse pubblico e di Ummah fondata dal Profeta Muhammad. La tutela del pubblico interesse è di fondamentale importanza per lo sviluppo del sistema finanziario ed economico secondo la prospettiva islamica: i principali divieti tassativi23 della riba, interesse, della speculazione e del monopolio sono stati posti nel rispetto dei testi sacri al fine di tutelare gli interessi dei più deboli. 22 Nel corso della trattazione sarà evidenziato come il principio della zakat sia di grande importanza per comprendere alcune importanti teorie finanziarie secondo la prospettiva islamica. 23 Come si evidenzierà nel corso della trattazione nella finanza islamica esistono degli elementi quali ad esempio il gharar e il maysir che sono vietati solo se eccessivi. 32 1.4.5. Il divieto della riba L’attività economica non è condannata dall’Islam, anzi è rispettata e promossa in quanto professione svolta dal Profeta Muhammad prima della Rivelazione: ciò nonostante la legge islamica, direttamente ispirata da alcuni versetti del Sacro Corano e della Sunna, pone dei paletti alle modalità attraverso le quali l’attività economica può essere svolta.2 La traduzione letterale del termine arabo “riba” è “aumento”, “accrescimento”, “eccesso”, mentre la traduzione tecnica può corrispondere a “usura” o “interesse”. Il divieto della riba è stato ampiamente trattato nel mondo islamico: si presuppone che al tempo del Profeta Muhammad la riba non rappresentasse un semplice interesse, piuttosto “il raddoppio della somma dovuta- capitale e interessi, in denaro o altra natura-, nel caso che il debitore non fosse in grado di pagarla alla sua scadenza” 24, ciò nonostante il consenso oggi prevalente è che la riba includa qualsiasi forma di interesse. Le scuole giuridiche islamiche hanno elaborato due nozioni di riba: la riba che si riferisce a rapporti debitori o creditori, riba al-nas’iah , e la riba che si riferisce ad uno scambio di beni o alla prestazione di servizi, riba al-fadl. La riba al-nas’iah si riferisce al tempo concesso al debitore per ripagare il prestito: la legge islamica vieta di fissare un rendimento sul capitale prestato ex – ante ed in funzione del differimento temporale tra momento del prestito e del rimborso. Il divieto della riba al-nas’iah si deve al fatto che il prestito ad interesse non è né equo né giusto in quanto la moneta non è considerata riserva di valore, ma mezzo di scambio e quindi genera valore non di per sé, ma solo se impiegata in un processo produttivo o in una transazione e solo se abbinata al lavoro e all’intelletto dell’essere umano. Appare evidente come le basi morali del divieto della riba al-nas’iah siano da ricercare nei valori di sviluppo sociale promossi dalla zakat e dalla visione islamica di lavoro e profitto. La riba al-fadl trova le sue fondamenta in uno dei più noti hadith: 24 M. Rodinson, “Islam et capitalism”, Paris, Editions du Seuil, 1996. Trad. It. “Isam e capitalismo”, Einaudi, Torino, 1968 33 “Vendi oro per oro, argento per argento, grano per grano, orzo per orzo, dattero per dattero, sale per sale, nella stessa specie, nella stessa quantità, faccia a faccia; se le merci differiscono puoi vendere come desideri, purché lo scambio sia contestuale. Chi paga di più o riceve di più cade nel riba. Chi prende e chi riceve è uguale” Il principio della riba al-fadl riconosce che lo scambio di medesime merci debba avvenire nella stessa specie, nello stesso ammontare e contestualmente. Non è ammesso fissare oggi le condizioni ed il prezzo per una vendita futura, in quanto questo potrebbe generare delle condizioni di non eticità: questa visione è alla base della struttura degli strumenti derivati islamici. I versi del Sacro Corano che vietano il ricorso alla riba sono quattro e gli studiosi sono concordi sull’ordine cronologico secondo il quale sarebbero stati rivelati da Allah. Si ritiene che il primo versetto ad essere stato rivelato sia quello della Sura del Rum, che recita: “Quel che voi prestate ad usura perché aumenti sui beni degli altri, non aumenterà, presso Dio. Ma quello che date in elemosina, bramosi del Volto di Dio, quello sì che vi sarà raddoppiato!”25 Il legame economico – morale tra il divieto della riba e l’etica sociale promossa dalla zakat trova piena espressione nell’antitesi con la quale vengono descritti i due tipi di aumento: l’aumento usurario, espressione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e l’aumento del premio concesso da Allah a chi versa l’elemosina. Il secondo versetto in ordine cronologico è il versetto 161 della Sura al Nissa, che recita: “E perché han praticato l’usura che pure era stata loro proibita, per aver consumato i beni altrui falsamente, e abbiamo preparato per i Negatori castigo cocente.”26 Il terzo versetto che è stato rivelato esprime in maniera molto netta il divieto dell’usura e si ritrova nella Sura al-Imran: “O voi che credete! Non praticate l’usura, doppiando e raddoppiando, e temete Dio sì che possiate essere felici.”27 25 Il Corano, 10;39 www.ilcorano.it Il Corano, 6;161 www.ilcorano.it 27 Il Corano, 3;130 www.ilcorano.it 26 34 L’ultima sura apparsa è la Sura al-Baqara, seconda sura del Sacro Corano e versetto singolo più lungo di tutto il testo sacro. La sua importanza è rafforzata dall’affermazione del Profeta Muhammad secondo il quale “Satana scappa dalla casa in cui si recita la Sura Al-Baqara”. Essa è stata rivelata in occasione del Pellegrinaggio di addio del Profeta alla Mecca ed esprime il divieto del ricorso alla riba in termini particolarmente forti: “Coloro invece che si nutrono di usura resusciteranno come chi sia stato toccato da Satana. E questo perché dicono: <<Il commercio è come la usura!>>. Ma Allah ha permesso il commercio e ha proibito l'usura. Chi desiste dopo che gli è giunto il monito del suo Signore, tenga per sé quello che ha e il suo caso dipende da Allah. Quanto a chi persiste, ecco i compagni del Fuoco. Vi rimarranno in eterno. Allah vanifica l'usura e fa decuplicare l'elemosina. Allah non ama nessun ingrato peccatore. In verità coloro che avranno creduto e avranno compiuto il bene, avranno assolto l'orazione e versato la decima, avranno la loro ricompensa presso il loro Signore. Non avranno nulla da temere e non saranno afflitti. O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai profitti dell'usura se siete credenti. Se non lo farete vi è dichiarata guerra da parte di Allah e del Suo Messaggero; se vi pentirete, conserverete il vostro patrimonio. Non fate torto e non subirete torto. Chi è nelle difficoltà, abbia una dilazione fino a che si risollevi. Ma è meglio per voi se rimetterete il debito, se solo lo sapeste!”28 Il divieto della riba viene giustificato in quanto limiterebbe la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, prevenendo le ingiustizie e nel contempo promuovendo i principi di partecipazione al rischio e di profitto legittimo, halal. Secondo alcuni studiosi il divieto della riba, strettamente ancorato al concetto di partecipazione al rischio, si giustifica con il fatto che un tasso di interesse predeterminato non rappresenta una “forma equa di transazione”29 quando i fini sono produttivi: investendo denaro in presupposti produttivi non esiste certezza 28 29 Il Corano, 2;279-280 www.ilcorano.it Vedi Council of Islamic Ideology (CII), 1980, pp 7 e 8. 35 circa il buon esito dell’operazione, ma anzi profitto e perdita sono equamente probabili. A differenza di altri divieti a contenuto economico il divieto della riba ha una valenza assoluta nel sistema economico e finanziario islamico, influenzando l’operatività delle istituzioni finanziarie e le possibilità di ricorso al capitale di debito da parte delle imprese. Il concetto di hiyal è fondamentale per comprendere come nella prassi si siano potuti aggirare i rigorosi divieti del prestito ad interesse ed offrire alcuni degli strumenti tipici del sistema finanziario islamico. L’hiyal è un istituto, parte integrante della fiqh, che si riferisce all’impiego di mezzi legali per fini extra – shariatici: questo sistema permette di raggirare le disposizioni della Shariah, pur mantenendone il rispetto formale, in modo da raggiungere uno scopo, che deve necessariamente essere legittimo, a soggetti che si trovano costretti da condizioni oggettive ad agire contrariamente alla legge islamica. L’istituto dell’hiyal è controverso per i giuristi e i credenti islamici: ciò che ha permesso lo sviluppo di strumenti finanziari basati sul debito attraverso il sistema dell’hiyal è lo scopo “legittimo” della costruzione di un sistema finanziario basato sull’etica islamica in modo da garantire adeguato livello di sviluppo e benessere alla comunità musulmana, la Ummah. 1.4.6. I divieti del gharar e del maysir Con il termine gharar si indica “incertezza” o “rischio”, mentre con il termine maysir “speculazione”. Il divieto del gharar si riferisce sia a situazioni di informazione incompleta che a situazioni di mancanza di chiarezza in relazione all’oggetto o al prezzo di un contratto o di uno scambio. Il rischio di incertezza viene contrastato dalla continua ricerca di chiarezza e semplicità nei contratti islamici: secondo il pensiero islamico, nonostante il gharar sia vietato solo se eccessivo, la ricerca di un livello 36 standard di chiarezza dovrebbe diminuire il rischio di incertezza nelle transazioni economiche e finanziarie. Il divieto del maysir si riferisce invece alla volontà di scommettere sul risultato futuro di un evento. A differenza del divieto della riba, che è condannato in maniera illimitata, il gharar e il maysir sono condannati solo se rilevanti e questo perché possono essere limitati attraverso adeguate informazioni ed analisi. I divieti del gharar e del maysir influenzano direttamente il sistema assicurativo islamico, il takàful che si basa sulla cooperazione e sulla mutua assistenza30. I divieti del gharar e del maysir hanno inoltre un impatto diretto sull’utilizzo dei contratti derivati. 1.5. L’homo islamicus: per uno sviluppo sostenibile dell’Islam Secondo gli economisti islamici ogni modello economico deve necessariamente ispirarsi alla volontà divina riconoscendo la signoria di Allah, e rispettando la Sua volontà, che è stata rivelata nel Sacro Corano e attraverso i profeti. L’economia islamica mira a sostituire all’homo economicus dell’economia neoclassica, spinto esclusivamente dal proprio interesse egoistico e personale, con l’homo islamicus, il credente responsabile. L’economista islamico Muhammad Chapra afferma: “L’economia islamica si basa su un paradigma che ha la giustizia economicosociale come suo obiettivo primario […]. A differenza del paradigma secolare di mercato, il benessere umano non è considerato dipendente soprattutto dalla 30 Anche il sistema mutualistico convenzionale non è considerato legittimo dalla Shariah: seppur libero dal maysir, in quanto l’obiettivo non è il profitto, nel sistema mutualistico convenzionale rimane presente l’elemento dell’incertezza, gharar. Per permettere una concreta operatività al sistema assicurativo islamico la scuola malikita ha elaborato lo strumento di donazione, altabarru’, in modo da regolare il rapporto tra ogni singolo assicurato e il fondo mutualistico secondo le norme della Shariah. 37 massimizzazione della ricchezza e dal consumo: richiede invece un equilibrato soddisfacimento dei bisogni materiali e spirituali della personalità umana […]. Trascurare i bisogni spirituali o materiali impedirebbe il conseguimento di un vero interesse.”31 Secondo il pensiero islamico la sconfitta della religione come forza sociale collettiva avrebbe condotto al tramonto dei valori morali condivisi: la coscienza individuale, unico arbitrio tra bene e male, non è ritenuta sufficiente per mediare armonicamente gli interessi individuali e sociali. L’Islam non è tuttavia in contrasto con la proprietà privata, con il libero mercato e con il profitto e risulta compatibile con il capitalismo, nonostante alcuni elementi debbano essere riletti secondo la prospettiva propria dell’Islam. Il tema dello sviluppo sociale riveste un ruolo particolarmente importante nel pensiero economico islamico, come evidenziato dai principi di zakat, tawhid e Ummah. Secondo il pensiero islamico Allah, avrebbe creato ogni cosa nella giusta quantità per soddisfare i bisogni umani: la scarsità delle risorse, principio fondante dell’economia neoclassica, sarebbe il risultato dell’avarizia e dell’egoismo dell’agire dell’essere umano. Secondo il filosofo egiziano Hassan Hanafi32 la realizzazione di uno sviluppo sostenibile, inteso in termini economici, sociali e morali, sarebbe la realizzazione dell’imperativo divino “Il Regno dei Cieli è sulla terra.”.33 Perché lo sviluppo economico sia in armonia con la volontà divina esso deve essere dinamico fino al Giorno del Giudizio e non deve avvenire a scapito delle generazioni future della Ummah che viene intesa in senso atemporale: la fratellanza fondata sulla fede impegna le generazioni presenti a non pregiudicare il benessere di quelle future34, incontrando la definizione di sviluppo sostenibile offerta dalle Nazioni Unite quale “forma di sviluppo che soddisfa i bisogni del 31 M. U. Chapra, “What is Islam Economics?” Islamic Development Bank, Islamic Research and Training Institute, IDB Prize Winner’s Lecture Series n. 9 32 H. Hanafi, “Islam in the Modern World. Vol. I: Religion, Ideology and Development”, Kebaa, 2000 33 Idem 34 A.R. Yousri, “Islamic perspectives on sustainable development”, 5th International conference on Islamic economics and finance, p 22-57 38 presente senza compromettere la possibilità delle generazioni successive di soddisfare i propri”35. Lo sviluppo sociale della Ummah viene tutelato attraverso le azioni dei singoli fedeli, distinte nettamente tra azioni haram, vietate, e azioni halal, lecite. A livello dottrinale, per gli islamisti il problema della scarsità delle risorse rispetto ai bisogni della popolazione, è un problema dell’homo economicus tradizionale, ma non dell’homo islamicus. Al contrario del pensiero capitalista, secondo il Sacro Corano, Allah ha creato ogni cosa nella giusta quantità per soddisfare i bisogni umani. Quindi la scarsità è frutto del comportamento umano e dell’avarizia dell’accumulazione. Per questa ragione, l’homo islamicus, tenta di superare il problema della scarsità delle risorse attraverso la rinuncia e il comportamento altruistico, contrapposto al comportamento massimizzante dell’homo economicus. Il Sacro Corano nomina gli esseri umani come custodi di Allah nel mondo. All’interno di questo mandato, la proprietà privata è consentita anche se ogni attività patrimoniale detenuta da chiunque è da intendersi come un "prestito" da parte di Allah stesso. Ne deriva che la gestione di ogni bene da parte dei musulmani debba seguire una "guida “morale”, evitando i comportamenti vietati. Secondo Warde la differenza tra Homo economicus e Homo islamicus risiede nell’importanza che la società islamica attribuisce all’altruismo 36 , mentre l’economista islamico Monzer Kahf pone l’accento sulla diversa prospettiva che Islam e società occidentale hanno dell’utilitarismo37. Secondo questa prospettiva lo studioso afferma che la prospettiva islamica dell’utilitarismo è limitata e monodimensionale 38 in considera il successo solo in termini economici. Secondo 35 www.treccani.it “The most important difference between Homo islamicus and Homo economicus is the assumption of altruism. As other pre-capitalist systems, Islam is preoccupied with the welfare of a community where every individual behaves altruistically and according to religion norms” Fonte: I. Warge, “Islamic Finance in the Global Economy”, Edinburgh, UK, Edinburgh University Press, 2000, cit p.44 37 L'utilitarismo (dal latino utilis, utile) è una dottrina filosofica di natura etica per la quale è "bene" (o "giusto") ciò che aumenta la felicità degli esseri sensibili. 38 M. Khaf “The Islamic Economy: Analytical Study of the Functioning of the Islamic Economic System”, Planfield, Indiana, The Muslim Students’ Association of the United States and Canada, 1978 36 39 l’autore la prospettiva islamica di utilitarismo sarebbe caratterizzata da almeno due elementi: - Il concetto di successo: il concetto del successo è strettamente legato ai valori dell’Islam; La variabile temporale del comportamento del consumatore: l’Islam associa la fede in Allah direttamente con la fede dell’esistenza del Giorno del Giudizio. Secondo questa prospettiva l’orizzonte temporale del comportamento di un fedele musulmano si compone di due parti, una immediata ed una che comprende l’Aldilà, akhirah. Ecco che il concetto di utilità dovrebbe essere rivisto considerando gli effetti in termini di benefici derivanti da entrambe le variabili nonostante alcuni di essi possano essere goduti solo una volta conclusa la vita terrena. Il Sacro Corano stesso esprime le considerazioni che il fedele musulmano dovrebbe avere in riferimento al successo e all’interesse personale: “Allah ha comprato dai credenti le loro persone e i loro beni dando in cambio il Giardino, poiché combattono sul sentiero di Allah, uccidono e sono uccisi. Promessa autentica per Lui vincolante, presente nella Torâh, nel Vangelo e nel Corano. Chi, più di Allah, rispetta i patti? Rallegratevi del baratto che avete fatto. Questo è il successo più grande.”39 39 Il Corano, 9;111 www.ilcorano.it 40 2. I VALORI ISLAMICI E IL CONCETTO DI IMPRESA Prima di analizzare le caratteristiche della corporate finance islamica è necessario capire come la prospettiva islamica definisca l’attività imprenditoriale e come l’ambiente culturale incida sui processi interni dell’impresa. Si vedrà come la legge della Shariah e la morale islamica incidano non soltanto sulle scelte strettamente finanziarie, ma su ogni processo aziendale, sulla cultura aziendale e sugli aspetti di corporate governance e corporate social responsibility. Nel contesto islamico azionisti, consumatori, imprenditori, manager e lavoratori sono prima di tutto fedeli musulmani e sono sottoposti a norme etiche specifiche. Esistono dei vincoli morali e dei valori ispiratori dell’agire economico che vanno oltre il divieto della riba e i limiti finanziari imposti alle imprese islamiche dalla legge della Shariah. In un ambiente dove la cultura è così profonda e redicata come quello islamico, caratterizzato da norme etiche standardizzate ed universali e che non si limitano alla sola sfera personale, la considerazione puramente economica del profitto risulta riduttiva. Secondo gli economisti islamici i valori propri dell’Islam sono molto vicini alla corporate social responsibility intesa in senso tradizionale, ma presentano comunque delle peculiarità specifiche. 2.1. La natura dell’impresa Tutte le imprese presentano alcuni elementi comuni che sono diversi e intercorrelati attraverso una complessa rete di relazioni e fanno dell’impresa un <<sistema sociale aperto>>40: l’impresa è un sistema formato non soltanto dagli elementi che lo compongono, ma anche dalle relazioni esistenti tra essi. 40 P. Pisoni in AA.VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996 41 Si può affermare che l’impresa è: … un sistema (cioè un insieme di elementi integrati e interdipendenti) … … economico (cioè finalizzato a soddisfare bisogni attraverso l’impiego di risorse limitate) … … aperto (perché in costante rapporto con l’ambiente esterno) … … dinamico (in quanto sistematicamente in evoluzione). Il sistema aziendale è costituito dall’elemento umano e dai mezzi tecnici. L’elemento umano assume importanza nella formazione del valore aziendale e va considerato in termini sociali, ossia in relazione ai gruppi di persone interni ed esterni all’organizzazione che agiscono in modo coordinato. Le relazioni tra l’azienda e l’ambiente generale ne evidenziano il carattere di sub – sistema rispetto ad un insieme più ampio di valori e regole generali alle quali essa non può sottrarsi se vuole assicurarsi la sopravvivenza. L’azienda intrattiene con l’ambiente molteplici relazioni d’interscambio in quanto riceve dall’ambiente molteplici input che trasforma e restituisce all’ambiente sottoforma di output. Gli input che l’azienda riceve dall’ambiente possono essere distinti in fattori produttivi, che vengono acquisiti attraverso scambi di mercato, e influssi ambientali, che possono rappresentare dei vincoli o delle opportunità all’operatività dell’impresa. All’interno del sistema azienda avviene un processo di trasformazione al compimento del quale l’azienda è in grado di offrire all’ambiente gli output: gli output possono essere prodotti e servizi, che vengono collocati attraverso lo scambio di mercato, o possono essere di natura diversa, come le innovazioni tecnologiche e i valori culturali. L’ambiente generale è molto articolato e complesso e rappresenta il quadro di riferimento per le aziende che operano nello stesso contesto territoriale. L’ambiente generale è formato da sei diversi sottoinsiemi: l’ambiente fisico – naturale, l’ambiente culturale, l’ambiente tecnologico, l’ambiente sociale, l’ambiente politico – legislativo e l’ambiente economico41. L’ambiente specifico si riferisce ai settori42 e ai mercati di attività43 dell’impresa. 1. L’ambiente fisico-naturale è costituito da elementi naturali o artificiali che influenzano l’operatività dell’azienda, 42 Figura 2.1. Il processo di trasformazione degli input dell’azienda Fonte: AA.VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996 L’ambiente specifico si riferisce ai settori e ai mercati di attività dell’impresa. La dinamicità dell’azienda deve garantirne la sopravvivenza sfruttando le opportunità oppure nonostante i limiti derivanti dall’ambiente, sia esso generale o specifico. 2. L’ambiente culturale rappresenta il contesto culturale entro il quale l’impresa opera e riguarda sia il livello di conoscenza che i valori che caratterizzano una determinata società. Alcuni tra gli elementi più importanti dell’ambiente culturale sono il sistema scolastico, il livello culturale (inteso come conoscenza) della popolazione, il tasso di analfabetismo e i valori culturali propri della società; 3. L’ambiente tecnologico rappresenta l’insieme di conoscenze tecniche proprie di una determinata società nel campo dei processi produttivi e dell’attività aziendale in generale; 4. L’ambiente sociale considera le caratteristiche di articolazione della società in gruppi e di livello di mobilità sociale che possono avere riflessi all’interno dell’organizzazione; 5. L’ambiente politico-legislativo considera come il regime politico e l’ordinamento giuridico del paese in cui opera l’azienda possano influenzarne l’operatività; 6. L’ambiente economico è rappresentato dal sistema generale dell’economia che regola la vita di una determinata collettività. Gli aspetti principali dell’ambiente economico che influenzano l’operatività delle imprese sono: la struttura economica del Paese, gli indici fondamentali di situazione economica, la situazione finanziaria e monetaria il commercio con l’estero e le forme di intervento dello Stato nelle attività economiche. 42 Il settore può essere inteso come aggregato di più imprese nei processi economici di acquisizione dei fattori produttivi, nei processi economici di produzione di beni o servizi e nei processi di distribuzione dei medesimi. 43 Il mercato di acquisizione considera il mercato del lavoro, il mercato delle tecnologie, il mercato delle materie prime, il mercato delle energie e il mercato dei capitali: i mercati di acquisizione sono importanti perché è da essi che l’impresa acquisisce gli input da trasformare in output attraverso i processi di trasformazione. I mercati di sbocco possono essere considerati sotto due accezioni: mercato come insieme di scambi, e mercato come insieme di relazioni. 43 Il principale obiettivo dell’azienda è quello di essere competitiva nel tempo che presuppone non soltanto il soddisfacimento dei bisogni del proprio target e lo sviluppo delle proprie competenze distintive, ma anche il raggiungimento ed il mantenimento di situazioni di equilibrio economico 44 , finanziario 45 e patrimoniale46 Figura 2.2. Il sistema d’impresa nel suo ambiente Fonte: AA.VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996 44 L’equilibrio economico esprime la relazione esistente tra flussi di costo e flussi di ricavo: il flusso di ricavi deve essere duraturo ed in grado da una parte di coprire i flussi di costo e dall’altro di garantire un’adeguata remunerazione ai soggetti il cui compenso è ancorato ai risultati aziendali. Un particolare aspetto dell’economicità è rappresentato dalla redditività, quindi dalla capacità dell’impresa di produrre redditi sufficienti per remunerare i portatori di capitale proprio dopo aver remunerato tutti gli altri portatori di fattori produttivi, compresi i lavoratori e i portatori di capitale di debito. 45 L’equilibrio finanziario riguarda la relazione esistente tra flusso di entrate monetarie e flusso di uscite monetarie: le entrate monetarie possono essere originate dal flusso dei ricavi o dall’assunzione di finanziamenti, le uscite monetarie sono generate dal rimborso dei finanziamenti. L’equilibrio finanziario riguarda anche le caratteristiche degli investimenti e dei finanziamenti che devono risultare omogenee e compatibili. 46 L’equilibrio patrimoniale è relativo alla provenienza delle diverse fonti di finanziamento: si parla di impresa capitalizzata quando una parte consistente delle fonti è rappresentata da mezzi propri e i mezzi di debito non sono che una componente residuale, mentre in caso contrario si parla di azienda sottocapitalizzata. 44 2.2. L’impresa Shariah – compliant 2.2.1. Islam e attività imprenditoriale In termini economici l’imprenditore è colui che detiene i fattori produttivi attraverso i quali, insieme agli investimenti, contribuisce a sviluppare nuovi prodotti, nuovi mercati o nuovi mezzi di produzione stimolando quindi la creazione di nuova ricchezza e valore sottoforma di beni e servizi utili alla società.47 L’importanza del ruolo attribuito all’attività economica, rappresentato anche dal fatto che il Profeta Muhammad fosse un imprenditore prima di ricevere la benedizione divina e che grazie alle qualità di businessman fondasse e sviluppasse la Ummah, mostra come la dottrina islamica incoraggi l’uomo ad avere un atteggiamento positivo nei confronti del profitto e l’attività imprenditoriale in quanto fonte di sviluppo economico e di benessere per la collettività, elementi propri dell’ideale di fratellanza della Ummah. In accordo con il principio di kalifah l’essere umano deve adoperarsi per far fruttare i beni di cui Allah gli ha concesso vice reggenza e che si riferisce anche alle qualità che caratterizzano ogni essere umano, comprese quelle imprenditoriali e manageriali: secondo questo principio il buon musulmano deve sfruttare le qualità donate da Allah in maniera etica e con l’obiettivo di generare ricchezza e benessere per la collettività e con quello di onorare il nome di Allah in ogni azione della vita quotidiana secondo il concetto di Ibadath. Nell’Islam la motivazione che spinge l’imprenditore a svolgere l’attività d’impresa si riconduce ai concetti di sottomissione e di khalifah che si trovano 47 L’art. 8082 c.c. italiano definisce l’imprenditore come «chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi», distinguendo tra imprenditore agricolo (art. 2135), imprenditore commerciale (art.2195) e piccolo imprenditore (2083). 45 armonicamente integrati nel concetto islamico e totalitario di ricerca e di qualità, l’Itqdan (Il Corano, 62; 9-1148) Allah chiede al fedele di avere uno stile di vita halal e di cercarlo in ogni azione della vita quotidiana: Sotto il profilo economico la “ricerca” richiesta da Allah si configura come la ricerca delle opportunità imprenditoriali che permettono di utilizzare le risorse mezze a disposizione dell’umanità per migliorare il benessere della stessa. Secondo la scienza economica il motivo che spingerebbe l’imprenditore ad assumere il rischio di impresa è il profitto: secondo l’Islam il profitto è legittimo, ma solo se ogni azione economica intrapresa non contenga gli elementi vietati dalla Shariah ed abbia lo scopo primario di onorare Allah (Il Corano, 2; 27249). Appare evidente come non sia possibile nell’Islam tracciare una linea di demarcazione tra la sfera religiosa e le altre sfere della vita del credente e come anche ogni azione economica ed ogni processo interno all’attività di impresa deve essere svolto secondo la volontà divina e con lo scopo primario di onorare Allah. 2.2.2. I limiti morali e i valori che condizionano l’attività imprenditoriale islamica L’imprenditore islamico deve essere prima di tutto un buon musulmano, ispirandosi ai modelli di Allah e del Profeta Muhammad per gestire l’attività di impresa nel rispetto della volontà divina. Secondo gli economisti islamici ci sono cinque elementi che caratterizzano dell’attività di un’impresa Shariah - compliant: profitto legittimo, verità, sincerità e armonia tra morale ed attività d’impresa. 48 “O credenti, quando viene fatto l'annuncio per l'orazione del Venerdì, accorrete al ricordo di Allah e lasciate ogni traffico. Ciò è meglio per voi, se lo sapeste. www.ilcorano.it Quando poi l'orazione è conclusa, spargetevi sulla terra in cerca della grazia di Allah, e molto ricordate Allah, affinché possiate avere successo.”www.corano.it 49 “E tutto quello che darete nel bene sarà a vostro vantaggio, se darete solo per tendere al Volto di Allah. E tutto quello che darete nel bene vi sarà restituito e non subirete alcun torto.” www.ilcorano.it 46 Se la teoria economica pone il profitto come obiettivo dell’impresa l’Islam traccia una netta demarcazione tra attività economica lecita e non indipendentemente dal livello di profitto che la seconda permetterebbe di ottenere. Secondo la dottrina islamica l’imprenditore musulmano dovrebbe anche evitare di incorrere in attività in cui il limite tra lecito e non è labile. L’imprenditore musulmano deve tendere ad onorare Allah anche nella verità in cui Egli dice il vero e comanda fortemente ai musulmani la verità in ogni parola. Nel contesto islamico la qualità della verità è considerata una grande fonte di reputazione sia per l’imprenditore che per il manager musulmano.50 Nel contesto islamico la qualità della sincerità nelle azioni quanto nelle intenzioni è considerata particolarmente importante in quanto sono sincerità e devozione le qualità indispensabili richieste al credente per raggiungere la perfezione nella fede, ihsan. L’attività di impresa deve essere svolta ricercando il giusto equilibrio tra profitto economico e morale. La morale islamica è contraria ad azioni economiche che considera anti – sociale e dannose per la collettività come il monopolio, l’usura e la speculazione che vengono considerati uno sfruttamento dei bisogni e delle angosce delle persone e quindi contrari agli ideali di fratellanza e solidarietà della Ummah. 2.2.3. L’impresa islamica Per analizzare l’operatività dell’impresa islamica è necessario innanzitutto comprendere che, sebbene l’obiettivo del profitto sia considerato legittimo, esso è subordinato al conseguimento di obiettivi sociali considerati di ordine superiore. La legge della Shariah, unita alla volontà dei credenti di vivere anche la sfera lavorativa da buon musulmano, vincola innanzitutto il business dell’impresa e quindi le attività che essa può o non deve intraprendere. 50 L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone, ETAS, 2008. 47 È prima di tutto importante distinguere tra attività haram ed attività halal. Le attività haram sono considerate vietate dalla legge della Shariah e non possono essere intraprese dall’impresa islamica, sebbene possano essere economicamente profittevoli; le attività halal, per contro, sono considerate lecite dal sistema legislativo. Le attività haram, vietate, sono per esempio la distribuzione/produzione di alcol, tabacco, armi, carne suina, pornografia, gioco d’azzardo. Questo limite non è posto soltanto in riferimento ai prodotti e servizi che l’impresa Shariah – compliant può offrire al mercato, ma ne influenzano anche le scelte di investimento. Riprendendo gli studi di Yusanto and Widjajakusuma51 l’economista indonesiano Irawan Fabianto52 ha evidenzia come il core value di un’impresa islamica operante secondo le disposizioni della legge della Shariah siano quattro: il risultato economico, la crescita, la continuità e il volere di Allah, evidenziando la come la fede islamica rientri anche nelle teorie economiche. I primi tre obiettivi sono comuni alle imprese tradizionali, mentre il quarto è specifico dell’impresa islamica e può essere compreso solo comprendendo fino a quale livello di profondità i dettami del Sacro Corano e della Sunna sono importanti per i credenti di fede musulmana, qualsiasi posizione essi ricoprano in azienda. L’impresa islamica è un sistema sociale che, come le imprese tradizionali, è in costante relazione con l’ambiente generale e specifico che presentano alcune caratteristiche particolari. In riferimento all’ambiente generale è possibile notare come l’ambiente culturale, l’ambiente sociale, l’ambiente economico e l’ambiente politico-legislativo influenzino l’operatività dell’impresa. L’ambiente sociale è permeato dai valori espressi dal credo islamico che non si limitano alla sfera privata, ma richiamano il senso di collettività proprio della Ummah. L’Islam si caratterizza per uno stretto rapporto tra la sfera dogmatica e sociale e che quindi, a differenza delle religioni occidentali, anche la sfera 51 Yusanto, M. Ismail and Widjajakusuma, M. Karebet, “ Menggagas Bisnis Islami”, Jakarta: Gema Insani Press, 2002 52 I. Febianto “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social Science, 2011 48 lavorativa è moralmente regolamentata dai valori del Sacro Corano e della Sunna, valori che il buon musulmano porta con sé in ogni istante della vita e quindi anche dentro l’azienda53 L’ambiente culturale inteso in termini di conoscenza e di scolarizzazione si differenzia a seconda dei paesi islamici di riferimento e dal loro grado di sviluppo, mentre inteso come insieme di valori sociali viene direttamente influenzato dai dettami dei testi sacri. L’ambiente culturale, inteso come insieme di conoscenza, grado di scolarizzazione ed insieme di valori sociali risulti particolarmente importante all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche dove al management non è richiesto solo di conoscere la materia finanziaria, ma anche i dettami dei testi sacri in modo da garantire l’offerta di prodotti e servizi Shariah – compliant. A tutela dell’eticità del sistema finanziario islamico, riconosciuto particolarmente importante dalla legge della Shariah, ogni istituzione finanziaria si caratterizza per la presenza di un organo specifico della cultura islamica: lo ShariahSupervisory Board che ha il compito di garantire la legittimità degli strumenti offerti dall’istituzione stessa. L’ambiente politico-legislativo è influenzato direttamente dalla legge della Shariah, ma presenta delle differenze a seconda del paese di operatività dell’impresa. La realtà che si presenta è alquanto complessa. Da una parte questa complessità risiede nelle differenze del vissuto storico dei singoli paesi, che hanno portato in alcuni casi a un allontanamento tra sfera sociale e religiosa e dove, sebbene la maggioranza della popolazione sia di fede musulmana, non viene applicata la legge della Shariah 54 e dall’altra nel fatto che, sebbene il Sacro Corano e la Sunna siano per i credenti di fede musulmana universali ed atemporali, la presenza di diverse scuole di legge e il peso degli imàm nei paesi a maggioranza sciita può portare gli esperti della legge, fuqahà’, a delle risoluzioni diverse da paese a paese. L’ambiente economico nei paesi dove vige la legge della Shariah presenta degli aspetti di fondamentale differenza rispetto al sistema tradizionale. Anche in 53 Nel corso della trattazione si analizzeranno le conseguenze che la regolamentazione morale dell’attività di impresa influenzi il processo decisionale del management islamico. 54 Si pensi, per esempio, allo Stato dell’Albania dove, sebbene la maggioranza della popolazione sia di fede musulmana non viene applicata la legge della Shariah. 49 questo caso è necessario operare una distinzione sulla base del livello di sviluppo del singolo paese. Nella maggioranza dei paesi sviluppati islamici è stato introdotto il sistema bancario islamico fondato sul divieto della riba, del gharar e del maysir e sostanzialmente diverso da quello tradizionale: in alcuni di questi paesi il sistema finanziario tradizionale ed islamico coesistono, mentre in altri il sistema è stato totalmente islamizzato. Nei paesi più poveri della realtà islamica è in fase di sviluppo il sistema del micro-credito55 fondato dall’economista Premio Nobel Muhammad Ibrahim Yunus che, a differenza del sistema bancario islamico applicato nei paesi più sviluppati, applica il tasso di interesse. Sebbene questo potrebbe risultare contrario al sistema Shariah – compliant56 esso si basa sul principio di sviluppo sociale e di lotta alla povertà propri dell’ideale della Ummah ed è rivolto agli imprenditori più poveri, che non presentano le caratteristiche per rivolgersi né ai circuiti del credito tradizionali né a quelli sviluppati dalla finanza islamica, con l’obiettivo di perseguire la lotta alla povertà.57 In riferimento a quanto suddetto è possibile concludere che la legge della Shariah, accompagnata da un bagaglio etico proprio della società islamica, influenzi l’operatività di dell’impresa in modo profondo, in relazione ai vincoli che essa affronta, agli obiettivi di sopravvivenza e sviluppo che si pone l’organizzazione islamica e agli strumenti a sua disposizione per raggiungerli. L’impresa islamica non deve soltanto raggiungere l’obiettivo del profitto, riconosciuto lecito, ma deve prima di tutto rispondere a degli obiettivi sociali percepiti come prioritari: questo obiettivo non si raggiunge soltanto limitandosi ad offrire prodotti e servizi halal, ma anche attraverso le modalità attraverso le quali gli obiettivi aziendali vengono perseguiti. La forte relazione esistente tra sfera dogmatica e sociale che caratterizza l’Islam impone dei vincoli all’attività economica, oltre a quelli derivanti dalla proibizione dell’interesse e dal limite all’indebitamento. 55 Il sistema del microcredito è stato fondato dall’economista Premio Nobel Muhammad Ibrahim Yunus. 56 Inizialmente il micro-credito islamico è stato molto criticato dai fedeli islamici per l’applicazione del tasso di interesse e per il ruolo di primaria importanza svolto dalle donne. 57 Per una migliore comprensione delle variabili socio-economiche di riferimento si veda la tabella posta alla fine del capitolo che mostra i principali indicatori dei Paesi del MENA. 50 Il filtro morale imposto dall’Islam non si esplica soltanto nella sfera privata e nella relazione tra il fedele ed Allah, ma riguarda ogni sfera del vivere islamico, comprendendo anche i rapporti tra esseri umani e le azioni che potrebbero avere effetti sulla collettività. L’attività economica islamica risulta sottoposta a due vincoli: vincoli di ordine finanziario e limiti morali richiesti all’imprenditore in quanto buon musulmano che hanno lo scopo di guidare l’agire dell’essere umano nelle azioni della vita quotidiana, comprendendo anche le azioni imprenditoriali, per onorare il volere di Allah (Il Corano, 33; 2158) Il Profeta Muhammad è conosciuto non soltanto per essere il messaggero di Allah, il sigillo dei profeti, ma anche per le sue doti di uomo politico, di capo militare e di buon businessman. In ogni azione della vita quotidiana il buon musulmano deve ispirarsi al modello di comportamento del Profeta Muhammad e nelle qualità di Allah stesso, espresse nei “99 bellissimi nomi di Allah”. Sebbene le qualità espresse dai “99 bellissimi nomi di Allah”59 evidenzino per l’Islam l’unicità della sua divinità, grazie dalla quale Egli ha creato il mondo, il concetto islamico di ihsan spinge i fedeli a compiere ogni sforzo per raggiungere la perfezione nella fede ispirandosi alle qualità di perfezione di Allah. Con specifico riferimento al mercato dei capitali l’impresa Shariah– compliant dovrebbe adeguarsi ai limiti di capitalizzazione imposti dalla Shariah e rivolgersi al sistema finanziario islamico, adeguandosi ai principi su cui esso si fonda. Il mercato del lavoro risulta influenzato dall’intensità dell’ambiente culturale in quanto caratterizzato da valori morali specifici della cultura islamica. Nella logica islamica l’uomo non può essere considerato alla stregua degli altri fattori di produzione in quanto beneficiario ultimo a cui deve indirizzarsi la produzione, componente fondamentale dell’organizzazione islamica e khalifah di Allah: è attraverso l’opera dell’uomo e la sua figura di vice reggenza che l’impresa islamica opera in armonia con la volontà divina. 58 “Avete nel Messaggero di Allah un bell'esempio per voi, per chi spera in Allah e nell'Ultimo Giorno e ricorda Allah frequentemente” www.ilcorano.it 59 Si veda l’allegato proposto alla fine del capitolo. 51 Le imprese islamiche, con particolare riferimento alle istituzioni finanziarie islamiche, tendono ad assumere personale che presentano i valori morali islamici, tanto di poter parlare di cultura islamica all’interno delle organizzazioni: la Sulukiat, che fa diretto riferimento ai valori della Shariah. Figura: 2.3. Anatomia dell’impresa islamica Fonte: I. Febianto Science, 2011 “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social La teoria islamica individua quattro output del processo di impresa60: - Profitto: l’obiettivo dell’impresa islamica non è semplicemente il livello di profitto più alto in quanto tale profitto non deve derivare da attività vietate e deve considerare anche elementi non materiali che possano danneggiare o favorire lo sviluppo degli ideali di fratellanza e benessere sociale su cui l’Islam si fonda. - Crescita: l’azienda islamica, come le aziende tradizionali, deve essere competitiva cercando di garantirsi una crescita ed uno sviluppo stabile nel tempo attraverso i profitti che il business dell’impresa è in grado di generare. Questo processo di crescita deve tuttavia essere in linea con la legge della Shariah. - Sopravvivenza: nel contesto islamico l’obiettivo di sopravvivenza dell’impresa non può avvenire in contrasto con la legge della Shariah e deve essere in armonia con la volontà dell’imprenditore musulmano di soddisfare la volontà di Allah, comprendendo anche la vita nell’Aldilà. 60 I. Febianto “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social Science, 2011 52 - Benedizione di Allah: la benedizione di Allah è l’obiettivo più importante per ciascun musulmano, indipendentemente dal ruolo che egli svolge in azienda. All’interno dell’organizzazione aziendale islamica ogni singolo processo deve rispettare la legge della Shariah e deve essere orientato al rispetto della volontà divina. Se nell’economia occidentale l’obiettivo del profitto spesso non ha conosciuto limiti, nel contesto islamico, sebbene l’obiettivo del profitto sia considerato legittimo, è necessario che esso sia rispettoso della volontà divina e della legge della Shariah. La promozione e la protezione del pubblico interesse diventano nel contesto islamico i criteri guida dell’attività aziendale allo scopo di garantire un profitto etico, ossia non in contrasto con gli obiettivi di interesse pubblico, in linea con il valore sociale islamico del maslahah. La morale islamica e la legge della Shariah non incidono soltanto sugli obiettivi dell’impresa, per mezzo del divieto di intraprendere attività haram, ma incidono anche sulle modalità con le quali l’impresa persegue i propri obiettivi di business influenzando ogni processo interno all’organizzazione ed ogni sforzo aziendale. Gli obiettivi aziendali che si riferiscono al raggiungimento ed al mantenimento di situazioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale sono direttamente influenzati dalla legge della Shariah. - L’equilibrio economico: sebbene la legge della Shariah non esclude l’importanza del profitto, essa impone che i ricavi generati dall’attività aziendale siano leciti sia in riferimento ai beni e servizi offerti, sia in riferimento alle modalità attraverso le quali sono stati raggiunti gli obiettivi di business dell’impresa; - L’equilibrio finanziario: i divieti della riba, del maysir e del gharar pongono dei limiti alle scelte finanziarie dell’impresa. Lo sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant ha l’obiettivo di rispondere ai bisogni finanziari di imprese e privati escludendo elementi vietati dalla morale islamica. Alle imprese islamiche è richiesto di rispondere alle proprie esigenze finanziarie ricorrendo al sistema Shariah– compliant 53 piuttosto che a quello tradizionale limitando entro un determinato livello alcuni dei principali ratio finananziari61. - L’equilibrio patrimoniale: l’equilibrio patrimoniale viene direttamente coinvolto dal divieto della riba e dal limite di indebitamento imposto alle imprese. Nel contesto islamico assumono particolare importanza i sistemi di profit and loss sharing che sono stati sviluppati come alternativa al sistema tradizionale e che corrispondono a modelli di partnership. I sistemi di profit and loss sharing si configurano come strumenti di finanziamento di equity ed hanno anche l’obiettivo di promuovere la fiducia e la solidarietà sociale, in armonia con il modello ideale della Ummah. Figura2.4. Caratteristiche del business: confronto tra impresa islamica e tradizionale Islamic Trascendental Value Here and hereafter Profit and benefit (non material) Growth, continuity, Allah blessing High, business is part of worship to Allah Productive, manifestation as a muslim Skillful, conseguences from obligation as muslim Trusty and responsible, ends does non jusify the means Halal (according to Shariah law) Based on working agreement Halal (according to Shariah law) Fonte: I. Febianto Science, 2011 Business Characteristics Foundation Non islamic Secularism (material value) Motivation Here in this world only Orientation Profit, Growth, Continuity Work Ethos High, business is only daily needs Mental attitude Skill Trust Capital Human Resources Resources Productive and consumptive at the same time, part of self actualization Skillful, consequences from reward and punishment motivation Depend on the willingness of individual (capital owner), ends justify the means Does not care about Shariah Based on working agreement based on capital owner decisions Does not care about Shariah “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social Lo studioso Samir Abuznaid 62 individua alcune caratteristiche specifiche del business islamico evidenziando in che modo esse debbano ispirarsi alla morale islamica: 61 Il limite ai ratio finanziari è anche uno dei criteri quantitativi che vengono considerati dagli indici di Borsa Shariah – compliant per decidere se includere o escludere un’azienda islamica, nonché vengono applicati dai fondi islamici nella definizione delle politiche di investimento. 54 - Funzioni manageriali: le funzioni del management prevedono la capacità di affrontare le problematiche aziendali con l’intento di perseguire gli obiettivi del business ispirandosi alla “Lista dei 99 bellissimi nomi di Allah” (Il Corano, 7; 18063) e alle qualità che Egli ha trasmesso ai Profeti Il modello proposto evidenzia come per il musulmano Allah sia il modello di perfezione da seguire in modo da poter coniugare armonicamente la morale islamica con le attività lavorative. - Organizzazione: tra le qualità riconosciute ad Allah ce ne sono alcune che enfatizzano l’importanza dell’organizzazione tra le quali “Colui che provvede”, “Colui che tutto osserva”, “il Ben Informato” (Il Corano, 72; 2864). - Decision making: anche in questo caso l’agire economico prende in riferimento direttamente i testi del Sacro Corano (Il Corano, 28; 6865). - Controlling: le attività di controllo e valutazione delle performance sono importanti per i risultati di ogni azienda. Il termine “al-raqib”, traducibile con “Colui che veglia” è una delle qualità attribuite ad Allah (Il Corano, 22; 6166, 33; 5267 e 4; 168). - Risorse umane: l’aspetto delle risorse in un’azienda islamica risulta particolarmente importante in quanto esse devono essere in grado di comprendere la Shariah sono fondamentali per orientare gli obiettivi di business: il capitale umano operante in un’impresa islamica dovrebbe presentare le seguenti caratteristiche69: adeguata conoscenza della Shariah, competenza nella materia aziendale specifica, onestà e fiducia , diligenza, perseveranza e dedizione al lavoro. 62 S. Abuznaid, “Islam and Management: What Can be Learned?” Thunderbird International Business Review, 2006 63 “Ad Allah appartengono i nomi più belli: invocateLo con quelli e allontanatevi da coloro che profanano i nomi Suoi: presto saranno compensati per quello che hanno fatto.” www.corano.it 64 “Gli è ben noto tutto ciò che (li) concerne e tiene il conto di tutte le cose” www.corano.it 65 “Il Signore crea e sceglie” www.corano.it 66 “È così, poiché Allah fa entrare la notte nel giorno e il giorno nella notte, ed in verità, Allah è Colui che tutto ascolta ed osserva” www.corano.it 67 “[…] Allah osserva ogni cosa” www.corano.it 68 “Uomini, temete il vostro Signore che vi ha creati da un solo essere, e da esso ha creato la sposa sua, e da loro ha tratto molti uomini e donne. E temete Allah, in nome del Quale rivolgete l'un l'altro le vostre richieste e rispettate i legami di sangue. Invero Allah veglia su di voi.” www.corano.it 69 S. Najma, “Bisnis Syariah dari Nol”. Jakarta: Hikmah 2007 55 Il sistema islamico deve basarsi su elevati standard morali e quindi anche sull’onestà: la legge della Shariah prevede che i contratti stipulati con i dipendenti siano chiari nella definizione dei salari che corrispondano a dei livelli minimi in modo da perseguire l’obiettivo di equità e giustizia sociale proposto dal modello della Ummah. - Marketing management: gli aspetti del marketing management sono simili al sistema tradizionale, sebbene la legge della Shariah pretenda un maggior ricorso all’etica anche nella sponsorizzazione di prodotti e servizi. - Operation management: l’impresa islamica deve, come qualsiasi altra impresa, migliorare la qualità dei propri prodotti e servizi ed investire in innovazioni per essere competitiva. Nel contesto islamico la soddisfazione etica dei clienti rispecchia la soddisfazione di Allah in quanto migliora la qualità della vita della Ummah. - Financial management: la legge della Shariah permette le transazioni economiche e finanziarie, eccetto quelle che includono i divieti della riba, del gharar e del maysir. Un’impresa islamica deve perseguire i propri obiettivi in armonia con la legge della Shariahe quindi finanziariamente esiste il divieto di ricorso a strumenti che presentano un tasso di interesse, considerato dalla Shariah un elemento distruttivo del benessere sociale. Il sistema finanziario islamico ha sviluppato delle soluzioni alternative a quelle tradizionali e che non includono l’elemento dell’interesse: queste soluzioni si basano sullo schema del profit and loss sharing, cioè sulla compartecipazione delle parti ai profitti e alle perdite generate dal business. Risulta evidente come in ciascuna attività dei processi di un’azienda islamica sono presenti aspetti legati alla Legge della Shariah. Uno degli elementi caratteristici del sistema impresa islamico è il “fiqh mumalah” letteralmente traducibile come “regole comportamentali” imposte nel contesto aziendale al fine di regolare i rapporti tra l’impresa e l’ambiente in armonia con la morale islamica. 56 2.3. La corporate finance secondo la teoria tradizionale Per comprendere la corporate finance islamica è prima di tutto importante comprendere cosa si intenda per corporate finance in senso tradizionale. La corporate finance si occupa delle decisioni finanziarie che deve prendere l’impresa70, degli strumenti e delle analisi tecniche e valutative a supporto delle decisioni e Sebbene il termine possa trarre in inganno, la corporate finance non si rivolge soltanto alle aziende costituite sottoforma di corporation in quanto tutte le aziende devono finanziare la propria attività raccogliendo e procurandosi fondi. All’interno delle società esiste un sistema normativo, la corporate governance, che disciplina la relazione tra management e proprietari. Secondo il modello del pentagono finanziario71, gli obiettivi dell’impresa sono i seguenti tre: - Profit: si riferisce alla giusta remunerazione del capitale di rischio; - People: si riferisce alla valenza sociale dell’impresa; - Place: si riferisce alla posizione competitiva dell’impresa. Gli obiettivi tradizionalmente attribuito alla funzione finanza è quello di creare le condizioni finanziarie per sostenere la crescita a lungo termine dell’impresa seguendo la volatilità dei mercati e quindi gestendo il rischio di mercato e il rischio di impresa. La corporate finance intesa in termini tradizionali dovrebbe considerare tre aspetti: - la capital structure, valutando gli effetti delle diverse forme di finanziamento; - la corporate governance, che disciplina la relazione tra proprietà e management ; 70 La corporate finance non si riferisce soltanto alle aziende costituite sottoforma di corporation, ma a tutte le aziende in quanto ognuna di esse deve finanziare la propria attività raccogliendo fondi e deve investirli in attività che generino valore. 71 Il modello del pentagono finanziario è conosciuto anche come “modello delle 3 P”. 57 - la valuation, ossia la valutazione economica del capitale investito. Da un punto di vista finanziario la corporate finance considera solo due tipi di asset, quelli esistenti e quelli in crescita, e due tipi di passività, capitale a pieno rischio e capitale di debito72. Figura: 2.5. Il pentagono finanziario Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Corporate Finance”, Isedi, Torino, 2012 L’obiettivo della corporate finance coincide con l’obiettivo di massimizzazione del valore aziendale, che deve essere chiaro, misurabile e sostenibile. Il valore preso a riferimento dalla corporate finance è la massimizzazione del shareholder’s value in quanto il prezzo azionario è definito in maniera inequivocabile e risulta immediatamente misurabile.73 Secondo la teoria tradizionale della corporate finance perché il metodo dello shareholder’s value funzioni il sistema dovrebbe presentare alcune caratteristiche: 72 La prospettiva della corporate finance è diversa da quella dell’economia aziendale che considera quattro tipi di asset e quattro tipi di liability. Gli asset considerati sono: fixed asset, current asset, financial asset e intangibile asset. Le liabilty considerate sono:current liability, equity, debt, others. 73 La teoria economica ipotizza che il mercato sia in grado di autocorregere i propri limiti e che sia in grado di riconoscere nel prezzo del titolo azionario il reale valore dell’impresa. 58 - perfetta simmetria tra impresa e mercato - allineamento tra interessi degli azionisti e management - assenza di rischi per terzi investitori - assenza di costi sociali prodotti dall’impresa Figura 2.5. Le caratteristiche del sistema nelle relazioni tra impresa e stakeholder Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Corporate Finance”, Isedi, Torino, 2012 2.3.1. Verso una definizione di corporate finance islamica Dall’analisi effettuata risulta evidente che la corporate finance non è inerente soltanto alla struttura del capitale finanziario e agli strumenti a disposizione delle imprese, che nel contesto Shariah – compliant risultano direttamente influenzati dal divieto della riba, del gharar, del maysir e dell’indebitamento, ma anche al concetto di valore di impresa, alle relazioni esistenti tra management e azionisti e 59 alla valenza sociale del capitale creato che deve essere in armonia con gli obiettivi di sviluppo del benessere della Ummah. Al centro dello studio si pone l’impresa nel suo obiettivo di massimizzazione del valore creato, nelle relazioni che essa istaura con l’ambiente esterno e con il mercato finanziario e nelle relazioni esistenti tra il management e i portatori di capitali e interessi esterni. Il sistema impresa è un sistema sociale fatto di relazioni interne, tra i membri dell’impresa, ed esterne: in quanto sistema sociale l’impresa islamica viene influenzata nella sua operatività dalla morale dell’Islam non soltanto in riferimento alle relazioni esterne tra l’impresa e il mercato, ma anche in riferimento alle relazioni interne all’impresa, al comportamento dei lavoratori e del management e al concetto stesso di creazione di valore. È importante comprendere come l’Islam e il Sacro Corano definiscano l’agire economico, l’imprenditoria e il profitto lecito al fine di comprendere il concetto di creazione di valore secondo la prospettiva islamica e come l’impresa strutturi i processi organizzativi interni, nonché le scelte di investimento e di finanziamento per raggiungere il fine della creazione di valore. Le principali differenze tra un’impresa islamica e un’impresa tradizionale risiedono nelle regole, nelle fondamenta e nell’essenza stessa delle attività di impresa. Ogni azienda islamica, indipendentemente che si tratti di un’impresa finanziaria, assicurativa o commerciale, deve rispettare ogni valore o regola imposta dalla legge della Shariah. Irawan Fabianto74 ha proposto un interessante modello che evidenzia come i valori dell’Islam e la legge della Shariah incidano sull’interrelazione esistente nei processi aziendali tra funzioni manageriali, corporate governance, corporate culture e corporate social responsibility. 74 I. Febianto “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social Science, 2011 60 Figura 2.6. Shariahcompliant model of business entities Fonte: I. Febianto Science, 2011 “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social Il modello proposto può essere rivisto analizzando l’influenza che i valori della morale islamica e lo sviluppo del sistema finanziario possono avere nelle relazioni interne ed esterne dell’impresa: - Relazioni interne dell’impresa: l’impresa islamica persegue obiettivi che vanno al di là della semplice massimizzazione del profitto. I manager islamici devo ispirarsi alle qualità di perfezione di Allah e di leadership dei profeti considerando che anche le qualità personali sono di proprietà di 61 Allah e sono state date loro in vice reggenza, in accordo con il principio di khalifah. La governance islamica, ossia quel processo di norme interne dell’impresa che regola le relazioni tra management e proprietari, dovrebbe essere caratterizzato da un minor conflitto di interessi in forza del fatto che entrambe le parti hanno obiettivi che vanno al di là del profitto e che convergono nella volontà di onorare Allah anche attraverso l’azione economica. Uno degli aspetti principali della corporate finance nel contesto islamico è la presenza dello Shariah Supervisory Board all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche che ha il compito di garantire agli investitori e alla società che i prodotti e i servizi finanziari offerti dalle società siano Shariah– compliant. I valori dell’Islam e i limiti imposti dalla Shariah all’attività economica hanno diretto impatto anche sulle scelte finanziarie caratteristiche della corporate finance. In termini di struttura finanziaria l’impresa islamica deve ricorrere agli strumenti Shariah– compliant offerti dal sistema e deve limitare il livello di indebitamento entro certi limiti. In termini di scelte d’investimento l’impresa deve investire solo in attività halal: gli investimenti in attività haram non sono consentiti anche nel caso in cui garantiscano rendimenti più elevati. Alle imprese islamiche è anche richiesto di limitare investimenti e utilizzo di strumenti finanziari in cui il confine tra lecito e non lecito è labile. In termini di politica di dividendi l’aspetto più importante riguarda il processo di purificazione dei dividendi: agli azionisti è richiesto di eliminare la componente haram del proprio dividendo e darla in beneficienza. - Relazioni esterne dell’impresa: le relazioni considerate sono quelle tra l’impresa, l’ambiente sociale esterno, il mercato finanziario, gli azionisti e i terzi investitori. Per quel che riguarda la relazione tra impresa ed ambiente sociale esterno assume rilevanza il concetto islamico di maslahah e l’obbligo dell’impresa di agire nel rispetto del pubblico interesse. 62 Il mercato finanziario islamico riveste un ruolo di primissimo piano nello sviluppo del benessere della comunità ed è importante in quanto motore di innovazione in grado di permettere all’impresa di perseguire i propri obiettivi di sopravvivenza, crescita e profitto in armonia con la morale islamica e al fine di onorare la volontà divina. Il ruolo svolto dagli organi che costituiscono il sovra sistema finanziario islamico, l’AAOIFI 75 , l’IFSB76, l’LMC77, l’IIFM78 e l’IRA79, risulta fondamentale per lo sviluppo del sistema e il raggiungimento di obiettivi di concorrenzialità, efficienza e completezza allo scopo di permettere a imprese e privati di incontrare esigenze finanziarie e valori islamici. Gli strumenti a pieno rischio islamici (equity) si basano sul principio del profit and loss sharing, ossia della compartecipazione ai profitti ed alle perdite e presentano delle caratteristiche diverse rispetto alle azioni tradizionali. La finanza islamica si sviluppa attorno ai divieti della riba, del gharar e del maysir e ha sviluppato degli strumenti alternativi al debito tradizionale: questi strumenti presentano un profilo di rischio – rendimento minore rispetto agli strumenti di equity che si basano sul principio di compartecipazione ai profitti ed alle perdite. Gli strumenti islamici alternativi agli strumenti di debito si basano sul principio di mark – up, che è considerato un profitto legittimo dalla Shariah, e si caratterizzano per una stretto collegamento con asset tangibili. Accanto agli strumenti asset – based del circuito bancario si è sviluppato negli ultimi anni anche lo strumento dei sukuk, strumento di mercato che rappresenta l’alternativa Shariah– compliant alle obbligazioni tradizionali. Nonostante i limiti imposti dal divieto del gharar gli studiosi islamici hanno sviluppato anche delle alternative islamiche ai derivati tradizionali allo scopo di permettere 75 Accounting and Auditing Organisation for Islamic Financial Insititutions. Ha il compito di adattare gli standard contabili internazionali alla finanza islamica. 76 Islamic Financial Centre Board. Ha il compito di emanare principi guida compatibili con la Shariahnel campo bancario, assicurativo e del mercato dei capitali. 77 Liquidity Management Centre. Ha la funzione di sviluppare il mercato interbancario islamico. 78 International Islamic Financial Centre. Ha il compito di sviluppare e sostenere il mercato secondario islamico. 79 International Islamic Rating Agency. Si occupa del rating degli strumenti finanziari islamici. 63 alle imprese di proteggersi dal rischio limitando le possibilità di speculazione. Figura 2.7. Overview delle caratteristiche del sistema nelle relazioni tra impresa e stakeholder nel contesto Shariah– complian 64 Fonte: Elaborazione propria 65 3.4. Islam e Corporate Social Responsibility La definizione di Responsabilità Sociale dell’Impresa (CSR) del World Business Council for Sustainable Development trova pieno riscontro nella prospettiva islamica. Il WBCSD80 definisce infatti la corporate social responibility come “il continuo impegno a comportarsi in maniera etica e a contribuire allo sviluppo economico, migliorando la qualità della vita dei dipendenti e delle loro famiglie, della comunità locale e in generale della società”81. Secondo la prospettiva islamica l’obiettivo dell’impresa non è solo quello di massimizzare il profitto, ma è quello di realizzare il massimo profitto possibile rispettando i limiti dell’agire economico imposti dalla legge della Shariah e il concetto di khalifah nel rispetto della veggenza data da Allah all’umanità. Il filtro morale dell’agire dell’impresa islamica ha un duplice aspetto: da una parte è la derivazione dell’educazione di ogni singolo musulmano che opera all’interno dell’impresa, indipendentemente dal suo grado gerarchico, e dall’altra è una fonte normativa esterna imposta dalla legge della Shariah al fine di rafforzare la morale individuale e di garantire il rispetto dei dettati del Sacro Corano primi fra tutti i concetti di fratellanza e solidarietà propri della Ummah. Questi ideali dovrebbero influenzare le condotte dell’impresa nei confronti di tutti i portatori di interessi comprendendo la definizione ampia di “società”, e il concetto di khalifah, dovrebbe influenzare le scelte dell’impresa in riferimento allo sfruttamento delle risorse e al rispetto per l’ambiente. La teoria dell’impresa islamica pone l’obiettivo dell’imprenditore al di là della semplice massimizzazione del profitto e considera anche la dimensione spirituale propria del musulmano: l’imprenditore dovrebbe prima di tutto soddisfare i propri bisogni spirituali, nella concezione temporale della vita terrena e dell’Aldilà, e massimizzare il benessere attuale, limitato nel tempo, solo nel rispetto della legge della Shariahe con l’intento ultimo di soddisfare la volontà di Allah in ogni azione della vita quotidiana. 80 81 WBCSD è l’acronimo di “World Business Council Sustainable Development”. www.wbcsd.ch 66 La corporate social responsibility sarebbe quindi compresa direttamente nella funzione obiettivo dell’impresa islamica perché in perfetta armonia con alcuni dei concetti fondanti della società islamica: la Ummah e il khalifah. Secondo la prospettiva islamica non è accettabile un profitto che determini delle esternalità negative nei confronti dei consumatori, degli azionisti e in generale della società.82 La prospettiva islamica ammette che la massimizzazione del profitto sia un obiettivo del business, ma non ammette che sia “l’obiettivo”: fattori quali elementi morali, etici e sociali devono essere ricompresi nell’obiettivo stesso dell’agire economico di imprese e imprenditori in considerazione dell’importanza che il business riveste per lo sviluppo del benessere sociale della collettività. La prospettiva islamica di corporate social responsibility deriva direttamente dal concetti di “rububiya”, di “tazzkiyah” e di “amanah” considerati tra gli elementi basilari del sistema finanziario islamico.83 Il concetto di rububiya si riferisce al dovere del musulmano di compiere ogni azione con l’obiettivo di perfezionarsi per ottenere l’approvazione di Allah, il termine tazzkiya si riferisce al miglioramento verso la perfezione richiesto ai musulmani attraverso la purificazione delle loro azioni e le relazioni tra persone, mentre il termine amanah può essere inteso in senso morale come l’obbligo verso Allah che si traduce nel rispetto delle Sue parole e in tutto ciò che Lui ha creato. 82 “It is a well know fact that when managers try to maximize the profit of their shareholders, often the cost of this maximization is paid by the consumers with high prices, or paid by the employees through accepting lower wages. This has moral externality and negative impact on the working conditions of the firm. Maximization of profit at the cost of social welfare is not acceptable and not appreciate” T. Azid, M. Asutay e U. Burki, “Theory of the firm, management and stakeholders: an Islamic perspective”, Islamic Economic Studies, Vol. 15, N.1, Luglio 2007 Fonte: A. Toseef, A. Mehmet, U. Burki, “Theory of the firm, management and stakeholeders: an Islamic perspective”, Islamic Economic Studies, Vol. 15, n° 1, July 2007 83 K. Ahmad, “Economic Development in an Islamic Framework”, The Islamic Foundation, Leichester, 1979 67 Allegato I: La lista de “I 99 bellissimi nomi di Allah” Allah Il Misericordioso Il Compassionevole Il Re Il Santo La Pace Il Fedele 50 51 52 53 54 55 56 Il Custode 57 Al-Muhsî Colui che tiene il conto (di tutte le cose) Il Potente Il Potente 58 Al-Mubdi' 59 Al-Mu'îd Colui che palesa Colui al quale tutto ritorna Il Fiero 60 Al-Muhyi Colui che dà la vita Il Creatore Il Plasmatore 61 Al-Mumît 62 Al-Hayy Colui che dà la morte Il Vivente Colui che modella 63 Al-Qayyûm Colui che sussiste da Sé stesso Colui che perdona Il Dominatore Il Munifico Colui che provvede Colui che apre Il Sapiente Colui che contrae 64 65 66 67 68 69 70 Colui che trova tutto ciò che vuole Il Glorioso L'Uno L'Unico L'Assoluto, l'Eterno, l'Impenetrabile Il Potente L'Onnipotente 21 Al-Bâsit Colui che espande 71 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Colui che diminuisce Colui che eleva Colui che dà la potenza Colui che umilia Colui che tutto ascolta Colui che tutto osserva Il Giudice Il Giusto L'Amabile 72 73 74 75 76 77 78 79 80 31 Al-Khabîr Il Ben Informato 81 32 Al-Halîm 33 Al-'Adhîm Il Paziente L'Immenso, il Sublime 82 83 34 Al-Ghafûr Colui che perdona 84 35 Ash-Shakûr Il Riconoscente 85 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 L'Altissimo Il Grande Il Custode Colui che vigila Colui che chiede il conto Il Maestoso Il Generoso Colui che veglia Colui che risponde Il Largo (nel dare) Il Saggio L'Amorevole Il Glorioso Colui che resuscita 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Allâh Ar-Rahmân Ar-Rahîm Al-Mâlik Al-Quddûs As-Salâm Al-Mu'min AlMuhaymîn Al-'Azîz Al-Jabbâr AlMutakabbir Al-Khâliq Al-Bâri' AlMusawwir Al-Ghaffâr Al-Qahhâr Al-Wahhâb Ar-Razzâq Al-Fattâh Al-'Alîm Al-Qâbid Al-Khâfid Al-Râfi' Al-Mu'izz Al-Mudhîll As-Sami' Al-Basîr Al-Hâkam Al-'Adil Al-Latîf Al-'Aliyy Al-Kabîr Al-Hafîdh Al-Muqît Al-Hasîb Al-Jalîl Al-Karîm Al-Raqîb Al-Mujîb Al-Wâsi' Al-Hakîm Al-Wadûd Al-Majîd Al-Bâ'ith Ash-Shâhid Al-Hâqq Al-Wakîl Al-Qawîyy Al-Matîn Al-Walîyy Al-Hamîd Al-Wâjid Al-Mâjid Al-Wahid Al-Ahad As-Sâmad Al-Qâdir Al-Muqtadir AlMuqaddim Al-Muâkhir Al-Awwal Al-‰khir Adh-Dhâhir Al-Bâtin Al-Waliy Al-Muta'âliy Al-Barr At.Tawwâb AlMuntaqim Al-'Afuww Af-Ra'ûf Mâlik alMulk Dhul Jalâli wa-l-Ikrâm Al-Muqsit Al-Jami' Al-Ghanîyy Al-Mughnî Al-Mâni' Ad-Darr An-Nâfi' An-Nûr Al-Hadi Al-Badî' Al-Bâqî Al-Wârith Ar-Rashîd As-Sabûr Il Testimone Il Vero, la Verità Il Garante, Colui che protegge Il Forte L'Irremovibile Il Patrono Il Degno di lode Colui che fa avanzare Colui che fa ritardare Il Primo L'Ultimo Il Manifesto Il Nascosto l'Alleato, il Protettore Colui che é cosciente di essere l'Altissimo Il Caritatevole Colui che accoglie il pentimento Il Vendicatore Colui che cancella (le conseguenza dei peccati) Il Dolcissimo Il Padrone del Reame Colui che è colmo di Maestà e di Magnificenza Colui che giudica alla bilancia Colui che riunisce Il Ricco, Colui che abbonda in ogni cosa Colui che procura l'abbondanza Colui che impedisce Colui che nuoce Colui che procura guadagno La Luce Colui che guida Colui che crea perfettamente (ogni cosa) L'Eterno Colui che é l'Erede di tutto Il Ben Guidato (da sé stesso) e che guida sulla retta Via Il Paziente Fonte: www.sufi.it 68 3. LA SULUKIAT E IL MANAGEMENT SECONDO LA PROSPETTIVA ISLAMICA L’Islam si caratterizza per una stretta relazione tra la sfera dogmatica e sociale. Le norme morali derivanti dal Sacro Corano e dalla Sunna sono considerate dai credenti perfette e atemporali: esse guidano l’agire economico degli operatori e costruiscono le basi delle norme comportamentali, fiqh mumalah,e della cultura islamica, Sulukiat, che caratterizzano le aziende Shariah – compliant. Come evidenziano Geert Hofstede, Gert Jan Hofstede e Michael Minkov 84 religione e Stato possono entrare in conflitto nel definire il cerchio morale della società: ciò non accade nel caso dell’Islam dove religione e Stato coincidono. Lo Stato stesso si fonda su norme di ordine religioso secondo le quali il capo effettivo della comunità, legislatore, arbitro e giudice supremo è Dio, Allah. 3.1. Simboli, eroi, rituali e valori della cultura islamica L’Enciclopedia Treccani definisce la cultura come “insieme delle cognizioni intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza, l’influenza dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio”85. Secondo Geert Hofstede, Gert Jan Hofstede e Michael Minkov la cultura è sempre un fenomeno collettivo e dovrebbe essere distinta dalla natura umana e dalla personalità in quanto viene appresa attraverso il vissuto personale e non è innata. 84 G. Hofstede, G.J. Hofstede e M. Minkov, “Cultures and organizations: software of the mind. Intercultural cooperation and its importance for survival”, England, McGRAW-HILL Book Company Europe, 2010 85 www.treccani.it 69 La natura umana viene ereditata attraverso i geni e pone le basi per il funzionamento fisico e psicologico dell’individuo, mentre la personalità è una caratteristica specifica dell’individuo solo parzialmente ereditata attraverso i geni che viene influenzata dall’ambiente sociale e dalle esperienze personali. Figura 3.1 I tre livelli di unicità del “mental programming” Fonte: G. Hofstede, G.J. Hofstede e M. Minkov, “Cultures and organizations: software of the mind. Intercultural cooperation and its importance for survival”, England, McGRAW-HILL Book Company Europe, 2010 Secondo gli autori la cultura può esprimersi in modi diversi e viene influenzata da quattro elementi: - I simboli: rappresentano gli elementi più superficiali della cultura e sono parole, gesti, immagini o oggetti direttamente collegati al riconoscimento dei membri di una cultura. - Gli eroi: sono persone contemporanee o storiche, reali o immaginarie che posseggono o hanno posseduto delle caratteristiche riconosciute importanti dalla cultura e che rappresentano modelli di comportamento. - I rituali: sono azioni collettive considerate essenziali dall’ambiente sociale e culturale. - I valori: rappresentano gli elementi più profondi e radicati della cultura e si occupano della differenza tra bene e male, giusto ed ingiunto, vietato e lecito, naturale e soprannaturale, razionale e irrazionale, paradosso e 70 logica. I valori rappresentano gli elementi più profondi e radicati nella della cultura in quanto sono costituiti dall’insieme di informazioni che i bambini apprendono entro i dieci anni di età e che sono più difficilmente modificabili. Figura 3.2 Il diagramma della cipolla: manifestazione della cultura a diversi livelli di profondità Fonte: G. Hofstede, G.J. Hofstede e M. Minkov, “Cultures and organizations: software of the mind. Intercultural cooperation and its importance for survival”, England, McGRAW-HILL Book Company Europe, 2010 Il senso di appartenenza islamico nasce e si afferma con il nascere e con l’affermarsi dell’Islam: la predicazione del Profeta Muhammad e le sue azioni costituiscono valori fondamentali per la società islamica contemporanea. Il Profeta Muhammad fondò la Ummah a Medina diventandone capo politico e militare e sostituendo il senso di appartenenza basato sulle tribù e sul sangue con quello basato sulla fede religiosa. Il senso di appartenenza della comunità islamica risulta evidente ancora oggi e si esprime attraverso diversi elementi, primi fra tutti il velo portato dalle donne musulmane e la lingua araba. 71 Il velo 86 portato dalle donne musulmane è una manifestazione visiva dell’appartenenza alla fede dell’Islam mostrando come l’abbigliamento diventi un preciso elemento di corrispondenza tra il mondo interiore e quello esteriore (Il Corano, 24;3187). Per alcuni la prescrizione coranica dovrebbe essere interpretata come un semplice invito alla modestia, mentre per altri il velo è una prescrizione fondamentale del testo sacro in quanto afferma, implicitamente, l’identità islamica. La lingua araba risulta importante, quale elemento di appartenenza della cultura islamica, in quanto il Sacro Corano è stato rivelato in arabo e viene in arabo tramandato (Il Corano, 26;788). I musulmani di tutto il mondo studiano il testo sacro nella sua lingua originale e pronunciano il nome di Dio in arabo: Allah. Insieme alla lingua araba orale è possibile considerare anche la particolarità dell’arabo scritto: il divieto di rappresentazione della divinità ha spinto i fedeli a sviluppare una grafia che potesse ornare, insieme ai motivi geometrici tipici dell’arte araba, i luoghi di culto. Il termine Allah non indica una specifica divinità dell’Islam La traduzione letterale del termine è “il Dio”: nella lingua araba l’unico articolo determinativo esistente è “al”, che, ad eccezione di alcune specifiche regole grammaticali, viene legato al sostantivo, mentre il termine “Ilah” significa “Dio”. Da un punto di vista linguistico pronunciare Allah non è diverso dal pronunciare Dio in qualsiasi altra lingua: nel contesto islamico assume rilevanza il proprio il fatto che i credenti ritengono che il Sacro Corano sia stato dettato in lingua araba direttamente da Allah e che debba essere letto e trasmesso nella sua lingua originale. Questo 86 Esistono diversi tipi di velo: l’hijab copre semplicemente i capelli, lo chador copre capelli e corpo, il niqab compre corpo e volto lasciando una fessura all’altezza degli occhi e il burqa compre completamente corpo e volto ed è caratterizzato da una griglia all’altezza degli occhi che dovrebbe permettere la visibilità. 87 “E dì alle credenti di abbassare i loro sguardi e di essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere una copertura fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri.” www.ilcorano.it 88 “ In tal modo Ti abbiamo rivelato un Corano arabo, affinché tu ammonisca la Madre delle città e coloro che [le abitano] attorno, e a finché tu avverta del Giorno della Riunione, sul quale non c'è dubbio alcuno: una parte [di loro] sarà nel Giardino, un'altra parte nella Fiamma.” www.ilcorano.it Dove con il termine “la Madre delle città” si fa riferimento alla città della Mecca e all’Ègira del Profeta Muhammad 72 aspetto risulta importante quale elemento che esprime il senso di appartenenza dei fedeli musulmani. L’appartenenza alla cultura islamica, e quindi alla Ummah, viene rafforzata attraverso le azioni individuali o collettive, di cui i cinque pilastri dell’Islam risultano i capisaldi. I simboli principali della cultura islamica sono due: il minareto delle moschee (alminar) e la mezzaluna. La moschea è un luogo sacro per i fedeli musulmani ed è la riproduzione, in scala più vasta, della casa con cortile abitata dal Profeta Muhammad, e il minar è il faro che la caratterizza. È dal minar che viene fatto il richiamo alla preghiera che riunisce i musulmani cinque volte al giorno. Il minar è il simbolo dell’unicità di Allah e ricorda la lettera alif, prima lettera dell’alfabeto arabo ed iniziale di Allah. Al – minar significa “il luogo della luce”: la luce che si riflette sul minar metallico ricorda Allah è la luce del cielo e della terra e che la moschea è il luogo in cui la parola illumina l’anima dei fedeli. La luna con la stella rappresenta il momento storico in cui è stato riconosciuto l’Islam89 e con l’impero ottomano è diventato un simbolo della cultura islamica, oggi rappresentata nella maggior parte delle bandiere nazionali dei paesi a maggioranza musulmana. L’’immagine della luna rappresenta la luce della luna crescente che illumina l’animo del fedele dall’oscurità dell’ignoranza e della miscredenza. La luna ha un valore particolarmente importante nella cultura islamica, come dimostrano il fatto che il calendario islamico, a differenza di quello occidentale, si basi sul ciclo lunare, e che la mezzaluna sia il simbolo della croce rossa islamica e che sia la punta del minar. La stella a cinque punte rappresenterebbe invece i cinque pilastri dell’Islam. Tra gli eroi della cultura islamica una posizione privilegiata occupa il Profeta Muhammad. Egli è ritenuto un modello di comportamento per l’intera società le cui azioni, raccontate negli hadith della Sunna, non sono soltanto prese a riferimento dai fedeli musulmani, ma sono anche la seconda fonte del diritto islamico. A differenza della natura divina che i Cristiani attribuiscono al Profeta 89 Una spiegazione scientifica sostiene che la falce e la stella rappresentino la congiunzione fra Luna e Venere che si verificò all'alba del 23 luglio 610 che secondo alcuni è la notte in cui il Profeta Muhammad ricevette la sua iniziale rivelazione da Allah. 73 Gesù Cristo, secondo i musulmani il Profeta Muhammad era un essere umano ed è diventato un modello di perfezione per mezzo dell’illuminazione divina. L’Islam non riconosce l’ereditarietà del peccato originale e considera ogni fedele in grado di operare il bene e compiere la volontà divina ispirandosi alle qualità e alle azioni del Profeta Muhammad e degli altri profeti. I rituali individuali e collettivi principali della cultura islamica sono rappresentati dai cinque pilastri dell’Islam. La cinque preghiere quotidiane, sebbene possano essere anche private, vengono spesso compiuta all’interno delle moschee, luoghi sacri e punto di incontro e fratellanza tra i fedeli. A differenza delle giornate della domenica per i cristiani e per il sabato per gli ebrei, il venerdì per i musulmani non è un giorno santo, ma il giorno della preghiera collettiva in cui si richiede al fedele di avere un’adeguata pausa pomeridiana per incontrarsi con la Comunità. Questi incontri quotidiani rafforzano il senso di appartenenza della comunità e la vicinanza del fedele con Allah. Il digiuno nel mese del ramadan è un rituale che si compie una volta all’anno, nel nono mese del calendario islamico lunare. È un importante momento di vicinanza tra i fedeli che vengono accumunati dal sacrificio fisico che esso richiede: il divieto di mangiare e bere inizia all’alba con il consumo di un pasto particolare chiamato al-suhur e si protrae fino al tramonto quando il digiuno giornaliero viene interrotto da un pasto chiamato iftar. Le notti del ramadan, tra il l’iftar e il suhur, riuniscono famiglie e amici e sono caratterizzate da un clima di grande allegria. La fine del ramadan è festeggiata in corrispondenza del primo giorno del decimo mese del calendario islamico, sawwal, con l’Eid al – Fitr, probabilmente la festa religiosa più importante della cultura islamica e che dura tre giorni. L’Eid al – Fitr vede il ricongiungimento di amici e parenti, scambi di regali e grandi pasti in famiglia. L’hajj, il viaggio alla Mecca, è un rito collettivo fondamentale per la cultura islamica che ogni credente dovrebbe compiere almeno una volta nella vita. Il pellegrinaggio rappresenta il più grande ritrovo collettivo di credenti musulmani, richiamando mediamente due milioni di fedeli, sebbene la città della Mecca abbia posto dei limiti al numero dei pellegrini ammessi, ed esprime al massimo il senso 74 di appartenenza e di identità della comunità islamica in quanto la sacralità della città comporta, così come per il territorio circostante Medina, l’interdizione per i non musulmani. L’hajj è caratterizzato da un forte contenuto religioso e dall’uguaglianza dei fedeli di fronte dal Allah rappresentata dal fatto che i credenti, indipendentemente dallo stato sociale e dalla provenienza regionale o etnica, sono vestiti da abiti sobri90, rappresentati da due pezzi di tessuto bianco non cuciti, e compiono collettivamente gli stessi riti. In riferimento ai valori culturali e all’importanza del loro apprendimento durante i primi anni di sviluppo della personalità e della cultura, gli autori elaborano una matrice che pone in relazione i valori e le pratiche, intese come insieme di simboli, eroi e rituali, con gli ambienti sociali dell’educazione dell’individuo. Il primo gruppo sociale di riferimento dell’individuo è la famiglia, seguita dall’ambiente scolastico e lavorativo. Figura 3.3. L’apprendimento di valori e pratiche Fonte: G. Hofstede, G.J. Hofstede e M. Minkov, “Cultures and organizations: software of the mind. Intercultural cooperation and its importance for survival”, England, McGRAW-HILL Book Company Europe, 2010 90 Chiamati teli dell’ihrâm. 75 Nel contesto islamico assume rilevanza il ruolo del Sacro Corano dell’apprendimento di valori e pratiche. - La famiglia: ricorre al Sacro Corano per trasmettere all’individuo i valori fondamentali del credo dell’Islam e nel contempo lo avvicina ai riti della religione91. - L’ambiente scolastico: la lingua araba scritta è caratterizzata dall’assenza di vocalizzazione 92 e gli istituti scolastici ricorrono al testo del Sacro Corano per insegnarla in quanto unico testo della cultura musulmana completamente vocalizzato. Accanto all’ambiente scolastico istituzionale è possibile considerare anche le scuole islamiche che la quasi totalità dei ragazzi frequenta nel doposcuola e che si basa sullo studio dei testi sacri. - Ambiente lavorativo: all’interno di un’azienda Shariah – compliant, soprattutto nelle istituzioni finanziarie islamiche, il Sacro Corano viene utilizzato allo scopo di rafforzare il senso di appartenenza dei credenti e l’adesione alla cultura organizzativa della Sulukiat. 3.2. La cultura aziendale islamica La cultura aziendale è un “insieme di valori e di idee che distinguono un’azienda da tutte le altre, pur avendo in comune lo stesso ambiente che fa da <<sfondo>>”.93 La cultura aziendale è un requisito fondamentale per lo sviluppo competitivo delle organizzazioni aziendali, nonché per la corretta implementazione della corporate governance e per lo sviluppo dei valori su cui si basa la corporate social 91 Un esempio è il digiuno quotidiano nel mese del ramadan condotto da i bambini di fede musulmana che ha durata inferiore rispetto a quello degli adulti e che aumenta nel tempo fino a raggiungere il massimo di durata nell’età adulta. Un altro rito a cui partecipano i bambini musulmani maschi è il rito della circoncisione. 92 La lingua araba si caratterizza per la presenza di suoni vocalici lunghi e corti. I suoni vocalici lunghi vengono scritti attraverso le lettere arabe “Alif”, che corrisponde alla lettera latina “a”, “ya” che corrisponde alle vocali latine “i” e “e” e la lettera “wow” che corrisponde alle vocali latine “o” e “u”. Quando il suono vocalico è breve al posto delle lettere arabe vengono posti dei simboli grafici sopra e sotto la parola: questi suoni vengono pronunciati, ma non vengono scritti. 93 AA.VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996 76 responsibility. Essa è un insieme di valori condivisi che rappresenta una similare percezione da parte dei membri dell’organizzazione, influenzandone comportamento e motivazione. Un’organizzazione aziendale che è in grado di mantenere una cultura aziendale positiva trae diversi benefici: quando i lavoratori si identificano nella cultura aziendale l’ambiente di lavoro tende ad essere più dilettevole, cresce la soddisfazione dei dipendenti, l’abilità di lavorare in team, di condividere informazioni e di sviluppare nuove idee. Le teorie organizzative e manageriali si sono evolute nel tempo, anche grazie all’evoluzione della concezione del lavoro e alla relazione tra lavoro, salario, profitto ed efficienza. Dalle teorie classiche si è passati negli anni Venti dello scorso secolo a alle teorie comportamentali, fino ad arrivare alla nascita della scuola sistemica negli anni Duemila. La scuola sistemica ritiene che il manager debba considerare l’azienda come operante in un sistema complesso costituito dalle interrelazioni tra ambiente, input, processi ed output e a tal fine definire le relazioni esistenti tra l’ambiente esterno e le parti dell’organizzazione, cogliere le caratteristiche di tali relazioni e soprattutto coglierne lo scopo ultimo. Nel contesto islamico risulta evidente come tutte queste componenti siano colme degli elementi valoriali dell’Islam che hanno quindi influenza sulla cultura organizzativa, sulle relazioni interne ed esterne dell’impresa e sullo scopo verso cui vertono gli sforzi dei lavoratori e del management. Nella cultura aziendale islamica, soprattutto in riferimento alle qualità che dovrebbero caratterizzare la leadership, assumono particolare rilevanza i quattro livelli di sviluppo spirituale94: imam, islam, taqwa e ihsan. - Imam: rappresenta il cuore della fede islamica che si esprime nel credo in Allah e nel suo profeta e che è espresso dalla doppia testimonianza di fede, sciahada, che è il primo dei cinque pilastri dell’Islam. Il primo livello dello sviluppo spirituale islamico richiede al musulmano di considerare la sua vita e le sue qualità appartenenti ad Allah, in accordo con il principio di khalifah. 94 R. Beekun e J. Badawi, “The leadership process in Islam”, The Islamic Training Foundation, 1999 77 - Islam: il secondo livello dello sviluppo spirituale islamico prevede che il credente non soltanto riconosca la doppia testimonianza di fede, ma che agisca per raggiungere l’armonia con Allah, con sé stesso e con il Suo creato. - Taqwa: il terzo livello di fede prevede che ogni azione del credente sia compiuta nel timore del giudizio di Allah (Il Corano, 16; 9095) - Ihsan: il terzo livello di fede si esprime nell’amore del credente in Allah e nel suo creato e nella volontà di onorarlo in ogni azione quotidiana. Secondo Khaliq Ahmad96 la cultura aziendale nel contesto islamico si caratterizza per i seguenti aspetti: - Il principio del tahwid deve essere associato a quello di ibadat: il buon musulmano deve vedere l’attività lavorativa come un’azione in onore di Allah e come mezzo di ricostruzione dei valori fondanti della Ummah; - La cultura aziendale deve fondarsi sul principio islamico di fratellanza; - La cultura aziendale deve basarsi sui principi guida dell’Islam contrari alla calunnia, alle maldicenze ed alle scorrettezze; - La cultura aziendale deve permettere lo sviluppo delle conoscenze dei lavoratori, in accordo con l’importanza che la conoscenza riveste nel Sacro Corano97. L’autore evidenzia un insieme di valori su cui dovrebbe fondarsi lo sviluppo della cultura aziendale nell’organizzazione islamica: - Ogni azione dovrebbe basarsi su un’intenzione dichiarata; - Ogni azione dovrebbe indirizzarsi alla ricerca di conoscenza e perfezione, nel rispetto del concetto di Itqdan, nome indiretto di Allah che ne descrive la conoscenza e la perfezione (Il Corano, 27; 8898 e 16;7499) 95 "In verità Allah ha ordinato la giustizia e la benevolenza e la generosità. Egli vi ammonisce affinché ve ne ricordiate." www.corano.it 96 A Khaliq “Management from Islamic Perspective: Principles and Practices” Malaysia: Research Center International Islamic University Malaysia, 2007 97 Il primo versetto del Corano spinge alla lettura del testo sacro al fine promuovere la conoscenza dello stesso. 98 “E vedrai le montagne, che ritieni immobili, passare come fossero nuvole. Opera di Allah, Che rende perfetta ogni cosa. Egli è ben informato di quello che fate!” www.corano.it 78 • Le azioni dovrebbero essere praticate con l’obiettivo di acquisire maggiori abilità ed efficienza, secondo il concetto islamico di ihsan, ossia l’ambizione per ciascun fedele musulmano di • migliorarsi per raggiungere la perfezione nella fede, nel lavoro e nelle relazioni sociali100. • L’ihsan è considerato dall’Islam il livello più alto di fede ed il più vicino ad Allah ed evidenzia come il buon musulmano deve agire sempre secondo la volontà divina. - Ogni azione dovrebbe essere intrapresa con il pensiero rivolto ad Allah e alla Sua soddisfazione; - L’organizzazione aziendale islamica dovrebbe ispirarsi alle qualità di Allah, al modello di uomo e businessman del Profeta Muhamamd e alle parole dei testi sacri tutelando e promuovendo gli ideali di sincerità, giustizia, verità e miglioramento continuo.101 - Pazienza e perseveranza, in accordo con il concetto di sabr del Sacro Corano (Il Corano, 2; 153102). - Moderazione, in accordo con i versetti del Sacro Corano che definiscono la Comunità dei Musulmani come “la comunità del giusto mezzo” (Il Corano, 2; 143103 e 3; 110104). - Rispetto della parola data in accordo con i seguenti versetti del Sacro Corano (Il Corano, 2; 40105, 2; 80106, 2; 100107 e 3; 76 – 77108): 99 “Non paragonate nulla ad Allah. Allah sa e voi non sapete.” www.corano.it Il concetto di ihsan è stato introdotto dal Profeta Muhammad nel seguente hadith: “Onora Allah come se Lo stessi vedendo. Ma se non riesci, allora ricorda che anche se tu non Lo vedi, Lui ti sta osservando” 101 Questo aspetto è simile al kaizen giapponese, termine composto da kai (cambiamento, miglioramento) e zen (buono, migliore). 102 “O voi che credete, rifugiatevi nella pazienza e nell'orazione. Invero Allah è con coloro che perseverano.” www.corano.it 103 “La comunità musulmana è una comunità del giusto mezzo, che ordina il bene e proibisce il male, e dunque infallibile” www.corano.it 104 “E così facemmo di voi una comunità equilibrata, affinché siate testimoni di fronte ai popoli e il Messaggero sia testimone di fronte a voi” www.corano.it 105 “O figli di Israele, ricordate i favori di cui vi ho colmati e rispettate il Mio patto e rispetterò il vostro. Solo Me dovete temere” www.corano.it 106 “Di' loro: “Avete forse fatto un patto con Allah? In tal caso Allah non manca mai al Suo patto!” www.corano.it 107 “Ma come? Ogni qualvolta stringono un patto, una parte di loro lo infrange? In realtà la maggior parte di loro non è credente” www.corano.it 100 79 - Proibizione di amare in modo eccessivo la ricchezza, i beni terreni e il potere. Il successo rappresentato solo dalla ricchezza e dai beni materiali è limitativo secondo la prospettiva islamica in quanto non considera la dimensione temporale dell’Aldilà. Il successo nella vita terrena, se c’è, è dovuto alla volontà di Allah e non deve allontanare il musulmano dalla sua fede (Il Corano, 63;9109) Per costruire la cultura aziendale islamica è necessario che i dipendenti siano orientati verso i valori etici più profondi dell’Islam e che diano priorità alla società piuttosto che al proprio interesse personale. Per sviluppare un’adeguata cultura aziendale l’azienda islamica dà molta importanza all’aspetto della conoscenza dell’Islam. All’interno di molte istituzioni islamiche110 si tengono delle discussioni spirituali che vertono sull’importanza dei benefici che l’individuo e l’impresa ottengono dall’applicazione della morale islamica all’interno dell’organizzazione.111 La cultura aziendale islamica fondata sui valori dell’Islam assume un ruolo di primaria importanza specialmente all’interno delle istituzioni finanziarie, tanto da assumere la denominazione specifica di “Sulukiat”. 3.3. La teoria del management secondo una prospettiva islamica Diversi studi hanno dimostrato come gli stili di leadership siano influenzati da aspetti culturali. 108 “Chi invece è fedele ai suoi impegni e agisce con pietà, ebbene Allah ama i pii. In verità, coloro che svendono a vil prezzo il patto con Allah e i loro giuramenti, non avranno parte alcuna nell'altra vita. Allah non parlerà loro, né li guarderà nel Giorno della Resurrezione, non li purificherà e avranno doloroso castigo.” www.corano.it 109 “O credenti, non vi distraggano dal ricordo di Allah i vostri beni e i vostri figli. Quelli che faranno ciò saranno i perdenti” www.corano.it 110 Questo accade in special modo nelle istituzioni finanziarie della Malesia. 111 Le discussioni vengono tenute da individui esterni, gli ustaz, termine traducibile con “religioso” o “guida spirituale. 80 Alcuni studi condotti da Randeree112 hanno evidenziato che i manager dei paesi a maggioranza di popolazione musulmana prediligono uno stile di leadership di tipo partecipativo: questo aspetto può certamente dipendere dall’influenza delle parole dei testi sacri nella cultura della leadership islamica: le parole del Profeta Muhammad incitano la comunità alla collaborazione ed al confronto per potersi garantire l’Aldilà. La parola “islam” significa sottomissione: secondo gli economisti islamici nel contesto manageriale la sottomissione al volere di Allah si manifesta quando il leader si ispira nelle azioni e nei propositi alle figure dei Profeti che sono stati direttamente illuminati dalla perfezione divina113. La teoria del management islamico pone particolare attenzione alla figura dei miti del Sacro Corano: i manager islamici, in quanto leader, devono possedere delle doti uniche di capacità manageriale ispirandosi alle qualità di Allah e a quelle che Lui ha posto nei personaggi storici dei profeti114. Gli studi condotti dagli istituti di ricerca e dagli organi di supervisione del sistema islamico si ispirano principalmente alle doti che caratterizzano personaggi quali il Profeta Muhammad e i profeti Giuseppe e Mosé, ma non mancano richiami a personaggi non profetici e moderni quali ad esempio Malcom X115. Il primo profeta considerato dalla teoria della leadership islamica116 è il Profeta Muhammad che è conosciuto per le sue grandi doti di businessman e di leader attraverso le quali, ispirato da Allah, ha fondato la società islamica, Ummah, garantendo alla comunità un periodo di grande benessere. Altri importanti profeti considerati dagli economisti islamici sono il profeta Giuseppe e il profeta Mosé. Il profeta Giuseppe è un modello di ispirazione in quanto dopo essere stato venduto 112 K. Randeree, “An Islamic Perspective on Leadership: Qur’anic World View of the Qualities of Leaders”, The Global Studies Journal, Volume 2, Number 1, 2009. 113 A.S. Abassi, K. Ir Rehman, A. Bibi, “Islamic Management Model”, African Journal of Business Management, Vol 4 (9), pp 1873 – 1889, 4th August 2010 114 A differenza della religione cristiana i musulmani non credono nel concetto di ereditarietà del peccato originale: fedele nasce come creatura perfetta di Allah e ha il compito di elevarsi nell’arco della vita e attraverso ogni azione quotidiana prendendo come modelli di riferimento i profeti, “eroi” di natura umana, e quindi vicini alle qualità dei credenti, la cui perfezione deriva dalla benedizione di Allah. 115 R. Beekun, J. Badawi, “The Leadership Process in Islam”, The Islamic Training Foundation, 1999 116 K. Randeree, “An Islamic Perspective on Leadership: Qur’anic World View on the Quality Leaders”, University of Oxford, UK, The Global Studie Journal, Vol. 2, No. 1, 2009 81 dai fratelli e grazie all’illuminazione di Allah, alle sue qualità manageriali e alla sua integrità divenne governatore d’Egitto, mentre il profeta Mosé viene apprezzato per la sua forza d’animo, il suo senso di giustizia e la sua continua ricerca della conoscenza117. Un interessante modello delle funzioni manageriali in un’impresa islamica che evidenzia come la leadership islamica di tutte le funzioni interne all’impresa debba ispirarsi alle qualità di perfezione contenute nella “Lista dei 99 Bellissimi Nomi di Allah”118 è stato sviluppato da Abuznaid119. Nel contesto islamico la figura del manager assume un duplice ruolo di leader e servitore di Allah e per questo le sue qualità di buon musulmano incidono in misura diretta sulla sua reputazione professionale, soprattutto nel contesto delle istituzioni finanziarie islamiche che promuovono prodotti e strumenti Shariah – compliant. 117 “Notably, by way of example, when the Profet Musa (pbuh) was asked by one of the Children of Israel if he knew who the most knowledgeable person on earth, to which the Profet Musa (pbuh) replied that he was, since, according to his knowledge, he was the most knowledgeable, being the Profet and being imbued with knowledge of Allah. However, in response to this claim by Musa, it was revealed to him by Allah that there was another man more knowledgeable than Musa. Interestingly, Musa’s response gives a deep and profound lesson to contemporary leaders that the Qur’an explains: << And (remember) when Musa said to his boy – servant “ I will not give up (travelling) until I reach the junction of the two seas or (until) I spend years and years in travelling”>> (Il Corano, 18; 60). Musa (pbuh) thus embarked upon an arduous journey to find this more knowledgeable person so he could learn from him.” K. Randeree, “An Islamic Perspective on Leadership: Qur’anic World View on the Quality Leaders”, University of Oxford, UK, The Global Studie Journal, Vol. 2, No. 1, 2009 118 Si veda allegato al capitolo precedente 119 S. Abuznaid, “Islam and Management: What Can be Learned?” Thunderbird International Business Review, 2006 82 Figura 3.4. Le funzioni manageriali basate sul modello “Allah Almighty Names” Fonte: S. Abuznaid, “Islam and Management: What Can be Learned?” Thunderbird International Business Review, 2006 Secondo alcuni studi condotti da Randeree120, il management dei paesi arabi si caratterizza per un approccio maggiormente partecipativo, in accordo con le parole del Profeta che spingono la Comunità al confronto e alla discussione secondo principio islamico della Shura (Il Corano; 42;38121) Diversi studi dimostrano che le qualità richieste al manager islamico sono ispirate direttamente ai versi sacri e gli studiosi, nel definire e descrivere le qualità che un manager islamico dovrebbe possedere, li richiamano in maniera esplicita. In generale si riscontra un certo livello di accettazione verso le seguenti: giusto 120 K. Randeree, “An Islamic Perpective on Leadership: Qur’anic World View on The Qualities of Leaders”, The Global Study Journal, Volume 2 1, 2009 121 “Coloro che rispondono al loro Signore, assolvono all'orazione, si consultano vicendevolmente su quel che li concerne e sono generosi di ciò che Noi abbiamo concesso loro” www.ilcorano.it 83 equilibrio (Il Corano, 25;67 122 e 4;58 123 ), fiducia e responsabilità (Il Corano, 8;27124), onestà (Il Corano, 2;177125), rispetto per la parola data e le obbligazioni assunte (Il Corano, 5;1126), onestà (Il Corano, 28;26127 e 12;46128), competenza, ispirazione, pazienza (Il Corano, 32;24129) e umiltà. Gli studi condotti da Abbasi, Rehman e Bibi130 evidenziano come i valori morali dell’Islam spingerebbero il management islamico a prediligere un approccio organizzativo di tipo olistico che consideri la natura di tutte le relazioni interne ed esterne dell’impresa. Lo studio viene condotto analizzando come cinque diversi stili di approccio manageriale sono presenti nella cultura islamica e come vengono trattati nei testi sacri. 122 “Benedetti coloro che coloro che quando spendono non sono né avari, né prodighi, ma si tengono nel giusto mezzo” www.ilcorano.it 123 “Allah vi ordina di restituire i depositi ai loro proprietari e di giudicare con equità quando giudicate tra gli uomini. Allah vi esorta al meglio. Allah è Colui Che ascolta e osserva.” 124 “O voi che credete, non tradite Allah e il Suo Messaggero. Non tradite, consapevolmente, la fiducia riposta in voi.“ www.ilcorano.it 125 “La carità non consiste nel volgere i volti verso l'Oriente e l'Occidente, ma nel credere in Allah e nell'Ultimo Giorno, negli Angeli, nel Libro e nei Profeti e nel dare, dei propri beni, per amore Suo, ai parenti, agli orfani, ai poveri, ai viandanti diseredati, ai mendicanti e per liberare gli schiavi; assolvere l'orazione e pagare la decima. Coloro che mantengono fede agli impegni presi, coloro che sono pazienti nelle avversità e nelle ristrettezze, e nella guerra, ecco coloro che sono veritieri, ecco i timorati.” www.ilcorano.it 126 “O voi che credete, rispettate gli impegni.” www.ilcorano.it 127 “Una di quelle disse: <<O padre mio, assumilo: è davvero il migliore che tu possa assoldare: è forte e fidato.>>” www.ilcorano.it 128 [Disse]: “O Giuseppe, o veridico, spiegaci [il significato] di sette vacche grasse che sette magre divorano, e di sette spighe verdi e di sette altre secche. Ché io possa tornare a quella gente, ed essi possano sapere.” Questo versetto è associato alla caratteristica di onestà attribuita al profeta Giuseppe. www.ilcorano.it 129 “E [finché] furono perseveranti e credettero con fermezza nei Nostri segni, scegliemmo tra loro dei capi che li dirigessero secondo il Nostro comando” www.ilcorano.it 130 A. S. Abassi, K. Ir Rehman, A. Bibi, “Islamic Management Model”, African Journal of Business Management, Vol 4 (9), pp 1873 – 1889, 4th August 2010 84 Figura3.5. Approccio manageriale di tipo olistico Fonte: A. S. Abassi, K. Ir Rehman, A. Bibi, “Islamic Management Model”, African Journal of Business Management, Vol 4 (9), pp 1873 – 1889, 4th August 2010 - Participatory Approach: l’approccio partecipativo viene promosso dal principio del confronto, Shura (Il Corano, 3;159131), che viene dichiarato uno delle principali caratteristiche che dovrebbe possedere un buon musulmano. Secondo la morale islamica questo è vero per tre motivi: è ingiusto che una sola persona decida per situazioni che riguardino anche gli altri, è ingiusto che un credente agisca in modo egoistico o arrogante ed è importante che il credente abbia timore del giudizio di Allah e di dover rispondere di decisioni errate da solo nel Giorno del Giudizio. Il richiamo al principio della Shura è evidente anche negli hadith della Sunna: il Profeta Muhammad ricorreva alla consultazione per decidere su 131 “È per misericordia di Allah che sei dolce nei loro confronti! Se fossi stato duro di cuore, si sarebbero allontanati da te. Perdona loro e supplica che siano assolti. Consultati con loro sugli ordini da impartire; poi, quando hai deciso abbi fiducia in Allah. Allah ama coloro che confidano in Lui.” www.ilcorano.it 85 questioni che avrebbero coinvolto la Comunità e quando il giudizio unanime non era possibile le decisioni venivano prese sulla base di una maggioranza rappresentativa. Il periodo in cui visse il Profeta Muhammad è ritenuto dai credenti musulmani un periodo di grande splendore e benessere a dimostrazione di come le pratiche adottate dal Profeta siano giuste e nell’interesse dell’intera società. In termini manageriali l’approccio dovrebbe essere adottato al fine di accrescere la soddisfazione delle parti coinvolte nell’organizzazione. - Systems Approach: l’approccio sistemico considera l’organizzazione aziendale come un sistema generale costituito da parti interdipendenti difficilmente scindibili: le interrelazioni esistenti fanno sì che ciò che accade in un segmento abbia ripercussioni dirette o indirette sugli altri segmenti dell’organizzazione. Le caratteristiche dell’Islam sono coerenti con l’approccio sistemico. L’Islam è una religione totalizzante la cui caratteristica principale è quella di disciplinare non soltanto la dimensione morale dei credenti, ma abbraccia ogni aspetto della vita quotidiana, della politica, della società e della giurisprudenza. In molti paesi a maggioranza di popolazione musulmana risulta difficile distinguere la dimensione che occupano la società, la cultura e la religione perché presentano un altissimo livello di intercorrelazione. - Gradualistic Approach: sebbene nella disciplina di alcuni divieti il Sacro Corano si esprima in termini chiari e decisi, altri criteri sono stati introdotti in modo graduale. Nell’ambito economico – finanziario è il caso del divieto del maysir, gioco d’azzardo. Il gioco d’azzardo viene nominato per la prima volta nel versetto 2; 219 132 del Sacro Corano: in questa circostanza non viene pronunciato un divieto diretto nei suoi confronti, ma il ricorso al gioco d’azzardo viene decritto in termini di minori benefici rispetto ai vantaggi che comporta. Allo stesso modo l’Islam presuppone 132 “Ti chiedono del vino e del gioco d'azzardo. Di': <<In entrambi c'è un grande peccato e qualche vantaggio per gli uomini, ma in entrambi il peccato è maggiore del beneficio!>>. E ti chiedono: <<Cosa dobbiamo dare in elemosina?>> Di': <<Il sovrappiù.>> Così Allah vi espone i Suoi segni, affinché meditiate” www.ilcorano.it 86 che, se necessario, anche le questioni aziendali vengano affrontate secondo un approccio graduale. - Contigency Approach: si basa sul presupposto che non esista un rigido set di regole applicabili a qualsiasi impresa e a qualsiasi contesto, ma che l’approccio organizzativo debba essere flessibile in modo da poter adeguatamente rispondere alle necessità dell’ambiente esterno. Il contigency approach viene evidenziato dalle caratteristiche stesse che i credenti musulmani attribuiscono al Sacro Corano. Secondo la religione islamica il Sacro Corano è giusto e atemporale ed è compito della Comunità islamica quello di conoscerlo e saperlo applicare all’evolversi dei fenomeni sociali. È proprio attraverso una rilettura dei testi sacri alla luce dei fenomeni della contemporaneità e della globalizzazione che si sta sviluppando la finanza islamica. - Consistency Approach: per poter raggiungere gli obiettivi di profitto e di sviluppo un’organizzazione dovrebbe poter contare su persone che operino con perseveranza e che condividano gli obiettivi dell’organizzazione. Sotto questa prospettiva sono molti i versi del Sacro Corano che spingono alla perseveranza ed alla determinazione, ma è anche importante sottolineare come nel contesto islamico il consistency approach trova un fertile terreno di applicazione dato dal fatto che tutte le parti coinvolte all’interno dell’organizzazione condividono oltre all’obiettivo del profitto quello di rispettare i valori della morale islamica. È possibile quindi concludere la cultura islamica, caratterizzata da simboli, eroi, pratiche e valori, è totalizzante e radicata all’interno della società. Questo aspetto non si limita soltanto alla definizione di un insieme di regole organizzative, ma entra a far parte dei valori che guidano l’agire del management islamico, alle qualità che ad egli sono richieste per la gestione del business. I valori dell’Islam sono considerati i modelli a cui l’agire economico deve tendere e vengono formalizzati anche attraverso le teoria manageriali sviluppati dagli studiosi di fede musulmana. 87 4. LA CORPORATE GOVERNANCE SECONDO LA PROSPETTIVA ISLAMICA E IL RUOLO DELLO SHARIAH SUPERVISORY BOARD 4.1. Definizione di corporate governance La corporate governance è sinonimo di governo, direzione e controllo della società. Il modello di governance stabilisce i vincoli tra management, Consiglio di Amministrazione e azionisti allo scopo di limitare i problemi generati dall’insorgere di conflitti di interessi133 e varia in relazione al sistema finanziario di riferimento. La letteratura individua due tipi di sistemi finanziarie ed altrettanti modelli di governance, sebbene esistano dei modelli ibridi. I due tipi di sistemi finanziari sono il sistema bank – based dove i sistemi di raccolta passano principalmente attraverso il circuito bancario, ed i sistemi market – based, dove i sistemi di raccolta passano attraverso l’emissione di bond societari. La corporate governance ha il compito di regolare le relazioni intercorrenti tra: 133 All’interno della corporate governance il problema principale è il problema di agenzia che si manifesta tramite selezione avversa (in questo caso l’asimmetria informativa precede la stipula del contratto poiché l’agente mente o fornisce false informazioni sulle proprie conoscenze o abilità) e azzardo morale (in questo caso l’asimmetria informativa segue la stipula del contratto e riguarda il non rispetto del contratto fiduciario). La delega del monitoraggio, soprattutto nelle società a proprietà diffusa, conduce al free – riding problem (il monitoraggio reciproco ne riduce gli effetti): è possibile legare i compensi del management al raggiungimento di obiettivi in modo da allinearne gli interessi con quelli degli azionisti attraverso un sistema a compensazione variabile, ma ciò accresce la loro esposizione al rischio. 88 - Investitori: hanno una responsabilità limitata al capitale conferito ed obiettivi di massimizzazione dello stesso. Eleggono i propri rappresentarsi esercitando il diritto di voto ed hanno il potere di disciplinare il manager che ha l’obbligo fiduciario di agire a tutela dei loro interessi. - Management: ha il compito di salvaguardare la capacità competitiva dell’impresa ed agire nell’interesse degli azionisti. - Consiglio di Amministrazione: agisce come organo equilibratore e di tutela della relazione tra proprietà e management. Nonostante esistano dei modelli ibridi la letteratura individua due principali modelli opposti di corporate governance: il modello anglosassone e il modello renano. Il modello anglosassone è tipico degli Stati Uniti e considera il mercato dei capitali il mercato dei capitali il meccanismo migliore per combattere il conflitto di interessi. Secondo questa prospettiva il frazionamento del capitale non permette un accurato controllo del management che viene invece effettuato dal mercato attraverso la negoziazione delle azioni. Si contraddistingue per una larga base societaria ed una cultura aziendale rivolta al mercato per generare consenso sulle performance della società ed attrarre capitali. Il modello renano è tipico dei paesi europei, in particolar modo della Germania e si fonda sulla ricerca di un compromesso tra i diversi portatori di interessi attraverso le vie interne dell’organizzazione. Si contraddistingue per una ristretta base societaria e per un orientamento verso chi già partecipa al capitale di rischio. Dal punto di vista generale si possono identificare due diverse tipologie di struttura degli organi societari: una struttura di tipo “one tier system” che prevede un unico governo con funzioni di gestione e monitoraggio che è il Board of Director e una struttura di tipo “two tier system” dove la responsabilità della gestione compete al Management Board, mentre quella di controllo al Supervisory Board. 89 4.1.1. La prospettiva islamica della corporate governance La prospettiva islamica della corporate governance non si differenzia molto da quella tradizionale in quanto anch’essa mira alla tutela degli interessi degli stakeholder. Nel contesto islamico, tuttavia, assume importanza il principio del tawhid che comporta il rispetto della morale islamica anche nelle relazioni interne tra manager e azionisti. Alcuni studiosi islamici hanno analizzato le differenze esistenti tra la corporate governance intesa in senso tradizionale e la corporate governance intesa in senso islamico sviluppando due modelli di corporate governance Shariah – compliant. Il primo modello di corporate governance islamica, il “Tahwin and Shura Based Model”134 esamina il principio fondamentale del tawhid e quelli che da esso derivano: il concetto di vice reggenza, khalifah, di fiducia, amanah, di giustizia sociale ed equilibrio, al – adl wal ihsan. Il tawhid è la base fondante dell’Islam e da esso derivano i principi su cui si basa l’intero sistema finanziario Shariah – compliant che hanno ripercussioni anche sulla corporate governance: giustizia, utilizzo delle risorse per scopi socialmente responsabili135 e rispetto dei divieti imposti dai testi sacri alle attività economiche e finanziarie. Il principio della consultazione, Shura, è altrettanto importante nel contesto islamico136 ed ha lo scopo di guidare la comunità verso la retta via perseverandola dal peccato e garantendole la benevolenza di Allah. Secondo Chapra137, uno degli economisti islamici di maggior importanza, la consultazione nell’ambito della corporate governance islamica dovrebbe essere considerata un preciso obbligo in quanto dà la possibilità a tutti gli stakeholder dell’impresa, e non soltanto ai 134 Z. Hasan, “Corporate Governance: Western and Islamic Perspective”, International Review of Business Research Papers, Vol. 5 No. 1 January 2009, pp. 277 - 293 135 Secondo il principio islamico del khalifah le risorse naturali appartengono ad Allah e sono state date agli esseri umani in vice reggenza. Gli esseri umani dovrebbero adoperarsi per un utilizzo consapevole e socialmente responsabile delle risorse in quanto, a differenza della prospettiva occidentale, esse non sono scarse, ma sono state date da Allah nella giusta quantità. 136 Un hadith del Profeta Muhammad recita “La mia comunità non concorderà mai su un errore”. 137 M. U. Chapra, “Islam and the Economic Challenge”, Liechester, The Islamic Foundation, 1992/1413 H 90 portatori di capitale proprio, di partecipare al processo decisionale attraverso la rappresentazione degli azionisti che quindi non dovrebbero tutelare soltanto il proprio interesse138. La posizione assunta dallo studioso, seppur possa agli occhi delle teorie di mercato tradizionali apparire alquanto estrema, è in linea con la considerazione che tutti i portatori di interesse in un’azienda islamica 139 , specialmente se si tratta di un’istituzione finanziaria islamica, sono accumunati da un obiettivo primario rispetto al profitto, che è quello del rispetto della parola di Allah. In queste circostanze gli obiettivi delle parti coinvolte dovrebbero convergere verso un unico obiettivo primario e ridurre il rischio di interesse e i problemi di agenzia. Secondo quanto affermato da Hasan, l’approccio alla corporate governance proposto attraverso il modello del “Tawhid e della Shura” rispecchia i principi dell’Islam nella gestione dell’impresa, ma risulta di difficile implementazione. Il secondo modello di corporate governance promosso dagli studiosi islamici, soprattutto da Chapra e Ahmed140, rielabora il modello di corporate governance europeo alla luce delle caratteristiche specifiche del contesto islamico. Secondo la prospettiva islamica la corporate governance di un’impresa Shariah – compliant non dovrebbe tutelare soltanto gli interessi dei portatori di capitale a pieno rischio, ma di tutti gli stakeholder intesi nel senso più ampio del termine: alla luce di questa considerazione il ruolo della corporate governance si allinea con quello della corporate social responsibility. Il secondo modello, conosciuto come “Stakeholder Based Approach Model”, prende a riferimento i principi islamici del diritto di proprietà e degli accordi contrattuali. Sebbene l’Islam riconosca il diritto di proprietà esso non può essere utilizzato a piacimento in quanto, in accordo con il principio del khalifah, la reale proprietà di tutte le cose appartiene ad Allah ed è stata donata agli esseri umani in 138 Z. Hasan, “Corporate Governance: Western and Islamic Perspective”, International Review of Business Research Papers, Vol. 5 No. 1 January 2009, pp. 277 - 293 139 Si assume in questo caso che i portatori di interesse in un’azienda islamica (lavoratori, investitori di capitale a pieno rischio e di capital di debito, management) siano credenti di fede musulmana. Non è tuttavia necessario che ciò accada: si consideri ad esempio un investitore occidentale che decida di investire in azioni Shariah – compliant allo scopo di diversificare il proprio portafoglio. 140 M. U. Chapra, H. Ahmed, “Corporate Governance in Islamic Financial Institutions”, IRTI, Jeddah, 2002 91 vice reggenza (Il Corano, 57;7141) che devono utilizzare i beni nel rispetto della legge della Shariah. L’Islam riconosce il diritto di proprietà non soltanto alle persone fisiche o giuridiche, ma anche allo Stato e alla società nel suo complesso e quindi il diritto di proprietà di una persona, fisica o giuridica, deve essere sfruttato in accordo con i diritti di benessere che l’Islam riconosce allo Stato e alla società. La disciplina dell’accordo contrattuale riveste all’interno del Sacro Corano una grande importanza: ai musulmani è richiesto di essere delle persone oneste e di tener fede alla parola data ed alle obbligazioni assunte (Il Corano, 5;1 142 ), principio che si applica sia alle persone fisiche che giuridiche, allo Stato e alla società intesa nel suo complesso. Secondo questa prospettiva il modello basato sull’approccio di tutela degli interessi degli stakeholder spingerebbe le parti coinvolte all’interno dell’impresa a rispettare i propri impegni e le obbligazioni assunte (Il Corano, 8;27143) limitando il conflitto di interessi144: - lo Shariah Supervisory Board interno delle istituzioni finanziarie islamiche dovrebbe agire nel benessere della comunità garantendo che i prodotti e i servizi finanziari offerti siano Shariah – compliant; - il Board of Director delle imprese islamiche dovrebbe agire nella tutela degli interessi non soltanto dei portatori di capitale a pieno rischio, ma nei confronti di tutti i portatori di interessi, ivi compresa la società nel suo complesso; - il management islamico dovrebbe rispettare gli obblighi e gli impegni che il ruolo comporta agendo nella tutela degli interessi degli azionisti e degli stakeholder in generale; - i lavoratori dovrebbero rispettare gli impegni contrattuali operando diligentemente per la crescita e lo sviluppo dell’impresa e il benessere della collettività. 141 “Credete in Allah e nel Suo Messaggero e date [una parte] di ciò di cui Allah vi ha fatto vicari. Per coloro che credono e saranno generosi, ci sarà ricompensa grande.” www.ilcorano.it 142 “O voi che credete, rispettate gli impegni.” www.ilcorano.it 143 “O voi che credete, non tradite Allah e il Suo Messaggero. Non tradite, consapevolmente, la fiducia riposta in voi” www.ilcorano.it 144 Z. Hasan, “Corporate Governance: Western and Islamic Perspective”, International Review of Business Research Papers, Vol. 5 No. 1 January 2009, pp. 277 - 293 92 Figura4.1. Il modello di corporate governance islamico “Tawhid e Shura” Fonte: Z. Hasan, “Corporate Governance: Western and Islamic Perspective”, International Review of Business Research Papers, Vol. 5 No. 1 January 2009, Un’importante critica alla distanza tra il modello teorico e l’applicazione dello stesso è stata avanzata da Chapra145: secondo lo studioso la comunità islamica non è oggi vicina all’Islam e ai suoi valori come lo era nel periodo classico e quindi, seppur lo sviluppo di modelli di corporate governance Shariah – compliant sia auspicato e necessario, è importante considerare anche il fondamentale contributo che rivestono la regolamentazione e lo sviluppo di un mercato finanziario islamico. La maggior parte dei paesi arabi si caratterizzano per un orientamento di tipo bank – based dovuto anche al fatto che il sistema di mercato islamico si è sviluppato 145 M. U. Chapra, “Stakeholders Model of Governance in Islamic Economic System”, Islamic Economic Studies, Vol.11, No. 2, March 2004 93 solo recentemente e che anche il lancio sul mercato dei primi sukuk146, alternativa islamica alle obbligazioni, è avvenuto ad uno stadio relativamente maturo della finanza islamica. Questo aspetto avvicina il modello di governance islamico al modello di governance renano. Nelle istituzioni finanziarie islamiche, caratterizzate al loro interno dalla presenza di un organo di supervisione della Shariah, la governance si avvicina al modello anglosassone perché il principio di compartecipazione ai profitti ed alle perdite (profit and loss sharing) su cui si basa il sistema finanziario islamico richiama concettualmente l’azionariato diffuso. 4.2. L’aspetto peculiare della corporate governance nelle aziende bancarie e nelle istituzioni finanziarie islamiche Il sistema finanziario islamico viene definito “forbidden – based” in quanto si sviluppa nel rispetto dei divieti posti dai testi sacri dell’Islam, Sacro Corano e Sunna del Profeta Muhammad, a tutti quegli elementi che incidono sul settore finanziario, primi tra tutti i divieti della riba, interesse, del gharar e del maysir, eccessiva incertezza e speculazione, e delle attività haram, illecite. Lo sviluppo del sistema finanziario islamico, nato nel 1963 con la fondazione della prima banca islamica in Egitto, ha conosciuto negli ultimi decenni un fortissimo sviluppo ed accanto al circuito bancario più tradizionale si sta sviluppando, specialmente nei Paesi del Golfo, anche un robusto sistema di mercato. Uno degli aspetti peculiari che caratterizzano banche, fondi di investimento, assicurazioni e in generale ogni istituzione finanziaria islamica è la presenza dello Shariah Supervisory Board che, sebbene alcuni testi definiscono niente più di un comitato etico, è la rappresentazione in termini finanziari moderni alla Shura, ossia all’incentivo ricondotto al Profeta Muhamamd al dialogo ed al confronto 146 Il primo sukuk fu lanciato nel 1996 dalla società malese nazionale dei mutui Cagamas Berhad per un valore di 50 milioni di dollari. 94 con cui la Comunità tutela la benevolenza di Allah e su cui si fonda il presupposto giuridico dell’ijimà (consenso dei dotti). Gli studi condotti da Zelizer 147 sul mercato dell’assicurazione sulla vita evidenziano come lo stesso, negli ultimi duecento anni di analisi, si sia sviluppato grazie al mutamento dei fenomeni sociali e culturali che hanno portato ad un’accettazione della vita come merce di scambio. Allo stesso modo l’intero sistema finanziario islamico si basa sul concetto di “legittimazione”: nel momento in cui la finanza islamica si è concretamente sviluppata, seppur inizialmente in maniera inefficiente e sub – ottimale rispetto alla finanza tradizionale, il settore della finanza convenzionale ha iniziato ad essere considerato illegittimo da parte dei fedeli di fede musulmana, che pur in passato erano ricorsi agli strumenti da essa offerti. Il ruolo dello Shariah Supervisory Board rappresenta l’essenza del sistema finanziario islamico in quanto ha il compito di assicurare l’integrità e la credibilità delle istituzioni che offrono servizi e prodotti finanziari Shariah– Compliant148. È compito dello Shariah Supervisory Board quello di garantire ai credenti musulmani la legittimità degli strumenti finanziari a cui decidono di ricorrere e questo aspetto, secondo la prospettiva della morale islamica, si traduce in ultima analisi con il compito morale degli esperti di guidare i credenti nella via verso la benevolenza di Allah. Il rapporto di legittimità è anche inverso in quanto i credenti musulmani si aspettano che i componenti dello Shariah Supervisory Board posseggano delle doti uniche di professionalità e morale islamica. Al fine di tutelare il ruolo che gli Shariah Supervisory Board assumono nel contesto finanziario islamico e alla luce dei conflitti di interesse che possono sorgere all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche sono state emanate delle norme nazionali e internazionali. Attualmente queste norme non risultino sufficienti per promuovere la finanza islamica nel suo obiettivo di sviluppo di un 147 V. A. Zelizer, “Vite economiche. Valore di mercato e valore della persona”, Il Mulino, Bologna, 2009 148 M. A. Nadwi, “Analyzing the role of Shariah Supervisory Board in Islamic Financial Institutions”, Working Paper Series, 1th February 2012 95 sistema finanziario Shariah – compliant che supporti lo sviluppo e il benessere dell’umanità, ossia della Ummah intesa nell’accezione più estesa. 4.2.1. Il ruolo dello Shariah Supervisory Board interno alle istituzioni finanziarie islamiche Lo Shariah Supervisory Board è un organo indipendente caratteristico delle istituzioni finanziarie islamiche che ha il compito di garantire che ogni prodotto e servizio offerto al mercato sia Shariah – compliant sia in riferimento alle caratteristiche del prodotto o servizio specifico, sia in relazione alla legittimità delle operazioni che hanno portato l’azienda nella possibilità di offrirlo alla clientela. Lo Shariah Supervisory Board ha il duplice ruolo di tutela della legittimità degli strumenti finanziari e di promozione della finanza islamica: il rapporto di interconnessione tra sviluppo teorico ed operativo dei prodotti caratterizzanti il sistema finanziario Shariah – compliant è evidente se si considera come alcuni degli studiosi più rinomati del panorama finanziario islamico compongono lo Shariah Supervisory Board di diverse banche islamiche. Lo Shariah Supervisory Board è costituito da studiosi esperti della materia economico – finanziaria e della Shariah che appartengono alle diverse scuole giuridiche sunnite e sciite presenti nel patrimonio culturale islamico. Questo aspetto, in linea con i valori della morale islamica, genera però problemi in termini di operatività in riferimento specialmente in termini di standardizzazione dei prodotti offerti dalle diverse istituzioni finanziarie islamiche in relazione al maggior o minor livello di conservatorismo che caratterizza le scuole a cui gli esperti appartengono. Non di meno i componenti dello Shariah Supervisory Board sono personaggi altamente specializzati e quindi in numero molto limitato: la loro presenza in più Board evidenzia il rischio di incorrere in un conflitto di interessi che dovrebbe essere limitato dalla loro indipendenza e, secondo la prospettiva islamica, dal valore morale che essi sanno essere riconosciuto al loro operato. 96 Siagh 149 propone una matrice che descrive le determinanti dell’ambiente intangibile ricorrendo a due dimensioni: il grado di influenza dello Stato e delle sue istituzioni e il grado di influenza della religione. Figura 4.2. Le diverse categorie dell’ambiente intangibile Fonte: L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone, ETAS, 2008 Lo studioso analizza il livello di religiosità della popolazione di Arabia Saudita, Iran, Bahrain e Turchia e propone una descrizione del livello di conservatorismo degli Shariah Supervisory Board. - Arabia Saudita e Iran: sono paesi dove l’ambiente intangibile è molto forte e dove Stato e religione si confondono. L’Arabia Saudita è un esempio emblematico perché è un luogo santo per l’Islam e la popolazione è conosciuta per la sua grande religiosità. In questi paesi la vendita di alcol è estremamente vietata, le donne non lavorano e le chiese non esistono. I comitati della Shariah Supervisori Board delle istituzioni finanziarie islamiche dell’Arabia Saudita e dell’Iran sono particolarmente severi e conservatori e il ruolo che gli studiosi ricoprono nella società è molto importante. In Arabia Saudita le banche islamiche consegnano periodicamente le relazioni alla Saudi Arabian Monetary Agency (SAMA) che ha la reputazione di essere estremamente severa. 149 L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone, ETAS, 2008 97 - Bahrain: è uno dei paesi più tolleranti della regione dove lo Stato interviene solo per questioni inerenti il comportamento religioso della popolazione. La vendita di alcol è libera, le donne possono lavorare, esistono chiese e il turismo è molto sviluppato, nonostante la popolazione, composta sia da musulmani sunniti che da musulmani sciiti, sia particolarmente religiosa. Gli ulema che compongono gli Shariah Supervisory Board del Bahrain si caratterizzano per una educazione laica accanto a quella religiosa, che tuttavia non contamina la loro conoscenza della Shariah , sebbene nel panorama islamico essi non siano riconosciuti importanti come gli studiosi dell’Arabia Saudita. La Bahrain Monetary Agency (BMA) è conosciuta per essere la banca centrale più proattiva in termini di regolamentazione delle banche islamiche e gioca un primo piano nella promozione dell’AAOIFI150 in termini di emanazione di norme contabili. - Turchia: si caratterizza per un ambiente intangibile debole. Nonostante storicamente si siano separati lo Stato dalla religione, arrivando a sostituire i caratteri arabi con quelli latini, la popolazione non è meno religiosa che in passato, ma gli ulema hanno perso la loro influenza. A conclusione di questa analisi Siagh mostra una tabella riassuntiva che permette di analizzare come distanza Stato – religione, religiosità della popolazione e intensità dell’ambiente intangibile determino caratteristiche diverse in termini di conservatorismo dello Shariah Supervisory Board, supervisione istituzionale e ruolo degli intellettuali religiosi. 150 Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions 98 Figura 4.3. Classificazione dei paesi secondo l’intensità delle componenti del loro ambiente intangibile Intensità dell'ambiente Religiosità della popolazione Intellettuali religiosi Supervisione istituzionale Conservatorismo del Comaitato della Shari'ah Distanza Stato - religione* Fattore d'intensità Grado ( forte - medio - debole) Arabia Saudita Debole Forte Forte Forte Forte Doc. Int. Forte Iran Debole Medio Forte Forte Forte Doc. Int. Forte Kuwait Debole Medio Medio Medio Forte Doc. Int. Medio Bahrain Medio Medio Forte Medio Forte Doc. Int. Medio Emirati Arabi Uniti Medio Medio Medio Forte Forte Doc. Int. Medio Malesia Forte Debole Medio Debole Medio Doc. Int. Debole Debole Debole Medio Turchia Forte Medio Doc. Int. Debole * Una breve distanza tra Stato e religione indicano che lo Stato e la religione sono confusi. Fonte: L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone, ETAS, 2008 4.2.2. Le caratteristiche dello Shariah Supervisory Board Ad eccezione dell’Iran151 ogni istituzione finanziaria islamica deve dotarsi di un comitato della Shariah interno il cui ruolo converge in attività che accertino ex – ante ed ex – poste che le attività svolte dall’istituzione siano Shariah – compliant. Queste attività riguardano: la certificazione della legittimità degli strumenti finanziari offerti dall’istituzione attraverso l’emanazione di pareri legali, fatwa, (controllo ex – ante), verifica della correttezza del processo decisionale (controllo ex – poste), calcolo dell’ammontare di zakat destinata a pagamento, disposizioni circa l’utilizzo di ricavi non Shariah – compliant 152 e definizione della distribuzione di ricavi e spese tra azionisti e terzi finanziatori. 151 W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054, November 2006 152 Secondo gli studiosi i ricavi da attività non Shariah – compliant devono essere identificati ed attraverso il cosiddetto “processo di purificazione” dedotti dai dividendi e dalle plusvalenze e donati in beneficienza. 99 La mancanza di standardizzazione che caratterizza i comitati della Shariah delle istituzioni finanziarie islamiche è data anche dal fatto che non tutti i paesi in cui operano queste istituzioni esistono delle norme nazionali che identifichino chiaramente i compiti dello Shariah Supervisory Board. Un aiuto al superamento del problema della mancanza di standardizzazione è il fatto che la maggior parte delle istituzioni rispettino gli standard contabili emanati dall’AAOIFI153, seppur questo non sia sufficiente ed il sistema finanziario islamico avanzando delle soluzioni, tra cui l’esistenza di Shariah Supervisory Board esterni alle istituzioni finanziarie. Figura 4.4. Regolamentazioni e Shariah Supervisory Board interni Country Bahrain SSB terms of reference a SSB SSB SSB decision appointment composition making a a unspecified and dismissal SSB Fit and Proper Criteria a DIFC* unspecified a a a a Indonesia unspecified unspecified a a a Jordan unspecified a a a a Kuwait unspecified unspecified a a a Lebanon unspecified unspecified a a a Malaysia unspecified unspecified unspecified a a Pakistan unspecified a a a a Philippines unspecified unspecified a a a Thailand unspecified a a a a U.A.E. unspecified unspecified a a a * Dubai International Financial Centre Source: Official Government websites and Central banks' Annual Repost Fonte: W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054, November 2006 In accordo con gli standard dell’AAIOFI le caratteristiche dello Shariah Supervisory Board interno alle istituzioni finanziarie islamiche sono le seguenti cinque: - Indipendenza dal management dell’istituzione finanziaria: i membri dello Shariah Supervisory Board vengono eletti dal Board of Director, che 153 Il rispetto degli standard dell’AAOIFI non è obbligatorio se non in pochi paesi, concentrati principalmente in Medio – Oriente. Il rispetto degli standard dell’AAOIFI è comunque subordinato al rispetto degli standard nazionali e, là dove essi esistano e dovessero entrare in conflitto con gli standard dell’AAOIFI, sono quelli nazionali a prevalere. 100 rappresenta gli azionisti. La loro indipendenza consiste anche nella retribuzione fissa che deve essere pubblica e che viene definita su proposta del management: in queste circostanze può sorgere un conflitto di interessi interno che spinga il management ad influenzare le decisioni degli studiosi. Questo conflitto di interessi, specifico del contesto finanziario islamico, è conosciuto con il termine di “fatwa shopping” e dovrebbe essere limitato dagli elevati standard etici dei membri dei comitati della Shariah e dalla consapevolezza, sia dei membri che dello stesso management, di quanto un comportamento contrario alla tutela della morale islamica inciderebbe sulla loro reputazione. I membri dello Shariah Supervisory Board hanno anche il potere di far dimettere il management emettendo pareri negativi sul suo operato. - Riservatezza: i membri dello Shariah Supervisory Board entrano in contatto con informazioni confidenziali e spesso fanno parte di più comitati. Questa situazione genera un conflitto di interessi che richiede di essere gestito con importanti doti di riservatezza. Per ridurre questo conflitto di interessi sarebbe auspicabile che i membri dello Shariah Supervisory Board non operassero all’interno di più istituzioni finanziarie islamiche: le doti richieste in termini di conoscenza della materia economico – finanziaria e della giurisprudenza commerciale islamica, Fiqh al – muamalat, oltre a una profonda conoscenza della Shariah, fanno però sì che siano presenti sul mercato solo un numero limitato di esperti che devono necessariamente operare all’interno dei comitati di più istituzioni finanziarie islamiche. - Competenza dei membri interni: data l’importanza del ruolo che gli studiosi rivestono nella tutela, nella promozione e nello sviluppo del sistema finanziario islamico, essi devono possedere delle doti uniche in termini di competenza. Accanto alla conoscenza della materia economica e commerciale appare chiaro come nel contesto islamico sia fondamentale anche una profonda conoscenza della Shariah e nella giurisprudenza commerciale islamica, Fiqh al – muamalat. Gli esperti che costituiscono i comitati della Shariah delle istituzioni finanziarie islamiche appartengono 101 ad una delle diverse scuole giuridiche presenti nel contesto islamico e questo genera seri limiti al sistema finanziario Shariah – compliant in termini di comunicazione e di mancanza di standardizzazione. - Fermezza di giudizio degli studiosi: il compito dei membri dello Shariah Supervisory Board è quello di garantire la tutela e di permettere lo sviluppo del sistema finanziario islamico interpretando i testi sacri alla luce delle necessità economiche e finanziarie moderne. La coerenza nelle loro scelte, ma anche la loro capacità di comunicare con studiosi appartenenti a scuole di pensiero diverse risulta fondamentale. - Divulgazione delle posizioni dei membri: le istituzioni finanziarie in generale e quelle islamiche in particolare dovrebbero essere trasparenti. Nel contesto islamico questa trasparenza dovrebbe necessariamente comprendere anche le posizioni assunte, il processo di valutativo e le fatwa emesse dai membri degli Shariah Supervisory Board. Ciò nonostante diversi studi hanno dimostrato che il livello di disclosure all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche è inadeguato154. In termini di indipendenza e riservatezza rimangono alcune lacune che possono essere colmate attraverso una regolamentazione specifica, nazionale o sovranazionale con lo scopo di identificare chiaramente i compiti e le responsabilità dei membri dei Comitati della Shariah e di vietare il loro intervento operativo al fine di ridurre il possibile insorgere di un conflitto di interessi. È necessario garantire l’indipendenza dello Shariah Supervisory Board, rafforzando gli strumenti di audit e controllo e garantendo agli studiosi una remunerazione fissa che sia indipendente dalle posizioni che assumeranno durante il processo decisionale allo scopo di ridurre il rischio del “fatwa shopping”. 154 Uno studio su 13 banche islamiche ha mostrato che solo 7 di esse rendevano l’annual report accessibile al pubblico e 7 banche non davano informazioni sul background e le competenze dei membri dello Shariah Supervisory Board. Di queste 13 solo due banche rendevano trasparenti e accessibili le informazioni circa le fatwa che avevano legittimato l’offerta dei servizi finanziari e solo 1 mostrava informazioni circa il processo decisionale degli studiosi. Fonte: W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054, November 2006 102 Pakistan, Tailandia e Malesia155 hanno emesso degli standard di governance, tra cui l’obbligo di remunerazione fissa dei membri dello Shariah Supervisory Board, che devono essere rispettati all’interno delle istituzioni finanziarie. Gli standard di governance dell’AAOIFI 156 sono generalmente accettati dalle istituzioni finanziarie islamiche che operano in paesi diversi. Secondo alcuni studiosi potrebbe essere utile introdurre l’obbligo di rotazione periodica degli Shariah Supervisory Board. Una parte degli studiosi islamici è contraria a questa soluzione perché, se è vero che da una parte consentirebbe di ridurre il rischio di conflitto di interessi, dall’altra renderebbe il processo decisionale ancora più lungo, aumenterebbe il problema della mancanza di standardizzazione nelle decisioni del Board e causerebbe l’insorgere del cosiddetto “rischio Shariah – compliant” che si verificherebbe nell’eventualità che il nuovo Shariah Supervisory Board giudicasse non legittimi strumenti finanziari approvati dal precedente Board e già offerti al mercato. Proprio alla luce di queste considerazioni alcuni studiosi avanzano una soluzione intermedia che consisterebbe nel’obbligo di rotazione periodico non dell’intero Board, ma dei suoi membri, attraverso un meccanismo a scaglie. Gli obblighi di riservatezza sono stati rafforzati dall’emanazione, da parte dell’AAOIFI, del “Code of Ethics for Accountants and Auditors of Islamic banks and Financial Intitutions”. Una delle principali cause della presenza di conflitto di interessi nelle istituzioni finanziarie islamiche è la presenza degli studiosi in più Shariah Supervisory Board dovuta alla mancanza di esperti competenti sia nella materia economico – finanziaria che nella legge commerciale islamica e nella Shariah. Il ruolo che svolge lo Shariah Supervisory Board è delicato perché se da una parte esso deve garantire il rispetto della morale islamica in termini economico – finanziari, dall’altra deve riuscire ad operare senza rallentare eccessivamente il processo decisionale e danneggiare l’operatività della stessa istituzione finanziaria. Una delle azioni che sono state intraprese all’interno delle stesse istituzioni finanziarie 155 Per il Pakistan si veda “Fit & proper criteria for appointment on Shariah advisors”, per la Tailandia “Advisory Council of the Islamic Bank of Thailand” e per la Malesia “Guidelines on the Governance of Shariah Committee for Islamic Financial Institutions”. 156 Gli standard di governance dell’AAOIFI si trovano in due regolamentazioni: “Governance standard on the definition, appointment, composition and report of SSBs” e “Codes of Ethics” 103 islamiche riguarda l’offerta di formazione e certificazioni, che dovrebbe anche essere implementata maggiormente a livello centrale ed universitario. Si riporta una dichiarazione rilasciata da Sheikh Yaqubi che evidenzia quanto la formazione degli stessi membri che oggi compongono gli Shariah Supervisory Board sia stata in passato importante e quanto gli sforzi di standardizzazione compiuti dalle Banche Centrali e dall’AAOIFI, sebbene non sufficienti, appaiano comunque evidenti: “Al principio dell’industria bancaria islamica, molti specialisti della Shariah non avevano familiarità con le tecniche bancarie e non sapevano l’inglese. I consigli della Shariah potevano avere punti di vista diversi per ciò che concerne la medesima transazione, presentata a diverse banche. Oggi le cose sono cambiate. I membri dei comitati della Shariah sono più competenti. Sono specialisti della Shariah che hanno, inoltre, studiato in Occidente. Costoro hanno dottorati in economia, finanza, diritto, ecc. Le università islamiche hanno formato dottori nelle differenti materie come il settore bancario, le lettere di credito, le garanzie, ecc. Inoltre per mezzo dell’AAOIFI gran parte del lavoro di standardizzazione è stato realizzato. Se esistono ancora differenze, esse sono minori. Ciascun membro di un comitato della Shariah ha il proprio modo di pensare. I membri appartengono a diverse scuole di pensiero religioso, ma ciò non ha un grande effetto sul lavoro. Allo stesso modo, se esistono diversità d’interpretazione, ciò può anche essere dovuto al ruolo in cui la direzione presenta la transazione al comitato della Shariah. Io penso che ora ci sia una grande uniformità grazie al lavoro compiuto dall’AAOIFI e dalla Banca Centrale del Bahrain (BMA). Nell’esercizio del suo ruolo di supervisione, la BMA chiede ai revisori di verificare che le banche rispettino gli standard dell’AAOIFI. In ogni modo, ciascuna banca ha le sue particolarità e all’interno del Fiqh vi sono differenze. Le differenze esisteranno sempre.”157 La trasparenza delle istituzioni finanziarie islamiche dovrebbe essere migliorata soprattutto considerando quanto il parere degli esperti dello Shariah Supervisory 157 W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054, November 2006 104 Board sia importante per rafforzare la fiducia degli investitori, soprattutto di fede musulmana, nei confronti di un sistema finanziario islamico che sia rispettoso dell’etica della Shariah. La seconda funzione degli Shariah Supervisory Board è quella di ricerca in materia economico – finanziaria. Accanto agli sforzi compiuti dai Board delle istituzioni finanziarie islamiche esistono importanti centri di ricerca, localizzati specialmente a Jeddah, Pakistan, e nei Paesi del Golfo, che hanno contribuito allo sviluppo del sistema finanziario islamico. Figura 4.5. Il contesto in cui opera lo Shariah Suopervisory Board all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche Fonte: “Shariah Governance Framework for Islamic Financial Institutions” Bank Negara Malaysia, Central Bank of Malaysia, 26th October 2010 4.2.3. Il ruolo degli Shariah Supervisory Board esterni alle istituzioni finanziarie islamiche Accanto agli Shariah Supervisory Board interni alle istituzioni finanziarie islamiche, sta nascendo l’esigenza di fondare degli Shariah Supervisory Board centralizzati che possano limitare il problema della mancanza di standardizzazione 105 delle posizioni assunte dagli studiosi e limitare il possibile insorgere di un conflitto di interessi tra gli studiosi e il management. I Comitati della Shariah centralizzati hanno il compito di monitoraggio ex – ante in termini di interpretazione delle disposizioni della Shariah, di monitoraggio ex – poste in termini di rispetto delle procedure valutative nel processo decisionale e di arbitraggio in caso di disputa tra i membri degli Shariah Supervisory Board. Accanto allo sviluppo di Comitati della Shariah centralizzati diversi studiosi ritengono che si dovrebbero sviluppare anche delle agenzia di rating Shariah – compliant con il compito di contribuire al monitoraggio della corporate governance interna alle istituzioni finanziarie islamiche: lo sviluppo di agenzie di rating atte a supervisionare l’operato degli Shariah Supervisory Board è però limitato dai pochi incentivi economici nell’intraprendere questo tipo di specializzazione e dalle lacune di competenza in materia. A parte paesi come la Malesia, il Pakistan e il Kuwait, che hanno fatto importanti passi avanti in tal senso, lo sviluppo di organi di supervisione degli Shariah Supervisory Board esterni alle istituzioni finanziarie islamiche non è diffuso. Un contributo importante alla supervisione dell’adeguatezza del processo decisionale degli Shariah Supervisory Board può essere dato dallo sviluppo degli indici di mercato Shariah – compliant che valutano, attraversi opportuni criteri di valutazione sia qualitativi che quantitativi, il livello di Shariah – compliance delle imprese e delle istituzioni finanziarie islamiche. La maggior parte degli studiosi islamici concorda con il fatto che gli organi di auditing esterni ed interni alle istituzioni finanziarie islamiche dovrebbero coesistere ed operare in maniera complementare, sebbene non necessariamente prevedano l’istituzione di un vero e proprio Shariah Supervisory Board a livello centrale. In tal senso il monitoraggio ex – ante rimarrebbe una funzione peculiare degli Shariah Supervisory Board, mentre la complementarità si eserciterebbe in termini di monitoraggio ex – poste: i comitati di audit interni dovrebbero continuare la loro attività di controllo, mentre i comitati di audit interni dovrebbero poter indipendentemente esprimere opinioni favorevoli o contrarie circa il livello di Shariah – compliance all’interno dell’istituzione finanziaria. 106 Secondo altri studiosi sarebbe necessario considerare anche come la finanza islamica si sta sviluppando a livello globale e quindi cercare di implementare un sistema di standardizzazione internazionale delle fatwa emesse dagli Shariah Supervisory Board: questa posizione ha però ricevuto molte critiche da parte degli studiosi stessi che manifestano il proprio desiderio di indipendenza Figura 4.6. Istituzioni di corporate governance Shariah – compliant esterni alle istituzioni finanziarie islamiche per paese Country Centralized SSB or High Shariah Autority or Fatrwa Board Islamic Rating Agency Jordan No No Malaysia a a Bahrain* No No Kuwait No a Pakistan No a U.A.E. No a Indonesia No a * Bahrain is the seat of the IIFM and the IIRA that respectively set stadards for Islamic Jurisprudence and rate Islamic instruments on an international scale Fonte: W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054, November 2006 A conclusione è possibile affermare che la corporate governance delle istituzioni finanziarie islamiche presenta delle caratteristiche particolari che richiedono una profonda conoscenza della materia economico – finanziaria, della Shariah e della giurisprudenza islamica, Fiqh al – muamalat: la diffusione della conoscenza di questi aspetti dovrebbe nel tempo migliorare il processo decisionale dei Comitati della Shariah, permettendo all’istituzione finanziaria islamica di aumentare il proprio livello di competitività, e dall’altra ridurre il conflitto di interessi tra membri dello Shariah Supervisory Board e management in quanto aumenterebbe il numero di esperti presenti sul mercato, diminuendo la necessità che uno stesso studioso operi all’interno di Board diversi, e permetterebbe lo sviluppo di competenze richieste per un’adeguata attività di auditing esterno. 107 Figura 4.7. Comparazione tra le attività di monitoraggio interne ed esterne alle organizzazioni finanziarie islamiche Internal Shariah Review Unit Provides Exhaustive internal review, and train employee on Shariah related matters. It responds to managerial concerns over upholding Shariah conformance of all transactions Assess compliance of all transactions with the fatwas issued by the SSB. To thi effect, it creates systems of control and assessment External Shariah auditing firm Primarly provides an indipendent certification as to reasonableness of financial information provided to shareholders and stakeholders. In respond to regulator's Focus and stakeholders' desire for an indipendent appraisal of Shariah companies. Assess the information provided by the managers and presents statement according to relevant Shariah accounting standard. In uses samples of transactions to Activities evaluate truthfulness of compliance and expresses an opinion on financial statements Reports to management administratively. Primarily reports to the audit committee on financials and Builds relationships troughout the organization internal control Management to ensure concerns are identified and resolved in a timely manner Reports directly to the audit committee. Attests to the audit committee the accuracy of the financial Provides opinions on the organization's reports and attests on management's assesment on internal Board of Directors business risks, financial statements, system of controls over financial reporting. Provides updates on Audit Committee internal control, and level of compliance with pending accounting pronuncements and their potential laws, regulations and policies impact on the organization Should demostrate organizational It is organizationally and managerially indipendent of the indipendence and obiectivity in work organization approach, but is not indipendent of the Indipendence organization. (Is indipendent of the activity audited, but integral to the organization) Identifies problems, make recommendations, Meets statuatory requirements and provides necessary Result and helps facilitate resolutions adjustment to meet financial accuracy Identifies and qualifies key business risks to Identifies key transactions and exposures for financial estimate probability of occurrence and impact statements on business, Makes appropriate Risk reccomendations as a result of the risk assessment Includes fraud detection steps in audit Includes fraud detection steps in audit plan. Gathers programs. Investigates the allegations of fraud. information necessary to identify risks of material Reviews fraud prevention controls and misstatement due to fraud, by inquiring of management Fraud detection processes put in place by and others within the entity about the risks of fraud. management and makes reccomendation for Considers the result of the analytical procedures performed improvement in planning the audit and the fraud risk factors Communicates to management in the audit Communicates reccomendations for corrective actions Reccomandation reports reccomendations for corrective actions Fonte: W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054, November 2006 108 5. GLI STRUMENTI CARATTERISTICI DEL SISTEMA BANCARIO ISLAMICO Il primo tentativo di banca Shariah – compliant si riscontra in Egitto nel 1963 con la costituzione della Cassa di Risparmio di Mit Ghamr fondata dall’economista egiziano Ahmad al – Najjar sul modello delle banche cooperative europee. In essa risparmiatori e prenditori di fondi erano soci dell’istituto e ne condividevano i risultati, mentre uno Shariah Supervisory Board vigilava sull’operato della banca. Il tentativo di Najjar ebbe vita breve e si concluse nel 1968 per imposizione del governo nazional – socialista egiziano. La finanza islamica ebbe poi un periodo di stasi durato dieci anni e terminato con la fondazione nel 1975 dell’Islamic Development Bank con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo socio economico dei paesi a maggioranza musulmana in accordo con i principi della Shariah. Nello stesso anno venne fondata begli Emirati Arabi Uniti la prima banca islamica, la Dubai Islamic Bank, e nel 1979 il Pakistan fu il primo paese a decretare l’islamizzazione di tutto il sistema finanziario, seguito dal Sudan e dall’Iran. Da allora la finanza islamica ha continuato a svilupparsi non soltanto in termini di volumi, ma anche in termini di efficienza e completezza di mercato. Accanto all’originale sistema bancario si è sviluppato negli ultimi anni anche un vivace sistema di mercato caratterizzato specialmente per lo strumento dei sukuk, alternativa alle obbligazioni tradizionali. Oggi, nonostante le controversie derivanti dai divieti della riba, del gharar e del maysir, gli studiosi stanno sviluppando anche delle alternative islamiche ai derivati con l’obiettivo di permettere alle imprese di tutelarsi dal rischio limitando la possibilità di utilizzo degli strumenti a fini speculativi. Nel presente capitolo si esporranno le caratteristiche del circuito bancario islamico e l’offerta di strumenti a disposizione delle aziende Shariah – compliant. 109 5.1.1. Il ruolo del manager finanziario Tra i compiti attribuiti alla finanza aziendale c’è quello di studiare le modalità attraverso cui le imprese si finanziano 158 . Le scelte in termini di struttura finanziaria sono fondamentali ed incidono direttamente sulla sostenibilità a lungo termine dell’impresa: il compito del manager finanziario assume sempre più una funzione strategica essendo quello di selezionare il mix ottimale di fonti finanziarie orientandosi al principio di creazione di valore nel lungo periodo, rispondendo alle necessità di capitale circolante159 e gestendo in maniera ottimale i rischi che si generano attraverso la gestione di impresa. Per poter raggiungere i propri obiettivi di sviluppo l’impresa necessita di un’adeguata struttura finanziaria in quanto esiste una forte correlazione tra costo del capitale e creazione di valore. La scelta del manager finanziario deve orientarsi verso quel mix di prodotti finanziari che da una parte abbattano il costo del capitale e dall’altra presentino le caratteristiche qualitative e quantitative più adatte ai fabbisogni finanziari che si cerca di soddisfare. La durata delle fonti di finanziamento deve essere il più possibile coerente con quella dei fabbisogni finanziari dell'impresa ed è necessario che il manager finanziario analizzi congiuntamente la composizione di fonti e di impieghi: conoscere in anticipo le necessità finanziare a cui andrà incontro l’impresa sia nel breve che nel lungo periodo è importante perché permette di pianificare la raccolta delle fonti di finanziamento sulla base della tipologia delle necessità finanziarie previste abbassando il costo del capitale. In un’azienda islamica il ruolo del manager finanziario è particolarmente delicato. Egli deve rispettare l’orientamento di creazione di valore a lungo termine, selezionando il mix ottimale di fonti di finanziamento, rispondendo anche a fabbisogni correnti, ma deve anche agire da buon manager musulmano: questo significa che l’obiettivo di creazione di valore, seppur considerato legittimo e 158 L. Zingales, “In search of new foundations”, The Journal of Finance, n. 55/4, august 2000, pp. 1623-1653. 159 Il capitale circolante inteso in senso finanziario considera gli elementi che producono entrate o uscite entro dodici mesi di arco temporale, mentre inteso in senso stretto considera le disponibilità liquide e gli investimenti finanziari necessari per svolgere l'attività caratteristica dell’impresa. 110 perseguibile, deve anche rispondere alle necessità di rispetto della Shariah non soltanto per quel che riguarda la scelta degli investimenti, che devono essere halal, ma anche in riferimento alla selezione degli strumenti finanziari e le modalità attraverso i quali l’impresa islamica decide di raggiungere i propri obiettivi. Lo sviluppo di strumenti bancari e di mercato islamici è fondamentale per permettere al manager finanziario di un’impresa islamica che offre prodotti o servizi non finanziari di perseguire l’obiettivo di creazione di valore rispettando la legge della Shariah. Il manager finanziario islamico deve rispettare alcuni limiti specifici: - Selezionare investimenti ritenuti legittimi, halal, e scartare quelli ritenuti illegittimi, haram, sebbene possano essere più profittevoli; - Rispettare i limiti imposti dalla legge della Shariah all’indebitamento; - Rispettare i limiti imposti dalla legge della Shariah alle partecipazioni in società terze caratterizzate da struttura finanziaria non legittima; - Perseguire gli obiettivi di sviluppo e creazione di valore rispettando la comunità islamica, Ummah; - Utilizzare gli strumenti finanziari ritenuti legittimi offerti dal sistema finanziario islamico, strumenti che evitano l’insorgere della riba, del gharar e del maysir.160 5.1.1. Gli strumenti finanziari tradizionali a disposizione delle imprese Si richiamano brevemente le caratteristiche dei principali strumenti finanziari tradizionali a disposizione delle imprese allo scopo di permettere un più chiaro confronto con le caratteristiche degli strumenti Shariah – compliant e comprendere a quali esigenze l’ingegneria finanziaria islamica vuole rispondere. 160 In alcuni Paesi islamici convivono strumenti Shariah - compliant e strumenti occidentali. 111 La finanza tr2adizionale identifica due macrocategorie di fonti di finanziamento: il capitale di debito ed il capitale di rischio. Il capitale di rischio può derivare dal finanziamento interno dell’impresa, cosiddetto autofinanziamento, o da fonti esterne dell’impresa stessa. L’autofinanziamento viene definito in senso stretto come reinvestimento degli utili prodotti e non distribuiti, mentre in senso ampio considera anche gli accantonamenti effettuati: esprime la capacità dell’impresa di provvedere autonomamente alla copertura, totale o parziale, del proprio fabbisogno finanziario, evitando o quanto meno contenendo la necessità di ricorrere a fonti esterne. L’autofinanziamento comprende anche operazioni di asset based financing che si basano su specifiche poste dell’attivo determinando un ridimensionamento del bilancio aziendale. Una delle principali tecniche di asset based financing è quella della securization, tecnica finanziaria che consente di smobilizzare classi di attivo trasformando poste di bilancio illiquide in valori mobiliari negoziabili sul mercato dei capitali. Il capitale di rischio esterno all’impresa per eccellenza è caratterizzato dai titoli azionari. L’azione rappresenta la quota di partecipazione dei soci nella società per azioni161. La titolarità di azioni ordinarie conferisce determinati diritti a fronte dell’assunzione del rischio di impresa, che possono essere classificati in diritti patrimoniali, diritti amministrativi a altri diritti162. 161 In termini generali un’azione si caratterizza per: - l’omogeneità, in quanto risulta dal frazionamento del capitale sociale sottoscritto in parti di identico ammontare, secondo un criterio astratto-matematico; - la standardizzazione, dal momento che ciascuna di esse attribuisce identici diritti nella società e verso la società; - l’indivisibilità, poiché non è separabile l’aspetto patrimoniale (costituisce l’unità minima di partecipazione al capitale) dall’aspetto societario (complesso di diritti e poteri sociali collegati); - l’autonomia, in quanto ogni azione è partecipazione distinta ed autonoma rispetto alle altre ed ogni socio è pertanto titolare di tante quote di partecipazione quante sono le azioni sottoscritte; - la libera trasferibilità in forma cartolare, cioè attraverso documenti assoggettati alla disciplina dei titoli di credito. 162 Tra i diritti patrimoniali vanno menzionati il diritto agli utili ed il diritto alla quota di liquidazione: la decisione di distribuzione degli utili spetta all’Assemblea ed è subordinata al conseguimento di un risultato positivo dell’attività di impresa, mentre il diritto di liquidazione prevede che, una volta pagati i creditori, gli azionisti abbiano diritto ad una parte proporzionale del patrimonio netto rimanente sulla base del numero e secondo la priorità garantita dalla tipologia di azioni possedute. Tra i diritti amministrativi i più importanti sono il diritto di partecipazione 112 Le Società per Azioni possono emettere titoli diversi dalle azioni ordinarie quali le azioni privilegiate, le azioni di risparmio, le azioni di godimento e le azioni a favore dei prestatori di lavoro.163 I titolari di azioni speciali possono riunirsi in loro assemblee per la tutela dei propri diritti. Gli strumenti di debito a disposizione delle imprese si distinguono tra strumenti bancari e strumenti di mercato. Gli strumenti bancari a disposizione delle imprese ricoprono una vasta gamma di necessità e possono distinguersi tra strumenti bancari a medio – lungo termine e strumenti bancari a breve termine. 164 Le obbligazioni sono strumenti di debito emessi dalle società con lo scopo di reperire fondi a medio – lungo termine. A differenza degli azionisti gli obbligazionisti hanno diritto ad un interesse fisso annuale indipendentemente dal risultato positivo o meno dell'esercizio e devono comunque essere rimborsati a scadenza configurandosi come creditori. Esistono diverse tipologie di obbligazioni come le obbligazioni cosiddette “bull & bear”, le obbligazioni strutturate, le obbligazioni indicizzate e le obbligazioni in valuta.165 all’Assemblea ed il diritto di voto. Tra gli altri diritti che garantisce la qualifica di azionista i principali sono: il diritto di recesso, che consente ai soci che dissentono da determinate delibere di recedere dalla società ottenendo il rimborso delle proprie azioni; il diritto all’assegnazione delle azioni che gli azionisti esercitano in caso di aumento gratuito di capitale sociale in modo da mantenere immutata la quota di partecipazione al capitale dell’impresa e il diritto di opzione che consente di acquistare entro un certo termine le azioni di nuova emissione prima che vengano offerte a soggetti terzi. 163 Nelle azioni privilegiate viene riconosciuto al possessore un diritto di priorità nella distribuzione degli utili e nel rimborso della quota di liquidazione a fronte di una limitazione del diritto di partecipazione e di voto alle sole assemblee straordinarie. Le azioni di risparmio garantiscono un aumento dei diritti patrimoniali a fronte di una limitazione di quelli amministrativi che consiste nella non possibilità di partecipazione e di voto alle assemblee sia ordinarie che straordinarie. Hanno diritto ad un dividendo annuale minimo, pari al 5% del valore nominale delle azioni possedute e diritto di prelazione in caso di liquidazione. Le azioni di godimento vengono assegnate come rimborso all'ex azionista nel caso in cui le sue azioni siano state annullate per via di una riduzione del capitale sociale per esuberanza. Esse attribuiscono un diritto di partecipazione agli utili futuri ma non rappresentano una quota di capitale sociale e sono postergate rispetto alle altre categorie di soci a fronte della rinuncia al diritto di voto nelle assemblee sia ordinarie che straordinarie. 164 I principali strumenti bancari tradizionali a disposizione delle imprese per esigenze di medio – lungo termine sono il mutuo, l’apertura di linee di credito e il leasing. I principali strumenti bancari tradizionali a disposizione delle imprese per esigenze di breve periodo sono il fido bancario, l’apertura di credito in conto corrente, il prestito a brevissima scadenza detto “hot money”, l’accettazione bancaria, le commercial paper, la cambiale finanziaria, il certificato di investimento, le operazioni di prestito titoli, il factoring, i finanziamenti per l’import – export e gli strumenti di commercial financing quali lo sconto cambiario, l’addebito in portafoglio salvo buon fine, l’anticipo su fatture e il forfaiting. 165 Le obbligazioni bull & bear possono comprendere una componente speculativa il cui rimborso è collegato ad un indice che generalmente rispecchia l'andamento del mercato borsistico. Nelle obbligazioni strutturate il rendimento si distingue in due componenti: una parte garantita ed una 113 Affianco agli strumenti di debito e di equity si sono sviluppati negli ultimi decenni anche i cosiddetti strumenti ibridi, ossia strumenti che incorporano caratteristiche sia del debito che dell’equity e che presentano un elevato grado di flessibilità. I principali strumenti ibridi a disposizione delle imprese sono le obbligazioni convertibili, le azioni privilegiate e preferenziali e le obbligazioni con opzioni.166 Figura 5.1 Le forme di finanziamento a disposizione delle imprese Fonte: G. Forestieri, “Corporate & investment banking”, II edizione, Egea, Milano, 2007 parte indicizzata e possono avere strutture anche molto complesse. Nelle obbligazioni indicizzate si ancora il rendimento del titolo all'andamento di un indice prescelto. Le obbligazioni in valuta permettono all'obbligazionista di beneficiare del positivo andamento del tasso di cambio: a scadenza potrà scegliere il rimborso in una delle due valute predeterminate. 166 Le obbligazioni convertibili offrono al sottoscrittore la scelta tra rimanere creditore della società emittente mantenendo lo status di obbligazionista o di convertire, entro predeterminati lassi di tempo ed in base a rapporti di cambio prefissati, le obbligazioni in azioni della società emittente o altra società assumendo lo status di azionista. Le obbligazioni convertibili sono caratterizzate da tre elementi: metodo di conversione, rapporto di conversione e periodo di conversione. Le azioni privilegiate aggiungono diritti patrimoniali (privilegio nella distribuzione degli utili ed in caso di scioglimento della società) in cambio di una limitazione di diritti amministrativi (diritto di voto nelle assemblee ordinarie). Le azioni preferenziali sono azioni privilegiate, ma non viene limitato il diritto di voto nei confronti dei possessori. Le obbligazioni con opzioni rappresentano una combinazione tra diversi strumenti finanziari: in questo caso nata dall'esigenza di legare l'andamento dei flussi di cassa del finanziamento con quelli generati dall'attività caratteristica. Le obbligazioni con opzioni concorrono a ridurre il rischio di insolvenza in caso di una diminuzione di prezzo della materia prima. 114 5.2. I principi operativi alla base del sistema bancario Shariah – compliant Prima di analizzare nel dettaglio i vari strumenti offerti dal sistema finanziario è importante andare ad analizzare la particolarità della prospettiva islamica in riferimento al principio del profit and loss sharing e alla prospettiva del valore del denaro nel tempo. 5.2.1. Il concetto di profit and loss sharing Il profit and loss sharing è uno dei princìpi cardini della finanza islamica ed è stato elaborato dagli economisti e dai giuristi musulmani con l’obiettivo di rispondere all’esigenza di garantire un equo rapporto rischio – rendimento evitando di incorrere nella pratica della riba. Il profit and loss sharing si basa sul fatto che nel pensiero islamico il profitto deve essere “ragionevole”, ma mai assimilabile al lusso, e quindi derivante dall’attività lavorativa che comporta l’insorgere del rischio imprenditoriale: nella cultura islamica il lavoro è promosso, mentre l’ozio viene condannato. I lavori devono essere considerati leciti e devono apportare un contributo all’intera comunità. Secondo questa prospettiva la pratica dell’interesse è illegittima in quanto comporta il guadagno del creditore dovuto al semplice scorrere del tempo e non all’assunzione di un rischio. Il principio del profit and loss sharing rende ragionevolmente legittimo il profitto quando profitti e perdite vengono ripartiti dai soci ed il profitto è sempre il risultato di un’attività lavorativa e quindi dell’assunzione di un rischio. Il concetto del profit and loss sharing è presente sia a livello di forme organizzative che di singoli contratti. 115 5.2.2. Il concetto di valore del denaro nel tempo secondo la prospettiva islamica Per comprendere come l’ingegneria finanziaria islamica agisca già da tempo allo scopo di sviluppare strumenti finanziari legittimi che permettano di rispondere alle esigenze delle imprese, delle famiglie e dei privati è necessario comprendere quale sia la posizione della Shariah in relazione al concetto di valore del denaro nel tempo. Il concetto di valore di denaro nel tempo è uno dei cardini della finanza tradizionale ed è alla base delle decisioni di investimento e finanziamento di un’impresa: i flussi di cassa che si verificano in differenti periodi di tempo non sono comparabili ed è quindi necessario effettuare un aggiustamento attraverso le leggi di attualizzazione e capitalizzazione, che si basano sulla determinazione di un saggio. Il concetto di valore di denaro nel tempo inteso in senso tradizionale fa coincidere il profitto con il tasso di interesse derivante da un investimento: la finanza islamica, tuttavia, rigetta la pratica della riba167 ed è quindi necessario analizzarne la prospettive. La Shariah legittima il concetto di valore di denaro nel tempo ed il differimento di prezzo in caso di transazione commerciale, mentre disapprova il compenso che si genera in relazione al solo scorrere del tempo, situazione che si presenta nel contesto dell’indebitamento. Questa posizione deriva dal fatto che, a differenza di un bene, il denaro non presenta un valore intrinseco e deve essere utilizzato come strumento di misura del valore al fine di soddisfare i bisogni degli individui attraverso lo scambio di beni e prestazioni: questo è il principio che permette di classificare ciò che viene inteso come riba, inaccettabile, e ciò che viene inteso come legittimo mark-up. Analiticamente parlando le equazioni di attualizzazione e capitalizzazione possono essere giudicate legittime nel momento in cui al concetto di tasso di 167 “Tutti i contratti che incorporano interesse sono da considerarsi riba” Il Corano, 2:274 www.ilcorano.it 116 capitalizzazione e sconto, direttamente proporzionali al tempo, viene sostituito quello di un tasso di profitto derivante da un’attività lecita, halal. La finanza islamica ha sviluppato i primi strumenti finanziari sul principio del profit and loss sharing ed ha poi espanso il ventaglio di offerta ricorrendo al concetto di legittimo mark – up al fine di poter soddisfare le necessità delle imprese anche in termini di finanziamento del capitale circolante e di differimento temporale tra il momento di acquisto e il momento di soddisfacimento dei bisogni senza incorrere nel divieto della riba. Sebbene sugli strumenti non profit and loss sharing esista un dibattito che vede contrapposte le posizioni delle diverse scuole giuridiche, alcune delle quali sostengono che la differenza tra riba e mark – up sia così labile da metterne in dubbio la legittimità, questi strumenti sono molto utilizzati all’interno del contesto islamico per finanziare i bisogni di liquidità tanto di famiglie e privati che di imprese. L’obiettivo del sistema finanziario islamico è quello di garantire un adeguato sviluppo della società in linea con necessità economiche ed etiche: per questo motivo la continua innovazione deriva dalla volontà di trovare delle soluzioni per tutelare gli aspetti positivi del sistema finanziario tradizionale, senza incorrere in elementi considerati illegittimi, haram. Sulla base di quanto suddetto si può sostenere che il sistema finanziario islamico non rigetta a priori il capitalismo, ma la funzione che il denaro può assumere all’interno dello stesso. Il sistema finanziario islamico accetta i circuiti finanziari del tipo “merci – merci” e “denaro – merci – denaro”, mentre il circuito “denaro – denaro” sviluppatosi a partire dagli anni Ottanta. I primi circuiti vengono accettati in quanto il denaro si trasforma in una quantità maggiore di denaro solo applicando la fatica e l’intelligenza umana per trasformare le merci o per offrire servizi creando nel contempo ricchezza reale di cui può godere l’intera collettività, mentre il terzo viene rigettato in quanto il profitto si genera soltanto in relazione allo scorrere del tempo. Appare in questo modo evidente come per il sistema finanziario islamico il 117 profitto sia strettamente legato ai beni reali 168 ed all’attività lavorativa ed intellettuale dell’essere umano. Il cambiamento di prospettiva rispetto al concetto di valore di denaro nel tempo comporta delle importanti implicazioni nell’operatività dell’impresa islamica: - Limiti alle imprese che offrono servizi finanziari in riferimento alle tipologie di strumenti che possono offrire ai clienti; - Limiti alle imprese che offrono sia servizi finanziari che non finanziari in riferimento agli strumenti che possono utilizzare per finanziare la propria attività; - Limiti alle imprese che offrono servizi sia finanziari che non finanziari in riferimento alle scelte di struttura finanziaria e alla composizione tra capitale di equity e capitale di debito. 5.3. Gli strumenti di equity del circuito bancario islamico All’interno del panorama del sistema finanziario islamico le banche detengono una posizione particolarmente importante che è stata oggetto di studi ed innovazioni sia da parte degli esperti della legge che degli economisti islamici. Questi studi, seguiti da norme e discipline a cui le banche devono adeguarsi, hanno contribuito a definire il ruolo delle banche nel panorama islamico particolarmente in relazione all’aspetto della corporate governance e contribuendo all’innovazione finanziaria attraverso la definizione di strumenti che da una parte possano rispondere alle necessità di finanziamento di imprese e privati e che dall’altra siano Shariah – compliant in modo da rendere concretamente possibile ad un impresa di operare, anche sotto l’aspetto degli strumenti finanziari, in conformità con l’etica islamica. 168 Nei primi anni della crisi il sistema finanziario islamico si è caratterizzato per un elevato livello di solidità in quanto non aveva sfruttato il circuito “denaro-denaro” per produrre ricchezza attraverso strumenti innovativi di finanza, quali prima di tutto la cartolarizzazione. Ha invece risentito della crisi solo successivamente, cioè quando essa ha colpito l’economia reale al quale il sistema è strettamente ancorato. 118 Gli strumenti finanziari offerti dal circuito bancario islamico possono distinguersi in strumenti di capitale e strumenti di debito: in generale le banche islamiche offrono strumenti finanziari a medio lungo termine partecipando all’equity ed a differenza delle banche occidentali tendono a non offrire investimenti in common stocks. I principali strumenti di capitale offerti dalle banche islamiche si basano sul principio del profit and loss and sharing risultando concettualmente simili ai modelli organizzativi precedentemente analizzati. 5.3.1 Trustee Partnership (mudarabah) Secondo la giurisprudenza islamica lo strumento del mudarabah prevede che vengono coinvolte almeno due parti. L’investitore, rabb al-mal, affida dei fondi all’agent –manager, mubarid, che è incaricato di gestire la somma di denaro ed in investirla secondo gli accordi. La parte mubarid è responsabile della gestione del business e provvede alle esigenze professionali, manageriali e tecniche richieste dal mandato. All’interno del circuito bancario la banca islamica rappresenta il soggetto rabb almal e concede il capitale richiesto dal cliente, che si configura come il soggetto mudarib. Il cliente è responsabile delle scelte manageriali relative all’investimento e deve apportare le risorse necessarie in termini manageriali, professionali ed operativi. Cliente e banca si spartiscono i profitti generati dall’investimento secondo un predeterminato rapporto, mentre le eventuali perdite ricadono sul soggetto rabb al-man, quindi sulla banca, ma senza eccedere l’ammontare del capitale investito in quanto, non partecipando alla gestione manageriale del progetto, non può incorrere in perdite derivanti dai rischi creati dall’agire del mudarib. Per quel che concerne la componente manageriale, in accordo con la giurisprudenza islamica, il mudarib, non avendo investito denaro, non può incorrere in perdite finanziarie, ma solamente a perdite in termini di tempo, sforzi e reputazione. 119 Il contratto di partnership può svilupparsi come un mudarabahh ristretto, mudarabahh al-muqayyada, se l’investimento viene attuato verso uno specifico business o come un mudarabahh non ristretto, mudarabahh al-mutlaqa, se l’investimento può essere indirizzato verso qualsiasi tipo di business purché Shariah – compliant. I contratti di mudarabahh vengono utilizzati principalmente per finanziare investimenti infrastrutturali e nel settore del real estate. Box 1. Esempio di mudarabahh Un abitante degli Emirati Arabi Uniti versa 1.000.000 dirham (circa 210.000 euro) presso una banca islamica sulla base di un contratto di mudarabahh vincolato. Questo significa che la banca potrà utilizzare tali soldi solo per un determinato progetto specificato nel contratto. Il conto di investimento è della durata di due anni e la ripartizione dei profitti è stabilita in modo che il 60% spetti al depositante e il 40% alla banca. A fronte dei depositi vengono emessi dei certificati. In base a tale contratto di deposito la banca è nelle vesti di mudarib mentre il depositante di rabb al-mal. La banca islamica potrà investire tali soldi nel progetto specificato attraverso un ulteriore contratto di mudarabahh: il mudarib mette le conoscenze nel gestire il progetto, la banca il capitale. L’impresa è responsabile della gestione giornaliera del progetto e riceverà una commissione per coprire le spese di gestione che verrà dedotta dai profitti del progetto. Ipotizziamo che questo secondo contratto di mudarabahh ripartisca in modo uguale la partecipazione agli utili. Dopo due anni il progetto è venduto a 1.200.000 dirham: il profitto di 200.000 dirham viene ripartito tra la banca (100.000 dirham) e il mudarib (100.000 dirham). I 100.000 dirham incassati dalla banca dovranno poi essere ripartiti tra la banca (40.000 dirham) e il depositante (60.000 dirham). Qualora il progetto venisse venduto a 800.000 dirham con una perdita di 200.000 dirham, tale perdita verrebbe trasferita direttamente in capo al depositante che vedrebbe ridotto il capitale inizialmente allocato. Fonte: R. Hamauri, M. Mauri, “Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il mondo del profeta”, Il Mulino, 2009 120 Figura 5.2. Il contratto di mudarabahh Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012 5.3.2. Joint Venture (musharaka) Il contratto del musharaka169 si basa sul principio del profit and loss sharing. Attraverso il musharaka la banca e il cliente si accordano per contribuire entrambi alla realizzazione del progetto apportando un ammontare di capitale e gestendo l’attività secondo modalità predeterminate. I profitti derivanti dall’investimento vengono spartiti secondo un rapporto predefinito, che non necessariamente rispecchia l’ammontare di capitale versato: il rapporto considerato per la spartizione delle perdite, invece, deve strettamente rispecchiare la proporzione del capitale investito. Il contratto di musharaka viene sovente utilizzato per finanziare investimenti nel settore industriale, oppure attraverso la lettera di credito islamica: nonostante la lettera di credito venga più spesso strutturata come un’operazione di debito, attraverso il contratto murabaha, il cliente può presentare la lettera di credito e dare alla banca dei beni in deposito per richiedere un finanziamento in equity di tipo musharaka. 169 Il termine musharaka deriva dalla parola shirkah che significa partnership. 121 Figura 5.3. Il contratto musharaka Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012 Box 2. Esempio di musharaka Un’impresa manifatturiera del Qatar intende ampliare i propri impianti produttivi. Una banca islamica ha in bilancio dei terreni inutilizzati. Dopo una serie di incontri in cui l’impresa mostra i nuovi obiettivi di produzione e di profitto le due parti decidono di dar vita ad una partnership concludendo un contratto di musharaka in cui la banca islamica conferisce il terreno ed una parte di denaro per la realizzazione degli impianti (per un valore complessivo di 5.000.000 ryal, pari a circa 1.000.000 di euro) mentre la società conferisce 2.500.000 ryal (pari a circa 500.000 euro). Viene inoltre stabilito che la partecipazione agli utili per l’impresa è del 60% mentre per la banca del 40%. Il primo anno che l’impianto è a regime il contributo agli utili dell’impresa ammonta a 250.000 ryal. La parte di profitti di competenza dell’impresa ammonta a 150.000 ryal mentre quella della banca islamica a 100.000 ryal. A causa di un rallentamento del ciclo economico gli ordinativi scendono drasticamente nel secondo anno. Gli impianti registrano così una perdita di 50.000 ryal. La quota di perdita di ciascun partner sarà proporzionale al capitale versato: per la banca sarà pari a 33.333 ryal [=50.000*(5.000.000/7.500.000)] mentre per l’impresa pari a 16.666 ryal [=50.000*(2.500.000/7.500.000)]. Fonte: R. Hamauri, M. Mauri, “Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il mondo del profeta”, Il Mulino, Bologna, 2009 122 5.3.3. Declining musharaka Il declining musharaka è un tipo di contratto innovativo particolarmente adatto al settore del microcredito e alle esigenze delle piccole imprese. Si tratta di un contratto di tipo musharaka dove la partecipazione della banca islamica, e di conseguenza la partecipazione ai profitti ed alle perdite, diminuisce gradualmente mentre contestualmente aumenta l’incidenza della partecipazione al capitale, e quindi ai profitti ed alle perdite, del cliente che al termine del contratto avrà acquistato la proprietà della venture. 5.4. Gli strumenti di debito del circuito bancario islamico Dati i vincoli posti dal divieto della riba le banche islamiche non possono offrire ai propri clienti gli strumenti di debito tradizionali. La possibilità di ricorrere a strumenti di debito piuttosto che di equity risulta importante per l’operatività delle imprese e per permettere loro di creare valore di cui possa godere anche la comunità ed è per questo che con il tempo la finanza islamica ha sviluppato strumenti finanziari Shariah – compliant sempre più sofisticati ed innovativi. La banca islamica offre ai propri clienti contratti di debito di breve e lungo termine e contratti di sconto di crediti e fatture. Questo genere di contratti è importante per finanziare i fabbisogni aziendali e per promuovere il commercio, ma spesso ingloba un interesse, la riba, che è contrario alla legge islamica. Per ovviare a questo problema sono stati sviluppati dei contratti attraverso il metodo giuridico proprio della legge islamica che è l’hiyal170, secondo il quale si 170 L’hiyal è un istituto, parte integrante della fiqh, che si riferisce all’impiego di mezzi legali per fini extra-shariatici: questo sistema permette di raggirare le disposizioni della sharia, pur 123 pone maggiore attenzione al contenuto formale piuttosto che sostanziale dei contenuti dei testi sacri. Esistono comunque dei contratti di debito che sono pienamente Shariah – compliant. 5.4.1. Bay mu ’ajjal – murabaha Il murabaha permette di effettuare una doppia vendita con pagamento differito ed è probabilmente lo strumento islamico più popolare: si consideri infatti che circa il 60% degli investimenti vengono finanziati mediante murabaha. Il murabaha spesso incorpora alcune caratteristiche del contratto mudarabahh e implica l’esistenza di un sovrapprezzo, mark-up. Viene utilizzato quando la banca non vuole partecipare in parte all’acquisto o alla vendita di bene, situazione che si presenta quando il bene che deve essere oggetto di vendita o acquisto è caratterizzato da specifiche che la banca, a differenza del cliente, non conosce. Allo scopo di eliminare questa asimmetria informativa la banca nomina il cliente come proprio agente e quest’ultimo ha il compito di scegliere il bene giusto: individuato il bene la banca finanzierà l’acquisto. Lo strumento del murabaha può essere utilizzato per il finanziamento alle imprese, per operazioni di credito al consumo e per operazioni di investimento di liquidità. Un’operazione di murabaha si configura come segue: 1. Il cliente individua con un terzo soggetto, il venditore, un bene di sua necessità. Non avendo a disposizione la somma necessaria per mantenendone il rispetto formale, in modo da raggiungere uno scopo, che deve necessariamente essere legittimo, a soggetti che si trovano costretti da condizioni oggettive ad agire contrariamente alla legge islamica. L’istituto dell’hiyal è controverso per i giuristi e i credenti islamici: ciò che ha permesso lo sviluppo di strumenti finanziari basati sul debito attraverso il sistema dell’hiyal è lo scopo “legittimo” della costruzione di un sistema finanziario basato sull’etica islamica in modo da garantire adeguato livello di sviluppo e benessere alla comunità musulmana, la Ummah. 124 l’acquisto si rivolge ad una banca islamica. Il prezzo del bene è definito e pari a P; 2. Il cliente e la banca stipulano un mutuo accordo di promessa di pagamento individuando il margine di profitto che spetta alla banca per il servizio. La definizione del mark – up è fondamentale nel contratto di murabaha, pena la nullità dello stesso; 3. Successivamente la banca acquista il bene dal soggetto venditore al prezzo P e lo rivende al soggetto cliente, che ne diventa proprietario, considerando il mark – up pattuito e quindi al prezzo P + K; Il mark – up rappresenta il margine di profitto per la banca islamica in modo da non incorrere nel divieto della riba. Quando il contratto è differito, ossia quando la vendita avviene a credito, il contratto viene definito bay-mu’ajjal: il differimento accordato dalla banca è tipicamente di 30, 60, 90 giorni, ma può anche essere definito un momento particolare in sede di stipula del contratto. Il pagamento può avvenire in un’unica soluzione o attraverso un piano di pagamento rateale: in quest’ultimo caso il cliente diventa proprietario del bene nel momento in cui paga l’ultima rata che è predeterminata e non può essere aggiustata per effetto di alcun tasso. Lo strumento del murabaha, soprattutto nella sua variante bay-mu’ ajjal, è molto utilizzato nel settore industriale in quanto permette ad un’impresa di entrare in possesso delle materie prime necessarie per il processo industriale prima di aver a disposizione la liquidità derivante dalla vendita del prodotto finito. Non tutti i giuristi islamici sono concordi circa la legittimità dello strumento del murabaha in quanto la differenza tra il mark-up applicato dalla banca islamica ed il tasso di interesse applicato dalla banca occidentale è labile: secondo altri esperti di legge, tuttavia, il contratto è da ritenersi lecito in quanto strettamente legato alla compravendita di un bene reale. Secondo la maggioranza degli studiosi islamici il contratto di murabaha, per essere considerato lecito, deve presentare i seguenti elementi, pena la nullità del contratto: 125 - Il bene oggetto della vendita deve esistere al momento in cui avviene la vendita; - Il bene deve essere di proprietà del venditore al momento della vendita; - La vendita deve essere immediata ed assoluta e non può riferirsi ad una data futura; - Il bene oggetto di scambio deve essere caratterizzato da valore intrinseco; - Il bene oggetto della vendita deve essere indirizzato ad uno scopo lecito, halal; - La vendita deve presentare elementi di certezza e non può essere subordinata al verificarsi di un certo evento in modo da non incorrere nei divieti del gharir e del maysir. Figura 5.4. Il contratto di murabaha Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012 Box 3. Esempio di murabaha Un abitante del Bahrain intende acquistare un’automobile. Egli visita un concessionario di fiducia, sceglie il modello e concorda il prezzo P in 25.000 dinari (circa 50.000 euro). In mancanza di un’immediata disponibilità di denaro si rivolge alla banca islamica, di cui è cliente, per la stipula di un contratto murabaha in base al quale egli si impegna all’acquisto dell’automobile dalla banca islamica ad un presso di 27.000 dinari (P + K), dove K (20.000 dinari) è il margine di profitto della banca. La banca ottiene la proprietà dell’automobile acquistandola dal concessionario per 25.000 dinari. Per il ritiro del bene la banca 126 nomina il cliente proprio agente (wakil) attraverso un contratto di agenzia parallelo. La proprietà dell’automobile rimane in capo alla banca. Il contratto murabaha paghi la somma di 27.000 dinari dopo tre mesi. Al pagamento di tale somma il diritto di proprietà viene trasferito dalla banca islamica al cliente. Fonte: R. Hamauri, M. Mauri, “Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il mondo del profeta”, Il Mulino, Bologna, 2009 5.4.2. Ijara L’ijara è un contratto di leasing dove la banca assume il ruolo del soggetto locatore, cosiddetto aijr o mujir, permettendo al cliente locatario, cosiddetto mustajir, di utilizzare un bene di sua proprietà dietro il pagamento di quote predeterminate (ujrat). L’ijara è un finanziamento a tempo determinato e presenta delle similitudini con lo strumento del murabaha in quanto in entrambi i casi il bene oggetto del contratto diventa di proprietà della banca a seguito di esplicita richiesta del cliente e deve garantire alla banca la copertura dell’investimento e un adeguato tasso di ritorno. Lo strumento dell’ijara crea debito ed è quindi controverso sotto il profilo della legittimità alla legge della Shariah, sebbene particolarmente diffuso. A differenza dello strumento del murabaha la banca continua a rimanere proprietaria del bene durante il periodo di leasing e quindi il cliente potrà godere del bene, ma dovrà restituirlo allo scadere del contratto. Un’altra differenza tra lo strumento dell’ijara e lo strumento del murabaha riguarda i flussi di cassa che si presentano durante il finanziamento: nel caso del murabaha le rate sono predeterminate ed il loro importo non può essere successivamente aggiustato, mentre nel caso dell’ijara sono ammessi aggiustamenti sia in aumento che in diminuzione sulla base dell’andamento dell’economia reale. L’ijara può essere di due tipi: si parla di ijara operativo quando si fa riferimento al contratto tipico, ossia quando il bene deve essere restituito alla banca al termine del contratto. In questo caso la banca può offrire il bene in leasing ad un nuovo cliente oppure venderlo, considerando che entrambe le alternative risultano 127 difficili quando il bene che è stato richiesto dal cliente presenta caratteristiche particolari. Il contratto attraverso il quale la banca vende il bene al termine dell’ijara è chiamato al-ijara-thUmmahl-bay ed è indipendente da quello precedente: questa scelta viene fatta soprattutto quando il periodo di leasing è molto inferiore alla vita economica del bene e la banca vuole garantirsi la copertura dall’investimento ed un congruo tasso di ritorno. Si parla di ijara finanziario, cosiddetto ijara wa iqtina, quando al contratto di leasing viene abbinato un contratto di vendita: in questo caso la proprietà del bene viene trasferita al cliente al termine del contratto e rappresenta un’opzione a beneficio del locatario. Risulta controverso, dal punto di vista della Shariah, il trasferimento del rischio legato al bene a carico del cliente. Figura 5.5. Il contratto di jihara Fonte: R. Hamauri, M. Mauri, “Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il mondo del profeta”, Il Mulino, Bologna, 2009 5.4.3. Salam 128 Il contratto di salam rappresenta un metodo di finanziamento a breve termine molto utilizzato nel mondo islamico e si compone di due movimentazioni: in un primo momento avviene una movimentazione di tipo finanziario, corrisposta a pronti, mentre in un secondo momento, a termine, avviene il trasferimento del bene reale. Il contratto di salam permette alle aziende islamiche di finanziare le proprie necessità di capitale circolante netto commerciale senza incorrere nel divieto della riba. La forma contrattuale del salam prevede che la banca islamica sia controparte del cliente: - La banca corrisponde al cliente il prezzo scontato del bene a pronti; - L’azienda cliente si impegna a restituire il bene ad una data scadenza. Figura 5.6. Il contratto salam Fonte: M. Mariani, Impresa e finanza islamica, Egea, Milano, 2012 Secondo la giurisprudenza islamica, nonostante le similitudini, il contratto di salam è più equo di un contratto pronti contro termine occidentale perché entrambe le parti ottengono dei benefici: la banca acquirente elimina il rischio di incertezza dell’acquisto del bene ed ottiene un margine di profitto sulla vendita del bene pagato a sconto, mentre l’impresa venditrice dispone di un bene reale utilizzabile nel processo produttivo. Il contratto di salam rappresenta un’eccezione alla regola generale di piena disponibilità del bene al momento della transazione della giurisprudenza islamica data la possibilità che il bene oggetto dell’operazione possa non esistere o non 129 essere di proprietà del venditore al momento della stipula del contratto: è comunque necessario che le parti siano ragionevolmente sicure che il bene esisterà o sarà di proprietà del venditore al momento dello scambio. Perché il contratto di salam sia considerato lecito dalla giurisprudenza islamica è necessario che vengano rispettati alcuni requisiti: - Il pagamento spot deve essere certo; - Il contratto può essere utilizzato solo per il finanziamento di commodity; - Quantità e qualità del bene devono essere definiti; - Non sono ammesse controparti in beni. Una certa unanimità della giurisprudenza islamica è concorde a non considerare lecito un contratto di salam avente per oggetto beni fungibili, o beni come denaro o oro in quanto si incorrerebbe in questo caso nel divieto della riba. 5.4.4. Istinsa L’istinsa è il contratto islamico utilizzato per le operazioni di project financing in quanto caratterizzato da elevata adattabilità. Si tratta di un contratto per mezzo del quale un’impresa si impegna ad acquistare un bene non ancora esistente a fronte del pagamento in via anticipata e quindi in termini sostanziali, quindi, l’istinsa si configura come una vendita con pagamento anticipato. La caratteristica fondamentale dell’istinsa riguarda il bene oggetto dell’operazione che non esiste al momento della stipula: parte della giurisprudenza islamica considera lecito il contratto istinsa purché il fornitore abbia il know how e le capacità tecniche per fornire il bene richiesto. Si consideri anche che l’istinsa è l’unico contratto della finanza islamica in cui le obbligazioni di entrambe le parti si riferiscono al futuro. Nel contratto di istinsa il produttore ed il venditore possono essere soggetti diversi: questo dà la possibilità alle banche di intervenire nell’operazione 130 stipulando due contratti paralleli, uno con il cliente e l’altro con l’impresa fornitrice. Perché l’operazione sia ritenuta lecita dalla giurisprudenza islamica è necessario che i due contratti siano separati, anche sotto il profilo temporale. Il contratto di istinsa si configura come segue: 1. Il cliente si rivolge alla banca islamica e richiede un finanziamento di tipo istinsa. Le parti definiscono in questa sede le caratteristiche del bene e le modalità di consegna; 2. La banca islamica stipula un primo contratto con il costruttore che si impegna a fabbricare e consegnare il bene secondo le modalità definite; 3. La banca islamica acquista la proprietà del bene; 4. La banca islamica stipula un secondo contratto con il cliente il quale si impegna al pagamento del bene e di una commissione per il servizio ed il pagamento avviene solitamente attraverso rate periodiche; 5. Il cliente diventa proprietario del bene. Figura 5.7. Il contratto istinsa Fonte: M. Mariani, Impresa e finanza islamica, Egea, Milano, 2012 Si evidenzia come, data la proibizione dello scambio di beni non di proprietà, è necessario che la banca acquisisca la proprietà del bene prima di stipulare il secondo contratto con il cliente (punto 3). Il cliente, inoltre, paga alla banca una commissione per il servizio reso: questa rappresenta giuridicamente una retribuzione sostitutiva dell’interesse, vietato dalla riba. 131 5.4.4. Istijrar L’istijrar è un’operazione mediante la quale un’impresa ordina una certa quantità dello stesso bene allo stesso venditore. Dato che il venditore si trova a dilazionare le consegne di uno stesso prodotto gli esperti della legge sono flessibili rispetto alla definizione del prezzo: esso può essere predefinito oppure rispecchiare il prezzo di mercato dei beni al momento della consegna. L’istijrar è un tipo di contratto adatto a rispondere a bisogni di capitale circolante. 5.4.5. Qard Hassan Il prestito qard hassan è il prestito di benevolenza che le banche islamiche possono accordare ai clienti che si trovano in difficoltà per far fronte a situazioni particolari. Il prestito viene rimborsato alla data stabilita o, se non è stato stabilito un termine di maturità, su richiesta del finanziatore ed in entrambi i casi non viene applicato il tasso di interesse. 5.4.6. Bai-al-Einah Il finanziamento del tipo bay-al-einah risponde ad esigenze di capitale di breve termine e corrisponde ad un contratto di mubarahah nel quale coincidono il soggetto cliente ed il soggetto venditore: la banca islamica acquista il bene dal cliente pagando a pronti e lo rivende al cliente ad un prezzo maggiorato in una data futura. 132 Il contratto di bay-al-einah è considerato illegittimo da parte della maggioranza degli studiosi appartenenti a tutte le scuole, nonostante si riscontri una maggiore accettazione da parte della scuola shafiita e questo perché spesso la maggiorazione del prezzo applicata dalla banca islamica coincide con il tasso di interesse. 5.4.7. Bay-al-Dayn Il termine “bay-al-dayn” trae origine del termine “bay”, che significa vendita e da “dayn”, che significa debito: questo concetto può tradursi come vendita o transazione di un debito di qualità sia nei confronti del debitore che di una terza parte. Si tratta di uno strumento relativamente recente, essendo stato approvato in via ufficiale nel 1996 dal Malaysian Securities Commission Shariah Advisory Council con approvazione unanime171. È tuttavia di uno strumento controverso nei confronti del quale si esprimono diverse opinioni: la scuola hanafita risulta la più conservatrice, la scuola malikita e la scuola shafiita accettano lo strumento solo se il debito è garantito ed è scambiato contro la consegna immediata di una certa quantità e qualità di beni. Perché lo strumento sia accettabile dalla giurisprudenza islamica è necessario che il debito oggetto della transazione sia “di qualità”, ossia che sia conforme alla legge della Shariah, in modo da evitare l’insorgere della riba e del gharir. 5.4.8. Tawarruq 171 Il bay – al – dayn è uno strumento particolare, che si è sviluppato soprattutto nel mercato malese ed il cui concetto è alla base della struttura dello strumento del sukuk, cioè l’obbligazione islamica. 133 Il tawarruq è una combinazione di due transazioni di vendita e permette al cliente di ottenere liquidità senza il tramite di un prestito basato sul tasso di interesse. Attraverso lo strumento del tawarruq il cliente acquista dalla banca un bene con pagamento differito in modo da acquistarne la proprietà, rivenderlo sul mercato e rispondere alle proprie esigenze di liquidità. Il tawarruq si configura come segue: 1. Il cliente comunica alla banca la propria necessità di liquidità; 2. La banca acquista il bene di valore pari alle necessità di liquidità del cliente dal venditore, pagando il prezzo definito (P); 3. La banca vende il bene al creditore attraverso il contratto del murabaha: il pagamento è differito e comprende un mark–up (P+I); Nel moderno contesto dell’Islamic banking la banca assume il ruolo di agente del cliente e vende, dopo un determinato periodo di tempo, il bene ad una terza parte, o allo stesso venditore, al prezzo corrente del bene (P*). In questo modo la banca partecipa ad entrambe le transazioni di vendita. Perché la transazione sia considerata lecita è necessario che intercorra un periodo di tempo tra il momento in cui la banca acquista il bene (al prezzo P) ed il momento in cui lo rivende ad una terza parte o al venditore stesso (al prezzo P*) e che non vi sia un premeditato accordo tra le parti. Il lasso di tempo richiesto dalla legge islamica ha l’obiettivo di evitare che si incorra nel divieto della riba: considerando che potrebbe esistere una differenza tra il prezzo a cui la banca acquista il bene e a cui la banca lo rivende è necessario che trascorra un lasso di tempo che permetta alla banca di un rischio per giustificare l’eventuale profitto. 5.4.9. Bay bithman ajil (BBA) 134 Si tratta di uno strumento di vendita differita particolarmente utilizzato per il finanziamento a lungo termine del credito al consumo, specialmente in relazione all’acquisto veicoli ed immobili. Perché il contratto sia lecito è necessario uno specifico accordo tra le parti in relazione al prezzo da pagare ed al mark-up in esso incluso: il mark-up viene giustificato dalla transazione commerciale tra compratore e venditore perciò nel momento in cui viene a mancare questa transazione le parti incorrono nel divieto della riba ed il contratto perde la validità. Nonostante il pagamento sia differito è necessario che la vendita sia immediata. In relazione al bene oggetto della transazione esso deve presentare i seguenti requisiti: - Deve esistere al momento della vendita, eccetto la proprietà immobiliare; - Deve essere di proprietà del venditore; - Deve essere lecito; - Deve essere trasferibile al compratore; - Deve essere conosciuto da entrambe le parti. Il prezzo deve comprendere il valore del bene calcolato al prezzo di mercato ed un mark-up definito ed accettato tra le parti. 5.5. Considerazioni conclusive L’esigenza di finanziamento sia all’impresa che ai privati ha spinto il sistema bancario islamico a sviluppare una pluralità di strumenti che permettessero l’operatività dell’impresa senza incorrere nei divieti della riba, del gharar e del maysir, classificabili in strumenti di equity e in strumenti di debito. Un aspetto peculiare del sistema bancario islamico fa riferimento all’esistenza del Comitato della Shariah che garantisce ai clienti che gli strumenti offerti dalla banca siano halal. Questo genera una mancanza di standardizzazione soprattutto in riferimento all’offerta di strumenti che presentano la componente del mark-up 135 nei confronti dei quali, come si è visto, non vi è un accordo unanime, ma anche in riferimento alle possibilità di finanziamento ottenibili per mezzo di capitale di equity dovendo essi essere considerati leciti.172 Un altro aspetto da considerare è che si potrebbe presupporre che le imprese utilizzino gli strumenti islamici per finanziare la propria attività in relazione alla penetrazione del sistema bancario islamico nel territorio: una ricerca condotta da Nazam Dzolkarnaini e Marizah Minhat173 dimostra come sia anche fondamentale il ruolo che gioca il governo nell’influenzare le scelte di struttura finanziaria dell’impresa.174 In generale possiamo distinguere gli strumenti bancari sulla base delle esigenze che vanno a soddisfare175: a) Finanziamento al capitale circolante per l’export: murabaha; b) Acquisto di cambiali: bay-al-dayn; c) Finanziamento al capitale circolante per motivi diversi dall’export: tawarruq e salam; d) Leasing con opzione di acquisto per attrezzature, macchinari e veicoli: ijarah; e) Finanziamento alla costruzione di immobili: bay bithaman ajil; f) Finanziamento a lungo termine per fabbisogni operativi o in conto capitale: tawarruq. Appare evidente come nel sistema finanziario islamico il ruolo svolto dalle banche è di particolare importanza e come il principio del profit and loss sharing richiede ai clienti, siano essi privati o imprese, di avere fiducia nei confronti dell’istituto finanziario con il quale compartecipano a profitti e perdite. 172 Ad esempio il finanziamento ad un aereo rischia di non essere accettato dal Comitato della Sharia delle banche nei Paesi del Golfo, tipicamente conservatori, in quanto in questo aereo si servirà dell’alcool. Allo stesso modo lo stesso finanziamento potrebbe essere accettato dal comitato della Sharia della Malaysia che riterrebbe che offrire alcool ai passeggeri non è la funzione principale della compagnia aerea. 173 N. Dzolkarnaini, M.Minhat, “In Search of a Theory of Corporate Financing and Islamic Financial Instruments”, 8th International Conference on Islamic Economics and Finance 174 Sotto questo profilo il ruolo svolto dal governo malese è stato molto importante per la diffusione degli strumenti islamici sia bancari che di mercato. 175 Fonte: Intervista di A. Brugnoni a A. Liotta – partner Deloitte.“Finanza islamica come incentivo agli investimenti”, Magazine per lo sviluppo sostenibile del Mediterraneo, n.2 – Anno I – luglio – settembre 2013 136 Il ruolo dello Shariah Supervisory Board caratteristico delle banche e di tutte le istituzioni finanziarie islamiche è molto importante in quanto composto da esperti della legge appartenenti alle diverse scuole giuridiche che hanno il compito di garantire il carattere halal degli strumenti finanziari e di preservare la Comunità dall’errore. Proprio per questo motivo gli studiosi di legge islamica, ulama, hanno sempre goduto di un particolare rispetto da parte della società. Si può quindi concludere che la fiducia necessaria affinché il sistema finanziario islamico sia efficiente non si rivolge al singolo istituto finanziario 176 , ma direttamente ad Allah. Il sistema finanziario islamico, infatti, sia dalle sue origini e durante tutto il suo processo evolutivo, ha cercato di rispondere alle esigenze economico – finanziarie di privati, famiglie ed imprese sempre nel rispetto dei princìpi del Sacro Corano che è considerato dalla Comunità dei Musulmani come eterno e giusto e quindi adattabile anche a questa particolare epoca. Figura 5.8. Forme di finanziamento a disposizione delle imprese Shariah – compliant Fonte: elaborazione propria 176 Si deve comunque considerare come nel contesto islamico i membri che compongono lo Shariah Board, in relazione alla stima che essi godono da parte della Comunità dei Musulmani, rappresentano un importante vantaggio competitivo. 137 6. IL MERCATO DEI CAPITALI SHARIAH – COMPLIANT Accanto al tradizionale sistema bancario islamico si è nel tempo sviluppato anche un sistema di mercato Shariah – compliant. Per permettere agli investitori ed alle aziende di rispondere alle proprie esigenze economiche con strumenti anche molto sviluppati, ma sempre in armonia con l’etica dell’Islam, gli studiosi della Shariah hanno sviluppato i sukuk, alternativa islamica alle obbligazioni, e sebbene in situazioni di forti controversie e contrapposizioni anche le alternative islamiche agli strumenti derivati. Allo sviluppo del sistema di mercato islamico si è accompagnato una maggiore complessità ed un maggior interesse nei confronti della finanza islamica che hanno portato allo sviluppo degli indici di borsa Shariah – compliant accanto a quelli tradizionali individuando criteri di ammissione, esclusione o delisting di tipo sia qualitativo che quantitativo, derivanti direttamente dall’interpretazione dei testi sacri. 6.1. Lo strumento dei Sukuk I sukuk rappresentano uno dei più importanti strumenti della finanza islamica la cui nascita è all’origine della crescita del mercato dei capitali islamico. I sukuk sono importanti in quanto costituiscono l’alternativa islamica alle obbligazioni tradizionali che non possono essere accettate a causa del divieto della riba177. I sukuk offrono agli investitori musulmani la possibilità di sottoscrivere dei certificati di investimento Shariah – compliant che possono poi essere scambiati sul mercato secondario. 177 Le obbligazioni tradizionali non sono compatibili con i valori della finanza islamica a causa del divieto della riba in quanto presentano una remunerazione fissa stabilita a priori 138 Lo strumento dei sukuk permette sia alle imprese che ai governi di emettere degli strumenti Shariah – compliant sul mercato allo scopo di finanziare la propria attività, ma viene anche utilizzato dalle istituzioni finanziarie islamiche, soprattutto dalle banche, per la gestione del rischio di liquidità178 o per operazioni di cartolarizzazione 179 e dalla clientela per obiettivi di diversificazione del portafoglio. L’AAOFI180 definisce i sukuk come “certificati che hanno un valore legale e che rappresentano quote indivise di proprietà di attivi intangibili, di usufrutti e di servizi, o ancora di proprietà di un particolare progetto e di un’attività di investimento specifica”181 e ne individua diciassette tipologie, nonostante i più utilizzati siano essenzialmente sei. I sukuk sono titoli di comproprietà di un attivo tangibile che danno diritto al possessore di partecipare al finanziamento di un progetto finanziario e di incassarne gli utili, senza incorrere nei divieti della riba, del maysir e del gharar ed attraverso attività finanziarie di investimento halal: i fondi devono essere raccolti in conformità con la legge e la finanza islamica e devono essere investiti in attività e secondo modalità ritenute lecite dalla Shariah. Al fine di essere conformi alla Shariah i sukuk non possono garantire, a differenza di quello che accade nel caso delle obbligazioni tradizionali, un rendimento fisso stabilito ex – ante, ma rispettano il principio islamico di profit and loss sharing. I sukukholders percepiscono dall’investimento un utile che dipende dall’andamento dell’asset sottostante e non un interesse garantito e assumono il rischio di impresa, a differenza degli obbligazionisti che si configurano come creditori. L’operazione sottostante la struttura generale dei sukuk riprende quella di cartolarizzazione tradizionale ed infatti è presente uno Special Purpose Vehicle182 che investe il denaro raccolto in attività Shariah – compliant. Il ruolo dello 178 Il rischio di liquidità nella finanza islamica dipende soprattutto dall’assenza di un mercato interbancario Shariah - compliant 179 Operazioni di cartolarizzazione. 180 L’AAOIFI “Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institution” è l’organismo responsabile dell’emissione di standard contabili per le istituzioni finanziarie islamiche, 181 K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao Edizioni, Milano, 2013 182 In alcune giurisdizioni, come ad esempio in Bahrein, è possibile strutturare i sukuk senza la presenza dello Special Purpose Vehicle. 139 Special Purpose Vehicle è quello di acquisire gli asset sottostanti lo strumento finanziario e di emettere dei certificati di proprietà che siano conformi alla Shariah e scambiabili sul mercato finanziario: alla scadenza contrattuale lo Special Purpose Vehicle provvederà alla vendita degli asset ed alla liquidazione del denaro ai possessori delle certificazioni183 ed infine verrà liquidato. Caratteristica fondamentale dei sukuk è la presenza di uno Shariah Supervisory Board che ha il compito di supervisionare e legittimare la strutturazione dello strumento, l’emissione delle quote, i contratti finanziari a cui lo Special Purpose Vehicle e il promotore ricorrono per tutto l’arco della vita del sukuk e le attività in cui i fondi raccolti vengono investiti. Figura 6.1. Rappresentazione generica dei flussi finanziari in una strutturazione di sukuk Fonte: K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao Edizioni, Milano, 2013 L’AAOIFI individua diciassette strutture di sukuk ed infatti esistono tanti sukuk quanti sono i possibili strumenti finanziari Shariah – compliant sottostanti: 183 I certificati di proprietà dei sukuk possono essere scambiati sul mercato secondario, esattamente come nel caso delle obbligazioni tradizionali, e quindi non necessariamente il possessore finale coincide con quello iniziale. 140 nonostante questo i modelli sukuk a cui si fa maggiore ricorso si basano sui contatti islamici di musharaka, mudarabah, murabaha, ijara, salam e istinsa184. Esistono diversi modelli di sukuk che possono essere distinti sulla base del livello di garanzia che il promotore concede ai possessori dei certificati: - Sukuk non garantiti (asset – backed sukuk): la proprietà legale degli attivi sottostanti il sukuk viene riconosciuta ai possessori dei certificati che si fanno carico di tutti i rischi dell’operazione; - Sukuk garantiti (asset – based sukuk): la proprietà legale degli attivi non viene riconosciuta ai possessori dei certificati che quindi non si fanno carico dei rischi dell’operazione. Sebbene il diritto musulmano non prevede la possibilità di concedere garanzie dirette ai possessori di sukuk185 esistono una meccanismi che replicano le garanzie che possono essere fornite dal promotore. 6.1.1. Il sukuk al – musharaka Lo strumento sottostante questo tipo di sukuk è il contratto di musharaka e per questo motivo il sukuk al – musharaka viene utilizzato quando il soggetto promotore e il soggetto fiduciario decidono di partecipare all’attività di un progetto sottostante condividendo l’apporto di risorse finanziarie o di altra natura. Sulla base dei principi che disciplinano lo strumento del musharaka nel caso in cui il progetto produca degli utili essi vengono ripartiti tra promotore e fiduciario secondo un rapporto di spartizione predefinito, mentre le perdite vengono strettamente ripartite sulla base del capitale investito: la quota di profitto è comunque stabilita in modo da permettere al fiduciario di versare un utile più o meno regolare ai possessori dei certificati. 184 I sukuk che si basano sui contratti di musharaka e mudarabah vengono compresi nella securization dei titoli di equity islamici, mentre i sukuk che si basano sui contratti di murabaha, istinsa e salam della securization dei titoli di debito islamici. 185 Si cadrebbe altrimenti nel divieto della riba. 141 A seconda dell’opinione degli esperti di legge islamici il grado di tangibilità degli asset considerati dal musharaka deve essere compreso tra il 33% ed il 50%,186 nonostante questo possa non essere preventivamente identificato. Un’alternativa a questo tipo di sukuk prevede di considerare il contratto di declining musharaka in modo che la vendita delle quote da parte del fiduciario avvenga in maniera progressiva nel corso della durata della vita del sukuk. Figura 6.2. La struttura del sukuk al – musharaka Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009 6.1.2. Il sukuk al – mudarabah Questo tipo di sukuk considera come strumento finanziario islamico sottostante il contratto di mudarabah nel quale gli investitori finanziano lo Special Purpose Vehicle, che assume il ruolo del finanziatore rabb al – mal, e il soggetto promotore, che assume il ruolo di dell’imprenditore mudarib. Nel sukuk al – mudarabah si prevede che in caso di utili essi vengano ripartiti tra gli investitori al netto delle spese di gestione e di remunerazione del promotore e dello Special Purpose Vehicle e che in caso di perdite esse ricadano esclusivamente sui titolari dei certificati. 186 “Dubai International Financial Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009 142 Al termine del periodo di vita del sukuk l’impresa mudarabah su cui si è fondata l’operazione viene liquidata e si prevede che il promotore acquisti la totalità delle quote al valore di mercato e che il montante raccolto sia corrisposto agli investitori sottoforma di valore di riscatto dedotte le quote di gestione e di compenso per il promotore e lo Special Purpose Vehicle. Figura 6.3.. La struttura del sukuk al – mudarabah Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009 6.1.3. Il sukuk al – murabaha Questo tipo di sukuk si fonda sul contratto di murabaha e prevede che lo Special Purpose Vehicle costituito ad hoc acquisti materie prime sul mercato e che le rivenda al promotore: l’ammontare di utile ricavato sulla base del meccanismo di mark – up caratteristico dello strumento del murabaha servirà per remunerare i titolari dei certificati. 143 Figura 6.4. La struttura del sukuk al – murabaha Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009 6.1.4. Il sukuk al – ijara Questo tipo di sukuk si fonda sul contratto di ijara ed è il più popolare e diffuso al mondo grazie all’accoglienza favorevole da parte delle scuole giuridiche islamiche e alla struttura flessibile che permette un ritorno distribuibile generato da attività tangibili. Figura 6.5. La struttura del sukuk al – ijara Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009 144 In questo sukuk i fondi raccolti nella sottoscrizione vengono investiti per acquistare beni tangibili leciti allo scopo di metterli in locazione dietro il pagamenti di canoni di locazione garantiscano profitti Shariah – compliant periodici e tendenzialmente fissi ai sukukholder. 6.1.5. Il sukuk al – istinsa Questo tipo di sukuk si fonda sul contratto islamico istinsa e corrisponde al precedente nel caso in cui i beni oggetto del contratto di locazione siano ancora in costruzione. Accanto al contratto di istinsa viene spesso affiancato un contratto di ijara in modo da godere dei futuri affitti in via preventiva. Figura 6.6. La struttura del sukuk al – istinsa Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009 Quando la costruzione del bene è terminata è possibile che la proprietà continui per un certo periodo di tempo in modo da permettere ai titolari dei certificati di beneficiare della locazione dello stesso (sukuk al – ijara), oppure è possibile procedere alla vendita del bene in modo da remunerare gli investitori sulla base del profitto realizzato. 145 Il sukuk al – instinsa trova un utilizzo minore rispetto agli altri tipi di sukuk principalmente perché l’allocazione dei certificati sul mercato durante il periodo di costruzione del bene risulta difficile. 6.1.6. Il sukuk al – salam Questo tipo di sukuk si fonda sul contratto islamico salam che prevede una consegna differita a fronte di un pagamento immediato. Figura 6.7. La struttura del sukuk al – salam Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009 In questo modello di sukuk lo Special Purpose Vehicle utilizza i capitali raccolti attraverso l’emissione dei certificati per realizzare un’operazione salam nei confronti del soggetto promotore il quale riceve la somma di denaro immediatamente, ma consegnerà l’attivo contrattualmente definito in una data futura determinata tra le parti dal quale si ricaverà il profitto che verrà ripartito tra gli investitori. Il sukuk al – salam trova un utilizzo minore rispetto agli altri tipi di sukuk a causa della non negoziabilità i certificati sul mercato nel periodo intercorrente tra il 146 pagamento immediato e la consegna differita che si configurerebbero come debito e quindi non Shariah – compliant. 6.1.7. Obbligazioni e sukuk a confronto I sukuk sono considerati l’alternativa islamica delle obbligazioni tradizionali che sono considerate non Shariah – compliant in quanto offrono un rendimento garantito fino a scadenza. Sia i sukuk che le obbligazioni tradizionali sono prodotti finanziari che hanno una scadenza fissata in anticipo e che possono essere quotati e quindi scambiati sul mercato secondario, ma mentre nel contesto tradizionale gli obbligazionisti si configurano come creditori e non si assumono, a differenza degli azionisti, il rischio di impresa nel contesto islamico i sukukholder hanno diritto a ricevere un utile sulla base dell’andamento dell’attività sottostante. Gli utili dei sukuk non incorporano l’interesse in quanto considerato elemento haram, ma dipendono dai risultati dell’attivo sottostante finanziato: per questo motivo i sukuk non sono soltanto soggetti al rischio di credito, ma anche al rischio di volatilità del rendimento degli attivi finanziati187. Esistono diversi modelli di sukuk sulla base dei contratti finanziari islamici che vengono presi come riferimento: sulla base delle caratteristiche del contratto islamico di riferimento e dell’attivo sottostante finanziaro i modelli di sukuk si caratterizzano per profilo di rischio – rendimento diverso e permettono all’investitore poco propenso al rischio di investire in conformità con la legge della Shariah.188 Oltre ai rischi convenzionali189 i sukukholder sono soggetti anche ad una serie di rischi specifici, assenti per gli obbligazionisti: 187 Alcuni comparano i sukuk agli ABS che si presentano sotto forma di valori mobiliari addossati ad un portafoglio di attivi che ne determina i flussi. 188 Il sukuk al – ijarah, ad esempio, presenta un profilo di rischio – rendimento minore rispetto ad un sukuk al – musharaka in quanto genera degli utili sottoforma di pagamento di canoni di locazione che si caratterizzano, in linea di principio, per stabilità in termini sia di ammontare che temporali. 189 I rischi tradizionali a cui sono soggetti gli obbligazionisti sono il rischio di controparte, il rischio di reinvestimento e il rischio di liquidità. 147 - Il rischio di credito: il rischio di credito assume forme diverse a seconda del modello del sukuk e quindi del contratto finanziario islamico sottostante. L’intero sistema finanziario islamico si basa sul concetto del profit and loss sharing ed il divieto della riba non permette la rinegoziazione del debito. - Il rischio di mercato: il rischio di mercato è relativo alla possibilità di liquidazione degli attivi sottostanti il sukuk al momento della liquidazione. - Il rischio di tasso: i sukuk sono indirettamente esposti alle fluttuazioni dei tassi di interesse sui mercati internazionali attraverso le valutazioni comparative delle operazioni di finanziamento sottostanti. - Il rischio di tasso di rendimento: il rischio del tasso di rendimento si riferisce alla possibilità che il progetto finanziato non consegua la performance attesa e si presenta anche attraverso il mancato riscatto degli attivi sottostanti alla data di scadenza e conseguente mancato rimborso dei certificati ai sukukholder. - Il rischio di liquidità190: il rischio di liquidità è particolarmente impostante nel contesto islamico e si riferisce alla difficoltà di scambio dello strumento sul mercato causata in parte dalla ristrettezza del mercato e dall’altra dai limiti imposti dalla finanza islamica. - Il rischio di cambio: i sukukholder sono esposti al rischio di cambio nel caso in cui la divisa nella quale sono registrati gli attivi sottostanti e quella nella quale sono registrati i fondi di sukuk differiscano. - Il rischio di non conformità: la non conformità del prodotto finanziario al diritto musulmano comporta la degradazione della reputazione dell’emittente e può causare anche il delisting dalle Borse Shariah – compliant. 190 Il rischio di liquidità non è supportato da coloro che investono nel sukuk e decidono di detenere le quote sino a scadenza. 148 6.2. Il mercato dei derivati I principali strumenti finanziari che vengono scambiati sul mercato a termine sono il contratto forward ed il contratto future. Stipulando un contratto di forward le due parti si accordano per lo scambio di un’attività finanziaria definendo la consegna ad una data futura e ad un prezzo stabilito. Dato che la consegna del bene avviene ad una data futura il gap temporale tra momento di sottoscrizione del contratto e momento di consegna dell’attività finanziaria sottostante genera un rischio per entrambe le parti: il venditore dell’attività finanziaria è esposto il rischio di un ribasso del prezzo, mentre il compratore ad un ribasso. Venditore e compratore decidono di ricorrere allo strumento del forward e in modo da definire al tempo t0 il prezzo di scambio del bene la cui consegna avverrà al tempo t1 per gestire i rispettivi rischi. Il ricorso al contratto forward genera due benefici: annulla il rischio a cui le parti sono soggette e permette loro di pianificare la propria attività con maggiore certezza. Quando un contratto forward presenta delle caratteristiche di standardizzazione e viene negoziato su una Borsa organizzata viene definito future. I contratti future aumentano l’efficienza del mercato in quanto permettono di far coincidere le esigenze del venditore e del compratore in termini di gestione del rischio e la loro caratteristica di standardizzazione agevola le contrattazioni. Un altro strumento caratteristico del mercato dei derivati è lo strumento degli swaps. Gli swap sono nati negli anni Ottanta come soluzione all’elevata volatilità dei tassi di interesse e da allora hanno conosciuto una forte crescita in quanto il loro utilizzo permette di raggiungere diversi vantaggi. Lo swap è un contratto con il quale due controparti si accordano per scambiarsi nel tempo due diversi flussi di cassa di pari ammontare e denominati in valute diverse. La tipologia più diffusa è l’interest rate swap (IRS) in cui le controparti si obbligano a scambiarsi i flussi periodici di interessi su due debiti indipendenti e di ammontare equivalente e in cui una delle due parti effettua l'operazione pagando un tasso fisso mentre l'altra un tasso variabile. 149 In un contratto di currency swap 191 le due parti hanno esigenze opposte e complementari e si scambiano i rispettivi debiti denominati in valute diverse che comporterà un acquisto a pronti di una determinata quantità di valuta e la stipulazione di un contratto di vendita a termine ad una data future e ad un tasso di cambio prestabiliti. Il currency swap si struttura in tre parti: in un primo momento avviene lo scambio dei debiti denominati in valuta diversa, in un secondo momento e per un periodo di tempo determinato ciascuna delle parti si impegna a pagare gli interessi sul debito ed infine vengono scambiate le valute al tasso di cambio prefissato. Lo swap è uno strumento derivato che permette alle imprese di proteggersi dal rischio del tasso di interesse e dal rischio di valuta delle imprese che operano nei mercati internazionali. In secondo luogo il ricorso allo swap permette alle imprese di ridurre il costo di funding in quanto permettono di accedere a mercati di raccolta del capitale altrimenti inaccessibili. Un altro vantaggio legato agli swap è la possibilità di ristrutturare la posizione finanziaria netta sulla base delle proprie esigenze ed in maniera flessibile in quanto permettono di trasformare un’attività o una passività a tasso fisso in una a tasso variabile e viceversa. La terza categoria di strumenti derivati è costituita dalle opzioni. Le opzioni sono strumenti altamente utilizzati a fini speculativi, ma impiegabili anche per obiettivi di copertura specialmente in riferimento al rischio di cambio. Le opzioni si distinguono in opzioni call ed opzioni put. Un’opzione call dà all’acquirente il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare (opzione call) o di vendere (opzione put) il sottostante alla data di scadenza192, o entro una certa scadenza193, ad un dato prezzo di esercizio. Acquirente e venditore eserciteranno l’opzione sulla base del principio di convenienza economica: l’acquirente quando il prezzo di mercato al momento di esercizio dello strumento sarà maggiore del premio pagato, il venditore in situazione opposta. 191 I currency swap possono essere entrambi a tasso fisso, entrambi a tasso variabile oppure swaps misti. 192 Si parla in questo caso di opzione europea. 193 Si parla in questo caso di opzione americana. 150 6.2.1. Il mercato dei derivati secondo la Shariah La maggior parte degli esperti della Shariah non ritengono legittimo l’utilizzo dei derivati. Ciò nonostante un importante passo in avanti è stato fatto dalla Malesia che nel 2006 ha sottoscritto un accordo con la International Swaps and Derivate Association (ISDA). Nel 2010 la ISDA e la IIFM hanno sviluppato il “Tahawwut Master Agreement” che ha il compito di disciplinare il mercato dei derivati islamici. La volontà degli studiosi islamici è stata quella di strutturare dei prodotti Shariah – compliant che avessero la capacità di rispondere alle esigenze di gestione del rischio, ma minimizzando laddove non fosse possibile eliminate la possibilità di speculazione. I derivati islamici devono essere caratterizzati da alcuni requisiti: - Devono rispettare i criteri che definiscono un contratto halal; - Devono essere privo degli elementi condannati dalla Shariah quali la riba, il maysir, il gharar194, la corruzione e l’ignoranza; - Devono essere costruiti sulla base dei contratti della finanza islamica e devono essere strettamente collegati ad un bene reale; - Gli asset sottostanti devono esistere ed essere di proprietà del venditore, ad eccezione dei contratti islamici che espressamente prevedono un’eccezione alla regola generale. 6.2.2. Le alternative islamica ai forward e ai future Se la teoria tradizionale considera la speculazione come elemento positivo che accresce l’efficienza di mercato la teoria islamica pone maggiore attenzione agli effetti che essa può avere a livello di benessere ed armonia sociale.195 194 Lo sviluppo degli strumenti derivati Shariah – compliant dipende anche dal fatto che mentre la riba, interesse, è sempre tassativamente vietata il gharar, speculazione, è vietato solo quando eccessivo. Si noti che molti dei disaccordi intervenuti tra gli esperti islamici concernono la soggettività della percezione di “eccessiva speculazione”. 151 Il motivo principale per cui i contratti di forward e future tradizionali non sono accettati dagli esperti di legge islamica risiede nel fatto che sia il pagamento che la consegna sono differiti nel tempo. Un contratto a termine, inoltre, viola la proibizione della Shariah sulla vendita di beni non ancora esistenti o non ancora di proprietà del soggetto venditore, tuttavia gli studiosi islamici sono maggiormente conservatori circa l’esistenza della riba, mentre si mostrano maggiormente flessibili all’elemento del gharar presente nei contratti a termine, fermo restando che un livello di speculazione accettabile sia di supporto al benessere della collettività, in accordo con il principio del maslahah . Gli studiosi riconoscono l’utilità che i contratti derivati possono avere nella gestione del rischio di impresa, soprattutto quando essa comporti attività e passività espresse in valute diverse, ed hanno permesso la stipulazione di contratti forward e future sottoforma di tre principali contrati Shariah – compliant: 1. Bay-istisna: si tratta di uno scambio che avviene tra produttore e acquirente che non obbliga nessuna delle due parti ad adempiere alla propria obbligazione a pronti. 2. Bay-istijrar: si tratta della vendita ripetuta da parte dello stesso venditore. In questo caso gli studiosi risultano particolarmente flessibili e proprio perché la vendita ripetuta rappresenta una relazione duratura tra le parti il differimento sia del pagamento del prezzo che della consegna è accettato. 3. Bay-salam: si tratta del caso più particolare nei confronti del quale la giurisprudenza islamica prevede che il pagamento del prezzo avvenga a pronti e la consegna a termine. Il contratto di salam permette lo scambio di un bene non ancora esistente o non ancora di proprietà del venditore ed è necessario che il bene ragionevolmente esisterà o sarà di proprietà del venditore al momento dello scambio. La giurisprudenza islamica prevede l’utilizzo dei contratti di bay – istisna, bay – istijrar, che si riferiscono a contratti manifatturieri caratterizzati da rapporti duraturi tra le parti, in quanto l’elemento del gharar, è minimo ed i beni sono 195 Più che la speculazione stessa la finanza islamica rigetta la teoria della somma zero secondo la quale possono esistere situazioni in cui il guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato da una perdita o un guadagno di un altro partecipante. 152 difficilmente oggetto di speculazione di prezzo. Nel contratto di bay-salam l’oggetto di scambio è caratterizzato da beni fungibili che sono facilmente ricollocabili sul mercato quindi il rischio di gharar aumenta: questo è probabilmente il motivo per cui gli studiosi islamici insistono sul pagamento a pronti e la consegna a termine. La maggior parte degli studiosi di legge islamica non accettano l’utilizzo di contratti forward e future in valuta, nonostante l’ingegneria finanziaria islamica stia avanzando degli studi in tal senso.196 6.2.3. Le alternative islamiche agli swap Nonostante il ricorso allo strumento degli swap comporti la possibilità che essi vengano utilizzati con il fine della speculazione, elemento non conforme alla Shariah a causa dei divieti della riba, del gharar e del maysir, la finanza islamica comprende l’utilità che questo strumento ha per la gestione del rischio, per il funding e per gli obiettivi di pianificazione per l’impresa ed ha sviluppato i cosiddetti “Islamic swaps”, ossia swap conformi alla Shariah che, in quanto tali, non incorporano gli elementi di gharar e di maysir. L’ingegneria finanziaria islamica ha sviluppato tre tipologie di swap Shariah – compliant: l’FX swap, l’Islamic cross currency swap e il profit rate swap. L’FX swap è stato sviluppato con l’obiettivo di fornire alla clientela islamica uno strumento con il quale proteggersi dal rischio di fluttuazione del tasso di cambio. L’FX swap si struttura attraverso un doppio scambio di moneta tra due parti: il primo scambio avviene al tasso spot tra la parte A e la parte B e lo stesso giorno viene stipulato un contratto forward di breve termine che identifica il tasso forward al quale la parte B restituirà il denaro alla parte A. La caratteristica principale di questo tipo di strumento è che lo scambio di moneta197 deve avvenire a spot. La Shariah non ammette il contratto di spot 196 Per un approfondimento si consulti l’esempio proposto da M. Obaidullah, “Islamic Financial Services”, Islamic Economic Research Centre, King Abdulaziz University, Jeddah, Saudi Arabia, 2005, pp. 179-182 153 tradizionale in quanto tutti gli scambi di moneta avverranno in futuro sulla base di un tasso forward stabilito tra le parti, mentre nel caso di un FX swap islamico il primo scambio di moneta avviene a spot ed il secondo avviene a future sulla base di accordi contrattuali presi tra le parti nel momento in cui avviene il primo scambio. L’FX swap si può strutturare secondo il modello del tawarruq o secondo il modello del wa’ad. Il primo modello si struttura attraverso due contratti di tawarruq in modo che l’investitore che non voglia essere esposto alle fluttuazioni di cambio. Si consideri ad esempio un investitore che possegga 14.5 milioni di dollari e che voglia investire in euro con un tasso di cambio USD/€ di 1,45/1 ma senza essere esposto al rischio di fluttuazione del tasso di cambio. Sulla base del tasso di cambio esistente investendo 14.5 milioni di dollari l’investitore vuole ottenere 10 milioni di euro. In questo caso l’FX swap islamico si configurerà come segue198: 1. L’investitore acquista, attraverso la banca, un bene per il valore di 14,5 milioni di dollari in contanti; 2. L’investitore vende il bene alla banca al prezzo di 14.501 milioni di dollari con pagamento differito a un anno; 3. La banca vende il bene al Broker B per 14.5 milioni di dollari in contanti e cambia i dollari in 10 milioni di euro in base al tasso spot; 4. La banca compra il bene dal Broker B per 10 milioni di euro in contanti; 5. La banca vende il bene del valore di 10 milioni di euro all’investitore al prezzo di 10.414 milioni di euro con pagamento differito a un anno; 6. L’investitore vende, attraverso la banca, il bene al Broker A ed ottiene i 10 milioni di euro. 197 Lo scambio di moneta all’interno del contesto shariatico (bay al-sarf) è strettamente regolato dagli esperti di legge islamica. 198 Esempio tratto da: Dr. Asyraf Wajdi Dusuki, “Shariah Parameters on Islamic Foreign Exchange Swap as Hedging Mechanism in Islamic Finance”, International Conference on Islamic Perspective on Management and Finance, 2nd-3rd July 2009 154 Figura 6.8. la struttura di un FX swap islamico secondo il modello del tawarruq Fonte: Dr. Asyraf Wajdi Dusuki, “Shariah Parameters on Islamic Foreign Exchange Swap as Hedging Mechanism in Islamic Finance”, International Conference on Islamic Perspective on Management and Finance, 2nd-3rd July 2009 Il secondo modello con cui può essere sviluppato un FX swap islamico è wa’ad199. Il FX swap islamico si struttura come una doppia operazione: una prima operazione di scambio di moneta (bay al-sarf) avviene a spot e contestualmente, attraverso un wa’ad quindi una promessa con valore legale, ci si impegna a un’altra operazione di scambio di moneta (bay al-sarf) in una data stabilita, ad un tasso di cambio stabilito e di segno opposto. 199 Il termine “wa’ad” significa promessa. Nella 5th Conference of Islamic Fiqh Academy tenutasi in Kuwait nel 1988 (1409 H) gli esperti di legge islamica hanno stabilito che il wa’ad è da ritenersi non soltanto moralmente, ma anche legalmente valido quando viene stipulato all’interno di contrattazioni commerciali che causano l’assunzione di passività. 155 Si prenda in considerazione l’esempio precedente200 in cui un investitore che ha a disposizione dollari per un ammontare di 14.5 milioni voglia investire in euro con un tasso di cambio USD/€ pari a 1,45/1 coprendosi dal rischio di fluttuazione. In questo caso l’investitore può decidere di coprirsi dal rischio di fluttuazione del tasso di cambio attraverso un FX swap islamico strutturato secondo il modello wa’ad nel modo seguente: 1. L’investitore vende alla banca islamica i dollari al tasso spot ed ottiene euro secondo i principi del bay al-sarf; 2. Nello stesso momento l’investitore e la banca islamica stipulano, attraverso un wa’ad, ad entrare in una futura transazione di scambio di moneta che rispetti i principi del bay al-sarf; 3. Alla data futura prestabilita avviene una seconda operazione di bay al-sarf e l’investitore ottiene dollari in cambio di euro senza essere stato esposto al rischio di fluttuazione di cambio. Figura 6.9. La struttura di un FX swap islamico secondo il modello del wa’ad Fonte: Dr. Asyraf Wajdi Dusuki, “Shariah Parameters on Islamic Foreign Exchange Swap as Hedging Mechanism in Islamic Finance”, International Conference on Islamic Perspective on Management and Finance, 2nd-3rd July 2009 200 Esempio tratto da “Shariah Parameters on Islamic Foreign Exchange Swap as Hedging Mechanism in Islamic Finance”, Dr. Asyraf Wajdi Dusuki, International Conference on Islamic Perspective on Management and Finance, 2nd-3rd July 2009 156 L’operazione di copertura attraverso il currency swap convenzionale non è Shariah – compliant. L’ingegneria finanziaria islamica ha sviluppato un currency swap compatibile con i precetti religiosi e che permetta alle imprese e alle banche islamiche di godere dei vantaggi che porta questo tipo di strumento consentendo uno scambio di compensazione di flussi di profitto a fronte di valute con scadenze volute dalle parti contraenti attraverso due contratti di murabaha201. Si consideri il caso in cui una banca islamica malese che genera entrate in ringgit malese debba affrontare per un certo periodo di tempo pagamenti denominati in dollari. Per allineare le uscite in valuta diversa e coprirsi dal rischio di cambio la banca malese potrebbe entrare in un currency swap islamico: in base a questo contratto la banca malese acquisterà una certa quantità di merce A attraverso un contratto di murabaha in modo da percepire i canoni futuri in rigging malese e contemporaneamente un’altra banca islamica, con sede per esempio in uno dei paesi del GCC202, acquisterà attraverso lo stesso strumento una certa quantità di merce B attraverso un contratto di murabaha denominato in dollari. Combinando i due contratti di murabaha denominati in valuta diversa entrambe le banche saranno in grado di percepire futuri flussi di cassa nella valuta desiderata ed infine venderanno le materie acquistate al tasso di mercato. L’operazione si configurerà attraverso i seguenti passaggi: 1. La banca malese acquista da un fornitore un certo ammontare di merce; 2. La banca malese vende la merce alla banca del GCC ed ottiene il pagamento differito per un determinato periodo di tempo in ringgt; 3. La banca del paese del GCC vende la merce ad un soggetto terzo in dollari con pagamento differito per un determinato periodo di tempo; 4. La banca del paese del GCC riacquista la merce in dollari; 5. La banca del paese del GCC rivende la merce alla banca malese che paga in dollari; 6. La banca malese rivende la merce sul mercato ed ottiene il pagamento in ringgt. 201 Il currency swap islamico può strutturarsi anche attraverso il contratto di bay al-einah che corrisponde ad un murabaha nel quale coincidono il soggetto cliente e il soggetto venditore è che è sviluppato esclusivamente in Malesia. 202 Consiglio di Cooperazione del Golfo 157 Con questa operazione le due banche islamiche si sono coperte dal rischio di tasso in quanto il pagamento differito caratteristico dallo strumento del murabaha ha permesso alle due banche di poter contare su un flusso di profitto definito e nella valuta desiderata. A differenza di quello che accade nel caso del currency swap tradizionale nello strumento islamico non vengono scambiati due debiti e non ci sono flussi di interesse in quanto i flussi che si generano derivano dallo scambio sul mercato dell’attivo che regge l’operazione. Figura 6.10. La struttura dell’Islamic currency swap secondo il modello del murabaha Fonte: www.qfinance.com Il profit rate swap è l’alternativa islamica all’interest swap ed è stato lanciato nel mercato malese nel 2005 e accettato ufficialmente dalla ISDA e dalla IIFM nel 2012203 con lo scopo di permettere alle banche islamiche di poter gestire il rischio 203 Si veda articolo “IIFM and ISDA launch Mudabadalatul Arbaah (MA) Profit Rate Swap (PRS) Product standard”, consultabile nei rispettivi siti: www.iifm.net e www.isda.org 158 di esposizione verso tassi fissi e variabili di rendimento permettendo loro di cambiarne la natura. Il profit rate swap si basa sulla combinazione di due contratti murabaha204 in modo che le parti possano scambiarsi degli asset con consegna immediata e pagamento differito e che un flusso di profitto sia a tasso fisso e l’altro a tasso variabile. Il profit rate swap islamico viene realizzato quando due imprese, una profitti che si manifestano in misura determinata (Fixed rate payer) e una con profitti che si manifestano in misura variabile (Floating Rate Payer), necessitano di cambiare la natura dei propri cash flow e si configura come una combinazione di due murabaha. 1. I due contraenti stipulano il primo accordo di murabaha nel quale il floating rate payer acquista da un terzo fornitore un determinato quantitativo di merci205; 2. Il floating rate payer vende il quantitativo di merci al fixed rate payer entrando in un murabaha e stabilendo un mark – up per la transazione ad un costo che prevede un mark – up fisso per la transazione. La consegna delle merci avviene nel momento in cui è stipulato il contratto mentre il pagamento è differito; 3. Il fixed rate payer vende il quantitativo di merci ad un terzo soggetto allo scopo di realizzare il cash flow necessario per il pagamento; 4. Il floating rate payer riceve un pagamento differito, fisso e periodico per la vendita delle merci; 5. Contestualmente le parti stipulano il secondo accordo di murabaha nel quale il fixed rate payer acquista un una porzione del quantitativo di merci della prima transazione da un soggetto terzo; 6. Il fix rate partner vende le merci al floating rate partner per una consegna immediata ed un pagamento differito (ad esempio a sei mesi); 204 Il profit rate swap islamico può anche strutturarsi attraverso una serie di promesse unilaterali, wa’ad, definendo lo scambio in un particolare momento del futuro. 205 Secondo il diritto islamico è necessario essere in possesso del bene per poter contrarre un murabaha. 159 7. Il floating rate partner vende le merci sul mercato in modo da realizzare il cash flow necessario per il pagamento; 8. Il fix rate partner acquista e vende una porzione dell’ammontare iniziale di merci ogni sei mesi e fino a scadenza ed allo stesso modo ogni sei mesi il floating rate partner vende la porzione di merci sul mercato allo scopo di realizzare il cash flow per il pagamento dell’operazione. Per generare i flussi di rendimento variabili nel rispetto della Shariah è necessario che ad ogni intervallo di tempo, ad esempio ogni sei mesi, il fixed rate payer acquisti una porzione dell’ammontare delle merci in modo che il mark – up venga realizzato attraverso uno scambio di mercato e non in forza di un indice di riferimento come avviene nel contesto convenzionale206. Figura 6.11. La struttura dell’Islamic Profit Rate Swap Fonte: “Profit Rate Swap”, Allen & Oliver, IFR Magazines 206 Yusuf Talal De Lorenzo “The Total Return Swap and the Shariah Conversion Technology Strategem”, 2007 160 6.2.4. Le alternative islamiche alle opzioni La legittimazione delle opzioni nel contesto Shariah – compliant deriva dalla loro vicinanza concettuale allo strumento islamico al – urbun . L’urbun permette all’acquirente di depositare una certa somma in anticipo concordando che se lo stesso si rifiuterà di renderlo definitivo in una determinata data allora perderà il deposito ed appare perciò immediatamente assimilabile all’opzione call tradizionale. Le posizioni dei giuristi nei confronti dello strumento dell’urbun non sono perfettamente concordi 207 , nonostante molti studiosi oggi lo legittimino208soprattutto perché aumenta la possibilità che le parti entrino nella transazione in modo razionale dando loro la possibilità di limitare l’asimmetria informativa e gli elementi di incertezza contrattuale. Secondo gli studiosi islamici una delle giustificazioni giuridiche al ricorso dello strumento delle opzioni è il concetto di al – khiyar, traducibile come giusto recesso, che è riconosciuto etico dalle diverse scuole di pensiero. Il khiyar può essere di vari tipi, ma quello più importante ai fini dell’analisi è il khiyar al – shart. Il principio del khiyar non è che un’espressione giuridica del divieto del gharir e del fatto che uno degli elementi di nullità di un contratto islamico è l’incertezza di 207 La scuola Shaafita e la scuola Malikita lo considerano non Shariah – compliant. La scuola Hanafita lo accetta con riluttanza in quanto ne riconosce degli elementi di imperfezione mentre la scuola Hanabalita si è dimostrata la più propensa nella legittimazione. 208 “Past Islamic jurists were divided on determining the ruling of bai' 'urbun. The following is a sUmmahry of their opinions: the majority were of the opinion that bai' 'urbun is not permissible as it contained elements of gharar, gambling and taking of property unlawfully. They also discussed the prohibition of bai' 'urbun by the Prophet s.a.w. Some tabi'in, among them, Mujahid, Ibnu Sirin, Nafi' b. Haris, Zaid b. Aslam and the Hanbali mazhab considered it permissible based on the practices of Saidina Omar AI-Khattab. He once appointed Nafi' to be his representative to buy a house from Safwan b. Umayyah in Mecca to be converted into a prison. Safwan asked Omar for a deposit and laid down a condition that the deposit would be his if Omar terminated the contract. Omar agreed to the condition. This opinion was strengthened by Qadhi Shuraih who said that whoever caused ta'attul (delay) and intizar (waiting) had to pay compensation to the party affected by the termination of the contract. Although there were two opposing views to this method of trading, the SAC concluded that the concept of bai' 'urbun is permissible and can be developed as an instrument in the Islamic capital market in Malaysia. It has been a common practice in any society to pay a deposit as a payment in a business transaction so that they will not lose their rights within a certain given period. This does not contradict Syariah principles because it is 'urf sahih to ensure the smooth running of a muamalah. Bai' 'urbun is permissible because the hadith of the Prophet s.a.w., indicating the prohibition is weak.” SAC, Ottobre 2003. 161 un elemento contrattuale legato ad asimmetria informativa. Secondo la giurisprudenza islamica il khiyar al – shart aumenterebbe il livello di efficienza nel mercato in quanto permetterebbe ai soggetti di non concludere un contratto se, dal momento in cui le parti hanno preso contratto e il momento in cui avviene la decisione il livello di asimmetria informativa è diminuito e sulle basi delle nuove informazioni uno o entrambi i soggetti non ritengono più il contratto conveniente. Esistono diversi tipi di khiyar, ma il più importante è il khiyar al – shart. Lo studioso Obaidullah209 evidenzia come il khiyar al – shart possa essere utilizzo allo scopo di tutela dei rischi da un fondo di investimento islamico. Se la strategia del fondo comprendesse la possibilità di acquistare o vendere delle azioni di un’azienda Shariah – compliant dopo un determinato periodo di tempo (ad esempio 3 mesi) sarebbe esposto al rischio di fluttuazione dei prezzi delle azioni. Per tutelarsi da questo rischio il fondo potrebbe entrare in un khiyar al – shart per tre mesi e decidere se acquistare o vendere i titoli sulla base dell’andamento che i mercati hanno avuto durante l’holding period. Se decidesse di concludere il contratto, tuttavia, dovrebbe farlo ad un prezzo maggiore rispetto a quello precedentemente stabilito per rimborsare gli svantaggi che la mancata immediata stipulazione dell’accordo che ha causato all’impresa. 6.3. Gli indici islamici e le metodologie di screening L’etica islamica ammette l’obiettivo del profitto ma lo subordina ad obiettivi di carattere più generale. Il mercato finanziario islamico è un mercato soggetto ad una specifica disciplina etica ed il rendimento è ammesso soltanto se le attività attraverso le quali sono è stato generato sono ammesse dalla Shariah. Gli indici di investimento hanno lo scopo di valutare l’andamento delle società che costituiscono il loro paniere di titoli. Lo sviluppo della finanza islamica ha spinto indici tradizionali come il Don Jones e lo S&P ad interessarsi anche alle 209 M. Obaidullah, “Islamic Financial Services”, Islamic Economic Research Centre, King Abdulaziz University, Jeddah, Saudi Arabia, 2005 162 imprese Shariah – compliant in modo da creare dei benchmark per gli investitori che aderiscono all’etica islamica, ma ai quali possono ricorrere anche investitori che intendono semplicemente diversificare il proprio portafoglio. Allo stesso tempo appositi benckmark sono stati sviluppati anche nei paesi a maggioranza di popolazione musulmana che intendono sviluppare il settore finanziario islamico: è il caso ad esempio della Malesia e del Pakistan le cui borse hanno definito specifici criteri di screening. Secondo gli studiosi la nascita di benckmark Shariah – compliant sono importanti anche quale spinta all’ulteriore sviluppo della finanza islamica. 6.3.1. I criteri di screening qualitativi Dati i limiti imposti dalla Shariah non tutte le imprese possono essere comprese negli indici di borsa islamici, ma devono rispecchiare criteri di ammissibilità sia di tipo qualitativo che quantitativo. Sotto l’aspetto dei criteri qualitativi la natura del business dell’impresa islamica sottoposta a screening deve essere halal e quindi non essere compresa nelle seguenti attività vietate: - finanza basata sul tasso di interesse (banche ed assicurazioni tradizionali); - produzione, commercializzazione di alcool e suoi derivati; - produzione, commercializzazione di carne suina e suoi derivati; - produzione, commercializzazione di tabacco; - produzione di armamenti; - società del settore del gioco d’azzardo; - società del settore della pornografia. Gli aspetti qualitativi si estendono anche alla controparte dell’impresa soggetta a screening che dovrebbe possedere solo un ammontare “trascurabile” di investimenti e partecipazioni in imprese non Shariah – compliant. Secondo 163 quanto affermato da Khatkhatay e Nisar210 la minoranza più conservatrice degli studiosi della Shariah non ammette in nessun caso investimenti in capitale a pieno rischio di imprese non conformi alla Shariah, mentre la maggioranza li ammette se trascurabili, fissandone generalmente l’ammontare massimo al 5%. 6.3.2. I criteri di screening quantitativi I criteri quantitativi nascono dall’esigenza di mantenere determinati ratio finanziari al di sotto di un determinato limite e considerano: il livello di indebitamento, il livello di attivi e passivi portatori di interessi, il livello di liquidità ed il livello di credito. Mentre nei confronti dei criteri qualitativi la maggioranza degli indici Shariah – compliant si uniforma, nel caso dei criteri di tipo qualitativo si possono osservare più differenze. La maggior parte dei benckmark considerano il limite soglia del 33% in accordo con la Sunna del Profeta Muhammad 211 ma alcuni indici impongono delle soglie di accesso diverse. Queste differenze hanno la conseguenza che alcune aziende possono essere considerate Shariah – compliant da indici, ma escluse da altri che impongono limiti più restrittivi. I ratio finanziari considerati nel processo di screening sono i seguenti: - Livello di indebitamento (debt ratio): il ricorso agli interessi è contrario alla Shariah e quindi haram. Ciò nonostante nel moderno contesto è difficile che un’impresa sia assolutamente non indebitata o non abbia partecipazioni in capitale a pieno rischio che presentano un livello anche minimo di finanziamento ad interesse. Per questo motivo la maggior parte degli studiosi della Shariah ricorre al principio del masalahah, pubblico interesse, ed ammette un livello di indebitamento trascurabile. 210 M. H. Khatkhatay, S. Nisar, “Shariah Compliant Equity Investment: An Asset of Current Screening Norms”, paper presented at the Seventh Harvard University Forum on Islamic Finance, April 23, 2006, Harvard Law School, Massachusetts, USA 211 In un hadit il Profeta Muhammad ha affermato che il giudizio dipende dalla maggioranza, non dalla minoranza, aggiungendo che la linea di demarcazione tra la maggioranza e la minoranza è un terzo. 164 Alcuni indici ricorrono al ratio espresso da totale debito : totale attivo, mentre altri quello espresso da debito: capitalizzazione di mercato. - Utili provenienti da interessi acquisiti: questo limite viene analizzato sotto un duplice aspetto. Da una parte gli utili da interesse diretti devono essere minori del 5% del fatturato, dall’altra gli utili da interessi derivanti da attività di investimento devono essere inferiori ad una soglia che va dal 30% al 33,33% a seconda del fondo o indice islamico. - Livello di attivi liquidi: il divieto della tesaurizzazione condanna la detenzione di attività liquide all’interno dell’impresa ed è richiesto che la maggioranza delle attività di un’impresa o di un fondo di investimento Shariah – compliant sia illiquida perché le azioni possano essere scambiate sul mercato e non assimilate allo scambio di moneta. Il livello di attivi liquidi soglia viene calcolato in modo diverso dai vari indici. Alcuni considerano solo il livello di liquidità corrente, mentre altri includono nel calcolo anche i crediti e gli investimenti a breve termine da ricevere. Alcuni indici rapportano il numeratore al totale dell’attivo ed altri alla capitalizzazione di mercato. Allo stesso modo alcuni indici pongono il livello di attivi liquidi massimo accettabile al 33%, altri attorno al 50%. Figura 6.12 Criteri quantitativi dei principali indici di Borsa DJIMI FTSE GIIS 33% 50% 49% S&P Shariah Percentuali di liquidità (Crediti + disponibilità)/Totale attivi Crediti/Capitalizzazione Percentuali di debito Totale debiti/Totale attivi Totale debiti/Capitalizzazione 33% 33% 33% Percentuali di utile da interesse Utili da interesse/Fatturato (Disponibilità + investimenti a breve termine)/Capitalizzazione (Disponibilità + investimenti a breve termine)/Totale attivi Dove: DJIMI: Dow Jones Islamic Market Index FTSE GIIS: FTSE Global Islamic Index Series 5% 33% 33% 33% Fonte: K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao Edizioni, Milano, 2013 165 6.4. Gli organi che compongono il sovra sistema finanziario islamico Lo sviluppo della finanza islamica è stato reso possibile dall’intervento e dallo sforzo degli esperti della Shariah e da appositi organi di studio e promozione degli spetti del settore, la maggior parte dei quali ha sede in Bahrain: 1. AAOIFI (Accounting and Auditor Organization for Islamic Financial Institutions): è il primo organo della finanza islamica creato nel 1991 in Bahrain. Ha l’obiettivo di armonizzare il settore e migliorare la chiarezza e la trasparenza delle pratiche delle istituzioni finanziarie islamiche attraverso l’aggiornamento di norme contabili, di auditing e di governance. Ad oggi l’AAOIFI ha emanato 88 principi212 di cui: 48 principi sulla Shariah, 26 principi legati alla contabilità, 5 principi sulla revisione contabile, 7 principi sulla governance e 2 principi in termini di codice etico. 2. IIFM (International Islamic Financial Market): è stato fondato nel 2001 in Bahrain per volontà delle banche centrali o delle autorità monetarie di Bahrain, Indonesia, Sudan, Malesia, Brunei e della Banca Islamica dello Sviluppo. L’obiettivo dell’IIFM è quello di sviluppare il mercato dei capitali islamici e di promuovere gli scambi all’interno di un settore regolamentato. 3. CIBAFI (General Council for Islamic Banks and Financial Institutions): nasce nel 2001 in Bahrain con l’intento di promuovere l’industria finanziaria islamica sia sul piano teorico che operativo. 4. ISFB (Islamic Financial Service Board): nasce nel 2002 in Malesia con l’obiettivo di sviluppare un insieme di norme e standard che integrino gli Standard di Basilea in tema di gestione del rischio, adeguatezza dei fondi propri e governance. 5. LMC (Liquidity Management Centre): è stato fondato nel 2005 in Bahrain e offre soluzioni in materia di gestione della liquidità per le istituzioni 212 Per un approfondimento sui principi emanati dall’AAOIFI si rimanda al sito ufficiale dell’organizzazione www.aaoifi.com 166 finanziarie islamiche che non possono ricorrere al mercato interbancario a causa del divieto della riba. Ambisce a sviluppare un mercato interbancario islamico attivo attraverso la creazione di un mercato secondario per i prodotti di tesoreria a breve termine. 6. IIRA (Islamic International Rating Agency): è l’agenzia di rating per le istituzioni finanziarie islamiche ed è stata creata in Bahrain nel 2005. Si occupa dell’emissione degli emittenti di titoli Shariah – compliant e svolge un importante ruolo nella promozione della trasparenza del mercato islamico dei capitali. 7. IICRA (International Islamic Centre for Reconciliation and Arbitration): è stato creato nel 2005 a Dubai ed è il principale centro di riconciliazione ed arbitraggio dei contenzioni riguardanti i contratti finanziari islamici. Figura 6.13 I principali organi della finanza islamica ISTITUZIONE ANNO E LUOGO DI CREAZIONE OBIETTIVI AAOIFI 1991, Bahrain Sviluppare uno standard di norme per la finanza islamica IIFM 2001, Bahrain Sviluppare un mercato monetario e di capitali islamico mondiale CIBAFI IFSB LMC IIRA IICRA Promuovere l'industria 2001, Bahrain finanziaria islamica nella teoria e nella pratica Istituire un corpus di norme di 2002, Malesia sorveglianza e di regolamentazione del settore Sviluppare un mercato 2005, Bahrain interbancario islamico attivo Valutazione delle istituzioni 2005, Bahrain finanziarie islamiche Riconciliazione e arbitraggio dei 2005, Dubai (EAU) contenziosi sui contratti finanziari islamici Fonte: K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao Edizioni, Milano, 2013 167 7. LE TEORIE FINANZIARIE SECONDO LA PROSPETTIVA ISLAMICA In questo capitolo si vogliono esporre alcune importanti teorie per le scelte finanziarie in modo da poterle analizzare sotto la prospettiva islamica. Quattro sono i temi affrontati: la teoria del portafoglio di Markowitz, la capital market line elaborata da Tobin, il modello del capital asset pricing model e la teoria dei mercati efficienti. Sarà evidenziato come il sistema finanziario islamico valuti le diverse teorie sulla base delle sue proprie specificità, prime tra tutte il divieto della riba, della speculazione e della vendita allo scoperto per terminare l’analisi considerando la concezione islamica di efficienza dei mercati che non può essere separata dal senso di etica tutelato dalla Shariah. 7. 1 Rischio e ritorno secondo la prospettiva islamica 7.1.1 Rischio e incertezza Secondo la prospettiva islamica la gestione del rischio e dell’incertezza devono avvenire nel rispetto del Sacro Corano (il Corano,7;188 213 e 31;34 214 ) che evidenziano le condizioni di incertezza del futuro in cui vive l’umanità, 213 “Di': <<Non dispongo, da parte mia, né di ciò che mi giova, né di ciò che mi nuoce, eccetto ciò che Allah vuole. Se conoscessi l'invisibile possederei beni in abbondanza e nessun male mi toccherebbe. Non sono altro che un nunzio e un ammonitore per le genti che credono>>” www.ilcorano.it 214 “In verità la scienza dell'Ora è presso Allah, Colui Che fa scendere la pioggia e conosce quello che c'è negli uteri. Nessuno conosce ciò che guadagnerà l'indomani e nessuno conosce la terra in cui morrà. In verità Allah è il Sapiente, il Ben informato.” www.ilcorano.it 168 contrapposte alla superiorità della completa conoscenza di Allah 215 che viene definito “il Sapiente”. Secondo la prospettiva della finanza tradizionale l’informazione, sebbene incompleta, permette di comprendere parte degli accadimenti futuri, spostandosi dalla nozione di “incertezza” alla nozione di “rischio”: maggiore è l’incompletezza delle informazioni maggiore è il rischio che viene corso, che non può essere definito puntualmente, ma soltanto stimato. Secondo la prospettiva islamica l’incertezza e il rischio considerati nella finanza occidentale possono essere assimilati al gharar: nella finanza islamica, tuttavia, il gharar, a differenza della riba, è vietato solo quando eccessivo. L’eccessiva asimmetria informativa, del prezzo o dell’oggetto di un contratto, è una delle cause dell’invalidità del contratto islamico. Il rischio di impresa e l’incertezza dei futuri ricavi sono accettati dalla finanza islamica, come dimostra il fatto che i contratti Shariah – compliant per eccellenza si basano sul profit and loss sharing, purché ambo le parti posseggano un’adeguata base informativa che limiti l’insorgere di conflitti. 7.1.2. Risk – return parity Per la finanza islamica l’associazione rischio – ritorno è fondamentale. Il principio islamico “Al kharaj bi al daman” deriva dal divieto della riba e impone che rischi e ritorni siano considerati strettamente legati nella gestione dell’attività imprenditoriale e negli investimenti finanziari: secondo la giurisprudenza islamica è inammissibile che un contratto preveda che una parte partecipi ai soli ritorni senza assumere il rischio di impresa, circostanza che si verifica in caso di finanziamento attraverso capitale di debito. La finanza islamica accetta la relazione rischio – rendimento sia in termini positivi che negativi. Nelle operazioni di investimento la dottrina islamica accetta che un investimento dia ritorni maggiori se implica l’assunzione di un maggior rischio e 215 Al-'Alîm, il Sapiente, è uno dei 99 bellissimi nomi di Allah. 169 vice versa. Nelle operazioni di finanziamento il costo delle fonti di finanziamento dovrebbe essere maggiore in presenza di un livello maggiore di rischio. Il sistema finanziario islamico ha sviluppato degli strumenti finanziari specifici in modo da rispettare la relazione rischio – rendimento senza incorrere nel divieto della riba216. 7.2 Portfolio e capital market theory : prospettiva tradizionale e prospettiva islamica a confronto 7.2.1 La portfolio theory Il primo contributo alla definizione, e successivo sviluppo, degli asset allocation model lo si deve a Henry Markowitz217. Nella sua protfolio theory Markowitz dimostra che scegliendo titoli con andamenti non esattamente concordi si riduce lo scarto quadratico medio dei rendimenti di un portafoglio e quindi il rischio. Il rischio che può essere potenzialmente eliminato con la diversificazione è chiamato rischio specifico: deriva dal fatto che molti dei “pericoli” che circondano una singola impresa sono peculiari all’impresa stessa. Vi sono poi “pericoli” che interessano l’intera economia che costituiscono quello che viene chiamato rischio sistemico e per il quale la diversificazione non ha effetti. Markowitz elabora il concetto di “frontiera dei portafogli” indicando con questo termine l’insieme di portafogli che soddisfano l’ipotesi di razionalità nelle scelte di investimento degli operatori economici: la frontiera dei portafogli indica il 216 Gli strumenti finanziari del circuito bancario islamico sono stati analizzati nel capitolo quinto, mentre quelli del mercato dei capitali nel capitolo sesto. 217 H. Markowitz, “Portfolio Selection”, Jurnal of Finance 7, March 1952 N°1: 77-91 170 luogo dei portafogli caratterizzati dalla minima varianza218 ammissibile per un dato livello di rendimento. Le ipotesi alla base del modello elaborato da Markowitz sono le seguenti: ‐ Gli investitori sono razionali ‐ Tutti gli investitori hanno attese omogenee: stimano nel medesimo modo la distribuzione di probabilità dei tassi di rendimento futuri ‐ Gli investitori hanno lo stesso orizzonte temporale per la valutazione ‐ Gli investimenti sono infinitamente divisibili ‐ Non esistono costi di negoziazione ‐ Non vi è inflazione e qualsiasi variazione dei tassi di interesse o di inflazione è anticipata ‐ I mercati dei capitali sono in equilibrio Figura 7.1 La frontiera efficiente Fonte: www.wikipedia.org 218 Nella teoria della probabilità e in statistica la varianza di una variabile aleatoria x (e della distribuzione di probabilità che questa segue) è una funzione indicata con σ2(x), o a volte con Var(X), che fornisce una misura di quanto siano vari i valori assunti dalla variabile, ovvero di quanto si discostino dal valore atteso E[x]. La varianza di x è definita come il valore atteso del quadrato della variabile aleatoria centrata xE[x]: σ2(x) = E [(x) – E[x]2] = E[x2] – E[x]2. 171 Secondo la teoria di Markowitz, in presenza di sole attività rischiose il portafoglio ottimo è uno tra quelli collocati lungo il tratto efficiente della frontiera e dipende dall’attitudine al rischio del soggetto. Poiché gli investitori non presentano una identica propensione al rischio, la scelta di ciascuno sarà diversa, ossia ognuno avrà un portafoglio composto da differenti combinazioni di titoli. Nel grafico il simbolo σ2p denota la varianza del rendimento del portafoglio e μp il rendimento atteso. In corrispondenza della varianza minima, 1/C, il rendimento atteso è pari a B/C. Considerando che ad una stessa varianza, σ*, corrispondono più rendimenti attesi, è possibile dividere la frontiera in due porzioni: la frontiera dei portafogli efficienti, corrispondenti ai portafogli che presentano un rendimento maggiore di quello a varianza minima, e la frontiera dei portafogli non efficienti. 7.2.2. La capital market theory Nel 1958 James Tobin rielabora la teoria introdotta da Markowitz ipotizzando l’esistenza di un titolo privo di rischio, risk – free, che garantisce un rendimento sicuro. Se Markowitz separava nettamente la scelta se investire in attività rischiose o in attività risk – free, Tobin ipotizzava una combinazione tra titoli rischiosi e un titolo risk – free definendo quello che è conosciuto come “teorema di separazione”219. Le ipotesi alla base del modello sviluppato da Tobin sono le seguenti: - Il portafoglio M, detto portafoglio di mercato, è oggettivamente migliore e domina tutti gli altri; - La semiretta che unisce il tasso risk-free e il portafoglio di mercato è la nuova frontiera efficiente ed è detta Capital Market Line (CML); 219 J. Tobin, “Liquidity preference as behavior towards risk”, Review of Economic Studies, 25, No. 2, Feb 1958, pp 65 – 86 172 - Ogni portafoglio presente sulla frontiera efficiente è formato da una quota del titolo privo di rischio e da una del portafoglio di mercato. Sotto l’ipotesi della combinazione tra attività rischiose e un titolo risk – free un investitore propenso al rischio può indebitarsi al tasso risk – free e usare il finanziamento per comprare ulteriori quote del portafoglio di mercato. Attraverso l’aggiunta dell’ipotesi dell’esistenza di un titolo risk – free Tobin elabora la CML (Capital Market Line), ossia la linea efficiente per tutto il mercato che risulta una spezzata. Ogni punto che si trova al di sotto della capital market line non sarà mai vantaggioso in quanto esisterà sempre un titolo che, a parità di rischio complessivo, sarà in grado di garantire un rendimento maggiore. Figura 7.2 Frontiera efficiente e Capital Market Line Fonte: www.bankpedia.org Ipotizzando che gli investitori scelgano un unico portafoglio P e sapendo che il tasso risk – free è unico si otterrà che la capital market line è anch’essa unica avente pendenza pari a R(p): E(R) = Rf +{ 220 ! (!")! !" !! }x σ220 Dove: 173 La pendenza della capital market line rappresenta il prezzo di mercato del rischio: essa esprime il premio per ogni unità di rischio e misura l’aumento di rendimento richiesto da un investitore a fronte dell’assunzione di una unità di rischio addizionale. Il rendimento di un portafoglio efficiente viene quindi espresso attraverso l’equazione della capital market line. Figura 7.3: La scelta del portafoglio ottimale Fonte: Corso di Pianificazione finanziaria, Professor E. Pavarani, Università degli studi di Parma Nel primo tratto della capital market line, compreso tra il tasso risk – free e il portafoglio P, si collocano i portafogli dei titoli dei soggetti poco propensi al rischio, mentre nel secondo tratto si collocano i portafogli dei soggetti che hanno una propensione al rischio medio – alta che si indebitano al tasso risk – free e che utilizzano il finanziamento per comprare altri titoli. Sotto queste ipotesi l’investitore sceglie il portafoglio P indipendentemente dalla propria propensione Rf = risk – free rate Rm = rendimento atteso del portafoglio di mercato σm = scarto quadratico medio del portafoglio di mercato. Lo scarto quadratico medio è la radice quadrata del valore della varianza. Siccome la varianza è una quantità di secondo grado (essendovi i quadrati degli scarti) al suo posto si considera spesso la sua radice quadrata, in modo da avere valori dello stesso ordine dei dati, che viene indicata come scarto quadratico medio 174 al rischio che si manifesta nella quota di ricchezza da destinare all’attività risk – free. Per ogni investitore il portafoglio ottimale sarà rappresentato da un punto della capital market line che esprime una combinazione tra titolo risk – free e il portafoglio di mercato. L’investitore massimizzerà la sua utilità scegliendo il portafoglio O, punto di tangenza tra le curve di indifferenza dell’investitore e la capital market line. 7.2.3. La portfolio theory e la capital market theory secondo la prospettiva islamica Alcuni autori, islamici e non, hanno nel tempo analizzato l’influenza del sistema finanziario islamico sulla portfolio theory e sulla capital market theory: qui si riportano le considerazioni Naqvi e Johnson e Neave per concludere con il pensiero più contemporaneo. Nel 1986 S.N.H. Naqvi221 propose un approccio che considerava le peculiarità del sistema islamico, dove non esistono titoli risk – free, affermando che il divieto della riba eliminava la possibilità di ritorni economici su attività caratterizzate dall’assenza di rischio. Sulla base di questi assunti Naqvi rielaborò il modello della capital market line affermando che data l’assenza di titoli risk – free la scelta ottima di portafoglio per un investitore islamico non poteva essere definita mediante la tangenza con la capital market line, ma con la frontiera di efficienza. 221 Naqvi S.N.H., “A Model of Dynamic Islamic Economy”, Pakistan Institute of Development Economics, Islamabad, Pakistan, 1986 175 Figura 7.4. Ottimizzazione del portafoglio nel mercato tradizionale e islamico (Naqvi) Fonte: M. Obaidullah, “Teaching corporate finance from an Islamic perspective”, Islamic Economics Research Centre, Jeddah 1427/2006 Lo studio proposto da Johnson e Neave222 nel 1996 ipotizza che la maggiore differenza nelle scelta del portafoglio ottimale tra il sistema tradizionale e quello islamico sia da imputare alle minori possibilità di diversificazione offerte dall’ultimo a causa delle restrizioni imposte dalla Shariah. Nel loro studio Johnon e Neave non agiscono sull’ipotesi di esistenza del tasso risk – free che rimane invariata, mentre l’ipotesi di minori possibilità di diversificazione spinge la frontiera efficiente verso destra. Anche in questo caso si evidenzia una perdita di benessere all’interno del sistema islamico. 222 Lewis D. Johnon e Edwin H. Neave, “Efficiency and Effectiveness of Islamic Financing: The Cost of Ortodoxy”, Working Paper # 96-26, Queen’s School of Business, Queen’s University, Canada 176 Figura 7.5. Ottimizzazione del portafoglio nel mercato tradizionale e islamico (Johnson e Neave) Fonte: M. Obaidullah, “Teaching corporate finance from an Islamic perspective”, Islamic Economics Research Centre, Jeddah 1427/2006 Oggi gli studi proposti da Naqvi e da Johnson e Neave sembrano irrealistici223 ed evidenziano come dalla sua nascita la finanza islamica abbia dato prova di grande ingegneria finanziaria con l’obiettivo di rispondere ai bisogni finanziari degli operatori economici in accordo con la Shariah. Accanto agli organi di tutela e promozione del sistema finanziario islamico sono nati organi di ricerca importanti che, insieme agli Shariah Supervisory Board delle istituzioni finanziarie islamiche, agiscono sia sul piano operativo che sul piano della ricerca. Sul piano operativo l’obiettivo è quello di aumentare l’offerta di prodotti con il fine di soddisfare le esigenze degli economico – finanziarie degli operatori islamici rendendo il sistema finanziario islamico più efficiente e completo. Ad un’ampiezza nell’offerta di prodotti finanziari islamici si accompagna necessariamente una rivisitazione delle teorie finanziarie, come dimostra l’evoluzione che ha avuto l’approccio alle teorie di mercato di Markovitz e Tobin. 223 Fonte: M. Obaidullah, “Teaching corporate finance from an Islamic perspective”, Islamic Economics Research Centre, Jeddah 1427/2006 177 Il sistema economico islamico è caratterizzato dall’assenza di asset risk – free, dalla proibizione di titoli di debito con tassi di ritorno predeterminati e dal principio del profit and loss sharing. Nel sistema economico islamico i ritorni degli asset finanziari sono direttamente legati all’andamento del settore reale e quindi anche le scelte di portafoglio dipendono dall’andamento dell’economia reale. Le decisioni di composizione di portafoglio di un investitore islamico sono influenzate da diversi fattori: dal pool di strumenti finanziari disponibili sul mercato, dalle opportunità di diversificazione, dalla completezza del mercato, dalla presenza di asimmetria informativa, dall’attitudine al rischio e dalle necessità di liquidità. Nonostante il limite del divieto della riba il mercato finanziario islamico ha nel tempo sviluppato diverse tipologie di prodotti finanziari che si differenziano per il profilo rischio – rendimento, struttura e profilo temporale. Per analizzare la teoria di portafoglio secondo la prospettiva islamica è possibile dividere gli strumenti offerti dal sistema finanziario islamico in due macro categorie: contratti sottoforma di asset – based security e contratti di pura partnership, come il musharaka224, considerando i primi come strumenti a basso profilo rischio – rendimento e il secondo come strumento ad alto profilo rischio – rendimento. Il sistema islamico, che si fonda sul principio del profit and loss sharing, riconosce l’esistenza del rischio e l’avversione degli investitori verso lo stesso ed ecco perché enfatizza la necessità di costruire contratti sicuri, che riducano al limite l’asimmetria informativa tra le parti e quindi il rischio. Il sistema islamico si fonda su obiettivi sociali e quindi proibisce il comportamento speculativo: una volta che il sistema è in grado di ridurre il rischio legato all’asimmetria informativa e al comportamento speculativo è possibile ipotizzare che l’avversione al rischio dell’investitore islamico sia legata alla sola incertezza per il futuro e che esso agisca nel rispetto delle norme della Shariah. 224 In realtà ogni contratto della finanza islamica può essere classificato come asset – based security perché tutti presentano un collegamento diretto o indiretto con il settore reale. È però possibile sostenere che i contratti che si basano su una transazione di vendita siano più strettamente collegati al settore reale e presentano un tasso di ritorno più certo rispetto ai contratti di pura partnership. Gli strumenti islamici che è possibile considerare come asset – based security nella trattazione sono ad esempio: murabaha, ijara, bay-muajjal, bay-salam. 178 Considerando lo specifico contesto islamico è possibile presupporre che l’investitore islamico sia un soggetto razionale e avverso al rischio, ma che agisca nel rispetto delle norme della Shariah in quanto consapevole delle responsabilità nei confronti del sistema islamico e della società.225 Assunto che l’investitore islamico agisca nel rispetto della Shariah si può affermare che egli operi sui mercati finanziari con l’obiettivo di raggiungere il miglior trade – off tra rendimento e rischio. Il sistema finanziario islamico riconosce il valore del denaro nel tempo, ma presuppone che esso non dipenda da transazioni monetarie ma solo da scambi di beni reali o di servizi. La prospettiva islamica del valore del denaro nel tempo, tuttavia, non rende inaccettabile la teoria di portafoglio per la Shariah: un investitore islamico costruirà il suo portafoglio considerando i ritorni attesi e le varianza sugli stessi attraverso un tasso che rappresenti il valore del denaro nel tempo determinato attraverso i ritorni di beni e servizi del settore reale. È possibile concludere che la prospettiva islamica contemporanea accetta la portfolio theory e riconosce che gli assunti del modello possano spiegare il comportamento degli investitori islamici. È necessario però introdurre un nuovo assunto: l’investitore islamico agisce nel rispetto della Shariah e della società islamica. Questo significa che non esisteranno titoli risk – free, ma asset – based security, che rappresentano gli strumenti finanziari con il più basso profilo rischio-rendimento. I titoli rischiosi saranno invece sostituiti dal contratto di musharaka che, fondandosi sul principio del profit and loss sharing, risulta il contratto a più alto profilo rischio – rendimento del sistema islamico. 225 A. Habib, “Theoretical foundations of Islamic economics”, The Islamic development bank, Islamic research and training institute, Book of readings N°3, Jeddah, 2002 179 7.3. Il Capital Asset Pricing Model (CAPM) 226 Il Capital Asset Pricing Model è un modello di equilibrio dei mercati che consente di individuare una precisa relazione tra rendimento e rischio attesi per tutte le attività rischiose misurando il contributo di ogni singolo titolo alla rischiosità del portafoglio. Il CAPM è stato sviluppato sulla base delle precedenti teorie e presuppone che il contributo di un titolo alla varianza del portafoglio di mercato, e quindi al rischio del portafoglio, è dato soprattutto dalla somma ponderata delle covarianze del titolo con gli altri titoli sul mercato. La diversificazione si realizza in quanto all’aumentare del numero di titoli sul mercato il contributo della sola varianza diventa sempre più piccolo. Le ipotesi del modello riguardano il comportamento dei singoli individui e il funzionamento del mercato: - Gli investitori ambiscono alla massimizzazione dei ritorni e sono avversi al rischio; - Il periodo di investimento è unico e le previsioni sono formulate all’inizio dell’arco temporale; - Il valore atteso e la deviazione standard dei rendimenti sono i due soli parametri necessari per la scelta; - Le attività sono perfettamente divisibili e non esistono costi di transazione e tasse; - Il mercato è atomistico227: non esistono barriere alle possibilità di investire e tutti hanno le stesse opportunità anche se l’ammontare della ricchezza disponibile differisce tra gli operatori che sono price taker. 226 La versione base del CAPM è riconducibile ai contributi pubblicati tra il 1964 e il 1966 da William Sharpe, Jhan Lintner e Jean Mossin 227 Si ha una condizione di atomismo quando tutti gli operatori del mercato sono degli “atomi”, cioè sono tantissimi da entrambe le parti e, quindi, hanno dimensioni ridottissime rispetto al mercato. Si tratta di una caratteristica del mercato che comporta l’esistenza di infiniti compratori e infiniti venditori. Le conseguenze sono che: a ‐ nessun operatore è vitale per il mercato, cioè chiunque può entrare o uscire dal mercato senza che cambi praticamente nulla; ‐ ciascun operatore ha scarsa influenza sulle condizioni di mercato. 180 A queste ipotesi è necessario aggiungere ulteriori assunzioni: ‐ Tutte le attività sono negoziabili; ‐ Il mercato è perfetto, ossia le informazioni sono liberamente e istantaneamente disponibili agli operatori; ‐ Le aspettative degli investitori sono omogenee: essi hanno le stesse percezioni circa i rendimenti attesi, le varianze e le covarianze quindi la frontiera è unica e valida per tutti; ‐ Possibilità di concedere e ottenere prestiti illimitatamente ad un unico tasso di interesse privo di rischio. Il rischio di ogni singolo portafoglio può essere diviso in due componenti: ‐ Rischio non sistematico (o specifico): deriva da fattori relativi alla società emittente del titolo ed è eliminabile attraverso la diversificazione; ‐ Rischio sistematico (o sistemico): è legato a fattori macroeconomici, non è eliminabile e corrisponde al rischio del portafoglio di mercato. Figura 7.6. La riduzione della varianza di un portafoglio per effetto della diversificazione Fonte: www.bankpedia.org 181 La relazione individuata da Tobin attraverso la capital market line individua la relazione rischio – rendimento atteso valida per i soli portafogli efficienti per i quali rischio sistematico e rischio totale coincidono e non è in grado di spiegare il rendimento atteso per i singoli titoli. Ricordando che il mercato remunera solo il rischio non diversificabile è possibile sviluppare la security market line (SML) caratteristica del CAPM partendo dall’espressione della capital market line e sostituendola con un’espressione del rischio sistematico al quale è esposto il portafoglio “i” ovvero il singolo titolo. Tale espressione è individuata dalla seguente equazione: σsist =ρi,m x σi Essendo ρi,m il coefficiente di correlazione228 tra i rendimenti del singolo titolo o portafoglio e il rendimento del portafoglio di mercato. Sostituendo nella relazione che individua la capital market line si ottiene la seguente equazione: E(R) = Rf +[E (Rm) – Rf] x ρi,m x σi/σm che esprime la relazione tra rischio e rendimento per un generico titolo o portafoglio “i”. Ponendo: !" βi = ρi,m x !" = !"# (!",!,) !"# (!") Si ottiene E(R) = Rf +[E (Rm) – Rf] x βi che individua la security market line (SML). In conclusione il CAPM stabilisce una relazione tra il rendimento di un titolo e la sua rischiosità, misurata tramite un unico fattore di rischio, detto beta. 228 In statistica per correlazione si intende una relazione tra due variabili casuali tale che a ciascun valore della prima variabile corrisponda con una certa regolarità un valore della seconda. Non si tratta necessariamente di un rapporto di causa-effetto, ma semplicemente della tendenza di una variabile a variare in funzione di un'altra. 182 Il coefficiente beta (β) rappresenta la sensibilità del prezzo del titolo all’andamento del mercato ed è dato dal rapporto tra la covarianza del prezzo di un titolo e la varianza del rendimento di mercato. Tale relazione è comunemente sintetizzata tramite la security market line (SML). La security market line rappresenta la relazione di equilibrio di mercato tra rendimento e rischio attraverso una retta contenuta in un grafico che ha sull'asse delle ascisse il beta del titolo e sull'asse delle ordinate il rendimento atteso del titolo. La sua intercetta è pari al tasso privo di rischio, mentre la sua pendenza è data dal market premium rate. Figura: 7.7. Rappresentazione della security market line Fonte: www.bankpedia.org In riferimento al parametro beta si può concludere che: ‐ La covarianza misura il legame tra i rendimenti del titolo e quelli del portafoglio di mercato; 183 ‐ Il beta rappresenta la misura in cui, in media, i rendimenti di un titolo variano al variare dei rendimenti di mercato; ‐ Il beta del mercato è per definizione pari ad uno poiché la covarianza tra il mercato e sé stesso è pari alla varianza; ‐ Il beta del mercato è la media ponderata dei beta dei diversi titoli presenti sul mercato; ‐ Un titolo che fornisce un modesto contributo al rischio sistematico del mercato ha un beta inferiore ad 1; ‐ Un titolo che fornisce un grosso contributo al rischio sistematico del mercato ha un beta superiore ad 1; ‐ Il market risk premium è il premio per il rischio del mercato e indica quante unità di rendimento vengono remunerate per l’assunzione di un’unità addizionale di rischio. Il CAPM è uno strumento molto utilizzato nelle scelte di budgeting in quanto definisce il costo opportunità del capitale, soglia minima richiesta per un progetto di investimento. Il CAPM viene utilizzato anche per calcolare il costo dell’equity attraverso la formula del WACC229 (Weighted Average Cost of Capital) che è il costo medio ponderato del capitale. 7.3.1 Il modello zero beta CAPM Il modello dello zero beta CAPM parte dalla debolezza di uno degli assunti principali del modello del CAPM: ovvero nella possibilità da parte di ciascun 229 LA formula del WACC è la seguente: ! ! WACC = (Re) + (Rd) (1‐t) !!! !!! Dove: E = valore di mercato dell’equity D = valore di mercato del capitale di debito Re = costo dell’equity Rd = costo del capitale di debito t = imposta 184 investitore di dare e prendere illimitatamente a prestito ad un tasso unico risk – free. Il CAPM zero beta prevede la sostituzione dell’attività risk – free, Rf, con un’altra attività, titolo o portafoglio, non correlata con il mercato, Rz e prevede la possibilità illimitata di effettuare vendite allo scoperto. In questo modo la formula originale si diventa: E(R) = Rz +[E (Rm) – Rz] x βi Figura. 7.8. Il modello dello zero-beta CAPM Fonte: Corso di economia delle scelte finanziarie e di portafoglio, Professor G. Ferri, Università degli studi di Bari Se non è consentito prendere e dare a prestito illimitatamente al tasso unico risk – free il mix di attività di portafoglio scelto non è più lo stesso per ogni investitore, ma varia in base alle preferenze. Nel modello dello zero-beta CAPM l’investitore raggiunge l’ottimo combinando il portafoglio efficiente (M) con corrispondente portafoglio zero-beta (Z) piuttosto che con un titolo risk – free. Il portafoglio Z è un portafoglio con attività rischiose in proporzione xi tale che: 185 ERz = Σ xi ERi non è correlato col portafoglio rischioso (M); ‐ è il portafoglio con varianza minima tra quelli che soddisfano la prima ipotesi. Il punto [0,E(Rz)] si trova nella medesima posizione in cui, se esistesse, dovrebbe essere rappresentato l'investimento privo di rischio. 7.3.2. Il Capital Asset Princing Model (CAPM) secondo la prospettiva islamica Secondo gli studiosi islamici il modello del CAPM non risulterebbe compatibile con la legge della Shariah.230 Il CAPM viene sviluppato partendo dalla portfolio theory di Markoviz e dal teorema di separazione di Tobin: come precedentemente dimostrato la teoria islamica accetta sia la portfolio theory che la capital market theory. Il CAPM si basa su otto assunti, cinque dei quali coerenti con le teorie di Markowitz e tre specifici. In particolare due assunti del modello del CAPM non vengono accettati dagli studiosi islamici: - Possibilità di concedere ed ottenere prestiti illimitatamente ad un unico tasso di interesse privo di rischio. - Possibilità di effettuare qualsiasi tipo di negoziazione, comprese operazioni di vendita allo scoperto231. 230 A. Habib, “Theoretical foundations of Islamic economics”, The Islamic development bank, Islamic research and training institute, Book of readings N°3, Jeddah, 2002 M. Hanif, “Risk and Return under Shariah Framework. An attempt to Develop Shariah Compliant Asset Pricing Model-SCAPM”, Islamabad, Pakistan, Commer. Soc. Sci. 2011, Vol 5, No. 2, pp 283 - 292 231 La vendita allo scoperto (o short selling) è un operazione finanziaria che consiste nella vendita di strumenti finanziari non posseduti con successivo riacquisto. Questa operazione si effettua se si 186 Il sistema finanziario islamico è un sistema basato sul divieto della riba e delle operazioni di speculazione, quindi i precedenti assunti del modello del CAMP non possono essere accettati dalla Shariah. Il modello dello zero-beta CAPM proposto da Black sostituisce il titolo risk – free con un’attività non correlata con il mercato, Rz, ma mantiene l’ipotesi della non restrizione di operazioni di vendita allo scoperto e quindi non è accettato dalla Shariah. Habib232 propone di utilizzare il modello dello zero-beta CAPM, più accettabile in quanto elimina l’ipotesi della possibilità di prendere e concedere illimitatamente prestiti al tasso di interesse unico privo di rischio, rimuovendo anche l’ipotesi della non restrizione delle operazioni di vendita allo scoperto in modo da allineare il modello alle caratteristiche del sistema finanziario islamico. Anche se si assumesse l’esistenza di una covarianza pari a zero nel mercato, l’ipotesi di ristrettezza nelle operazioni di vendita allo scoperto avrebbe effetti sulla pendenza, sulla linearità e sull’intercetta della capital market line. In questo caso risulterebbe una capital market line non lineare. Figura 7.9. Zero-beta CAPM in assenza di tasso risk-free e vendita allo scopeto ritiene che il prezzo al quale gli strumenti finanziari si riacquisteranno sarà inferiore al prezzo inizialmente incassato attraverso la vendita. Nel caso in cui si verificasse quanto detto, il rendimento complessivo dell'operazione sarà positivo; al contrario risulterà negativo se il prezzo dello strumento è aumentato. 232 A. Habib, “Theoretical foundations of Islamic economics”, The Islamic development bank, Islamic research and training institute, Book of readings N°3, Jeddah, 2002, p. 177-178 187 Fonte: A. Habib, “Theoretical foundations of Islamic economics”, The Islamic development bank, Islamic research and training institute, Book of readings N°3, Jeddah, 2002 Secondo l’autore sotto l’ipotesi di efficienza e di completezza dei mercati è possibile costruire un portafoglio zero – beta combinando asset caratterizzati da diversa contingenza. Sebbene in un mercato perfetto, inteso in termini convenzionali, si possano effettuare operazioni di compra – vendita allo scoperto, più il numero degli asset disponibili per le scelte di diversificazione aumenta, ossia più migliora la completezza dei mercati, più si riduce l’impatto delle operazioni di vendita allo scoperto. Secondo questa ipotesi sarebbe quindi possibile derivare la capital market line dagli assunti di non esistenza di tasso risk – free e di vendita allo scoperto. 7.3.3. Il zaka rate CAPM Lo zaka – rate CAPM è un modello proposto da A.A.F. Ashker233 che si basa sulla sostituzione del tasso risk – free, Rf, con lo zakat – rate, Z, pari a: 233 A.A.F. Ashker, “Islamic Business Enterprise”, Croom Helm Limited, Provident House, Burell row, Backenham, Cant, BR3 IAT, 1987 188 !"#"$ !"#$ Z = ! ! !"#"$ !"#$ Ricordando che la zakat è pari a 2,5 il parametro Z sarà quindi pari a 1,67. La prospettiva proposta da Ashker parte dal presupposto che nella società islamica la zakat rappresenta uno dei valori sociali più importanti e che quindi si potrebbe assumere che il ritorno minimo richiesto per un investimento islamico sia almeno pari alla copertura della zakat. Adottando il parametro Z la formula del CAPM risulterebbe: E(R) = Z+[E (Rm) – Z] x βi In questo modo il ritorno richiesto dall’investitore islamico dipenderebbe da due componenti: il ritorno necessario per coprire la zakat e il premio per il rischio misurato attraverso il coefficiente beta. 7.4. La teoria dell’efficienza di mercato Un pilastro dell’economia finanziaria è rappresentato dall’a teoria dell’efficienza del mercato i cui primi sviluppi il cui concetto è legato al francese L. Bachelier234. Nella definizione di Fama un mercato finanziario è efficiente se in ogni istante il prezzo delle attività scambiate riflette pienamente le informazioni rilevanti disponibili per cui non sono possibili ulteriori operazioni di arbitraggio: la concorrenza garantisce che i rendimenti delle attività siano ai loro livelli di equilibrio235. 234 Nella sua tesi di dottorato L. Bachelier esponeva la base concettuale della teoria finanziaria del random walk. Sfortunatamente la sua tesi non venne compresa dal mondo accademico e venne pubblicata solo nel 1964 235 In un mercato finanziario efficiente né l’analisi tecnica (previsione dei prezzi futuri basata sullo studio dei prezzi passati) né l’analisi fondamentale (studiando l’andamento del valore delle imprese attraverso l’analisi della redditività si tenta di capire se esistono nuove prospettive sul valore delle azioni) possono consentire ad un investitore di conseguire profitti maggiori di quelli che un altro investitore otterrebbe detenendo un portafoglio di titoli scelti a caso, con il medesimo grado di rischio. 189 7.4.1. I tipi di efficienza L’efficienza dei mercati finanziari può essere intesa in varie accezioni: allocativa, valutativa, tecnico – operativa e informativa. - Efficienza allocativa: si riferisce al trasferimento delle risorse finanziarie dai soggetti in surplus ai soggetti in deficit, quando il tasso di rendimento è lo stesso per tutte le forme di investimento. In particolare, l’efficienza allocativa si realizzerebbe se tutti gli operatori agissero in maniera razionale, ricercando le opportunità di investimento e finanziamento che consentono di massimizzare la loro utilità attesa. - Efficienza valutativa: si riferisce all’utilizzo delle informazioni disponibili che vengono impiegate correttamente per determinare il valore di impresa ed il prezzo delle azioni. - Efficienza tecnico – operativa: si intende l’insieme delle organizzazioni e delle procedure grazie alle quali il mercato svolge le sue funzioni. - Efficienza informativa: riguarda la relazione tra prezzi ed informazioni. Un mercato è efficiente in senso informativo quando i prezzi riflettono tutta l’informazione disponibile per cui nessun investitore è in grado di "battere" il mercato. Esistono tre tipi di efficienza informativa: in forma debole; in forma semi – forte e in forma forte. 7.4.2. L'ipotesi dei mercati efficienti proposta da Fama L’economista Fama individua tre forme di efficienza di mercato. ‐ Efficienza in forma debole: i prezzi osservati sul mercato riflettono tutta l'informazione contenuta nella serie storica dei prezzi stessi236; 236 Secondo la teoria della random walk i prezzi dei titoli si muovono in modo casuale e non è possibile stimarne il prezzo futuro sulla base delle serie storiche 190 ‐ Efficienza in forma semi-forte: i prezzi di mercato riflettono non solo l'informazione contenuta nella serie storica dei prezzi, ma anche qualunque altra informazione pubblica; ‐ Efficienza in forma forte: i prezzi di mercato riflettono non solo l’informazione contenuta nelle serie storica dei prezzi e l’informazione pubblica, ma anche qualunque informazione privata. 7.4.3. Etica e efficienza di mercato secondo la prospettiva tradizionale La dottrina islamica pone l’accento, oltre che sull’importanza dell’efficienza del mercato, anche sulla sua etica e sulla sua equità nei confronti di tutti i partecipanti. A tal proposito richiama un confronto con lo studio svolto da Shefrin e Statman237 che individua sette classi di equità dei mercati finanziari: ‐ Libertà dalla coercizione: indica che gli investitori dovrebbero avere il diritto a non essere obbligati in una transazione o a divulgazioni specifiche; ‐ Libertà da dichiarazioni false: indica che gli operatori del mercato dovrebbero poter avere fiducia sulla sincerità delle informazioni che ottengono; ‐ Diritto a informazioni eque: informazioni eque per tutti i partecipanti dovrebbero evitare che gli operatori in possesso di informazioni rilevanti possano usare queste informazioni per trarre vantaggio sugli altri partecipanti al mercato; ‐ Processo informativo: il diritto dei partecipanti ad informazioni eque dovrebbe implicare un ambiente di mercato capace di valutare in modo efficiente le informazioni e di limitare i danni derivanti da asimmetrie informative; 237 H. Sherif e M. Statman, “Ethics, Fairness ad Financial Markets”, The Research Foundation of Institute of Chartered Financial Analyst, 1992, Virginia pp. 4-6 191 ‐ Libertà dall’impulso: gli operatori dovrebbero operare razionalmente e il mercato dovrebbe tutelarli dal compiere scelte dannose per il loro proprio interesse; ‐ Capacità di transazioni a prezzi efficienti: gli investitori dovrebbero effettuare operazioni sul mercato al prezzo che ritengono efficiente e nel caso i prezzi non fossero corretti si dovrebbe lasciare al mercato il tempo di tornare alla situazione di equilibrio, sebbene questo possa causare un aumento di volatilità; ‐ Diritto allo stesso potere di negoziazione: gli operatori dovrebbero avere lo stesso potere di negoziazione, situazione che si riduce in presenza di asimmetria informativa o di operatori non perfettamente razionale. 7.4.4. Efficienza di mercato secondo la prospettiva islamica Il sistema finanziario islamico deve essere conforme alla sistema legale della Shariah, direttamente derivante dal Sacro Corano e dalla Sunna. Secondo la prospettiva islamica per essere considerato efficiente il mercato deve essere prima di tutti etico e quindi rispettare altri divieti oltre quelli della riba, del gharar e del maysir: in caso di scontro tra necessità di efficienza ed etica nel mercato l’Islam considera prioritaria l’ultima. Se nel mercato tradizionale operazioni speculazione e di vendita allo scoperto esistono e sono accettate, questo non è il caso del sistema islamico che si struttura nella tutela del maslaha, interesse pubblico, e non accetta alcuni tipi di operazioni a priori, anche se le teorie finanziarie potrebbero dimostrare che questo causa una perdita di efficienza 192 7.4.5. Etica del mercato secondo la prospettiva islamica Il concetto di etica del mercato finanziario islamico richiama in maniera diretta i dettati dei testi sacri ponendo aspetti etici come norme legali specifiche. Si evidenzia come, oltre ai divieti del riba, del gharar e del maysir esistano anche altri limiti che il sistema legale della prende in considerazione per rendere il mercato efficiente secondo la prospettiva islamica. - Libertà di contrattazione: l’Islam prevede la libertà per ogni operatore di entrare in transazioni finanziarie e non ritiene il contratto valido in caso di coercizione. La piena libertà di contrattazione è tutelata nel rispetto del Sacro Corano (Il Corano, 2;275238) - Divieto della riba: gli operatori islamici, sebbene abbiano il diritto di entrare in contrattazione, devono operare soltanto nella legge della Shariah e quindi non attraverso strumenti che utilizzano un tasso pre – determinato, in accordo con il divieto della riba. - Divieto del gharar: il rispetto della legge della Shariah prevede il rispetto del divieto del gharar. Il divieto del gharar non è assoluto, quindi gli operatori possono ricorrere a strumenti che prevedono un certo grado di incertezza, purché non eccessivo. - Divieto del maysir: nel rispetto della Shariah gli operatori finanziari islamici non possono compiere operazioni speculative sui mercati; - Divieto di controllo e delle manipolazioni dei prezzi: secondo la dottrina islamica i prezzi di mercato devono essere generati dall’incontro tra domanda ed offerta. Nessuno può interferire sul prezzo che si è generato sul mercato se non le Autorità di regolamentazione, motivo per il quale la Shariah condanna le posizioni di monopolio, che considera sfruttamento della società. ‐ Contrattazioni a prezzi equi: secondo la dottrina islamica non è etico il contratto che presenta comportamenti definibili “ghubn” quali azioni 238 “Ma Allah ha permesso il commercio e ha proibito l'usura.” www.ilcorano.it 193 discorsive e ingannevoli allo scopo di agire sui prezzi delle trattazioni ( Il Corano, 14; 24 – 26239). - Informazione equa, adeguata e accurata: l’Islam pone molta attenzione al ruolo che l’informazione svolge sui mercati e vieta il rilascio di informazioni scorrette (ghish) e l’omissione di informazioni importanti che portino una delle parti ad agire in condizione di asimmetria informativa.240 Secondo quanto sostenuto dal Profeta Muhammad la parte che entrata in un contratto sulla base di informazioni scorrette può esercitare l’opzione di annullare il contratto. - Libertà dal darar: il termine darar è letteralmente traducibile come “danno” e implica la protezione del soggetto terzo che subisce un danno derivante da un contratto stipulato tra due parti. ‐ Mutua cooperazione e solidarietà: cooperazione, solidarietà e fratellanza sono tre dei pilastri di tutto il sistema islamico (Il Corano, 5;2241). Perché sia possibile raggiungere l’efficienza intesa in senso islamico il sistema si è dotato di diverse autorità di regolamentazione che hanno l’obiettivo di garantire l’etica islamica all’interno del sistema, ma anche di renderlo competitivo. Un ruolo prioritario viene svolto dall’azienda bancaria che, in qualità della delicatezza del ruolo, trova una particolare attenzione all’interno del contesto della Shariah tanto che le aziende bancarie islamiche si caratterizzano per la presenza dello Shariah Supervisory Board che è uno speciale organo di supervisione del livello di etica dei servizi e prodotti offerti alla clientela242. 239 “Non hai visto a cosa Allah paragona la buona parola? Essa è come un buon albero, la cui radice è salda e i cui rami [sono] nel cielo, e continuamente dà frutti, col permesso di Allah. Allah propone metafore agli uomini, affinché riflettano. La metafora della parola cattiva è invece quella di una mala pianta, sradicata dalla superficie della terra: non ha stabilità alcuna.” www.ilcorano.it 240 Secondo la dottrina islamica non considera Shariah-compliant un contratto che, per effetto dell’asimmetria informativa, spinge una delle parti ad agire in condizioni di ignoranza (jahalah) 241 “Aiutatevi l'un l'altro in carità e pietà e non sostenetevi nel peccato e nella trasgressione. Temete Allah, Egli è severo nel castigo.” www.ilcorano.it 242 Gli organi di supervisione del sovra sistema finanziario islamico sono stati trattati nel capitolo sesto. 194 8. LE SCELTE DI STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE SHARIAH-COMPLIANT Nella tradizione della finanza aziendale, il tema della struttura finanziaria ottimale è intimamente collegato al costo del capitale. Secondo la visione classica della finanza il valore creato dall’impresa è rappresentato dalla massima utilità in termini di potenzialità reddituali che scaturisce dall’impiego di risorse finanziarie, il cui reperimento deve necessariamente trovare la sua remunerazione. Il costo del capitale diviene in tal modo il solo parametro di riferimento per misurare il valore creato con una combinazione di mezzi propri e di capitale di terzi. Da ciò conseguirebbe che la struttura finanziaria ottimale è unicamente espressione di quella combinazione di capitali di terzi e di mezzi propri che non solo sia compatibile con le esigenze di sicurezza dei finanziatori ma che, soprattutto, renda 195 minimo il costo medio ponderato del capitale (WACC243), consentendo quindi di incrementare la ricchezza degli azionisti attraverso la massimizzazione del valore del capitale economico dell’impresa. Le basi sulle quali si regge il sistema finanziario islamico hanno diretta implicazione per le scelte di struttura finanziaria operate dalle imprese islamiche sia in termini di strumenti finanziari a disposizione sia di modalità attraverso le quali la struttura finanziaria ottimale può essere raggiunta. Nel presente capitolo si tratteranno brevemente le teorie tradizionali sulla struttura finanziaria ottimale per poi analizzare la posizione del contesto islamico e pervenire ad una struttura ottimale dell’impresa islamica attraverso la teoria dell’ordine di scelta. Figura 8.1. Principi della finanza islamica che hanno effetto sulle scelte finanziarie dell’impresa Shariah – compliant Fonte: Malaysian Institute for Accountants (MIA), “Tax treatment of Islamic finance in Malaysia”, 2012, Kuala Lumpur 243 Il WACC secondo la prospettiva tradizionale e secondo la prospettiva islamica è stato trattato nel capitolo settimo. 196 8.1. I modelli organizzativi che caratterizzano l’impresa islamica La scelta in termini di forma organizzativa è molto importante per l’impresa in quanto incide sul livello di rischio e sul potenziale di ritorno e quindi sul valore del business stesso: nel contesto islamico la forma organizzativa dell’impresa non deve solamente rispondere ad esigenze di natura economica, ma deve soprattutto essere accettata dalla giurisprudenza islamica. Secondo la prospettiva islamica il ruolo svolto dall’azienda è di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’intera comunità islamica: la Ummah. L’operatività dell’impresa islamica deve essere orientata al profitto ed alla massimizzazione del valore per gli shareholder, ma deve prima di tutto aderire alle norme etiche proprie della Shariah. Da questo risulta che la conformità all’etica non è un optional per l’impresa islamica: per quanto la massimizzazione del valore per gli shareholder sia considerata legittima, essa riveste un ruolo di secondaria importanza nella gestione dell’impresa. Secondo la prospettiva islamica la massimizzazione del valore dell’impresa deve essere volta a tutti gli stakeholers: non soltanto a quelli direttamente coinvolti nella gestione aziendale, come i dipendenti, ma anche, e soprattutto, nei confronti della pubblico interesse (maslahah). Le forme organizzative islamiche possono ricondursi a tre gruppi di modelli: il modello della sole proprietorship, i modelli di partnership ed il modello della corporation. 8.1.1. Il modello della sole proprietorship Nel modello della sole proprietorship l’unico proprietario è illimitatamente responsabile delle perdite derivanti dall’attività di impresa e, a causa dell’elevato rischio d’impresa, risulta difficile l’approvvigionamento per mezzo dei mercati finanziari. 197 8.1.2. I modelli islamici di partnership La partnership è la forma organizzativa islamica per eccellenza, massima rappresentazione del concetto di profit and loss sharing. Come nel caso del modello della sole proprietorship i soci sono illimitatamente responsabili delle perdite dell’attività di impresa e sotto il profilo della tassazione i profitti aziendali sono connessi al reddito personale. Data l’esistenza di un numero di soci maggiore di uno le possibilità di approvvigionamento sui mercati finanziari aumentano. I principali modelli di partnership nel sistema islamico sono il musharaka ed il mudarabah. Secondo la giurisprudenza islamica nel modello del mudarabah 244 vengono coinvolte almeno due parti. L’investitore (rabb al-mal) affida dei fondi all’agent – manager (mubarib) che è incaricato di gestire la somma di denaro ed in investirla secondo gli accordi. La parte mubarid è responsabile della gestione del business e provvede alle esigenze professionali, manageriali e tecniche richieste dal mandato. In una partnership del tipo mudarabah i profitti sono spartiti tra le parti secondo un rapporto determinato nel momento di stipulazione del contratto, mentre le eventuali perdite ricadono interamente sul rabb al – mal che, però, non è responsabile per perdite che eccedono la somma finanziaria investita e questo perché il rab al – mal, non partecipando alla gestione manageriale del progetto, non può incorrere in perdite derivanti dai rischi creati dall’agire del mudarib. Per quel che concerne la componente manageriale, in accordo con la giurisprudenza islamica, il mudarib, non avendo investito denaro, non può incorrere in perdite finanziarie, ma solamente a perdite in termini di tempo, sforzi e reputazione. Il musharaka è il secondo modello proposto dalla giurisprudenza islamica in conformità con il principio del profit and loss sharing. Il musharaka può essere di 244 A livello organizzativo il mudarabah può essere di due tipi: mudarabah ristretto e mudarabah non ristretto. Si rimanda al capitolo sesto per eventuali approfondimenti. 198 due tipi: la holding partnership viene attuata per rispondere a necessità di successione ereditaria, mentre la contract partnerhip viene costituita da due o più persone con l’obiettivo di unire capitali e dividere i profitti e le perdite derivanti dal business. La contract partnership può svilupparsi secondo forme diverse, la principale delle quali è il contratto di al – anan dove i soci partecipano sia al capitale che al lavoro. Secondo alcuni giuristi islamici la spartizione dei profitti deve avvenire secondo un rapporto predefinito che può essere uguale o maggiore rispetto alla quota di capitale versato: questo viene legittimato considerando l’apporto che i soci possono apportare al business in termini di input manageriali, che sono importanti quanto il versamento di capitale alla creazione di valore per l’azienda. Secondo altri autori, invece, la quota dei profitti dovrebbe strettamente rispecchiare la quota di capitale di contribuzione perché, secondo la giurisprudenza islamica, il profitto è finanziariamente considerato come ritorno sul capitale finanziario. Le perdite devono invece essere determinate rispettando la quota di capitale versato e questo perché, a differenza del modello del mudarabah, tutte le parti partecipano alla gestione manageriale del business. Il modello del declining musharaka è un’innovazione recente della finanza islamica che è divenuta molto popolare. Le partecipazioni al capitale di una delle parti vengono diminuite annualmente e specularmente aumentano quelle dell’altra parte che, al termine del contratto, risulterà proprietaria dell’impresa. L’ultimo modello di partnership islamica combina il modello del mudarabah con quello del musharaka: in questo caso il soggetto mudarib contribuisce al capitale dell’impresa insieme al rabb al – mal nonostante continui ad essere responsabile della gestione manageriale del progetto. Il tasso di profitto riservato alla parte rab al – mal non può eccedere la quota versata. 8.1.3. Il modello della corporation 199 Nel modello della corporation i proprietari, detti shakeholders, hanno responsabilità limitata nei confronti dei fatti aziendali ed esprimono il proprio potere attraverso il diritto di voto nel Consiglio di Amministrazione. Nelle piccole realtà aziendali che hanno scelto di costituirsi secondo il modello della corporation le figure del proprietario, manager, lavoratore possono coincidere mentre più in generale la corporation è un modello organizzativo caratterizzato dalla separazione tra management e proprietà. 8.1.4. Comparazione tra i modelli di partnership e il modello della corporation Per quel che riguarda il caso dei modelli classici di forma organizzativa islamica, ossia il mudarba ed il musharaka, i diritti alla spartizione dei profitti e delle perdite vengono tutelati dalla possibilità di riscossione al termine del progetto o in qualsiasi altro momento. Considerando l’esistenza di progetti a lungo termine che mostrano i propri ritorni avanti nel tempo i moderni studiosi islamici hanno sviluppato il concetto di “constructive liquidation” che permette alle parti, previo mutuo consenso, di esercitare il proprio diritto alla partecipazione di profitti e perdite periodicamente attraverso la valutazione, periodica e generalmente annuale, del Net Asset Value. La forma della corporation è simile al musharaka, ma si differenzia per l’aspetto della responsabilità dei proprietari che è limitata nel primo caso ed illimitata nel secondo. Si può notare che, sotto l’aspetto della responsabilità dei soci, la corporation è più simile al modello del mudarabah in quanto entrambi caratterizzati dalla separazione tra proprietà e management. In riferimento ai modelli islamici i costi di agenzia, derivanti dal conflitto di interessi tra management e proprietari, sono ridotti nel caso del modello del musharka dove tutte le parti partecipano alle scelte manageriali, sebbene lo stesso possa non essere attrattivo data la responsabilità illimitata delle perdite o possa 200 non essere ritenuto idoneo dai partners che non vogliono incorrere in una diluzione del potere, mentre risultano elevati nel caso del mudarabah. Figura 8.2. Confronto tra il modello del mudarabah ed il modello del musharaka Fonte: Elaborazione propria 8.2. Le teorie tradizionali di struttura finanziaria 8.2.1. La tesi tradizionale Secondo la tesi tradizionale non esisterebbe una corretta percezione del rischio legato all’aumento del debito di un’impresa fino ad un livello considerato ragionevole di indebitamento. Nella tesi tradizionale il costo dell’indebitamento viene considerato meno oneroso rispetto al capitale a pieno rischio e quindi un aumento dell’indebitamento comporta una riduzione del costo medio ponderato del capitale almeno fino ad un livello considerato ragionevole di indebitamento superato il quale il costo medio ponderato del capitale aumenta. Figura 8.3. Andamento del WACC al variare del rapporto di indebitamento secondo l’ipotesi tradizionale 201 Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Finanza aziendale”, ISEDI, Torino, 2010 Il costo medio ponderato del capitale, conosciuto con l’acronimo di WACC (Weighted Average Costo of Capital), non è altro che la media delle fonti di finanziamento a pieno rischio e di debito ponderate per i rispettivi costi. La formula del WACC è la seguente: WACC = ! (!!!) rE + ! (!!!) rD245 Secondo la tesi tradizionale il WACC presenta un andamento ad U permettendo di individuare quella fascia di livello di indebitamento ottimale che minimizzare il costo medio ponderato del capitale e di massimizzare il valore dell’impresa. 8.2.2. Le tesi di Miller e Modigliani 245 Dove: D = debito finanziario; E= capital proprio; rD = costo del debito; rE = costo del capitale proprio 202 In quella che è conosciuta come “I proposizione”, Miller e Modigliani dimostrano inizialmente che non esiste una struttura finanziaria perfetta in presenza delle seguenti condizioni: - L’impresa opera su mercati di capitali perfetti e in assenza di asimmetrie informative tra insider e outsider; - Assenza di costi di emissione e transizione dell’impresa nella raccolta di fonti finanziarie esterne di debito o capitale proprio; - Assenza di costi diretti e indiretti collegati al rischio di dissesto finanziario; - Assenza di costi di agenzia in ragione dell’assenza di asimmetria informativa. In presenza di tali condizioni i vantaggi e gli svantaggi del ricorso al debito si annullano e quindi per l’impresa risulta indifferente finanziarsi con capitale proprio o con capitale di debito. Secondo gli studiosi sotto queste condizioni sono le scelte di investimento a creare valore e non le modalità di finanziamento delle stesse. Miller e Modigliani dimostrano analiticamente che il valore di un’impresa dipende dalle sue attività reali e non dai titoli che emette e tale valore rimane inalterato indipendentemente dai titoli vantati nei suoi confronti. Gli studiosi introducono il concetto di rischio e considerano il valore di un’impresa come la capitalizzazione del rendimento atteso della sua attività operativa ad un tasso appropriato (rO) che rispecchia la classe di rischio dell’impresa (j). Figura 8.4. Andamento del costo del capitale al variare del rapporto di indebitamento secondo Modigliani e Miller 203 Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Finanza aziendale”, ISEDI, Torino, 2010 La I proposizione di Miller e Modigliani sostiene che il valore di mercato di un’impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria: Vj = (Ej + Dj) = !" 246 !" Considerando che ro coincide con il WACC, la formula dimostra come il costo medio ponderato del capitale rimanga costante per qualsiasi livello di indebitamento. 8.2.3. La teoria del trade – off 246 Dove: Vj = valore dell’impresa; Ej = valore di mercato delle azioni ordinarie; Dj = valore di mercato dei debiti di impresa; ra = rendimento atteso dell’attività operativa; ro = tasso di attualizzazione adeguato alla classe di rischio dell’impresa. 204 Si prende in questo caso in considerazione il trade – off tra vantaggi e svantaggi dell’indebitamento al fine di determinare la struttura finanziaria ottimale. Si deve infatti considerare che in caso di deducibilità degli interessi e delle imposte societarie il valore dell’impresa cresce all’aumentare dell’incidenza del capitale di debito, ma fino ad un certo livello in quanto un incremento del livello di indebitamento comporta anche un incremento dei costi di fallimento. Secondo la teoria del trade – off al crescere del livello di leverage aumenta proporzionalmente la probabilità di dissesto ed il vantaggio fiscale si riduce fino ad annullarsi: l’ottimo teorico si ha quando i valori attuali dei costi e dei benefici legati all’indebitamento si eguagliano247. I vantaggi legati al debito sono principalmente i seguenti tre: - Scudo fiscale: il vantaggio deriva direttamente dai regimi fiscali applicati dai singoli stati e dalla possibilità di deduzione degli oneri fiscali. Nel caso di deduzione degli oneri fiscali derivanti dall’indebitamento la relazione tra aumento di questo e aumento del valore aziendale sarebbe positivo. - Disciplina del comportamento del management: un aumento del livello di indebitamento disciplinerebbe maggiormente il management nell’utilizzo dei flussi di cassa derivanti dagli investimenti in modo che essi selezionino solo gli investimenti in grado di produrre flussi di cassa almeno tali da permettere la copertura del costo del debito. - Riduzione delle asimmetrie informative: il ricorso ad una fonte di finanziamento esterna all’impresa quale il debito costringe il management ad un più elevato livello informativo in modo da permettere a terzi finanziatori di valutare correttamente il rischio associato all’impresa. Questo permette all’impresa di disporre di capitale per il finanziamento della propria attività ad un costo più basso di quello che si avrebbe in assenza di tale livello informativo. Figura 8.5. Il valore dell’impresa secondo la teoria del trade – off 247 In termini teorici la struttura finanziaria ottimale è spiegata attraverso la seguente equazione: Valore impresa = Valore con 100% equity + VA Vantaggio Fiscale – VA Costi di fallimento 205 Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Finanza aziendale”, ISEDI, Torino, 2010 Il ricorso al debito implica un trade – off tra benefici e svantaggi dell’indebitamento per cui anche gli effetti negativi di un eccessivo rapporto di leva vanno correttamente analizzati. Le teorie finanziarie evidenziano come accanto ai costi diretti esistano anche dei costi indiretti che caratterizzano gli strumenti finanziari e che influenzano le scelte delle imprese in termini di struttura finanziaria. I costi diretti degli strumenti finanziari sono: - Costi di raccolta : si tratta di costi dovuti al compenso dei portatori di capitale. Nel caso di capitale di debito i costi di raccolta sono rappresentati dal pagamento del tasso di interesse nel sistema finanziario tradizionale e dal pagamento del mark – up in quello islamico. Nel caso di capitale di equity i costi di raccolta sono rappresentati dai dividendi dovuti agli azionisti che variano in relazione al profilo rischio-rendimento degli strumenti. - Costi di sottoscrizione: si riferiscono alle spese legali e amministrative legate ad una transazione finanziaria o ai costi legati alla strutturazione dell’operazione di emissione di titoli sul mercato. I costi indiretti degli strumenti finanziari sono difficilmente identificabili e quantificabili e sono legati alla percezione di un crescente rischio di dissesto 206 dell’impresa. È possibile, in linea del tutto approssimativa, considerare i seguenti costi indiretti: - Costi di struttura finanziaria: si tratta di costi indiretti legati alla dimensione del capitale di debito. Si tratta di costi che sorgono prima che l’azienda affronti le procedure concorsuali o la ristrutturazione stragiudiziale. I costi di struttura finanziaria sono dovuti al fatto che il volume dei ricavi diminuisce, il management e i lavoratori con maggiori competenze tendono ad allontanarsi dalla società appena possibile e il costo del capitale, a parità di altre condizioni, aumenta. - Costi informativi: le teorie che introducono le asimmetrie informative assumono che i manager dell’impresa siano in possesso informazioni private sulle opportunità di investimento dell’impresa e sui relativi ricavi futuri. Questo implica che i manager cerchino di utilizzare la struttura del capitale per segnalare in modo credibile agli investitori esterni la propria informazione, con varie implicazioni per l’efficienza dell’impresa. Una delle teorie che tendono a spiegare il fatto che l’emissione di titoli azionari da parte di imprese i cui titoli sono già quotati genera una reazione negativa del mercato e rendimenti anomali negativi delle azioni ordinarie è legata all’asimmetria informativa esistente tra i soggetti. Data l'asimmetria informativa tra amministratori dell'impresa e investitori, con i primi meglio informati circa le prospettive dell'impresa, la quota di azioni della società che gli amministratori decidono di detenere rappresenta un segnale delle loro aspettative circa la redditività futura dell'impresa. La decisione di collocare azioni sul mercato segnala agli investitori che il prezzo di mercato delle azioni é superiore al valore stimato dagli amministratori: un investitore razionale tenderà a vendere azioni in occasione dei collocamenti sul mercato da parte dell'impresa. Di qui la correlazione tra rendimenti negativi del titolo e collocamenti di capitale sul mercato.248 248 Leland e Pyle, “Informational Asymmetries, Financial intermediaries”, "Journal of Finance ", 1977, vol. 32, pp. 371-388. Structure, and Financial 207 - Costi di diluzione: fanno riferimento all’effetto di diluzione dei diritti degli azionisti in considerazione del fatto che all’aumentare del numero di azionisti da un lato si riducono i diritti sui profitti residuali e dall’altro si riduce, a parità di altre condizioni, il diritto di controllo che viene disperso tra un numero maggiore di soggetti. Nel contesto islamico i costi di diluzione esistono per le azioni di musharaka e non in quelle di mudarabah. - Costi di agenzia: i conflitti d’interesse che di norma caratterizzano la simultanea presenza di azionisti e creditori tra i finanziatori aziendali raggiungono il loro apice quando l’azienda versa in una situazione di financial distress. Gli azionisti mettono in atto politiche volte a danneggiare i creditori e a favorire se stessi. Si tratta di strategie costose che riducono il valore di mercato dell’impresa. In presenza di conflitti di interesse l’impresa deve sostenere dei costi al fine di allineare gli interessi tra azionisti e creditori attraverso strumenti che aumentino la tutela dei creditori quali ad esempio l’utilizzo di garanzie o convenant. 249 Sia azionisti che creditori, inoltre, sostengono dei costi per limitare i comportamenti opportunistici del management. 8.2.4. La teoria del packing order La teoria dell’ordine di scelta non delinea un modello ottimale, ma si basa sull’osservazione dei comportamenti reali assunti dalle imprese. Secondo questa teoria le imprese seguono una precisa gerarchia in termini di fonti di 249 Per covenant si intende una pattuizione, accessoria a un contratto di finanziamento, colla quale il finanziato assume espliciti impegni, direttamente o indirettamente correlati alla garanzia della restituzione della somma erogata. In particolare, il finanziato si obbliga spesso con tali patti a mantenere una certa composizione del proprio patrimonio, dal punto di vista quantitativo o qualitativo. Il covenant poi è strutturato di solito in modo da attribuire al finanziatore dei poteri informativi, così da consentire di verificare il rispetto degli impegni. Infine, in caso di acclarata violazione delle obbligazioni, il patto in genere attribuisce al creditore poteri di reazione, che vanno dalla semplice esigibilità immediata del debito sino alla nomina di componenti degli organi societari del finanziato. 208 finanziamento: gli utili non distribuiti risultano la scelta preferita, seguiti dai titoli obbligazionari ed infine dall’emissione di titoli azionari che risultano all’ultimo posto gerarchico in quanto comportano la diluzione dei risultati precedentemente raggiunti tra un numero più elevato di proprietari. 8.3. La scelta di struttura del capitale secondo la prospettiva islamica 250 Lo sviluppo del mercato dei capitali nel Paesi islamici, sia in termini di capitale a pieno rischio che di capitale di terzi, è stato rapido e continuo. Lo sviluppo del sistema bancario, affiancato allo sviluppo del sistema di mercato, del sistema legale, del sistema fiscale e dei diversi organi di competenza è stato importante per lo sviluppo di una finanza aziendale Shariah – compliant, soprattutto nei Paesi più sviluppati251 e in quelli dove il sistema è totalmente islamizzato. Figura 8.6. Sviluppo del sistema islamico dagli anni Settanta ad oggi 250 Si ipotizza che le imprese possano indebitarsi ricorrendo solo agli strumenti asset – based islamici. Sono escluse dalla trattazione le imprese con forma di shrikan abdan e shrikan wujuh che non necessitano di capitale. 251 Nei Paesi meno sviluppati del MENA il sistema Shariah – compliant è sostituito da un altro importante aspetto innovativo della finanza islamica: il microcredito. Il microcredito è stato sviluppato dal professore e Premio Nobel M.I.Yunus in riferimento a situazioni di estrema povertà dove i piccolissimi imprenditori non avevano i requisiti per rivolgersi al sistema di credito tradizionale. Sebbene il sistema del microcredito applichi il tasso di interesse sui prestiti, eliminando uno dei principali divieti della finanza islamica nei Paesi più sviluppati, esso rispecchia la realizzazione dell’ideale islamico di solidarietà e fratellanza per cui, sebbene inizialmente molto criticato sia per l’applicazione del tasso di interesse sia per l’importante ruolo che la donna riveste nel sistema, oggi viene accettato e si caratterizza per uno sviluppo sempre maggiore. Viene inoltre preso a modello di finanza solidale anche nei Paesi più sviluppati: in Italia si ricorda l’associazione PerMicro nata a Torino nel 2007 e che ad oggi ha erogato 5.186 microcrediti per un valore complessivo di oltre 29 milioni di euro. 209 Fonte: Dr. A. A. Zeti, “Islamic finance and global financial stability”, April 2010. Le fonti finanziarie Shariah – compliant si caratterizzano per una sempre maggiore incidenza nei paesi dell’aria del MENA (Middle-East North Africa). Per comprendere l’importanza del fenomeno si riportano i dati relativi all’ammontare degli strumenti finanziari islamici erogati nel Sudan252 dal 1998 al 2006. Figura 8.7. Evoluzione delle tipologie di fonti finanziarie delle aziende del Sudan Mode of financing Murabahah Musharaka Mudarabah Salam Others Total (%) Total (US$m) 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 54,35% 49,12% 33,74% 39,53% 35,92% 44,64% 38,52% 43,29% 53,37% 21,11% 30,80% 42,88% 30,97% 27,88% 23,22% 31,99% 30,82% 20,38% 5,97% 4,07% 3,51% 6,25% 4,63% 5,71% 5,74% 4,20% 5,25% 6,61% 5,02% 3,35% 4,99% 3,32% 4,80% 2,95% 2,09% 1,28% 11,94% 10,99% 16,52% 18,26% 28,26% 21,63% 20,80% 19,60% 19,72% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 20.41 285.86 393.74 559.95 787.89 1083.83 1706.25 3014.43 4861.51 Fonte: B. Hearn, J. Piesse, R. Strange, “Islamic finance and market segmentation: implications for the cost of capital”, International Business Review 21 (2012) 102-113 La teoria del trade – off si basa sul confronto tra capitale di equity e debito e sul trade – off tra costi e benefici derivanti dalla deducibilità fiscale dell’ultimo: 252 Il sistema Shariah – compliant si è sviluppato con particolare estasi nel Sudan incidendo sull’operatività delle imprese islamiche del Paese. “There are few countries whose financial system are explicitly and exclusively based on Islamic financial principles: Pakistan, Iran, Sudan” Fonte: B.Hearn, J. Piesse, R. Strange, “Islamic finance and market segmentation: implications for the cost of capital”, International Business Review 21 (2012) 102-113 210 questo è il motivo per cui la teoria risulta irrilevante in un contesto in cui non esiste la deducibilità fiscale sugli interessi.253 Nel sistema finanziario islamico non esiste il concetto di debito in senso tradizionale a causa del divieto della riba, ma esistono alcuni strumenti finanziari asset – based254 che presentano un profilo rischio-rendimento più basso rispetto agli strumenti profit and loss sharing caratteristici della finanza islamica. Nella presente trattazione si definiranno strumenti di debito islamici tutti gli strumenti offerti dal circuito finanziario diversi dagli strumenti di profit and loss sharing, mudarabah e musharaka, con particolare riferimento agli strumenti del murabaha, dell’ijara e del sukuk. Lo stretto legame esistente tra strumenti finanziari ed economia reale che ha reso possibile lo sviluppo di alternative diverse rispetto alle soluzioni di profit and loss sharing comporta che l’ammontare di debito non superi l’ammontare di asset tangibili. L d ≤ A ft Questo limite comporta che imprese islamiche con meno asset intangibili saranno meno indebitate. 8.3.1. Il costo dei principali strumenti finanziari islamici La letteratura islamica non è generosa per quel che riguarda lo studio della struttura finanziaria di un’impresa operante nel contesto finanziario Shariah – compliant, ciò nonostante un importante contributo per lo studio della struttura 253 “The scenario for an Islamic firm with respect to interest tax shield is quite clear. Tax shield on interest is non-existent in an Islamic economy. Hence, trade-off theory would be largely irrelevant for an Islamic firm”. Fonte: M. Obaidullah, “Teaching Corporate Finance from an Islamic Perspective”, Islamic Economy Research Centre, 1427/2006, Jeddah pag. 66 254 Secondo gli studiosi islamici questi strumenti sono concettualmente assimilabili agli strumenti di debito nello studio delle teorie finanziarie in quanto presentano un profilo di rischio – rendimento inferiore rispetto agli strumenti di equity islamici che sono il musharaka e mudarabah. Sarebbe tuttavia preferibile definirli ““finanziamenti con commissione prestabilita nell’importo” – mark up financing-. 211 finanziaria ottimale dell’impresa islamica è stato offerto da H. Ahmed255 che analizza le scelte delle imprese secondo l’approccio della packing order theory rispettando i seguenti assunti: - L’imprsa può scegliere la struttura del capitale scegliendo tra: riserva di utili, capitale di equity256 e capitale di debito257; - L’impresa può indebitarsi rispettando il limite imposto dalla Shariah per cui l’ammontare dell’indebitamento sarà minore o uguale all’ammontare degli asset tangibili; È possibile considerare gli strumenti di equity islamici, mudarabah e musharaka, separatamente e in relazione ai poteri che le rispettive azioni conferiscono ai soci. Le azioni derivanti dal musharaka garantiscono al proprietario non soltanto i ritorni dall’investimento secondo il tasso di ripartizione pre – accordato, ma anche il diritto di voto e di gestione del business; il mudarabah si caratterizza invece per garantire il diritto alla spartizione del profitto, ma senza potere di controllo. Nel caso del mudarabah le azioni si riferiscono ad un periodo di tempo limitato, mentre nel caso del musharaka si presuppone che esse esisteranno finché esisterà la partnership stessa258. I possessori di azioni mudarabah hanno un’ottica di breve o medio termine e non sono interessati alla gestione dell’impresa, ma soprattutto alla massimizzazione del ritorno atteso, a differenza dei possessori di azioni musharaka che hanno un’ottica di lungo termine e sono interessati alla continuità dell’impresa e agli aspetti legati al management: per questo motivo gli azionisti di mudarabah vengono remunerati prima che il Consiglio di Amministrazione, costituito dagli azionisti di musharaka, decida l’ammontare da destinare come riserva di utili e come dividendi. 255 H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah. 256 Il capitale di equity considerato si riferisce agli strumenti islamici di musharaka e mudarabah. 257 Il capitale di debito considerato si riferisce agli strumenti asset – base, detti anche di mark . up financing, del circuito finanziario islamico e principalmente: murabaha e ijara per gli strumenti bancari e sukuk per gli strumenti di mercato. Nonostante esistano diverse tipologie di sukuk qui ci si riferisce ad sukuk generico. 258 Si rimanda al capitolo sesto per le modalità di conclusione di un contratto di musharaka 212 Un’azienda potrebbe preferire l’emissione di azioni mudarabah piuttosto che muskaraka nel caso in cui non volesse un’eccessiva diluzione del controllo, ma anche che all’aumentare di azionisti di mudarabah, che hanno diritto di priorità al pagamento degli utili, diminuirebbe, a parità di altre condizioni, l’importo da destinare come riserva di utili e come dividendi. Si consideri, inoltre, che secondo la legge della Shariah solo le aziende di grandi dimensioni e con una solida reputazione possono emettere azioni mudarabah259. I contratti di debito del sistema finanziario islamico sono forme contrattuali asset – based e non di pure transazioni monetarie nel rispetto dei divieti imposti dalla legge della Shariah. Nonostante la struttura differisca questo tipo di contratti dai contratti puri di debito della finanza tradizionale, dal punto di vista delle scelte di struttura finanziaria è importante sottolineare che, a parità dei contratti di debito tradizionali, essi hanno priorità di rimborso rispetto alle azioni mudarabah e musharaka. Figura 8.8. Caratteristiche degli strumenti islamici Musharaka Shares Tipo di capitale Diritto di controllo Diritto ai cash flow Equity Sì Profit/Loss Shares Priorità di pagamento Ultima Scadenza Cessione dei titoli Indeterminata Trasferibile Mudarabah Shares Debt (Sukuk) Debito finanziario No Fisso Equity No Profit/Loss Shares Dopo il debito, prima Primaria del musharaka Predefinita Predefinita Trasferibile Trasferibile Debt (mark-up financing) Debito finanziario No Fisso Primaria Predefinita Non trasferibile Fonte: H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah 259 I possessori delle azioni di mudarabah hanno un orizzonte temporale di breve o medio termine, a volte anche inferiore all’anno, non interessati ad investimenti in aziende di piccole dimensioni o senza storia. 213 Figura 8.9. Caratteristich degli strumenti tradizionali Azioni ordinarie (E) Aggregato si Stato Capitale netto Patrimoniale Diritto di voto, controllo Sì Remunerazione Dipendente da utili Priorità di pagamento Da statuto Scadenza Cessione dei titoli Da statuto Da statuto Azioni privilegiate (E) Corporate bond (D) Debito bancario (D) Capitale netto Debito finanziario Debito finanziario Limitato Dipendente da utili (secondo statuto) Privilegiato rispetto alle azioni ordinarie Da statuto Da statuto No No Periodica o a scadenza Periodica o a scadenza Primaria Primaria Da regolamento Da regolamento Da contratto Da contratto Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012. È possibile individuare alcune caratteristiche distintive tra gli strumenti islamici e gli “assimilabili” strumenti offerti dalla finanza tradizionale: 1. Nel contesto islamico, a differenza di quello tradizionale, gli strumenti di debito devono essere necessariamente correlati ad un’attività reale; 2. Le azioni islamiche che incorporano il diritto di voto e di controllo sono solo e necessariamente quelle a lunga scadenza nella forma di musharaka, mentre nel contesto tradizionale la scadenza delle singole azioni, sia che incorporino o non incorporino il diritto di voto, è disciplinata dallo specifico statuto dell’impresa. In questa circostanza i possessori di azioni musharaka sono interessati allo sviluppo e alla crescita dell’impresa ed hanno un orizzonte temporale di lungo termine, mentre i possessori di azioni mudarabah sono caratterizzati da un orizzonte temporale di breve termine e nel contesto islamico apportano il capitale che l’impresa necessità per l’acquisto di asset tangibili che le permettono di attingere ad una nuova quota di capitale di debito. 3. Per quel che riguarda nello specifico gli strumenti di equity è possibile fare ulteriori costatazioni: - Nel contesto islamico il capitale a pieno rischio è considerato una vera e propria partnership, nel rispetto del modello del profit and loss sharing, per cui i possessori delle azioni musharaka, ossia coloro che hanno diritto di voto, condividono con il management non soltanto la gestione dell’attività di impresa, ma anche i rischi 214 associati alla stessa e possono subire una perdita sulla base del rapporto pre – determinato; - Nel contesto tradizionale e in quello islamico il problema dell’asimmetria informativa tra management e azionisti è gestita in modo diverso: nel primo essa viene limitata attraverso i contenuti legali degli strumenti finanziari, mentre nel contesto islamico essa deriva direttamente da contenuti di ordine religioso nella maniera in cui il Sacro Corano stesso evidenzia l’importanza e dell’informazione e della tutela della stessa nelle transazioni economiche; - Mentre nel contesto islamico l’arbitraggio attuato dagli intermediari finanziari è considerato lecito nel contesto islamico esso è assolutamente vietato. In relazione al costo degli strumenti finanziari a disposizione per le scelte di struttura finanziaria di un’impresa islamica è importante innanzitutto notare che gli strumenti di debito islamici risultano più costosi di quelli tradizionali. L’aumento di costo a parità di condizioni deriva dall’aumento di complessità della strutturazione degli strumenti al fine di renderli Shariah – compliant. Questo aspetto risulta rilevante in quei Paesi dove il sistema finanziario islamico e quello tradizionale coesistono in quanto può generare opportunità di arbitraggio260. H. Ahmed261 analizza il costo degli strumenti principalmente utilizzati per la scelta della struttura del capitale in un’impresa islamica attraverso l’approccio della packing order theory e attraverso una scala di valori che va da 0 (irrilevanti) a 3 (elevati). Sulla base dei risultati ottenuti dall’analisi del costo degli strumenti finanziari l’autore espone le modalità 260 Nella presente trattazione si farà riferimento ad un contesto totalmente islamizzato. H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah. 261 215 Figura 8.10. Costi degli strumenti di capitale a disposizione della corporate finance islamica Sottoscrizione Diluzione Fallimento Informativo Costi indiretti Raccolta Costi diretti 3 0 0 0 0 3 1 1 0 2 2 4 1 1 0 2 2 4 Mudarabah Shares 2 2 2 0 1 7 Musharaka Shares 3 3 3 0 2 11 Autofinanziamento (utili non distribuiti) Debito (Ijara e Murabahah) Debito (Sukuk) Costi totali Fonte: H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah. La tabella evidenzia che l’autofinanziamento si caratterizza per un elevato costo di raccolta, rappresentato dai dividendi pagati agli azionisti, mentre presenta dei livelli di costo irrilevante in relazione al costo di sottoscrizione e alle categorie di costi indiretti. L’autofinanziamento permette all’impresa di aumentare il capitale senza emettere nuove azioni: in questo modo l’impresa non sostiene costi di dilazione né in riferimento alla diluzione dei profitti né in relazione alla diluzione del diritto di voto degli azionisti esistenti. L’autofinanziamento permette inoltre all’impresa di non sostenere i costi indiretti dell’aumento del livello di debito e di aumentare il valore dell’impresa a lungo termine nell’ottica della creazione di valore per gli azionisti, soprattutto in riferimento ai possessori di azioni musharaka. Il costo capitale esterno islamico sottoforma di debito qui considerato, murabaha, ijara e sukuk, è relativamente basso in quanto su di esso non incidono i costi legati all’asimmetria informativa e i costi derivanti dalla diluzione dell’azionariato. Il costo principale imputabile al capitale di debito è relativo ai costi di agenzia e al conflitto di interessi tra creditori ed azionisti che viene limitato attraverso l’utilizzo di strumenti quali le garanzie o le covenant. Un’azienda può decidere di 216 ricorrere allo strumento del debito in quanto presenta relativamente un basso costo e per evitare la diluzione dell’azionariato: all’aumentare dell’indebitamento aumentano i costi legati alle possibilità di dissesto finanziario dell’impresa e quindi anche il costo delle altre fonti di finanziamento. Si noti come nel contesto islamico questa possibilità è limitata dall’imposizione di un livello di indebitamento massimo pari all’ammontare degli asset tangibili per cui nonostante il costo dell’indebitamento possa risultare conveniente un’impresa islamica dovrà rinunciare allo strumento del debito nel caso in cui esso abbia raggiunto il livello degli asset tangibili non sulla base di decisioni economiche, ma sulla base di imposizioni esterne. In relazione agli strumenti islamici di capitale a pieno rischio, mudarabah e musharaka, è importante notare che i costi legati all’informazione sono più alti per l’emissione di azioni musharaka rispetto a quelle mudarabah. Questo dipende dalla diretta conseguenza che il limite imposto all’indebitamento dell’impresa ha nei confronti della percezione del rischio da parte del mercato. Nel caso in cui un’impresa islamica emetta azioni quando il livello di indebitamento è inferiore all’ammontare degli asset tangibili le reazioni del mercato saranno negative e si genereranno costi derivanti dall’asimmetria informativa tra amministratori dell’impresa e mercato; nel caso in cui un’impresa islamica emetta azioni sul mercato ed il livello di indebitamento raggiunto è pari all’ammontare degli asset tangibili in un contesto islamizzato è possibile presupporre minori information cost in rilevanza del fatto che il mercato islamico sarà consapevole che l’emissione di azioni deriva dall’impossibilità di rivolgersi ulteriormente al canale del debito.262 Gli studi condotti dall’autore evidenziano che quando il valore del debito di un’impresa islamica è vicino al valore degli asset tangibili, a parità di condizioni, gli information cost saranno minori e che il costo di approvvigionamento del capitale muskaraka è più alto del capitale mudarabah in conformità con il fatto che le azioni mudarabah presentano un profilo rischio – rendimento più basso. 262 “They will realize that the limits of debt has been reached and raising capital through debt is not an alternative”. Fonte: H. Ahmed, Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms, Islamic Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah, cit. 217 Si consideri anche che le azioni mudarabah garantiscono ai possessori il diritto alla spartizione dei profitti, ma non il diritto di voto: per questo motivo i costi di diluzione sono minori nel caso di azioni mudarabah che nel caso di azioni musharaka dove i costi di diluzione rispecchiano sia il profilo dei profitti che quello del diritto di voto. Sulla base di quanto esposto e se si assume che l’obiettivo dell’impresa islamica sia quello di massimizzare il profitto minimizzando il costo del capitale è possibile classificare l’ordine di scelta degli strumenti finanziari da parte della corporate finance islamica. L’impresa Shariah – compliant finanzierà la propria attività rispettando il seguente ordine: autofinanziamento, strumenti di debito islamici, azioni mudarabah e azioni musharaka. 8.3.2. La struttura del capitale nelle imprese di piccole dimensioni Le imprese di piccole dimensioni263 sono generalmente imprese di start – up e di tipo imprenditoriale il cui capitale deriva principalmente da soggetti legati all’attività: founders, family, friends e fouls.264 Le star-up, infatti, si caratterizzano per l’assenza di storia che aumenta la percezione del rischio da parte di potenziali finanziatori esterni e non possono emettere strumenti quali azioni e obbligazioni perché non quotate. Le start – up islamiche potrebbero anche raccogliere fondi attraverso il canale dei business angel, nel contesto islamico denominati muslim angel 265 , ossia un professionista, ancora in attività o in pensione, con un consistente patrimonio personale, una buona rete di contatti, una discreta propensione al rischio, disposto ad investire nelle piccole-medie imprese, 263 Nella trattazione saranno considerate come imprese di piccole dimensioni le start – up che solo dopo la maturazione potranno emettere strumenti sul mercato tramite operazioni di IPO (Initial Public Offering) 264 In riferimento ai finanziatori di imprese start - up si utilizza la definizione di “4 F”. 265 Per maggiori informazioni si visiti il sito www.muslimangels.com 218 mediante partecipazione al capitale di rischio, nelle fasi di start up con la finalità di ricavare un elevato ritorno sull’investimento. Nel contesto islamico questo è vero e rilevante, ma va anche aggiunto che le start – up si caratterizzano da un basso ammontare di asset tangibili e che quindi, anche talora esse riuscissero ad accedere al capitale di debito266, l’ammontare del finanziamento sarebbe minimo. Le start – up con potenzialità di crescita possono rivolgersi al finanziamento da parte di fondi di venture capital, tanto nel contesto tradizionale che in quello islamico: il capitale apportato dal fondo di ventur capital si caratterizza per un costo elevato, ma potrebbe rappresentare l’unica alternativa per l’impresa che ha intenzione di crescere. I venture capitalist selezionano progetti di start – up con elevate potenzialità di crescita in quanto sono disposti ad assumersi un forte rischio, legato all’assenza di storia della start - up , solo a fronte di un elevata potenzialità di ritorno futuro. Essi hanno l’obiettivo, nel medio termine, di percepire un importante ritorno attraverso la cessione della propria partecipazione: per questo motivo il fondo di venture capital partecipa attivamente alla gestione dell’attività di impresa. Attraverso l’intervento del venture capital è possibile presupporre che il valore dell’impresa start – up aumenti e che essa cresca sia in termini di dimensioni, sia in termini di dotazione di asset tangibili. Questo significa che aumenterà la possibilità di rivolgersi al circuito finanziario per reperire capitale di debito sia grazie alla maggiore credibilità di fronte al sistema bancario sia perché, nello specifico contesto islamico, sarà aumentata la dotazione di asset tangibili che garantirà una quota maggiore di capitale. In questo modo la struttura finanziaria della start - up non sarà più caratterizzata dalla sola presenza di capitale di pieno rischio, ma da una combinazione di debito ed equity che, a parità di altre condizioni, abbasserà il costo del capitale aumentando il valore aziendale. Una volta raggiunto l’obiettivo di crescita di valore della start – up il fondo di venture capital deciderà di liquidare il proprio ritorno attraverso operazioni di exit, 266 Nel caso delle start - up si considerano solo gli strumenti di debito del circuito bancario, murabaha e ijara, e non l’emissione di sukuk. 219 la principale delle quali l’operazione di IPO. L’operazione di IPO permette al fondo di venture capital di collocare sul mercato le proprie quote di partecipazione, che assumeranno la struttura di azioni musharaka in quanto portatrici sia del diritto alla percezione degli utili e delle perdite secondo il modello del profit and loss sharing, sia del diritto di voto.267 Figura 8.11.. Relazione tra asset tangibili e struttura finanziaria nelle fasi di sviluppo di una start - up islamica Fonte: : H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah. 8.3.3. La struttura del capitale nelle corporation di dimensioni medio grandi In una corporation islamica l’aspetto del controllo riflette i diritti di voto degli azionisti musharaka che possono essere utilizzati dagli stessi per scegliere i 267 Si sottolinea come il diritto di voto dei possessori delle azioni musharaka sia meno profondo di quello goduto dal fondo di venture capital che partecipava direttamente alla gestione dell’attività. 220 membri del Consiglio di Amministrazione (Board of Director) che controlla l’operato del management al fine di garantire la tutela degli interessi degli azionisti stessi. Quanto più le corporation sono stabili e godono di buona reputazione tanto più possono accedere agli strumenti di debito a lungo termine offerti dal circuito bancario islamico o emettere titoli sul mercato. Gli strumenti a disposizione della corporate finance islamica per le scelte di struttura finanziaria in corporation di grandi e medie dimensioni dipendono da diversi fattori: dalle caratteristiche dell’impresa e dal suo livello di reputazione, dalla propensioni al rischio e alla diluzione di profitti e voto dell’azionariato musharaka, dal costo degli strumenti finanziari islamici e dal limite all’indebitamento imposto alle imprese nel contesto Shariah – compliant. In una grande corporation che presenta stabili cash – flow la fonte di finanziamento primaria è costituita dalle riserve di utili in quanto da una parte garantiscono il minor costo del capitale e dall’altra tutelano gli interessi degli azionisti in quanto non presentano costi di diluzione. Se le fonti di finanziamento interne non sono sufficienti l’impresa opterà per la soluzione del debito esterno, considerando sia il circuito bancario che quello dei capitali, che risulta quello con il costo più basso immediatamente dopo l’autofinanziamento. Se l’impresa necessita di ulteriori capitali, ma non può più ricorrere all’indebitamento in quanto ha raggiunto il limite massimo dello stesso pari all’ammontare totale degli asset tangibili, allora sceglierà di emettere azioni mudarabah in quanto meno costoso delle azioni musharaka. È tuttavia necessario che l’impresa goda di buona reputazione e che abbia una storia di rendimenti positivi perché possa collocare le quote di capitale tra azioni con un orizzonte temporale di breve periodo. Si consideri che, come esposto precedentemente, nel caso in cui l’emissione di azioni mudarabah avvenga in questo stadio e quindi nel momento in cui non è più possibile ricorrere allo strumento del debito la reazione del mercato islamico all’emissione dei titoli sarà positiva. Se si presuppone che ad un aumento del capitale corrisponda un aumento degli investimenti e della dotazione di asset tangibili allora si può presupporre l’impresa 221 in un nuovo momento di fabbisogno finanziario si rivolgerà nuovamente al canale del debito in quanto meno costoso dello strumento delle azioni mudarabah. Se i fabbisogni finanziari risultassero così grandi da non poter essere coperti totalmente attraverso il canale del debito, perché esso raggiunge l’ammontare se pur più alto di asset tangibile, allora la corporation islamica si rivolgerà nuovamente al mercato dei capitali: in questo caso si tratta solitamente di progetti di crescita e sviluppo, caratterizzati da ritorni con orizzonte a medio – lungo termine, per cui l’impresa emetterà delle azioni musharaka. Figura 8.12. Evoluzione della struttura del capitale in una corporation islamica Fonte: : H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah. 8.4. Il trattamento dei dividendi secondo la prospettiva tradizionale Uno degli aspetti considerate dalla corporate finance e dalle teorie di strutura finanziaria ottimale è il trattamento dei dividendi, ossia di quella parte di utile che le società decidono di distribuire ai propri azionisti. 222 I dividendi rappresentano il compenso che spetta agli azionisti e sono importanti quale elemento che influenza l’immagine della società nei confronti del mercato finanziario e quindi le capacità della stessa di reperire capitale a pieno rischio268. La politica dei dividendi influenza le scelte dell’impresa tra autofinanziamento e finanziamento esterno in qualora non esistano sul mercato opportunità di investimento in grado di generare un rendimento superiore a quello minimo l’impresa deciderà di distribuire i dividendi ai propri azionisti. Ne risulta quindi che la distribuzione dei dividendi agli azionisti è subordinata a due condizioni: l’impresa deve aver prodotto utili e l’assemblea ordinaria deve decidere di distribuire i dividendi anziché scegliere la via dell’autofinanziamento. Il processo di distribuzione dei dividendi nel contesto islamico segue le stesse logiche strategico – finanziarie di quello che caratterizza il sistema tradizionale, ma si caratterizza per il cosiddetto processo di purificazione che ha lo scopo di eliminare le componenti haram degli utili per donarli in beneficienza. 8.4.1. Il processo di purificazione dei dividendi nel contesto islamico I dividendi sono la remunerazione che spetta agli azionisti e rappresentano una quota di utili generati dalla società. Nel contesto islamico le caratteristiche di legittimità degli utili generati attraverso l’attività di impresa assumono una forte rilevanza: gli utili non dovrebbero contenere elementi haram, vietati, sia in riferimento alla natura degli investimenti che sono stati intrapresi sia in riferimento alla natura degli strumenti di finanziamento a supporto degli investimenti stessi. Tutte le società coinvolte negli attuali mercati finanziari, anche quelle quotate nei mercati dei paesi del MENA269, presentano una qualche componente haram nel 268 Gli studi condotti dimostrano che una distribuzione dei dividendi viene percepita dal mercato come una buona notizia in quanto evidenzia le aspettative positive del management circa il future della società: per questo motivo I prezzi salgono. 269 MENA è l’acronimo per Middle – East and North Africa. 223 processo che porta alla formazione degli utili, componente che si rispecchia inevitabilmente nei dividendi distribuiti agli azionisti. Gli esperti della Shariah più conservativi sono del parere che non sia consentito per un musulmano investire in azioni di società che presentano qualche componente haram, anche se la loro attività principale è halal. La tesi di fondo di questo gruppo di esperti è che ogni azionista di una società è un partner della società stessa, ed ogni partner, secondo la giurisprudenza islamica, è un agente per gli altri in materia di business: in questo senso il semplice possesso di una quota incarna la volontà dell’azionista – partner ad autorizzare, ma soprattutto a legittimare, il management ad operare in un’attività non Shariah – compliant e quindi contraria al credo islamico. Un’altra tesi portata avanti dagli esperti più conservatori è che la Shariah considera impuri i profitti se i fondi impiegati nell’attività d’impresa sono stati finanziati strumenti che presentano componenti non legittime, quali ad esempio l’interesse, in considerazione proprio del fatto che una componente illegittima sarà compresa anche nei dividendi distribuiti agli azionisti. La maggioranza degli attuali studiosi, però, non condivide questa prospettiva e sostengono che in una società costituita secondo il modello della corporation le decisioni sono prese a maggioranza e nessun azionisti ha pieno potere di voto: secondo questo punto di vista le azioni intraprese dalle società non possono essere attribuite alla capacità individuale del singolo azionista credente e quindi se un solleva un'obiezione contro una determinata operazione, in quanto ritiene presenti degli elementi haram, ma tale obiezione viene rifiutata dalla maggioranza non si può concludere che egli abbia dato il suo consenso attraverso la sua propria capacità individuale. Questo aspetto viene ulteriormente evidenziato nel caso in cui l’azionista decida autonomamente di rinunciare alla componente di dividendo derivante dall’operazione haram. Secondo la prospettiva accolta dalla maggioranza degli studiosi se il business dell’impresa è halal, ma essa presenta delle componenti haram che siano trascurabili, non è possibile concludere che tutte le attività che svolge l’impresa siano haram e quindi l’investitore musulmano può acquistare quote del suo pacchetto azionario con l’obbligo morale di opporsi, in relazione ai diritti di voto 224 di cui gode e nelle sedi opportune, ad azioni che giudica non in linea con l’etica islamica rinunciando alla componente degli utili distribuiti che derivi da attività o elementi haram per donarla in beneficienza attraverso il cosiddetto “processo di purificazione”. Risulta evidente che nel contesto islamico l’immagine etica dell’impresa assume una connotazione importante ed influenza la sua capacità di reperire fondi sul mercato finanziario. 8.4.2. I vincoli allo scambio azionario nel mercato islamico Una delle caratteristiche specifiche dello strumento azionario è il suo essere illimitato nel tempo per cui l’azionista può decidere di cedere il pacchetto azionario che possiede sul mercato secondario e liquidare l’importo, ossia il prezzo che si stabilisce a seguito dell’incontro tra domanda e offerta, piuttosto che continuare a detenere le azioni e godere delle future distribuzioni dei dividendi. Le caratteristiche di liquidabilità immediata dello strumento sono considerate importanti dagli investitori e quindi incidono sulle capacità dell’impresa di reperire capitale a pieno rischio. Per quel che riguarda il contesto islamico si deve prima di tutto considerare che a supporto di un’immediata liquidazione di capitale di equity un ruolo molto importante viene svolto dall’efficienza del mercato dei capitali e delle borse valori: la finanza islamica è storicamente recente e non tutti i paesi a maggioranza musulmana presentano lo stesso grado di sviluppo del circuito finanziario di mercato, anzi è possibile sostenere che molti paesi siano bank – oriented. Il secondo aspetto da considerare riguarda il prezzo di scambio delle quote di proprietà in quanto secondo la giurisprudenza islamica nel caso in cui la maggioranza degli asset dell’impresa siano liquidi le azioni e in generale le quote di partecipazione devono essere scambiate alla pari270. 270 Tecnicamente con il termine “alla pari” si intende un prezzo di emissione, in questo caso di scambio azionario, uguale al valore nominale dello strumento. 225 Alcuni studiosi sono del parere che l’ammontare di attività illiquide deve essere il almeno pari al 51%271, mentre secondo altri studiosi se le attività illiquide di una società sono almeno pari al 33% del totale degli asset, allora le azioni della società possono essere negoziabili anche non alla pari e quindi al prezzo che si stabilisce sul mercato. Secondo la scuola hanafita ogni volta che un’attività è composta da asset liquidi e asset illiquidi la parte liquida deve essere negoziata alla pari, mentre la parte illiquida può essere negoziata indipendentemente. Gli studiosi hanno opinioni diverse sulla necessità di sottoporre a purificazione i profitti derivanti da plusvalenze che si verificano quando l’azionista acquista le azioni ad un dato prezzo e le rivende sul mercato ad un prezzo superiore. Alcuni studiosi sono del parere che anche nel caso delle plusvalenze il processo di purificazione sia necessario perché il prezzo di mercato del titolo potrebbe riflettere elementi haram incluso nel patrimonio della società. Altri studiosi sostengono che il processo di purificazione in caso di plusvalenze non sia necessario in quanto se il business principale in cui opera l’impresa è halal e se gli azionisti agiscono nell’esercizio del proprio diritto di voto ammonendo le azioni haram della società, allora la maggior parte delle attività della società saranno considerate halal. In questo caso la componente del patrimonio haram non soltanto sarà trascurabile, ma anche sconosciuta e quindi si dovrà assumere che il prezzo delle azioni non la rifletta che in maniera minima. Quest’ultimo approccio è più adatto al caso in cui l’investitore abbia riscattato la quota dopo aver già ricevuto dei dividendi già sottoposti al processo di purificazione, mentre il primo approccio è migliore nel caso in cui il riscatto della quota avvenga prima di aver ricevuto dividendi. Il processo di purificazione, applicato a seconda dei casi sui dividendi, sulle plusvalenze o sulle quote di riscatto, viene generalmente effettuato prendendo in considerazione la percentuale media di interessi percepiti dalla società. 271 Essi sostengono che se la maggioranza delle attività è in forma liquida tutte le attività dovrebbero essere trattate come vengono trattate quelle in forma liquida secondo un principio giuridico islamico per cui l’insieme di qualcosa (in questo caso degli asset di una società) deve essere trattata sulla base della natura della sua maggioranza (in questo caso le attività in forma liquida). 226 8.5. Il grado di sviluppo della finanza islamica ed il ricorso agli strumenti finanziari Shariah – compliant Secondo quanto analizzato nel corso della trattazione appare evidente quanto l’obiettivo di fondo degli studiosi e degli organi che compongono il sovra sistema finanziario islamico sia quello di permettere ad imprese e privati di ricorrere a strumenti finanziari rispettosi del credo musulmano senza dover rinunciare agli obiettivi di profitto ed economicità. Nel corso degli anni la finanza islamica ha dato prova di grande ingegneria finanziaria che ha permesso lo sviluppo di prodotti finanziari islamici sempre più sofisticati. Lo sviluppo del sistema finanziario, sia bancario che di capitali, è fondamentale per lo sviluppo e la competitività dell’impresa: proprio per questo motivo gli studiosi islamici non rigettano gli strumenti tradizionali a priori, ma li analizzano e li riadattano ai contenuti etici propri dell’Islam272. La finanza islamica presenta dei livelli di crescita annui che vanno dal 10% al 15% ed ha dimostrato una maggior capacità di rispondere all’ultima crisi finanziaria mondiale grazie ai fondamenti che la caratterizzano. Oggi gli strumenti offerti dalla finanza islamica sono presenti in 37 paesi e sono circa 350 le istituzioni finanziarie che presentano asset in qualche modo legate ai principi della Shariah. Secondo le stime effettuate Ernst & Young si prevede che gli asset del sistema bancario islamico raggiungano un valore pari a 3,4 trilioni di dollari entro il 2018273 con un particolare sviluppo in Qatar, Indonesia, Arabia Saudita, Malesia, Emirati Arabi Uniti e Turchia (QISMUT) che oggi presentano una quota di mercato finanziario Shariah – compliant rispetto al mercato nazionale che ammonta a: 24% per il Qatar, 4,6% per l’Indonesia, 53% per l’Arabia Saudita, 20% per la Malesia, 17% per gli Emirati Arabi Uniti e 5,6% per la Turchia274. 272 Questo aspetto è particolarmente evidente se si considera lo sviluppo degli strumenti derivati islamici trattati nel capitolo sesto. 273 EY, “Global Islamic banking assets set to exceed US$3.4 trillion by 2018 ”19 maggio 2014, www.ey.com/mena 274 EY, “World Islamic Banking Competitiveness Report 2013 – 2014” 227 I paesi con un sistema finanziario totalmente islamico sono invece l’Iran, il Sudan e il Pakistan. Secondo gli studi il settore della finanza islamica che si caratterizza per lo sviluppo più interessante è il settore dei sukuk. Le stime dell’IIFM valutano il mercato complessivo dei sukuk in 136 miliardi di dollari al 30 giugno 2009275. Le stime dell’IIFM276 evidenziano come la crescita del mercato dei sukuk sia trainata dalla Malesia e dai paesi del GCC. Figura 8.13. Emissioni internazionali di sukuk (2001 – 2013) ASIA & FAR EAST Malaysia Indonesia Pakistan Singapore Hong Kong Japan Total GCC & MIDDLE EAST Bahrain Qatar Saudi Arabia United Arab Emirates Kuwait Total AFRICA Sudan Total EUROPE & OTHERS Turkey Germany UK France USA Kazakistan Total Grand Total Number of issues 19 4 1 2 2 3 31 Number of issues 93 9 15 50 13 180 Number of issues 1 1 Number of issues 3 1 3 1 2 1 11 223 Amount USD Millions 9.677 3.131 600 319 196 190 14.113 Amount USD Millions 6.780 7.685 9.990 34.536 2.127 61.118 Amount USD Millions 130 130 Amount USD Millions 1.950 55 282 1 600 77 2.965 78.326 % of Total Value 2,4% 4,0% 0,77% 0,41% 0,25% 0,24% 18% % of Total Value 8,7% 9,8% 12,8% 44,1% 2,7% 78,0% % of Total Value 0,17% 0,17% % of Total Value 2,5% 0,07% 0,36% 0,00% 0,77% 0,10% 4% 100% Fonte: , “Sukuk Report. A comprehensive study of Global Sukuk Market. 3rd Edition” 275 Fonte: K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao Edizioni, 2013 276 IIFM, “Sukuk Report. A comprehensive study of Global Sukuk Market. 3rd Edition”. 228 Figura 8.14. Emissioni domestiche di sukuk (2001 – 2013) ASIA & FAR EAST Malaysia Indonesia Pakistan Srunei Darussalam Singapore Total GCC & MIDDLE EAST Bahrain Qatar Saudi Arabia United Arab Emirates Kuwait Jordan Yemen Total AFRICA Sudan Gambia Total EUROPE & OTHERS Turkey Germany USA Total Grand Total Number of issues 3026 146 43 84 5 3034 Number of issues 173 3 26 13 1 1 2 129 Number of issues 22 104 126 Number of issues 1 1 1 3 3.652 Amount USD Millions 314.820 12.029 6.045 3.929 192 337.015 Amount USD Millions 5.675 9.548 18.712 8.218 332 119 253 42.857 Amount USD Millions 13.214 78 13.292 Amount USD Millions 905 123 167 1.195 394.359 % of Total Value 79,8% 3,1% 1,5% 1% 0,05% 85,5% % of Total Value 1,4% 2,4% 4,7% 2,1% 0,08% 0,03% 0,06% 10,9% % of Total Value 3,4% 0,02% 3,37% % of Total Value 0,23% 0,03% 0,04% 0,30% 100% Fonte: IIFM, “Sukuk Report. A comprehensive study of Global Sukuk Market. 3rd Edition” Risulta evidente che la maggior parte delle emissioni dei paesi del GCC, con particolare enfasi nei confronti degli Emirati Arabi Uniti, sono rivolte al mercato internazionale, mentre quelle della Malesia al mercato interno. Il 56% delle emissioni internazionali di sukuk avvengono su iniziativa di imprese, il resto è ripartito tra emissioni sovrane (26%) e quasi sovrane (18%). L’esame della composizione della struttura finanziaria dell’impresa islamica è rilevante per comprendere quanto effettivo sia il livello di crescita e sostenibilità del sistema islamico. 229 Uno studio condotto da Dzolkarnaini e Minhat277 mostra il livello di penetrazione degli strumenti finanziari islamici nelle scelte di struttura finanziarie delle imprese che operano in 16 paesi dove è innegabile la presenza del sistema finanziario islamico: Bahrain, Malesia, Bangladesh, Egitto, Iran, Indonesia, Giordania, Kuwait, Libano, Mauritius, Pakistan, Qatar, Arabia Saudita, Tunisia, Emirati Arabi Uniti (UAE) e Palestina. In accordo a quanto sostenuto da Ahmed questo dovrebbe influenzare la struttura finanziaria delle imprese che dovrebbero presentare un basso livello di indebitamento e rivolgersi al sistema Shariah – compliant. Le imprese analizzate sono state selezionate dalle principali borse dei Paesi considerati escludendo le imprese non Shariah – compliant. Lo studio è stato condotto analizzando i 129 report annuali delle imprese del campione disponibili online per il periodo che va dal 2005 al 2009. I risultati della ricerca dimostrano che il ricorso agli strumenti finanziari islamici non è profondo come auspicato dagli autori ed infatti delle aziende i cui bilanci sono stati oggetto di studio278 Lo studio condotto mostra come di 16 Paesi analizzati soltanto 8, quindi soltanto il 50%, ricorre a strumenti finanziari islamici. Questi Paesi sono: Arabia Saudita, Malesia, Emirati Arabi Uniti (UAE), Pakistan, Indonesia, Qatar, Kuwait e Egitto. È comunque importante considerare che i dati dello studio circa la profondità di penetrazione della finanza islamica nella struttura finanziaria delle imprese siano da trattare con cautela in riferimento al fatto che molte delle imprese che comprendono il campione selezionato non presentavano la possibilità di analizzare il report annuale, in quanto non disponibile online.279 Lo studio evidenzia che il 60% delle aziende malesi si rivolga al sistema finanziario islamico: la Malesia è riconosciuto come uno dei principali paesi di sviluppo del sistema finanziario islamico sia in riferimento al circuito bancario che al circuito di mercato. 277 N. Dzolkarnaini, M. Minhat, “In Search of a Theory of Corporate Financing and Islamic Financial Instruments", 8th International Conference on Islamic Economics and Finance. 278 Si è evidenziato un problema di trasparenza nel reperire bilanci online delle aziende del campione. 279 Si consideri ad esempio il caso dell’Iran: nessuna delle 20 aziende selezionate aveva il report annuale pubblicato online e quindi nessuna è stata oggetto di studio, sebbene l’Iran sia un Paese il cui sistema risulta totalmente islamizzato per cui è presumibile supporre che le imprese utilizzino gli strumenti finanziari Shariah – compliant. 230 Non tutti i Paesi si assiste allo stesso livello di utilizzo degli strumenti finanziari islamici. La Malesia è il paese caratterizzato da maggiore trasparenza informativa (il 100% delle imprese disponeva di un report annuale consultabile) e da un grande ricorso al sistema finanziario islamico: di 20 imprese analizzate 13 (65%) presentavano strumenti finanziari islamici nel proprio report. La Malesia si caratterizza per la volontà di porsi come paese leader della finanza islamica a livello internazionale e svolge un ruolo fondamentale nella ricerca, nello sviluppo e nella promozione tanto del circuito bancario che di quello di mercato. Il Paese che presenta il più elevato livello di penetrazione dei sistemi finanziari è l’Arabia Saudita: questo dato non sorprende se si considera il conservatorismo del paese e la religiosità della popolazione. Figura 9.l5. Il livello di penetrazione degli strumenti finanziari islamici nelle imprese di 8 Paesi del MENA (2005-2009) Fonte: N. Dzolkarnaini, M. Minhat, “In Search of a Theory of Corporate Financing and Islamic Financial Instruments", 8th International Conference on Islamic Economics and Finance. 231 La ricerca condotta dimostra che molte delle imprese operanti nei Paesi in cui vige il sistema finanziario islamico continuano a rivolgersi al sistema tradizionale. Questo può essere attribuito a diversi fattori: lo sviluppo del sistema finanziario islamico sia in termini di circuito bancario che di circuito legale, lo sviluppo di sistemi legali e fiscali Shariah – compliant, il minor costo degli strumenti finanziari tradizionali rispetto a quelli islamici e al ruolo svolto dai governi dei singoli Paesi per promuovere il ricorso al sistema. Nel corso del capitol è stato anche evidenziato il ruolo fondamentale degli azionisti, particolarmente incoraggiato dallo sceicco Usmani280, nel disciplinare l’operatività dell’impresa islamica e supportare lo sviluppo della finanza Shariah – compliant. 280 T. Q. Usmani, “An introduction to Islamic finance”, Kluwer Lawer International, 2002 232 9. LA FINANZA ISLAMICA SECONDO LE TEORIE DELLA SOCIOLOGIA ECONOMICA Si vuole concludere la trattazione analizzando la finanza islamica ed i suoi aspetti alla luce delle più importanti teorie dell’economia e della sociologia economica. 9.1. Il rapporto tra economia ed etica: prospettiva tradizionale e prospettiva islamica a confronto La separazione tra etica ed economia è avvenuta agli inizi dell’Ottocento: per molto tempo l’economia si è sviluppata indipendentemente dalla sfera etica ed ha assunto, grazie agli studi di Adam Smith 281 , la sua dimensione di scienza autonoma. I concetti di scarsità delle risorse e di “mano invisibile” hanno dominato gli studi economici e la prospettiva della razionalità e dell’egoismo degli attori che operano sui mercati hanno portato allo sviluppo del concetto di “homo economicus”. È solo negli ultimi decenni che si è iniziato a dibattere della necessità di ritrovare una dimensione etica all’interno dell’economia anche a seguito dei grandi scandali e delle gravi crisi che si sono succeduti negli ultimi decenni. L’ultima crisi economica, soprattutto, ha aperto un grande dibattito mostrando le fragilità di un sistema troppo poco regolamentato e troppo interconnesso che ha fatto sentire i suoi effetti anche nel campo dell’economia reale dei paesi di tutto il mondo. La finanza Shariah – compliant nasce attraverso un processo opposto rispetto a quello che ha caratterizzato lo sviluppo della finanza tradizionale: non è l’etica a 281 Famosa è la seguente citazione di Adam Smith che descrive l’obiettivo di interesse personale che spinge le azioni del cosiddetto homo economicus: “Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del panettiere che ci aspettiamo la nostra cena, ma dallo loro considerazione del loro stesso interesse” 233 doversi adattare all’economia, ma sono gli aspetti negativi dell’economia a dover essere riletti alla luce dell’etica islamica. Nello specifico contesto della finanza islamica l’etica che si prende come guida è quella legata al credo religioso e gli aspetti negativi sui quali è necessario agire sono definiti alla luce dei versi dei testi sacri. Si riportano le parole del presidente della BIB, Janahi al fine di evidenziare il legame tra profitto ed etica islamica: “Per noi il profitto non è un fine in sé stesso. Il nostro obiettivo capitale è di sollevare la popolazione dall’imbarazzo (Raf’ alharaj) che consiste nell’essere obbligati a fare transazioni bancarie in una maniera non islamica. Per noi è la missione (Rissala) che importa e non il profitto. Si tratta per noi di offrire ai musulmani, in un nuovo quadro organizzativo, di completare le loro transazioni bancarie in conformità con la Shariah”282 La finanza islamica nasce e si sviluppa attorno al concetto di etica: l’Islam è una religione totalizzante che abbraccia non soltanto la dimensione morale, ma ogni aspetto della vita del credente. Analizzare come l’etica islamica influenzi l’agire economico degli operatori significa andare ben oltre al di là del semplice divieto della riba, termine che viene sintetizzato con interesse, ma che esprime qualsiasi forma di arricchimento non giustificato tra cui quello legato al tempo che è per i credenti musulmani una dimensione che appartiene solo ad Allah. Il divieto dell’interesse era contemplato anche nella religione cristiana ed è stato con l’avvento del calvinismo che la percezione dei credenti nei confronti della sua applicazione è cambiata. Diventa quindi interessante un’analisi comparativa tra le ragioni che hanno permesso la finanza islamica e le relazioni che identifica Weber tra l’etica protestante e la nascita del capitalismo. 282 L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone, ETAS, 2008. 234 9.2. Confronto tra “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” di Weber ed etica islamica e sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant 283 Weber ritiene che almeno due elementi dell’etica protestante promossa da Calvino siano alla base della transazione verso il capitalismo: l’ascetismo e il concetto di salvezza. L’ascetismo calvinista a cui Weber attribuisce la transazione verso il capitalismo è quello di tipo terreno284che spingerebbe i credenti a non dissolvere le ricchezze per l’immediato soddisfacimento di bisogni o piaceri: secondo l’autore questa regola morale avrebbe spinto la comunità protestante a sviluppare un approccio positivo ed economicamente razionale allo sfruttamento delle risorse favorendo l’investimento piuttosto che l’utilizzo del denaro. Weber conclude anche che la percezione che l’etica calvinista dà all’utilizzo della ricchezza avrebbe sviluppato un approccio positivo al lavoro che non viene considerato una punizione per il peccato originale come avviene nella religione cristiana cattolica. Il secondo aspetto analizzato da Weber è la differenza del concetto di salvezza tra la religione cristiana cattolica e quella protestante: secondo Weber la differenza sostanziale risiede nel fatto che mentre per il Cattolicesimo la salvezza avviene per opere per la religione calvinista essa è un dono concesso da Dio, che ha mandato Suo figlio sulla croce per salvare l’umanità. A differenza della religione cattolica caratterizzata da una gerarchia di istituzioni chiare che guidano il credente verso la salvezza e da una maggiore integrazione sociale, la religione calvinista è più individualista: secondo Weber la mancanza di una guida per il raggiungimento della salvezza genererebbe ansia ed incertezza e spingerebbe i calvinisti a ricercare la salvezza nel successo economico accompagnato dall’ascetismo. 283 M. Weber, “L’etica protestante e lo spirito del Capitalismo”, traduzione italiana a cura di A. M. Marietti, BUR Rizzoli, Milano, 2011 284 Weber distingue tra ascetismo intramondano (innerweltliche Askesis) e ascetismo extramondano (ausserweltliche Auskesis). L’ascetismo intramondano fa riferimento riguarda le regole che la società, nella sua analisi quella calvinista, si pone all’interno del vivere quotidiano, mentre l’ascetismo extramondano fa riferimento alle persone che si ritirano dal mondo al fine di vivere una vita ascetica. 235 L’ascetismo individuato da Weber nell’etica calvinista è presente anche nell’etica islamica: diversi passi del Sacro Corano spingono il credente a non forgiare eccessivamente la ricchezza. Se all’interno dell’etica calvinista questo aspetto è associato alla volontà di vivere una vita risoluta e senza eccessi, nell’etica islamica assume importanza il concetto di khalifah per cui la ricchezza non appartiene mai completamente al credente, ma è data in vice reggenza da Allah e quindi deve essere utilizzata in modo proficuo per l’intera collettività. Se l’ascetismo terreno individuato da Weber nell’etica protestante è un ascetismo di tipo individuale che spinge l’imprenditore ad investire la ricchezza piuttosto che a sfoggiarla, nell’etica islamica il concetto di khalifah spingerebbe il credente ad utilizzarla in maniera socialmente responsabile, non soltanto per mezzo dell’investimento, ma anche attraverso atti di beneficienza. A differenza di quanto individuato da Weber per la religione protestante, la religione islamica è una religione fondata sul concetto di Ummah, comunità, e si caratterizza per un insieme di pratiche collettive che hanno lo scopo di rafforzare il legame tra i credenti. Non è quindi l’individualismo la causa che spiegherebbe la percezione dei musulmani del concetto di salvezza quale base di sviluppo per la finanza islamica. Come accade per la religione calvinista, la religione islamica si caratterizza anche per la mancanza di gerarchia285, ma a differenza di quanto affermato da Weber per l’etica protestante non sarebbe questo il motivo che avrebbe spinto l’etica islamica a sviluppare il sistema finanziario Shariah – compliant: Weber associa alla mancanza di una gerarchia ecclesiastica nel calvinismo una maggiore incertezza nella definizione delle azioni che portano alla salvezza, cosa che nell’Islam non accade in quanto i testi sacri comprendono prescrizioni che abbracciano tutti gli aspetti del vivere. Il Sacro Corano è considerato dai credenti atemporale e le sue prescrizioni sono eterne: uno dei principi su cui si fonda la finanza islamica è il principio della Shura, del confronto, che permetterebbe alla comunità di rispettare l’atemporalità del testo sacro riadattandolo alle necessità della contemporaneità. 285 La mancanza di gerarchia è tipica dell’Islam sunnita che rappresenta il 95% del mondo musulmano, mentre una gerarchia è presente all’interno della fazione dell’Islam sciita. 236 La vera differenza tra Islam e Cristianesimo, sia esso cattolico o protestante, risiede nel fatto che i musulmani pur credendo al peccato originale non credono alla sua eredità e quindi non concepiscono la redenzione come viene intesa in termini cristiani. L’analisi di Weber mostra che nell’etica protestante che ha portato alla transazione verso il capitalismo l’ansia per la salvezza era strettamente legata al concetto di redenzione, percepito come un “dono” che Dio aveva concesso attraverso la crocifissione del Suo unico figlio. Secondo l’etica islamica l’essere umano viene creato puro e senza peccato ed è esercitando il suo libero arbitrio che deciderà se seguire le prescrizioni contenute nei testi sacri e garantirsi la salvezza. Un altro aspetto importante è il principio della shahada: in più versetti del Sacro Corano è scritto che la salvezza spetta a coloro che credono in Allah e che credono nel profeta Muhammad. La religione islamica nasce nel momento in cui il Profeta Muhammad fonda la Ummah a seguito dell’Égira286 ed è un periodo riconosciuto di grande splendore e benessere per la collettività. Gli studiosi musulmani contemporanei si ispirano al quel preciso periodo storico nella convinzione che attraverso l’esercizio del confronto, Shura, sia possibile rispettare l’atemporalità del Sacro Corano e costruire una società fondata sul benessere. A conclusione del confronto è possibile affermare che esistono delle differenze tra le caratteristiche che Weber ha riscontrato nell’etica protestante nella sua analisi dello sviluppo dello spirito capitalistico e le caratteristiche dell’etica islamica che hanno permesso lo sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant. L’ascetismo islamico esiste a seguito del principio del khalifah. La proprietà assoluta non esiste in quanto tutto ciò che esiste sul pianeta è stato creato da Allah ed è di sua proprietà. Per questo motivo il credente musulmano non deve dare eccessivo sfoggio della ricchezza, ma anzi utilizzarla per il benessere dell’intera collettività. A differenza di quanto riscontrato per Weber nell’etica islamica l’ansia per la salvezza non è da imputarsi alla mancanza di gerarchia, all’individualismo o alla mancanza di un insieme di pratiche da compiere per raggiungerla, bensì al concetto di tawhid che implica credere nell’unicità di Allah e temere le sue parole, che sono considerate atemporali. La presenza di chiare 286 Secondo alcuni studiosi la Ummah sarebbe stata fondata prima dell’Ègira. 237 disposizioni su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato ha generato un’ansia per la salvezza opposta rispetto a quella individuata da Weber nella sua analisi sull’etica protestante: all’incertezza delle azioni da compiere individuata nel Calvinismo, l’Islam contrappone la certezza delle azioni da non compiere e la consapevolezza che alcuni elementi del sistema finanziario tradizionale non avrebbero permesso agli attori economici musulmani di raggiungere la salvezza. Weber intitola la sua opera “L’etica islamica e lo spirito del capitalismo”: in questo modo l’autore sostiene non è possibile considerare l’etica protestante come diretta causa della nascita del capitalismo, ma come una pre – condizione culturale importante per il suo successivo sviluppo. A differenza di quanto avvenuto per la nascita del capitalismo, l’etica islamica è stata direttamente la ragione della nascita e dello sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant. La comunità dei credenti ha razionalmente deciso di creare un sistema alternativo a quello tradizionale che permettesse di vivere nell’epoca contemporanea senza essere in contrasto con le parole di Allah. 9.3. Le caratteristiche del mercato islamico Come afferma Zelizer287 perché i mercati nascano è necessario che ci sia un processo di costruzione sociale del mercato in quanto essi non sono un meccanismo di scambio spontaneo. La studiosa analizza come l’evolversi delle situazioni culturali in Occidente abbia portato anche all’evolversi della percezione e della legittimità che la comunità ha dato nel tempo ad alcuni mercati caratteristici, come quello dell’assicurazione sulla vita288. Allo stesso modo molti studiosi, tra cui la stessa Zelizer, affermano che analizzare i fatti economici sotto la sola prospettiva della razionalità degli operatori risulta riduttivo e che sarebbe 287 V. A. Zelizer, “Vite economiche. Valore di mercato e valore della persona”, Il Mulino, Bologna, 2009 288 Il sistema finanziario islamico ha sviluppato un sistema assicurativo alternativo a quello tradizionale, takaful, e che si basa sul concetto di donazione, tabarru. Gli studi sul mercato della takaful evidenziano un maggior sviluppo del ramo danni rispetto al ramo vita imputabile al fatto che i fedeli musulmani ritengono che il destino della vita del credente sia nelle mani di Allah. 238 necessario analizzare se ci siano altre variabili che interferiscono su questa razionalità. Il mercato finanziario islamico nasce da un’idea che alcuni definiscono “missionaria”, ma in breve tempo si razionalizza offrendo una concreta alternativa agli strumenti tradizionali. Perché esista un mercato è necessario che vengano rispettate almeno le seguenti caratteristiche: diritto dello scambio, idea di libera iniziativa economica, tecnologia dello scambio, mercato del lavoro ed orientamento all’interesse. Tutte queste caratteristiche esistono all’interno del mercato finanziario islamico, sebbene con alcune particolarità in quanto tutti questi aspetti sono subordinati al rispetto della Shariah. Come è stato ampiamente trattato la Shariah promuove il diritto dello scambio e l’orientamento all’iniziativa economica, ma li limita nel senso che l’obiettivo del profitto deve essere subordinato al rispetto dei valori dell’Islam. Più problematico risulta l’aspetto della tecnologia dello scambio: affinché esista un mercato è necessario che il mercato dello scambio funzioni ed in questo senso assume un ruolo rilevante il concetto di moneta. Nel mercato finanziario islamico il ruolo svolto dal circuito bancario e dal circuito di mercato è importante ma, anche a causa dello stadio di vita della finanza islamica, essi non sono ancora ottimali. Gran parte della trattazione si è concentrata sull’evidenziare come l’ingegneria finanziaria islamica sia impegnata nella ricerca di soluzioni che possano permettere non soltanto di offrire degli strumenti Shariah – compliant, ma anche degli strumenti in grado di essere efficienti sotto il profilo economico. Un altro importante aspetto è il mercato del lavoro: nel parlare di corporate governance nelle aziende finanziarie islamiche si è sottolineato come il mercato del lavoro nel settore necessiti di capacità sia economico – finanziarie che di specifica conoscenza della morale islamica e come la sua dimensione sub – ottimale crei dei possibili conflitti di interesse che possono danneggiare il sistema. L’ultimo aspetto riguarda l’orientamento all’interesse: all’interno del contesto della finanza islamica questo aspetto deve essere rivisto in quanto, perché questo mercato potesse concretamente svilupparsi, è stato necessario che accanto all’offerta si sviluppasse una domanda di servizi finanziari Shariah – compliant caratterizzata da un orientamento all’interesse inteso sotto la specifica dimensione dell’etica 239 islamica. Sebbene questo aspetto sia stato fondamentale nei primi anni dello sviluppo della finanza islamica oggi assume un’importanza minore perché grazie all’accresciuta dimensione del mercato anche operatori non musulmani ricorrono a strumenti Shariah – compliant, non per scelte di credo religioso, ma per scelte di razionalizzazione economica e diversificazione del portafoglio. 9.4. L’agire degli operatori economici musulmani alla luce dei tipi di azione individuati da Weber Douglas289 analizza il ruolo culturale del consumo e afferma che i consumi come risposta ad un bisogno fisiologico sono stati surclassati da bisogni di tipo culturale che hanno anche lo scopo di affermare la propria identità. Secondo questa prospettiva appare evidente la domanda di prodotti Shariah – compliant nei mercati a maggioranza musulmana si è sviluppata perché i credenti ricorrono al sistema finanziario islamico per soddisfare uno specifico bisogno interiore: quello di garantirsi la salvezza e la vita ultraterrena. Nello stesso tempo il ricorso agli strumenti finanziari islamici afferma l’identità dell’utilizzatore e la sua appartenenza alla comunità dei musulmani. Un’importante analisi in termini di razionalità degli agenti economici è stata condotta da Weber. Nel mercato finanziario tradizionale la maggior parte delle azioni intraprese si possono presupporre di tipo razionale rispetto allo scopo, nonostante i recenti studi della cosiddetta “finanza comportamentale” analizzino come le scelte di investimento siano influenzate da elementi soggettivi e psicologici. Nonostante questa puntualizzazione è senza dubbio possibile affermare che la razionalità che guida gli investitori sui mercati tradizionali e gli investitori di fede islamica siano diverse. Nel mercato tradizionale l’agire economico vuole essere razionale rispetto allo scopo nel senso che l’investitore si pone come obiettivo quello di massimizzare il profitto minimizzando i costi e se 289 M. Douglas, B. Isherwood, “Il mondo delle cose”, Biblioteca Paperbaks, Il Mulino, Milano, 2013 240 ci sono degli elementi embededded essi riguardano la sfera soggettiva ed inconscia. L’attore che decide di investire i propri capitali ricorrendo a qualsivoglia strumento di finanza etica, di cui la finanza islamica fa parte, ricorre ad una razionalità rispetto al valore nel senso che persegue l’obiettivo di profitto, ma subordinandolo a dei valori morali che sono chiari e definiti. Nel contesto islamico questi valori sono legati al concetto di salvezza e sono così radicati che come si è evidenziato trattando del concetto di “homo islamicus” alcuni economisti musulmani sono stati spinti a riformulare il concetto di utilità considerando anche la dimensione dell’aldilà. Due interi capitoli hanno analizzato come gli studiosi islamici abbiano deciso di riconsiderare le più importanti teorie finanziarie alla luce dei limiti imposti dall’etica islamica, principalmente il divieto ad un tasso prefissato ex – ante ed alla speculazione, evidenziando quanto in profondità si sia spinta la razionalità rispetto al valore che caratterizza il sistema finanziario islamico. Perché lo sviluppo della finanza islamica fosse possibile è stato però necessario che questa scelta fosse fatta consapevolmente, che fosse difesa ed istituzionalizzata. Le istituzioni svolgono un ruolo importante nel contesto occidentale nel definire le regole di comportamento che guidano l’agire economico e questo è tanto più vero nel contesto islamico. 9.5. Il ruolo delle istituzioni per lo sviluppo dell’etica islamica L’istituzione che più spesso viene analizzata per descrivere le azioni economiche è lo Stato. L’azione economica è però anche un’azione sociale in quanto gli individui sono influenzati dalla società in cui vivono e allo stesso tempo gli attori economici influenzano le istituzioni. Nella sua opera “Il Capitale” Karl Marx aveva messo in luce l’importanza di quelle che lui chiamava “sovrastruttura culturale” e “sovrastruttura politica”. Parson definisce le istituzioni come “complessi di norme indispensabili per il conseguimento dell’ordine sociale” e 241 afferma che esse sono indispensabili perché spingono il soggetto a conformarsi a valori condivisi. Nel contesto islamico il ruolo delle istituzioni è preponderante. Non si può considerare soltanto come lo Stato e la politica disciplinino l’azione delle imprese, ma si deve necessariamente considerare come altre istituzioni costruiscano l’insieme di valori morali che il musulmano segue nel corso della vita. Nel corso della trattazione è stato analizzato come l’ambiente familiare, l’ambiente scolastico e l’ambiente lavorativo contribuiscano all’interiorizzazione dei valori dell’Islam che guidano il soggetto nelle sue scelte di vita quotidiana, comprendendo anche quelle economico - finanziarie. Al centro della cultura islamica, che è preponderante nel contesto della finanza Shariah – compliant, si trova il Sacro Corano. I valori morali appresi dall’individuo durante l’arco della sua vita privata vengono anche regolamentati e promossi dall’alto dalla legge della Shariah in modo così intenso che in molti paesi a maggioranza musulmana non è possibile tracciare una netta linea di demarcazione tra Stato e religione. La religione islamica è anche una religione collettiva ricca di riti periodici, quali ad esempio la preghiera collettiva del venerdì o il ramadan, che permettono di tenere vivo il legame di appartenenza con la comunità. Questo legame è fondamentale nella vita del credente in quanto è l’essenza stessa dell’Islam che è nato quando il Profeta Muhammad ha fondato la Ummah sostituendo il senso di appartenenza basato sul sangue con quello basato sulla fede. Il senso di appartenenza dei fedeli musulmani è ancor oggi particolarmente forte e si esprime non soltanto attraverso azioni di sacrificio, come le privazioni durante il mese del ramadan, ma anche attraverso segni visivi come il velo portato dalle donne praticanti. Per esprimere l’importanza che i fedeli musulmani attribuiscono ai riti collettivi, al senso di appartenenza alla comunità e e alla dimensione morale del vivere quotidiano si riporta il seguente passo tratto da un’opera del XIV Dalai Lama: “Uno degli aspetti dell’Islam che saltano agli occhi è l’assoluta dedizione con cui si rispetta il comandamento della preghiera quotidiana, effettuata cinque volte al giorno e chiamata salah in arabo e namaz in turco e persiano. Fin dalla prima 242 mattina, la chiamata alla preghiera si innalza dai minareti che torreggiano ovunque ci sia una considerevole comunità di musulmani. […] Nel 2005 ho finalmente potuto visitare un Paese islamico del Medio Oriente, ovvero la Giordania, e sentire la chiamata alla preghiera che si alzava dalle moschee di Amman è stato estremamente emozionante. L’idea che più mi ha commosso è stata che in quel preciso istante milioni di persone stessero interrompendo qualsiasi loro attività, e per qualche momento della loro vita, seppur breve, rivolgevano la loro mente a Dio.”290 Risulta evidente che la sovrastruttura culturale sia molto importante nel contesto islamico e come essa venga costruita e alimentata non soltanto da un insieme di riti che rafforzano il senso di appartenenza del fedele alla Ummah, ma anche dall’insieme di istituzioni presenti nella società in quanto tutte, dalla famiglia allo Stato, diffondono e tutelano gli elementi della morale islamica. Nonostante nel corso della trattazione si è analizzato come i livelli di intensità culturale cambino nei paesi a maggioranza musulmana presentando in un estremo la religiosissima Arabia Saudita e nell’altro la Turchia, è possibile affermare che nel contesto islamico la società assume un ruolo ben specifico nel guidare le scelte di un individuo e che quindi l’attore economico islamico agisce secondo la logica dell’appropriatezza alla cultura islamica. 9.6. La fiducia nei confronti del sistema finanziario islamico L’importanza dell’appropriatezza alla cultura islamica è apparsa evidente nel momento in cui si è trattato di management e corporate governance sottolineando come la società si aspetti che i manager e gli studiosi che costituiscono lo Shariah Supervisory Board posseggano determinate qualità morali e agiscano in modo appropriato e considerato legittimo dal contesto culturale islamico. Se questo non avvenisse la comunità reagirebbe punendo il manager o il membro dello Shariah 290 Dalai Lama, “Le religioni sono tutte sorelle. Cristianesimo, islam, ebraismo, buddismo: come le fedi del mondo si possono parlare”, Sperling & Kupfer, 2011 243 Supervisory Board che subirebbe un sanzionamento sociale ed un grave danno reputazionale. La finanza islamica nasce e si sviluppa in un contesto culturale ricco di valori religiosi e a seguito della presa di coscienza dell’intera comunità musulmana che l’ordine sociale promosso dall’etica islamica, ossia l’ordine sociale caratteristico del periodo di benessere della Ummah, non possa essere raggiunto se non attraverso una rivisitazione del sistema finanziario tradizionale. L’implementazione del sistema finanziario islamico è stato reso possibile grazie alla convergenza dell’azione di tutte le istituzioni, dalla famiglia alle banche centrali, verso la promozione dei valori della morale dell’Islam. Il contributo congiunto delle istituzioni sociali, soprattutto il ruolo svolto dallo Stato, dalle Banche Centrali e dagli organismi del sovra sistema finanziario, hanno condotto ad un immenso processo di razionalizzazione che ha trasformato “l’idea di un missionario” in un sistema di mercato reale e tangibile. Le istituzioni finanziarie islamiche non si sono soltanto adoperate ad offrire strumenti finanziari Shariah – compliant alternativi a quelli tradizionali, ma hanno anche rivisitato le teorie finanziarie alla luce dei limiti imposti dall’etica islamica con l’obiettivo di sviluppare un sistema sociale, etico ed efficiente. L’AAOIFI prescrive l’obbligo per tutte le istituzioni islamiche di dotarsi al proprio interno di un organo di governance caratteristico del sistema finanziario islamico che è lo Shariah Supervisory Board determinando una situazione di isomorfismo coercitivo. La giustificazione della presenza dello Shariah Supervisory Board può essere spiegata attraverso il principio della Shura e attraverso l’importanza sociale e culturale attribuita agli studiosi, ulema, che compongono il Comitato. È verso gli studiosi che si esprime quella fiducia della comunità necessaria allo sviluppo del sistema finanziario islamico. La fiducia che i credenti ripongono nelle decisioni e nelle azioni morali degli studiosi è particolarmente profonda in quanto secondo la morale islamica ad essi è attribuito il compito di esercitare la Shura, confronto, e di guidare la comunità verso la salvezza preservandola dal peccato: questo è il motivo per cui un’eventuale inadempienza da parte di uno dei membri dello Shariah Supervisory Board 244 sarebbe considerato un diretto affronto ad Allah e sarebbe punito dalla comunità con un gravissimo danno reputazionale. 9.7. Le tre forme di scambio individuate da Polyani e la particolarità della zakat Polyani identifica tre forme di scambio: lo scambio di mercato, lo scambio di reciprocità e lo scambio di redistribuzione. Le tre forme sono presenti in tutte le economie, ma cambiano in relazione ai contesti culturali. Mentre nel sistema capitalistico si assiste all’espansione del principio di mercato, nel sistema islamico si può evidenziare come esista una forma di scambio di redistribuzione assente negli altri tipi di mercato: la zakat. Sebbene la zakat non sia altro che la prima forma di tassazione prevista all’interno della comunità islamica a scopi di redistribuzione della ricchezza verso i più poveri, essa è anche uno dei cinque pilastri dell’Islam ed uno dei principi su cui si basa la finanza islamica. Nonostante con l’evoluzione del contesto storico sia stato introdotto nei paesi a maggioranza musulmana un sistema di tassazione com’è accaduto per i paesi occidentali, la zakat rimane una delle azioni più importante all’interno della società islamica tanto da essere contemplata anche sotto un profilo normativo nei bilanci delle banche. La zakat è anche importante sotto il profilo della ricerca ed è stato evidenziato come essa venga utilizzata dagli studiosi per affrontare il modello del CAPM alla luce dei vincoli che il divieto della riba e della speculazione pongono ai presupposti teorici. 9.8. Il concetto del valore del denaro alla luce delle analisi di Simmel, Weber e Zelizer 245 Il concetto del valore di denaro è stato analizzato sia da George Simmel che da Marx Weber. Secondo Simmel il denaro non ha un valore intrinseco, ma è un mezzo di scambio che comporta sempre un sacrificio e quindi la rinuncia a qualcosa. Tecnicamente parlando la finanza islamica pone le sue logiche sulla differenza tra interesse e mark – up: secondo l’etica della Shariah il tempo appartiene ad Allah e quindi non è lecito un arricchimento sulla sola base dello scorrere del tempo, senza che ad esso venga accompagnato uno sforzo imprenditoriale. Da un lato la prospettiva islamica eleva il ruolo che il lavoro ha all’interno della società come azione che produce un benessere per la collettività e che quindi avvicina il credente verso la benevolenza di Allah, dall’altro si assiste ad un fenomeno di de – mercificazione della moneta che è considerata un mezzo di scambio. Anche in questo caso il ruolo assunto dalle istituzioni finanziarie islamiche si fonde ed interseca con i valori culturali ed infatti il divieto di scambio della moneta è posto a livello normativo. Weber ha evidenziato i vantaggi economici derivanti dal differimento temporale tra il momento di acquisto ed il momento di ricavo del reddito e soddisfacimento dei bisogni. Il sistema finanziario islamico ha confermato l’affermazione di Weber attraverso lo sviluppo di strumenti che, per mezzo del mark – up, possano tutelare i benefici che derivano dal differimento temporale tra momento di acquisto e momento di soddisfacimento dei bisogni in modo da garantire un vantaggio per l’intera collettività senza incorrere nel divieto della riba. Sebbene su di essi esista un dibattito che vede contrapposte le posizioni delle diverse scuole giuridiche, alcune delle quali sostengono che la differenza tra riba e mark – up è così labile da metterne in dubbio la legittimità, questi strumenti sono molto utilizzati all’interno del contesto islamico per finanziare i bisogni di liquidità tanto di famiglie e privati che di imprese. Il sistema finanziario islamico non rigetta a priori il capitalismo, ma la funzione che il denaro ha all’interno dello stesso. Sotto questo profilo si possono distinguere tre tipi di circuiti di denaro: Il circuito merci – denaro – merci è tipico dell’epoca pre – capitalistica dove le persone producono merci per il proprio sostentamento, ne vendono la quantità in 246 eccesso e con il ricavato producono altre merci. Il circuito denaro – merci – denaro è il cosiddetto circuito mercantile tipico del sistema capitalistico. La ricchezza iniziale, di proprietà del capitalista, che viene investita in mezzi produttivi con lo scopo di creare beni, rivenderli e conseguirne un profitto. Il circuito denaro-denaro: è il secondo circuito riconducibile al sistema capitalistico che si è sviluppato a partire dagli anni Ottanta. Si tratta di un circuito che non considera le merci, ma che fa discendere la creazione di denaro da altro denaro: in questo modo cambia la funzione del credito che non viene più utilizzato per finanziarie un’attività produttiva, ma per produrre altro denaro e viene giustificato dal fatto che gli investimenti nel sistema finanziario rendono di più di quelli del sistema produttivo. Il sistema finanziario islamico accetta i primi due circuiti, mentre rigetta il terzo. Il secondo circuito viene accettato in quanto il denaro si trasforma in una quantità maggiore di denaro solo applicando la fatica e l’intelligenza umana per trasformare le merci o per offrire servizi creando nel contempo ricchezza reale di cui può godere l’intera collettività, mentre il terzo viene rigettato in quanto il profitto si genera soltanto in relazione allo scorrere del tempo. Nelle sue opere Zelizer291 sostiene che non esista il “denaro”, ma che esistano “denari”, ossia che il denaro possa assumere una dimensione morale. Se nel sistema occidentale generalmente non ha importanza da dove il denaro viene o dove il denaro va questo aspetto diventa fondamentale all’interno dell’intero circuito islamico. Non soltanto è importante da dove il denaro viene e dove il denaro va, ma anche attraverso quali strumenti finanziari viene scambiato. Il denaro non deve essere contaminato da elementi vietati, haram, quali ad esempio la componente dell’interesse, e deve essere investito soltanto secondo le logiche dell’etica islamica. A supporto della dimensione che il denaro assume all’interno del sistema finanziario islamico si sono sviluppati degli strumenti di regolamentazione specifici. Parte della trattazione ha evidenziato come a seguito dello sviluppo del sistema finanziario islamico siano nati degli indici di mercato in grado di classificare le società Shariah – compliant caratterizzati da criteri di 291 V. A. Zelizer, “Vite economiche. Valore di mercato e valore della persona”, Il Mulino, Bologna, 2009 247 accesso di tipo qualitativo e quantitativo. Questi criteri di accesso, o di eventuale esclusione, prendono proprio come riferimento la dimensione valoriale del denaro escludendo tutte le società il cui profitto sia contaminato da elementi quali l’interesse o l’eccessivo indebitamento. La dimensione valoriale del denaro appare evidente considerando il processo di purificazione che porta gli azionisti a eliminare dai dividendi e dalle plusvalenze le componenti vietate e donarle in beneficienza. 9.9. I tre modelli di mercato individuati da Zelizer Zelizer identifica anche tre modelli di mercato: il mercato senza confini, il modello del mercato subordinato e il modello dei mercati molteplici. Il modello del mercato senza confini si riferisce ad una prospettiva puramente economista secondo cui il mercato sarebbe la forza dominante e tenderebbe ad espandersi. Il modello del mercato subordinato può riferirsi ad una dimensione culturale o strutturale. Nella sua versione culturale il modello si ispira all’approccio di molti sociologi che privilegiano il peso degli elementi culturali all’interno del mercato. Il modello dei mercati molteplici è la versione adottata da Zelizer ed è un incontro tra i precedenti secondo il quale al fine di analizzare un mercato è necessario analizzare sia fattori di ordine economico che fattori di ordine extra – economico. Sebbene in prima analisi il mercato della finanza islamica potrebbe essere ricondotto al modello del mercato subordinato secondo la prospettiva culturale si ritiene che esso sia maggiormente descrivibile attraverso l’approccio utilizzato dalla studiosa. Seppur è vero ed è stato evidenziato che gli elementi culturali del contesto islamico siano stati fondamentali per la nascita e lo sviluppo della finanza islamica gran parte della trattazione ha analizzato gli strumenti finanziari Shariah – compliant e la loro evoluzione nel tempo. L’ingegneria finanziaria islamica ha sviluppato strumenti fino a pochi anni fa impensabili: l’attuale sviluppo, seppur criticato da parte della dottrina, degli strumenti derivati è un esempio evidente di come il mercato finanziario islamico 248 si muova contemporaneamente tra la sfera valoriale della morale islamica e la sfera economica. L’obiettivo della finanza islamica non è semplicemente quello di sviluppare un sistema finanziario etico, ma è quello di sviluppare un sistema che sia insieme etico ed efficiente. Sebbene le teorie finanziarie islamiche pongano la morale indiscutibilmente prima del profitto è stato dimostrato che le continue attività di ricerca hanno lo scopo di rispondere in maniera armoniosa ad entrambe le esigenze. 9.10. Gallino e la responsabilità sociale dell’impresa islamica Gallino afferma “si definisce irresponsabile un’impresa che, al di là degli elementari obblighi di legge, suppone di non dover rispondere ad alcuna autorità pubblica e privata, né all’opinione pubblica”292. Secondo l’autore è irresponsabile un’impresa che per raggiungere razionalmente i propri obiettivi di profitto non tiene conto di fattori che interessano la collettività quali inquinamento, salari e condizioni di lavoro indecenti, insicurezza tecnologica affermando che il sempre maggior ricorso all’etica da parte delle imprese non sarebbe un’esigenza, ma una moda. Nel corso della trattazione è stato evidenziato come la definizione di responsabilità sociale dell’impresa (corporate social responsibility) del WBCSD293 quale “continuo impegno a comportarsi in maniera etica e a contribuire allo sviluppo economico, migliorando la qualità della vita dei dipendenti e delle loro famiglie, della comunità locale e in generale della società”294 sia in linea con il concetto di impresa islamica. L’attività imprenditoriale islamica si sviluppa attorno ai concetti di Ummah e di khalifah e per questo motivo l’imprenditore musulmano deve agire nel rispetto della volontà divina utilizzando tutte le risorse che Allah gli ha concesso in vice reggenza, compresi beni materiali e 292 L. Gallino “L’impresa irresponsabile”, Einaudi, Torino, 2009 WBCSD è l’acronimo di “World Business Council for Sustainable Development”. 294 www.wbcsd.ch 293 249 caratteristiche personali di leadership, per lo sviluppo della Comunità dei Musulmani, che in termini ampi è intesa come umanità. Al concetto di responsabilità sociale dell’impresa islamica si ricollegano altri principi quali il principio di “rububiya” che si riferisce al dovere del musulmano di migliorarsi per ottenere l’approvazione divina, quello di “tazzkiyah”che si riferisce all’obbligo di tendere alla perfezione nelle azioni e nelle relazioni tra le persone anche attraverso atti di purificazione e di “amanah” che spinge il fedele a rispettare le parole di Allah e tutto ciò che lui ha creato. Nel contesto islamico il vissuto religioso è preponderante e proprio per questo motivo i principi sopra esposti spingono gli azionisti a compiere delle azioni di purificazione di dividendi e plusvalenze. L’allineamento degli interessi delle parti coinvolte nell’azienda verso l’obiettivo primario di soddisfare il volere di Allah dovrebbe spingere le imprese islamiche a perseguire gli obiettivi di profitto sfruttando le risorse di Sua proprietà in maniera etica e per il benessere della Ummah: proprio secondo questo principio la teoria aziendale islamica pone il soddisfacimento della volontà divina direttamente nella funzione obiettivo dell’impresa. è stato anche evidenziato come il sistema istituzionale islamico cerchi di tutelare e rafforzare gli elementi etici e valoriali individuati dalla Shariah soprattutto all’interno del sistema finanziario dove lo Shariah Supervisory Board ha il compito di tutelare il giusto equilibrio tra economicità ed etica in modo da permettere alle imprese di rispondere ai propri fabbisogni finanziari e perseguire i propri obiettivi nel rispetto dell’etica islamica. Proprio nei confronti dello Shariah Supervisory Board delle istituzioni finanziarie islamiche uno degli aspetti peculiari è il sistema sanzionatorio tanto delle autorità che dell’opinione pubblica: dato il delicato ruolo di guida morale storicamente attribuito agli studiosi, ulema, un comportamento contrario all’etica islamica sarebbe punito dalla comunità con un danno reputazionale molto grave. Sebbene la presenza di quanto suddetto sia evidente nelle teorie finanziarie e manageriali islamiche è bene riportare una delle più importanti critiche al senso di etica all’interno dell’economia islamica, con particolare riferimento alle istituzioni finanziarie. La principale critica alla profondità etica del sistema Shariah – 250 compliant è stata portata avanti da Chapra 295 , uno dei maggiori studiosi contemporanei islamici. Secondo Chapra uno dei principali limiti delle teorie economico – finanziarie islamiche sarebbe quello di ispirarsi all’Islam classico, periodo in cui il legame tra vissuto personale e sfera religiosa era molto forte: nella contemporaneità, nonostante l’Islam sia per sua natura la religione monoteista che più di tutte abbraccia ogni aspetto della vita quotidiana del credente, il legame tra azione pratica e credo è più labile rispetto al passato e le teorie portate avanti dagli studiosi musulmani non rispecchierebbero il comportamento dei musulmani moderni. Lo studioso pone particolare attenzione alle teorie di corporate governance sottolineando come sebbene le regole morali islamiche considerino per loro stessa natura la tutela degli stakeholder, intesi con questo termine non soltanto gli azionisti ma tutti coloro che vantano interessi nei confronti di un’impresa, non necessariamente queste regole vengono interiorizzate dagli attori economici. Perché le norme morali siano interiorizzate è necessario un sistema di incentivi e deterrenti che nel contesto islamico riguardano sia il contesto terreno che quello atemporale dell’Aldilà: secondo lo studioso non soltanto il sistema di incentivi e deterrenti che appartiene alla sfera terrena è oggi insufficiente a causa di un inadeguato contesto socio – economoco, politico e legale, ma anche il rapporto tra il credente e la fede, da cui il timore del giudizio divino, è diventato più debole rispetto al passato. Nel periodo classico il tema della solidarietà sociale era molto più sentito e comportamenti contrari al benessere della Ummah erano puniti con particolare enfasi da parte della comunità. Questo oggi accade, ma principalmente nei confronti delle istituzioni finanziarie islamiche piuttosto che nei confronti delle imprese commerciali o che offrono prodotti e servizi non finanziari. D’altra parte l’autore afferma anche che il contesto socio – economico di riferimento attuale è diverso dal passato perché nel periodo dell’Islam classico le imprese erano tipicamente di medio – piccole dimensioni ed i mercati finanziari non erano così sviluppati e complessi come quelli moderni. Proprio per questo motivo il sistema di mercato era un meccanismo sanzionatore più efficace ed il sistema legale fondato sui valori della 295 M. Chapra, “Stakeholders Model of Governance in Islamic Economic System” Islamic Economic Studies, Vol. 11, No. 2, March 2004 251 Shariah garantiva l’adempimento delle obbligazioni assunte ed il rispetto dei valori più profondi dell’Islam, tra cui la tutela del benessere sociale della collettività e l’utilizzo delle risorse per il fine ultimo di compiere la volontà di Allah. La religione islamica comprende dei pronfondi valori di solidarietà sociale, ma non necessariamente essi vengono interiorizzati dalla collettività. Per questo motivo un’impresa islamica non è necessariamente un’impresa responsabile: la responsabilità sociale dell’impresa islamica deriva dalla volontà dell’imprenditore o delle parti in gioco in caso di corporation, di agire secondo la volontà divina. Come è stato evidenziato durante la trattazione nel sistema islamico un insieme di istituzioni che promuovono e tutelano i valori dell’Islam ed i modelli di comportamento ideali, ma non necessariamente questo è sufficiente perché l’impresa venga gestita in maniera etica e socialmente responsabile. Si consideri anche che le condizioni socio – economiche e la vicinanza tra Stato e religione nei paesi a maggioranza di popolazione musulmana sono eterogenee e proprio per questo motivo esistono paesi dove il sistema finanziario islamico è più sviluppato e dove i valori morali dell’Islam sono maggiormente interiorizzati. 9.11. Conclusioni A conclusione dell’analisi è possibile sostenere che il mercato islamico sia caratterizzato da intensità culturale e da un insieme di istituzioni che contemporaneamente si muovono per costruire un ordine sociale basato sull’ideale di benessere della Ummah fondata dal Profeta Muhammad. In questo contesto il ruolo degli attori economici è caratterizzato dal continuo incontro tra la sfera economica e valoriale, sia a livello individuale che collettivo. La trattazione ha evidenziato come all’etica islamica si ispirino non soltanto gli investitori, ma anche il sistema impresa nel suo complesso, le istituzioni che hanno il compito di sviluppare il mercato finanziario islamico e gli studiosi che hanno il compito di garantirne la legittimità e fare ricerca al fine di renderlo più efficiente, nonostante 252 la vicinanza all’etica islamica cambi a seconda del paese e del contesto sociale, economico, politico e legale di riferimento. CONCLUSIONI Il presente lavoro di tesi ha cercato di mettere in luce l’influenza degli aspetti culturali nel sistema di relazioni tra impresa e stakeholder con particolare riferimento al modello islamico296. Il raggiungimento di tale obiettivo presuppone un’adeguata conoscenza dell’Islam, non solo in riferimento ai divieti della riba, interesse, del gharar e del maysir, speculazione e gioco d’azzardo, su cui si fonda il sistema finanziario Shariah – compliant, ma anche a principi non direttamente connessi al suo sviluppo, ma che influenzano la prospettiva islamica dell’attività imprenditoriale. La conoscenza dei principio del tahwid, unicità di Allah, e del khalifah, vice reggenza sui beni materiali e immateriali che sono stati messi a disposizione dell’essere umano, permettono di comprendere come la cultura islamica abbia sostituito il concetto di homo economicus con homo islamicus, il credente responsabile spinto nelle sue azioni dalla volontà di onorare Allah e di garantirsi la salvezza. Per questo motivo i teorici, musulmani e non, ritengono che l’azione dell’operatore musulmano debba essere analizzata considerando una diversa prospettiva di “successo” e considerando una funzione temporale che consideri l’Aldilà. Il ruolo svolto dalle istituzioni islamiche quali la famiglia, l’ambiente scolastico, l’ambiente lavorativo e l’ambiente politico – legislativo nella promozione e nella tutela dei valori dell’Islam ha contribuito a creare un ambiente culturale dove, fermo restando le differenze personali dell’agire dei singoli 296 Si rimanda al modello proposto alla fine del secondo capitolo. 253 credenti, si riscontra un maggior livello di interiorizzazione di principi etici condivisi che influenzano l’agire degli operatori anche nella sfera economico – finanziaria. A conclusione di quanto esposto è possibile concludere che l’obiettivo di analizzare gli aspetti culturali che influenzano l’insieme di relazioni tra il sistema impresa e gli stakehoder ha evidenziato che, rispetto al modello tradizionalmente proposto, è possibile svilupparne uno alternativo nel quale gli elementi costitutivi dello stesso risultano particolarmente influenzati dagli elementi dell’etica islamica: - L’intero sistema di relazioni tra sistema impresa e stakeholder deve rispettare i principi e i limiti imposti dalla Shariah. - L’impresa islamica opera in un contesto ad elevata intensità di capitale intangibile dove i valori tutelati dalla Shariah influenzano l’ambiente in cui l’impresa opera, specialmente in riferimento all’ambiente socio – culturale, all’ambiente politico legislativo e a quello economico – finanziario. - I valori dell’Islam influenzano anche il sistema aziendale nelle sue relazioni interne: per questo motivo è possibile parlare di cultura aziendale islamica, sulukiat, che regola le azioni di coloro che operano all’interno dell’organizzazione. Data la stretta relazione tra gli aspetti dogmatici e gli aspetti della vita del credente che caratterizza la religione islamica il credente musulmano che opera all’interno dell’organizzazione islamica viene guidato nelle sue azioni dai principi etici condivisi dalla comunità. - L’obiettivo di onorare Allah guida le azioni dell’impresa e di coloro che operano all’interno dell’organizzazione: per questo motivo la funzione obiettivo dell’impresa prevede che il profitto sia rispettoso dei principi islamici. Allo stesso modo l’azienda deve operare rispettando il principio di khalifah e la sua veste di vicereggente dei beni che Allah ha messo a disposizione degli esseri umani: a differenza della teoria tradizionale di scarsità delle risorse il modello culturale islamico ritiene che Allah abbia donato le risorse necessarie al benessere dell’intera umanità e che l’impresa abbia il compito morale di utilizzarle per creare benessere per la 254 società. Si riscontra quindi un collegamento diretto tra il principio di khalifah e il principio di corporate social responsibility sviluppato nel modello tradizionale. - Il modello islamico dovrebbe prevedere un minor conflitto di interessi tra manager e azionisti in quanto entrambi agiscono nel rispetto della volontà divina. Gli studiosi islamici riconoscono un ruolo particolarmente importante al compito di disciplina dell’azionariato: il credente islamico dovrebbe esercitare il proprio diritto di voto nelle apposite sedi in modo da manifestare contro decisioni aziendali contrarie alla Shariah e da disciplinare il comportamento del management qualora si riveli contrario ai valori islamici. In tema di corporate governance assume particolare rilevanza il ruolo svolto dagli Shariah Supervisory Board delle istituzioni finanziarie islamiche che hanno il compito di guidare la comunità verso la salvezza permettendo ai credenti di ricorrere a strumenti finanziari rispettosi della Shariah. - Il management islamico dovrebbe agire nel rispetto dei valori islamici e secondo il modello comportamentale del Profeta Muhammad e degli altri personaggi storici ritenuti degni di attenzione dalla cultura islamica. Un comportamento conforme ai valori islamici è richiesto anche ai membri che compongono gli Shariah Supervisory Board delle istituzioni finanziarie islamiche: in entrambi i casi un comportamento contrario all’etica islamica dovrebbe essere punito dalla comunità con un grave danno reputazionale. - Le scelte di approvvigionamento dell’impresa islamica sono influenzate dal grado di sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant: nel corso del tempo l’ingegneria finanziaria islamica ha permesso di sviluppare prodotti finanziari sempre più sofisticati. La presenza dello Shariah Supervisory Board all’interno dell’istituzione finanziaria islamica genera il problema di mancanza di standardizzazione dato dal fatto che gli studiosi che compongono i comitati appartengono a scuole giuridico – religiose diverse: a seconda del livello di conservatorismo dei membri dello Shariah Supervisory Board è possibile che un’istituzione finanziaria 255 islamica non offra un determinato servizio finanziario in quanto non considerato lecito dagli studiosi. Si pensi ad esempio allo sviluppo degli strumenti derivati Shariah – compliant che è promosso in Malesia, ma che è invece controverso per i membri degli Shariah Supervisory Board dell’Arabia Saudita che sono conosciuti per il loro conservatorismo. Per limitare questo problema alcuni teorici hanno proposto di eliminare gli Shariah Supervisory Board interni e di fondarne uno esterno all’interno delle banche centrali o degli organi che tutelano il sistema finanziario islamico. È ancora necessario considerare che i paesi a maggioranza musulmana in cui i sistemi finanziari sono totalmente Shariah – compliant sono solamente il Sudan, il Pakistan e l’Iran: nei paesi in cui il sistema finanziario tradizionale e quello islamico coesistono si riscontra il problema della possibilità di arbitraggio dato dal fatto che gli strumenti finanziari Shariah – compliant sono più costosi. Secondo la teoria finanziaria islamica un altro elemento che condizionerebbe le scelte di approvvigionamento dell’impresa Sharia – compliant è il livello di dotazione di beni tangibili: data l’importanza che il sistema finanziario islamico attribuisce all’economia reale il livello di ricorso a strumenti finanziari diversi dal muskaraka e dal mudarabah dovrebbe essere uguale o inferiore al livello della dotazione di beni tangibili all’interno dell’impresa. Per ultimo anche i criteri di screening quantitativi che vengono applicati dagli indici di mercato, dalle borse valori dei paesi a maggioranza musulmana e dai fondi di investimento e che considerano un limite massimo di indebitamento e di tesaurizzazione influenzano le scelte di approvvigionamento e di struttura finanziaria. - Le scelte di finanziamento dell’impresa islamica è subordinata al divieto in investimenti considerati haram, vietati: finanza basata su tasso di interesse (banche ed assicurazioni tradizionali), produzione e commercializzazione di alcool e suoi derivati, produzione e commercializzazione di carne suina e di suoi derivati, produzione e commercializzazione di tabacco, produzione di armamenti, società del settore del gioco d’azzardo e del settore della pornografia. Anche in questo contesto è assente la necessaria 256 standardizzazione perché non soltanto le borse valori dei paesi a maggioranza musulmana rispecchiano una più o meno stretta relazione tra Islam e Stato, ma anche gli studiosi musulmani non sono d’accordo nel considerare illecita la componente haram del solo core – business dell’impresa o di tutte le attività ausiliarie. Dato il livello di interconnessione tra i mercati la maggioranza degli studiosi islamici ammette l’investimento dell’azienda Shariah – compliant in aziende che presentano elementi haram, purché questi investimenti non superino il 5% di quelli totali. - La distribuzione dei dividendi segue le logiche finanziarie esposte dalla teoria tradizionale, ma si caratterizza per il processo di purificazione a cui devono essere sottoposti i dividendi (ed eventualmente le plusvalenze). In considerazione del fatto che parte degli utili generati dall’impresa potrebbero derivare da fonti finanziarie o da investimenti haram, è necessario che l’azionista stimi la parte haram dei dividendi in modo da decurtarla dai suoi introiti e donarla in beneficienza. In generale il lavoro svolto ha messo in evidenza come nel modello islamico la relazione tra etica e finanza sia invertita rispetto al modello tradizionale perché è la finanza che è stata rivista e riadattata alla luce dei valori etici condivisi. In tal senso è stato reso evidente come sia importante la collaborazione di diverse istituzioni per promuovere gli elementi valoriali su cui una società decide di fondare il sistema sociale ed economico – finanziario. La finanza islamica non rigetta a priori il capitalismo, ma esamina ogni aspetto dello stesso in modo da comprendere quali elementi siano da conservare, quali da eliminare e quali ancora da reinterpretare alla luce delle caratteristiche culturali islamiche. Il ruolo svolto dagli studiosi è di particolare importanza perché ad essi è richiesto di conoscere non soltanto la materia economico – finanziaria, ma anche quella giuridico – religiosa in modo da essere in grado di rispondere alle esigenze sociali nel rispetto dei valori della Shariah. Il principale limite della finanza islamica è il suo basso livello di standardizzazione dato dal fatto che gli studiosi appartengono a diverse scuole di 257 pensiero che non necessariamente sono in grado di trovare un punto d’incontro: in termini pratici questo aspetto si traduce nella frammentazione dell’offerta di strumenti finanziari Shariah – compliant che differiscono non soltanto da paese a paese, ma anche da istituzione a istituzione a seconda della scuola giuridico – religiosa a cui i membri dello Shariah Supervisory Board appartengono. INDICE DELLE FIGURE FIGURA 1.1. L’ISLAM NEL MONDO ......................................................................... 15 FIGURA 1.2. DIFFUSIONE DEL SUNNISMO E DELLO SCIISMO ................................... 16 FIGURA 1.3. LE SCUOLE GIURIDICHE ISLAMICHE .................................................... 26 FIGURA 1.4 FINANZA TRADIZIONALE E FINANZA ISLAMICA: STATO E RELIGIONE ... 29 FIGURA 1.5. FINANZA TRADIZIONALE E FINANZA ISLAMICA: IL PROFITTO .............. 31 FIGURA 2.1. IL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE DEGLI INPUT DELL’AZIENDA ........ 43 FIGURA 2.2. IL SISTEMA D’IMPRESA NEL SUO AMBIENTE ....................................... 44 FIGURA: 2.3. ANATOMIA DELL’IMPRESA ISLAMICA ................................................ 52 FIGURA2.4. CARATTERISTICHE DEL BUSINESS: CONFRONTO TRA IMPRESA ISLAMICA E TRADIZIONALE ............................................................................................. 54 FIGURA: 2.5. IL PENTAGONO FINANZIARIO ............................................................. 58 FIGURA 2.5. LE CARATTERISTICHE DEL SISTEMA NELLE RELAZIONI TRA IMPRESA E STAKEHOLDER ................................................................................................ 59 FIGURA 2.6. SHARIAHCOMPLIANT MODEL OF BUSINESS ENTITIES .......................... 61 FIGURA 2.7. OVERVIEW DELLE CARATTERISTICHE DEL SISTEMA NELLE RELAZIONI TRA IMPRESA E STAKEHOLDER NEL CONTESTO SHARIAH– COMPLIAN ............. 64 ALLEGATO I: LA LISTA DE “I 99 BELLISSIMI NOMI DI ALLAH”................................ 68 FIGURA 3.1 I TRE LIVELLI DI UNICITÀ DEL “MENTAL PROGRAMMING”.................... 70 FIGURA 3.2 IL DIAGRAMMA DELLA CIPOLLA: MANIFESTAZIONE DELLA CULTURA A DIVERSI LIVELLI DI PROFONDITÀ ..................................................................... 71 FIGURA 3.3. L’APPRENDIMENTO DI VALORI E PRATICHE ........................................ 75 FIGURA 3.4. LE FUNZIONI MANAGERIALI BASATE SUL MODELLO ALLAH ALMIGHTY NAMES ............................................................................................................ 83 FIGURA3.5. APPROCCIO MANAGERIALE DI TIPO OLISTICO ...................................... 85 FIGURA4.1. IL MODELLO DI CORPORATE GOVERNANCE ISLAMICO “TAWHID E SHURA” ....................................................................................................................... 93 FIGURA 4.2. LE DIVERSE CATEGORIE DELL’AMBIENTE INTANGIBILE ...................... 97 FIGURA 4.3. CLASSIFICAZIONE DEI PAESI SECONDO L’INTENSITÀ DELLE COMPONENTI DEL LORO AMBIENTE INTANGIBILE ............................................ 99 258 FIGURA 4.4. REGOLAMENTAZIONI E SHARIAH SUPERVISORY BOARD INTERNI ..... 100 FIGURA 4.5. IL CONTESTO IN CUI OPERA LO SHARIAH SUOPERVISORY BOARD ALL’INTERNO DELLE ISTITUZIONI FINANZIARIE ISLAMICHE ........................... 105 FIGURA 4.6. ISTITUZIONI DI CORPORATE GOVERNANCE SHARIAH – COMPLIANT ESTERNI ALLE ISTITUZIONI FINANZIARIE ISLAMICHE PER PAESE .................... 107 FIGURA 4.7. COMPARAZIONE TRA LE ATTIVITÀ DI MONITORAGGIO INTERNE ED ESTERNE ALLE ORGANIZZAZIONI FINANZIARIE ISLAMICHE ............................ 108 FIGURA 5.1 LE FORME DI FINANZIAMENTO A DISPOSIZIONE DELLE IMPRESE ........ 114 BOX 1. ESEMPIO DI MUDARABAHH ....................................................................... 120 FIGURA 5.2. IL CONTRATTO DI MUDARABAHH ...................................................... 121 FIGURA 5.3. IL CONTRATTO MUSHARAKA ............................................................ 122 BOX 2. ESEMPIO DI MUSHARAKA.......................................................................... 122 FIGURA 5.4. IL CONTRATTO DI MURABAHA ......................................................... 126 BOX 3. ESEMPIO DI MURABAHA ........................................................................... 126 FIGURA 5.5. IL CONTRATTO DI JIHARA ................................................................. 128 FIGURA 5.6. IL CONTRATTO SALAM ...................................................................... 129 FIGURA 5.7. IL CONTRATTO ISTINSA ..................................................................... 131 FIGURA 5.8. FORME DI FINANZIAMENTO A DISPOSIZIONE DELLE IMPRESE SHARIAH – COMPLIANT ................................................................................................... 137 FIGURA 6.1. RAPPRESENTAZIONE GENERICA DEI FLUSSI FINANZIARI IN UNA STRUTTURAZIONE DI SUKUK ......................................................................... 140 FIGURA 6.2. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – MUSHARAKA ................................. 142 FIGURA 6.3.. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – MUDARABAH ................................ 143 FIGURA 6.4. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – MURABAHA ................................... 144 FIGURA 6.5. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – IJARA ............................................ 144 FIGURA 6.6. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – ISTINSA ......................................... 145 FIGURA 6.7. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – SALAM .......................................... 146 FIGURA 6.8. LA STRUTTURA DI UN FX SWAP ISLAMICO SECONDO IL MODELLO DEL TAWARRUQ ................................................................................................... 155 FIGURA 6.9. LA STRUTTURA DI UN FX SWAP ISLAMICO SECONDO IL MODELLO DEL WA’AD .......................................................................................................... 156 FIGURA 6.10. LA STRUTTURA DELL’ISLAMIC CURRENCY SWAP SECONDO IL MODELLO DEL MURABAHA ............................................................................. 158 FIGURA 6.11. LA STRUTTURA DELL’ISLAMIC PROFIT RATE SWAP ....................... 160 FIGURA 6.12 CRITERI QUANTITATIVI DEI PRINCIPALI INDICI DI BORSA................. 165 FIGURA 6.13 I PRINCIPALI ORGANI DELLA FINANZA ISLAMICA ............................. 167 FIGURA 7.1 LA FRONTIERA EFFICIENTE ................................................................ 171 FIGURA 7.2 FRONTIERA EFFICIENTE E CAPITAL MARKET LINE ............................ 173 FIGURA 7.3: LA SCELTA DEL PORTAFOGLIO OTTIMALE ......................................... 174 FIGURA 7.4. OTTIMIZZAZIONE DEL PORTAFOGLIO NEL MERCATO TRADIZIONALE E ISLAMICO (NAQVI) ........................................................................................ 176 259 FIGURA 7.5. OTTIMIZZAZIONE DEL PORTAFOGLIO NEL MERCATO TRADIZIONALE E ISLAMICO (JOHNSON E NEAVE) ..................................................................... 177 FIGURA 7.6. LA RIDUZIONE DELLA VARIANZA DI UN PORTAFOGLIO PER EFFETTO DELLA DIVERSIFICAZIONE ............................................................................. 181 FIGURA: 7.7. RAPPRESENTAZIONE DELLA SECURITY MARKET LINE ........................ 183 FIGURA. 7.8. IL MODELLO DELLO ZERO-BETA CAPM .......................................... 185 FIGURA 7.9. ZERO-BETA CAPM IN ASSENZA DI TASSO RISK-FREE E VENDITA ALLO SCOPETO ....................................................................................................... 187 FIGURA 8.1. PRINCIPI DELLA FINANZA ISLAMICA CHE HANNO EFFETTO SULLE SCELTE FINANZIARIE DELL’IMPRESA SHARIAH – COMPLIANT .................................... 196 FIGURA 8.2. CONFRONTO TRA IL MODELLO DEL MUDARABAH ED IL MODELLO DEL MUSHARAKA ................................................................................................... 201 FIGURA 8.3. ANDAMENTO DEL WACC AL VARIARE DEL RAPPORTO DI INDEBITAMENTO SECONDO L’IPOTESI TRADIZIONALE ................................... 201 FIGURA 8.4. ANDAMENTO DEL COSTO DEL CAPITALE AL VARIARE DEL RAPPORTO DI INDEBITAMENTO SECONDO MODIGLIANI E MILLER....................................... 203 FIGURA 8.5. IL VALORE DELL’IMPRESA SECONDO LA TEORIA DEL TRADE – OFF ... 205 FIGURA 8.6. SVILUPPO DEL SISTEMA ISLAMICO DAGLI ANNI SETTANTA AD OGGI . 209 FIGURA 8.7. EVOLUZIONE DELLE TIPOLOGIE DI FONTI FINANZIARIE DELLE AZIENDE DEL SUDAN ................................................................................................... 210 FIGURA 8.8. CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI ISLAMICI ............................... 213 FIGURA 8.9. CARATTERISTICH DEGLI STRUMENTI TRADIZIONALI ......................... 214 FIGURA 8.10. COSTI DEGLI STRUMENTI DI CAPITALE A DISPOSIZIONE DELLA CORPORATE FINANCE ISLAMICA .................................................................... 216 FIGURA 8.11.. RELAZIONE TRA ASSET TANGIBILI E STRUTTURA FINANZIARIA NELLE FASI DI SVILUPPO DI UNA START - UP ISLAMICA ............................................ 220 FIGURA 8.12. EVOLUZIONE DELLA STRUTTURA DEL CAPITALE IN UNA CORPORATION ISLAMICA ...................................................................................................... 222 FIGURA 8.13. EMISSIONI INTERNAZIONALI DI SUKUK (2001 – 2013) .................... 228 FIGURA 8.14. EMISSIONI DOMESTICHE DI SUKUK (2001 – 2013) .......................... 229 FIGURA 9.L5. IL LIVELLO DI PENETRAZIONE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI ISLAMICI NELLE IMPRESE DI 8 PAESI DEL MENA (2005-2009) .................................... 231 260 RIFERIMENTI E FONTI Bibliografia A A VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996; Abassi A. S., K. Ir Rehman, A. 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