L`influenza della finanza islamica sull`azienda Shariah – compliant: i

annuncio pubblicitario
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO
FACOLTÀ DI MANAGEMENT ED ECONOMIA
Corso di Laurea in
FINANZA AZIENDALE E MERCATI FINANZIARI
TESI DI LAUREA
“L'influenza della finanza islamica
sull'azienda Shariah – compliant: i valori
dell'Islam dall'homo islamicus alle teorie di
struttura finanziaria ottimale”
Relatore: Prof. Pietro Paolo Biancone
Correlatore: Prof. Willem Tousijn
Candidata: Desire’ Di Iesu
Anno Accademico 2013/2014
1
INDICE
INTRODUZIONE
8
1. L’ISLAM: DALLA FONDAZIONE ALLO SVILUPPO DEL CONCETTO
DI HOMO ISLAMICUS
12
1.1. Dell’Islam
12
1.1.1. L’Islam sciita
15
1.1.2. I cinque pilastri dell’Islam
17
1.2. La relazione tra Islam e diritto
20
1.2.1. Le fonti del diritto islamico
21
1.2.2. Le scuole giuridico – religiose
24
1.3. L’Islam come ideologia
26
1.4. Il rapporto tra Islam, economia e finanza
28
1.4.1. Il tawhid: l’unicità di Allah come espressione dell’indivisibilità della Ummah
28
1.4.2. Il concetto di khalifah e il diritto di proprietà
30
1.4.3. Il pilastro della zakat: la funzione sociale della ricchezza e del lavoro
31
1.4.4 Il Maslahah e il pubblico interesse
32
1.4.5. Il divieto della riba
33
1.4.6. I divieti del gharar e del maysir
36
1.5. L’homo islamicus: per uno sviluppo sostenibile dell’Islam
37
2. I VALORI ISLAMICI E IL CONCETTO DI IMPRESA
41
2.1. La natura dell’impresa
41
2.2. L’impresa Shariah – compliant
45
2.2.1. Islam e attività imprenditoriale
45
2.2.2. I limiti morali e i valori che condizionano l’attività imprenditoriale islamica
46
2.2.3. L’impresa islamica
47
2.3. La corporate finance secondo la teoria tradizionale
57
2
2.3.1. Verso una definizione di corporate finance islamica
59
3.4. Islam e Corporate Social Responsibility
66
3. LA SULUKIAT E IL MANAGEMENT SECONDO LA PROSPETTIVA
ISLAMICA
69
3.1. Simboli, eroi, rituali e valori della cultura islamica
69
3.2. La cultura aziendale islamica
76
3.3. La teoria del management secondo una prospettiva islamica
80
4. LA CORPORATE GOVERNANCE SECONDO LA PROSPETTIVA
ISLAMICA E IL RUOLO DELLO SHARIAH SUPERVISORY BOARD 88
4.1. Definizione di corporate governance
88
4.1.1. La prospettiva islamica della corporate governance
90
4.2. L’aspetto peculiare della corporate governance nelle aziende bancarie e nelle istituzioni
finanziarie islamiche
94
4.2.1. Il ruolo dello Shariah Supervisory Board interno alle istituzioni finanziarie islamiche
96
4.2.2. Le caratteristiche dello Shariah Supervisory Board
99
4.2.3. Il ruolo degli Shariah Supervisory Board esterni alle istituzioni finanziarie islamiche
105
5. GLI STRUMENTI CARATTERISTICI DEL SISTEMA BANCARIO
ISLAMICO
109
5.1.1. Il ruolo del manager finanziario
110
5.1.1. Gli strumenti finanziari tradizionali a disposizione delle imprese
111
5.2. I principi operativi alla base del sistema bancario Shariah – compliant
115
5.2.1. Il concetto di profit and loss sharing
115
5.2.2. Il concetto di valore del denaro nel tempo secondo la prospettiva islamica
116
5.3. Gli strumenti di equity del circuito bancario islamico
118
5.3.1 Trustee Partnership (mudarabah)
119
5.3.2. Joint Venture (musharaka)
121
5.3.3. Declining musharaka
123
3
5.4. Gli strumenti di debito del circuito bancario islamico
123
5.4.1. Bay mu ’ajjal – murabaha
124
5.4.2. Ijara
127
5.4.3. Salam
128
5.4.4. Istinsa
130
5.4.4. Istijrar
132
5.4.5. Qard Hassan
132
5.4.6. Bai-al-Einah
132
5.4.7. Bay-al-Dayn
133
5.4.8. Tawarruq
133
5.4.9. Bay bithman ajil (BBA)
134
5.5. Considerazioni conclusive
135
6. IL MERCATO DEI CAPITALI SHARIAH – COMPLIANT
138
6.1. Lo strumento dei Sukuk
138
6.1.1. Il sukuk al – musharaka
141
6.1.2. Il sukuk al – mudarabah
142
6.1.3. Il sukuk al – murabaha
143
6.1.4. Il sukuk al – ijara
144
6.1.5. Il sukuk al – istinsa
145
6.1.6. Il sukuk al – salam
146
6.1.7. Obbligazioni e sukuk a confronto
147
6.2. Il mercato dei derivati
149
6.2.1. Il mercato dei derivati secondo la Shariah
151
6.2.2. Le alternative islamica ai forward e ai future
151
6.2.3. Le alternative islamiche agli swap
153
6.2.4. Le alternative islamiche alle opzioni
161
4
6.3. Gli indici islamici e le metodologie di screening
162
6.3.1. I criteri di screening qualitativi
163
6.3.2. I criteri di screening quantitativi
164
6.4. Gli organi che compongono il sovra sistema finanziario islamico
166
7. LE TEORIE FINANZIARIE SECONDO LA PROSPETTIVA
ISLAMICA
168
7. 1 Rischio e ritorno secondo la prospettiva islamica
168
7.1.1 Rischio e incertezza
168
7.1.2. Risk – return parity
169
7.2 Portfolio e capital market theory : prospettiva tradizionale e prospettiva islamica a confronto
170
7.2.1 La portfolio theory
170
7.2.2. La capital market theory
172
7.2.3. La portfolio theory e la capital market theory secondo la prospettiva islamica
175
7.3. Il Capital Asset Pricing Model (CAPM)
180
7.3.1 Il modello zero beta CAPM
184
7.3.2. Il Capital Asset Princing Model (CAPM) secondo la prospettiva islamica
186
7.3.3. Il zaka rate CAPM
188
7.4. La teoria dell’efficienza di mercato
189
7.4.1. I tipi di efficienza
190
7.4.2. L'ipotesi dei mercati efficienti proposta da Fama
190
7.4.3. Etica e efficienza di mercato secondo la prospettiva tradizionale
191
7.4.4. Efficienza di mercato secondo la prospettiva islamica
192
7.4.5. Etica del mercato secondo la prospettiva islamica
193
8. LE SCELTE DI STRUTTURA FINANZIARIA DELLE IMPRESE
SHARIAH-COMPLIANT
8.1. I modelli organizzativi che caratterizzano l’impresa islamica
195
197
5
8.1.1. Il modello della sole proprietorship
197
8.1.2. I modelli islamici di partnership
198
8.1.3. Il modello della corporation
199
8.1.4. Comparazione tra i modelli di partnership e il modello della corporation
200
8.2. Le teorie tradizionali di struttura finanziaria
201
8.2.1. La tesi tradizionale
201
8.2.2. Le tesi di Miller e Modigliani
202
8.2.3. La teoria del trade – off
204
8.2.4. La teoria del packing order
208
8.3. La scelta di struttura del capitale secondo la prospettiva islamica
209
8.3.1. Il costo dei principali strumenti finanziari islamici
211
8.3.2. La struttura del capitale nelle imprese di piccole dimensioni
218
8.3.3. La struttura del capitale nelle corporation di dimensioni medio grandi
220
8.4. Il trattamento dei dividendi secondo la prospettiva tradizionale
222
8.4.1. Il processo di purificazione dei dividendi nel contesto islamico
223
8.4.2. I vincoli allo scambio azionario nel mercato islamico
225
8.5. Il grado di sviluppo della finanza islamica ed il ricorso agli strumenti finanziari Shariah –
compliant
227
9. LA FINANZA ISLAMICA SECONDO LE TEORIE DELLA
SOCIOLOGIA ECONOMICA
233
9.1. Il rapporto tra economia ed etica: prospettiva tradizionale e prospettiva islamica a confronto
233
9.2. Confronto tra “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” di Weber ed etica islamica e
sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant
235
9.3. Le caratteristiche del mercato islamico
238
9.4. L’agire degli operatori economici musulmani alla luce dei tipi di azione individuati da Weber
240
9.5. Il ruolo delle istituzioni per lo sviluppo dell’etica islamica
241
9.6. La fiducia nei confronti del sistema finanziario islamico
243
6
9.7. Le tre forme di scambio individuate da Polyani e la particolarità della zakat
245
9.8. Il concetto del valore del denaro alla luce delle analisi di Simmel, Weber e Zelizer
245
9.9. I tre modelli di mercato individuati da Zelizer
248
9.10. Gallino e la responsabilità sociale dell’impresa islamica
249
9.11. Conclusioni
252
CONCLUSIONI
253
INDICE DELLE FIGURE
258
RIFERIMENTI E FONTI
261
Bibliografia
261
Sitografia
266
7
INTRODUZIONE
A seguito dell’attuale instabilità del panorama finanziario internazionale e degli
scandali degli ultimi anni si pone sempre maggior accento sulla necessità di
un’etica tanto all’interno delle imprese quanto nei mercati finanziari. Queste
posizioni partono dalla considerazione dell’impresa come un sistema sociale
aperto, fortemente interconnesso con l’ambiente interno ed esterno, le cui azioni
hanno ripercussioni anche nei confronti del contesto sociale nel quale essa opera.
Allo stesso modo l’ultima crisi finanziaria ha evidenziato come le azioni
intraprese dagli operatori sui mercati possano avere risvolti drammatici
sull’economia reale, ancor più considerando il livello di interconnessione che
caratterizza i moderni circuiti bancari e di mercato.
Parlare di finanza etica e di responsabilità sociale dell’azienda significa ricondurre
entrambe alla loro funzione originale: quella di creare benessere per la collettività
attraverso l’azione economica e l’allocazione delle risorse. Parlare di finanza
islamica significa parlare di finanza etica. La finanza islamica nasce e si sviluppa
con l’obiettivo di riformulare alcuni aspetti del sistema finanziario tradizionale
alla luce dei valori dell’Islam in modo da costruire un sistema economico e
finanziario che si ispiri al principio del maslaha di benessere sociale.
La finanza islamica rappresenta circa l’1% della finanza mondiale ed ha
dimostrato dei tassi di crescita maggiori rispetto alla finanza tradizionale
mostrando anche una migliore capacità di superare l’ultima crisi finanziaria
internazionale. Per questo motivo gli studi sul sistema finanziario islamico stanno
aumentando allo scopo di illustrare gli strumenti del circuito bancario e di quello
di mercato Shariah – compliant e di analizzare come ed entro quali limiti la
finanza islamica possa essere proposta ed implementata all’interno di sistemi
giuridici e di mercato stranieri.
Se i principi che reggono il sistema finanziario islamico sono oggi maggiormente
compresi rispetto al passato, le modalità con cui gli stessi valori che hanno
ispirato la nascita della finanza islamica influenzino l’agire economico delle
imprese Shariah – compliant è meno conosciuto.
8
Partendo dalla considerazione che la scienza economico – finanziaria è una
scienza sociale e che l’Islam è la religione monoteista che più di tutte si
caratterizza per una stretta relazione tra la sfera dogmatica ed ogni aspetto della
vita del credente si è voluto analizzare non solo quali sono i principi alla base del
sistema finanziario Shariah – compliant, ma anche quali sono i principi che
guidano la teoria dell’impresa operante nel rispetto dell’etica islamica e quali sono
gli elementi culturali che influenzano l’agire degli operatori economici nel loro
ruolo di imprenditori, manager, azionisti e lavoratori.
L’obiettivo della tesi è stato quello di analizzare come si modifica il sistema di
relazioni tra l’impresa e gli stakeholder nel contesto Shariah – compliant1: i
principi dell’Islam influenzano l’agire dell’impresa, dei manager e degli azionisti i
cui obiettivi convergono verso quello primario di onorare Allah e il livello di
sviluppo del sistema finanziario islamico influenza le modalità di finanziamento
delle imprese che decidono di agire nel rispetto della Shariah. Nel corso della
trattazione si è anche evidenziato come le scelte di investimento dell’impresa
siano influenzate dai principi dell’Islam e come la politica dei dividendi debba
rispettare il cosiddetto “principio di purificazione” che prevede che le componenti
haram, vietate, di dividendi e plusvalenze vengano stimate e donate in
beneficienza.
Per compiere questo studio si è scelto volontariamente di fare il minimo
riferimento a fonti bibliografiche pubblicate da autori non musulmani in modo da
studiare in maniera approfondita l’interrelazione tra gli elementi culturali
caratteristici della religione islamica e i modelli economici e finanziari sviluppati
negli ultimi anni nel mondo musulmano. La ricerca ha richiesto un impegno
considerevole perché, se è vero che gli studi e le pubblicazioni sulla finanza
islamica e sulle istituzioni finanziarie islamiche è fiorente, il modello di
un’impresa operante all’interno del contesto Sharia – compliant è meno
analizzato.
Il lavoro di ricerca si sviluppa secondo tre profili continuamente interconnessi: il
primo piano è di tipo sociologico – culturale, il secondo di tipo aziendalistico e
l’ultimo di tipo finanziario.
1
Si rimanda al modello proposto alla fine del secondo capitolo.
9
Sotto il profilo sociologico – culturale si evidenzia la presenza di due modelli
ideali: il modello comportamentale rappresentato dal Profeta Muhammad,
riconosciuto come “il Sigillo dei Profeti”, che guida l’azione dei credenti anche
nella loro veste di imprenditori, manager, azionisti e lavoratori ed il modello di
benessere sociale della Ummah, la Comunità dei Musulmani fondata dal Profeta a
seguito del viaggio dell’Ègira, che guida le scelte sociali ed economico –
finanziarie delle istituzioni dei paesi a maggioranza musulmana. Il mondo
islamico si caratterizza anche per la presenza di una pluralità di scuole giuridico –
religiose che hanno un diverso approccio all’interpretazione delle fonti del diritto
islamico, nelle quali rientrano come fonti primarie i testi religiosi: gli studiosi,
ulema, sono gli stessi che compongono gli Shariah Supervisory Board delle
istituzioni finanziarie islamiche ed hanno il compito morale di guidare i fedeli
verso la salvezza e di preservarli dal peccato. Proprio per questo motivo la
costruzione del sistema finanziario islamico si sviluppa sulla fiducia che la
Ummah attribuisce agli ulema.
Sotto il profilo aziendalistico sono stati analizzati i principi coranici che
condizionano l’attività imprenditoriale e l’impresa islamica nella sua natura di
sistema sociale aperto, nonché le peculiarità dell’ambiente culturale, sociale,
politico – legislativo e finanziario nel quale essa opera. L’analisi della cultura
aziendale islamica, sulukiat, ha permesso di comprendere come i valori islamici
vengano interiorizzati dagli individui che operano all’interno dell’organizzazione
in modo da guidare l’agire delle imprese verso un obiettivo di creazione di valore
coerente con il fine ultimo di onorare la volontà di Allah. Ampio spazio è stato
dedicato all’analisi delle teorie islamiche di management e di corporate
governance, con particolare riferimento al ruolo svolto dagli Shariah Supervisory
Board all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche.
Sotto il profilo finanziario un’ampia parte è stata dedicata allo studio degli
strumenti finanziari Shariah – compliant a disposizione delle imprese
distinguendo tra quelli appartenenti al circuito bancario e quelli appartenenti al
circuito di mercato. Si è scelto anche di analizzare i progressi teorici in tema di
derivati per evidenziare come il sistema finanziario islamico cerchi continuamente
un adeguato equilibrio tra i principi etici propri dell’Islam e le necessità
10
economico – finanziarie delle imprese e degli operatori economici. L’analisi dei
criteri qualitativi e quantitativi che devono essere rispettati nei processi di
screening per l’accesso agli indici di mercato, alla quotazione alle borse nei paesi
a maggioranza musulmana e ai fondi di investimento islamici evidenzia come i
divieti economico – finanziari dedotti dal Sacro Corano e dalla Sunna influenzino
le scelte di investimento delle aziende e delle istituzioni finanziarie islamiche e il
processo di purificazione dei dividendi e delle plusvalenze richiesto ai credenti.
I principi dell’Islam sono importanti anche nell’approccio degli studiosi
musulmani allo studio delle teorie finanziare: sotto questo aspetto si evidenzia
come non tutte le teorie finanziarie tradizionali siano accettate dalla comunità di
esperti musulmani perché alcune di esse comprendono nelle ipotesi di base aspetti
quali la possibilità di indebitamento e di speculazione degli operatori economici
che sono contrarie alla Shariah. Per questo motivo gli studiosi islamici sono attivi
nello studio di modelli teorici alternativi a quelli tradizionali e nella continua
reinterpretazione delle teorie alla luce degli sviluppi continui ed incrementali del
sistema finanziario islamico evidenziando la stretta relazione tra contributo
teorico, approvazione giuridico – religiosa ed offerta di strumenti finanziari che
caratterizza l’intero sistema Shariah – compliant.
11
1. L’ISLAM: DALLA
FONDAZIONE ALLO SVILUPPO
DEL CONCETTO DI HOMO
ISLAMICUS
La peculiarità dei paesi di fede musulmana consiste nell’influenza che l’Islam ha
nei confronti tanto della sfera esteriore che di quella interiore dei credenti: la legge
della Shariah non disciplina solamente l’aspetto più intimo e morale dei credenti,
ma abbraccia ogni aspetto della vita quotidiana, dalla politica, alla giurisprudenza,
alla società, all’economia: per quanto sia conosciuta la stretta relazione esistente
tra fede ed aspetti politici e sociali, meno conosciuta è la relazione tra l’Islam e
l’economia e la finanza.
Conoscere l’Islam e i principali aspetti d’influenza è di fondamentale importanza
per poter comprendere la portata del sistema finanziario Shariah – compliant e
l’agire economico delle imprese e degli investitori islamici.
Nel presente capitolo verrà trattata la storia dell’Islam approfondendone da una
parte la sua influenza nei confronti del sistema giuridico e dall’altra i valori più
importanti della comunità islamica che rappresentano le basi morali che hanno
permesso la nascita e lo sviluppo della finanza islamica e di quello che gli
economisti musulmani definiscono “homo islamicus”.
1.1. Dell’Islam
L’Islam è la terza religione monoteista del mondo e ha la stessa origine
dell’Ebraismo e del Cristianesimo, ma si caratterizza per una più profonda
relazione tra la dimensione teologica – morale e quella sociale coinvolgendo
anche gli aspetti dell’economia e della finanza: i precetti contenuti nella Shariah,
ossia “la via maestra per giungere alla salvezza”, non riguardano soltanto l’aspetto
12
più intimo del credo, quello della relazione tra il credente e Dio, ma costituiscono
i principi di condotta morali in ogni settore della vita pubblica della comunità
islamica, la Ummah.
L’Islam è la religione di coloro che credono nel Sacro Corano: i credenti
riconoscono i profeti delle religioni monoteistiche dell’Ebraismo e del
Cristianesimo, ma considerano il Profeta Muhammad l’ultimo profeta, portatore
della verità divina e il Sacro Corano come il testo sacro più completo e veritiero in
quanto dettato direttamente da Allah: questo è il motivo per cui i credenti
musulmani non negano l’esistenza delle altre religioni monoteiste e nello stesso
tempo sottolineano l’importanza della propria come la più compiuta.
La tradizione religiosa islamica affonda le sue radici in una notte del mese del
ramadan nella città della Mecca del VII secolo d.C dove un mercante
quarantenne, Muhammad ibn Abdallah, il Profeta, ricevette direttamente da Allah
una serie di rivelazioni che incominciarono nell’anno 610 d.C e terminarono
nell’anno della sua morte, nel 632 d.C. Tali rivelazioni costituiscono il Sacro
Corano, considerato dai credenti di fede musulmana parola di Allah, diretta ed
atemporale:
“Questo è il Libro scevro di dubbi, dato come guida per i timorati di Dio”2
A completamento del Sacro Corano si pone la biografia del Profeta Muhammad,
l’hadith, che tramanda ciò che il Profeta pensò, disse e fece.
L’insegnamento del Profeta Muhammad, che era incentrato sull’unicità di Allah e
sulla condanna dei costumi degli abitanti della Mecca, non fu ben accolto dalla
tribù Quraysh che controllava il culto dello haram, centro di pratica religiosa
locale e di pellegrinaggio dove era custodita la Kaba, qibla, allora circondata da
idoli che rappresentavano le divinità dello haram.
Le persecuzioni avanzate dagli abitanti della Mecca verso i suoi seguaci
convinsero il Profeta Muhammad, nell’anno 622 d.C., a spostarsi verso la città
settentrionale di Yathrib, nota da allora come Medina: il drammatico viaggio del
2
Il Corano, 2;2 www.ilcorano.it
13
Profeta è conosciuto come Ègira (hijra) e viene considerato dalla tradizione il
momento della fondazione della comunità islamica, la Ummah.3
A Medina il Profeta Muhammad continuò la propria missione profetica e divenne
capo politico e militare della Ummah, sostituendo alla complessa rete di relazioni
tribali e di sangue l'idea di un gruppo umano legato da vincoli di fede a
prescindere dall'origine familiare e dalla razza.
Egli mostrò gesti di benevolenza e di perdono nei confronti della tribù Quraysh
che gli aveva opposto resistenza alla Mecca.
Alla morte del Profeta e sotto le dinastie degli Omayyadi (661-750 d.C.) e degli
Abassidi (750-1258 d.C.) la tradizione islamica si diffuse nell’Asia centrale, in
India e in Spagna ed entro il XVIII secolo la conversione all’Islam caratterizzava
la maggioranza delle popolazioni dell’Africa settentrionale, del Medio Oriente e
dell’Asia Centrale, spingendosi sino agli stati della Malesia, dell’Indonesia e
dell’Africa sub-sahariana.
Oggi i musulmani nel mondo sono circa un miliardo e trecentomila, facendo
dell’Islam la seconda religione più diffusa nel mondo. La maggior parte della
comunità islamica aderisce al Sunnismo che rappresenta circa il 90% dei fedeli
musulmani e che insiste sul modello del Profeta Muhammad come modello di
condotta per il buon musulmano, mentre la minoranza più importante è costituita
dallo Sciismo che sorse subito dopo la morte del Profeta. I musulmani sciiti
scelsero quale successore del Profeta il genero Ali Ibn Abi Talib, anziché Abu
Bakr. Le principali divisioni dell’Islam sciita, letteralmente traducibile come
“seguaci di Ali”, sono rappresentate da tre correnti: quella dei duodecimali, degli
ismailiti e dei settemani, di cui la più estesa è quella dei duodecimali, chiamati
così in quanto in attesa del dodicesimo Imam, un ragazzo di nome Muhammad.
3
La nascita della comunità islamica viene fatta coincidere dalla maggioranza degli studiosi con
l’hijira, sebbene alcuni ritengano che essa sia stata fondata prima del viaggio, alla Mecca, o dopo il
viaggio, a Medina.
14
Figura 1.1. L’Islam nel mondo
Fonte: www.wikipedia.org
1.1.1. L’Islam sciita
L’Islam sciita nacque e si diffuse per motivi politico – religiosi riguardanti la
designazione del califfo: secondo i musulmani sciiti il capo della Comunità, che
essi preferirono chiamare imàm, ossia colui che guida e che è esente dal peccato e
dalle colpe, doveva essere individuato all’interno dell’Ahl al-Bayt, ossia tra le
“genti della casa”, la parentela più stretta del Profeta Muhammad e considerata
unica erede degna. I musulmani sciiti riconoscono il primo imàm nel genero del
Profeta Muhammad Ali Ibn Abi Talib: alla morte di Ali i suoi seguaci offrirono
lealtà a suo figlio Hasan ed alla morte di questi a suo fratello Husayn.
A partire dallo scisma tra musulmani sciiti e sunniti gli studiosi sciiti svilupparono
un complesso insieme di dottrine centrato sull’ufficio dell’imàm: secondo la
dottrina sciita l’istituto dell’imàm è un anello della profezia che si estende da
Abramo e da Gesù fino al Profeta Muhammad e deve essere un diretto
discendente di quest’ultimo e designato dall’imàm precedente. Secondo il culto
sciita l’imàm è l’unica autorità legittima sulla terra ed è esente dai peccati e dalle
colpe in quanto depositario di un insieme di conoscenze direttamente trasmesse da
Allah.
15
Il ramo più importante dell’Islam sciita è quello duodecimano chiamato così in
ragione della credenza nel dodicesimo imàm: secondo i musulmani duodecimani
dopo la morte dell’undicesimo imàm, Hasan al-Haskari, il figlio Muhammad
scomparve. Secondo il credo duodecimano il dodicesimo imàm Muhammad non
sarebbe morto, ma sarebbe entrato in uno stato di nascondimento miracoloso, la
durata del quale è conosciuta solo a Allah. Gli ulama4 duodecimani detenevano
inizialmente soltanto il ruolo di guida spirituale della Comunità limitato
temporalmente in attesa del risveglio del dodicesimo imàm, mentre con il tempo
hanno assunto un ruolo sempre di maggior influenza anche in campo politico e
giuridico.
Il secondo ramo principale dell’Islam sciita è quello del ramo ismailita, o
settemano, che sorse a seguito della morte del sesto imàm, Jafar al-Sadiq. Gli sciiti
ismailiti parteggiavano per il figlio maggiore Ismail quale settimo imàm, anziché
per il figlio minore Musa che viene invece considerato il settimo imàm dall’Islam
duodecimano. A differenza degli sciiti duodecimani che attendono il dodicesimo
imàm nascosto, gli sciiti ismailiti credono nella discendenza degli imàm fino ad
oggi.
Figura 1.2. Diffusione del Sunnismo e dello Sciismo
Fonte: www.wikipwdia.org
4
Con il termine ulama si indicano gli studiosi della legge della Shariah.
16
In generale dove prevale l’Islam sciitta piuttosto che quello sunnita, quindi in Iran,
in Iraq e in una parte del Libano, il ruolo degli imàm è molto forte e caratterizza
una fede più cupa e nostalgica rispetto a quella sunnita che non riconosce
intermediari tra il fedele e Allah, e che riconosce agli imàm solo il ruolo di dotti.
1.1.2. I cinque pilastri dell’Islam
La religione islamica si caratterizza per la presenza di cinque precetti che
rappresentano le fondamenta del credo e che contribuiscono all’educazione del
buon musulmano. Essi non sono espressi in modo organica, ma si trovano sparsi
in diverse sure del Sacro Corano.
I pilastri dell’Islam sono: la doppia testimonianza di fede, le cinque giornaliere,
l’elemosina, il pellegrinaggio alla città della Mecca e il digiuno nel mese del
ramadan.
1. La doppia testimonianza di fede (sciahada): è un pilastro che si esegue
oralmente e che è considerato la porta d’ingresso per l’Islam.
“Non vi è altra divinità che Allah e Muhammad è servitore e messaggero
di Allah”
La prima parte della sciahada è l’espressione dell’unicità di Allah, e
rappresenta uno dei concetti principali del credo islamico: il tawhid. La
seconda parte della sciahada è incentrata sul Profeta Muhammad,
considerato dai credenti musulmani “il sigillo dei Profeti” e testimonia
l’amore di Allah, verso il suo Profeta. Ai credenti musulmani è richiesto di
convincersi che il messaggio portato dall’Islam è stato dettato direttamente
da Allah, e di riconoscere la natura umana del Profeta Muhammad: il
credente buon musulmano deve seguire gli insegnamenti della Sunna, la
pratica di vita del Profeta, e considerarlo un modello di ispirazione.
2. La preghiera: è un pilastro indispensabile nell’Islam e rafforza la doppia
testimonianza di fede. La preghiera è un insieme di atti e parole che
vengono richiesti al buon credente musulmano allo scopo di adorare e
17
mantenere vivo il legame con Allah. Il buon musulmano compie la
preghiera cinque volte al giorno rivolto verso la Kabla, qibla, che si trova
alla Mecca. La posizione assunta dai fedeli in preghiera rispecchia la
parola Allah scritta in lingua araba:
Il richiamo alla preghiera è il takbir, Allah Akbar, espressione equivalente
a “Sia Lode a Dio”.
“Recita quello che ti è stato rivelato del Libro ed esegui l'orazione. In
verità l'orazione preserva dalla turpitudine e da ciò che è riprovevole."5
3. Il versamento della zakat: la zakat consiste nel prelievo di una determinata
somma di denaro che ogni buon musulmano fa della propria ricchezza,
quando essa supera un limite minimo stabilito, in modo disinteressato e
che versa a favore dei poveri in modo da sovvenire alle loro necessità e
non privarli dei loro diritti. Il pilastro della zakat si caratterizza per il suo
contenuto economico e per molto tempo ha rappresentato l’unica imposta
dovuta dai musulmani all’interno dei paesi islamici. La zakat è fissata al
2,5% dell’imponibile.
Una delle condizioni della zakat è l’appartenenza alla comunità islamica e
non è obbligatoria per i non musulmani. Oltre all’appartenenza al credo è
necessario che il credente possegga da almeno un anno una ricchezza che
supera il limite minimo imponibile, nissab, fissato pari all’equivalente del
prezzo di 85 grammi d’oro.
La zakat ha l’obiettivo di combattere la povertà all’interno della comunità
islamica e di promuovere l’ideale di solidarietà sociale tra i fedeli oltre a
purificare i cuori dei credenti dall’eccessivo amore per le ricchezze della
vita terrena.
“Preleva sui loro beni un'elemosina tramite la quale li purifichi e li mondi
e prega per loro.”6
4. Il digiuno (sawm) nel mese del ramadan: il digiuno cade nel mese del
calendario lunare islamico del ramadan e quindi non trova una
corrispondenza specifica con il calendario occidentale. Durante il mede del
5
6
Il Corano, 29;45 www.ilcorano.it
Il Corano, 9;103 www.ilcorano.it
18
ramadan è richiesto al buon musulmano di purificarsi attraverso la
rinuncia dall’alba al tramonto non soltanto dal mangiare, dal bere e
dall’avere rapporti sessuali, ma anche dal commettere peccato espresso in
tutte le sue forme, menzogna, tradimento, truffa, inganno ed altri vizi. Il
digiuno permette al credente di vincere i suoi vizi e le sue passioni e lo
sforzo compiuto, gihad, è manifestazione della sua fede in Allah.
“O voi che credete, vi è prescritto il digiuno come era stato prescritto a
coloro che vi hanno preceduto. Forse diverrete timorati.”7
5. Il pellegrinaggio (hajj): viaggio alla Mecca, richiesto ai credenti almeno
una volta nella vita ed in determinati periodi dell’anno, allo scopo di
visitare la Kaba e compiere determinati riti di adorazione in nome di Allah.
La Kaba, quibla, è un simbolo potente della presenza divina e viene
definita “Sacra Casa di Dio”: essa rappresenta il simbolo fisico del legame
tra Allah, e l’umanità. I fedeli musulmani credono che la qibla sia stata
costruita da Adamo e poi purificata e ricostruita da Abramo.
Sono esonerati dall’obbligo del viaggio coloro che soffrono di un male
incurabile, che possono mandare un altro credente al loro posto, coloro che
sono troppo poveri per permetterselo e coloro che non possono assicurare
che ci sarà qualcuno a prendersi cura di chi hanno in carico.
Il pellegrinaggio è il più grande raggruppamento della comunità islamica
del mondo ed ai non musulmani non è consentito l’ingresso alla città della
Mecca. Durante il pellegrinaggio tutti i credenti sono vestiti di bianco in
modo che non vi sia distinzione in base al ceto sociale, al colore della pelle
o tra un fedele arabo ed un fedele non arabo.
“Il Pellegrinaggio avviene nei mesi ben noti. Chi decide di assolverlo, si
astenga dai rapporti sessuali, dalla perversità e dai litigi durante il
Pellegrinaggio.”8
7
8
Il Corano, 2;183 www.ilcorano.it
Il Corano, 2;197 www.ilcorano.it
19
1.2. La relazione tra Islam e diritto
Il diritto musulmano nasce e si afferma con la nascita e l’affermazione dell’Islam,
termine che non indica soltanto la religione, din, fondata dal Profeta Muhammad,
ma anche il sistema politico, sociale e culturale che ad essa intimamente si
riconnette: in realtà la ripartizione dell’Islam in tre sistemi (religioso, politico e
giuridico) è un adattamento occidentale di una realtà che internamente si presenta
unitaria e che trova le proprie fondamenta nella legge della Shariah. 9.
Le radici storiche della Shariah si ritrovano nel concetto di Ummah: il concetto di
inscindibile unità della Comunità dei Musulmani dimostra che non esiste il
concetto di Chiesa distinto dallo Stato in quanto è la Ummah ad essere allo stesso
tempo Chiesa e Stato allo stesso modo e nello stesso tempo.
Nonostante l’Islam tenda a dominare minuziosamente tutti gli aspetti della vita del
credente, esso ignora l’esistenza di un clero organizzato: a tutela del dogma, del
rito e del diritto sono destinati i dottori della legge, gli ulama.
Il fiqh è la scienza giuridica musulmana e parte dallo studio della Shariah che è
l’insieme di regole, principi e valori in cui si ricavano leggi e normative. Il fiqh
può essere definito come la "conoscenza dei comandamenti di Allah che
concernono le azioni, qualificate come wajib (obbligatorie), haram (vietate),
mandub (raccomandate), makruh (disapprovate) o mubah (indifferenti).
La Shariah islamica contiene le caratteristiche dell’universalità, della totalità e
dell’adattabilità ad ogni luogo e tempo ed i suoi sistemi e norme comprendono sia
la religione che il mondo terreno.
A questa complessità si aggiunga che ogni Stato nel quale vige il diritto islamico è
caratterizzato da una propria storia, che per i paesi della cosiddetta “franconomie”
è stata influenzata dal diritto della civil law francese, mentre altri paesi sono stati
influenzati dalla common law inglese: nonostante l’affermarsi della legge della
Shariah, che trova le proprie fonti normative sul testo del Sacro Corano, sulla
Sunna e sul consenso dei dottori della legge, l’influenza di secoli di storia di
9
F. Castro, “Il modello islamico”, a cura di Gian Maria Piccinelli, G. Giappichelli Editore, Torino,
2007
20
sistemi giuridici esterni alla Shariah è ancora riscontrabile nelle consuetudini,
sebbene non tutti gli esperti di legge le considerino fonti del diritto.
Le quattro scuole legali dell’Islam sono nate nel XI secolo e hanno rappresentato
uno dei passi chiave della formalizzazione del Sunnismo. Esse sono: la scuola
hanafita, la scuola malikita, la scuola shafiita e la scuola hanabalita. L’Islam
sciita tende invece a fare maggiore ricorso alle opinioni degli imàm: la scuola
giuridica sciita più importante è quella duodecamana.
1.2.1. Le fonti del diritto islamico
Le fonti del diritto musulmano sono quattro: Sacro Corano, Sunna, igma e qiyas.
A queste si aggiunge la consuetudine: nonostante le scuole legali non siano
concordi nel definirla fonte del diritto essa assume molta importanza nella
giurisprudenza islamica.
-
Il Sacro Corano (al-Qur’àn): è il testo sacro per eccellenza del credo
islamico e contiene le rivelazioni che Allah, fece al Profeta Muhammad,
attraverso l’arcangelo Gabriele dal momento della rivelazione, nel 610
d.C., fino al momento della sua morte, nel 632 d.C.
Il Sacro Corano fu rivelato a brani isolati, anche di brevissima lunghezza.
Il Profeta affidò prima queste rivelazioni alla sua memoria e poi ai suoi
scrittori che avevano il compito di riportarle per iscritto: fu solo dopo la
morte del Profeta Muhammad che i suoi Compagni decisero di riordinare
il materiale scegliendo come metodo quello della lunghezza dei brani,
anziché quello cronologico o quello logico. Secondo la tradizione islamica
il Sacro Corano raggiunse la sua forma attuale durante il califfato di
Uthman (644-656 d.C.) che ordinò ad un gruppo di stimati musulmani di
stilarne la versione definitiva.
21
I musulmani attribuiscono una sacralità fisica al Sacro Corano e ritengono
che esso possegga potere divino10 e preferiscono maneggiarlo solamente in
condizioni di estrema purezza rituale.
Il Corano risulta composto da 114 sure, ordinate secondo lunghezza dalla
più breve alla più lunga ad eccezione della prima detta l’“Aprente del
Libro”, che possono essere distinte tra sure della Mecca, rivelate quando il
Profeta viveva alla città della Mecca, che si caratterizzano per il loro
contenuto morale e religioso, e sure di Medina, rivelate dopo il viaggio
dell’Ègira quando il Profeta era diventato capo politico e militare della
comunità islamica creatasi e che trattano dell’organizzazione della società
toccando anche i campi dell’economia, della finanza e del diritto.
La materia giuridica del Corano compare quindi nelle sure di Medina, ma
è scarsa in paragone alla mole del libro: secondo gli scrittori musulmani,
su poco più di 6200 versetti contenuti nel Corano solo un centinaio si
caratterizzano per un contenuto strettamente giuridico11.
-
La Sunna: il termine “sunna” deriva dalla radice asl, termine arabo che
designa le norme morali di condotta, e che con la nascita e l’affermazione
dell’Islam viene inteso come sunnat al-nabì, “la Sunna del Profeta”,
intendendo il modo di comportarsi di Muhammad nelle varie circostanze,
norme di condotta consistenti in un detto, in un fatto o in un silenzio
assenso.
È intorno all’inizio del terzo secolo dall’Ègira che alle norme contenute
nella Sunna venne attribuita efficacia normativa dalla Comunità 12 : il
Profeta Muhammad è considerato dai fedeli musulmani un modello, fonte
di profonda ispirazione per il fedele, in quanto uomo la cui condotta è
ispirata direttamente dalla perfezione di Allah.
10
Il Sacro Corano può essere utilizzato anche in pratiche popolari di guarigione.
I versetti a contenuto giuridico sono in realtà circa cinquecento, ma molti di essi riguardano le
pratiche del culto e quindi sono un centinaio trattano della materia del diritto in senso stretto.
12
È a Muhammad al-Shafii, uno dei maggiori giuristi dell’Islam e fondatore della scuola che da lui
prende nome, che si deve il concetto di sunna quale fonte del diritto. Egli fece trionfare
l’inderogabilità delle tradizioni risalenti al Profeta Muhammad rispetto a qualsiasi altra autorità.
Fonte: F. Castro, “Il modello islamico”, a cura di Gian Maria Piccinelli, G. Giappichelli Editore,
Torino, 2007
11
22
Gli hadith sono i racconti della vita del Profeta che sono stati trasmessi
oralmente da trasmettitori degni di fede, gli isnàd: lo studio della catena di
trasmettitori ha ispirato una vera e propria scienza, giacché il racconto è
tanto più veritiero quanto più sono degni di fiducia i trasmettitori: per gli
studiosi musulmani il punto centrale è quello di garantire la continuità
della memoria storica della Comunità dei Musulmani fondata dal Profeta
Muhammad, la Ummah, che avrebbe trasmesso al suo interno, di
generazione in generazione, le tradizioni dei tempi del Profeta.13
-
Il consenso (ijimà’): è uno delle due fonti diritto minore e trova
fondamento in un detto attribuito al Profeta <<La mia Comunità non si
troverà mai d’accordo sopra ad un errore>>.
L’accordo della Comunità è in realtà l’accordo dei dottori in quanto
rappresentanti qualificati, per profondità di dottrina, della Comunità stessa.
L’ijimà’ è importante agli occhi dei fedeli islamici in quanto garantisce
l’autenticità sia del Sacro Corano che della Sunna e non è altro che
un’ulteriore manifestazione della volontà di Allah, che preserva la
Comunità dei Musulmani dall’errore guidandola verso la Verità.
Si deve considerare come l’ijimà’ non sia accettata dai musulmani sciiti
che restringono il diritto al consenso ai soli discendenti diretti del Profeta
Muhammad seguaci della dottrina sciita.
In tempi recenti autori musulmani modernisti hanno tentato di dare un
nuovo significato al consenso facendolo coincidere con l’opinione
pubblica, o con l’accordo di dottori e politici in assemblee più o meno
elettive14: tali forme nuove di consenso sono sempre più accettate nel
campo del diritto dei contratti, del diritto bancario e dell’economia.
-
Il procedimento analogico (qiyàs): è la quarta fonte del diritto islamico ed
anche la più controversa. Per qiyàs’ si intende deduzione per analogia e
quindi comparazione di un caso o di un atto nuovo con casi o atti che
possano giudicarsi analoghi o che trovano definizione nel Sacro Corano,
nella Sunna o nel consenso dei dotti.
13
F. Castro, “Il modello islamico”, a cura di Gian Maria Piccinelli, G. Giappichelli Editore,
Torino, 2007
14
Idem
23
Mentre le prime tre fonti del diritto sono espressione diretta o indiretta
della volontà divina, il qiyàs’ è un processo logico e razionale dell’essere
umano che, seppur avviene nel rispetto di determinate regole e procedure
può sempre essere soggetto all’errore: ci si è posti quindi il quesito se sia
lecito per l’intelletto umano investigare quali siano le ragioni che hanno
determinato l’intelletto divino.
L’applicazione del qiyàs’ risulta molto controversa: la scuola hanbalita e
quella shafiita sono conservatrici e ne limitano il ricorso al minimo
indispensabile, a differenza della scuola degli hanafiti e di quella dei
malikiti.
-
La consuetudine: è una forma di fonte del diritto secondaria, ma ricopre un
ruolo non indifferente nel diritto islamico ed ha consentito il progressivo
adattamento dei sistemi giuridici dei paesi islamici con l’evoluzione dei
tempi, permettendo anche l’introduzione di elementi di sistemi giuridici
stranieri, sia della common law che della civil law.
I dottori della legge islamica distinguono tra consuetudine generale, ‘urf
àmm, che si fonda sopra un interesse generale e che viene prevalentemente
qualificata come fonte del diritto, e consuetudine locale, ‘urf khàss, che
non può essere estesa ad altri luoghi e non viene considerata fonte del
diritto.
In alcune aree dell’Islam il diritto consuetudinario si è mostrato così forte
che la legge della Shariah non è riuscita a penetrare in alcuni ambiti di
regolamentazione.
1.2.2. Le scuole giuridico – religiose
Nel contesto islamico sunnita esistono quattro scuole giuridico – religiose che si
differenziano sulla base degli strumenti ermeneutici usati per l'interpretazione
della Legge Coranica, sia nella ritualità adottata per il suo rispetto.
24
-
La scuola hanafita: è stata fondata da Abu Hanifa ed è diffusa in Turchia,
India e Pakistan. È la scuola più liberale in quanto tende a rispettare più la
forma che la sostanza delle fonti primarie del diritto islamico che sono il
Sacro Corano e la Sunna.
-
La scuola malikita: è stata fondata da Malik Ibn Anas ed è diffusa
soprattutto nel Maghreb. È una scuola molto conservatrice e pone
l’accento sul ruolo del consenso dei dotti, l’ijimà’.
-
La scuola shafiita: è stata fondata da Muhammad al-Shafii ed è diffusa in
Egitto, in Indonesia e nell’Africa Orientale. Tra le fonti del diritto
riconosce particolare importanza alla Sunna e all’ijimà’.
-
La scuola hanabalita: è stata fondata da Ibn Hanbal, è diffusa nell’Arabia
Saudita ed è la più conservatrice. Si caratterizza per un’assoluta fedeltà
alle fonti scritte ed esige il massimo rispetto per le fonti del Sacro Corano
e della Sunna. Professa l’applicazione del modello di Comunità dei
Musulmani costituita dal Profeta Muhammad nella sua permanenza a
Medina e pone particolare accento sul rigore morale e sulla purezza
dell’Islam delle origini.
Nello sciismo la scuola giuridica più importante è quella jafarita fondata dal sesto
imàm, Jafar al-Sadiq15, e presente principalmente in Iran e in Iraq.
Il ruolo degli ulama nella tradizione islamica è molto importante ed essi hanno da
sempre goduto di grande rispetto da parte della Comunità: in quanto dotti della
legge islamica essi hanno l’obbligo morale di garantire l’autorevolezza delle fonti
del Sacro Corano e della Sunna, ma anche di guidare la Comunità dei Musulmani
verso la Verità, preservandola dall’errore. Hanno il compito, non facile, di
individuare quel punto di incontro tra etica islamica, fondata sul Sacro Corano e
sul modello di vita del Profeta Muhammad, e l’evolversi dei fenomeni della
globalizzazione e dell’occidentalizzazione, occupandosi anche dei settori
dell’economia e della finanza.
15
Jafar al-Sadiq fu un importante giurista sciita alle cui lezioni parteciparono, tra gli altri, Abu
Hanifa e Malik Ibn Anas, fondatori rispettivamente della scuole giuridiche sunnite degli hanafiti e
dei malikiti.
25
Sono importanti in quanto hanno avuto un ruolo chiave nello sviluppo del sistema
finanziario islamico ed oggi rivestono una posizione di primaria importanza nel
sistema bancario: essi formano infatti lo Shariah Supervisory Board, un
particolare organo direttivo delle istituzioni finanziarie islamiche che ha il
compito di valutare la legittimità degli strumenti offerti al mercato e il loro
rispetto verso la legge della Shariah.
Figura 1.3. Le scuole giuridiche islamiche
Fonte: www.wikipedia.org
1.3. L’Islam come ideologia
Secondo i credenti islamici il termine Islam non significherebbe religione nel
senso occidentale del termine, bensì uno stato di sottomissione, di obbedienza e di
armonia del credente con il mondo e con il suo creatore. Il termine Islam deriva
dal termine arabo ‘aslama che significa sottomettersi di cui il participio presente è
il termine muslimùn, musulmani.
Il mondo islamico ha sviluppato il concetto di Ibadat che deriva da Abid,
letteralmente traducibile con “schiavo”, per esprimere il senso di sottomissione
del fedele alla volontà di Allah. L’Ibadat esprime il dovere del buon musulmano
di compiere le azioni che portano onore ad Allah e di non commettere azioni
26
vietate dal Sacro Corano. L’Ibadat può essere osservato sotto due accessioni: si
parla di ubudiyah quando si fa riferimento al rapporto diretto tra il fedele ed Allah
e di amaliyah quando si fa riferimento alla relazione che il fedele trattiene con il
creato e quindi sia con l’ambiente che con la società. Secondo la prospettiva
islamica l’Ibadat stimola la relazione tra l’essere umano e l’universo, entrambi
espressivi della grandezza di Allah.
A differenza delle altre religioni monoteiste l’Islam influenza la vita dei credenti
tanto negli aspetti esteriori quanto in quelli interiori: la definizione di Islam è
quella di din, termine arabo generalmente tradotto come religione, ma di senso
molto più ampio e che esprime non soltanto il culto e il dogma, ma anche il vivere
associato e le sue regole.16
Secondo Porzio, l’Islam per i musulmani è molto più di una religione, è
un’ideologia, un pensiero, “una visione del mondo completa e complessa”17.
Lo storico della filosofia Henry Corbin esprime il principio metastorico che fonda
la coscienza religiosa dell’Islam attraverso il seguente passo:
La coscienza religiosa dell’Islam è concentrata non su un fatto della storia, ma
della metastoria. Questo fatto primordiale, anteriore al tempo della nostra storia
empirica, è costituito dalla domanda rivolta da Dio agli Spiriti degli esseri umani
preesistenti al mondo terrestre: <<Non sono forse il vostro Signore? 18 >>
L’acclamazione di gioia che risponde a questa domanda suggella un patto eterno
di fedeltà, ed è la fedeltà di questo patto che i profeti sono venuti, di periodo in
periodo, a ricordare agli uomini; la loro successione forma il <<ciclo della
profezia>>.
16
M Campanini “Islam e Politica”, Bologna, Il Mulino, 2003
Porzio, 2009
18
Il Corano, 7;171 www.ilcorano.it
17
27
1.4. Il rapporto tra Islam, economia e finanza
Esistono diversi principi etici che possono essere considerati il cuore dell’Islam e
che costituiscono le fondamenta teoriche del sistema economico e finanziario
islamico.
Nonostante il mondo occidentale tenda a studiare principalmente i tre divieti più
importanti del sistema finanziario islamico, quello della riba, interesse,del gharar,
incertezza, e del maysir, speculazione, esistono principi etico – morali che hanno
avuto un impatto diretto sullo sviluppo del sistema finanziario ed economico
islamico.
La società islamica è sottoposta a norme di carattere etico direttamente
discendenti da Allah: sotto questo principio universale e totale rientrano anche i
campi dell’economia e della finanza. In particolar modo è importante l’analisi dei
concetti di khalifah, quale significato etico del diritto di proprietà, e di zakat,
quale guida morale all’utilizzo dei beni che il buon musulmano ha in proprietà.
1.4.1. Il tawhid: l’unicità di Allah come espressione
dell’indivisibilità della Ummah
Il concetto di tahwid, ossia dell’unicità di Dio, è il cuore dell’Islam: è con queste
parole che il Profeta Muhammad iniziò la sua predicazione e rappresenta la prima
parte della shahada, considerata la porta d’ingresso dell’Islam.
Come afferma Piccinelli il tawhid rappresenta le fondamenta teoriche del sistema
economico e finanziario islamico:
“Sotto il profilo ideologico, il sorgere di un sistema islamico dell’economia è stato
sostenuto anche da una vasta corrente religioso – filosofica con l’intento di
riscoprire e approfondire la necessaria e continua integrazione tra fede ed azione
del musulmano: il tahwid umano che attinge all’inesauribile fonte del tawhid
divino, dell’unicità di Dio – costantemente riaffermata da ogni credente nella
28
prima parte della professione di fede (shahada) <<la ilaha illa Allah>>, cioè
<<Non c’è altro Dio se non Dio>> - porta necessariamente i suoi effetti anche in
campo economico ispirando i singoli atti economici e fornendo la base per la
verifica della loro conformità”19
Il sorgere dell’economia islamica ha un profondo debito con il pensiero riformista
islamico del XIX e del XX secolo, in particolare per l’importanza attribuita al
tawhid che ebbe influenze sulla sfera politica, su quella sociale e su quella
economica. In questi secoli il concetto di tahwid fu riscoperto e riaffermato come
metafora della Ummah, la Comunità dei Musulmani fondata dal Profeta
Muhammad, che dovrebbe essere unita ed armonica nell’adorazione di Allah e che
dovrebbe rifiutare ogni potere umano indipendente da Dio.
Il principio del tawhid esprime la volontà dei fedeli islamici di unificare ed
assoggettare tutte le sfere del vivere sociale, comprendendo anche quella
economico-finanziaria, alla volontà di Allah: tutto è interdipendente in quanto
tutto deve essere in stato di Islam, cioè di sottomissione alla volontà divina.
Figura 1.4 Finanza tradizionale e finanza islamica: Stato e religione
Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012
19
G.M. Piccinelli, “Banche islamiche in contesto non islamico. Materiali e strumenti giuridici”,
Laterza, Roma-Bari, 2004
29
Il termine Ummah deriva dalla radice araba ‘m-m da cui ha origine anche la parola
araba di madre, umm, ed ha acquistato con la nascita dell’Islam il senso di
Comunità dei Musulmani.
La Ummah fondata e guidata dal Profeta Muhammad a Medina è per i credenti
islamici il modello ideale di società a cui ispirarsi. Essi considerano questa
comunità, da intendersi anche come nazione, la più giusta, ma anche la più
vantaggiosa per l’umanità.
Il concetto di Ummah si poggia sulla benedizione di Allah:
"Voi siete la migliore nazione mai suscitata tra gli uomini; promuovete la
giustizia, impedite l'ingiustizia e credete in Allah”20
1.4.2. Il concetto di khalifah e il diritto di proprietà
Il concetto di khalifah assume una particolare importanza in riferimento al sistema
economico e finanziario basato sul rispetto della legge della Shariah: nell’Islam la
proprietà appartiene solo ad Allah in quanto creatore dell’universo, diritto che è
stato affidato all’uomo come Suo vicereggente sulla terra, khalifah. Per questo
tutti i musulmani devono sentirsi responsabili di un ordine sociale giusto e morale.
Il diritto di proprietà privata dell’uomo, in quanto khalifah del diritto di Allah,
implica l’obbligo di esercitare responsabilmente questo diritto sia nei confronti
della famiglia che dell’intera società secondo gli insegnamenti etici rivelati.
Secondo l’Islam non esiste il peccato originale e quindi l’uomo è fin dalla nascita
innocente ed in grado di perseguire il bene, compiendo le parole di Allah, di
promuovere la giustizia ed impedire il male: lo sfruttamento degli altri uomini e
l’accaparramento delle risorse elargite da Allah sottraggono l’uomo dalla sua
responsabilità di tutelare l’armonia del cosmo e vengono considerate un
tradimento della fiducia accordata da Allah all’umanità.
20
Il Corano, 2;110 www.ilcorano.it
30
1.4.3. Il pilastro della zakat: la funzione sociale della
ricchezza e del lavoro
La zakat assume un ruolo di particolare privilegio nello sviluppo del sistema
economico e finanziario islamico: essa è uno dei cinque pilastri dell’Islam,
promuove la solidarietà tra i musulmani e diffonde il senso di responsabilità
sociale della Ummah.
Se la preghiera rituale è espressione del legame verticale e diretto tra il credente e
Allah, la zakat è espressione del legame orizzontale tra i credenti ed alla base del
mumalah islamico che tratta delle relazioni economiche tra gli uomini. Essa
purifica le ricchezze del fedele e assume il ruolo di strumento economico di
circolazione del capitale, funzionale alla creazione di un ordine sociale giusto ed
etico. La zakat è considerata dall’Islam la trasposizione materiale al concetto di
tawhid in quanto determina la coesione della Ummah attraverso la realizzazione
della giustizia sociale.21
Figura 1.5. Finanza tradizionale e finanza islamica: il profitto
Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012
Dalla funzione sociale della ricchezza discende anche la funzione sociale del
lavoro: il lavoro è posto al servizio della comunità e quindi il profitto derivante
dall’attività lavorativa del credente non può prescindere da obiettivi di natura
21
G. Vercellin, “Istituzioni del mondo musulmano”, Einaudi, Torino, 1996
31
sociale ed etica. Si distinguono profitti derivanti da attività vietate o scollegate
agli obiettivi di sviluppo sociale, haram, con quelli derivanti da attività lecite e
auspicate: halal
Le buone azioni del fedele sono importanti per promuovere una società più giusta:
è secondo questa logica che la vita del Profeta Muhammad, descritta nella Sunna e
negli hadith, deve essere considerata come un modello e deve suscitare
ammirazione, ispirando il percorso da seguire nella vita di ogni giorno.
Il ruolo sociale della zakat è considerato fondamentale anche in tempi
contemporanei, come dimostra il fatto che essa rappresenta una specifica voce del
conto economico del bilancio delle banche islamiche.22
1.4.4 Il Maslahah e il pubblico interesse
Il termine “maslahah” può essere letteralmente tradotto come “pubblico
interesse”. Si tratta di uno degli aspetti fondamentali dell’intero sistema islamico,
sia in termini finanziari che giuridici. La legge islamica, infatti, deve essere
costruita in piena armonia e rispetto del concetto di interesse pubblico e di
Ummah fondata dal Profeta Muhammad.
La tutela del pubblico interesse è di fondamentale importanza per lo sviluppo del
sistema finanziario ed economico secondo la prospettiva islamica: i principali
divieti tassativi23 della riba, interesse, della speculazione e del monopolio sono
stati posti nel rispetto dei testi sacri al fine di tutelare gli interessi dei più deboli.
22
Nel corso della trattazione sarà evidenziato come il principio della zakat sia di grande
importanza per comprendere alcune importanti teorie finanziarie secondo la prospettiva islamica.
23
Come si evidenzierà nel corso della trattazione nella finanza islamica esistono degli elementi
quali ad esempio il gharar e il maysir che sono vietati solo se eccessivi.
32
1.4.5. Il divieto della riba
L’attività economica non è condannata dall’Islam, anzi è rispettata e promossa in
quanto professione svolta dal Profeta Muhammad prima della Rivelazione: ciò
nonostante la legge islamica, direttamente ispirata da alcuni versetti del Sacro
Corano e della Sunna, pone dei paletti alle modalità attraverso le quali l’attività
economica può essere svolta.2
La traduzione letterale del termine arabo “riba” è “aumento”, “accrescimento”,
“eccesso”, mentre la traduzione tecnica può corrispondere a “usura” o “interesse”.
Il divieto della riba è stato ampiamente trattato nel mondo islamico: si presuppone
che al tempo del Profeta Muhammad la riba non rappresentasse un semplice
interesse, piuttosto “il raddoppio della somma dovuta- capitale e interessi, in
denaro o altra natura-, nel caso che il debitore non fosse in grado di pagarla alla
sua scadenza” 24, ciò nonostante il consenso oggi prevalente è che la riba includa
qualsiasi forma di interesse.
Le scuole giuridiche islamiche hanno elaborato due nozioni di riba: la riba che si
riferisce a rapporti debitori o creditori, riba al-nas’iah , e la riba che si riferisce ad
uno scambio di beni o alla prestazione di servizi, riba al-fadl.
La riba al-nas’iah si riferisce al tempo concesso al debitore per ripagare il
prestito: la legge islamica vieta di fissare un rendimento sul capitale prestato ex –
ante ed in funzione del differimento temporale tra momento del prestito e del
rimborso. Il divieto della riba al-nas’iah si deve al fatto che il prestito ad interesse
non è né equo né giusto in quanto la moneta non è considerata riserva di valore,
ma mezzo di scambio e quindi genera valore non di per sé, ma solo se impiegata
in un processo produttivo o in una transazione e solo se abbinata al lavoro e
all’intelletto dell’essere umano. Appare evidente come le basi morali del divieto
della riba al-nas’iah siano da ricercare nei valori di sviluppo sociale promossi
dalla zakat e dalla visione islamica di lavoro e profitto.
La riba al-fadl trova le sue fondamenta in uno dei più noti hadith:
24
M. Rodinson, “Islam et capitalism”, Paris, Editions du Seuil, 1996. Trad. It. “Isam e
capitalismo”, Einaudi, Torino, 1968
33
“Vendi oro per oro, argento per argento, grano per grano, orzo per orzo, dattero
per dattero, sale per sale, nella stessa specie, nella stessa quantità, faccia a
faccia; se le merci differiscono puoi vendere come desideri, purché lo scambio sia
contestuale. Chi paga di più o riceve di più cade nel riba. Chi prende e chi riceve
è uguale”
Il principio della riba al-fadl riconosce che lo scambio di medesime merci debba
avvenire nella stessa specie, nello stesso ammontare e contestualmente. Non è
ammesso fissare oggi le condizioni ed il prezzo per una vendita futura, in quanto
questo potrebbe generare delle condizioni di non eticità: questa visione è alla base
della struttura degli strumenti derivati islamici.
I versi del Sacro Corano che vietano il ricorso alla riba sono quattro e gli studiosi
sono concordi sull’ordine cronologico secondo il quale sarebbero stati rivelati da
Allah. Si ritiene che il primo versetto ad essere stato rivelato sia quello della Sura
del Rum, che recita:
“Quel che voi prestate ad usura perché aumenti sui beni degli altri, non
aumenterà, presso Dio. Ma quello che date in elemosina, bramosi del Volto di
Dio, quello sì che vi sarà raddoppiato!”25
Il legame economico – morale tra il divieto della riba e l’etica sociale promossa
dalla zakat trova piena espressione nell’antitesi con la quale vengono descritti i
due tipi di aumento: l’aumento usurario, espressione dello sfruttamento dell’uomo
sull’uomo e l’aumento del premio concesso da Allah a chi versa l’elemosina.
Il secondo versetto in ordine cronologico è il versetto 161 della Sura al Nissa, che
recita:
“E perché han praticato l’usura che pure era stata loro proibita, per aver
consumato i beni altrui falsamente, e abbiamo preparato per i Negatori castigo
cocente.”26
Il terzo versetto che è stato rivelato esprime in maniera molto netta il divieto
dell’usura e si ritrova nella Sura al-Imran:
“O voi che credete! Non praticate l’usura, doppiando e raddoppiando, e temete
Dio sì che possiate essere felici.”27
25
Il Corano, 10;39 www.ilcorano.it
Il Corano, 6;161 www.ilcorano.it
27
Il Corano, 3;130 www.ilcorano.it
26
34
L’ultima sura apparsa è la Sura al-Baqara, seconda sura del Sacro Corano e
versetto singolo più lungo di tutto il testo sacro. La sua importanza è rafforzata
dall’affermazione del Profeta Muhammad secondo il quale “Satana scappa dalla
casa in cui si recita la Sura Al-Baqara”.
Essa è stata rivelata in occasione del Pellegrinaggio di addio del Profeta alla
Mecca ed esprime il divieto del ricorso alla riba in termini particolarmente forti:
“Coloro invece che si nutrono di usura resusciteranno come chi sia stato toccato
da Satana. E questo perché dicono: <<Il commercio è come la usura!>>. Ma
Allah ha permesso il commercio e ha proibito l'usura.
Chi desiste dopo che gli è giunto il monito del suo Signore, tenga per sé quello
che ha e il suo caso dipende da Allah. Quanto a chi persiste, ecco i compagni del
Fuoco. Vi rimarranno in eterno.
Allah vanifica l'usura e fa decuplicare l'elemosina.
Allah non ama nessun ingrato peccatore.
In verità coloro che avranno creduto e avranno compiuto il bene, avranno assolto
l'orazione e versato la decima, avranno la loro ricompensa presso il loro Signore.
Non avranno nulla da temere e non saranno afflitti.
O voi che credete, temete Allah e rinunciate ai profitti dell'usura se siete credenti.
Se non lo farete vi è dichiarata guerra da parte di Allah e del Suo Messaggero; se
vi pentirete, conserverete il vostro patrimonio.
Non fate torto e non subirete torto.
Chi è nelle difficoltà, abbia una dilazione fino a che si risollevi. Ma è meglio per
voi se rimetterete il debito, se solo lo sapeste!”28
Il divieto della riba viene giustificato in quanto limiterebbe la concentrazione
della ricchezza nelle mani di pochi, prevenendo le ingiustizie e nel contempo
promuovendo i principi di partecipazione al rischio e di profitto legittimo, halal.
Secondo alcuni studiosi il divieto della riba, strettamente ancorato al concetto di
partecipazione al rischio, si giustifica con il fatto che un tasso di interesse
predeterminato non rappresenta una “forma equa di transazione”29 quando i fini
sono produttivi: investendo denaro in presupposti produttivi non esiste certezza
28
29
Il Corano, 2;279-280 www.ilcorano.it
Vedi Council of Islamic Ideology (CII), 1980, pp 7 e 8.
35
circa il buon esito dell’operazione, ma anzi profitto e perdita sono equamente
probabili.
A differenza di altri divieti a contenuto economico il divieto della riba ha una
valenza assoluta nel sistema economico e finanziario islamico, influenzando
l’operatività delle istituzioni finanziarie e le possibilità di ricorso al capitale di
debito da parte delle imprese.
Il concetto di hiyal è fondamentale per comprendere come nella prassi si siano
potuti aggirare i rigorosi divieti del prestito ad interesse ed offrire alcuni degli
strumenti tipici del sistema finanziario islamico.
L’hiyal è un istituto, parte integrante della fiqh, che si riferisce all’impiego di
mezzi legali per fini extra – shariatici: questo sistema permette di raggirare le
disposizioni della Shariah, pur mantenendone il rispetto formale, in modo da
raggiungere uno scopo, che deve necessariamente essere legittimo, a soggetti che
si trovano costretti da condizioni oggettive ad agire contrariamente alla legge
islamica.
L’istituto dell’hiyal è controverso per i giuristi e i credenti islamici: ciò che ha
permesso lo sviluppo di strumenti finanziari basati sul debito attraverso il sistema
dell’hiyal è lo scopo “legittimo” della costruzione di un sistema finanziario basato
sull’etica islamica in modo da garantire adeguato livello di sviluppo e benessere
alla comunità musulmana, la Ummah.
1.4.6. I divieti del gharar e del maysir
Con il termine gharar si indica “incertezza” o “rischio”, mentre con il termine
maysir “speculazione”.
Il divieto del gharar si riferisce sia a situazioni di informazione incompleta che a
situazioni di mancanza di chiarezza in relazione all’oggetto o al prezzo di un
contratto o di uno scambio. Il rischio di incertezza viene contrastato dalla continua
ricerca di chiarezza e semplicità nei contratti islamici: secondo il pensiero
islamico, nonostante il gharar sia vietato solo se eccessivo, la ricerca di un livello
36
standard di chiarezza dovrebbe diminuire il rischio di incertezza nelle transazioni
economiche e finanziarie.
Il divieto del maysir si riferisce invece alla volontà di scommettere sul risultato
futuro di un evento.
A differenza del divieto della riba, che è condannato in maniera illimitata, il
gharar e il maysir sono condannati solo se rilevanti e questo perché possono
essere limitati attraverso adeguate informazioni ed analisi.
I divieti del gharar e del maysir influenzano direttamente il sistema assicurativo
islamico, il takàful che si basa sulla cooperazione e sulla mutua assistenza30. I
divieti del gharar e del maysir hanno inoltre un impatto diretto sull’utilizzo dei
contratti derivati.
1.5.
L’homo
islamicus:
per
uno
sviluppo
sostenibile
dell’Islam
Secondo gli economisti islamici ogni modello economico deve necessariamente
ispirarsi alla volontà divina riconoscendo la signoria di Allah, e rispettando la Sua
volontà, che è stata rivelata nel Sacro Corano e attraverso i profeti.
L’economia islamica mira a sostituire all’homo economicus dell’economia
neoclassica, spinto esclusivamente dal proprio interesse egoistico e personale, con
l’homo islamicus, il credente responsabile.
L’economista islamico Muhammad Chapra afferma:
“L’economia islamica si basa su un paradigma che ha la giustizia economicosociale come suo obiettivo primario […]. A differenza del paradigma secolare di
mercato, il benessere umano non è considerato dipendente soprattutto dalla
30
Anche il sistema mutualistico convenzionale non è considerato legittimo dalla Shariah: seppur
libero dal maysir, in quanto l’obiettivo non è il profitto, nel sistema mutualistico convenzionale
rimane presente l’elemento dell’incertezza, gharar. Per permettere una concreta operatività al
sistema assicurativo islamico la scuola malikita ha elaborato lo strumento di donazione, altabarru’, in modo da regolare il rapporto tra ogni singolo assicurato e il fondo mutualistico
secondo le norme della Shariah.
37
massimizzazione della ricchezza e dal consumo: richiede invece un equilibrato
soddisfacimento dei bisogni materiali e spirituali della personalità umana […].
Trascurare i bisogni spirituali o materiali impedirebbe il conseguimento di un vero
interesse.”31
Secondo il pensiero islamico la sconfitta della religione come forza sociale
collettiva avrebbe condotto al tramonto dei valori morali condivisi: la coscienza
individuale, unico arbitrio tra bene e male, non è ritenuta sufficiente per mediare
armonicamente gli interessi individuali e sociali. L’Islam non è tuttavia in
contrasto con la proprietà privata, con il libero mercato e con il profitto e risulta
compatibile con il capitalismo, nonostante alcuni elementi debbano essere riletti
secondo la prospettiva propria dell’Islam.
Il tema dello sviluppo sociale riveste un ruolo particolarmente importante nel
pensiero economico islamico, come evidenziato dai principi di zakat, tawhid e
Ummah. Secondo il pensiero islamico Allah, avrebbe creato ogni cosa nella giusta
quantità per soddisfare i bisogni umani: la scarsità delle risorse, principio fondante
dell’economia neoclassica, sarebbe il risultato dell’avarizia e dell’egoismo
dell’agire dell’essere umano.
Secondo il filosofo egiziano Hassan Hanafi32 la realizzazione di uno sviluppo
sostenibile, inteso in termini economici, sociali e morali, sarebbe la realizzazione
dell’imperativo divino “Il Regno dei Cieli è sulla terra.”.33
Perché lo sviluppo economico sia in armonia con la volontà divina esso deve
essere dinamico fino al Giorno del Giudizio e non deve avvenire a scapito delle
generazioni future della Ummah che viene intesa in senso atemporale: la
fratellanza fondata sulla fede impegna le generazioni presenti a non pregiudicare il
benessere di quelle future34, incontrando la definizione di sviluppo sostenibile
offerta dalle Nazioni Unite quale “forma di sviluppo che soddisfa i bisogni del
31
M. U. Chapra, “What is Islam Economics?” Islamic Development Bank, Islamic Research and
Training Institute, IDB Prize Winner’s Lecture Series n. 9
32
H. Hanafi, “Islam in the Modern World. Vol. I: Religion, Ideology and Development”, Kebaa,
2000
33
Idem
34
A.R. Yousri, “Islamic perspectives on sustainable development”, 5th International conference on
Islamic economics and finance, p 22-57
38
presente senza compromettere la possibilità delle generazioni successive di
soddisfare i propri”35.
Lo sviluppo sociale della Ummah viene tutelato attraverso le azioni dei singoli
fedeli, distinte nettamente tra azioni haram, vietate, e azioni halal, lecite.
A livello dottrinale, per gli islamisti il problema della scarsità delle risorse rispetto
ai bisogni della popolazione, è un problema dell’homo economicus tradizionale,
ma non dell’homo islamicus. Al contrario del pensiero capitalista, secondo il
Sacro Corano, Allah ha creato ogni cosa nella giusta quantità per soddisfare i
bisogni umani. Quindi la scarsità è frutto del comportamento umano e
dell’avarizia dell’accumulazione. Per questa ragione, l’homo islamicus, tenta di
superare il problema della scarsità delle risorse attraverso la rinuncia e il
comportamento altruistico, contrapposto al comportamento massimizzante
dell’homo economicus.
Il Sacro Corano nomina gli esseri umani come custodi di Allah nel mondo.
All’interno di questo mandato, la proprietà privata è consentita anche se ogni
attività patrimoniale detenuta da chiunque è da intendersi come un "prestito" da
parte di Allah stesso. Ne deriva che la gestione di ogni bene da parte dei
musulmani debba seguire una "guida “morale”, evitando i comportamenti vietati.
Secondo Warde la differenza tra Homo economicus e Homo islamicus risiede
nell’importanza che la società islamica attribuisce all’altruismo 36 , mentre
l’economista islamico Monzer Kahf pone l’accento sulla diversa prospettiva che
Islam e società occidentale hanno dell’utilitarismo37. Secondo questa prospettiva
lo studioso afferma che la prospettiva islamica dell’utilitarismo è limitata e monodimensionale 38 in considera il successo solo in termini economici. Secondo
35
www.treccani.it
“The most important difference between Homo islamicus and Homo economicus is the
assumption of altruism. As other pre-capitalist systems, Islam is preoccupied with the welfare of a
community where every individual behaves altruistically and according to religion norms”
Fonte: I. Warge, “Islamic Finance in the Global Economy”, Edinburgh, UK, Edinburgh University
Press, 2000, cit p.44
37
L'utilitarismo (dal latino utilis, utile) è una dottrina filosofica di natura etica per la quale è
"bene" (o "giusto") ciò che aumenta la felicità degli esseri sensibili.
38
M. Khaf “The Islamic Economy: Analytical Study of the Functioning of the Islamic Economic
System”, Planfield, Indiana, The Muslim Students’ Association of the United States and Canada,
1978
36
39
l’autore la prospettiva islamica di utilitarismo sarebbe caratterizzata da almeno
due elementi:
-
Il concetto di successo: il concetto del successo è strettamente legato ai
valori dell’Islam;
La variabile temporale del comportamento del consumatore: l’Islam
associa la fede in Allah direttamente con la fede dell’esistenza del Giorno
del Giudizio. Secondo questa prospettiva l’orizzonte temporale del
comportamento di un fedele musulmano si compone di due parti, una
immediata ed una che comprende l’Aldilà, akhirah. Ecco che il concetto di
utilità dovrebbe essere rivisto considerando gli effetti in termini di benefici
derivanti da entrambe le variabili nonostante alcuni di essi possano essere
goduti solo una volta conclusa la vita terrena.
Il Sacro Corano stesso esprime le considerazioni che il fedele musulmano
dovrebbe avere in riferimento al successo e all’interesse personale:
“Allah ha comprato dai credenti le loro persone e i loro beni dando in
cambio il Giardino, poiché combattono sul sentiero di Allah, uccidono e
sono uccisi. Promessa autentica per Lui vincolante, presente nella Torâh,
nel Vangelo e nel Corano. Chi, più di Allah, rispetta i patti? Rallegratevi
del baratto che avete fatto. Questo è il successo più grande.”39
39
Il Corano, 9;111 www.ilcorano.it
40
2. I VALORI ISLAMICI E IL
CONCETTO DI IMPRESA
Prima di analizzare le caratteristiche della corporate finance islamica è necessario
capire come la prospettiva islamica definisca l’attività imprenditoriale e come
l’ambiente culturale incida sui processi interni dell’impresa.
Si vedrà come la legge della Shariah e la morale islamica incidano non soltanto
sulle scelte strettamente finanziarie, ma su ogni processo aziendale, sulla cultura
aziendale e sugli aspetti di corporate governance e corporate social responsibility.
Nel contesto islamico azionisti, consumatori, imprenditori, manager e lavoratori
sono prima di tutto fedeli musulmani e sono sottoposti a norme etiche specifiche.
Esistono dei vincoli morali e dei valori ispiratori dell’agire economico che vanno
oltre il divieto della riba e i limiti finanziari imposti alle imprese islamiche dalla
legge della Shariah.
In un ambiente dove la cultura è così profonda e redicata come quello islamico,
caratterizzato da norme etiche standardizzate ed universali e che non si limitano
alla sola sfera personale, la considerazione puramente economica del profitto
risulta riduttiva. Secondo gli economisti islamici i valori propri dell’Islam sono
molto vicini alla corporate social responsibility intesa in senso tradizionale, ma
presentano comunque delle peculiarità specifiche.
2.1. La natura dell’impresa
Tutte le imprese presentano alcuni elementi comuni che sono diversi e
intercorrelati attraverso una complessa rete di relazioni e fanno dell’impresa un
<<sistema sociale aperto>>40: l’impresa è un sistema formato non soltanto dagli
elementi che lo compongono, ma anche dalle relazioni esistenti tra essi.
40
P. Pisoni in AA.VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996
41
Si può affermare che l’impresa è:
… un sistema (cioè un insieme di elementi integrati e interdipendenti) …
… economico (cioè finalizzato a soddisfare bisogni attraverso l’impiego di risorse
limitate) …
… aperto (perché in costante rapporto con l’ambiente esterno) …
… dinamico (in quanto sistematicamente in evoluzione).
Il sistema aziendale è costituito dall’elemento umano e dai mezzi tecnici.
L’elemento umano assume importanza nella formazione del valore aziendale e va
considerato in termini sociali, ossia in relazione ai gruppi di persone interni ed
esterni all’organizzazione che agiscono in modo coordinato.
Le relazioni tra l’azienda e l’ambiente generale ne evidenziano il carattere di sub –
sistema rispetto ad un insieme più ampio di valori e regole generali alle quali essa
non può sottrarsi se vuole assicurarsi la sopravvivenza. L’azienda intrattiene con
l’ambiente molteplici relazioni d’interscambio in quanto riceve dall’ambiente
molteplici input che trasforma e restituisce all’ambiente sottoforma di output. Gli
input che l’azienda riceve dall’ambiente possono essere distinti in fattori
produttivi, che vengono acquisiti attraverso scambi di mercato, e influssi
ambientali, che possono rappresentare dei vincoli o delle opportunità
all’operatività dell’impresa. All’interno del sistema azienda avviene un processo
di trasformazione al compimento del quale l’azienda è in grado di offrire
all’ambiente gli output: gli output possono essere prodotti e servizi, che vengono
collocati attraverso lo scambio di mercato, o possono essere di natura diversa,
come le innovazioni tecnologiche e i valori culturali.
L’ambiente generale è molto articolato e complesso e rappresenta il quadro di
riferimento per le aziende che operano nello stesso contesto territoriale.
L’ambiente generale è formato da sei diversi sottoinsiemi: l’ambiente fisico –
naturale, l’ambiente culturale, l’ambiente tecnologico, l’ambiente sociale,
l’ambiente politico – legislativo e l’ambiente economico41. L’ambiente specifico
si riferisce ai settori42 e ai mercati di attività43 dell’impresa.
1.
L’ambiente fisico-naturale è costituito da elementi naturali o artificiali che influenzano
l’operatività dell’azienda,
42
Figura 2.1. Il processo di trasformazione degli input dell’azienda
Fonte: AA.VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996
L’ambiente specifico si riferisce ai settori e ai mercati di attività dell’impresa.
La dinamicità dell’azienda deve garantirne la sopravvivenza sfruttando le
opportunità oppure nonostante i limiti derivanti dall’ambiente, sia esso generale o
specifico.
2.
L’ambiente culturale rappresenta il contesto culturale entro il quale l’impresa opera e
riguarda sia il livello di conoscenza che i valori che caratterizzano una determinata
società. Alcuni tra gli elementi più importanti dell’ambiente culturale sono il sistema
scolastico, il livello culturale (inteso come conoscenza) della popolazione, il tasso di
analfabetismo e i valori culturali propri della società;
3. L’ambiente tecnologico rappresenta l’insieme di conoscenze tecniche proprie di una
determinata società nel campo dei processi produttivi e dell’attività aziendale in generale;
4. L’ambiente sociale considera le caratteristiche di articolazione della società in gruppi e di
livello di mobilità sociale che possono avere riflessi all’interno dell’organizzazione;
5. L’ambiente politico-legislativo considera come il regime politico e l’ordinamento
giuridico del paese in cui opera l’azienda possano influenzarne l’operatività;
6. L’ambiente economico è rappresentato dal sistema generale dell’economia che regola la
vita di una determinata collettività. Gli aspetti principali dell’ambiente economico che
influenzano l’operatività delle imprese sono: la struttura economica del Paese, gli indici
fondamentali di situazione economica, la situazione finanziaria e monetaria il commercio
con l’estero e le forme di intervento dello Stato nelle attività economiche.
42
Il settore può essere inteso come aggregato di più imprese nei processi economici di
acquisizione dei fattori produttivi, nei processi economici di produzione di beni o servizi e nei
processi di distribuzione dei medesimi.
43
Il mercato di acquisizione considera il mercato del lavoro, il mercato delle tecnologie, il mercato
delle materie prime, il mercato delle energie e il mercato dei capitali: i mercati di acquisizione
sono importanti perché è da essi che l’impresa acquisisce gli input da trasformare in output
attraverso i processi di trasformazione.
I mercati di sbocco possono essere considerati sotto due accezioni: mercato come insieme di
scambi, e mercato come insieme di relazioni.
43
Il principale obiettivo dell’azienda è quello di essere competitiva nel tempo che
presuppone non soltanto il soddisfacimento dei bisogni del proprio target e lo
sviluppo delle proprie competenze distintive, ma anche il raggiungimento ed il
mantenimento di situazioni di equilibrio economico
44
, finanziario
45
e
patrimoniale46
Figura 2.2. Il sistema d’impresa nel suo ambiente
Fonte: AA.VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996
44
L’equilibrio economico esprime la relazione esistente tra flussi di costo e flussi di ricavo: il
flusso di ricavi deve essere duraturo ed in grado da una parte di coprire i flussi di costo e dall’altro
di garantire un’adeguata remunerazione ai soggetti il cui compenso è ancorato ai risultati aziendali.
Un particolare aspetto dell’economicità è rappresentato dalla redditività, quindi dalla capacità
dell’impresa di produrre redditi sufficienti per remunerare i portatori di capitale proprio dopo aver
remunerato tutti gli altri portatori di fattori produttivi, compresi i lavoratori e i portatori di capitale
di debito.
45
L’equilibrio finanziario riguarda la relazione esistente tra flusso di entrate monetarie e flusso di
uscite monetarie: le entrate monetarie possono essere originate dal flusso dei ricavi o
dall’assunzione di finanziamenti, le uscite monetarie sono generate dal rimborso dei finanziamenti.
L’equilibrio finanziario riguarda anche le caratteristiche degli investimenti e dei finanziamenti che
devono risultare omogenee e compatibili.
46
L’equilibrio patrimoniale è relativo alla provenienza delle diverse fonti di finanziamento: si
parla di impresa capitalizzata quando una parte consistente delle fonti è rappresentata da mezzi
propri e i mezzi di debito non sono che una componente residuale, mentre in caso contrario si parla
di azienda sottocapitalizzata.
44
2.2. L’impresa Shariah – compliant
2.2.1. Islam e attività imprenditoriale
In termini economici l’imprenditore è colui che detiene i fattori produttivi
attraverso i quali, insieme agli investimenti, contribuisce a sviluppare nuovi
prodotti, nuovi mercati o nuovi mezzi di produzione stimolando quindi la
creazione di nuova ricchezza e valore sottoforma di beni e servizi utili alla
società.47
L’importanza del ruolo attribuito all’attività economica, rappresentato anche dal
fatto che il Profeta Muhammad fosse un imprenditore prima di ricevere la
benedizione divina e che grazie alle qualità di businessman fondasse e sviluppasse
la Ummah,
mostra come la dottrina islamica incoraggi l’uomo ad avere un
atteggiamento positivo nei confronti del profitto e l’attività imprenditoriale in
quanto fonte di sviluppo economico e di benessere per la collettività, elementi
propri dell’ideale di fratellanza della Ummah.
In accordo con il principio di kalifah l’essere umano deve adoperarsi per far
fruttare i beni di cui Allah gli ha concesso vice reggenza e che si riferisce anche
alle qualità che caratterizzano ogni essere umano, comprese quelle imprenditoriali
e manageriali: secondo questo principio il buon musulmano deve sfruttare le
qualità donate da Allah in maniera etica e con l’obiettivo di generare ricchezza e
benessere per la collettività e con quello di onorare il nome di Allah in ogni azione
della vita quotidiana secondo il concetto di Ibadath.
Nell’Islam la motivazione che spinge l’imprenditore a svolgere l’attività
d’impresa si riconduce ai concetti di sottomissione e di khalifah che si trovano
47
L’art. 8082 c.c. italiano definisce l’imprenditore come «chi esercita professionalmente un'attività
economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi», distinguendo
tra imprenditore agricolo (art. 2135), imprenditore commerciale (art.2195) e piccolo imprenditore
(2083).
45
armonicamente integrati nel concetto islamico e totalitario di ricerca e di qualità,
l’Itqdan (Il Corano, 62; 9-1148)
Allah chiede al fedele di avere uno stile di vita halal e di cercarlo in ogni azione
della vita quotidiana:
Sotto il profilo economico la “ricerca” richiesta da Allah si configura come la
ricerca delle opportunità imprenditoriali che permettono di utilizzare le risorse
mezze a disposizione dell’umanità per migliorare il benessere della stessa.
Secondo la scienza economica il motivo che spingerebbe l’imprenditore ad
assumere il rischio di impresa è il profitto: secondo l’Islam il profitto è legittimo,
ma solo se ogni azione economica intrapresa non contenga gli elementi vietati
dalla Shariah ed abbia lo scopo primario di onorare Allah (Il Corano, 2; 27249).
Appare evidente come
non sia possibile nell’Islam tracciare una linea di
demarcazione tra la sfera religiosa e le altre sfere della vita del credente e come
anche ogni azione economica ed ogni processo interno all’attività di impresa deve
essere svolto secondo la volontà divina e con lo scopo primario di onorare Allah.
2.2.2. I limiti morali e i valori che condizionano l’attività
imprenditoriale islamica
L’imprenditore islamico deve essere prima di tutto un buon musulmano,
ispirandosi ai modelli di Allah e del Profeta Muhammad per gestire l’attività di
impresa nel rispetto della volontà divina.
Secondo gli economisti islamici ci sono cinque elementi che caratterizzano
dell’attività di un’impresa Shariah - compliant: profitto legittimo, verità, sincerità
e armonia tra morale ed attività d’impresa.
48
“O credenti, quando viene fatto l'annuncio per l'orazione del Venerdì, accorrete al ricordo di
Allah e lasciate ogni traffico. Ciò è meglio per voi, se lo sapeste. www.ilcorano.it
Quando poi l'orazione è conclusa, spargetevi sulla terra in cerca della grazia di Allah, e molto
ricordate Allah, affinché possiate avere successo.”www.corano.it
49
“E tutto quello che darete nel bene sarà a vostro vantaggio, se darete solo per tendere al Volto
di Allah. E tutto quello che darete nel bene vi sarà restituito e non subirete alcun torto.”
www.ilcorano.it
46
Se la teoria economica pone il profitto come obiettivo dell’impresa l’Islam traccia
una netta demarcazione tra attività economica lecita e non indipendentemente dal
livello di profitto che la seconda permetterebbe di ottenere. Secondo la dottrina
islamica l’imprenditore musulmano dovrebbe anche evitare di incorrere in attività
in cui il limite tra lecito e non è labile.
L’imprenditore musulmano deve tendere ad onorare Allah anche nella verità in cui
Egli dice il vero e comanda fortemente ai musulmani la verità in ogni parola. Nel
contesto islamico la qualità della verità è considerata una grande fonte di
reputazione sia per l’imprenditore che per il manager musulmano.50
Nel contesto islamico la qualità della sincerità nelle azioni quanto nelle intenzioni
è considerata particolarmente importante in quanto sono sincerità e devozione le
qualità indispensabili richieste al credente per raggiungere la perfezione nella
fede, ihsan.
L’attività di impresa deve essere svolta ricercando il giusto equilibrio tra profitto
economico e morale. La morale islamica è contraria ad azioni economiche che
considera anti – sociale e dannose per la collettività come il monopolio, l’usura e
la speculazione che vengono considerati uno sfruttamento dei bisogni e delle
angosce delle persone e quindi contrari agli ideali di fratellanza e solidarietà della
Ummah.
2.2.3. L’impresa islamica
Per analizzare l’operatività dell’impresa islamica è necessario innanzitutto
comprendere che, sebbene l’obiettivo del profitto sia considerato legittimo, esso è
subordinato al conseguimento di obiettivi sociali considerati di ordine superiore.
La legge della Shariah, unita alla volontà dei credenti di vivere anche la sfera
lavorativa da buon musulmano, vincola innanzitutto il business dell’impresa e
quindi le attività che essa può o non deve intraprendere.
50
L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone, ETAS,
2008.
47
È prima di tutto importante distinguere tra attività haram ed attività halal.
Le attività haram sono considerate vietate dalla legge della Shariah e non possono
essere intraprese dall’impresa islamica, sebbene possano essere economicamente
profittevoli; le attività halal, per contro, sono considerate lecite dal sistema
legislativo.
Le
attività
haram,
vietate,
sono
per
esempio
la
distribuzione/produzione di alcol, tabacco, armi, carne suina, pornografia, gioco
d’azzardo. Questo limite non è posto soltanto in riferimento ai prodotti e servizi
che l’impresa Shariah – compliant può offrire al mercato, ma ne influenzano
anche le scelte di investimento.
Riprendendo gli studi di Yusanto and Widjajakusuma51 l’economista indonesiano
Irawan Fabianto52 ha evidenzia come il core value di un’impresa islamica operante
secondo le disposizioni della legge della Shariah siano quattro: il risultato
economico, la crescita, la continuità e il volere di Allah, evidenziando la come la
fede islamica rientri anche nelle teorie economiche.
I primi tre obiettivi sono comuni alle imprese tradizionali, mentre il quarto è
specifico dell’impresa islamica e può essere compreso solo comprendendo fino a
quale livello di profondità i dettami del Sacro Corano e della Sunna sono
importanti per i credenti di fede musulmana, qualsiasi posizione essi ricoprano in
azienda.
L’impresa islamica è un sistema sociale che, come le imprese tradizionali, è in
costante relazione con l’ambiente generale e specifico che presentano alcune
caratteristiche particolari.
In riferimento all’ambiente generale è possibile notare come l’ambiente culturale,
l’ambiente sociale, l’ambiente economico e l’ambiente politico-legislativo
influenzino l’operatività dell’impresa.
L’ambiente sociale è permeato dai valori espressi dal credo islamico che non si
limitano alla sfera privata, ma richiamano il senso di collettività proprio della
Ummah. L’Islam si caratterizza per uno stretto rapporto tra la sfera dogmatica e
sociale e che quindi, a differenza delle religioni occidentali, anche la sfera
51
Yusanto, M. Ismail and Widjajakusuma, M. Karebet, “ Menggagas Bisnis Islami”, Jakarta:
Gema Insani Press, 2002
52
I. Febianto “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social Science,
2011
48
lavorativa è moralmente regolamentata dai valori del Sacro Corano e della Sunna,
valori che il buon musulmano porta con sé in ogni istante della vita e quindi anche
dentro l’azienda53
L’ambiente culturale inteso in termini di conoscenza e di scolarizzazione si
differenzia a seconda dei paesi islamici di riferimento e dal loro grado di sviluppo,
mentre inteso come insieme di valori sociali viene direttamente influenzato dai
dettami dei testi sacri. L’ambiente culturale, inteso come insieme di conoscenza,
grado di scolarizzazione ed insieme di valori sociali risulti particolarmente
importante all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche dove al management
non è richiesto solo di conoscere la materia finanziaria, ma anche i dettami dei
testi sacri in modo da garantire l’offerta di prodotti e servizi Shariah – compliant.
A tutela dell’eticità del sistema finanziario islamico, riconosciuto particolarmente
importante dalla legge della Shariah, ogni istituzione finanziaria si caratterizza
per
la
presenza
di
un
organo
specifico
della
cultura
islamica:
lo
ShariahSupervisory Board che ha il compito di garantire la legittimità degli
strumenti offerti dall’istituzione stessa.
L’ambiente politico-legislativo è influenzato direttamente dalla legge della
Shariah, ma presenta delle differenze a seconda del paese di operatività
dell’impresa. La realtà che si presenta è alquanto complessa. Da una parte questa
complessità risiede nelle differenze del vissuto storico dei singoli paesi, che hanno
portato in alcuni casi a un allontanamento tra sfera sociale e religiosa e dove,
sebbene la maggioranza della popolazione sia di fede musulmana, non viene
applicata la legge della Shariah 54 e dall’altra nel fatto che, sebbene il Sacro
Corano e la Sunna siano per i credenti di fede musulmana universali ed
atemporali, la presenza di diverse scuole di legge e il peso degli imàm nei paesi a
maggioranza sciita può portare gli esperti della legge, fuqahà’, a delle risoluzioni
diverse da paese a paese.
L’ambiente economico nei paesi dove vige la legge della Shariah presenta degli
aspetti di fondamentale differenza rispetto al sistema tradizionale. Anche in
53
Nel corso della trattazione si analizzeranno le conseguenze che la regolamentazione morale
dell’attività di impresa influenzi il processo decisionale del management islamico.
54
Si pensi, per esempio, allo Stato dell’Albania dove, sebbene la maggioranza della popolazione
sia di fede musulmana non viene applicata la legge della Shariah.
49
questo caso è necessario operare una distinzione sulla base del livello di sviluppo
del singolo paese. Nella maggioranza dei paesi sviluppati islamici è stato
introdotto il sistema bancario islamico fondato sul divieto della riba, del gharar e
del maysir e sostanzialmente diverso da quello tradizionale: in alcuni di questi
paesi il sistema finanziario tradizionale ed islamico coesistono, mentre in altri il
sistema è stato totalmente islamizzato. Nei paesi più poveri della realtà islamica è
in fase di sviluppo il sistema del micro-credito55 fondato dall’economista Premio
Nobel Muhammad Ibrahim Yunus che, a differenza del sistema bancario islamico
applicato nei paesi più sviluppati, applica il tasso di interesse. Sebbene questo
potrebbe risultare contrario al sistema Shariah – compliant56 esso si basa sul
principio di sviluppo sociale e di lotta alla povertà propri dell’ideale della Ummah
ed è rivolto agli imprenditori più poveri, che non presentano le caratteristiche per
rivolgersi né ai circuiti del credito tradizionali né a quelli sviluppati dalla finanza
islamica, con l’obiettivo di perseguire la lotta alla povertà.57
In riferimento a quanto suddetto è possibile concludere che la legge della Shariah,
accompagnata da un bagaglio etico proprio della società islamica, influenzi
l’operatività di dell’impresa in modo profondo, in relazione ai vincoli che essa
affronta, agli obiettivi di sopravvivenza e sviluppo che si pone l’organizzazione
islamica e agli strumenti a sua disposizione per raggiungerli.
L’impresa islamica non deve soltanto raggiungere l’obiettivo del profitto,
riconosciuto lecito, ma deve prima di tutto rispondere a degli obiettivi sociali
percepiti come prioritari: questo obiettivo non si raggiunge soltanto limitandosi ad
offrire prodotti e servizi halal, ma anche attraverso le modalità attraverso le quali
gli obiettivi aziendali vengono perseguiti.
La forte relazione esistente tra sfera dogmatica e sociale che caratterizza l’Islam
impone dei vincoli all’attività economica, oltre a quelli derivanti dalla proibizione
dell’interesse e dal limite all’indebitamento.
55
Il sistema del microcredito è stato fondato dall’economista Premio Nobel Muhammad Ibrahim
Yunus.
56
Inizialmente il micro-credito islamico è stato molto criticato dai fedeli islamici per
l’applicazione del tasso di interesse e per il ruolo di primaria importanza svolto dalle donne.
57
Per una migliore comprensione delle variabili socio-economiche di riferimento si veda la tabella
posta alla fine del capitolo che mostra i principali indicatori dei Paesi del MENA.
50
Il filtro morale imposto dall’Islam non si esplica soltanto nella sfera privata e
nella relazione tra il fedele ed Allah, ma riguarda ogni sfera del vivere islamico,
comprendendo anche i rapporti tra esseri umani e le azioni che potrebbero avere
effetti sulla collettività.
L’attività economica islamica risulta sottoposta a due vincoli: vincoli di ordine
finanziario e limiti morali richiesti all’imprenditore in quanto buon musulmano
che hanno lo scopo di guidare l’agire dell’essere umano nelle azioni della vita
quotidiana, comprendendo anche le azioni imprenditoriali, per onorare il volere di
Allah (Il Corano, 33; 2158)
Il Profeta Muhammad è conosciuto non soltanto per essere il messaggero di Allah,
il sigillo dei profeti, ma anche per le sue doti di uomo politico, di capo militare e
di buon businessman.
In ogni azione della vita quotidiana il buon musulmano deve ispirarsi al modello
di comportamento del Profeta Muhammad e nelle qualità di Allah stesso, espresse
nei “99 bellissimi nomi di Allah”. Sebbene le qualità espresse dai “99 bellissimi
nomi di Allah”59 evidenzino per l’Islam l’unicità della sua divinità, grazie dalla
quale Egli ha creato il mondo, il concetto islamico di ihsan spinge i fedeli a
compiere ogni sforzo per raggiungere la perfezione nella fede ispirandosi alle
qualità di perfezione di Allah.
Con specifico riferimento al mercato dei capitali l’impresa Shariah– compliant
dovrebbe adeguarsi ai limiti di capitalizzazione imposti dalla Shariah e rivolgersi
al sistema finanziario islamico, adeguandosi ai principi su cui esso si fonda.
Il mercato del lavoro risulta influenzato dall’intensità dell’ambiente culturale in
quanto caratterizzato da valori morali specifici della cultura islamica. Nella logica
islamica l’uomo non può essere considerato alla stregua degli altri fattori di
produzione in quanto beneficiario ultimo a cui deve indirizzarsi la produzione,
componente fondamentale dell’organizzazione islamica e khalifah di Allah: è
attraverso l’opera dell’uomo e la sua figura di vice reggenza che l’impresa
islamica opera in armonia con la volontà divina.
58
“Avete nel Messaggero di Allah un bell'esempio per voi, per chi spera in Allah e nell'Ultimo
Giorno e ricorda Allah frequentemente” www.ilcorano.it
59
Si veda l’allegato proposto alla fine del capitolo.
51
Le imprese islamiche, con particolare riferimento alle istituzioni finanziarie
islamiche, tendono ad assumere personale che presentano i valori morali islamici,
tanto di poter parlare di cultura islamica all’interno delle organizzazioni: la
Sulukiat, che fa diretto riferimento ai valori della Shariah.
Figura: 2.3. Anatomia dell’impresa islamica
Fonte: I. Febianto
Science, 2011
“Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social
La teoria islamica individua quattro output del processo di impresa60:
-
Profitto: l’obiettivo dell’impresa islamica non è semplicemente il livello di
profitto più alto in quanto tale profitto non deve derivare da attività vietate
e deve considerare anche elementi non materiali che possano danneggiare
o favorire lo sviluppo degli ideali di fratellanza e benessere sociale su cui
l’Islam si fonda.
-
Crescita: l’azienda islamica, come le aziende tradizionali, deve essere
competitiva cercando di garantirsi una crescita ed uno sviluppo stabile nel
tempo attraverso i profitti che il business dell’impresa è in grado di
generare. Questo processo di crescita deve tuttavia essere in linea con la
legge della Shariah.
-
Sopravvivenza: nel contesto islamico l’obiettivo di sopravvivenza
dell’impresa non può avvenire in contrasto con la legge della Shariah e
deve essere in armonia con la volontà dell’imprenditore musulmano di
soddisfare la volontà di Allah, comprendendo anche la vita nell’Aldilà.
60
I. Febianto “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social Science,
2011
52
-
Benedizione di Allah: la benedizione di Allah è l’obiettivo più importante
per ciascun musulmano, indipendentemente dal ruolo che egli svolge in
azienda. All’interno dell’organizzazione aziendale islamica ogni singolo
processo deve rispettare la legge della Shariah e deve essere orientato al
rispetto della volontà divina.
Se nell’economia occidentale l’obiettivo del profitto spesso non ha conosciuto
limiti, nel contesto islamico, sebbene l’obiettivo del profitto sia considerato
legittimo, è necessario che esso sia rispettoso della volontà divina e della legge
della Shariah. La promozione e la protezione del pubblico interesse diventano nel
contesto islamico i criteri guida dell’attività aziendale allo scopo di garantire un
profitto etico, ossia non in contrasto con gli obiettivi di interesse pubblico, in linea
con il valore sociale islamico del maslahah.
La morale islamica e la legge della Shariah non incidono soltanto sugli obiettivi
dell’impresa, per mezzo del divieto di intraprendere attività haram, ma incidono
anche sulle modalità con le quali l’impresa persegue i propri obiettivi di business
influenzando ogni processo interno all’organizzazione ed ogni sforzo aziendale.
Gli obiettivi aziendali che si riferiscono al raggiungimento ed al mantenimento di
situazioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale sono direttamente
influenzati dalla legge della Shariah.
-
L’equilibrio economico: sebbene la legge della Shariah non esclude
l’importanza del profitto, essa impone che i ricavi generati dall’attività
aziendale siano leciti sia in riferimento ai beni e servizi offerti, sia in
riferimento alle modalità attraverso le quali sono stati raggiunti gli
obiettivi di business dell’impresa;
-
L’equilibrio finanziario: i divieti della riba, del maysir e del gharar
pongono dei limiti alle scelte finanziarie dell’impresa. Lo sviluppo del
sistema finanziario Shariah – compliant ha l’obiettivo di rispondere ai
bisogni finanziari di imprese e privati escludendo elementi vietati dalla
morale islamica. Alle imprese islamiche è richiesto di rispondere alle
proprie esigenze finanziarie ricorrendo al sistema Shariah– compliant
53
piuttosto che a quello tradizionale limitando entro un determinato livello
alcuni dei principali ratio finananziari61.
-
L’equilibrio patrimoniale: l’equilibrio patrimoniale viene direttamente
coinvolto dal divieto della riba e dal limite di indebitamento imposto alle
imprese.
Nel contesto islamico assumono particolare importanza i sistemi di profit and loss
sharing che sono stati sviluppati come alternativa al sistema tradizionale e che
corrispondono a modelli di partnership. I sistemi di profit and loss sharing si
configurano come strumenti di finanziamento di equity ed hanno anche l’obiettivo
di promuovere la fiducia e la solidarietà sociale, in armonia con il modello ideale
della Ummah.
Figura2.4.
Caratteristiche del business: confronto tra impresa islamica e
tradizionale
Islamic
Trascendental Value
Here and hereafter
Profit and benefit (non material)
Growth, continuity, Allah blessing
High, business is part of worship to
Allah
Productive, manifestation as a muslim
Skillful, conseguences from obligation
as muslim
Trusty and responsible, ends does non
jusify the means
Halal (according to Shariah law)
Based on working agreement
Halal (according to Shariah law)
Fonte: I. Febianto
Science, 2011
Business
Characteristics
Foundation
Non islamic
Secularism (material value)
Motivation
Here in this world only
Orientation
Profit, Growth, Continuity
Work Ethos
High, business is only daily needs
Mental attitude
Skill
Trust
Capital
Human Resources
Resources
Productive and consumptive at the
same time, part of self actualization
Skillful, consequences from reward
and punishment motivation
Depend on the willingness of
individual (capital owner), ends justify
the means
Does
not care about Shariah
Based on working agreement based on
capital owner decisions
Does not care about Shariah
“Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social
Lo studioso Samir Abuznaid 62 individua alcune caratteristiche specifiche del
business islamico evidenziando in che modo esse debbano ispirarsi alla morale
islamica:
61
Il limite ai ratio finanziari è anche uno dei criteri quantitativi che vengono considerati dagli
indici di Borsa Shariah – compliant per decidere se includere o escludere un’azienda islamica,
nonché vengono applicati dai fondi islamici nella definizione delle politiche di investimento.
54
-
Funzioni manageriali: le funzioni del management prevedono la capacità
di affrontare le problematiche aziendali con l’intento di perseguire gli
obiettivi del business ispirandosi alla “Lista dei 99 bellissimi nomi di
Allah” (Il Corano, 7; 18063) e alle qualità che Egli ha trasmesso ai Profeti Il
modello proposto evidenzia come per il musulmano Allah sia il modello di
perfezione da seguire in modo da poter coniugare armonicamente la
morale islamica con le attività lavorative.
-
Organizzazione: tra le qualità riconosciute ad Allah ce ne sono alcune che
enfatizzano l’importanza dell’organizzazione tra le quali “Colui che
provvede”, “Colui che tutto osserva”, “il Ben Informato” (Il Corano, 72;
2864).
-
Decision making: anche in questo caso l’agire economico prende in
riferimento direttamente i testi del Sacro Corano (Il Corano, 28; 6865).
-
Controlling: le attività di controllo e valutazione delle performance sono
importanti per i risultati di ogni azienda. Il termine “al-raqib”, traducibile
con “Colui che veglia” è una delle qualità attribuite ad Allah (Il Corano,
22; 6166, 33; 5267 e 4; 168).
-
Risorse umane: l’aspetto delle risorse in un’azienda islamica risulta
particolarmente importante in quanto esse devono essere in grado di
comprendere la Shariah sono fondamentali per orientare gli obiettivi di
business: il capitale umano operante in un’impresa islamica dovrebbe
presentare le seguenti caratteristiche69: adeguata conoscenza della Shariah,
competenza nella materia aziendale specifica, onestà e fiducia , diligenza,
perseveranza e dedizione al lavoro.
62
S. Abuznaid, “Islam and Management: What Can be Learned?” Thunderbird International
Business Review, 2006
63
“Ad Allah appartengono i nomi più belli: invocateLo con quelli e allontanatevi da coloro che
profanano i nomi Suoi: presto saranno compensati per quello che hanno fatto.” www.corano.it
64
“Gli è ben noto tutto ciò che (li) concerne e tiene il conto di tutte le cose” www.corano.it
65
“Il Signore crea e sceglie” www.corano.it
66
“È così, poiché Allah fa entrare la notte nel giorno e il giorno nella notte, ed in verità, Allah è
Colui che tutto ascolta ed osserva” www.corano.it
67
“[…] Allah osserva ogni cosa” www.corano.it
68
“Uomini, temete il vostro Signore che vi ha creati da un solo essere, e da esso ha creato la
sposa sua, e da loro ha tratto molti uomini e donne. E temete Allah, in nome del Quale rivolgete
l'un l'altro le vostre richieste e rispettate i legami di sangue. Invero Allah veglia su di voi.”
www.corano.it
69
S. Najma, “Bisnis Syariah dari Nol”. Jakarta: Hikmah 2007
55
Il sistema islamico deve basarsi su elevati standard morali e quindi anche
sull’onestà: la legge della Shariah prevede che i contratti stipulati con i
dipendenti siano chiari nella definizione dei salari che corrispondano a dei
livelli minimi in modo da perseguire l’obiettivo di equità e giustizia
sociale proposto dal modello della Ummah.
-
Marketing management: gli aspetti del marketing management sono simili
al sistema tradizionale, sebbene la legge della Shariah pretenda un
maggior ricorso all’etica anche nella sponsorizzazione di prodotti e servizi.
-
Operation management: l’impresa islamica deve, come qualsiasi altra
impresa, migliorare la qualità dei propri prodotti e servizi ed investire in
innovazioni per essere competitiva. Nel contesto islamico la soddisfazione
etica dei clienti rispecchia la soddisfazione di Allah in quanto migliora la
qualità della vita della Ummah.
-
Financial management: la legge della Shariah permette le transazioni
economiche e finanziarie, eccetto quelle che includono i divieti della riba,
del gharar e del maysir. Un’impresa islamica deve perseguire i propri
obiettivi in armonia con la legge della Shariahe quindi finanziariamente
esiste il divieto di ricorso a strumenti che presentano un tasso di interesse,
considerato dalla Shariah un elemento distruttivo del benessere sociale. Il
sistema finanziario islamico ha sviluppato delle soluzioni alternative a
quelle tradizionali e che non includono l’elemento dell’interesse: queste
soluzioni si basano sullo schema del profit and loss sharing, cioè sulla
compartecipazione delle parti ai profitti e alle perdite generate dal
business.
Risulta evidente come in ciascuna attività dei processi di un’azienda islamica sono
presenti aspetti legati alla Legge della Shariah. Uno degli elementi caratteristici
del sistema impresa islamico è il “fiqh mumalah” letteralmente traducibile come
“regole comportamentali” imposte nel contesto aziendale al fine di regolare i
rapporti tra l’impresa e l’ambiente in armonia con la morale islamica.
56
2.3. La corporate finance secondo la teoria tradizionale
Per comprendere la corporate finance islamica è prima di tutto importante
comprendere cosa si intenda per corporate finance in senso tradizionale.
La corporate finance si occupa delle decisioni finanziarie che deve prendere
l’impresa70, degli strumenti e delle analisi tecniche e valutative a supporto delle
decisioni e Sebbene il termine possa trarre in inganno, la corporate finance non si
rivolge soltanto alle aziende costituite sottoforma di corporation in quanto tutte le
aziende devono finanziare la propria attività raccogliendo e procurandosi fondi.
All’interno delle società esiste un sistema normativo, la corporate governance, che
disciplina la relazione tra management e proprietari.
Secondo il modello del pentagono finanziario71, gli obiettivi dell’impresa sono i
seguenti tre:
-
Profit: si riferisce alla giusta remunerazione del capitale di rischio;
-
People: si riferisce alla valenza sociale dell’impresa;
-
Place: si riferisce alla posizione competitiva dell’impresa.
Gli obiettivi tradizionalmente attribuito alla funzione finanza è quello di creare le
condizioni finanziarie per sostenere la crescita a lungo termine dell’impresa
seguendo la volatilità dei mercati e quindi gestendo il rischio di mercato e il
rischio di impresa. La corporate finance intesa in termini tradizionali dovrebbe
considerare tre aspetti:
-
la capital structure, valutando gli effetti delle diverse forme di
finanziamento;
-
la corporate governance, che disciplina la relazione tra proprietà e
management ;
70
La corporate finance non si riferisce soltanto alle aziende costituite sottoforma di corporation,
ma a tutte le aziende in quanto ognuna di esse deve finanziare la propria attività raccogliendo fondi
e deve investirli in attività che generino valore.
71
Il modello del pentagono finanziario è conosciuto anche come “modello delle 3 P”.
57
-
la valuation, ossia la valutazione economica del capitale investito.
Da un punto di vista finanziario la corporate finance considera solo due tipi di
asset, quelli esistenti e quelli in crescita, e due tipi di passività, capitale a pieno
rischio e capitale di debito72.
Figura: 2.5. Il pentagono finanziario
Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Corporate Finance”, Isedi, Torino, 2012
L’obiettivo della corporate finance coincide con l’obiettivo di massimizzazione
del valore aziendale, che deve essere chiaro, misurabile e sostenibile.
Il valore preso a riferimento dalla corporate finance è la massimizzazione del
shareholder’s value in quanto il prezzo azionario è definito in maniera
inequivocabile e risulta immediatamente misurabile.73
Secondo la teoria tradizionale della corporate finance perché il metodo dello
shareholder’s value funzioni il sistema dovrebbe presentare alcune caratteristiche:
72
La prospettiva della corporate finance è diversa da quella dell’economia aziendale che considera
quattro tipi di asset e quattro tipi di liability.
Gli asset considerati sono: fixed asset, current asset, financial asset e intangibile asset. Le liabilty
considerate sono:current liability, equity, debt, others.
73
La teoria economica ipotizza che il mercato sia in grado di autocorregere i propri limiti e che sia
in grado di riconoscere nel prezzo del titolo azionario il reale valore dell’impresa.
58
-
perfetta simmetria tra impresa e mercato
-
allineamento tra interessi degli azionisti e management
-
assenza di rischi per terzi investitori
-
assenza di costi sociali prodotti dall’impresa
Figura 2.5. Le caratteristiche del sistema nelle relazioni tra impresa e
stakeholder
Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Corporate Finance”, Isedi, Torino, 2012
2.3.1. Verso una definizione di corporate finance islamica
Dall’analisi effettuata risulta evidente che la corporate finance non è inerente
soltanto alla struttura del capitale finanziario e agli strumenti a disposizione delle
imprese, che nel contesto Shariah – compliant risultano direttamente influenzati
dal divieto della riba, del gharar, del maysir e dell’indebitamento, ma anche al
concetto di valore di impresa, alle relazioni esistenti tra management e azionisti e
59
alla valenza sociale del capitale creato che deve essere in armonia con gli obiettivi
di sviluppo del benessere della Ummah.
Al centro dello studio si pone l’impresa nel suo obiettivo di massimizzazione del
valore creato, nelle relazioni che essa istaura con l’ambiente esterno e con il
mercato finanziario e nelle relazioni esistenti tra il management e i portatori di
capitali e interessi esterni.
Il sistema impresa è un sistema sociale fatto di relazioni interne, tra i membri
dell’impresa, ed esterne: in quanto sistema sociale l’impresa islamica viene
influenzata nella sua operatività dalla morale dell’Islam non soltanto in
riferimento alle relazioni esterne tra l’impresa e il mercato, ma anche in
riferimento alle relazioni interne all’impresa, al comportamento dei lavoratori e
del management e al concetto stesso di creazione di valore.
È importante comprendere come l’Islam e il Sacro Corano definiscano l’agire
economico, l’imprenditoria e il profitto lecito al fine di comprendere il concetto di
creazione di valore secondo la prospettiva islamica e come l’impresa strutturi i
processi organizzativi interni, nonché le scelte di investimento e di finanziamento
per raggiungere il fine della creazione di valore.
Le principali differenze tra un’impresa islamica e un’impresa tradizionale
risiedono nelle regole, nelle fondamenta e nell’essenza stessa delle attività di
impresa. Ogni azienda islamica, indipendentemente che si tratti di un’impresa
finanziaria, assicurativa o commerciale, deve rispettare ogni valore o regola
imposta dalla legge della Shariah.
Irawan Fabianto74 ha proposto un interessante modello che evidenzia come i valori
dell’Islam e la legge della Shariah incidano sull’interrelazione esistente nei
processi aziendali tra funzioni manageriali, corporate governance, corporate
culture e corporate social responsibility.
74
I. Febianto “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social Science,
2011
60
Figura 2.6. Shariahcompliant model of business entities
Fonte: I. Febianto
Science, 2011
“Shariah compliant model of business entities”, World Journal of Social
Il modello proposto può essere rivisto analizzando l’influenza che i valori della
morale islamica e lo sviluppo del sistema finanziario possono avere nelle relazioni
interne ed esterne dell’impresa:
-
Relazioni interne dell’impresa: l’impresa islamica persegue obiettivi che
vanno al di là della semplice massimizzazione del profitto. I manager
islamici devo ispirarsi alle qualità di perfezione di Allah e di leadership dei
profeti considerando che anche le qualità personali sono di proprietà di
61
Allah e sono state date loro in vice reggenza, in accordo con il principio di
khalifah.
La governance islamica, ossia quel processo di norme interne dell’impresa
che regola le relazioni tra management e proprietari, dovrebbe essere
caratterizzato da un minor conflitto di interessi in forza del fatto che
entrambe le parti hanno obiettivi che vanno al di là del profitto e che
convergono nella volontà di onorare Allah anche attraverso l’azione
economica. Uno degli aspetti principali della corporate finance nel
contesto islamico è la presenza dello Shariah Supervisory Board
all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche che ha il compito di
garantire agli investitori e alla società che i prodotti e i servizi finanziari
offerti dalle società siano Shariah– compliant.
I valori dell’Islam e i limiti imposti dalla Shariah all’attività economica
hanno diretto impatto anche sulle scelte finanziarie caratteristiche della
corporate finance. In termini di struttura finanziaria l’impresa islamica
deve ricorrere agli strumenti Shariah– compliant offerti dal sistema e deve
limitare il livello di indebitamento entro certi limiti. In termini di scelte
d’investimento l’impresa deve investire solo in attività halal: gli
investimenti in attività haram non sono consentiti anche nel caso in cui
garantiscano rendimenti più elevati. Alle imprese islamiche è anche
richiesto di limitare investimenti e utilizzo di strumenti finanziari in cui il
confine tra lecito e non lecito è labile. In termini di politica di dividendi
l’aspetto più importante riguarda il processo di purificazione dei dividendi:
agli azionisti è richiesto di eliminare la componente haram del proprio
dividendo e darla in beneficienza.
-
Relazioni esterne dell’impresa: le relazioni considerate sono quelle tra
l’impresa, l’ambiente sociale esterno, il mercato finanziario, gli azionisti e
i terzi investitori.
Per quel che riguarda la relazione tra impresa ed ambiente sociale esterno
assume rilevanza il concetto islamico di maslahah e l’obbligo dell’impresa
di agire nel rispetto del pubblico interesse.
62
Il mercato finanziario islamico riveste un ruolo di primissimo piano nello
sviluppo del benessere della comunità ed è importante in quanto motore di
innovazione in grado di permettere all’impresa di perseguire i propri
obiettivi di sopravvivenza, crescita e profitto in armonia con la morale
islamica e al fine di onorare la volontà divina. Il ruolo svolto dagli organi
che costituiscono il sovra sistema finanziario islamico, l’AAOIFI 75 ,
l’IFSB76, l’LMC77, l’IIFM78 e l’IRA79, risulta fondamentale per lo sviluppo
del sistema e il raggiungimento di obiettivi di concorrenzialità, efficienza e
completezza allo scopo di permettere a imprese e privati di incontrare
esigenze finanziarie e valori islamici.
Gli strumenti a pieno rischio islamici (equity) si basano sul principio del
profit and loss sharing, ossia della compartecipazione ai profitti ed alle
perdite e presentano delle caratteristiche diverse rispetto alle azioni
tradizionali.
La finanza islamica si sviluppa attorno ai divieti della riba, del gharar e
del maysir e ha sviluppato degli strumenti alternativi al debito tradizionale:
questi strumenti presentano un profilo di rischio – rendimento minore
rispetto agli strumenti di equity che si basano sul principio di
compartecipazione ai profitti ed alle perdite. Gli strumenti islamici
alternativi agli strumenti di debito si basano sul principio di mark – up, che
è considerato un profitto legittimo dalla Shariah, e si caratterizzano per
una stretto collegamento con asset tangibili. Accanto agli strumenti asset –
based del circuito bancario si è sviluppato negli ultimi anni anche lo
strumento dei sukuk, strumento di mercato che rappresenta l’alternativa
Shariah– compliant alle obbligazioni tradizionali. Nonostante i limiti
imposti dal divieto del gharar gli studiosi islamici hanno sviluppato anche
delle alternative islamiche ai derivati tradizionali allo scopo di permettere
75
Accounting and Auditing Organisation for Islamic Financial Insititutions. Ha il compito di
adattare gli standard contabili internazionali alla finanza islamica.
76
Islamic Financial Centre Board. Ha il compito di emanare principi guida compatibili con la
Shariahnel campo bancario, assicurativo e del mercato dei capitali.
77
Liquidity Management Centre. Ha la funzione di sviluppare il mercato interbancario islamico.
78
International Islamic Financial Centre. Ha il compito di sviluppare e sostenere il mercato
secondario islamico.
79
International Islamic Rating Agency. Si occupa del rating degli strumenti finanziari islamici.
63
alle imprese di proteggersi dal rischio limitando le possibilità di
speculazione.
Figura 2.7. Overview delle caratteristiche del sistema nelle relazioni tra impresa
e stakeholder nel contesto Shariah– complian
64
Fonte: Elaborazione propria
65
3.4. Islam e Corporate Social Responsibility
La definizione di Responsabilità Sociale dell’Impresa (CSR) del World Business
Council for Sustainable Development trova pieno riscontro nella prospettiva
islamica. Il WBCSD80 definisce infatti la corporate social responibility come “il
continuo impegno a comportarsi in maniera etica e a contribuire allo sviluppo
economico, migliorando la qualità della vita dei dipendenti e delle loro famiglie,
della comunità locale e in generale della società”81.
Secondo la prospettiva islamica l’obiettivo dell’impresa non è solo quello di
massimizzare il profitto, ma è quello di realizzare il massimo profitto possibile
rispettando i limiti dell’agire economico imposti dalla legge della Shariah e il
concetto di khalifah nel rispetto della veggenza data da Allah all’umanità.
Il filtro morale dell’agire dell’impresa islamica ha un duplice aspetto: da una parte
è la derivazione dell’educazione di ogni singolo musulmano che opera all’interno
dell’impresa, indipendentemente dal suo grado gerarchico, e dall’altra è una fonte
normativa esterna imposta dalla legge della Shariah al fine di rafforzare la morale
individuale e di garantire il rispetto dei dettati del Sacro Corano primi fra tutti i
concetti di fratellanza e solidarietà propri della Ummah. Questi ideali dovrebbero
influenzare le condotte dell’impresa nei confronti di tutti i portatori di interessi
comprendendo la definizione ampia di “società”, e il concetto di khalifah,
dovrebbe influenzare le scelte dell’impresa in riferimento allo sfruttamento delle
risorse e al rispetto per l’ambiente.
La teoria dell’impresa islamica pone l’obiettivo dell’imprenditore al di là della
semplice massimizzazione del profitto e considera anche la dimensione spirituale
propria del musulmano: l’imprenditore dovrebbe prima di tutto soddisfare i propri
bisogni spirituali, nella concezione temporale della vita terrena e dell’Aldilà, e
massimizzare il benessere attuale, limitato nel tempo, solo nel rispetto della legge
della Shariahe con l’intento ultimo di soddisfare la volontà di Allah in ogni
azione della vita quotidiana.
80
81
WBCSD è l’acronimo di “World Business Council Sustainable Development”.
www.wbcsd.ch
66
La corporate social responsibility sarebbe quindi compresa direttamente nella
funzione obiettivo dell’impresa islamica perché in perfetta armonia con alcuni dei
concetti fondanti della società islamica: la Ummah e il khalifah.
Secondo la prospettiva islamica non è accettabile un profitto che determini delle
esternalità negative nei confronti dei consumatori, degli azionisti e in generale
della società.82
La prospettiva islamica ammette che la massimizzazione del profitto sia un
obiettivo del business, ma non ammette che sia “l’obiettivo”: fattori quali elementi
morali, etici e sociali devono essere ricompresi nell’obiettivo stesso dell’agire
economico di imprese e imprenditori in considerazione dell’importanza che il
business riveste per lo sviluppo del benessere sociale della collettività.
La prospettiva islamica di corporate social responsibility deriva direttamente dal
concetti di “rububiya”, di “tazzkiyah” e di “amanah” considerati tra gli elementi
basilari del sistema finanziario islamico.83
Il concetto di rububiya si riferisce al dovere del musulmano di compiere ogni
azione con l’obiettivo di perfezionarsi per ottenere l’approvazione di Allah, il
termine tazzkiya si riferisce al miglioramento verso la perfezione richiesto ai
musulmani attraverso la purificazione delle loro azioni e le relazioni tra persone,
mentre il termine amanah può essere inteso in senso morale come l’obbligo verso
Allah che si traduce nel rispetto delle Sue parole e in tutto ciò che Lui ha creato.
82
“It is a well know fact that when managers try to maximize the profit of their shareholders, often
the cost of this maximization is paid by the consumers with high prices, or paid by the employees
through accepting lower wages. This has moral externality and negative impact on the working
conditions of the firm. Maximization of profit at the cost of social welfare is not acceptable and
not appreciate” T. Azid, M. Asutay e U. Burki, “Theory of the firm, management and
stakeholders: an Islamic perspective”, Islamic Economic Studies, Vol. 15, N.1, Luglio 2007
Fonte: A. Toseef, A. Mehmet, U. Burki, “Theory of the firm, management and stakeholeders: an
Islamic perspective”, Islamic Economic Studies, Vol. 15, n° 1, July 2007
83
K. Ahmad, “Economic Development in an Islamic Framework”, The Islamic Foundation,
Leichester, 1979
67
Allegato I: La lista de “I 99 bellissimi nomi di Allah”
Allah
Il Misericordioso
Il Compassionevole
Il Re
Il Santo
La Pace
Il Fedele
50
51
52
53
54
55
56
Il Custode
57 Al-Muhsî
Colui che tiene il conto (di tutte le cose)
Il Potente
Il Potente
58 Al-Mubdi'
59 Al-Mu'îd
Colui che palesa
Colui al quale tutto ritorna
Il Fiero
60 Al-Muhyi
Colui che dà la vita
Il Creatore
Il Plasmatore
61 Al-Mumît
62 Al-Hayy
Colui che dà la morte
Il Vivente
Colui che modella
63 Al-Qayyûm
Colui che sussiste da Sé stesso
Colui che perdona
Il Dominatore
Il Munifico
Colui che provvede
Colui che apre
Il Sapiente
Colui che contrae
64
65
66
67
68
69
70
Colui che trova tutto ciò che vuole
Il Glorioso
L'Uno
L'Unico
L'Assoluto, l'Eterno, l'Impenetrabile
Il Potente
L'Onnipotente
21 Al-Bâsit
Colui che espande
71
22
23
24
25
26
27
28
29
30
Colui che diminuisce
Colui che eleva
Colui che dà la potenza
Colui che umilia
Colui che tutto ascolta
Colui che tutto osserva
Il Giudice
Il Giusto
L'Amabile
72
73
74
75
76
77
78
79
80
31 Al-Khabîr
Il Ben Informato
81
32 Al-Halîm
33 Al-'Adhîm
Il Paziente
L'Immenso, il Sublime
82
83
34 Al-Ghafûr
Colui che perdona
84
35 Ash-Shakûr
Il Riconoscente
85
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
L'Altissimo
Il Grande
Il Custode
Colui che vigila
Colui che chiede il conto
Il Maestoso
Il Generoso
Colui che veglia
Colui che risponde
Il Largo (nel dare)
Il Saggio
L'Amorevole
Il Glorioso
Colui che resuscita
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
Allâh
Ar-Rahmân
Ar-Rahîm
Al-Mâlik
Al-Quddûs
As-Salâm
Al-Mu'min
AlMuhaymîn
Al-'Azîz
Al-Jabbâr
AlMutakabbir
Al-Khâliq
Al-Bâri'
AlMusawwir
Al-Ghaffâr
Al-Qahhâr
Al-Wahhâb
Ar-Razzâq
Al-Fattâh
Al-'Alîm
Al-Qâbid
Al-Khâfid
Al-Râfi'
Al-Mu'izz
Al-Mudhîll
As-Sami'
Al-Basîr
Al-Hâkam
Al-'Adil
Al-Latîf
Al-'Aliyy
Al-Kabîr
Al-Hafîdh
Al-Muqît
Al-Hasîb
Al-Jalîl
Al-Karîm
Al-Raqîb
Al-Mujîb
Al-Wâsi'
Al-Hakîm
Al-Wadûd
Al-Majîd
Al-Bâ'ith
Ash-Shâhid
Al-Hâqq
Al-Wakîl
Al-Qawîyy
Al-Matîn
Al-Walîyy
Al-Hamîd
Al-Wâjid
Al-Mâjid
Al-Wahid
Al-Ahad
As-Sâmad
Al-Qâdir
Al-Muqtadir
AlMuqaddim
Al-Muâkhir
Al-Awwal
Al-‰khir
Adh-Dhâhir
Al-Bâtin
Al-Waliy
Al-Muta'âliy
Al-Barr
At.Tawwâb
AlMuntaqim
Al-'Afuww
Af-Ra'ûf
Mâlik alMulk
Dhul Jalâli
wa-l-Ikrâm
Al-Muqsit
Al-Jami'
Al-Ghanîyy
Al-Mughnî
Al-Mâni'
Ad-Darr
An-Nâfi'
An-Nûr
Al-Hadi
Al-Badî'
Al-Bâqî
Al-Wârith
Ar-Rashîd
As-Sabûr
Il Testimone
Il Vero, la Verità
Il Garante, Colui che protegge
Il Forte
L'Irremovibile
Il Patrono
Il Degno di lode
Colui che fa avanzare
Colui che fa ritardare
Il Primo
L'Ultimo
Il Manifesto
Il Nascosto
l'Alleato, il Protettore
Colui che é cosciente di essere l'Altissimo
Il Caritatevole
Colui che accoglie il pentimento
Il Vendicatore
Colui che cancella (le conseguenza dei peccati)
Il Dolcissimo
Il Padrone del Reame
Colui che è colmo di Maestà e di Magnificenza
Colui che giudica alla bilancia
Colui che riunisce
Il Ricco, Colui che abbonda in ogni cosa
Colui che procura l'abbondanza
Colui che impedisce
Colui che nuoce
Colui che procura guadagno
La Luce
Colui che guida
Colui che crea perfettamente (ogni cosa)
L'Eterno
Colui che é l'Erede di tutto
Il Ben Guidato (da sé stesso) e che guida sulla retta Via
Il Paziente
Fonte: www.sufi.it
68
3. LA SULUKIAT E IL
MANAGEMENT SECONDO LA
PROSPETTIVA ISLAMICA
L’Islam si caratterizza per una stretta relazione tra la sfera dogmatica e sociale. Le
norme morali derivanti dal Sacro Corano e dalla Sunna sono considerate dai
credenti perfette e atemporali: esse guidano l’agire economico degli operatori e
costruiscono le basi delle norme comportamentali, fiqh mumalah,e della cultura
islamica, Sulukiat, che caratterizzano le aziende Shariah – compliant.
Come evidenziano Geert Hofstede, Gert Jan Hofstede e Michael Minkov 84
religione e Stato possono entrare in conflitto nel definire il cerchio morale della
società: ciò non accade nel caso dell’Islam dove religione e Stato coincidono. Lo
Stato stesso si fonda su norme di ordine religioso secondo le quali il capo effettivo
della comunità, legislatore, arbitro e giudice supremo è Dio, Allah.
3.1. Simboli, eroi, rituali e valori della cultura islamica
L’Enciclopedia Treccani definisce la cultura come “insieme delle cognizioni
intellettuali che, acquisite attraverso lo studio, la lettura, l’esperienza, l’influenza
dell’ambiente e rielaborate in modo soggettivo e autonomo diventano elemento
costitutivo della personalità, contribuendo ad arricchire lo spirito, a sviluppare o
migliorare le facoltà individuali, specialmente la capacità di giudizio”85.
Secondo Geert Hofstede, Gert Jan Hofstede e Michael Minkov la cultura è sempre
un fenomeno collettivo e dovrebbe essere distinta dalla natura umana e dalla
personalità in quanto viene appresa attraverso il vissuto personale e non è innata.
84
G. Hofstede, G.J. Hofstede e M. Minkov, “Cultures and organizations: software of the mind.
Intercultural cooperation and its importance for survival”, England, McGRAW-HILL Book
Company Europe, 2010
85
www.treccani.it
69
La natura umana viene ereditata attraverso i geni e pone le basi per il
funzionamento fisico e psicologico dell’individuo, mentre la personalità è una
caratteristica specifica dell’individuo solo parzialmente ereditata attraverso i geni
che viene influenzata dall’ambiente sociale e dalle esperienze personali.
Figura 3.1 I tre livelli di unicità del “mental programming”
Fonte: G. Hofstede, G.J. Hofstede e M. Minkov, “Cultures and organizations: software of the
mind. Intercultural cooperation and its importance for survival”, England, McGRAW-HILL Book
Company Europe, 2010
Secondo gli autori la cultura può esprimersi in modi diversi e viene influenzata da
quattro elementi:
-
I simboli: rappresentano gli elementi più superficiali della cultura e sono
parole, gesti, immagini o oggetti direttamente collegati al riconoscimento
dei membri di una cultura.
-
Gli eroi: sono persone contemporanee o storiche, reali o immaginarie che
posseggono o hanno posseduto delle caratteristiche riconosciute importanti
dalla cultura e che rappresentano modelli di comportamento.
-
I rituali: sono azioni collettive considerate essenziali dall’ambiente sociale
e culturale.
-
I valori: rappresentano gli elementi più profondi e radicati della cultura e si
occupano della differenza tra bene e male, giusto ed ingiunto, vietato e
lecito, naturale e soprannaturale, razionale e irrazionale, paradosso e
70
logica. I valori rappresentano gli elementi più profondi e radicati nella
della cultura in quanto sono costituiti dall’insieme di informazioni che i
bambini apprendono entro i dieci anni di età e che sono più difficilmente
modificabili.
Figura 3.2 Il diagramma della cipolla: manifestazione della cultura a diversi
livelli di profondità
Fonte: G. Hofstede, G.J. Hofstede e M. Minkov, “Cultures and organizations: software of the
mind. Intercultural cooperation and its importance for survival”, England, McGRAW-HILL Book
Company Europe, 2010
Il senso di appartenenza islamico nasce e si afferma con il nascere e con
l’affermarsi dell’Islam: la predicazione del Profeta Muhammad e le sue azioni
costituiscono valori fondamentali per la società islamica contemporanea.
Il Profeta Muhammad fondò la Ummah a Medina diventandone capo politico e
militare e sostituendo il senso di appartenenza basato sulle tribù e sul sangue con
quello basato sulla fede religiosa. Il senso di appartenenza della comunità islamica
risulta evidente ancora oggi e si esprime attraverso diversi elementi, primi fra tutti
il velo portato dalle donne musulmane e la lingua araba.
71
Il velo
86
portato dalle donne musulmane è una manifestazione visiva
dell’appartenenza alla fede dell’Islam mostrando come l’abbigliamento diventi un
preciso elemento di corrispondenza tra il mondo interiore e quello esteriore (Il
Corano, 24;3187). Per alcuni la prescrizione coranica dovrebbe essere interpretata
come un semplice invito alla modestia, mentre per altri il velo è una prescrizione
fondamentale del testo sacro in quanto afferma, implicitamente, l’identità
islamica.
La lingua araba risulta importante, quale elemento di appartenenza della cultura
islamica, in quanto il Sacro Corano è stato rivelato in arabo e viene in arabo
tramandato (Il Corano, 26;788). I musulmani di tutto il mondo studiano il testo
sacro nella sua lingua originale e pronunciano il nome di Dio in arabo: Allah.
Insieme alla lingua araba orale è possibile considerare anche la particolarità
dell’arabo scritto: il divieto di rappresentazione della divinità ha spinto i fedeli a
sviluppare una grafia che potesse ornare, insieme ai motivi geometrici tipici
dell’arte araba, i luoghi di culto.
Il termine Allah non indica una specifica divinità dell’Islam La traduzione
letterale del termine è “il Dio”: nella lingua araba l’unico articolo determinativo
esistente è “al”, che, ad eccezione di alcune specifiche regole grammaticali, viene
legato al sostantivo, mentre il termine “Ilah” significa “Dio”. Da un punto di vista
linguistico pronunciare Allah non è diverso dal pronunciare Dio in qualsiasi altra
lingua: nel contesto islamico assume rilevanza il proprio il fatto che i credenti
ritengono che il Sacro Corano sia stato dettato in lingua araba direttamente da
Allah e che debba essere letto e trasmesso nella sua lingua originale. Questo
86
Esistono diversi tipi di velo: l’hijab copre semplicemente i capelli, lo chador copre capelli e
corpo, il niqab compre corpo e volto lasciando una fessura all’altezza degli occhi e il burqa compre
completamente corpo e volto ed è caratterizzato da una griglia all’altezza degli occhi che dovrebbe
permettere la visibilità.
87
“E dì alle credenti di abbassare i loro sguardi e di essere caste e di non mostrare, dei loro
ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere una copertura fin sul petto e non
mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri.” www.ilcorano.it
88
“ In tal modo Ti abbiamo rivelato un Corano arabo, affinché tu ammonisca la Madre delle città
e coloro che [le abitano] attorno, e a finché tu avverta del Giorno della Riunione, sul quale non
c'è dubbio alcuno: una parte [di loro] sarà nel Giardino, un'altra parte nella Fiamma.”
www.ilcorano.it
Dove con il termine “la Madre delle città” si fa riferimento alla città della Mecca e all’Ègira del
Profeta Muhammad
72
aspetto risulta importante quale elemento che esprime il senso di appartenenza dei
fedeli musulmani.
L’appartenenza alla cultura islamica, e quindi alla Ummah, viene rafforzata
attraverso le azioni individuali o collettive, di cui i cinque pilastri dell’Islam
risultano i capisaldi.
I simboli principali della cultura islamica sono due: il minareto delle moschee (alminar) e la mezzaluna.
La moschea è un luogo sacro per i fedeli musulmani ed è la riproduzione, in scala
più vasta, della casa con cortile abitata dal Profeta Muhammad, e il minar è il faro
che la caratterizza. È dal minar che viene fatto il richiamo alla preghiera che
riunisce i musulmani cinque volte al giorno. Il minar è il simbolo dell’unicità di
Allah e ricorda la lettera alif, prima lettera dell’alfabeto arabo ed iniziale di Allah.
Al – minar significa “il luogo della luce”: la luce che si riflette sul minar metallico
ricorda Allah è la luce del cielo e della terra e che la moschea è il luogo in cui la
parola illumina l’anima dei fedeli.
La luna con la stella rappresenta il momento storico in cui è stato riconosciuto
l’Islam89 e con l’impero ottomano è diventato un simbolo della cultura islamica,
oggi rappresentata nella maggior parte delle bandiere nazionali dei paesi a
maggioranza musulmana. L’’immagine della luna rappresenta la luce della luna
crescente che illumina l’animo del fedele dall’oscurità dell’ignoranza e della
miscredenza. La luna ha un valore particolarmente importante nella cultura
islamica, come dimostrano il fatto che il calendario islamico, a differenza di
quello occidentale, si basi sul ciclo lunare, e che la mezzaluna sia il simbolo della
croce rossa islamica e che sia la punta del minar.
La stella a cinque punte rappresenterebbe invece i cinque pilastri dell’Islam.
Tra gli eroi della cultura islamica una posizione privilegiata occupa il Profeta
Muhammad. Egli è ritenuto un modello di comportamento per l’intera società le
cui azioni, raccontate negli hadith della Sunna, non sono soltanto prese a
riferimento dai fedeli musulmani, ma sono anche la seconda fonte del diritto
islamico. A differenza della natura divina che i Cristiani attribuiscono al Profeta
89
Una spiegazione scientifica sostiene che la falce e la stella rappresentino la congiunzione fra
Luna e Venere che si verificò all'alba del 23 luglio 610 che secondo alcuni è la notte in cui
il Profeta Muhammad ricevette la sua iniziale rivelazione da Allah.
73
Gesù Cristo, secondo i musulmani il Profeta Muhammad era un essere umano ed è
diventato un modello di perfezione per mezzo dell’illuminazione divina. L’Islam
non riconosce l’ereditarietà del peccato originale e considera ogni fedele in grado
di operare il bene e compiere la volontà divina ispirandosi alle qualità e alle azioni
del Profeta Muhammad e degli altri profeti.
I rituali individuali e collettivi principali della cultura islamica sono rappresentati
dai cinque pilastri dell’Islam.
La cinque preghiere quotidiane, sebbene possano essere anche private, vengono
spesso compiuta all’interno delle moschee, luoghi sacri e punto di incontro e
fratellanza tra i fedeli. A differenza delle giornate della domenica per i cristiani e
per il sabato per gli ebrei, il venerdì per i musulmani non è un giorno santo, ma il
giorno della preghiera collettiva in cui si richiede al fedele di avere un’adeguata
pausa pomeridiana per incontrarsi con la Comunità. Questi incontri quotidiani
rafforzano il senso di appartenenza della comunità e la vicinanza del fedele con
Allah.
Il digiuno nel mese del ramadan è un rituale che si compie una volta all’anno, nel
nono mese del calendario islamico lunare. È un importante momento di vicinanza
tra i fedeli che vengono accumunati dal sacrificio fisico che esso richiede: il
divieto di mangiare e bere inizia all’alba con il consumo di un pasto particolare
chiamato al-suhur e si protrae fino al tramonto quando il digiuno giornaliero viene
interrotto da un pasto chiamato iftar. Le notti del ramadan, tra il l’iftar e il suhur,
riuniscono famiglie e amici e sono caratterizzate da un clima di grande allegria.
La fine del ramadan è festeggiata in corrispondenza del primo giorno del decimo
mese del calendario islamico, sawwal, con l’Eid al – Fitr, probabilmente la festa
religiosa più importante della cultura islamica e che dura tre giorni. L’Eid al –
Fitr vede il ricongiungimento di amici e parenti, scambi di regali e grandi pasti in
famiglia.
L’hajj, il viaggio alla Mecca, è un rito collettivo fondamentale per la cultura
islamica che ogni credente dovrebbe compiere almeno una volta nella vita. Il
pellegrinaggio rappresenta il più grande ritrovo collettivo di credenti musulmani,
richiamando mediamente due milioni di fedeli, sebbene la città della Mecca abbia
posto dei limiti al numero dei pellegrini ammessi, ed esprime al massimo il senso
74
di appartenenza e di identità della comunità islamica in quanto la sacralità della
città comporta, così come per il territorio circostante Medina, l’interdizione per i
non musulmani. L’hajj è caratterizzato da un forte contenuto religioso e
dall’uguaglianza dei fedeli di fronte dal Allah rappresentata dal fatto che i
credenti, indipendentemente dallo stato sociale e dalla provenienza regionale o
etnica, sono vestiti da abiti sobri90, rappresentati da due pezzi di tessuto bianco
non cuciti, e compiono collettivamente gli stessi riti.
In riferimento ai valori culturali e all’importanza del loro apprendimento durante i
primi anni di sviluppo della personalità e della cultura, gli autori elaborano una
matrice che pone in relazione i valori e le pratiche, intese come insieme di
simboli, eroi e rituali, con gli ambienti sociali dell’educazione dell’individuo.
Il primo gruppo sociale di riferimento dell’individuo è la famiglia, seguita
dall’ambiente scolastico e lavorativo.
Figura 3.3. L’apprendimento di valori e pratiche
Fonte: G. Hofstede, G.J. Hofstede e M. Minkov, “Cultures and organizations: software of the
mind. Intercultural cooperation and its importance for survival”, England, McGRAW-HILL Book
Company Europe, 2010
90
Chiamati teli dell’ihrâm.
75
Nel
contesto
islamico
assume
rilevanza
il
ruolo
del
Sacro
Corano
dell’apprendimento di valori e pratiche.
-
La famiglia: ricorre al Sacro Corano per trasmettere all’individuo i valori
fondamentali del credo dell’Islam e nel contempo lo avvicina ai riti della
religione91.
-
L’ambiente scolastico: la lingua araba scritta è caratterizzata dall’assenza
di vocalizzazione 92 e gli istituti scolastici ricorrono al testo del Sacro
Corano per insegnarla in quanto unico testo della cultura musulmana
completamente vocalizzato. Accanto all’ambiente scolastico istituzionale è
possibile considerare anche le scuole islamiche che la quasi totalità dei
ragazzi frequenta nel doposcuola e che si basa sullo studio dei testi sacri.
-
Ambiente lavorativo: all’interno di un’azienda Shariah – compliant,
soprattutto nelle istituzioni finanziarie islamiche, il Sacro Corano viene
utilizzato allo scopo di rafforzare il senso di appartenenza dei credenti e
l’adesione alla cultura organizzativa della Sulukiat.
3.2. La cultura aziendale islamica
La cultura aziendale è un “insieme di valori e di idee che distinguono un’azienda
da tutte le altre, pur avendo in comune lo stesso ambiente che fa da
<<sfondo>>”.93
La cultura aziendale è un requisito fondamentale per lo sviluppo competitivo delle
organizzazioni aziendali, nonché per la corretta implementazione della corporate
governance e per lo sviluppo dei valori su cui si basa la corporate social
91
Un esempio è il digiuno quotidiano nel mese del ramadan condotto da i bambini di fede
musulmana che ha durata inferiore rispetto a quello degli adulti e che aumenta nel tempo fino a
raggiungere il massimo di durata nell’età adulta.
Un altro rito a cui partecipano i bambini musulmani maschi è il rito della circoncisione.
92
La lingua araba si caratterizza per la presenza di suoni vocalici lunghi e corti. I suoni vocalici
lunghi vengono scritti attraverso le lettere arabe “Alif”, che corrisponde alla lettera latina “a”, “ya”
che corrisponde alle vocali latine “i” e “e” e la lettera “wow” che corrisponde alle vocali latine “o”
e “u”. Quando il suono vocalico è breve al posto delle lettere arabe vengono posti dei simboli
grafici sopra e sotto la parola: questi suoni vengono pronunciati, ma non vengono scritti.
93
AA.VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996
76
responsibility. Essa è un insieme di valori condivisi che rappresenta una similare
percezione
da
parte
dei
membri
dell’organizzazione,
influenzandone
comportamento e motivazione.
Un’organizzazione aziendale che è in grado di mantenere una cultura aziendale
positiva trae diversi benefici: quando i lavoratori si identificano nella cultura
aziendale l’ambiente di lavoro tende ad essere più dilettevole, cresce la
soddisfazione dei dipendenti, l’abilità di lavorare in team, di condividere
informazioni e di sviluppare nuove idee.
Le teorie organizzative e manageriali si sono evolute nel tempo, anche grazie
all’evoluzione della concezione del lavoro e alla relazione tra lavoro, salario,
profitto ed efficienza. Dalle teorie classiche si è passati negli anni Venti dello
scorso secolo a alle teorie comportamentali, fino ad arrivare alla nascita della
scuola sistemica negli anni Duemila. La scuola sistemica ritiene che il manager
debba considerare l’azienda come operante in un sistema complesso costituito
dalle interrelazioni tra ambiente, input, processi ed output e a tal fine definire le
relazioni esistenti tra l’ambiente esterno e le parti dell’organizzazione, cogliere le
caratteristiche di tali relazioni e soprattutto coglierne lo scopo ultimo. Nel
contesto islamico risulta evidente come tutte queste componenti siano colme degli
elementi valoriali dell’Islam che hanno quindi influenza sulla cultura
organizzativa, sulle relazioni interne ed esterne dell’impresa e sullo scopo verso
cui vertono gli sforzi dei lavoratori e del management.
Nella cultura aziendale islamica, soprattutto in riferimento alle qualità che
dovrebbero caratterizzare la leadership, assumono particolare rilevanza i quattro
livelli di sviluppo spirituale94: imam, islam, taqwa e ihsan.
-
Imam: rappresenta il cuore della fede islamica che si esprime nel credo in
Allah e nel suo profeta e che è espresso dalla doppia testimonianza di fede,
sciahada, che è il primo dei cinque pilastri dell’Islam. Il primo livello
dello sviluppo spirituale islamico richiede al musulmano di considerare la
sua vita e le sue qualità appartenenti ad Allah, in accordo con il principio
di khalifah.
94
R. Beekun e J. Badawi, “The leadership process in Islam”, The Islamic Training Foundation,
1999
77
-
Islam: il secondo livello dello sviluppo spirituale islamico prevede che il
credente non soltanto riconosca la doppia testimonianza di fede, ma che
agisca per raggiungere l’armonia con Allah, con sé stesso e con il Suo
creato.
-
Taqwa: il terzo livello di fede prevede che ogni azione del credente sia
compiuta nel timore del giudizio di Allah (Il Corano, 16; 9095)
-
Ihsan: il terzo livello di fede si esprime nell’amore del credente in Allah e
nel suo creato e nella volontà di onorarlo in ogni azione quotidiana.
Secondo Khaliq Ahmad96 la cultura aziendale nel contesto islamico si caratterizza
per i seguenti aspetti:
-
Il principio del tahwid deve essere associato a quello di ibadat: il buon
musulmano deve vedere l’attività lavorativa come un’azione in onore di
Allah e come mezzo di ricostruzione dei valori fondanti della Ummah;
-
La cultura aziendale deve fondarsi sul principio islamico di fratellanza;
-
La cultura aziendale deve basarsi sui principi guida dell’Islam contrari alla
calunnia, alle maldicenze ed alle scorrettezze;
-
La cultura aziendale deve permettere lo sviluppo delle conoscenze dei
lavoratori, in accordo con l’importanza che la conoscenza riveste nel Sacro
Corano97.
L’autore evidenzia un insieme di valori su cui dovrebbe fondarsi lo sviluppo della
cultura aziendale nell’organizzazione islamica:
-
Ogni azione dovrebbe basarsi su un’intenzione dichiarata;
-
Ogni azione dovrebbe indirizzarsi alla ricerca di conoscenza e perfezione,
nel rispetto del concetto di Itqdan, nome indiretto di Allah che ne descrive
la conoscenza e la perfezione (Il Corano, 27; 8898 e 16;7499)
95
"In verità Allah ha ordinato la giustizia e la benevolenza e la generosità. Egli vi ammonisce
affinché ve ne ricordiate." www.corano.it
96
A Khaliq “Management from Islamic Perspective: Principles and Practices” Malaysia:
Research Center International Islamic University Malaysia, 2007
97
Il primo versetto del Corano spinge alla lettura del testo sacro al fine promuovere la conoscenza
dello stesso.
98
“E vedrai le montagne, che ritieni immobili, passare come fossero nuvole. Opera di Allah, Che
rende perfetta ogni cosa. Egli è ben informato di quello che fate!” www.corano.it
78
•
Le azioni dovrebbero essere praticate con l’obiettivo di acquisire
maggiori abilità ed efficienza, secondo il concetto islamico di
ihsan, ossia l’ambizione per ciascun fedele musulmano di
•
migliorarsi per raggiungere la perfezione nella fede, nel lavoro e
nelle relazioni sociali100.
•
L’ihsan è considerato dall’Islam il livello più alto di fede ed il più
vicino ad Allah ed evidenzia come il buon musulmano deve agire
sempre secondo la volontà divina.
-
Ogni azione dovrebbe essere intrapresa con il pensiero rivolto ad Allah e
alla Sua soddisfazione;
-
L’organizzazione aziendale islamica dovrebbe ispirarsi alle qualità di
Allah, al modello di uomo e businessman del Profeta Muhamamd e alle
parole dei testi sacri tutelando e promuovendo gli ideali di sincerità,
giustizia, verità e miglioramento continuo.101
-
Pazienza e perseveranza, in accordo con il concetto di sabr del Sacro
Corano (Il Corano, 2; 153102).
-
Moderazione, in accordo con i versetti del Sacro Corano che definiscono la
Comunità dei Musulmani come “la comunità del giusto mezzo” (Il Corano,
2; 143103 e 3; 110104).
-
Rispetto della parola data in accordo con i seguenti versetti del Sacro
Corano (Il Corano, 2; 40105, 2; 80106, 2; 100107 e 3; 76 – 77108):
99
“Non paragonate nulla ad Allah. Allah sa e voi non sapete.” www.corano.it
Il concetto di ihsan è stato introdotto dal Profeta Muhammad nel seguente hadith: “Onora Allah
come se Lo stessi vedendo. Ma se non riesci, allora ricorda che anche se tu non Lo vedi, Lui ti sta
osservando”
101
Questo aspetto è simile al kaizen giapponese, termine composto da kai (cambiamento,
miglioramento) e zen (buono, migliore).
102
“O voi che credete, rifugiatevi nella pazienza e nell'orazione. Invero Allah è con coloro che
perseverano.” www.corano.it
103
“La comunità musulmana è una comunità del giusto mezzo, che ordina il bene e proibisce il
male, e dunque infallibile” www.corano.it
104
“E così facemmo di voi una comunità equilibrata, affinché siate testimoni di fronte ai popoli e
il Messaggero sia testimone di fronte a voi” www.corano.it
105
“O figli di Israele, ricordate i favori di cui vi ho colmati e rispettate il Mio patto e rispetterò il
vostro. Solo Me dovete temere” www.corano.it
106
“Di' loro: “Avete forse fatto un patto con Allah? In tal caso Allah non manca mai al Suo
patto!” www.corano.it
107
“Ma come? Ogni qualvolta stringono un patto, una parte di loro lo infrange? In realtà la
maggior parte di loro non è credente” www.corano.it
100
79
-
Proibizione di amare in modo eccessivo la ricchezza, i beni terreni e il
potere. Il successo rappresentato solo dalla ricchezza e dai beni materiali è
limitativo secondo la prospettiva islamica in quanto non considera la
dimensione temporale dell’Aldilà. Il successo nella vita terrena, se c’è, è
dovuto alla volontà di Allah e non deve allontanare il musulmano dalla sua
fede (Il Corano, 63;9109)
Per costruire la cultura aziendale islamica è necessario che i dipendenti siano
orientati verso i valori etici più profondi dell’Islam e che diano priorità alla
società piuttosto che al proprio interesse personale.
Per sviluppare un’adeguata cultura aziendale l’azienda islamica dà molta
importanza all’aspetto della conoscenza dell’Islam. All’interno di molte istituzioni
islamiche110 si tengono delle discussioni spirituali che vertono sull’importanza dei
benefici che l’individuo e l’impresa ottengono dall’applicazione della morale
islamica all’interno dell’organizzazione.111
La cultura aziendale islamica fondata sui valori dell’Islam assume un ruolo di
primaria importanza specialmente all’interno delle istituzioni finanziarie, tanto da
assumere la denominazione specifica di “Sulukiat”.
3.3. La teoria del management secondo una prospettiva
islamica
Diversi studi hanno dimostrato come gli stili di leadership siano influenzati da
aspetti culturali.
108
“Chi invece è fedele ai suoi impegni e agisce con pietà, ebbene Allah ama i pii. In verità,
coloro che svendono a vil prezzo il patto con Allah e i loro giuramenti, non avranno parte alcuna
nell'altra vita. Allah non parlerà loro, né li guarderà nel Giorno della Resurrezione, non li
purificherà e avranno doloroso castigo.” www.corano.it
109
“O credenti, non vi distraggano dal ricordo di Allah i vostri beni e i vostri figli. Quelli che
faranno ciò saranno i perdenti” www.corano.it
110
Questo accade in special modo nelle istituzioni finanziarie della Malesia.
111
Le discussioni vengono tenute da individui esterni, gli ustaz, termine traducibile con “religioso”
o “guida spirituale.
80
Alcuni studi condotti da Randeree112 hanno evidenziato che i manager dei paesi a
maggioranza di popolazione musulmana prediligono uno stile di leadership di tipo
partecipativo: questo aspetto può certamente dipendere dall’influenza delle parole
dei testi sacri nella cultura della leadership islamica: le parole del Profeta
Muhammad incitano la comunità alla collaborazione ed al confronto per potersi
garantire l’Aldilà.
La parola “islam” significa sottomissione: secondo gli economisti islamici nel
contesto manageriale la sottomissione al volere di Allah si manifesta quando il
leader si ispira nelle azioni e nei propositi alle figure dei Profeti che sono stati
direttamente illuminati dalla perfezione divina113.
La teoria del management islamico pone particolare attenzione alla figura dei miti
del Sacro Corano: i manager islamici, in quanto leader, devono possedere delle
doti uniche di capacità manageriale ispirandosi alle qualità di Allah e a quelle che
Lui ha posto nei personaggi storici dei profeti114.
Gli studi condotti dagli istituti di ricerca e dagli organi di supervisione del sistema
islamico si ispirano principalmente alle doti che caratterizzano personaggi quali il
Profeta Muhammad e i profeti Giuseppe e Mosé, ma non mancano richiami a
personaggi non profetici e moderni quali ad esempio Malcom X115.
Il primo profeta considerato dalla teoria della leadership islamica116 è il Profeta
Muhammad che è conosciuto per le sue grandi doti di businessman e di leader
attraverso le quali, ispirato da Allah, ha fondato la società islamica, Ummah,
garantendo alla comunità un periodo di grande benessere. Altri importanti profeti
considerati dagli economisti islamici sono il profeta Giuseppe e il profeta Mosé. Il
profeta Giuseppe è un modello di ispirazione in quanto dopo essere stato venduto
112
K. Randeree, “An Islamic Perspective on Leadership: Qur’anic World View of the Qualities of
Leaders”, The Global Studies Journal, Volume 2, Number 1, 2009.
113
A.S. Abassi, K. Ir Rehman, A. Bibi, “Islamic Management Model”, African Journal of
Business Management, Vol 4 (9), pp 1873 – 1889, 4th August 2010
114
A differenza della religione cristiana i musulmani non credono nel concetto di ereditarietà del
peccato originale: fedele nasce come creatura perfetta di Allah e ha il compito di elevarsi nell’arco
della vita e attraverso ogni azione quotidiana prendendo come modelli di riferimento i profeti,
“eroi” di natura umana, e quindi vicini alle qualità dei credenti, la cui perfezione deriva dalla
benedizione di Allah.
115
R. Beekun, J. Badawi, “The Leadership Process in Islam”, The Islamic Training Foundation,
1999
116
K. Randeree, “An Islamic Perspective on Leadership: Qur’anic World View on the Quality
Leaders”, University of Oxford, UK, The Global Studie Journal, Vol. 2, No. 1, 2009
81
dai fratelli e grazie all’illuminazione di Allah, alle sue qualità manageriali e alla
sua integrità divenne governatore d’Egitto, mentre il profeta Mosé viene
apprezzato per la sua forza d’animo, il suo senso di giustizia e la sua continua
ricerca della conoscenza117.
Un interessante modello delle funzioni manageriali in un’impresa islamica che
evidenzia come la leadership islamica di tutte le funzioni interne all’impresa
debba ispirarsi alle qualità di perfezione contenute nella “Lista dei 99 Bellissimi
Nomi di Allah”118 è stato sviluppato da Abuznaid119.
Nel contesto islamico la figura del manager assume un duplice ruolo di leader e
servitore di Allah e per questo le sue qualità di buon musulmano incidono in
misura diretta sulla sua reputazione professionale, soprattutto nel contesto delle
istituzioni finanziarie islamiche che promuovono prodotti e strumenti Shariah –
compliant.
117
“Notably, by way of example, when the Profet Musa (pbuh) was asked by one of the Children
of Israel if he knew who the most knowledgeable person on earth, to which the Profet Musa (pbuh)
replied that he was, since, according to his knowledge, he was the most knowledgeable, being the
Profet and being imbued with knowledge of Allah. However, in response to this claim by Musa, it
was revealed to him by Allah that there was another man more knowledgeable than Musa.
Interestingly, Musa’s response gives a deep and profound lesson to contemporary leaders that the
Qur’an explains: << And (remember) when Musa said to his boy – servant “ I will not give up
(travelling) until I reach the junction of the two seas or (until) I spend years and years in
travelling”>> (Il Corano, 18; 60). Musa (pbuh) thus embarked upon an arduous journey to find
this more knowledgeable person so he could learn from him.”
K. Randeree, “An Islamic Perspective on Leadership: Qur’anic World View on the Quality
Leaders”, University of Oxford, UK, The Global Studie Journal, Vol. 2, No. 1, 2009
118
Si veda allegato al capitolo precedente
119
S. Abuznaid, “Islam and Management: What Can be Learned?” Thunderbird International
Business Review, 2006
82
Figura 3.4. Le funzioni manageriali basate sul modello “Allah Almighty Names”
Fonte: S. Abuznaid, “Islam and Management: What Can be Learned?” Thunderbird International
Business Review, 2006
Secondo alcuni studi condotti da Randeree120, il management dei paesi arabi si
caratterizza per un approccio maggiormente partecipativo, in accordo con le
parole del Profeta che spingono la Comunità al confronto e alla discussione
secondo principio islamico della Shura (Il Corano; 42;38121)
Diversi studi dimostrano che le qualità richieste al manager islamico sono ispirate
direttamente ai versi sacri e gli studiosi, nel definire e descrivere le qualità che un
manager islamico dovrebbe possedere, li richiamano in maniera esplicita. In
generale si riscontra un certo livello di accettazione verso le seguenti: giusto
120
K. Randeree, “An Islamic Perpective on Leadership: Qur’anic World View on The Qualities of
Leaders”, The Global Study Journal, Volume 2 1, 2009
121
“Coloro che rispondono al loro Signore, assolvono all'orazione, si consultano vicendevolmente
su quel che li concerne e sono generosi di ciò che Noi abbiamo concesso loro” www.ilcorano.it
83
equilibrio (Il Corano, 25;67 122 e 4;58 123 ), fiducia e responsabilità (Il Corano,
8;27124), onestà (Il Corano, 2;177125), rispetto per la parola data e le obbligazioni
assunte (Il Corano, 5;1126), onestà (Il Corano, 28;26127 e 12;46128), competenza,
ispirazione, pazienza (Il Corano, 32;24129) e umiltà.
Gli studi condotti da Abbasi, Rehman e Bibi130 evidenziano come i valori morali
dell’Islam spingerebbero il management islamico a prediligere un approccio
organizzativo di tipo olistico che consideri la natura di tutte le relazioni interne ed
esterne dell’impresa. Lo studio viene condotto analizzando come cinque diversi
stili di approccio manageriale sono presenti nella cultura islamica e come vengono
trattati nei testi sacri.
122
“Benedetti coloro che coloro che quando spendono non sono né avari, né prodighi, ma si
tengono nel giusto mezzo” www.ilcorano.it
123
“Allah vi ordina di restituire i depositi ai loro proprietari e di giudicare con equità quando
giudicate tra gli uomini. Allah vi esorta al meglio. Allah è Colui Che ascolta e osserva.”
124
“O voi che credete, non tradite Allah e il Suo Messaggero. Non tradite, consapevolmente, la
fiducia riposta in voi.“ www.ilcorano.it
125
“La carità non consiste nel volgere i volti verso l'Oriente e l'Occidente, ma nel credere in Allah
e nell'Ultimo Giorno, negli Angeli, nel Libro e nei Profeti e nel dare, dei propri beni, per amore
Suo, ai parenti, agli orfani, ai poveri, ai viandanti diseredati, ai mendicanti e per liberare gli
schiavi; assolvere l'orazione e pagare la decima. Coloro che mantengono fede agli impegni presi,
coloro che sono pazienti nelle avversità e nelle ristrettezze, e nella guerra, ecco coloro che sono
veritieri, ecco i timorati.” www.ilcorano.it
126
“O voi che credete, rispettate gli impegni.” www.ilcorano.it
127
“Una di quelle disse: <<O padre mio, assumilo: è davvero il migliore che tu possa assoldare:
è forte e fidato.>>” www.ilcorano.it
128
[Disse]: “O Giuseppe, o veridico, spiegaci [il significato] di sette vacche grasse che sette
magre divorano, e di sette spighe verdi e di sette altre secche. Ché io possa tornare a quella gente,
ed essi possano sapere.”
Questo versetto è associato alla caratteristica di onestà attribuita al profeta Giuseppe.
www.ilcorano.it
129
“E [finché] furono perseveranti e credettero con fermezza nei Nostri segni, scegliemmo tra loro
dei capi che li dirigessero secondo il Nostro comando” www.ilcorano.it
130
A. S. Abassi, K. Ir Rehman, A. Bibi, “Islamic Management Model”, African Journal of
Business Management, Vol 4 (9), pp 1873 – 1889, 4th August 2010
84
Figura3.5. Approccio manageriale di tipo olistico
Fonte: A. S. Abassi, K. Ir Rehman, A. Bibi, “Islamic Management Model”, African Journal of
Business Management, Vol 4 (9), pp 1873 – 1889, 4th August 2010
-
Participatory Approach: l’approccio partecipativo viene promosso dal
principio del confronto, Shura (Il Corano, 3;159131), che viene dichiarato
uno delle principali caratteristiche che dovrebbe possedere un buon
musulmano. Secondo la morale islamica questo è vero per tre motivi: è
ingiusto che una sola persona decida per situazioni che riguardino anche
gli altri, è ingiusto che un credente agisca in modo egoistico o arrogante ed
è importante che il credente abbia timore del giudizio di Allah e di dover
rispondere di decisioni errate da solo nel Giorno del Giudizio.
Il richiamo al principio della Shura è evidente anche negli hadith della
Sunna: il Profeta Muhammad ricorreva alla consultazione per decidere su
131
“È per misericordia di Allah che sei dolce nei loro confronti! Se fossi stato duro di cuore, si
sarebbero allontanati da te. Perdona loro e supplica che siano assolti. Consultati con loro sugli
ordini da impartire; poi, quando hai deciso abbi fiducia in Allah. Allah ama coloro che confidano
in Lui.” www.ilcorano.it
85
questioni che avrebbero coinvolto la Comunità e quando il giudizio
unanime non era possibile le decisioni venivano prese sulla base di una
maggioranza rappresentativa. Il periodo in cui visse il Profeta Muhammad
è ritenuto dai credenti musulmani un periodo di grande splendore e
benessere a dimostrazione di come le pratiche adottate dal Profeta siano
giuste e nell’interesse dell’intera società.
In termini manageriali l’approccio dovrebbe essere adottato al fine di
accrescere la soddisfazione delle parti coinvolte nell’organizzazione.
-
Systems Approach: l’approccio sistemico considera l’organizzazione
aziendale come un sistema generale costituito da parti interdipendenti
difficilmente scindibili: le interrelazioni esistenti fanno sì che ciò che
accade in un segmento abbia ripercussioni dirette o indirette sugli altri
segmenti dell’organizzazione.
Le caratteristiche dell’Islam sono coerenti con l’approccio sistemico.
L’Islam è una religione totalizzante la cui caratteristica principale è quella
di disciplinare non soltanto la dimensione morale dei credenti, ma
abbraccia ogni aspetto della vita quotidiana, della politica, della società e
della giurisprudenza. In molti paesi a maggioranza di popolazione
musulmana risulta difficile distinguere la dimensione che occupano la
società, la cultura e la religione perché presentano un altissimo livello di
intercorrelazione.
-
Gradualistic Approach: sebbene nella disciplina di alcuni divieti il Sacro
Corano si esprima in termini chiari e decisi, altri criteri sono stati introdotti
in modo graduale. Nell’ambito economico – finanziario è il caso del
divieto del maysir, gioco d’azzardo. Il gioco d’azzardo viene nominato per
la prima volta nel versetto 2; 219 132 del Sacro Corano: in questa
circostanza non viene pronunciato un divieto diretto nei suoi confronti, ma
il ricorso al gioco d’azzardo viene decritto in termini di minori benefici
rispetto ai vantaggi che comporta. Allo stesso modo l’Islam presuppone
132
“Ti chiedono del vino e del gioco d'azzardo. Di': <<In entrambi c'è un grande peccato e
qualche vantaggio per gli uomini, ma in entrambi il peccato è maggiore del beneficio!>>. E ti
chiedono: <<Cosa dobbiamo dare in elemosina?>> Di': <<Il sovrappiù.>> Così Allah vi espone
i Suoi segni, affinché meditiate” www.ilcorano.it
86
che, se necessario, anche le questioni aziendali vengano affrontate secondo
un approccio graduale.
-
Contigency Approach: si basa sul presupposto che non esista un rigido set
di regole applicabili a qualsiasi impresa e a qualsiasi contesto, ma che
l’approccio organizzativo debba essere flessibile in modo da poter
adeguatamente rispondere alle necessità dell’ambiente esterno.
Il contigency approach viene evidenziato dalle caratteristiche stesse che i
credenti musulmani attribuiscono al Sacro Corano. Secondo la religione
islamica il Sacro Corano è giusto e atemporale ed è compito della
Comunità islamica quello di conoscerlo e saperlo applicare all’evolversi
dei fenomeni sociali. È proprio attraverso una rilettura dei testi sacri alla
luce dei fenomeni della contemporaneità e della globalizzazione che si sta
sviluppando la finanza islamica.
-
Consistency Approach: per poter raggiungere gli obiettivi di profitto e di
sviluppo un’organizzazione dovrebbe poter contare su persone che operino
con perseveranza e che condividano gli obiettivi dell’organizzazione.
Sotto questa prospettiva sono molti i versi del Sacro Corano che spingono
alla perseveranza ed alla determinazione, ma è anche importante
sottolineare come nel contesto islamico il consistency approach trova un
fertile terreno di applicazione dato dal fatto che tutte le parti coinvolte
all’interno dell’organizzazione condividono oltre all’obiettivo del profitto
quello di rispettare i valori della morale islamica.
È possibile quindi concludere la cultura islamica, caratterizzata da simboli, eroi,
pratiche e valori, è totalizzante e radicata all’interno della società. Questo aspetto
non si limita soltanto alla definizione di un insieme di regole organizzative, ma
entra a far parte dei valori che guidano l’agire del management islamico, alle
qualità che ad egli sono richieste per la gestione del business. I valori dell’Islam
sono considerati i modelli a cui l’agire economico deve tendere e vengono
formalizzati anche attraverso le teoria manageriali sviluppati dagli studiosi di fede
musulmana.
87
4. LA CORPORATE
GOVERNANCE SECONDO LA
PROSPETTIVA ISLAMICA E IL
RUOLO DELLO SHARIAH
SUPERVISORY BOARD
4.1. Definizione di corporate governance
La corporate governance è sinonimo di governo, direzione e controllo della
società. Il modello di governance stabilisce i vincoli tra management, Consiglio di
Amministrazione e azionisti allo scopo di limitare i problemi generati
dall’insorgere di conflitti di interessi133 e varia in relazione al sistema finanziario
di riferimento.
La letteratura individua due tipi di sistemi finanziarie ed altrettanti modelli di
governance, sebbene esistano dei modelli ibridi.
I due tipi di sistemi finanziari sono il sistema bank – based dove i sistemi di
raccolta passano principalmente attraverso il circuito bancario, ed i sistemi market
– based, dove i sistemi di raccolta passano attraverso l’emissione di bond
societari.
La corporate governance ha il compito di regolare le relazioni intercorrenti tra:
133
All’interno della corporate governance il problema principale è il problema di agenzia che si
manifesta tramite selezione avversa (in questo caso l’asimmetria informativa precede la stipula del
contratto poiché l’agente mente o fornisce false informazioni sulle proprie conoscenze o abilità) e
azzardo morale (in questo caso l’asimmetria informativa segue la stipula del contratto e riguarda il
non rispetto del contratto fiduciario).
La delega del monitoraggio, soprattutto nelle società a proprietà diffusa, conduce al free – riding
problem (il monitoraggio reciproco ne riduce gli effetti): è possibile legare i compensi del
management al raggiungimento di obiettivi in modo da allinearne gli interessi con quelli degli
azionisti attraverso un sistema a compensazione variabile, ma ciò accresce la loro esposizione al
rischio.
88
-
Investitori: hanno una responsabilità limitata al capitale conferito ed
obiettivi di massimizzazione dello stesso. Eleggono i propri rappresentarsi
esercitando il diritto di voto ed hanno il potere di disciplinare il manager
che ha l’obbligo fiduciario di agire a tutela dei loro interessi.
-
Management: ha il compito di salvaguardare la capacità competitiva
dell’impresa ed agire nell’interesse degli azionisti.
-
Consiglio di Amministrazione: agisce come organo equilibratore e di
tutela della relazione tra proprietà e management.
Nonostante esistano dei modelli ibridi la letteratura individua due principali
modelli opposti di corporate governance: il modello anglosassone e il modello
renano.
Il modello anglosassone è tipico degli Stati Uniti e considera il mercato dei
capitali il mercato dei capitali il meccanismo migliore per combattere il conflitto
di interessi. Secondo questa prospettiva il frazionamento del capitale non permette
un accurato controllo del management che viene invece effettuato dal mercato
attraverso la negoziazione delle azioni. Si contraddistingue per una larga base
societaria ed una cultura aziendale rivolta al mercato per generare consenso sulle
performance della società ed attrarre capitali.
Il modello renano è tipico dei paesi europei, in particolar modo della Germania e
si fonda sulla ricerca di un compromesso tra i diversi portatori di interessi
attraverso le vie interne dell’organizzazione. Si contraddistingue per una ristretta
base societaria e per un orientamento verso chi già partecipa al capitale di rischio.
Dal punto di vista generale si possono identificare due diverse tipologie di
struttura degli organi societari: una struttura di tipo “one tier system” che prevede
un unico governo con funzioni di gestione e monitoraggio che è il Board of
Director e una struttura di tipo “two tier system” dove la responsabilità della
gestione compete al Management Board, mentre quella di controllo al Supervisory
Board.
89
4.1.1. La prospettiva islamica della corporate governance
La prospettiva islamica della corporate governance non si differenzia molto da
quella tradizionale in quanto anch’essa mira alla tutela degli interessi degli
stakeholder.
Nel contesto islamico, tuttavia, assume importanza il principio del tawhid che
comporta il rispetto della morale islamica anche nelle relazioni interne tra
manager e azionisti. Alcuni studiosi islamici hanno analizzato le differenze
esistenti tra la corporate governance intesa in senso tradizionale e la corporate
governance intesa in senso islamico sviluppando due modelli di corporate
governance Shariah – compliant.
Il primo modello di corporate governance islamica, il “Tahwin and Shura Based
Model”134 esamina il principio fondamentale del tawhid e quelli che da esso
derivano: il concetto di vice reggenza, khalifah, di fiducia, amanah, di giustizia
sociale ed equilibrio, al – adl wal ihsan.
Il tawhid è la base fondante dell’Islam e da esso derivano i principi su cui si basa
l’intero sistema finanziario Shariah – compliant che hanno ripercussioni anche
sulla corporate governance: giustizia, utilizzo delle risorse per scopi socialmente
responsabili135 e rispetto dei divieti imposti dai testi sacri alle attività economiche
e finanziarie.
Il principio della consultazione, Shura, è altrettanto importante nel contesto
islamico136 ed ha lo scopo di guidare la comunità verso la retta via perseverandola
dal peccato e garantendole la benevolenza di Allah. Secondo Chapra137, uno degli
economisti islamici di maggior importanza, la consultazione nell’ambito della
corporate governance islamica dovrebbe essere considerata un preciso obbligo in
quanto dà la possibilità a tutti gli stakeholder dell’impresa, e non soltanto ai
134
Z. Hasan, “Corporate Governance: Western and Islamic Perspective”, International Review of
Business Research Papers, Vol. 5 No. 1 January 2009, pp. 277 - 293
135
Secondo il principio islamico del khalifah le risorse naturali appartengono ad Allah e sono state
date agli esseri umani in vice reggenza. Gli esseri umani dovrebbero adoperarsi per un utilizzo
consapevole e socialmente responsabile delle risorse in quanto, a differenza della prospettiva
occidentale, esse non sono scarse, ma sono state date da Allah nella giusta quantità.
136
Un hadith del Profeta Muhammad recita “La mia comunità non concorderà mai su un errore”.
137
M. U. Chapra, “Islam and the Economic Challenge”, Liechester, The Islamic Foundation,
1992/1413 H
90
portatori di capitale proprio, di partecipare al processo decisionale attraverso la
rappresentazione degli azionisti che quindi non dovrebbero tutelare soltanto il
proprio interesse138. La posizione assunta dallo studioso, seppur possa agli occhi
delle teorie di mercato tradizionali apparire alquanto estrema, è in linea con la
considerazione che tutti i portatori di interesse in un’azienda islamica 139 ,
specialmente se si tratta di un’istituzione finanziaria islamica, sono accumunati da
un obiettivo primario rispetto al profitto, che è quello del rispetto della parola di
Allah. In queste circostanze gli obiettivi delle parti coinvolte dovrebbero
convergere verso un unico obiettivo primario e ridurre il rischio di interesse e i
problemi di agenzia.
Secondo quanto affermato da Hasan, l’approccio alla corporate governance
proposto attraverso il modello del “Tawhid e della Shura” rispecchia i principi
dell’Islam nella gestione dell’impresa, ma risulta di difficile implementazione.
Il secondo modello di corporate governance promosso dagli studiosi islamici,
soprattutto da Chapra e Ahmed140, rielabora il modello di corporate governance
europeo alla luce delle caratteristiche specifiche del contesto islamico. Secondo la
prospettiva islamica la corporate governance di un’impresa Shariah – compliant
non dovrebbe tutelare soltanto gli interessi dei portatori di capitale a pieno rischio,
ma di tutti gli stakeholder intesi nel senso più ampio del termine: alla luce di
questa considerazione il ruolo della corporate governance si allinea con quello
della corporate social responsibility.
Il secondo modello, conosciuto come “Stakeholder Based Approach Model”,
prende a riferimento i principi islamici del diritto di proprietà e degli accordi
contrattuali. Sebbene l’Islam riconosca il diritto di proprietà esso non può essere
utilizzato a piacimento in quanto, in accordo con il principio del khalifah, la reale
proprietà di tutte le cose appartiene ad Allah ed è stata donata agli esseri umani in
138
Z. Hasan, “Corporate Governance: Western and Islamic Perspective”, International Review of
Business Research Papers, Vol. 5 No. 1 January 2009, pp. 277 - 293
139
Si assume in questo caso che i portatori di interesse in un’azienda islamica (lavoratori,
investitori di capitale a pieno rischio e di capital di debito, management) siano credenti di fede
musulmana. Non è tuttavia necessario che ciò accada: si consideri ad esempio un investitore
occidentale che decida di investire in azioni Shariah – compliant allo scopo di diversificare il
proprio portafoglio.
140
M. U. Chapra, H. Ahmed, “Corporate Governance in Islamic Financial Institutions”, IRTI,
Jeddah, 2002
91
vice reggenza (Il Corano, 57;7141) che devono utilizzare i beni nel rispetto della
legge della Shariah. L’Islam riconosce il diritto di proprietà non soltanto alle
persone fisiche o giuridiche, ma anche allo Stato e alla società nel suo complesso
e quindi il diritto di proprietà di una persona, fisica o giuridica, deve essere
sfruttato in accordo con i diritti di benessere che l’Islam riconosce allo Stato e
alla società.
La disciplina dell’accordo contrattuale riveste all’interno del Sacro Corano una
grande importanza: ai musulmani è richiesto di essere delle persone oneste e di
tener fede alla parola data ed alle obbligazioni assunte (Il Corano, 5;1 142 ),
principio che si applica sia alle persone fisiche che giuridiche, allo Stato e alla
società intesa nel suo complesso. Secondo questa prospettiva il modello basato
sull’approccio di tutela degli interessi degli stakeholder spingerebbe le parti
coinvolte all’interno dell’impresa a rispettare i propri impegni e le obbligazioni
assunte (Il Corano, 8;27143) limitando il conflitto di interessi144:
-
lo Shariah Supervisory Board interno delle istituzioni finanziarie
islamiche dovrebbe agire nel benessere della comunità garantendo che i
prodotti e i servizi finanziari offerti siano Shariah – compliant;
-
il Board of Director delle imprese islamiche dovrebbe agire nella tutela
degli interessi non soltanto dei portatori di capitale a pieno rischio, ma nei
confronti di tutti i portatori di interessi, ivi compresa la società nel suo
complesso;
-
il management islamico dovrebbe rispettare gli obblighi e gli impegni che
il ruolo comporta agendo nella tutela degli interessi degli azionisti e degli
stakeholder in generale;
-
i lavoratori dovrebbero rispettare gli impegni contrattuali operando
diligentemente per la crescita e lo sviluppo dell’impresa e il benessere
della collettività.
141
“Credete in Allah e nel Suo Messaggero e date [una parte] di ciò di cui Allah vi ha fatto vicari.
Per coloro che credono e saranno generosi, ci sarà ricompensa grande.” www.ilcorano.it
142
“O voi che credete, rispettate gli impegni.” www.ilcorano.it
143
“O voi che credete, non tradite Allah e il Suo Messaggero. Non tradite, consapevolmente, la
fiducia riposta in voi” www.ilcorano.it
144
Z. Hasan, “Corporate Governance: Western and Islamic Perspective”, International Review of
Business Research Papers, Vol. 5 No. 1 January 2009, pp. 277 - 293
92
Figura4.1. Il modello di corporate governance islamico “Tawhid e Shura”
Fonte: Z. Hasan, “Corporate Governance: Western and Islamic Perspective”, International
Review of Business Research Papers, Vol. 5 No. 1 January 2009,
Un’importante critica alla distanza tra il modello teorico e l’applicazione dello
stesso è stata avanzata da Chapra145: secondo lo studioso la comunità islamica non
è oggi vicina all’Islam e ai suoi valori come lo era nel periodo classico e quindi,
seppur lo sviluppo di modelli di corporate governance Shariah – compliant sia
auspicato e necessario, è importante considerare anche il fondamentale contributo
che rivestono la regolamentazione e lo sviluppo di un mercato finanziario
islamico.
La maggior parte dei paesi arabi si caratterizzano per un orientamento di tipo bank
– based dovuto anche al fatto che il sistema di mercato islamico si è sviluppato
145
M. U. Chapra, “Stakeholders Model of Governance in Islamic Economic System”, Islamic
Economic Studies, Vol.11, No. 2, March 2004
93
solo recentemente e che anche il lancio sul mercato dei primi sukuk146, alternativa
islamica alle obbligazioni, è avvenuto ad uno stadio relativamente maturo della
finanza islamica. Questo aspetto avvicina il modello di governance islamico al
modello di governance renano.
Nelle istituzioni finanziarie islamiche, caratterizzate al loro interno dalla presenza
di un organo di supervisione della Shariah, la governance si avvicina al modello
anglosassone perché il principio di compartecipazione ai profitti ed alle perdite
(profit and loss sharing) su cui si basa il sistema finanziario islamico richiama
concettualmente l’azionariato diffuso.
4.2. L’aspetto peculiare della corporate governance nelle
aziende bancarie e nelle istituzioni finanziarie islamiche
Il sistema finanziario islamico viene definito “forbidden – based” in quanto si
sviluppa nel rispetto dei divieti posti dai testi sacri dell’Islam, Sacro Corano e
Sunna del Profeta Muhammad, a tutti quegli elementi che incidono sul settore
finanziario, primi tra tutti i divieti della riba, interesse, del gharar e del maysir,
eccessiva incertezza e speculazione, e delle attività haram, illecite.
Lo sviluppo del sistema finanziario islamico, nato nel 1963 con la fondazione
della prima banca islamica in Egitto, ha conosciuto negli ultimi decenni un
fortissimo sviluppo ed accanto al circuito bancario più tradizionale si sta
sviluppando, specialmente nei Paesi del Golfo, anche un robusto sistema di
mercato.
Uno degli aspetti peculiari che caratterizzano banche, fondi di investimento,
assicurazioni e in generale ogni istituzione finanziaria islamica è la presenza dello
Shariah Supervisory Board che, sebbene alcuni testi definiscono niente più di un
comitato etico, è la rappresentazione in termini finanziari moderni alla Shura,
ossia all’incentivo ricondotto al Profeta Muhamamd al dialogo ed al confronto
146
Il primo sukuk fu lanciato nel 1996 dalla società malese nazionale dei mutui Cagamas Berhad
per un valore di 50 milioni di dollari.
94
con cui la Comunità tutela la benevolenza di Allah e su cui si fonda il presupposto
giuridico dell’ijimà (consenso dei dotti).
Gli studi condotti da Zelizer 147 sul mercato dell’assicurazione sulla vita
evidenziano come lo stesso, negli ultimi duecento anni di analisi, si sia sviluppato
grazie al mutamento dei fenomeni sociali e culturali che hanno portato ad
un’accettazione della vita come merce di scambio. Allo stesso modo l’intero
sistema finanziario islamico si basa sul concetto di “legittimazione”: nel momento
in cui la finanza islamica si è concretamente sviluppata, seppur inizialmente in
maniera inefficiente e sub – ottimale rispetto alla finanza tradizionale, il settore
della finanza convenzionale ha iniziato ad essere considerato illegittimo da parte
dei fedeli di fede musulmana, che pur in passato erano ricorsi agli strumenti da
essa offerti.
Il ruolo dello Shariah
Supervisory Board rappresenta l’essenza del sistema
finanziario islamico in quanto ha il compito di assicurare l’integrità e la credibilità
delle istituzioni che offrono servizi e prodotti finanziari Shariah– Compliant148.
È compito dello Shariah Supervisory Board quello di garantire ai credenti
musulmani la legittimità degli strumenti finanziari a cui decidono di ricorrere e
questo aspetto, secondo la prospettiva della morale islamica, si traduce in ultima
analisi con il compito morale degli esperti di guidare i credenti nella via verso la
benevolenza di Allah.
Il rapporto di legittimità è anche inverso in quanto i credenti musulmani si
aspettano che i componenti dello Shariah Supervisory Board posseggano delle
doti uniche di professionalità e morale islamica.
Al fine di tutelare il ruolo che gli Shariah Supervisory Board assumono nel
contesto finanziario islamico e alla luce dei conflitti di interesse che possono
sorgere all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche sono state emanate delle
norme nazionali e internazionali. Attualmente queste norme non risultino
sufficienti per promuovere la finanza islamica nel suo obiettivo di sviluppo di un
147
V. A. Zelizer, “Vite economiche. Valore di mercato e valore della persona”, Il Mulino,
Bologna, 2009
148
M. A. Nadwi, “Analyzing the role of Shariah Supervisory Board in Islamic Financial
Institutions”, Working Paper Series, 1th February 2012
95
sistema finanziario Shariah – compliant che supporti lo sviluppo e il benessere
dell’umanità, ossia della Ummah intesa nell’accezione più estesa.
4.2.1. Il ruolo dello Shariah Supervisory Board interno alle
istituzioni finanziarie islamiche
Lo Shariah Supervisory Board è un organo indipendente caratteristico delle
istituzioni finanziarie islamiche che ha il compito di garantire che ogni prodotto e
servizio offerto al mercato sia Shariah
– compliant sia in riferimento alle
caratteristiche del prodotto o servizio specifico, sia in relazione alla legittimità
delle operazioni che hanno portato l’azienda nella possibilità di offrirlo alla
clientela.
Lo Shariah Supervisory Board ha il duplice ruolo di tutela della legittimità degli
strumenti finanziari e di promozione della finanza islamica: il rapporto di
interconnessione tra sviluppo teorico ed operativo dei prodotti caratterizzanti il
sistema finanziario Shariah – compliant è evidente se si considera come alcuni
degli studiosi più rinomati del panorama finanziario islamico compongono lo
Shariah Supervisory Board di diverse banche islamiche.
Lo Shariah Supervisory Board è costituito da studiosi esperti della materia
economico – finanziaria e della Shariah che appartengono alle diverse scuole
giuridiche sunnite e sciite presenti nel patrimonio culturale islamico. Questo
aspetto, in linea con i valori della morale islamica, genera però problemi in
termini di operatività in riferimento specialmente in termini di standardizzazione
dei prodotti offerti dalle diverse istituzioni finanziarie islamiche in relazione al
maggior o minor livello di conservatorismo che caratterizza le scuole a cui gli
esperti appartengono. Non di meno i componenti dello Shariah Supervisory Board
sono personaggi altamente specializzati e quindi in numero molto limitato: la loro
presenza in più Board evidenzia il rischio di incorrere in un conflitto di interessi
che dovrebbe essere limitato dalla loro indipendenza e, secondo la prospettiva
islamica, dal valore morale che essi sanno essere riconosciuto al loro operato.
96
Siagh 149 propone una matrice che descrive le determinanti dell’ambiente
intangibile ricorrendo a due dimensioni: il grado di influenza dello Stato e delle
sue istituzioni e il grado di influenza della religione.
Figura 4.2. Le diverse categorie dell’ambiente intangibile
Fonte: L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone,
ETAS, 2008
Lo studioso analizza il livello di religiosità della popolazione di Arabia Saudita,
Iran, Bahrain e Turchia e propone una descrizione del livello di conservatorismo
degli Shariah Supervisory Board.
-
Arabia Saudita e Iran: sono paesi dove l’ambiente intangibile è molto forte
e dove Stato e religione si confondono. L’Arabia Saudita è un esempio
emblematico perché è un luogo santo per l’Islam e la popolazione è
conosciuta per la sua grande religiosità. In questi paesi la vendita di alcol è
estremamente vietata, le donne non lavorano e le chiese non esistono.
I comitati della Shariah Supervisori Board delle istituzioni finanziarie
islamiche dell’Arabia Saudita e dell’Iran sono particolarmente severi e
conservatori e il ruolo che gli studiosi ricoprono nella società è molto
importante. In Arabia Saudita le banche islamiche consegnano
periodicamente le relazioni alla Saudi Arabian Monetary Agency (SAMA)
che ha la reputazione di essere estremamente severa.
149
L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone,
ETAS, 2008
97
-
Bahrain: è uno dei paesi più tolleranti della regione dove lo Stato
interviene solo per questioni inerenti il comportamento religioso della
popolazione. La vendita di alcol è libera, le donne possono lavorare,
esistono chiese e il turismo è molto sviluppato, nonostante la popolazione,
composta sia da musulmani sunniti che da musulmani sciiti, sia
particolarmente religiosa.
Gli ulema che compongono gli Shariah Supervisory Board del Bahrain si
caratterizzano per una educazione laica accanto a quella religiosa, che
tuttavia non contamina la loro conoscenza della Shariah , sebbene nel
panorama islamico essi non siano riconosciuti importanti come gli studiosi
dell’Arabia Saudita. La Bahrain Monetary Agency (BMA) è conosciuta
per essere la banca centrale più proattiva in termini di regolamentazione
delle banche islamiche e gioca un primo piano nella promozione
dell’AAOIFI150 in termini di emanazione di norme contabili.
-
Turchia: si caratterizza per un ambiente intangibile debole. Nonostante
storicamente si siano separati lo Stato dalla religione, arrivando a sostituire
i caratteri arabi con quelli latini, la popolazione non è meno religiosa che
in passato, ma gli ulema hanno perso la loro influenza.
A conclusione di questa analisi Siagh mostra una tabella riassuntiva che permette
di analizzare come distanza Stato – religione, religiosità della popolazione e
intensità dell’ambiente intangibile determino caratteristiche diverse in termini di
conservatorismo dello Shariah Supervisory Board, supervisione istituzionale e
ruolo degli intellettuali religiosi.
150
Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institutions
98
Figura 4.3. Classificazione dei paesi secondo l’intensità delle componenti del
loro ambiente intangibile
Intensità
dell'ambiente
Religiosità della
popolazione
Intellettuali
religiosi
Supervisione
istituzionale
Conservatorismo
del Comaitato
della Shari'ah
Distanza
Stato - religione*
Fattore d'intensità
Grado ( forte - medio - debole)
Arabia Saudita
Debole Forte
Forte
Forte
Forte
Doc. Int. Forte
Iran
Debole Medio
Forte
Forte
Forte
Doc. Int. Forte
Kuwait
Debole Medio
Medio
Medio
Forte
Doc. Int. Medio
Bahrain
Medio
Medio
Forte
Medio
Forte
Doc. Int. Medio
Emirati Arabi Uniti
Medio
Medio
Medio
Forte
Forte
Doc. Int. Medio
Malesia
Forte
Debole Medio
Debole Medio
Doc. Int. Debole
Debole Debole Medio
Turchia
Forte
Medio
Doc. Int. Debole
* Una breve distanza tra Stato e religione indicano che lo Stato e la religione sono confusi.
Fonte: L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone,
ETAS, 2008
4.2.2. Le caratteristiche dello Shariah Supervisory Board
Ad eccezione dell’Iran151 ogni istituzione finanziaria islamica deve dotarsi di un
comitato della Shariah interno il cui ruolo converge in attività che accertino ex –
ante ed ex – poste che le attività svolte dall’istituzione siano Shariah – compliant.
Queste attività riguardano: la certificazione della legittimità degli strumenti
finanziari offerti dall’istituzione attraverso l’emanazione di pareri legali, fatwa,
(controllo ex – ante), verifica della correttezza del processo decisionale (controllo
ex – poste), calcolo dell’ammontare di zakat destinata a pagamento, disposizioni
circa l’utilizzo di ricavi non Shariah – compliant 152 e definizione della
distribuzione di ricavi e spese tra azionisti e terzi finanziatori.
151
W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution
Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054,
November 2006
152
Secondo gli studiosi i ricavi da attività non Shariah – compliant devono essere identificati ed
attraverso il cosiddetto “processo di purificazione” dedotti dai dividendi e dalle plusvalenze e
donati in beneficienza.
99
La mancanza di standardizzazione che caratterizza i comitati della Shariah delle
istituzioni finanziarie islamiche è data anche dal fatto che non tutti i paesi in cui
operano queste istituzioni esistono delle norme nazionali che identifichino
chiaramente i compiti dello Shariah Supervisory Board. Un aiuto al superamento
del problema della mancanza di standardizzazione è il fatto che la maggior parte
delle istituzioni rispettino gli standard contabili emanati dall’AAOIFI153, seppur
questo non sia sufficiente ed il sistema finanziario islamico avanzando delle
soluzioni, tra cui l’esistenza di Shariah Supervisory Board esterni alle istituzioni
finanziarie.
Figura 4.4. Regolamentazioni e Shariah Supervisory Board interni
Country
Bahrain
SSB terms of
reference
a
SSB
SSB
SSB decision appointment
composition
making
a
a
unspecified and dismissal
SSB Fit and
Proper
Criteria
a
DIFC*
unspecified
a
a
a
a
Indonesia
unspecified
unspecified
a
a
a
Jordan
unspecified
a
a
a
a
Kuwait
unspecified
unspecified
a
a
a
Lebanon
unspecified
unspecified
a
a
a
Malaysia
unspecified
unspecified
unspecified
a
a
Pakistan
unspecified
a
a
a
a
Philippines
unspecified
unspecified
a
a
a
Thailand
unspecified
a
a
a
a
U.A.E.
unspecified
unspecified
a
a
a
* Dubai International Financial Centre
Source: Official Government websites and Central banks' Annual Repost
Fonte: W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution
Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054,
November 2006
In accordo con gli standard dell’AAIOFI le caratteristiche dello Shariah
Supervisory Board interno alle istituzioni finanziarie islamiche sono le seguenti
cinque:
-
Indipendenza dal management dell’istituzione finanziaria: i membri dello
Shariah Supervisory Board vengono eletti dal Board of Director, che
153
Il rispetto degli standard dell’AAOIFI non è obbligatorio se non in pochi paesi, concentrati
principalmente in Medio – Oriente. Il rispetto degli standard dell’AAOIFI è comunque
subordinato al rispetto degli standard nazionali e, là dove essi esistano e dovessero entrare in
conflitto con gli standard dell’AAOIFI, sono quelli nazionali a prevalere.
100
rappresenta gli azionisti. La loro indipendenza consiste anche nella
retribuzione fissa che deve essere pubblica e che viene definita su proposta
del management: in queste circostanze può sorgere un conflitto di interessi
interno che spinga il management ad influenzare le decisioni degli
studiosi. Questo conflitto di interessi, specifico del contesto finanziario
islamico, è conosciuto con il termine di “fatwa shopping” e dovrebbe
essere limitato dagli elevati standard etici dei membri dei comitati della
Shariah e dalla consapevolezza, sia dei membri che dello stesso
management, di quanto un comportamento contrario alla tutela della
morale islamica inciderebbe sulla loro reputazione. I membri dello Shariah
Supervisory Board hanno anche il potere di far dimettere il management
emettendo pareri negativi sul suo operato.
-
Riservatezza: i membri dello Shariah Supervisory Board entrano in
contatto con informazioni confidenziali e spesso fanno parte di più
comitati. Questa situazione genera un conflitto di interessi che richiede di
essere gestito con importanti doti di riservatezza. Per ridurre questo
conflitto di interessi sarebbe auspicabile che i membri dello Shariah
Supervisory Board non operassero all’interno di più istituzioni finanziarie
islamiche: le doti richieste in termini di conoscenza della materia
economico – finanziaria e della giurisprudenza commerciale islamica,
Fiqh al – muamalat, oltre a una profonda conoscenza della Shariah, fanno
però sì che siano presenti sul mercato solo un numero limitato di esperti
che devono necessariamente operare all’interno dei comitati di più
istituzioni finanziarie islamiche.
-
Competenza dei membri interni: data l’importanza del ruolo che gli
studiosi rivestono nella tutela, nella promozione e nello sviluppo del
sistema finanziario islamico, essi devono possedere delle doti uniche in
termini di competenza. Accanto alla conoscenza della materia economica e
commerciale appare chiaro come nel contesto islamico sia fondamentale
anche una profonda conoscenza della Shariah e nella giurisprudenza
commerciale islamica, Fiqh al – muamalat. Gli esperti che costituiscono i
comitati della Shariah delle istituzioni finanziarie islamiche appartengono
101
ad una delle diverse scuole giuridiche presenti nel contesto islamico e
questo genera seri limiti al sistema finanziario Shariah – compliant in
termini di comunicazione e di mancanza di standardizzazione.
-
Fermezza di giudizio degli studiosi: il compito dei membri dello Shariah
Supervisory Board è quello di garantire la tutela e di permettere lo
sviluppo del sistema finanziario islamico interpretando i testi sacri alla
luce delle necessità economiche e finanziarie moderne. La coerenza nelle
loro scelte, ma anche la loro capacità di comunicare con studiosi
appartenenti a scuole di pensiero diverse risulta fondamentale.
-
Divulgazione delle posizioni dei membri: le istituzioni finanziarie in
generale e quelle islamiche in particolare dovrebbero essere trasparenti.
Nel contesto islamico questa trasparenza dovrebbe necessariamente
comprendere anche le posizioni assunte, il processo di valutativo e le
fatwa emesse dai membri degli Shariah Supervisory Board. Ciò
nonostante diversi studi hanno dimostrato che il livello di disclosure
all’interno delle istituzioni finanziarie islamiche è inadeguato154.
In termini di indipendenza e riservatezza rimangono alcune lacune che possono
essere colmate attraverso una regolamentazione specifica, nazionale o
sovranazionale con lo scopo di identificare chiaramente i compiti e le
responsabilità dei membri dei Comitati della Shariah e di vietare il loro intervento
operativo al fine di ridurre il possibile insorgere di un conflitto di interessi.
È necessario garantire l’indipendenza dello Shariah Supervisory Board,
rafforzando gli strumenti di audit e controllo e garantendo agli studiosi una
remunerazione fissa che sia indipendente dalle posizioni che assumeranno durante
il processo decisionale allo scopo di ridurre il rischio del “fatwa shopping”.
154
Uno studio su 13 banche islamiche ha mostrato che solo 7 di esse rendevano l’annual report
accessibile al pubblico e 7 banche non davano informazioni sul background e le competenze dei
membri dello Shariah Supervisory Board. Di queste 13 solo due banche rendevano trasparenti e
accessibili le informazioni circa le fatwa che avevano legittimato l’offerta dei servizi finanziari e
solo 1 mostrava informazioni circa il processo decisionale degli studiosi.
Fonte: W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution
Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054,
November 2006
102
Pakistan, Tailandia e Malesia155 hanno emesso degli standard di governance, tra
cui l’obbligo di remunerazione fissa dei membri dello Shariah Supervisory Board,
che devono essere rispettati all’interno delle istituzioni finanziarie.
Gli standard di governance dell’AAOIFI 156 sono generalmente accettati dalle
istituzioni finanziarie islamiche che operano in paesi diversi. Secondo alcuni
studiosi potrebbe essere utile introdurre l’obbligo di rotazione periodica degli
Shariah Supervisory Board. Una parte degli studiosi islamici è contraria a questa
soluzione perché, se è vero che da una parte consentirebbe di ridurre il rischio di
conflitto di interessi, dall’altra renderebbe il processo decisionale ancora più
lungo, aumenterebbe il problema della mancanza di standardizzazione nelle
decisioni del Board e causerebbe l’insorgere del cosiddetto “rischio Shariah –
compliant” che si verificherebbe nell’eventualità che il nuovo Shariah
Supervisory Board giudicasse non legittimi strumenti finanziari approvati dal
precedente Board e già offerti al mercato.
Proprio alla luce di queste considerazioni alcuni studiosi avanzano una soluzione
intermedia che consisterebbe nel’obbligo di rotazione periodico non dell’intero
Board, ma dei suoi membri, attraverso un meccanismo a scaglie.
Gli obblighi di riservatezza sono stati rafforzati dall’emanazione, da parte
dell’AAOIFI, del “Code of Ethics for Accountants and Auditors of Islamic banks
and Financial Intitutions”.
Una delle principali cause della presenza di conflitto di interessi nelle istituzioni
finanziarie islamiche è la presenza degli studiosi in più Shariah Supervisory
Board dovuta alla mancanza di esperti competenti sia nella materia economico –
finanziaria che nella legge commerciale islamica e nella Shariah. Il ruolo che
svolge lo Shariah Supervisory Board è delicato perché se da una parte esso deve
garantire il rispetto della morale islamica in termini economico – finanziari,
dall’altra deve riuscire ad operare senza rallentare eccessivamente il processo
decisionale e danneggiare l’operatività della stessa istituzione finanziaria. Una
delle azioni che sono state intraprese all’interno delle stesse istituzioni finanziarie
155
Per il Pakistan si veda “Fit & proper criteria for appointment on Shariah advisors”, per la
Tailandia “Advisory Council of the Islamic Bank of Thailand” e per la Malesia “Guidelines on the
Governance of Shariah Committee for Islamic Financial Institutions”.
156
Gli standard di governance dell’AAOIFI si trovano in due regolamentazioni: “Governance
standard on the definition, appointment, composition and report of SSBs” e “Codes of Ethics”
103
islamiche riguarda l’offerta di formazione e certificazioni, che dovrebbe anche
essere implementata maggiormente a livello centrale ed universitario.
Si riporta una dichiarazione rilasciata da Sheikh Yaqubi che evidenzia quanto la
formazione degli stessi membri che oggi compongono gli Shariah Supervisory
Board sia stata in passato importante e quanto gli sforzi di standardizzazione
compiuti dalle Banche Centrali e dall’AAOIFI, sebbene non sufficienti, appaiano
comunque evidenti:
“Al principio dell’industria bancaria islamica, molti specialisti della Shariah non
avevano familiarità con le tecniche bancarie e non sapevano l’inglese. I consigli
della Shariah potevano avere punti di vista diversi per ciò che concerne la
medesima transazione, presentata a diverse banche. Oggi le cose sono cambiate. I
membri dei comitati della Shariah sono più competenti. Sono specialisti della
Shariah che hanno, inoltre, studiato in Occidente. Costoro hanno dottorati in
economia, finanza, diritto, ecc. Le università islamiche hanno formato dottori
nelle differenti materie come il settore bancario, le lettere di credito, le garanzie,
ecc. Inoltre per mezzo dell’AAOIFI gran parte del lavoro di standardizzazione è
stato realizzato. Se esistono ancora differenze, esse sono minori. Ciascun membro
di un comitato della Shariah ha il proprio modo di pensare. I membri
appartengono a diverse scuole di pensiero religioso, ma ciò non ha un grande
effetto sul lavoro. Allo stesso modo, se esistono diversità d’interpretazione, ciò
può anche essere dovuto al ruolo in cui la direzione presenta la transazione al
comitato della Shariah.
Io penso che ora ci sia una grande uniformità grazie al lavoro compiuto
dall’AAOIFI e dalla Banca Centrale del Bahrain (BMA). Nell’esercizio del suo
ruolo di supervisione, la BMA chiede ai revisori di verificare che le banche
rispettino gli standard dell’AAOIFI.
In ogni modo, ciascuna banca ha le sue particolarità e all’interno del Fiqh vi sono
differenze. Le differenze esisteranno sempre.”157
La trasparenza delle istituzioni finanziarie islamiche dovrebbe essere migliorata
soprattutto considerando quanto il parere degli esperti dello Shariah Supervisory
157
W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution
Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054,
November 2006
104
Board sia importante per rafforzare la fiducia degli investitori, soprattutto di fede
musulmana, nei confronti di un sistema finanziario islamico che sia rispettoso
dell’etica della Shariah.
La seconda funzione degli Shariah Supervisory Board è quella di ricerca in
materia economico – finanziaria. Accanto agli sforzi compiuti dai Board delle
istituzioni finanziarie islamiche esistono importanti centri di ricerca, localizzati
specialmente a Jeddah, Pakistan, e nei Paesi del Golfo, che hanno contribuito allo
sviluppo del sistema finanziario islamico.
Figura 4.5. Il contesto in cui opera lo Shariah Suopervisory Board all’interno
delle istituzioni finanziarie islamiche
Fonte: “Shariah Governance Framework for Islamic Financial Institutions” Bank Negara
Malaysia, Central Bank of Malaysia, 26th October 2010
4.2.3. Il ruolo degli Shariah Supervisory Board esterni alle
istituzioni finanziarie islamiche
Accanto agli Shariah Supervisory Board interni alle istituzioni finanziarie
islamiche, sta nascendo l’esigenza di fondare degli Shariah Supervisory Board
centralizzati che possano limitare il problema della mancanza di standardizzazione
105
delle posizioni assunte dagli studiosi e limitare il possibile insorgere di un
conflitto di interessi tra gli studiosi e il management.
I Comitati della Shariah centralizzati hanno il compito di monitoraggio ex – ante
in termini di interpretazione delle disposizioni della Shariah, di monitoraggio ex –
poste in termini di rispetto delle procedure valutative nel processo decisionale e di
arbitraggio in caso di disputa tra i membri degli Shariah Supervisory Board.
Accanto allo sviluppo di Comitati della Shariah centralizzati diversi studiosi
ritengono che si dovrebbero sviluppare anche delle agenzia di rating Shariah –
compliant con il compito di contribuire al monitoraggio della corporate
governance interna alle istituzioni finanziarie islamiche: lo sviluppo di agenzie di
rating atte a supervisionare l’operato degli Shariah Supervisory Board è però
limitato dai pochi incentivi economici nell’intraprendere questo tipo di
specializzazione e dalle lacune di competenza in materia.
A parte paesi come la Malesia, il Pakistan e il Kuwait, che hanno fatto importanti
passi avanti in tal senso, lo sviluppo di organi di supervisione degli Shariah
Supervisory Board esterni alle istituzioni finanziarie islamiche non è diffuso.
Un contributo importante alla supervisione dell’adeguatezza del processo
decisionale degli Shariah Supervisory Board può essere dato dallo sviluppo degli
indici di mercato Shariah – compliant che valutano, attraversi opportuni criteri di
valutazione sia qualitativi che quantitativi, il livello di Shariah – compliance delle
imprese e delle istituzioni finanziarie islamiche.
La maggior parte degli studiosi islamici concorda con il fatto che gli organi di
auditing esterni ed interni alle istituzioni finanziarie islamiche dovrebbero
coesistere ed operare in maniera complementare, sebbene non necessariamente
prevedano l’istituzione di un vero e proprio Shariah Supervisory Board a livello
centrale. In tal senso il monitoraggio ex – ante rimarrebbe una funzione peculiare
degli Shariah Supervisory Board, mentre la complementarità si eserciterebbe in
termini di monitoraggio ex – poste: i comitati di audit interni dovrebbero
continuare la loro attività di controllo, mentre i comitati di audit interni
dovrebbero poter indipendentemente esprimere opinioni favorevoli o contrarie
circa il livello di Shariah – compliance all’interno dell’istituzione finanziaria.
106
Secondo altri studiosi sarebbe necessario considerare anche come la finanza
islamica si sta sviluppando a livello globale e quindi cercare di implementare un
sistema di standardizzazione internazionale delle fatwa emesse dagli Shariah
Supervisory Board: questa posizione ha però ricevuto molte critiche da parte degli
studiosi stessi che manifestano il proprio desiderio di indipendenza
Figura 4.6. Istituzioni di corporate governance Shariah – compliant esterni alle
istituzioni finanziarie islamiche per paese
Country
Centralized SSB or High Shariah
Autority or Fatrwa Board
Islamic Rating Agency
Jordan
No
No
Malaysia
a
a
Bahrain*
No
No
Kuwait
No
a
Pakistan
No
a
U.A.E.
No
a
Indonesia
No
a
* Bahrain is the seat of the IIFM and the IIRA that respectively set stadards for Islamic
Jurisprudence and rate Islamic instruments on an international scale
Fonte: W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution
Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054,
November 2006
A conclusione è possibile affermare che la corporate governance delle istituzioni
finanziarie islamiche presenta delle caratteristiche particolari che richiedono una
profonda conoscenza della materia economico – finanziaria, della Shariah e della
giurisprudenza islamica, Fiqh al – muamalat: la diffusione della conoscenza di
questi aspetti dovrebbe nel tempo migliorare il processo decisionale dei Comitati
della Shariah, permettendo all’istituzione finanziaria islamica di aumentare il
proprio livello di competitività, e dall’altra ridurre il conflitto di interessi tra
membri dello Shariah Supervisory Board e management in quanto aumenterebbe
il numero di esperti presenti sul mercato, diminuendo la necessità che uno stesso
studioso operi all’interno di Board diversi, e permetterebbe lo sviluppo di
competenze richieste per un’adeguata attività di auditing esterno.
107
Figura 4.7. Comparazione tra le attività di monitoraggio interne ed esterne alle
organizzazioni finanziarie islamiche
Internal Shariah Review Unit
Provides Exhaustive internal review, and train
employee on Shariah related matters. It
responds to managerial concerns over
upholding Shariah conformance of all
transactions
Assess compliance of all transactions with the
fatwas issued by the SSB. To thi effect, it
creates systems of control and assessment
External Shariah auditing firm
Primarly provides an indipendent certification as to
reasonableness of financial information provided to
shareholders and stakeholders. In respond to regulator's
Focus
and stakeholders' desire for an indipendent appraisal of
Shariah companies.
Assess the information provided by the managers and
presents statement according to relevant Shariah
accounting standard. In uses samples of transactions to
Activities
evaluate truthfulness of compliance and expresses an
opinion on financial statements
Reports to management administratively.
Primarily reports to the audit committee on financials and
Builds relationships troughout the organization internal control
Management
to ensure concerns are identified and resolved
in a timely manner
Reports directly to the audit committee.
Attests to the audit committee the accuracy of the financial
Provides opinions on the organization's
reports and attests on management's assesment on internal
Board of Directors
business risks, financial statements, system of controls over financial reporting. Provides updates on
Audit Committee
internal control, and level of compliance with pending accounting pronuncements and their potential
laws, regulations and policies
impact on the organization
Should demostrate organizational
It is organizationally and managerially indipendent of the
indipendence and obiectivity in work
organization
approach, but is not indipendent of the
Indipendence
organization. (Is indipendent of the activity
audited, but integral to the organization)
Identifies problems, make recommendations, Meets statuatory requirements and provides necessary
Result
and helps facilitate resolutions
adjustment to meet financial accuracy
Identifies and qualifies key business risks to
Identifies key transactions and exposures for financial
estimate probability of occurrence and impact statements
on business, Makes appropriate
Risk
reccomendations as a result of the risk
assessment
Includes fraud detection steps in audit
Includes fraud detection steps in audit plan. Gathers
programs. Investigates the allegations of fraud. information necessary to identify risks of material
Reviews fraud prevention controls and
misstatement due to fraud, by inquiring of management
Fraud
detection processes put in place by
and others within the entity about the risks of fraud.
management and makes reccomendation for
Considers the result of the analytical procedures performed
improvement
in planning the audit and the fraud risk factors
Communicates to management in the audit
Communicates reccomendations for corrective actions
Reccomandation reports reccomendations for corrective actions
Fonte: W. Grais, M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in Istitution
Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research Working Paper 4054,
November 2006
108
5. GLI STRUMENTI
CARATTERISTICI DEL SISTEMA
BANCARIO ISLAMICO
Il primo tentativo di banca Shariah – compliant si riscontra in Egitto nel 1963 con
la costituzione della Cassa di Risparmio di Mit Ghamr fondata dall’economista
egiziano Ahmad al – Najjar sul modello delle banche cooperative europee. In essa
risparmiatori e prenditori di fondi erano soci dell’istituto e ne condividevano i
risultati, mentre uno Shariah Supervisory Board vigilava sull’operato della banca.
Il tentativo di Najjar ebbe vita breve e si concluse nel 1968 per imposizione del
governo nazional – socialista egiziano.
La finanza islamica ebbe poi un periodo di stasi durato dieci anni e terminato con
la fondazione nel 1975 dell’Islamic Development Bank con l’obiettivo di
promuovere lo sviluppo socio economico dei paesi a maggioranza musulmana in
accordo con i principi della Shariah.
Nello stesso anno venne fondata begli Emirati Arabi Uniti la prima banca
islamica, la Dubai Islamic Bank, e nel 1979 il Pakistan fu il primo paese a
decretare l’islamizzazione di tutto il sistema finanziario, seguito dal Sudan e
dall’Iran.
Da allora la finanza islamica ha continuato a svilupparsi non soltanto in termini di
volumi, ma anche in termini di efficienza e completezza di mercato.
Accanto all’originale sistema bancario si è sviluppato negli ultimi anni anche un
vivace sistema di mercato caratterizzato specialmente per lo strumento dei sukuk,
alternativa alle obbligazioni tradizionali. Oggi, nonostante le controversie
derivanti dai divieti della riba, del gharar e del maysir, gli studiosi stanno
sviluppando anche delle alternative islamiche ai derivati con l’obiettivo di
permettere alle imprese di tutelarsi dal rischio limitando la possibilità di utilizzo
degli strumenti a fini speculativi.
Nel presente capitolo si esporranno le caratteristiche del circuito bancario islamico
e l’offerta di strumenti a disposizione delle aziende Shariah – compliant.
109
5.1.1. Il ruolo del manager finanziario
Tra i compiti attribuiti alla finanza aziendale c’è quello di studiare le modalità
attraverso cui le imprese si finanziano 158 . Le scelte in termini di struttura
finanziaria sono fondamentali ed incidono direttamente sulla sostenibilità a lungo
termine dell’impresa: il compito del manager finanziario assume sempre più una
funzione strategica essendo quello di selezionare il mix ottimale di fonti
finanziarie orientandosi al principio di creazione di valore nel lungo periodo,
rispondendo alle necessità di capitale circolante159 e gestendo in maniera ottimale
i rischi che si generano attraverso la gestione di impresa.
Per poter raggiungere i propri obiettivi di sviluppo l’impresa necessita di
un’adeguata struttura finanziaria in quanto esiste una forte correlazione tra costo
del capitale e creazione di valore.
La scelta del manager finanziario deve orientarsi verso quel mix di prodotti
finanziari che da una parte abbattano il costo del capitale e dall’altra presentino
le caratteristiche qualitative e quantitative più adatte ai fabbisogni finanziari che si
cerca di soddisfare. La durata delle fonti di finanziamento deve essere il più
possibile coerente con quella dei fabbisogni finanziari dell'impresa ed è necessario
che il manager finanziario analizzi congiuntamente la composizione di fonti e di
impieghi: conoscere in anticipo le necessità finanziare a cui andrà incontro
l’impresa sia nel breve che nel lungo periodo è importante perché permette di
pianificare la raccolta delle fonti di finanziamento sulla base della tipologia delle
necessità finanziarie previste abbassando il costo del capitale.
In un’azienda islamica il ruolo del manager finanziario è particolarmente delicato.
Egli deve rispettare l’orientamento di creazione di valore a lungo termine,
selezionando il mix ottimale di fonti di finanziamento, rispondendo anche a
fabbisogni correnti, ma deve anche agire da buon manager musulmano: questo
significa che l’obiettivo di creazione di valore, seppur considerato legittimo e
158
L. Zingales, “In search of new foundations”, The Journal of Finance, n. 55/4, august 2000, pp.
1623-1653.
159
Il capitale circolante inteso in senso finanziario considera gli elementi che producono entrate o
uscite entro dodici mesi di arco temporale, mentre inteso in senso stretto considera le disponibilità
liquide e gli investimenti finanziari necessari per svolgere l'attività caratteristica dell’impresa.
110
perseguibile, deve anche rispondere alle necessità di rispetto della Shariah non
soltanto per quel che riguarda la scelta degli investimenti, che devono essere
halal, ma anche in riferimento alla selezione degli strumenti finanziari e le
modalità attraverso i quali l’impresa islamica decide di raggiungere i propri
obiettivi.
Lo sviluppo di strumenti bancari e di mercato islamici è fondamentale per
permettere al manager finanziario di un’impresa islamica che offre prodotti o
servizi non finanziari di perseguire l’obiettivo di creazione di valore rispettando la
legge della Shariah.
Il manager finanziario islamico deve rispettare alcuni limiti specifici:
-
Selezionare investimenti ritenuti legittimi, halal, e scartare quelli ritenuti
illegittimi, haram, sebbene possano essere più profittevoli;
-
Rispettare i limiti imposti dalla legge della Shariah all’indebitamento;
-
Rispettare i limiti imposti dalla legge della Shariah alle partecipazioni in
società terze caratterizzate da struttura finanziaria non legittima;
-
Perseguire gli obiettivi di sviluppo e creazione di valore rispettando la
comunità islamica, Ummah;
-
Utilizzare gli strumenti finanziari ritenuti legittimi offerti dal sistema
finanziario islamico, strumenti che evitano l’insorgere della riba, del
gharar e del maysir.160
5.1.1. Gli strumenti finanziari tradizionali a disposizione
delle imprese
Si richiamano brevemente le caratteristiche dei principali strumenti finanziari
tradizionali a disposizione delle imprese allo scopo di permettere un più chiaro
confronto con le caratteristiche degli strumenti Shariah – compliant e
comprendere a quali esigenze l’ingegneria finanziaria islamica vuole rispondere.
160
In alcuni Paesi islamici convivono strumenti Shariah - compliant e strumenti occidentali.
111
La finanza tr2adizionale identifica due macrocategorie di fonti di finanziamento:
il capitale di debito ed il capitale di rischio.
Il capitale di rischio può derivare dal finanziamento interno dell’impresa,
cosiddetto autofinanziamento, o da fonti esterne dell’impresa stessa.
L’autofinanziamento viene definito in senso stretto come reinvestimento degli
utili prodotti e non distribuiti, mentre in senso ampio considera anche gli
accantonamenti effettuati: esprime la capacità dell’impresa di provvedere
autonomamente alla copertura, totale o parziale, del proprio fabbisogno
finanziario, evitando o quanto meno contenendo la necessità di ricorrere a fonti
esterne.
L’autofinanziamento comprende anche operazioni di asset based financing che si
basano su specifiche poste dell’attivo determinando un ridimensionamento del
bilancio aziendale. Una delle principali tecniche di asset based financing è quella
della securization, tecnica finanziaria che consente di smobilizzare classi di attivo
trasformando poste di bilancio illiquide in valori mobiliari negoziabili sul mercato
dei capitali.
Il capitale di rischio esterno all’impresa per eccellenza è caratterizzato dai titoli
azionari. L’azione rappresenta la quota di partecipazione dei soci nella società per
azioni161. La titolarità di azioni ordinarie conferisce determinati diritti a fronte
dell’assunzione del rischio di impresa, che possono essere classificati in diritti
patrimoniali, diritti amministrativi a altri diritti162.
161
In termini generali un’azione si caratterizza per:
- l’omogeneità, in quanto risulta dal frazionamento del capitale sociale sottoscritto in parti
di identico ammontare, secondo un criterio astratto-matematico;
- la standardizzazione, dal momento che ciascuna di esse attribuisce identici diritti nella
società e verso la società;
- l’indivisibilità, poiché non è separabile l’aspetto patrimoniale (costituisce l’unità minima
di partecipazione al capitale) dall’aspetto societario (complesso di diritti e poteri sociali
collegati);
- l’autonomia, in quanto ogni azione è partecipazione distinta ed autonoma rispetto alle
altre ed ogni socio è pertanto titolare di tante quote di partecipazione quante sono le
azioni sottoscritte;
- la libera trasferibilità in forma cartolare, cioè attraverso documenti assoggettati alla
disciplina dei titoli di credito.
162
Tra i diritti patrimoniali vanno menzionati il diritto agli utili ed il diritto alla quota di
liquidazione: la decisione di distribuzione degli utili spetta all’Assemblea ed è subordinata al
conseguimento di un risultato positivo dell’attività di impresa, mentre il diritto di liquidazione
prevede che, una volta pagati i creditori, gli azionisti abbiano diritto ad una parte proporzionale del
patrimonio netto rimanente sulla base del numero e secondo la priorità garantita dalla tipologia di
azioni possedute. Tra i diritti amministrativi i più importanti sono il diritto di partecipazione
112
Le Società per Azioni possono emettere titoli diversi dalle azioni ordinarie quali le
azioni privilegiate, le azioni di risparmio, le azioni di godimento e le azioni a
favore dei prestatori di lavoro.163 I titolari di azioni speciali possono riunirsi in
loro assemblee per la tutela dei propri diritti.
Gli strumenti di debito a disposizione delle imprese si distinguono tra strumenti
bancari e strumenti di mercato. Gli strumenti bancari a disposizione delle imprese
ricoprono una vasta gamma di necessità e possono distinguersi tra strumenti
bancari a medio – lungo termine e strumenti bancari a breve termine. 164 Le
obbligazioni sono strumenti di debito emessi dalle società con lo scopo di reperire
fondi a medio – lungo termine. A differenza degli azionisti gli obbligazionisti
hanno diritto ad un interesse fisso annuale indipendentemente dal risultato
positivo o meno dell'esercizio e devono comunque essere rimborsati a scadenza
configurandosi come creditori. Esistono diverse tipologie di obbligazioni come le
obbligazioni cosiddette “bull & bear”, le obbligazioni strutturate, le obbligazioni
indicizzate e le obbligazioni in valuta.165
all’Assemblea ed il diritto di voto. Tra gli altri diritti che garantisce la qualifica di azionista i
principali sono: il diritto di recesso, che consente ai soci che dissentono da determinate delibere di
recedere dalla società ottenendo il rimborso delle proprie azioni; il diritto all’assegnazione delle
azioni che gli azionisti esercitano in caso di aumento gratuito di capitale sociale in modo da
mantenere immutata la quota di partecipazione al capitale dell’impresa e il diritto di opzione che
consente di acquistare entro un certo termine le azioni di nuova emissione prima che vengano
offerte a soggetti terzi.
163
Nelle azioni privilegiate viene riconosciuto al possessore un diritto di priorità nella
distribuzione degli utili e nel rimborso della quota di liquidazione a fronte di una limitazione del
diritto di partecipazione e di voto alle sole assemblee straordinarie. Le azioni di risparmio
garantiscono un aumento dei diritti patrimoniali a fronte di una limitazione di quelli amministrativi
che consiste nella non possibilità di partecipazione e di voto alle assemblee sia ordinarie che
straordinarie. Hanno diritto ad un dividendo annuale minimo, pari al 5% del valore nominale delle
azioni possedute e diritto di prelazione in caso di liquidazione. Le azioni di godimento vengono
assegnate come rimborso all'ex azionista nel caso in cui le sue azioni siano state annullate per via
di una riduzione del capitale sociale per esuberanza. Esse attribuiscono un diritto di partecipazione
agli utili futuri ma non rappresentano una quota di capitale sociale e sono postergate rispetto alle
altre categorie di soci a fronte della rinuncia al diritto di voto nelle assemblee sia ordinarie che
straordinarie.
164
I principali strumenti bancari tradizionali a disposizione delle imprese per esigenze di medio –
lungo termine sono il mutuo, l’apertura di linee di credito e il leasing. I principali strumenti
bancari tradizionali a disposizione delle imprese per esigenze di breve periodo sono il fido
bancario, l’apertura di credito in conto corrente, il prestito a brevissima scadenza detto “hot
money”, l’accettazione bancaria, le commercial paper, la cambiale finanziaria, il certificato di
investimento, le operazioni di prestito titoli, il factoring, i finanziamenti per l’import – export e gli
strumenti di commercial financing quali lo sconto cambiario, l’addebito in portafoglio salvo buon
fine, l’anticipo su fatture e il forfaiting.
165
Le obbligazioni bull & bear possono comprendere una componente speculativa il cui rimborso
è collegato ad un indice che generalmente rispecchia l'andamento del mercato borsistico. Nelle
obbligazioni strutturate il rendimento si distingue in due componenti: una parte garantita ed una
113
Affianco agli strumenti di debito e di equity si sono sviluppati negli ultimi
decenni anche i cosiddetti strumenti ibridi, ossia strumenti che incorporano
caratteristiche sia del debito che dell’equity e che presentano un elevato grado di
flessibilità. I principali strumenti ibridi a disposizione delle imprese sono le
obbligazioni convertibili, le azioni privilegiate e preferenziali e le obbligazioni
con opzioni.166
Figura 5.1 Le forme di finanziamento a disposizione delle imprese
Fonte: G. Forestieri, “Corporate & investment banking”, II edizione, Egea, Milano, 2007
parte indicizzata e possono avere strutture anche molto complesse. Nelle obbligazioni indicizzate
si ancora il rendimento del titolo all'andamento di un indice prescelto. Le obbligazioni in valuta
permettono all'obbligazionista di beneficiare del positivo andamento del tasso di cambio: a
scadenza potrà scegliere il rimborso in una delle due valute predeterminate.
166
Le obbligazioni convertibili offrono al sottoscrittore la scelta tra rimanere creditore della
società emittente mantenendo lo status di obbligazionista o di convertire, entro predeterminati lassi
di tempo ed in base a rapporti di cambio prefissati, le obbligazioni in azioni della società emittente
o altra società assumendo lo status di azionista. Le obbligazioni convertibili sono caratterizzate da
tre elementi: metodo di conversione, rapporto di conversione e periodo di conversione. Le azioni
privilegiate aggiungono diritti patrimoniali (privilegio nella distribuzione degli utili ed in caso di
scioglimento della società) in cambio di una limitazione di diritti amministrativi (diritto di voto
nelle assemblee ordinarie). Le azioni preferenziali sono azioni privilegiate, ma non viene limitato
il diritto di voto nei confronti dei possessori. Le obbligazioni con opzioni rappresentano una
combinazione tra diversi strumenti finanziari: in questo caso nata dall'esigenza di legare
l'andamento dei flussi di cassa del finanziamento con quelli generati dall'attività caratteristica. Le
obbligazioni con opzioni concorrono a ridurre il rischio di insolvenza in caso di una diminuzione
di prezzo della materia prima.
114
5.2. I principi operativi alla base del sistema bancario
Shariah – compliant
Prima di analizzare nel dettaglio i vari strumenti offerti dal sistema finanziario è
importante andare ad analizzare la particolarità della prospettiva islamica in
riferimento al principio del profit and loss sharing e alla prospettiva del valore del
denaro nel tempo.
5.2.1. Il concetto di profit and loss sharing
Il profit and loss sharing è uno dei princìpi cardini della finanza islamica ed è
stato elaborato dagli economisti e dai giuristi musulmani con l’obiettivo di
rispondere all’esigenza di garantire un equo rapporto rischio – rendimento
evitando di incorrere nella pratica della riba.
Il profit and loss sharing si basa sul fatto che nel pensiero islamico il profitto deve
essere “ragionevole”, ma mai assimilabile al lusso, e quindi derivante dall’attività
lavorativa che comporta l’insorgere del rischio imprenditoriale: nella cultura
islamica il lavoro è promosso, mentre l’ozio viene condannato. I lavori devono
essere considerati leciti e devono apportare un contributo all’intera comunità.
Secondo questa prospettiva la pratica dell’interesse è illegittima in quanto
comporta il guadagno del creditore dovuto al semplice scorrere del tempo e non
all’assunzione di un rischio. Il principio del profit and loss sharing rende
ragionevolmente legittimo il profitto quando profitti e perdite vengono ripartiti dai
soci ed il profitto è sempre il risultato di un’attività lavorativa e quindi
dell’assunzione di un rischio.
Il concetto del profit and loss sharing è presente sia a livello di forme
organizzative che di singoli contratti.
115
5.2.2. Il concetto di valore del denaro nel tempo secondo la
prospettiva islamica
Per comprendere come l’ingegneria finanziaria islamica agisca già da tempo allo
scopo di sviluppare strumenti finanziari legittimi che permettano di rispondere
alle esigenze delle imprese, delle famiglie e dei privati è necessario comprendere
quale sia la posizione della Shariah in relazione al concetto di valore del denaro
nel tempo.
Il concetto di valore di denaro nel tempo è uno dei cardini della finanza
tradizionale ed è alla base delle decisioni di investimento e finanziamento di
un’impresa: i flussi di cassa che si verificano in differenti periodi di tempo non
sono comparabili ed è quindi necessario effettuare un aggiustamento attraverso le
leggi di attualizzazione e capitalizzazione, che si basano sulla determinazione di
un saggio.
Il concetto di valore di denaro nel tempo inteso in senso tradizionale fa coincidere
il profitto con il tasso di interesse derivante da un investimento: la finanza
islamica, tuttavia, rigetta la pratica della riba167 ed è quindi necessario analizzarne
la prospettive.
La Shariah legittima il concetto di valore di denaro nel tempo ed il differimento di
prezzo in caso di transazione commerciale, mentre disapprova il compenso che si
genera in relazione al solo scorrere del tempo, situazione che si presenta nel
contesto dell’indebitamento. Questa posizione deriva dal fatto che, a differenza di
un bene, il denaro non presenta un valore intrinseco e deve essere utilizzato come
strumento di misura del valore al fine di soddisfare i bisogni degli individui
attraverso lo scambio di beni e prestazioni: questo è il principio che permette di
classificare ciò che viene inteso come riba, inaccettabile, e ciò che viene inteso
come legittimo mark-up.
Analiticamente parlando le equazioni di attualizzazione e capitalizzazione
possono essere giudicate legittime nel momento in cui al concetto di tasso di
167
“Tutti i contratti che incorporano interesse sono da considerarsi riba” Il Corano, 2:274
www.ilcorano.it
116
capitalizzazione e sconto, direttamente proporzionali al tempo, viene sostituito
quello di un tasso di profitto derivante da un’attività lecita, halal.
La finanza islamica ha sviluppato i primi strumenti finanziari sul principio del
profit and loss sharing ed ha poi espanso il ventaglio di offerta ricorrendo al
concetto di legittimo mark – up al fine di poter soddisfare le necessità delle
imprese anche in termini di finanziamento del capitale circolante e di differimento
temporale tra il momento di acquisto e il momento di soddisfacimento dei bisogni
senza incorrere nel divieto della riba. Sebbene sugli strumenti non profit and loss
sharing esista un dibattito che vede contrapposte le posizioni delle diverse scuole
giuridiche, alcune delle quali sostengono che la differenza tra riba e mark – up sia
così labile da metterne in dubbio la legittimità, questi strumenti sono molto
utilizzati all’interno del contesto islamico per finanziare i bisogni di liquidità tanto
di famiglie e privati che di imprese.
L’obiettivo del sistema finanziario islamico è quello di garantire un adeguato
sviluppo della società in linea con necessità economiche ed etiche: per questo
motivo la continua innovazione deriva dalla volontà di trovare delle soluzioni per
tutelare gli aspetti positivi del sistema finanziario tradizionale, senza incorrere in
elementi considerati illegittimi, haram.
Sulla base di quanto suddetto si può sostenere che il sistema finanziario islamico
non rigetta a priori il capitalismo, ma la funzione che il denaro può assumere
all’interno dello stesso.
Il sistema finanziario islamico accetta i circuiti finanziari del tipo “merci – merci”
e “denaro – merci – denaro”, mentre il circuito “denaro – denaro” sviluppatosi a
partire dagli anni Ottanta. I primi circuiti vengono accettati in quanto il denaro si
trasforma in una quantità maggiore di denaro solo applicando la fatica e
l’intelligenza umana per trasformare le merci o per offrire servizi creando nel
contempo ricchezza reale di cui può godere l’intera collettività, mentre il terzo
viene rigettato in quanto il profitto si genera soltanto in relazione allo scorrere del
tempo. Appare in questo modo evidente come per il sistema finanziario islamico il
117
profitto sia strettamente legato ai beni reali 168 ed all’attività lavorativa ed
intellettuale dell’essere umano.
Il cambiamento di prospettiva rispetto al concetto di valore di denaro nel tempo
comporta delle importanti implicazioni nell’operatività dell’impresa islamica:
-
Limiti alle imprese che offrono servizi finanziari in riferimento alle
tipologie di strumenti che possono offrire ai clienti;
-
Limiti alle imprese che offrono sia servizi finanziari che non finanziari in
riferimento agli strumenti che possono utilizzare per finanziare la propria
attività;
-
Limiti alle imprese che offrono servizi sia finanziari che non finanziari in
riferimento alle scelte di struttura finanziaria e alla composizione tra
capitale di equity e capitale di debito.
5.3. Gli strumenti di equity del circuito bancario islamico
All’interno del panorama del sistema finanziario islamico le banche detengono
una posizione particolarmente importante che è stata oggetto di studi ed
innovazioni sia da parte degli esperti della legge che degli economisti islamici.
Questi studi, seguiti da norme e discipline a cui le banche devono adeguarsi,
hanno contribuito a definire il ruolo delle banche nel panorama islamico
particolarmente in relazione all’aspetto della corporate governance e contribuendo
all’innovazione finanziaria attraverso la definizione di strumenti che da una parte
possano rispondere alle necessità di finanziamento di imprese e privati e che
dall’altra siano Shariah – compliant in modo da rendere concretamente possibile
ad un impresa di operare, anche sotto l’aspetto degli strumenti finanziari, in
conformità con l’etica islamica.
168
Nei primi anni della crisi il sistema finanziario islamico si è caratterizzato per un elevato livello
di solidità in quanto non aveva sfruttato il circuito “denaro-denaro” per produrre ricchezza
attraverso strumenti innovativi di finanza, quali prima di tutto la cartolarizzazione. Ha invece
risentito della crisi solo successivamente, cioè quando essa ha colpito l’economia reale al quale il
sistema è strettamente ancorato.
118
Gli strumenti finanziari offerti dal circuito bancario islamico possono distinguersi
in strumenti di capitale e strumenti di debito: in generale le banche islamiche
offrono strumenti finanziari a medio lungo termine partecipando all’equity ed a
differenza delle banche occidentali tendono a non offrire investimenti in common
stocks. I principali strumenti di capitale offerti dalle banche islamiche si basano
sul principio del profit and loss and sharing risultando concettualmente simili ai
modelli organizzativi precedentemente analizzati.
5.3.1 Trustee Partnership (mudarabah)
Secondo la giurisprudenza islamica lo strumento del mudarabah prevede che
vengono coinvolte almeno due parti. L’investitore, rabb al-mal, affida dei fondi
all’agent –manager, mubarid, che è incaricato di gestire la somma di denaro ed in
investirla secondo gli accordi. La parte mubarid è responsabile della gestione del
business e provvede alle esigenze professionali, manageriali e tecniche richieste
dal mandato.
All’interno del circuito bancario la banca islamica rappresenta il soggetto rabb almal e concede il capitale richiesto dal cliente, che si configura come il soggetto
mudarib. Il cliente è responsabile delle scelte manageriali relative all’investimento
e deve apportare le risorse necessarie in termini manageriali, professionali ed
operativi.
Cliente e banca si spartiscono i profitti generati dall’investimento secondo un
predeterminato rapporto, mentre le eventuali perdite ricadono sul soggetto rabb
al-man, quindi sulla banca, ma senza eccedere l’ammontare del capitale investito
in quanto, non partecipando alla gestione manageriale del progetto, non può
incorrere in perdite derivanti dai rischi creati dall’agire del mudarib. Per quel che
concerne la componente manageriale, in accordo con la giurisprudenza islamica, il
mudarib, non avendo investito denaro, non può incorrere in perdite finanziarie,
ma solamente a perdite in termini di tempo, sforzi e reputazione.
119
Il contratto di partnership può svilupparsi come un mudarabahh ristretto,
mudarabahh al-muqayyada, se l’investimento viene attuato verso uno specifico
business o come un mudarabahh non ristretto, mudarabahh al-mutlaqa,
se
l’investimento può essere indirizzato verso qualsiasi tipo di business purché
Shariah – compliant.
I contratti di mudarabahh vengono utilizzati principalmente per finanziare
investimenti infrastrutturali e nel settore del real estate.
Box 1. Esempio di mudarabahh
Un abitante degli Emirati Arabi Uniti versa 1.000.000 dirham (circa 210.000
euro) presso una banca islamica sulla base di un contratto di mudarabahh
vincolato. Questo significa che la banca potrà utilizzare tali soldi solo per un
determinato progetto specificato nel contratto. Il conto di investimento è della
durata di due anni e la ripartizione dei profitti è stabilita in modo che il 60%
spetti al depositante e il 40% alla banca. A fronte dei depositi vengono emessi dei
certificati. In base a tale contratto di deposito la banca è nelle vesti di mudarib
mentre il depositante di rabb al-mal. La banca islamica potrà investire tali soldi
nel progetto specificato attraverso un ulteriore contratto di mudarabahh: il
mudarib mette le conoscenze nel gestire il progetto, la banca il capitale.
L’impresa è responsabile della gestione giornaliera del progetto e riceverà una
commissione per coprire le spese di gestione che verrà dedotta dai profitti del
progetto. Ipotizziamo che questo secondo contratto di mudarabahh ripartisca in
modo uguale la partecipazione agli utili. Dopo due anni il progetto è venduto a
1.200.000 dirham: il profitto di 200.000 dirham viene ripartito tra la banca
(100.000 dirham) e il mudarib (100.000 dirham). I 100.000 dirham incassati dalla
banca dovranno poi essere ripartiti tra la banca (40.000 dirham) e il depositante
(60.000 dirham). Qualora il progetto venisse venduto a 800.000 dirham con una
perdita di 200.000 dirham, tale perdita verrebbe trasferita direttamente in capo al
depositante che vedrebbe ridotto il capitale inizialmente allocato.
Fonte: R. Hamauri, M. Mauri, “Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il
mondo del profeta”, Il Mulino, 2009
120
Figura 5.2. Il contratto di mudarabahh
Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012
5.3.2. Joint Venture (musharaka)
Il contratto del musharaka169 si basa sul principio del profit and loss sharing.
Attraverso il musharaka la banca e il cliente si accordano per contribuire entrambi
alla realizzazione del progetto apportando un ammontare di capitale e gestendo
l’attività secondo modalità predeterminate.
I profitti derivanti dall’investimento vengono spartiti secondo un rapporto
predefinito, che non necessariamente rispecchia l’ammontare di capitale versato:
il rapporto considerato per la spartizione delle perdite, invece, deve strettamente
rispecchiare la proporzione del capitale investito.
Il contratto di musharaka viene sovente utilizzato per finanziare investimenti nel
settore industriale, oppure attraverso la lettera di credito islamica: nonostante la
lettera di credito venga più spesso strutturata come un’operazione di debito,
attraverso il contratto murabaha, il cliente può presentare la lettera di credito e
dare alla banca dei beni in deposito per richiedere un finanziamento in equity di
tipo musharaka.
169
Il termine musharaka deriva dalla parola shirkah che significa partnership.
121
Figura 5.3. Il contratto musharaka
Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012
Box 2. Esempio di musharaka
Un’impresa manifatturiera del Qatar intende ampliare i propri impianti
produttivi. Una banca islamica ha in bilancio dei terreni inutilizzati. Dopo una
serie di incontri in cui l’impresa mostra i nuovi obiettivi di produzione e di
profitto le due parti decidono di dar vita ad una partnership concludendo un
contratto di musharaka in cui la banca islamica conferisce il terreno ed una parte
di denaro per la realizzazione degli impianti (per un valore complessivo di
5.000.000 ryal, pari a circa 1.000.000 di euro) mentre la società conferisce
2.500.000 ryal (pari a circa 500.000 euro). Viene inoltre stabilito che la
partecipazione agli utili per l’impresa è del 60% mentre per la banca del 40%. Il
primo anno che l’impianto è a regime il contributo agli utili dell’impresa
ammonta a 250.000 ryal. La parte di profitti di competenza dell’impresa
ammonta a 150.000 ryal mentre quella della banca islamica a 100.000 ryal. A
causa di un rallentamento del ciclo economico gli ordinativi scendono
drasticamente nel secondo anno. Gli impianti registrano così una perdita di
50.000 ryal. La quota di perdita di ciascun partner sarà proporzionale al capitale
versato: per la banca sarà pari a 33.333 ryal [=50.000*(5.000.000/7.500.000)]
mentre per l’impresa pari a 16.666 ryal [=50.000*(2.500.000/7.500.000)].
Fonte: R. Hamauri, M. Mauri, “Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il
mondo del profeta”, Il Mulino, Bologna, 2009
122
5.3.3. Declining musharaka
Il declining musharaka è un tipo di contratto innovativo particolarmente adatto al
settore del microcredito e alle esigenze delle piccole imprese. Si tratta di un
contratto di tipo musharaka dove la partecipazione della banca islamica, e di
conseguenza la partecipazione ai profitti ed alle perdite, diminuisce gradualmente
mentre contestualmente aumenta l’incidenza della partecipazione al capitale, e
quindi ai profitti ed alle perdite, del cliente che al termine del contratto avrà
acquistato la proprietà della venture.
5.4. Gli strumenti di debito del circuito bancario islamico
Dati i vincoli posti dal divieto della riba le banche islamiche non possono offrire
ai propri clienti gli strumenti di debito tradizionali.
La possibilità di ricorrere a strumenti di debito piuttosto che di equity risulta
importante per l’operatività delle imprese e per permettere loro di creare valore di
cui possa godere anche la comunità ed è per questo che con il tempo la finanza
islamica ha sviluppato strumenti finanziari Shariah – compliant sempre più
sofisticati ed innovativi.
La banca islamica offre ai propri clienti contratti di debito di breve e lungo
termine e contratti di sconto di crediti e fatture. Questo genere di contratti è
importante per finanziare i fabbisogni aziendali e per promuovere il commercio,
ma spesso ingloba un interesse, la riba, che è contrario alla legge islamica.
Per ovviare a questo problema sono stati sviluppati dei contratti attraverso il
metodo giuridico proprio della legge islamica che è l’hiyal170, secondo il quale si
170
L’hiyal è un istituto, parte integrante della fiqh, che si riferisce all’impiego di mezzi legali per
fini extra-shariatici: questo sistema permette di raggirare le disposizioni della sharia, pur
123
pone maggiore attenzione al contenuto formale piuttosto che sostanziale dei
contenuti dei testi sacri.
Esistono comunque dei contratti di debito che sono pienamente Shariah –
compliant.
5.4.1. Bay mu ’ajjal – murabaha
Il murabaha permette di effettuare una doppia vendita con pagamento differito ed
è probabilmente lo strumento islamico più popolare: si consideri infatti che circa il
60% degli investimenti vengono finanziati mediante murabaha.
Il murabaha spesso incorpora alcune caratteristiche del contratto mudarabahh e
implica l’esistenza di un sovrapprezzo, mark-up. Viene utilizzato quando la banca
non vuole partecipare in parte all’acquisto o alla vendita di bene, situazione che si
presenta quando il bene che deve essere oggetto di vendita o acquisto è
caratterizzato da specifiche che la banca, a differenza del cliente, non conosce.
Allo scopo di eliminare questa asimmetria informativa la banca nomina il cliente
come proprio agente e quest’ultimo ha il compito di scegliere il bene giusto:
individuato il bene la banca finanzierà l’acquisto.
Lo strumento del murabaha può essere utilizzato per il finanziamento alle
imprese, per operazioni di credito al consumo e per operazioni di investimento di
liquidità.
Un’operazione di murabaha si configura come segue:
1. Il cliente individua con un terzo soggetto, il venditore, un bene di sua
necessità. Non avendo a disposizione la somma necessaria per
mantenendone il rispetto formale, in modo da raggiungere uno scopo, che deve necessariamente
essere legittimo, a soggetti che si trovano costretti da condizioni oggettive ad agire contrariamente
alla legge islamica.
L’istituto dell’hiyal è controverso per i giuristi e i credenti islamici: ciò che ha permesso lo
sviluppo di strumenti finanziari basati sul debito attraverso il sistema dell’hiyal è lo scopo
“legittimo” della costruzione di un sistema finanziario basato sull’etica islamica in modo da
garantire adeguato livello di sviluppo e benessere alla comunità musulmana, la Ummah.
124
l’acquisto si rivolge ad una banca islamica. Il prezzo del bene è
definito e pari a P;
2. Il cliente e la banca stipulano un mutuo accordo di promessa di
pagamento individuando il margine di profitto che spetta alla banca per
il servizio. La definizione del mark – up è fondamentale nel contratto
di murabaha, pena la nullità dello stesso;
3. Successivamente la banca acquista il bene dal soggetto venditore al
prezzo P e lo rivende al soggetto cliente, che ne diventa proprietario,
considerando il mark – up pattuito e quindi al prezzo P + K;
Il mark – up rappresenta il margine di profitto per la banca islamica in modo da
non incorrere nel divieto della riba.
Quando il contratto è differito, ossia quando la vendita avviene a credito, il
contratto viene definito bay-mu’ajjal: il differimento accordato dalla banca è
tipicamente di 30, 60, 90 giorni, ma può anche essere definito un momento
particolare in sede di stipula del contratto.
Il pagamento può avvenire in un’unica soluzione o attraverso un piano di
pagamento rateale: in quest’ultimo caso il cliente diventa proprietario del bene nel
momento in cui paga l’ultima rata che è predeterminata e non può essere
aggiustata per effetto di alcun tasso.
Lo strumento del murabaha, soprattutto nella sua variante bay-mu’ ajjal, è molto
utilizzato nel settore industriale in quanto permette ad un’impresa di entrare in
possesso delle materie prime necessarie per il processo industriale prima di aver a
disposizione la liquidità derivante dalla vendita del prodotto finito.
Non tutti i giuristi islamici sono concordi circa la legittimità dello strumento del
murabaha in quanto la differenza tra il mark-up applicato dalla banca islamica ed
il tasso di interesse applicato dalla banca occidentale è labile: secondo altri esperti
di legge, tuttavia, il contratto è da ritenersi lecito in quanto strettamente legato alla
compravendita di un bene reale. Secondo la maggioranza degli studiosi islamici il
contratto di murabaha, per essere considerato lecito, deve presentare i seguenti
elementi, pena la nullità del contratto:
125
-
Il bene oggetto della vendita deve esistere al momento in cui avviene la
vendita;
-
Il bene deve essere di proprietà del venditore al momento della vendita;
-
La vendita deve essere immediata ed assoluta e non può riferirsi ad una
data futura;
-
Il bene oggetto di scambio deve essere caratterizzato da valore intrinseco;
-
Il bene oggetto della vendita deve essere indirizzato ad uno scopo lecito,
halal;
-
La vendita deve presentare elementi di certezza e non può essere
subordinata al verificarsi di un certo evento in modo da non incorrere nei
divieti del gharir e del maysir.
Figura 5.4. Il contratto di murabaha
Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012
Box 3. Esempio di murabaha
Un abitante del Bahrain intende acquistare un’automobile. Egli visita un
concessionario di fiducia, sceglie il modello e concorda il prezzo P in 25.000
dinari (circa 50.000 euro). In mancanza di un’immediata disponibilità di denaro
si rivolge alla banca islamica, di cui è cliente, per la stipula di un contratto
murabaha in base al quale egli si impegna all’acquisto dell’automobile dalla
banca islamica ad un presso di 27.000 dinari (P + K), dove K (20.000 dinari) è il
margine di profitto della banca. La banca ottiene la proprietà dell’automobile
acquistandola dal concessionario per 25.000 dinari. Per il ritiro del bene la banca
126
nomina il cliente proprio agente (wakil) attraverso un contratto di agenzia
parallelo. La proprietà dell’automobile rimane in capo alla banca. Il contratto
murabaha paghi la somma di 27.000 dinari dopo tre mesi. Al pagamento di tale
somma il diritto di proprietà viene trasferito dalla banca islamica al cliente.
Fonte: R. Hamauri, M. Mauri, “Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il
mondo del profeta”, Il Mulino, Bologna, 2009
5.4.2. Ijara
L’ijara è un contratto di leasing dove la banca assume il ruolo del soggetto
locatore, cosiddetto aijr o mujir, permettendo al cliente locatario, cosiddetto
mustajir, di utilizzare un bene di sua proprietà dietro il pagamento di quote
predeterminate (ujrat).
L’ijara è un finanziamento a tempo determinato e presenta delle similitudini con
lo strumento del murabaha in quanto in entrambi i casi il bene oggetto del
contratto diventa di proprietà della banca a seguito di esplicita richiesta del cliente
e deve garantire alla banca la copertura dell’investimento e un adeguato tasso di
ritorno.
Lo strumento dell’ijara crea debito ed è quindi controverso sotto il profilo della
legittimità alla legge della Shariah, sebbene particolarmente diffuso.
A differenza dello strumento del murabaha la banca continua a rimanere
proprietaria del bene durante il periodo di leasing e quindi il cliente potrà godere
del bene, ma dovrà restituirlo allo scadere del contratto.
Un’altra differenza tra lo strumento dell’ijara e lo strumento del murabaha
riguarda i flussi di cassa che si presentano durante il finanziamento: nel caso del
murabaha le rate sono predeterminate ed il loro importo non può essere
successivamente
aggiustato,
mentre
nel
caso
dell’ijara sono
ammessi
aggiustamenti sia in aumento che in diminuzione sulla base dell’andamento
dell’economia reale.
L’ijara può essere di due tipi: si parla di ijara operativo quando si fa riferimento
al contratto tipico, ossia quando il bene deve essere restituito alla banca al termine
del contratto. In questo caso la banca può offrire il bene in leasing ad un nuovo
cliente oppure venderlo, considerando che entrambe le alternative risultano
127
difficili quando il bene che è stato richiesto dal cliente presenta caratteristiche
particolari.
Il contratto attraverso il quale la banca vende il bene al termine dell’ijara è
chiamato al-ijara-thUmmahl-bay ed è indipendente da quello precedente: questa
scelta viene fatta soprattutto quando il periodo di leasing è molto inferiore alla
vita economica del bene e la banca vuole garantirsi la copertura dall’investimento
ed un congruo tasso di ritorno. Si parla di ijara finanziario, cosiddetto ijara wa
iqtina, quando al contratto di leasing viene abbinato un contratto di vendita: in
questo caso la proprietà del bene viene trasferita al cliente al termine del contratto
e rappresenta un’opzione a beneficio del locatario.
Risulta controverso, dal punto di vista della Shariah, il trasferimento del rischio
legato al bene a carico del cliente.
Figura 5.5. Il contratto di jihara
Fonte: R. Hamauri, M. Mauri, “Economia e finanza islamica. Quando i mercati incontrano il
mondo del profeta”, Il Mulino, Bologna, 2009
5.4.3. Salam
128
Il contratto di salam rappresenta un metodo di finanziamento a breve termine
molto utilizzato nel mondo islamico e si compone di due movimentazioni: in un
primo momento avviene una movimentazione di tipo finanziario, corrisposta a
pronti, mentre in un secondo momento, a termine, avviene il trasferimento del
bene reale. Il contratto di salam permette alle aziende islamiche di finanziare le
proprie necessità di capitale circolante netto commerciale senza incorrere nel
divieto della riba.
La forma contrattuale del salam prevede che la banca islamica sia controparte del
cliente:
-
La banca corrisponde al cliente il prezzo scontato del bene a pronti;
-
L’azienda cliente si impegna a restituire il bene ad una data scadenza.
Figura 5.6. Il contratto salam
Fonte: M. Mariani, Impresa e finanza islamica, Egea, Milano, 2012
Secondo la giurisprudenza islamica, nonostante le similitudini, il contratto di
salam è più equo di un contratto pronti contro termine occidentale perché
entrambe le parti ottengono dei benefici: la banca acquirente elimina il rischio di
incertezza dell’acquisto del bene ed ottiene un margine di profitto sulla vendita
del bene pagato a sconto, mentre l’impresa venditrice dispone di un bene reale
utilizzabile nel processo produttivo.
Il contratto di salam rappresenta un’eccezione alla regola generale di piena
disponibilità del bene al momento della transazione della giurisprudenza islamica
data la possibilità che il bene oggetto dell’operazione possa non esistere o non
129
essere di proprietà del venditore al momento della stipula del contratto: è
comunque necessario che le parti siano ragionevolmente sicure che il bene esisterà
o sarà di proprietà del venditore al momento dello scambio.
Perché il contratto di salam sia considerato lecito dalla giurisprudenza islamica è
necessario che vengano rispettati alcuni requisiti:
-
Il pagamento spot deve essere certo;
-
Il contratto può essere utilizzato solo per il finanziamento di
commodity;
-
Quantità e qualità del bene devono essere definiti;
-
Non sono ammesse controparti in beni.
Una certa unanimità della giurisprudenza islamica è concorde a non considerare
lecito un contratto di salam avente per oggetto beni fungibili, o beni come denaro
o oro in quanto si incorrerebbe in questo caso nel divieto della riba.
5.4.4. Istinsa
L’istinsa è il contratto islamico utilizzato per le operazioni di project financing in
quanto caratterizzato da elevata adattabilità. Si tratta di un contratto per mezzo del
quale un’impresa si impegna ad acquistare un bene non ancora esistente a fronte
del pagamento in via anticipata e quindi in termini sostanziali, quindi, l’istinsa si
configura come una vendita con pagamento anticipato.
La caratteristica fondamentale dell’istinsa riguarda il bene oggetto dell’operazione
che non esiste al momento della stipula: parte della giurisprudenza islamica
considera lecito il contratto istinsa purché il fornitore abbia il know how e le
capacità tecniche per fornire il bene richiesto. Si consideri anche che l’istinsa è
l’unico contratto della finanza islamica in cui le obbligazioni di entrambe le parti
si riferiscono al futuro.
Nel contratto di istinsa il produttore ed il venditore possono essere soggetti
diversi: questo dà la possibilità alle banche di intervenire nell’operazione
130
stipulando due contratti paralleli, uno con il cliente e l’altro con l’impresa
fornitrice. Perché l’operazione sia ritenuta lecita dalla giurisprudenza islamica è
necessario che i due contratti siano separati, anche sotto il profilo temporale.
Il contratto di istinsa si configura come segue:
1. Il cliente si rivolge alla banca islamica e richiede un finanziamento di tipo
istinsa. Le parti definiscono in questa sede le caratteristiche del bene e le
modalità di consegna;
2. La banca islamica stipula un primo contratto con il costruttore che si
impegna a fabbricare e consegnare il bene secondo le modalità definite;
3. La banca islamica acquista la proprietà del bene;
4. La banca islamica stipula un secondo contratto con il cliente il quale si
impegna al pagamento del bene e di una commissione per il servizio ed il
pagamento avviene solitamente attraverso rate periodiche;
5. Il cliente diventa proprietario del bene.
Figura 5.7. Il contratto istinsa
Fonte: M. Mariani, Impresa e finanza islamica, Egea, Milano, 2012
Si evidenzia come, data la proibizione dello scambio di beni non di proprietà, è
necessario che la banca acquisisca la proprietà del bene prima di stipulare il
secondo contratto con il cliente (punto 3). Il cliente, inoltre, paga alla banca una
commissione per il servizio reso: questa rappresenta giuridicamente una
retribuzione sostitutiva dell’interesse, vietato dalla riba.
131
5.4.4. Istijrar
L’istijrar è un’operazione mediante la quale un’impresa ordina una certa quantità
dello stesso bene allo stesso venditore. Dato che il venditore si trova a dilazionare
le consegne di uno stesso prodotto gli esperti della legge sono flessibili rispetto
alla definizione del prezzo: esso può essere predefinito oppure rispecchiare il
prezzo di mercato dei beni al momento della consegna.
L’istijrar è un tipo di contratto adatto a rispondere a bisogni di capitale circolante.
5.4.5. Qard Hassan
Il prestito qard hassan è il prestito di benevolenza che le banche islamiche
possono accordare ai clienti che si trovano in difficoltà per far fronte a situazioni
particolari. Il prestito viene rimborsato alla data stabilita o, se non è stato stabilito
un termine di maturità, su richiesta del finanziatore ed in entrambi i casi non viene
applicato il tasso di interesse.
5.4.6. Bai-al-Einah
Il finanziamento del tipo bay-al-einah risponde ad esigenze di capitale di breve
termine e corrisponde ad un contratto di mubarahah nel quale coincidono il
soggetto cliente ed il soggetto venditore: la banca islamica acquista il bene dal
cliente pagando a pronti e lo rivende al cliente ad un prezzo maggiorato in una
data futura.
132
Il contratto di bay-al-einah è considerato illegittimo da parte della maggioranza
degli studiosi appartenenti a tutte le scuole, nonostante si riscontri una maggiore
accettazione da parte della scuola shafiita e questo perché spesso la maggiorazione
del prezzo applicata dalla banca islamica coincide con il tasso di interesse.
5.4.7. Bay-al-Dayn
Il termine “bay-al-dayn” trae origine del termine “bay”, che significa vendita e
da “dayn”, che significa debito: questo concetto può tradursi come vendita o
transazione di un debito di qualità sia nei confronti del debitore che di una terza
parte.
Si tratta di uno strumento relativamente recente, essendo stato approvato in via
ufficiale nel 1996 dal Malaysian Securities Commission Shariah Advisory
Council con approvazione unanime171.
È tuttavia di uno strumento controverso nei confronti del quale si esprimono
diverse opinioni: la scuola hanafita risulta la più conservatrice, la scuola malikita
e la scuola shafiita accettano lo strumento solo se il debito è garantito ed è
scambiato contro la consegna immediata di una certa quantità e qualità di beni.
Perché lo strumento sia accettabile dalla giurisprudenza islamica è necessario che
il debito oggetto della transazione sia “di qualità”, ossia che sia conforme alla
legge della Shariah, in modo da evitare l’insorgere della riba e del gharir.
5.4.8. Tawarruq
171
Il bay – al – dayn è uno strumento particolare, che si è sviluppato soprattutto nel mercato
malese ed il cui concetto è alla base della struttura dello strumento del sukuk, cioè l’obbligazione
islamica.
133
Il tawarruq è una combinazione di due transazioni di vendita e permette al cliente
di ottenere liquidità senza il tramite di un prestito basato sul tasso di interesse.
Attraverso lo strumento del tawarruq il cliente acquista dalla banca un bene con
pagamento differito in modo da acquistarne la proprietà, rivenderlo sul mercato e
rispondere alle proprie esigenze di liquidità.
Il tawarruq si configura come segue:
1. Il cliente comunica alla banca la propria necessità di liquidità;
2. La banca acquista il bene di valore pari alle necessità di liquidità del
cliente dal venditore, pagando il prezzo definito (P);
3. La banca vende il bene al creditore attraverso il contratto del murabaha: il
pagamento è differito e comprende un mark–up (P+I);
Nel moderno contesto dell’Islamic banking la banca assume il ruolo di agente del
cliente e vende, dopo un determinato periodo di tempo, il bene ad una terza parte,
o allo stesso venditore, al prezzo corrente del bene (P*). In questo modo la banca
partecipa ad entrambe le transazioni di vendita.
Perché la transazione sia considerata lecita è necessario che intercorra un periodo
di tempo tra il momento in cui la banca acquista il bene (al prezzo P) ed il
momento in cui lo rivende ad una terza parte o al venditore stesso (al prezzo P*) e
che non vi sia un premeditato accordo tra le parti.
Il lasso di tempo richiesto dalla legge islamica ha l’obiettivo di evitare che si
incorra nel divieto della riba: considerando che potrebbe esistere una differenza
tra il prezzo a cui la banca acquista il bene e a cui la banca lo rivende è necessario
che trascorra un lasso di tempo che permetta alla banca di un rischio per
giustificare l’eventuale profitto.
5.4.9. Bay bithman ajil (BBA)
134
Si tratta di uno strumento di vendita differita particolarmente utilizzato per il
finanziamento a lungo termine del credito al consumo, specialmente in relazione
all’acquisto veicoli ed immobili.
Perché il contratto sia lecito è necessario uno specifico accordo tra le parti in
relazione al prezzo da pagare ed al mark-up in esso incluso: il mark-up viene
giustificato dalla transazione commerciale tra compratore e venditore perciò nel
momento in cui viene a mancare questa transazione le parti incorrono nel divieto
della riba ed il contratto perde la validità. Nonostante il pagamento sia differito è
necessario che la vendita sia immediata.
In relazione al bene oggetto della transazione esso deve presentare i seguenti
requisiti:
-
Deve esistere al momento della vendita, eccetto la proprietà immobiliare;
-
Deve essere di proprietà del venditore;
-
Deve essere lecito;
-
Deve essere trasferibile al compratore;
-
Deve essere conosciuto da entrambe le parti.
Il prezzo deve comprendere il valore del bene calcolato al prezzo di mercato ed un
mark-up definito ed accettato tra le parti.
5.5. Considerazioni conclusive
L’esigenza di finanziamento sia all’impresa che ai privati ha spinto il sistema
bancario islamico a sviluppare una pluralità di strumenti che permettessero
l’operatività dell’impresa senza incorrere nei divieti della riba, del gharar e del
maysir, classificabili in strumenti di equity e in strumenti di debito.
Un aspetto peculiare del sistema bancario islamico fa riferimento all’esistenza del
Comitato della Shariah che garantisce ai clienti che gli strumenti offerti dalla
banca siano halal. Questo genera una mancanza di standardizzazione soprattutto
in riferimento all’offerta di strumenti che presentano la componente del mark-up
135
nei confronti dei quali, come si è visto, non vi è un accordo unanime, ma anche in
riferimento alle possibilità di finanziamento ottenibili per mezzo di capitale di
equity dovendo essi essere considerati leciti.172
Un altro aspetto da considerare è che si potrebbe presupporre che le imprese
utilizzino gli strumenti islamici per finanziare la propria attività in relazione alla
penetrazione del sistema bancario islamico nel territorio: una ricerca condotta da
Nazam Dzolkarnaini e Marizah Minhat173 dimostra come sia anche fondamentale
il ruolo che gioca il governo nell’influenzare le scelte di struttura finanziaria
dell’impresa.174
In generale possiamo distinguere gli strumenti bancari sulla base delle esigenze
che vanno a soddisfare175:
a) Finanziamento al capitale circolante per l’export: murabaha;
b) Acquisto di cambiali: bay-al-dayn;
c) Finanziamento al capitale circolante per motivi diversi dall’export:
tawarruq e salam;
d) Leasing con opzione di acquisto per attrezzature, macchinari e veicoli:
ijarah;
e) Finanziamento alla costruzione di immobili: bay bithaman ajil;
f) Finanziamento a lungo termine per fabbisogni operativi o in conto
capitale: tawarruq.
Appare evidente come nel sistema finanziario islamico il ruolo svolto dalle
banche è di particolare importanza e come il principio del profit and loss sharing
richiede ai clienti, siano essi privati o imprese, di avere fiducia nei confronti
dell’istituto finanziario con il quale compartecipano a profitti e perdite.
172
Ad esempio il finanziamento ad un aereo rischia di non essere accettato dal Comitato della
Sharia delle banche nei Paesi del Golfo, tipicamente conservatori, in quanto in questo aereo si
servirà dell’alcool. Allo stesso modo lo stesso finanziamento potrebbe essere accettato dal
comitato della Sharia della Malaysia che riterrebbe che offrire alcool ai passeggeri non è la
funzione principale della compagnia aerea.
173
N. Dzolkarnaini, M.Minhat, “In Search of a Theory of Corporate Financing and Islamic
Financial Instruments”, 8th International Conference on Islamic Economics and Finance
174
Sotto questo profilo il ruolo svolto dal governo malese è stato molto importante per la
diffusione degli strumenti islamici sia bancari che di mercato.
175
Fonte: Intervista di A. Brugnoni a A. Liotta – partner Deloitte.“Finanza islamica come
incentivo agli investimenti”, Magazine per lo sviluppo sostenibile del Mediterraneo, n.2 – Anno I
– luglio – settembre 2013
136
Il ruolo dello Shariah Supervisory Board caratteristico delle banche e di tutte le
istituzioni finanziarie islamiche è molto importante in quanto composto da esperti
della legge appartenenti alle diverse scuole giuridiche che hanno il compito di
garantire il carattere halal degli strumenti finanziari e di preservare la Comunità
dall’errore. Proprio per questo motivo gli studiosi di legge islamica, ulama, hanno
sempre goduto di un particolare rispetto da parte della società.
Si può quindi concludere che la fiducia necessaria affinché il sistema finanziario
islamico sia efficiente non si rivolge al singolo istituto finanziario 176 , ma
direttamente ad Allah. Il sistema finanziario islamico, infatti, sia dalle sue origini
e durante tutto il suo processo evolutivo, ha cercato di rispondere alle esigenze
economico – finanziarie di privati, famiglie ed imprese sempre nel rispetto dei
princìpi del Sacro Corano che è considerato dalla Comunità dei Musulmani come
eterno e giusto e quindi adattabile anche a questa particolare epoca.
Figura 5.8. Forme di finanziamento a disposizione delle imprese Shariah –
compliant
Fonte: elaborazione propria
176
Si deve comunque considerare come nel contesto islamico i membri che compongono lo
Shariah Board, in relazione alla stima che essi godono da parte della Comunità dei Musulmani,
rappresentano un importante vantaggio competitivo.
137
6. IL MERCATO DEI CAPITALI
SHARIAH – COMPLIANT
Accanto al tradizionale sistema bancario islamico si è nel tempo sviluppato anche
un sistema di mercato Shariah – compliant.
Per permettere agli investitori ed alle aziende di rispondere alle proprie esigenze
economiche con strumenti anche molto sviluppati, ma sempre in armonia con
l’etica dell’Islam, gli studiosi della Shariah hanno sviluppato i sukuk, alternativa
islamica alle obbligazioni, e sebbene in situazioni di forti controversie e
contrapposizioni anche le alternative islamiche agli strumenti derivati.
Allo sviluppo del sistema di mercato islamico si è accompagnato una maggiore
complessità ed un maggior interesse nei confronti della finanza islamica che
hanno portato allo sviluppo degli indici di borsa Shariah – compliant accanto a
quelli tradizionali individuando criteri di ammissione, esclusione o delisting di
tipo sia qualitativo che quantitativo, derivanti direttamente dall’interpretazione dei
testi sacri.
6.1. Lo strumento dei Sukuk
I sukuk rappresentano uno dei più importanti strumenti della finanza islamica la
cui nascita è all’origine della crescita del mercato dei capitali islamico. I sukuk
sono importanti in quanto costituiscono l’alternativa islamica alle obbligazioni
tradizionali che non possono essere accettate a causa del divieto della riba177. I
sukuk offrono agli investitori musulmani la possibilità di sottoscrivere dei
certificati di investimento Shariah – compliant che possono poi essere scambiati
sul mercato secondario.
177
Le obbligazioni tradizionali non sono compatibili con i valori della finanza islamica a causa del
divieto della riba in quanto presentano una remunerazione fissa stabilita a priori
138
Lo strumento dei sukuk permette sia alle imprese che ai governi di emettere degli
strumenti Shariah – compliant sul mercato allo scopo di finanziare la propria
attività, ma viene anche utilizzato dalle istituzioni finanziarie islamiche,
soprattutto dalle banche, per la gestione del rischio di liquidità178 o per operazioni
di cartolarizzazione 179 e dalla clientela per obiettivi di diversificazione del
portafoglio.
L’AAOFI180 definisce i sukuk come “certificati che hanno un valore legale e che
rappresentano quote indivise di proprietà di attivi intangibili, di usufrutti e di
servizi, o ancora di proprietà di un particolare progetto e di un’attività di
investimento specifica”181 e ne individua diciassette tipologie, nonostante i più
utilizzati siano essenzialmente sei.
I sukuk sono titoli di comproprietà di un attivo tangibile che danno diritto al
possessore di partecipare al finanziamento di un progetto finanziario e di
incassarne gli utili, senza incorrere nei divieti della riba, del maysir e del gharar
ed attraverso attività finanziarie di investimento halal: i fondi devono essere
raccolti in conformità con la legge e la finanza islamica e devono essere investiti
in attività e secondo modalità ritenute lecite dalla Shariah.
Al fine di essere conformi alla Shariah i sukuk non possono garantire, a differenza
di quello che accade nel caso delle obbligazioni tradizionali, un rendimento fisso
stabilito ex – ante, ma rispettano il principio islamico di profit and loss sharing. I
sukukholders percepiscono dall’investimento un utile che dipende dall’andamento
dell’asset sottostante e non un interesse garantito e assumono il rischio di impresa,
a differenza degli obbligazionisti che si configurano come creditori.
L’operazione sottostante la struttura generale dei sukuk riprende quella di
cartolarizzazione tradizionale ed infatti è presente uno Special Purpose Vehicle182
che investe il denaro raccolto in attività Shariah – compliant. Il ruolo dello
178
Il rischio di liquidità nella finanza islamica dipende soprattutto dall’assenza di un mercato
interbancario Shariah - compliant
179
Operazioni di cartolarizzazione.
180
L’AAOIFI “Accounting and Auditing Organization for Islamic Financial Institution” è
l’organismo responsabile dell’emissione di standard contabili per le istituzioni finanziarie
islamiche,
181
K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao
Edizioni, Milano, 2013
182
In alcune giurisdizioni, come ad esempio in Bahrein, è possibile strutturare i sukuk senza la
presenza dello Special Purpose Vehicle.
139
Special Purpose Vehicle è quello di acquisire gli asset sottostanti lo strumento
finanziario e di emettere dei certificati di proprietà che siano conformi alla
Shariah e scambiabili sul mercato finanziario: alla scadenza contrattuale lo
Special Purpose Vehicle provvederà alla vendita degli asset ed alla liquidazione
del denaro ai possessori delle certificazioni183 ed infine verrà liquidato.
Caratteristica fondamentale dei sukuk è la presenza di uno Shariah Supervisory
Board che ha il compito di supervisionare e legittimare la strutturazione dello
strumento, l’emissione delle quote, i contratti finanziari a cui lo Special Purpose
Vehicle e il promotore ricorrono per tutto l’arco della vita del sukuk e le attività in
cui i fondi raccolti vengono investiti.
Figura 6.1. Rappresentazione generica dei flussi finanziari in una strutturazione
di sukuk
Fonte: K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao
Edizioni, Milano, 2013
L’AAOIFI individua diciassette strutture di sukuk ed infatti esistono tanti sukuk
quanti sono i possibili strumenti finanziari Shariah – compliant sottostanti:
183
I certificati di proprietà dei sukuk possono essere scambiati sul mercato secondario, esattamente
come nel caso delle obbligazioni tradizionali, e quindi non necessariamente il possessore finale
coincide con quello iniziale.
140
nonostante questo i modelli sukuk a cui si fa maggiore ricorso si basano sui
contatti islamici di musharaka, mudarabah, murabaha, ijara, salam e istinsa184.
Esistono diversi modelli di sukuk che possono essere distinti sulla base del livello
di garanzia che il promotore concede ai possessori dei certificati:
-
Sukuk non garantiti (asset – backed sukuk): la proprietà legale degli attivi
sottostanti il sukuk viene riconosciuta ai possessori dei certificati che si
fanno carico di tutti i rischi dell’operazione;
-
Sukuk garantiti (asset – based sukuk): la proprietà legale degli attivi non
viene riconosciuta ai possessori dei certificati che quindi non si fanno
carico dei rischi dell’operazione. Sebbene il diritto musulmano non
prevede la possibilità di concedere garanzie dirette ai possessori di sukuk185
esistono una meccanismi che replicano le garanzie che possono essere
fornite dal promotore.
6.1.1. Il sukuk al – musharaka
Lo strumento sottostante questo tipo di sukuk è il contratto di musharaka e per
questo motivo il sukuk al – musharaka viene utilizzato quando il soggetto
promotore e il soggetto fiduciario decidono di partecipare all’attività di un
progetto sottostante condividendo l’apporto di risorse finanziarie o di altra natura.
Sulla base dei principi che disciplinano lo strumento del musharaka nel caso in
cui il progetto produca degli utili essi vengono ripartiti tra promotore e fiduciario
secondo un rapporto di spartizione predefinito, mentre le perdite vengono
strettamente ripartite sulla base del capitale investito: la quota di profitto è
comunque stabilita in modo da permettere al fiduciario di versare un utile più o
meno regolare ai possessori dei certificati.
184
I sukuk che si basano sui contratti di musharaka e mudarabah vengono compresi nella
securization dei titoli di equity islamici, mentre i sukuk che si basano sui contratti di murabaha,
istinsa e salam della securization dei titoli di debito islamici.
185
Si cadrebbe altrimenti nel divieto della riba.
141
A seconda dell’opinione degli esperti di legge islamici il grado di tangibilità degli
asset considerati dal musharaka deve essere compreso tra il 33% ed il 50%,186
nonostante questo possa non essere preventivamente identificato.
Un’alternativa a questo tipo di sukuk prevede di considerare il contratto di
declining musharaka in modo che la vendita delle quote da parte del fiduciario
avvenga in maniera progressiva nel corso della durata della vita del sukuk.
Figura 6.2. La struttura del sukuk al – musharaka
Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009
6.1.2. Il sukuk al – mudarabah
Questo tipo di sukuk considera come strumento finanziario islamico sottostante il
contratto di mudarabah nel quale gli investitori finanziano lo Special Purpose
Vehicle, che assume il ruolo del finanziatore rabb al – mal, e il soggetto
promotore, che assume il ruolo di dell’imprenditore mudarib.
Nel sukuk al – mudarabah si prevede che in caso di utili essi vengano ripartiti tra
gli investitori al netto delle spese di gestione e di remunerazione del promotore e
dello Special Purpose Vehicle e che in caso di perdite esse ricadano
esclusivamente sui titolari dei certificati.
186
“Dubai International Financial Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009
142
Al termine del periodo di vita del sukuk l’impresa mudarabah su cui si è fondata
l’operazione viene liquidata e si prevede che il promotore acquisti la totalità delle
quote al valore di mercato e che il montante raccolto sia corrisposto agli
investitori sottoforma di valore di riscatto dedotte le quote di gestione e di
compenso per il promotore e lo Special Purpose Vehicle.
Figura 6.3.. La struttura del sukuk al – mudarabah
Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009
6.1.3. Il sukuk al – murabaha
Questo tipo di sukuk si fonda sul contratto di murabaha e prevede che lo Special
Purpose Vehicle costituito ad hoc acquisti materie prime sul mercato e che le
rivenda al promotore: l’ammontare di utile ricavato sulla base del meccanismo di
mark – up caratteristico dello strumento del murabaha servirà per remunerare i
titolari dei certificati.
143
Figura 6.4. La struttura del sukuk al – murabaha
Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009
6.1.4. Il sukuk al – ijara
Questo tipo di sukuk si fonda sul contratto di ijara ed è il più popolare e diffuso al
mondo grazie all’accoglienza favorevole da parte delle scuole giuridiche
islamiche e alla struttura flessibile che permette un ritorno distribuibile generato
da attività tangibili.
Figura 6.5. La struttura del sukuk al – ijara
Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009
144
In questo sukuk i fondi raccolti nella sottoscrizione vengono investiti per
acquistare beni tangibili
leciti allo scopo di metterli
in locazione dietro il
pagamenti di canoni di locazione garantiscano profitti Shariah – compliant
periodici e tendenzialmente fissi ai sukukholder.
6.1.5. Il sukuk al – istinsa
Questo tipo di sukuk si fonda sul contratto islamico istinsa e corrisponde al
precedente nel caso in cui i beni oggetto del contratto di locazione siano ancora in
costruzione. Accanto al contratto di istinsa viene spesso affiancato un contratto di
ijara in modo da godere dei futuri affitti in via preventiva.
Figura 6.6. La struttura del sukuk al – istinsa
Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009
Quando la costruzione del bene è terminata è possibile che la proprietà continui
per un certo periodo di tempo in modo da permettere ai titolari dei certificati di
beneficiare della locazione dello stesso (sukuk al – ijara), oppure è possibile
procedere alla vendita del bene in modo da remunerare gli investitori sulla base
del profitto realizzato.
145
Il sukuk al – instinsa trova un utilizzo minore rispetto agli altri tipi di sukuk
principalmente perché l’allocazione dei certificati sul mercato durante il periodo
di costruzione del bene risulta difficile.
6.1.6. Il sukuk al – salam
Questo tipo di sukuk si fonda sul contratto islamico salam che prevede una
consegna differita a fronte di un pagamento immediato.
Figura 6.7. La struttura del sukuk al – salam
Fonte: “Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009
In questo modello di sukuk lo Special Purpose Vehicle utilizza i capitali raccolti
attraverso l’emissione dei certificati per realizzare un’operazione salam nei
confronti del soggetto promotore il quale riceve la somma di denaro
immediatamente, ma consegnerà l’attivo contrattualmente definito in una data
futura determinata tra le parti dal quale si ricaverà il profitto che verrà ripartito tra
gli investitori.
Il sukuk al – salam trova un utilizzo minore rispetto agli altri tipi di sukuk a causa
della non negoziabilità i certificati sul mercato nel periodo intercorrente tra il
146
pagamento immediato e la consegna differita che si configurerebbero come debito
e quindi non Shariah – compliant.
6.1.7. Obbligazioni e sukuk a confronto
I sukuk sono considerati l’alternativa islamica delle obbligazioni tradizionali che
sono considerate non Shariah – compliant in quanto offrono un rendimento
garantito fino a scadenza. Sia i sukuk che le obbligazioni tradizionali sono prodotti
finanziari che hanno una scadenza fissata in anticipo e che possono essere quotati
e quindi scambiati sul mercato secondario, ma mentre nel contesto tradizionale gli
obbligazionisti si configurano come creditori e non si assumono, a differenza
degli azionisti, il rischio di impresa nel contesto islamico i sukukholder hanno
diritto a ricevere un utile sulla base dell’andamento dell’attività sottostante.
Gli utili dei sukuk non incorporano l’interesse in quanto considerato elemento
haram, ma dipendono dai risultati dell’attivo sottostante finanziato: per questo
motivo i sukuk non sono soltanto soggetti al rischio di credito, ma anche al rischio
di volatilità del rendimento degli attivi finanziati187. Esistono diversi modelli di
sukuk sulla base dei contratti finanziari islamici che vengono presi come
riferimento: sulla base delle caratteristiche del contratto islamico di riferimento e
dell’attivo sottostante finanziaro i modelli di sukuk si caratterizzano per profilo di
rischio – rendimento diverso e permettono all’investitore poco propenso al rischio
di investire in conformità con la legge della Shariah.188
Oltre ai rischi convenzionali189 i sukukholder sono soggetti anche ad una serie di
rischi specifici, assenti per gli obbligazionisti:
187
Alcuni comparano i sukuk agli ABS che si presentano sotto forma di valori mobiliari addossati
ad un portafoglio di attivi che ne determina i flussi.
188
Il sukuk al – ijarah, ad esempio, presenta un profilo di rischio – rendimento minore rispetto ad
un sukuk al – musharaka in quanto genera degli utili sottoforma di pagamento di canoni di
locazione che si caratterizzano, in linea di principio, per stabilità in termini sia di ammontare che
temporali.
189
I rischi tradizionali a cui sono soggetti gli obbligazionisti sono il rischio di controparte, il
rischio di reinvestimento e il rischio di liquidità.
147
-
Il rischio di credito: il rischio di credito assume forme diverse a seconda
del modello del sukuk e quindi del contratto finanziario islamico
sottostante. L’intero sistema finanziario islamico si basa sul concetto del
profit and loss sharing ed il divieto della riba non permette la
rinegoziazione del debito.
-
Il rischio di mercato: il rischio di mercato è relativo alla possibilità di
liquidazione degli attivi sottostanti il sukuk al momento della liquidazione.
-
Il rischio di tasso: i sukuk sono indirettamente esposti alle fluttuazioni dei
tassi di interesse sui mercati internazionali attraverso le valutazioni
comparative delle operazioni di finanziamento sottostanti.
-
Il rischio di tasso di rendimento: il rischio del tasso di rendimento si
riferisce alla possibilità che il progetto finanziato non consegua la
performance attesa e si presenta anche attraverso il mancato riscatto degli
attivi sottostanti alla data di scadenza e conseguente mancato rimborso dei
certificati ai sukukholder.
-
Il rischio di liquidità190: il rischio di liquidità è particolarmente impostante
nel contesto islamico e si riferisce alla difficoltà di scambio dello
strumento sul mercato causata in parte dalla ristrettezza del mercato e
dall’altra dai limiti imposti dalla finanza islamica.
-
Il rischio di cambio: i sukukholder sono esposti al rischio di cambio nel
caso in cui la divisa nella quale sono registrati gli attivi sottostanti e quella
nella quale sono registrati i fondi di sukuk differiscano.
-
Il rischio di non conformità: la non conformità del prodotto finanziario al
diritto
musulmano
comporta
la
degradazione
della
reputazione
dell’emittente e può causare anche il delisting dalle Borse Shariah –
compliant.
190
Il rischio di liquidità non è supportato da coloro che investono nel sukuk e decidono di detenere
le quote sino a scadenza.
148
6.2. Il mercato dei derivati
I principali strumenti finanziari che vengono scambiati sul mercato a termine sono
il contratto forward ed il contratto future.
Stipulando un contratto di forward le due parti si accordano per lo scambio di
un’attività finanziaria definendo la consegna ad una data futura e ad un prezzo
stabilito. Dato che la consegna del bene avviene ad una data futura il gap
temporale tra momento di sottoscrizione del contratto e momento di consegna
dell’attività finanziaria sottostante genera un rischio per entrambe le parti: il
venditore dell’attività finanziaria è esposto il rischio di un ribasso del prezzo,
mentre il compratore ad un ribasso. Venditore e compratore decidono di ricorrere
allo strumento del forward e in modo da definire al tempo t0 il prezzo di scambio
del bene la cui consegna avverrà al tempo t1 per gestire i rispettivi rischi. Il ricorso
al contratto forward genera due benefici: annulla il rischio a cui le parti sono
soggette e permette loro di pianificare la propria attività con maggiore certezza.
Quando un contratto forward presenta delle caratteristiche di standardizzazione e
viene negoziato su una Borsa organizzata viene definito future. I contratti future
aumentano l’efficienza del mercato in quanto permettono di far coincidere le
esigenze del venditore e del compratore in termini di gestione del rischio e la loro
caratteristica di standardizzazione agevola le contrattazioni.
Un altro strumento caratteristico del mercato dei derivati è lo strumento degli
swaps. Gli swap sono nati negli anni Ottanta come soluzione all’elevata volatilità
dei tassi di interesse e da allora hanno conosciuto una forte crescita in quanto il
loro utilizzo permette di raggiungere diversi vantaggi.
Lo swap è un contratto con il quale due controparti si accordano per scambiarsi
nel tempo due diversi flussi di cassa di pari ammontare e denominati in valute
diverse.
La tipologia più diffusa è l’interest rate swap (IRS) in cui le controparti si
obbligano a scambiarsi i flussi periodici di interessi su due debiti indipendenti e di
ammontare equivalente e in cui una delle due parti effettua l'operazione pagando
un tasso fisso mentre l'altra un tasso variabile.
149
In un contratto di currency swap 191 le due parti hanno esigenze opposte e
complementari e si scambiano i rispettivi debiti denominati in valute diverse che
comporterà un acquisto a pronti di una determinata quantità di valuta e la
stipulazione di un contratto di vendita a termine ad una data future e ad un tasso di
cambio prestabiliti. Il currency swap si struttura in tre parti: in un primo momento
avviene lo scambio dei debiti denominati in valuta diversa, in un secondo
momento e per un periodo di tempo determinato ciascuna delle parti si impegna a
pagare gli interessi sul debito ed infine vengono scambiate le valute al tasso di
cambio prefissato.
Lo swap è uno strumento derivato che permette alle imprese di proteggersi dal
rischio del tasso di interesse e dal rischio di valuta delle imprese che operano nei
mercati internazionali. In secondo luogo il ricorso allo swap permette alle imprese
di ridurre il costo di funding in quanto permettono di accedere a mercati di
raccolta del capitale altrimenti inaccessibili. Un altro vantaggio legato agli swap è
la possibilità di ristrutturare la posizione finanziaria netta sulla base delle proprie
esigenze ed in maniera flessibile in quanto permettono di trasformare un’attività o
una passività a tasso fisso in una a tasso variabile e viceversa.
La terza categoria di strumenti derivati è costituita dalle opzioni. Le opzioni sono
strumenti altamente utilizzati a fini speculativi, ma impiegabili anche per obiettivi
di copertura specialmente in riferimento al rischio di cambio.
Le opzioni si distinguono in opzioni call ed opzioni put. Un’opzione call dà
all’acquirente il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare (opzione call) o di vendere
(opzione put) il sottostante alla data di scadenza192, o entro una certa scadenza193,
ad un dato prezzo di esercizio. Acquirente e venditore eserciteranno l’opzione
sulla base del principio di convenienza economica: l’acquirente quando il prezzo
di mercato al momento di esercizio dello strumento sarà maggiore del premio
pagato, il venditore in situazione opposta.
191
I currency swap possono essere entrambi a tasso fisso, entrambi a tasso variabile oppure swaps
misti.
192
Si parla in questo caso di opzione europea.
193
Si parla in questo caso di opzione americana.
150
6.2.1. Il mercato dei derivati secondo la Shariah
La maggior parte degli esperti della Shariah non ritengono legittimo l’utilizzo dei
derivati. Ciò nonostante un importante passo in avanti è stato fatto dalla Malesia
che nel 2006 ha sottoscritto un accordo con la International Swaps and Derivate
Association (ISDA). Nel 2010 la ISDA e la IIFM hanno sviluppato il “Tahawwut
Master Agreement” che ha il compito di disciplinare il mercato dei derivati
islamici. La volontà degli studiosi islamici è stata quella di strutturare dei prodotti
Shariah – compliant che avessero la capacità di rispondere alle esigenze di
gestione del rischio, ma minimizzando laddove non fosse possibile eliminate la
possibilità di speculazione.
I derivati islamici devono essere caratterizzati da alcuni requisiti:
-
Devono rispettare i criteri che definiscono un contratto halal;
-
Devono essere privo degli elementi condannati dalla Shariah quali la riba,
il maysir, il gharar194, la corruzione e l’ignoranza;
-
Devono essere costruiti sulla base dei contratti della finanza islamica e
devono essere strettamente collegati ad un bene reale;
-
Gli asset sottostanti devono esistere ed essere di proprietà del venditore, ad
eccezione dei contratti islamici che espressamente prevedono un’eccezione
alla regola generale.
6.2.2. Le alternative islamica ai forward e ai future
Se la teoria tradizionale considera la speculazione come elemento positivo che
accresce l’efficienza di mercato la teoria islamica pone maggiore attenzione agli
effetti che essa può avere a livello di benessere ed armonia sociale.195
194
Lo sviluppo degli strumenti derivati Shariah – compliant dipende anche dal fatto che mentre la
riba, interesse, è sempre tassativamente vietata il gharar, speculazione, è vietato solo quando
eccessivo. Si noti che molti dei disaccordi intervenuti tra gli esperti islamici concernono la
soggettività della percezione di “eccessiva speculazione”.
151
Il motivo principale per cui i contratti di forward e future tradizionali non sono
accettati dagli esperti di legge islamica risiede nel fatto che sia il pagamento che la
consegna sono differiti nel tempo. Un contratto a termine, inoltre, viola la
proibizione della Shariah sulla vendita di beni non ancora esistenti o non ancora
di proprietà del soggetto venditore, tuttavia gli studiosi islamici sono
maggiormente conservatori circa l’esistenza della riba, mentre si mostrano
maggiormente flessibili all’elemento del gharar presente nei contratti a termine,
fermo restando che un livello di speculazione accettabile sia di supporto al
benessere della collettività, in accordo con il principio del maslahah .
Gli studiosi riconoscono l’utilità che i contratti derivati possono avere nella
gestione del rischio di impresa, soprattutto quando essa comporti attività e
passività espresse in valute diverse, ed hanno permesso la stipulazione di contratti
forward e future sottoforma di tre principali contrati Shariah – compliant:
1. Bay-istisna: si tratta di uno scambio che avviene tra produttore e
acquirente che non obbliga nessuna delle due parti ad adempiere alla
propria obbligazione a pronti.
2. Bay-istijrar: si tratta della vendita ripetuta da parte dello stesso venditore.
In questo caso gli studiosi risultano particolarmente flessibili e proprio
perché la vendita ripetuta rappresenta una relazione duratura tra le parti il
differimento sia del pagamento del prezzo che della consegna è accettato.
3. Bay-salam: si tratta del caso più particolare nei confronti del quale la
giurisprudenza islamica prevede che il pagamento del prezzo avvenga a
pronti e la consegna a termine. Il contratto di salam permette lo scambio di
un bene non ancora esistente o non ancora di proprietà del venditore ed è
necessario che il bene ragionevolmente esisterà o sarà di proprietà del
venditore al momento dello scambio.
La giurisprudenza islamica prevede l’utilizzo dei contratti di bay – istisna, bay –
istijrar, che si riferiscono a contratti manifatturieri caratterizzati da rapporti
duraturi tra le parti, in quanto l’elemento del gharar, è minimo ed i beni sono
195
Più che la speculazione stessa la finanza islamica rigetta la teoria della somma zero secondo la
quale possono esistere situazioni in cui il guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente
bilanciato da una perdita o un guadagno di un altro partecipante.
152
difficilmente oggetto di speculazione di prezzo. Nel contratto di bay-salam
l’oggetto di scambio è caratterizzato da beni fungibili che sono facilmente
ricollocabili sul mercato quindi il rischio di gharar aumenta: questo è
probabilmente il motivo per cui gli studiosi islamici insistono sul pagamento a
pronti e la consegna a termine.
La maggior parte degli studiosi di legge islamica non accettano l’utilizzo di
contratti forward e future in valuta, nonostante l’ingegneria finanziaria islamica
stia avanzando degli studi in tal senso.196
6.2.3. Le alternative islamiche agli swap
Nonostante il ricorso allo strumento degli swap comporti la possibilità che essi
vengano utilizzati con il fine della speculazione, elemento non conforme alla
Shariah a causa dei divieti della riba, del gharar e del maysir, la finanza islamica
comprende l’utilità che questo strumento ha per la gestione del rischio, per il
funding e per gli obiettivi di pianificazione per l’impresa ed ha sviluppato i
cosiddetti “Islamic swaps”, ossia swap conformi alla Shariah che, in quanto tali,
non incorporano gli elementi di gharar e di maysir. L’ingegneria finanziaria
islamica ha sviluppato tre tipologie di swap Shariah – compliant: l’FX swap,
l’Islamic cross currency swap e il profit rate swap.
L’FX swap è stato sviluppato con l’obiettivo di fornire alla clientela islamica uno
strumento con il quale proteggersi dal rischio di fluttuazione del tasso di cambio.
L’FX swap si struttura attraverso un doppio scambio di moneta tra due parti: il
primo scambio avviene al tasso spot tra la parte A e la parte B e lo stesso giorno
viene stipulato un contratto forward di breve termine che identifica il tasso
forward al quale la parte B restituirà il denaro alla parte A.
La caratteristica principale di questo tipo di strumento è che lo scambio di
moneta197 deve avvenire a spot. La Shariah non ammette il contratto di spot
196
Per un approfondimento si consulti l’esempio proposto da M. Obaidullah, “Islamic Financial
Services”, Islamic Economic Research Centre, King Abdulaziz University, Jeddah, Saudi Arabia,
2005, pp. 179-182
153
tradizionale in quanto tutti gli scambi di moneta avverranno in futuro sulla base di
un tasso forward stabilito tra le parti, mentre nel caso di un FX swap islamico il
primo scambio di moneta avviene a spot ed il secondo avviene a future sulla base
di accordi contrattuali presi tra le parti nel momento in cui avviene il primo
scambio.
L’FX swap si può strutturare secondo il modello del tawarruq o secondo il
modello del wa’ad.
Il primo modello si struttura attraverso due contratti di tawarruq in modo che
l’investitore che non voglia essere esposto alle fluttuazioni di cambio.
Si consideri ad esempio un investitore che possegga 14.5 milioni di dollari e che
voglia investire in euro con un tasso di cambio USD/€ di 1,45/1 ma senza essere
esposto al rischio di fluttuazione del tasso di cambio. Sulla base del tasso di
cambio esistente investendo 14.5 milioni di dollari l’investitore vuole ottenere 10
milioni di euro. In questo caso l’FX swap islamico si configurerà come segue198:
1. L’investitore acquista, attraverso la banca, un bene per il valore di 14,5
milioni di dollari in contanti;
2. L’investitore vende il bene alla banca al prezzo di 14.501 milioni di dollari
con pagamento differito a un anno;
3. La banca vende il bene al Broker B per 14.5 milioni di dollari in contanti e
cambia i dollari in 10 milioni di euro in base al tasso spot;
4. La banca compra il bene dal Broker B per 10 milioni di euro in contanti;
5. La banca vende il bene del valore di 10 milioni di euro all’investitore al
prezzo di 10.414 milioni di euro con pagamento differito a un anno;
6. L’investitore vende, attraverso la banca, il bene al Broker A ed ottiene i 10
milioni di euro.
197
Lo scambio di moneta all’interno del contesto shariatico (bay al-sarf) è strettamente regolato
dagli esperti di legge islamica.
198
Esempio tratto da: Dr. Asyraf Wajdi Dusuki, “Shariah Parameters on Islamic Foreign
Exchange Swap as Hedging Mechanism in Islamic Finance”, International Conference on Islamic
Perspective on Management and Finance, 2nd-3rd July 2009
154
Figura 6.8. la struttura di un FX swap islamico secondo il modello del tawarruq
Fonte: Dr. Asyraf Wajdi Dusuki, “Shariah Parameters on Islamic Foreign Exchange Swap as
Hedging Mechanism in Islamic Finance”, International Conference on Islamic Perspective on
Management and Finance, 2nd-3rd July 2009
Il secondo modello con cui può essere sviluppato un FX swap islamico è wa’ad199.
Il FX swap islamico si struttura come una doppia operazione: una prima
operazione di scambio di moneta (bay al-sarf) avviene a spot e contestualmente,
attraverso un wa’ad quindi una promessa con valore legale, ci si impegna a
un’altra operazione di scambio di moneta (bay al-sarf) in una data stabilita, ad un
tasso di cambio stabilito e di segno opposto.
199
Il termine “wa’ad” significa promessa. Nella 5th Conference of Islamic Fiqh Academy tenutasi
in Kuwait nel 1988 (1409 H) gli esperti di legge islamica hanno stabilito che il wa’ad è da ritenersi
non soltanto moralmente, ma anche legalmente valido quando viene stipulato all’interno di
contrattazioni commerciali che causano l’assunzione di passività.
155
Si prenda in considerazione l’esempio precedente200 in cui un investitore che ha a
disposizione dollari per un ammontare di 14.5 milioni voglia investire in euro con
un tasso di cambio USD/€ pari a 1,45/1 coprendosi dal rischio di fluttuazione. In
questo caso l’investitore può decidere di coprirsi dal rischio di fluttuazione del
tasso di cambio attraverso un FX swap islamico strutturato secondo il modello
wa’ad nel modo seguente:
1. L’investitore vende alla banca islamica i dollari al tasso spot ed ottiene
euro secondo i principi del bay al-sarf;
2. Nello stesso momento l’investitore e la banca islamica stipulano,
attraverso un wa’ad, ad entrare in una futura transazione di scambio di
moneta che rispetti i principi del bay al-sarf;
3. Alla data futura prestabilita avviene una seconda operazione di bay al-sarf
e l’investitore ottiene dollari in cambio di euro senza essere stato esposto
al rischio di fluttuazione di cambio.
Figura 6.9. La struttura di un FX swap islamico secondo il modello del wa’ad
Fonte: Dr. Asyraf Wajdi Dusuki, “Shariah Parameters on Islamic Foreign Exchange Swap as
Hedging Mechanism in Islamic Finance”, International Conference on Islamic Perspective on
Management and Finance, 2nd-3rd July 2009
200
Esempio tratto da “Shariah Parameters on Islamic Foreign Exchange Swap as Hedging
Mechanism in Islamic Finance”, Dr. Asyraf Wajdi Dusuki, International Conference on Islamic
Perspective on Management and Finance, 2nd-3rd July 2009
156
L’operazione di copertura attraverso il currency swap convenzionale non è
Shariah – compliant. L’ingegneria finanziaria islamica ha sviluppato un currency
swap compatibile con i precetti religiosi e che permetta alle imprese e alle banche
islamiche di godere dei vantaggi che porta questo tipo di strumento consentendo
uno scambio di compensazione di flussi di profitto a fronte di valute con scadenze
volute dalle parti contraenti attraverso due contratti di murabaha201.
Si consideri il caso in cui una banca islamica malese che genera entrate in ringgit
malese debba affrontare per un certo periodo di tempo pagamenti denominati in
dollari. Per allineare le uscite in valuta diversa e coprirsi dal rischio di cambio la
banca malese potrebbe entrare in un currency swap islamico: in base a questo
contratto la banca malese acquisterà una certa quantità di merce A attraverso un
contratto di murabaha in modo da percepire i canoni futuri in rigging malese e
contemporaneamente un’altra banca islamica, con sede per esempio in uno dei
paesi del GCC202, acquisterà attraverso lo stesso strumento una certa quantità di
merce B attraverso un contratto di murabaha denominato in dollari. Combinando i
due contratti di murabaha denominati in valuta diversa entrambe le banche
saranno in grado di percepire futuri flussi di cassa nella valuta desiderata ed infine
venderanno le materie acquistate al tasso di mercato.
L’operazione si configurerà attraverso i seguenti passaggi:
1. La banca malese acquista da un fornitore un certo ammontare di merce;
2. La banca malese vende la merce alla banca del GCC ed ottiene il
pagamento differito per un determinato periodo di tempo in ringgt;
3. La banca del paese del GCC vende la merce ad un soggetto terzo in dollari
con pagamento differito per un determinato periodo di tempo;
4. La banca del paese del GCC riacquista la merce in dollari;
5. La banca del paese del GCC rivende la merce alla banca malese che paga
in dollari;
6. La banca malese rivende la merce sul mercato ed ottiene il pagamento in
ringgt.
201
Il currency swap islamico può strutturarsi anche attraverso il contratto di bay al-einah che
corrisponde ad un murabaha nel quale coincidono il soggetto cliente e il soggetto venditore è che è
sviluppato esclusivamente in Malesia.
202
Consiglio di Cooperazione del Golfo
157
Con questa operazione le due banche islamiche si sono coperte dal rischio di tasso
in quanto il pagamento differito caratteristico dallo strumento del murabaha ha
permesso alle due banche di poter contare su un flusso di profitto definito e nella
valuta desiderata. A differenza di quello che accade nel caso del currency swap
tradizionale nello strumento islamico non vengono scambiati due debiti e non ci
sono flussi di interesse in quanto i flussi che si generano derivano dallo scambio
sul mercato dell’attivo che regge l’operazione.
Figura 6.10. La struttura dell’Islamic currency swap secondo il modello del
murabaha
Fonte: www.qfinance.com
Il profit rate swap è l’alternativa islamica all’interest swap ed è stato lanciato nel
mercato malese nel 2005 e accettato ufficialmente dalla ISDA e dalla IIFM nel
2012203 con lo scopo di permettere alle banche islamiche di poter gestire il rischio
203
Si veda articolo “IIFM and ISDA launch Mudabadalatul Arbaah (MA) Profit Rate Swap (PRS)
Product standard”, consultabile nei rispettivi siti: www.iifm.net e www.isda.org
158
di esposizione verso tassi fissi e variabili di rendimento permettendo loro di
cambiarne la natura.
Il profit rate swap si basa sulla combinazione di due contratti murabaha204 in
modo che le parti possano scambiarsi degli asset con consegna immediata e
pagamento differito e che un flusso di profitto sia a tasso fisso e l’altro a tasso
variabile.
Il profit rate swap islamico viene realizzato quando due imprese, una profitti che
si manifestano in misura determinata (Fixed rate payer) e una con profitti che si
manifestano in misura variabile (Floating Rate Payer), necessitano di cambiare la
natura dei propri cash flow e si configura come una combinazione di due
murabaha.
1. I due contraenti stipulano il primo accordo di murabaha nel quale il
floating rate payer acquista da un terzo fornitore un determinato
quantitativo di merci205;
2.
Il floating rate payer vende il quantitativo di merci al fixed rate payer
entrando in un murabaha e stabilendo un mark – up per la transazione ad
un costo che prevede un mark – up fisso per la transazione. La consegna
delle merci avviene nel momento in cui è stipulato il contratto mentre il
pagamento è differito;
3. Il fixed rate payer vende il quantitativo di merci ad un terzo soggetto allo
scopo di realizzare il cash flow necessario per il pagamento;
4. Il floating rate payer riceve un pagamento differito, fisso e periodico per la
vendita delle merci;
5. Contestualmente le parti stipulano il secondo accordo di murabaha nel
quale il fixed rate payer acquista un una porzione del quantitativo di merci
della prima transazione da un soggetto terzo;
6. Il fix rate partner vende le merci al floating rate partner per una consegna
immediata ed un pagamento differito (ad esempio a sei mesi);
204
Il profit rate swap islamico può anche strutturarsi attraverso una serie di promesse unilaterali,
wa’ad, definendo lo scambio in un particolare momento del futuro.
205
Secondo il diritto islamico è necessario essere in possesso del bene per poter contrarre un
murabaha.
159
7. Il floating rate partner vende le merci sul mercato in modo da realizzare il
cash flow necessario per il pagamento;
8. Il fix rate partner acquista e vende una porzione dell’ammontare iniziale di
merci ogni sei mesi e fino a scadenza ed allo stesso modo ogni sei mesi il
floating rate partner vende la porzione di merci sul mercato allo scopo di
realizzare il cash flow per il pagamento dell’operazione.
Per generare i flussi di rendimento variabili nel rispetto della Shariah è necessario
che ad ogni intervallo di tempo, ad esempio ogni sei mesi, il fixed rate payer
acquisti una porzione dell’ammontare delle merci in modo che il mark – up venga
realizzato attraverso uno scambio di mercato e non in forza di un indice di
riferimento come avviene nel contesto convenzionale206.
Figura 6.11. La struttura dell’Islamic Profit Rate Swap
Fonte: “Profit Rate Swap”, Allen & Oliver, IFR Magazines
206
Yusuf Talal De Lorenzo “The Total Return Swap and the Shariah Conversion Technology
Strategem”, 2007
160
6.2.4. Le alternative islamiche alle opzioni
La legittimazione delle opzioni nel contesto Shariah – compliant deriva dalla loro
vicinanza concettuale allo strumento islamico al – urbun .
L’urbun permette all’acquirente di depositare una certa somma in anticipo
concordando che se lo stesso si rifiuterà di renderlo definitivo in una determinata
data allora perderà il deposito ed appare perciò immediatamente assimilabile
all’opzione call tradizionale.
Le posizioni dei giuristi nei confronti dello strumento dell’urbun non sono
perfettamente
concordi
207
,
nonostante
molti
studiosi
oggi
lo
legittimino208soprattutto perché aumenta la possibilità che le parti entrino nella
transazione in modo razionale dando loro la possibilità di limitare l’asimmetria
informativa e gli elementi di incertezza contrattuale.
Secondo gli studiosi islamici una delle giustificazioni giuridiche al ricorso dello
strumento delle opzioni è il concetto di al – khiyar, traducibile come giusto
recesso, che è riconosciuto etico dalle diverse scuole di pensiero.
Il khiyar può essere di vari tipi, ma quello più importante ai fini dell’analisi è il
khiyar al – shart.
Il principio del khiyar non è che un’espressione giuridica del divieto del gharir e
del fatto che uno degli elementi di nullità di un contratto islamico è l’incertezza di
207
La scuola Shaafita e la scuola Malikita lo considerano non Shariah – compliant. La scuola
Hanafita lo accetta con riluttanza in quanto ne riconosce degli elementi di imperfezione mentre la
scuola Hanabalita si è dimostrata la più propensa nella legittimazione.
208
“Past Islamic jurists were divided on determining the ruling of bai' 'urbun. The following is a
sUmmahry of their opinions: the majority were of the opinion that bai' 'urbun is not permissible as
it contained elements of gharar, gambling and taking of property unlawfully. They also discussed
the prohibition of bai' 'urbun by the Prophet s.a.w. Some tabi'in, among them, Mujahid, Ibnu Sirin,
Nafi' b. Haris, Zaid b. Aslam and the Hanbali mazhab considered it permissible based on the
practices of Saidina Omar AI-Khattab. He once appointed Nafi' to be his representative to buy a
house from Safwan b. Umayyah in Mecca to be converted into a prison. Safwan asked Omar for a
deposit and laid down a condition that the deposit would be his if Omar terminated the contract.
Omar agreed to the condition. This opinion was strengthened by Qadhi Shuraih who said that
whoever caused ta'attul (delay) and intizar (waiting) had to pay compensation to the party affected
by the termination of the contract. Although there were two opposing views to this method of
trading, the SAC concluded that the concept of bai' 'urbun is permissible and can be developed as
an instrument in the Islamic capital market in Malaysia. It has been a common practice in any
society to pay a deposit as a payment in a business transaction so that they will not lose their rights
within a certain given period. This does not contradict Syariah principles because it is 'urf sahih to
ensure the smooth running of a muamalah. Bai' 'urbun is permissible because the hadith of the
Prophet s.a.w., indicating the prohibition is weak.” SAC, Ottobre 2003.
161
un elemento contrattuale legato ad asimmetria informativa. Secondo la
giurisprudenza islamica il khiyar al – shart aumenterebbe il livello di efficienza
nel mercato in quanto permetterebbe ai soggetti di non concludere un contratto se,
dal momento in cui le parti hanno preso contratto e il momento in cui avviene la
decisione il livello di asimmetria informativa è diminuito e sulle basi delle nuove
informazioni uno o entrambi i soggetti non ritengono più il contratto conveniente.
Esistono diversi tipi di khiyar, ma il più importante è il khiyar al – shart.
Lo studioso Obaidullah209 evidenzia come il khiyar al – shart possa essere utilizzo
allo scopo di tutela dei rischi da un fondo di investimento islamico. Se la strategia
del fondo comprendesse la possibilità di acquistare o vendere delle azioni di
un’azienda Shariah – compliant dopo un determinato periodo di tempo (ad
esempio 3 mesi) sarebbe esposto al rischio di fluttuazione dei prezzi delle azioni.
Per tutelarsi da questo rischio il fondo potrebbe entrare in un khiyar al – shart per
tre mesi e decidere se acquistare o vendere i titoli sulla base dell’andamento che i
mercati hanno avuto durante l’holding period. Se decidesse di concludere il
contratto, tuttavia, dovrebbe farlo ad un prezzo maggiore rispetto a quello
precedentemente stabilito per rimborsare gli svantaggi che la mancata immediata
stipulazione dell’accordo che ha causato all’impresa.
6.3. Gli indici islamici e le metodologie di screening
L’etica islamica ammette l’obiettivo del profitto ma lo subordina ad obiettivi di
carattere più generale. Il mercato finanziario islamico è un mercato soggetto ad
una specifica disciplina etica ed il rendimento è ammesso soltanto se le attività
attraverso le quali sono è stato generato sono ammesse dalla Shariah.
Gli indici di investimento hanno lo scopo di valutare l’andamento delle società
che costituiscono il loro paniere di titoli. Lo sviluppo della finanza islamica ha
spinto indici tradizionali come il Don Jones e lo S&P ad interessarsi anche alle
209
M. Obaidullah, “Islamic Financial Services”, Islamic Economic Research Centre, King
Abdulaziz University, Jeddah, Saudi Arabia, 2005
162
imprese Shariah – compliant in modo da creare dei benchmark per gli investitori
che aderiscono all’etica islamica, ma ai quali possono ricorrere anche investitori
che intendono semplicemente diversificare il proprio portafoglio. Allo stesso
tempo appositi benckmark sono stati sviluppati anche nei paesi a maggioranza di
popolazione musulmana che intendono sviluppare il settore finanziario islamico: è
il caso ad esempio della Malesia e del Pakistan le cui borse hanno definito
specifici criteri di screening.
Secondo gli studiosi la nascita di benckmark Shariah – compliant sono importanti
anche quale spinta all’ulteriore sviluppo della finanza islamica.
6.3.1. I criteri di screening qualitativi
Dati i limiti imposti dalla Shariah non tutte le imprese possono essere comprese
negli indici di borsa islamici, ma devono rispecchiare criteri di ammissibilità sia
di tipo qualitativo che quantitativo.
Sotto l’aspetto dei criteri qualitativi la natura del business dell’impresa islamica
sottoposta a screening deve essere halal e quindi non essere compresa nelle
seguenti attività vietate:
-
finanza basata sul tasso di interesse (banche ed assicurazioni tradizionali);
-
produzione, commercializzazione di alcool e suoi derivati;
-
produzione, commercializzazione di carne suina e suoi derivati;
-
produzione, commercializzazione di tabacco;
-
produzione di armamenti;
-
società del settore del gioco d’azzardo;
-
società del settore della pornografia.
Gli aspetti qualitativi si estendono anche alla controparte dell’impresa soggetta a
screening che dovrebbe possedere solo un ammontare “trascurabile” di
investimenti e partecipazioni in imprese non Shariah – compliant. Secondo
163
quanto affermato da Khatkhatay e Nisar210 la minoranza più conservatrice degli
studiosi della Shariah non ammette in nessun caso investimenti in capitale a pieno
rischio di imprese non conformi alla Shariah, mentre la maggioranza li ammette
se trascurabili, fissandone generalmente l’ammontare massimo al 5%.
6.3.2. I criteri di screening quantitativi
I criteri quantitativi nascono dall’esigenza di mantenere determinati ratio
finanziari al di sotto di un determinato limite e considerano: il livello di
indebitamento, il livello di attivi e passivi portatori di interessi, il livello di
liquidità ed il livello di credito.
Mentre nei confronti dei criteri qualitativi la maggioranza degli indici Shariah –
compliant si uniforma, nel caso dei criteri di tipo qualitativo si possono osservare
più differenze. La maggior parte dei benckmark considerano il limite soglia del
33% in accordo con la Sunna del Profeta Muhammad 211 ma alcuni indici
impongono delle soglie di accesso diverse. Queste differenze hanno la
conseguenza che alcune aziende possono essere considerate Shariah – compliant
da indici, ma escluse da altri che impongono limiti più restrittivi.
I ratio finanziari considerati nel processo di screening sono i seguenti:
-
Livello di indebitamento (debt ratio): il ricorso agli interessi è contrario
alla Shariah e quindi haram. Ciò nonostante nel moderno contesto è
difficile che un’impresa sia assolutamente non indebitata o non abbia
partecipazioni in capitale a pieno rischio che presentano un livello anche
minimo di finanziamento ad interesse. Per questo motivo la maggior parte
degli studiosi della Shariah ricorre al principio del masalahah, pubblico
interesse, ed ammette un livello di indebitamento trascurabile.
210
M. H. Khatkhatay, S. Nisar, “Shariah Compliant Equity Investment: An Asset of Current
Screening Norms”, paper presented at the Seventh Harvard University Forum on Islamic Finance,
April 23, 2006, Harvard Law School, Massachusetts, USA
211
In un hadit il Profeta Muhammad ha affermato che il giudizio dipende dalla maggioranza, non
dalla minoranza, aggiungendo che la linea di demarcazione tra la maggioranza e la minoranza è un
terzo.
164
Alcuni indici ricorrono al ratio espresso da totale debito : totale attivo,
mentre altri quello espresso da debito: capitalizzazione di mercato.
-
Utili provenienti da interessi acquisiti: questo limite viene analizzato sotto
un duplice aspetto. Da una parte gli utili da interesse diretti devono essere
minori del 5% del fatturato, dall’altra gli utili da interessi derivanti da
attività di investimento devono essere inferiori ad una soglia che va dal
30% al 33,33% a seconda del fondo o indice islamico.
-
Livello di attivi liquidi: il divieto della tesaurizzazione condanna la
detenzione di attività liquide all’interno dell’impresa ed è richiesto che la
maggioranza delle attività di un’impresa o di un fondo di investimento
Shariah – compliant sia illiquida perché le azioni possano essere
scambiate sul mercato e non assimilate allo scambio di moneta.
Il livello di attivi liquidi soglia viene calcolato in modo diverso dai vari
indici. Alcuni considerano solo il livello di liquidità corrente, mentre altri
includono nel calcolo anche i crediti e gli investimenti a breve termine da
ricevere. Alcuni indici rapportano il numeratore al totale dell’attivo ed altri
alla capitalizzazione di mercato. Allo stesso modo alcuni indici pongono il
livello di attivi liquidi massimo accettabile al 33%, altri attorno al 50%.
Figura 6.12 Criteri quantitativi dei principali indici di Borsa
DJIMI
FTSE GIIS
33%
50%
49%
S&P Shariah
Percentuali di liquidità
(Crediti + disponibilità)/Totale attivi
Crediti/Capitalizzazione
Percentuali di debito
Totale debiti/Totale attivi
Totale debiti/Capitalizzazione
33%
33%
33%
Percentuali di utile da interesse
Utili da interesse/Fatturato
(Disponibilità + investimenti a breve termine)/Capitalizzazione
(Disponibilità + investimenti a breve termine)/Totale attivi
Dove:
DJIMI: Dow Jones Islamic Market Index
FTSE GIIS: FTSE Global Islamic Index Series
5%
33%
33%
33%
Fonte: K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao
Edizioni, Milano, 2013
165
6.4. Gli organi che compongono il sovra sistema finanziario
islamico
Lo sviluppo della finanza islamica è stato reso possibile dall’intervento e dallo
sforzo degli esperti della Shariah e da appositi organi di studio e promozione
degli spetti del settore, la maggior parte dei quali ha sede in Bahrain:
1. AAOIFI (Accounting and Auditor Organization for Islamic Financial
Institutions): è il primo organo della finanza islamica creato nel 1991 in
Bahrain. Ha l’obiettivo di armonizzare il settore e migliorare la chiarezza e
la trasparenza delle pratiche delle istituzioni finanziarie islamiche
attraverso l’aggiornamento di norme contabili, di auditing e di governance.
Ad oggi l’AAOIFI ha emanato 88 principi212 di cui: 48 principi sulla
Shariah, 26 principi legati alla contabilità, 5 principi sulla revisione
contabile, 7 principi sulla governance e 2 principi in termini di codice
etico.
2. IIFM (International Islamic Financial Market): è stato fondato nel 2001 in
Bahrain per volontà delle banche centrali o delle autorità monetarie di
Bahrain, Indonesia, Sudan, Malesia, Brunei e della Banca Islamica dello
Sviluppo. L’obiettivo dell’IIFM è quello di sviluppare il mercato dei
capitali islamici e di promuovere gli scambi all’interno di un settore
regolamentato.
3. CIBAFI (General Council for Islamic Banks and Financial Institutions):
nasce nel 2001 in Bahrain con l’intento di promuovere l’industria
finanziaria islamica sia sul piano teorico che operativo.
4. ISFB (Islamic Financial Service Board): nasce nel 2002 in Malesia con
l’obiettivo di sviluppare un insieme di norme e standard che integrino gli
Standard di Basilea in tema di gestione del rischio, adeguatezza dei fondi
propri e governance.
5. LMC (Liquidity Management Centre): è stato fondato nel 2005 in Bahrain
e offre soluzioni in materia di gestione della liquidità per le istituzioni
212
Per un approfondimento sui principi emanati dall’AAOIFI si rimanda al sito ufficiale
dell’organizzazione www.aaoifi.com
166
finanziarie islamiche che non possono ricorrere al mercato interbancario a
causa del divieto della riba. Ambisce a sviluppare un mercato
interbancario islamico attivo attraverso la creazione di un mercato
secondario per i prodotti di tesoreria a breve termine.
6. IIRA (Islamic International Rating Agency): è l’agenzia di rating per le
istituzioni finanziarie islamiche ed è stata creata in Bahrain nel 2005. Si
occupa dell’emissione degli emittenti di titoli Shariah – compliant e
svolge un importante ruolo nella promozione della trasparenza del mercato
islamico dei capitali.
7. IICRA (International Islamic Centre for Reconciliation and Arbitration): è
stato creato nel 2005 a Dubai ed è il principale centro di riconciliazione ed
arbitraggio dei contenzioni riguardanti i contratti finanziari islamici.
Figura 6.13 I principali organi della finanza islamica
ISTITUZIONE
ANNO E LUOGO
DI CREAZIONE
OBIETTIVI
AAOIFI
1991, Bahrain
Sviluppare uno standard di norme
per la finanza islamica
IIFM
2001, Bahrain
Sviluppare un mercato monetario
e di capitali islamico mondiale
CIBAFI
IFSB
LMC
IIRA
IICRA
Promuovere l'industria
2001, Bahrain
finanziaria islamica nella teoria e
nella pratica
Istituire un corpus di norme di
2002, Malesia
sorveglianza e di
regolamentazione del settore
Sviluppare un mercato
2005, Bahrain
interbancario islamico attivo
Valutazione delle istituzioni
2005, Bahrain
finanziarie islamiche
Riconciliazione e arbitraggio dei
2005, Dubai (EAU) contenziosi sui contratti
finanziari islamici
Fonte: K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao
Edizioni, Milano, 2013
167
7. LE TEORIE FINANZIARIE
SECONDO LA PROSPETTIVA
ISLAMICA
In questo capitolo si vogliono esporre alcune importanti teorie per le scelte
finanziarie in modo da poterle analizzare sotto la prospettiva islamica.
Quattro sono i temi affrontati: la teoria del portafoglio di Markowitz, la capital
market line elaborata da Tobin, il modello del capital asset pricing model e la
teoria dei mercati efficienti.
Sarà evidenziato come il sistema finanziario islamico valuti le diverse teorie sulla
base delle sue proprie specificità, prime tra tutte il divieto della riba, della
speculazione e della vendita allo scoperto per terminare l’analisi considerando la
concezione islamica di efficienza dei mercati che non può essere separata dal
senso di etica tutelato dalla Shariah.
7. 1 Rischio e ritorno secondo la prospettiva islamica
7.1.1 Rischio e incertezza
Secondo la prospettiva islamica la gestione del rischio e dell’incertezza devono
avvenire nel rispetto del Sacro Corano (il Corano,7;188 213 e 31;34 214 ) che
evidenziano le condizioni di incertezza del futuro in cui vive l’umanità,
213
“Di': <<Non dispongo, da parte mia, né di ciò che mi giova, né di ciò che mi nuoce, eccetto ciò
che Allah vuole. Se conoscessi l'invisibile possederei beni in abbondanza e nessun male mi
toccherebbe. Non sono altro che un nunzio e un ammonitore per le genti che credono>>”
www.ilcorano.it
214
“In verità la scienza dell'Ora è presso Allah, Colui Che fa scendere la pioggia e conosce
quello che c'è negli uteri. Nessuno conosce ciò che guadagnerà l'indomani e nessuno conosce la
terra in cui morrà. In verità Allah è il Sapiente, il Ben informato.” www.ilcorano.it
168
contrapposte alla superiorità della completa conoscenza di Allah 215 che viene
definito “il Sapiente”.
Secondo la prospettiva della finanza tradizionale l’informazione, sebbene
incompleta, permette di comprendere parte degli accadimenti futuri, spostandosi
dalla nozione di “incertezza” alla nozione di “rischio”: maggiore è
l’incompletezza delle informazioni maggiore è il rischio che viene corso, che non
può essere definito puntualmente, ma soltanto stimato.
Secondo la prospettiva islamica l’incertezza e il rischio considerati nella finanza
occidentale possono essere assimilati al gharar: nella finanza islamica, tuttavia, il
gharar, a differenza della riba, è vietato solo quando eccessivo. L’eccessiva
asimmetria informativa, del prezzo o dell’oggetto di un contratto, è una delle
cause dell’invalidità del contratto islamico. Il rischio di impresa e l’incertezza dei
futuri ricavi sono accettati dalla finanza islamica, come dimostra il fatto che i
contratti Shariah – compliant per eccellenza si basano sul profit and loss sharing,
purché ambo le parti posseggano un’adeguata base informativa che limiti
l’insorgere di conflitti.
7.1.2. Risk – return parity
Per la finanza islamica l’associazione rischio – ritorno è fondamentale. Il principio
islamico “Al kharaj bi al daman” deriva dal divieto della riba e impone che rischi
e ritorni siano considerati strettamente legati nella gestione dell’attività
imprenditoriale e negli investimenti finanziari: secondo la giurisprudenza islamica
è inammissibile che un contratto preveda che una parte partecipi ai soli ritorni
senza assumere il rischio di impresa, circostanza che si verifica in caso di
finanziamento attraverso capitale di debito.
La finanza islamica accetta la relazione rischio – rendimento sia in termini positivi
che negativi. Nelle operazioni di investimento la dottrina islamica accetta che un
investimento dia ritorni maggiori se implica l’assunzione di un maggior rischio e
215
Al-'Alîm, il Sapiente, è uno dei 99 bellissimi nomi di Allah.
169
vice versa. Nelle operazioni di finanziamento il costo delle fonti di finanziamento
dovrebbe essere maggiore in presenza di un livello maggiore di rischio.
Il sistema finanziario islamico ha sviluppato degli strumenti finanziari specifici in
modo da rispettare la relazione rischio – rendimento senza incorrere nel divieto
della riba216.
7.2
Portfolio
e
capital
market
theory
:
prospettiva
tradizionale e prospettiva islamica a confronto
7.2.1 La portfolio theory
Il primo contributo alla definizione, e successivo sviluppo, degli asset allocation
model lo si deve a Henry Markowitz217.
Nella sua protfolio theory Markowitz dimostra che scegliendo titoli con
andamenti non esattamente concordi si riduce lo scarto quadratico medio dei
rendimenti di un portafoglio e quindi il rischio. Il rischio che può essere
potenzialmente eliminato con la diversificazione è chiamato rischio specifico:
deriva dal fatto che molti dei “pericoli” che circondano una singola impresa sono
peculiari all’impresa stessa. Vi sono poi “pericoli” che interessano l’intera
economia che costituiscono quello che viene chiamato rischio sistemico e per il
quale la diversificazione non ha effetti.
Markowitz elabora il concetto di “frontiera dei portafogli” indicando con questo
termine l’insieme di portafogli che soddisfano l’ipotesi di razionalità nelle scelte
di investimento degli operatori economici: la frontiera dei portafogli indica il
216
Gli strumenti finanziari del circuito bancario islamico sono stati analizzati nel capitolo quinto,
mentre quelli del mercato dei capitali nel capitolo sesto.
217
H. Markowitz, “Portfolio Selection”, Jurnal of Finance 7, March 1952 N°1: 77-91
170
luogo dei portafogli caratterizzati dalla minima varianza218 ammissibile per un
dato livello di rendimento.
Le ipotesi alla base del modello elaborato da Markowitz sono le seguenti:
‐
Gli investitori sono razionali
‐
Tutti gli investitori hanno attese omogenee: stimano nel medesimo modo
la distribuzione di probabilità dei tassi di rendimento futuri
‐
Gli investitori hanno lo stesso orizzonte temporale per la valutazione
‐
Gli investimenti sono infinitamente divisibili
‐
Non esistono costi di negoziazione
‐
Non vi è inflazione e qualsiasi variazione dei tassi di interesse o di
inflazione è anticipata
‐
I mercati dei capitali sono in equilibrio
Figura 7.1 La frontiera efficiente
Fonte: www.wikipedia.org
218
Nella teoria della probabilità e in statistica la varianza di una variabile aleatoria x (e della
distribuzione di probabilità che questa segue) è una funzione indicata con σ2(x), o a volte con
Var(X), che fornisce una misura di quanto siano vari i valori assunti dalla variabile, ovvero di
quanto si discostino dal valore atteso E[x].
La varianza di x è definita come il valore atteso del quadrato della variabile aleatoria centrata xE[x]:
σ2(x) = E [(x) – E[x]2] = E[x2] – E[x]2.
171
Secondo la teoria di Markowitz, in presenza di sole attività rischiose il portafoglio
ottimo è uno tra quelli collocati lungo il tratto efficiente della frontiera e dipende
dall’attitudine al rischio del soggetto. Poiché gli investitori non presentano una
identica propensione al rischio, la scelta di ciascuno sarà diversa, ossia ognuno
avrà un portafoglio composto da differenti combinazioni di titoli.
Nel grafico il simbolo σ2p denota la varianza del rendimento del portafoglio e μp il
rendimento atteso.
In corrispondenza della varianza minima, 1/C, il rendimento atteso è pari a B/C.
Considerando che ad una stessa varianza, σ*, corrispondono più rendimenti attesi,
è possibile dividere la frontiera in due porzioni: la frontiera dei portafogli
efficienti, corrispondenti ai portafogli che presentano un rendimento maggiore di
quello a varianza minima, e la frontiera dei portafogli non efficienti.
7.2.2. La capital market theory
Nel 1958 James Tobin rielabora la teoria introdotta da Markowitz ipotizzando
l’esistenza di un titolo privo di rischio, risk – free, che garantisce un rendimento
sicuro.
Se Markowitz separava nettamente la scelta se investire in attività rischiose o in
attività risk – free, Tobin ipotizzava una combinazione tra titoli rischiosi e un
titolo risk – free definendo quello che è conosciuto come “teorema di
separazione”219.
Le ipotesi alla base del modello sviluppato da Tobin sono le seguenti:
-
Il portafoglio M, detto portafoglio di mercato, è oggettivamente migliore e
domina tutti gli altri;
-
La semiretta che unisce il tasso risk-free e il portafoglio di mercato è la
nuova frontiera efficiente ed è detta Capital Market Line (CML);
219
J. Tobin, “Liquidity preference as behavior towards risk”, Review of Economic Studies,
25, No. 2, Feb 1958, pp 65 – 86
172
-
Ogni portafoglio presente sulla frontiera efficiente è formato da una quota
del titolo privo di rischio e da una del portafoglio di mercato.
Sotto l’ipotesi della combinazione tra attività rischiose e un titolo risk – free un
investitore propenso al rischio può indebitarsi al tasso risk – free e usare il
finanziamento per comprare ulteriori quote del portafoglio di mercato.
Attraverso l’aggiunta dell’ipotesi dell’esistenza di un titolo risk – free Tobin
elabora la CML (Capital Market Line), ossia la linea efficiente per tutto il mercato
che risulta una spezzata. Ogni punto che si trova al di sotto della capital market
line non sarà mai vantaggioso in quanto esisterà sempre un titolo che, a parità di
rischio complessivo, sarà in grado di garantire un rendimento maggiore.
Figura 7.2 Frontiera efficiente e Capital Market Line
Fonte: www.bankpedia.org
Ipotizzando che gli investitori scelgano un unico portafoglio P e sapendo che il
tasso risk – free è unico si otterrà che la capital market line è anch’essa unica
avente pendenza pari a R(p):
E(R) = Rf +{ 220
! (!")! !"
!!
}x σ220 Dove:
173
La pendenza della capital market line rappresenta il prezzo di mercato del rischio:
essa esprime il premio per ogni unità di rischio e misura l’aumento di rendimento
richiesto da un investitore a fronte dell’assunzione di una unità di rischio
addizionale. Il rendimento di un portafoglio efficiente viene quindi espresso
attraverso l’equazione della capital market line.
Figura 7.3: La scelta del portafoglio ottimale
Fonte: Corso di Pianificazione finanziaria, Professor E. Pavarani, Università degli studi di Parma
Nel primo tratto della capital market line, compreso tra il tasso risk – free e il
portafoglio P, si collocano i portafogli dei titoli dei soggetti poco propensi al
rischio, mentre nel secondo tratto si collocano i portafogli dei soggetti che hanno
una propensione al rischio medio – alta che si indebitano al tasso risk – free e che
utilizzano il finanziamento per comprare altri titoli. Sotto queste ipotesi
l’investitore sceglie il portafoglio P indipendentemente dalla propria propensione
Rf = risk – free rate
Rm = rendimento atteso del portafoglio di mercato
σm = scarto quadratico medio del portafoglio di mercato.
Lo scarto quadratico medio è la radice quadrata del valore della varianza.
Siccome la varianza è una quantità di secondo grado (essendovi i quadrati degli scarti) al suo posto
si considera spesso la sua radice quadrata, in modo da avere valori dello stesso ordine dei dati, che
viene indicata come scarto quadratico medio
174
al rischio che si manifesta nella quota di ricchezza da destinare all’attività risk –
free.
Per ogni investitore il portafoglio ottimale sarà rappresentato da un punto della
capital market line che esprime una combinazione tra titolo risk – free e il
portafoglio di mercato.
L’investitore massimizzerà la sua utilità scegliendo il portafoglio O, punto di
tangenza tra le curve di indifferenza dell’investitore e la capital market line.
7.2.3. La portfolio theory e la capital market theory
secondo la prospettiva islamica
Alcuni autori, islamici e non, hanno nel tempo analizzato l’influenza del sistema
finanziario islamico sulla portfolio theory e sulla capital market theory: qui si
riportano le considerazioni Naqvi e Johnson e Neave per concludere con il
pensiero più contemporaneo.
Nel 1986 S.N.H. Naqvi221 propose un approccio che considerava le peculiarità del
sistema islamico, dove non esistono titoli risk – free, affermando che il divieto
della riba eliminava la possibilità di ritorni economici su attività caratterizzate
dall’assenza di rischio. Sulla base di questi assunti Naqvi rielaborò il modello
della capital market line affermando che data l’assenza di titoli risk – free la scelta
ottima di portafoglio per un investitore islamico non poteva essere definita
mediante la tangenza con la capital market line, ma con la frontiera di efficienza.
221
Naqvi S.N.H., “A Model of Dynamic Islamic Economy”, Pakistan Institute of Development
Economics, Islamabad, Pakistan, 1986
175
Figura 7.4. Ottimizzazione del portafoglio nel mercato tradizionale e islamico
(Naqvi)
Fonte: M. Obaidullah, “Teaching corporate finance from an Islamic perspective”, Islamic
Economics Research Centre, Jeddah 1427/2006
Lo studio proposto da Johnson e Neave222 nel 1996 ipotizza che la maggiore
differenza nelle scelta del portafoglio ottimale tra il sistema tradizionale e quello
islamico sia da imputare alle minori possibilità di diversificazione offerte
dall’ultimo a causa delle restrizioni imposte dalla Shariah. Nel loro studio Johnon
e Neave non agiscono sull’ipotesi di esistenza del tasso risk – free che rimane
invariata, mentre l’ipotesi di minori possibilità di diversificazione spinge la
frontiera efficiente verso destra. Anche in questo caso si evidenzia una perdita di
benessere all’interno del sistema islamico.
222
Lewis D. Johnon e Edwin H. Neave, “Efficiency and Effectiveness of Islamic Financing: The
Cost of Ortodoxy”, Working Paper # 96-26, Queen’s School of Business, Queen’s University,
Canada
176
Figura 7.5. Ottimizzazione del portafoglio nel mercato tradizionale e islamico
(Johnson e Neave)
Fonte: M. Obaidullah, “Teaching corporate finance from an Islamic perspective”, Islamic
Economics Research Centre, Jeddah 1427/2006
Oggi gli studi proposti da Naqvi e da Johnson e Neave sembrano irrealistici223 ed
evidenziano come dalla sua nascita la finanza islamica abbia dato prova di grande
ingegneria finanziaria con l’obiettivo di rispondere ai bisogni finanziari degli
operatori economici in accordo con la Shariah. Accanto agli organi di tutela e
promozione del sistema finanziario islamico sono nati organi di ricerca importanti
che, insieme agli Shariah Supervisory Board delle istituzioni finanziarie
islamiche, agiscono sia sul piano operativo che sul piano della ricerca. Sul piano
operativo l’obiettivo è quello di aumentare l’offerta di prodotti con il fine di
soddisfare le esigenze degli economico – finanziarie degli operatori islamici
rendendo il sistema finanziario islamico più efficiente e completo. Ad
un’ampiezza nell’offerta di prodotti finanziari islamici si accompagna
necessariamente una rivisitazione delle teorie finanziarie, come dimostra
l’evoluzione che ha avuto l’approccio alle teorie di mercato di Markovitz e Tobin.
223
Fonte: M. Obaidullah, “Teaching corporate finance from an Islamic perspective”, Islamic
Economics Research Centre, Jeddah 1427/2006
177
Il sistema economico islamico è caratterizzato dall’assenza di asset risk – free,
dalla proibizione di titoli di debito con tassi di ritorno predeterminati e dal
principio del profit and loss sharing. Nel sistema economico islamico i ritorni
degli asset finanziari sono direttamente legati all’andamento del settore reale e
quindi anche le scelte di portafoglio dipendono dall’andamento dell’economia
reale. Le decisioni di composizione di portafoglio di un investitore islamico sono
influenzate da diversi fattori: dal pool di strumenti finanziari disponibili sul
mercato, dalle opportunità di diversificazione, dalla completezza del mercato,
dalla presenza di asimmetria informativa, dall’attitudine al rischio e dalle
necessità di liquidità.
Nonostante il limite del divieto della riba il mercato finanziario islamico ha nel
tempo sviluppato diverse tipologie di prodotti finanziari che si differenziano per il
profilo rischio – rendimento, struttura e profilo temporale.
Per analizzare la teoria di portafoglio secondo la prospettiva islamica è possibile
dividere gli strumenti offerti dal sistema finanziario islamico in due macro
categorie: contratti sottoforma di asset – based security e contratti di pura
partnership, come il musharaka224, considerando i primi come strumenti a basso
profilo rischio – rendimento e il secondo come strumento ad alto profilo rischio –
rendimento.
Il sistema islamico, che si fonda sul principio del profit and loss sharing,
riconosce l’esistenza del rischio e l’avversione degli investitori verso lo stesso ed
ecco perché enfatizza la necessità di costruire contratti sicuri, che riducano al
limite l’asimmetria informativa tra le parti e quindi il rischio. Il sistema islamico
si fonda su obiettivi sociali e quindi proibisce il comportamento speculativo: una
volta che il sistema è in grado di ridurre il rischio legato all’asimmetria
informativa e al comportamento speculativo è possibile ipotizzare che
l’avversione al rischio dell’investitore islamico sia legata alla sola incertezza per il
futuro e che esso agisca nel rispetto delle norme della Shariah.
224
In realtà ogni contratto della finanza islamica può essere classificato come asset – based
security perché tutti presentano un collegamento diretto o indiretto con il settore reale. È però
possibile sostenere che i contratti che si basano su una transazione di vendita siano più
strettamente collegati al settore reale e presentano un tasso di ritorno più certo rispetto ai contratti
di pura partnership. Gli strumenti islamici che è possibile considerare come asset – based security
nella trattazione sono ad esempio: murabaha, ijara, bay-muajjal, bay-salam.
178
Considerando lo specifico contesto islamico è possibile presupporre che
l’investitore islamico sia un soggetto razionale e avverso al rischio, ma che agisca
nel rispetto delle norme della Shariah in quanto consapevole delle responsabilità
nei confronti del sistema islamico e della società.225
Assunto che l’investitore islamico agisca nel rispetto della Shariah si può
affermare che egli operi sui mercati finanziari con l’obiettivo di raggiungere il
miglior trade – off tra rendimento e rischio.
Il sistema finanziario islamico riconosce il valore del denaro nel tempo, ma
presuppone che esso non dipenda da transazioni monetarie ma solo da scambi di
beni reali o di servizi. La prospettiva islamica del valore del denaro nel tempo,
tuttavia, non rende inaccettabile la teoria di portafoglio per la Shariah: un
investitore islamico costruirà il suo portafoglio considerando i ritorni attesi e le
varianza sugli stessi attraverso un tasso che rappresenti il valore del denaro nel
tempo determinato attraverso i ritorni di beni e servizi del settore reale.
È possibile concludere che la prospettiva islamica contemporanea accetta la
portfolio theory e riconosce che gli assunti del modello possano spiegare il
comportamento degli investitori islamici.
È necessario però introdurre un nuovo assunto: l’investitore islamico agisce nel
rispetto della Shariah e della società islamica. Questo significa che non
esisteranno titoli risk – free, ma asset – based security, che rappresentano gli
strumenti finanziari con il più basso profilo rischio-rendimento. I titoli rischiosi
saranno invece sostituiti dal contratto di musharaka che, fondandosi sul principio
del profit and loss sharing, risulta il contratto a più alto profilo rischio –
rendimento del sistema islamico.
225
A. Habib, “Theoretical foundations of Islamic economics”, The Islamic development bank,
Islamic research and training institute, Book of readings N°3, Jeddah, 2002
179
7.3. Il Capital Asset Pricing Model (CAPM) 226
Il Capital Asset Pricing Model è un modello di equilibrio dei mercati che consente
di individuare una precisa relazione tra rendimento e rischio attesi per tutte le
attività rischiose misurando il contributo di ogni singolo titolo alla rischiosità del
portafoglio.
Il CAPM è stato sviluppato sulla base delle precedenti teorie e presuppone che il
contributo di un titolo alla varianza del portafoglio di mercato, e quindi al rischio
del portafoglio, è dato soprattutto dalla somma ponderata delle covarianze del
titolo con gli altri titoli sul mercato. La diversificazione si realizza in quanto
all’aumentare del numero di titoli sul mercato il contributo della sola varianza
diventa sempre più piccolo.
Le ipotesi del modello riguardano il comportamento dei singoli individui e il
funzionamento del mercato:
-
Gli investitori ambiscono alla massimizzazione dei ritorni e sono avversi
al rischio;
-
Il periodo di investimento è unico e le previsioni sono formulate all’inizio
dell’arco temporale;
-
Il valore atteso e la deviazione standard dei rendimenti sono i due soli
parametri necessari per la scelta;
-
Le attività sono perfettamente divisibili e non esistono costi di transazione
e tasse;
-
Il mercato è atomistico227: non esistono barriere alle possibilità di investire
e tutti hanno le stesse opportunità anche se l’ammontare della ricchezza
disponibile differisce tra gli operatori che sono price taker.
226
La versione base del CAPM è riconducibile ai contributi pubblicati tra il 1964 e il 1966 da
William Sharpe, Jhan Lintner e Jean Mossin
227
Si ha una condizione di atomismo quando tutti gli operatori del mercato sono degli “atomi”,
cioè sono tantissimi da entrambe le parti e, quindi, hanno dimensioni ridottissime rispetto al
mercato.
Si tratta di una caratteristica del mercato che comporta l’esistenza di infiniti compratori e infiniti
venditori. Le conseguenze sono che: a
‐
nessun operatore è vitale per il mercato, cioè chiunque può entrare o uscire dal mercato
senza che cambi praticamente nulla;
‐
ciascun operatore ha scarsa influenza sulle condizioni di mercato.
180
A queste ipotesi è necessario aggiungere ulteriori assunzioni:
‐
Tutte le attività sono negoziabili;
‐
Il mercato è perfetto, ossia le informazioni sono liberamente e
istantaneamente disponibili agli operatori;
‐
Le aspettative degli investitori sono omogenee: essi hanno le stesse
percezioni circa i rendimenti attesi, le varianze e le covarianze quindi la
frontiera è unica e valida per tutti;
‐
Possibilità di concedere e ottenere prestiti illimitatamente ad un unico
tasso di interesse privo di rischio.
Il rischio di ogni singolo portafoglio può essere diviso in due componenti:
‐
Rischio non sistematico (o specifico): deriva da fattori relativi alla società
emittente del titolo ed è eliminabile attraverso la diversificazione;
‐
Rischio sistematico (o sistemico): è legato a fattori macroeconomici, non è
eliminabile e corrisponde al rischio del portafoglio di mercato.
Figura 7.6. La
riduzione della varianza di un portafoglio per effetto della
diversificazione
Fonte: www.bankpedia.org
181
La relazione individuata da Tobin attraverso la capital market line individua la
relazione rischio – rendimento atteso valida per i soli portafogli efficienti per i
quali rischio sistematico e rischio totale coincidono e non è in grado di spiegare il
rendimento atteso per i singoli titoli.
Ricordando che il mercato remunera solo il rischio non diversificabile è possibile
sviluppare la security market line (SML) caratteristica del CAPM partendo
dall’espressione della capital market line e sostituendola con un’espressione del
rischio sistematico al quale è esposto il portafoglio “i” ovvero il singolo titolo.
Tale espressione è individuata dalla seguente equazione:
σsist =ρi,m x σi Essendo ρi,m il coefficiente di correlazione228 tra i rendimenti del singolo titolo o
portafoglio e il rendimento del portafoglio di mercato.
Sostituendo nella relazione che individua la capital market line si ottiene la
seguente equazione:
E(R) = Rf +[E (Rm) – Rf] x ρi,m x σi/σm che esprime la relazione tra rischio e rendimento per un generico titolo o
portafoglio “i”.
Ponendo:
!"
βi = ρi,m x !" = !"# (!",!,)
!"# (!")
Si ottiene
E(R) = Rf +[E (Rm) – Rf] x βi che individua la security market line (SML).
In conclusione il CAPM stabilisce una relazione tra il rendimento di un titolo e la
sua rischiosità, misurata tramite un unico fattore di rischio, detto beta.
228
In statistica per correlazione si intende una relazione tra due variabili casuali tale che a ciascun
valore della prima variabile corrisponda con una certa regolarità un valore della seconda.
Non si tratta necessariamente di un rapporto di causa-effetto, ma semplicemente della tendenza di
una variabile a variare in funzione di un'altra.
182
Il coefficiente beta (β) rappresenta la sensibilità del prezzo del titolo
all’andamento del mercato ed è dato dal rapporto tra la covarianza del prezzo di
un titolo e la varianza del rendimento di mercato. Tale relazione è comunemente
sintetizzata tramite la security market line (SML).
La security market line rappresenta la relazione di equilibrio di mercato tra
rendimento e rischio attraverso una retta contenuta in un grafico che ha sull'asse
delle ascisse il beta del titolo e sull'asse delle ordinate il rendimento atteso del
titolo. La sua intercetta è pari al tasso privo di rischio, mentre la sua pendenza è
data dal market premium rate.
Figura: 7.7. Rappresentazione della security market line
Fonte: www.bankpedia.org
In riferimento al parametro beta si può concludere che:
‐
La covarianza misura il legame tra i rendimenti del titolo e quelli del
portafoglio di mercato;
183
‐
Il beta rappresenta la misura in cui, in media, i rendimenti di un titolo
variano al variare dei rendimenti di mercato;
‐
Il beta del mercato è per definizione pari ad uno poiché la covarianza tra il
mercato e sé stesso è pari alla varianza;
‐
Il beta del mercato è la media ponderata dei beta dei diversi titoli presenti
sul mercato;
‐
Un titolo che fornisce un modesto contributo al rischio sistematico del
mercato ha un beta inferiore ad 1;
‐
Un titolo che fornisce un grosso contributo al rischio sistematico del
mercato ha un beta superiore ad 1;
‐
Il market risk premium è il premio per il rischio del mercato e indica
quante unità di rendimento vengono remunerate per l’assunzione di
un’unità addizionale di rischio.
Il CAPM è uno strumento molto utilizzato nelle scelte di budgeting in quanto
definisce il costo opportunità del capitale, soglia minima richiesta per un progetto
di investimento. Il CAPM viene utilizzato anche per calcolare il costo dell’equity
attraverso la formula del WACC229 (Weighted Average Cost of Capital) che è il
costo medio ponderato del capitale.
7.3.1 Il modello zero beta CAPM
Il modello dello zero beta CAPM parte dalla debolezza di uno degli assunti
principali del modello del CAPM: ovvero nella possibilità da parte di ciascun
229
LA formula del WACC è la seguente:
!
!
WACC = (Re) + (Rd) (1‐t) !!!
!!!
Dove:
E = valore di mercato dell’equity
D = valore di mercato del capitale di debito
Re = costo dell’equity
Rd = costo del capitale di debito
t = imposta
184
investitore di dare e prendere illimitatamente a prestito ad un tasso unico risk –
free.
Il CAPM zero beta prevede la sostituzione dell’attività risk – free, Rf, con un’altra
attività, titolo o portafoglio, non correlata con il mercato, Rz e prevede la
possibilità illimitata di effettuare vendite allo scoperto.
In questo modo la formula originale si diventa:
E(R) = Rz +[E (Rm) – Rz] x βi Figura. 7.8. Il modello dello zero-beta CAPM
Fonte: Corso di economia delle scelte finanziarie e di portafoglio, Professor G. Ferri, Università
degli studi di Bari
Se non è consentito prendere e dare a prestito illimitatamente al tasso unico risk –
free il mix di attività di portafoglio scelto non è più lo stesso per ogni investitore,
ma varia in base alle preferenze.
Nel modello dello zero-beta CAPM l’investitore raggiunge l’ottimo combinando
il portafoglio efficiente (M) con corrispondente portafoglio zero-beta (Z) piuttosto
che con un titolo risk – free.
Il portafoglio Z è un portafoglio con attività rischiose in proporzione xi tale che:
185
ERz = Σ xi ERi non è correlato col portafoglio rischioso (M);
‐
è il portafoglio con varianza minima tra quelli che soddisfano la prima
ipotesi.
Il punto [0,E(Rz)] si trova nella medesima posizione in cui, se esistesse, dovrebbe
essere rappresentato l'investimento privo di rischio.
7.3.2. Il Capital Asset Princing Model (CAPM) secondo la
prospettiva islamica
Secondo gli studiosi islamici il modello del CAPM non risulterebbe compatibile
con la legge della Shariah.230
Il CAPM viene sviluppato partendo dalla portfolio theory di Markoviz e dal
teorema di separazione di Tobin: come precedentemente dimostrato la teoria
islamica accetta sia la portfolio theory che la capital market theory.
Il CAPM si basa su otto assunti, cinque dei quali coerenti con le teorie di
Markowitz e tre specifici.
In particolare due assunti del modello del CAPM non vengono accettati dagli
studiosi islamici:
-
Possibilità di concedere ed ottenere prestiti illimitatamente ad un unico
tasso di interesse privo di rischio.
-
Possibilità di effettuare qualsiasi tipo di negoziazione, comprese
operazioni di vendita allo scoperto231.
230
A. Habib, “Theoretical foundations of Islamic economics”, The Islamic development bank,
Islamic research and training institute, Book of readings N°3, Jeddah, 2002
M. Hanif, “Risk and Return under Shariah Framework. An attempt to Develop Shariah Compliant
Asset Pricing Model-SCAPM”, Islamabad, Pakistan, Commer. Soc. Sci. 2011, Vol 5, No. 2, pp
283 - 292
231
La vendita allo scoperto (o short selling) è un operazione finanziaria che consiste nella vendita
di strumenti finanziari non posseduti con successivo riacquisto. Questa operazione si effettua se si
186
Il sistema finanziario islamico è un sistema basato sul divieto della riba e delle
operazioni di speculazione, quindi i precedenti assunti del modello del CAMP non
possono essere accettati dalla Shariah.
Il modello dello zero-beta CAPM proposto da Black sostituisce il titolo risk – free
con un’attività non correlata con il mercato, Rz, ma mantiene l’ipotesi della non
restrizione di operazioni di vendita allo scoperto e quindi non è accettato dalla
Shariah.
Habib232 propone di utilizzare il modello dello zero-beta CAPM, più accettabile in quanto
elimina l’ipotesi della possibilità di prendere e concedere illimitatamente prestiti al tasso
di interesse unico privo di rischio, rimuovendo anche l’ipotesi della non restrizione delle
operazioni di vendita allo scoperto in modo da allineare il modello alle caratteristiche del
sistema finanziario islamico. Anche se si assumesse l’esistenza di una covarianza
pari a zero nel mercato, l’ipotesi di ristrettezza nelle operazioni di vendita allo
scoperto avrebbe effetti sulla pendenza, sulla linearità e sull’intercetta della capital
market line. In questo caso risulterebbe una capital market line non lineare.
Figura 7.9. Zero-beta CAPM in assenza di tasso risk-free e vendita allo scopeto
ritiene che il prezzo al quale gli strumenti finanziari si riacquisteranno sarà inferiore al prezzo
inizialmente incassato attraverso la vendita.
Nel caso in cui si verificasse quanto detto, il rendimento complessivo dell'operazione sarà positivo;
al contrario risulterà negativo se il prezzo dello strumento è aumentato.
232
A. Habib, “Theoretical foundations of Islamic economics”, The Islamic development bank,
Islamic research and training institute, Book of readings N°3, Jeddah, 2002, p. 177-178
187
Fonte: A. Habib, “Theoretical foundations of Islamic economics”, The Islamic development
bank, Islamic research and training institute, Book of readings N°3, Jeddah, 2002
Secondo l’autore sotto l’ipotesi di efficienza e di completezza dei mercati è
possibile costruire un portafoglio zero – beta combinando asset caratterizzati da
diversa contingenza. Sebbene in un mercato perfetto, inteso in termini
convenzionali, si possano effettuare operazioni di compra – vendita allo scoperto,
più il numero degli asset disponibili per le scelte di diversificazione aumenta,
ossia più migliora la completezza dei mercati, più si riduce l’impatto delle
operazioni di vendita allo scoperto.
Secondo questa ipotesi sarebbe quindi possibile derivare la capital market line
dagli assunti di non esistenza di tasso risk – free e di vendita allo scoperto.
7.3.3. Il zaka rate CAPM
Lo zaka – rate CAPM è un modello proposto da A.A.F. Ashker233 che si basa sulla
sostituzione del tasso risk – free, Rf, con lo zakat – rate, Z, pari a:
233
A.A.F. Ashker, “Islamic Business Enterprise”, Croom Helm Limited, Provident House, Burell
row, Backenham, Cant, BR3 IAT, 1987
188
!"#"$ !"#$
Z = ! ! !"#"$ !"#$ Ricordando che la zakat è pari a 2,5 il parametro Z sarà quindi pari a 1,67.
La prospettiva proposta da Ashker parte dal presupposto che nella società islamica
la zakat rappresenta uno dei valori sociali più importanti e che quindi si potrebbe
assumere che il ritorno minimo richiesto per un investimento islamico sia almeno
pari alla copertura della zakat.
Adottando il parametro Z la formula del CAPM risulterebbe:
E(R) = Z+[E (Rm) – Z] x βi In questo modo il ritorno richiesto dall’investitore islamico dipenderebbe da due
componenti: il ritorno necessario per coprire la zakat e il premio per il rischio
misurato attraverso il coefficiente beta.
7.4. La teoria dell’efficienza di mercato
Un pilastro dell’economia finanziaria è rappresentato dall’a teoria dell’efficienza
del mercato i cui primi sviluppi il cui concetto è legato al francese L. Bachelier234.
Nella definizione di Fama un mercato finanziario è efficiente se in ogni istante il
prezzo delle attività scambiate riflette pienamente le informazioni rilevanti
disponibili per cui non sono possibili ulteriori operazioni di arbitraggio: la
concorrenza garantisce che i rendimenti delle attività siano ai loro livelli di
equilibrio235.
234
Nella sua tesi di dottorato L. Bachelier esponeva la base concettuale della teoria finanziaria del
random walk. Sfortunatamente la sua tesi non venne compresa dal mondo accademico e venne
pubblicata solo nel 1964
235
In un mercato finanziario efficiente né l’analisi tecnica (previsione dei prezzi futuri basata sullo
studio dei prezzi passati) né l’analisi fondamentale (studiando l’andamento del valore delle
imprese attraverso l’analisi della redditività si tenta di capire se esistono nuove prospettive sul
valore delle azioni) possono consentire ad un investitore di conseguire profitti maggiori di quelli
che un altro investitore otterrebbe detenendo un portafoglio di titoli scelti a caso, con il medesimo
grado di rischio.
189
7.4.1. I tipi di efficienza
L’efficienza dei mercati finanziari può essere intesa in varie accezioni: allocativa,
valutativa, tecnico – operativa e informativa.
-
Efficienza allocativa: si riferisce al trasferimento delle risorse finanziarie
dai soggetti in surplus ai soggetti in deficit, quando il tasso di rendimento è
lo stesso per tutte le forme di investimento. In particolare, l’efficienza
allocativa si realizzerebbe se tutti gli operatori agissero in maniera
razionale, ricercando le opportunità di investimento e finanziamento che
consentono di massimizzare la loro utilità attesa.
-
Efficienza valutativa: si riferisce all’utilizzo delle informazioni disponibili
che vengono impiegate correttamente per determinare il valore di impresa
ed il prezzo delle azioni.
-
Efficienza tecnico – operativa: si intende l’insieme delle organizzazioni e
delle procedure grazie alle quali il mercato svolge le sue funzioni.
-
Efficienza informativa: riguarda la relazione tra prezzi ed informazioni.
Un mercato è efficiente in senso informativo quando i prezzi riflettono
tutta l’informazione disponibile per cui nessun investitore è in grado di
"battere" il mercato. Esistono tre tipi di efficienza informativa: in forma
debole; in forma semi – forte e in forma forte.
7.4.2. L'ipotesi dei mercati efficienti proposta da Fama
L’economista Fama individua tre forme di efficienza di mercato.
‐
Efficienza in forma debole: i prezzi osservati sul mercato riflettono tutta
l'informazione contenuta nella serie storica dei prezzi stessi236;
236
Secondo la teoria della random walk i prezzi dei titoli si muovono in modo casuale e non è
possibile stimarne il prezzo futuro sulla base delle serie storiche
190
‐
Efficienza in forma semi-forte: i prezzi di mercato riflettono non solo
l'informazione contenuta nella serie storica dei prezzi, ma anche qualunque
altra informazione pubblica;
‐
Efficienza in forma forte: i prezzi di mercato riflettono non solo
l’informazione contenuta nelle serie storica dei prezzi e l’informazione
pubblica, ma anche qualunque informazione privata.
7.4.3. Etica e efficienza di mercato secondo la prospettiva
tradizionale
La dottrina islamica pone l’accento, oltre che sull’importanza dell’efficienza del
mercato, anche sulla sua etica e sulla sua equità nei confronti di tutti i partecipanti.
A tal proposito richiama un confronto con lo studio svolto da Shefrin e Statman237
che individua sette classi di equità dei mercati finanziari:
‐
Libertà dalla coercizione: indica che gli investitori dovrebbero avere il
diritto a non essere obbligati in una transazione o a divulgazioni
specifiche;
‐
Libertà da dichiarazioni false: indica che gli operatori del mercato
dovrebbero poter avere fiducia sulla sincerità delle informazioni che
ottengono;
‐
Diritto a informazioni eque: informazioni eque per tutti i partecipanti
dovrebbero evitare che gli operatori in possesso di informazioni rilevanti
possano usare queste informazioni per trarre vantaggio sugli altri
partecipanti al mercato;
‐
Processo informativo: il diritto dei partecipanti ad informazioni eque
dovrebbe implicare un ambiente di mercato capace di valutare in modo
efficiente le informazioni e di limitare i danni derivanti da asimmetrie
informative;
237
H. Sherif e M. Statman, “Ethics, Fairness ad Financial Markets”, The Research Foundation of
Institute of Chartered Financial Analyst, 1992, Virginia pp. 4-6
191
‐
Libertà dall’impulso: gli operatori dovrebbero operare razionalmente e il
mercato dovrebbe tutelarli dal compiere scelte dannose per il loro proprio
interesse;
‐
Capacità di transazioni a prezzi efficienti: gli investitori dovrebbero
effettuare operazioni sul mercato al prezzo che ritengono efficiente e nel
caso i prezzi non fossero corretti si dovrebbe lasciare al mercato il tempo
di tornare alla situazione di equilibrio, sebbene questo possa causare un
aumento di volatilità;
‐
Diritto allo stesso potere di negoziazione: gli operatori dovrebbero avere lo
stesso potere di negoziazione, situazione che si riduce in presenza di
asimmetria informativa o di operatori non perfettamente razionale.
7.4.4. Efficienza di mercato secondo la prospettiva islamica
Il sistema finanziario islamico deve essere conforme alla sistema legale della
Shariah, direttamente derivante dal Sacro Corano e dalla Sunna.
Secondo la prospettiva islamica per essere considerato efficiente il mercato deve
essere prima di tutti etico e quindi rispettare altri divieti oltre quelli della riba, del
gharar e del maysir: in caso di scontro tra necessità di efficienza ed etica nel
mercato l’Islam considera prioritaria l’ultima.
Se nel mercato tradizionale operazioni speculazione e di vendita allo scoperto
esistono e sono accettate, questo non è il caso del sistema islamico che si struttura
nella tutela del maslaha, interesse pubblico, e non accetta alcuni tipi di operazioni
a priori, anche se le teorie finanziarie potrebbero dimostrare che questo causa una
perdita di efficienza
192
7.4.5. Etica del mercato secondo la prospettiva islamica
Il concetto di etica del mercato finanziario islamico richiama in maniera diretta i
dettati dei testi sacri ponendo aspetti etici come norme legali specifiche. Si
evidenzia come, oltre ai divieti del riba, del gharar e del maysir esistano anche
altri limiti che il sistema legale della prende in considerazione per rendere il
mercato efficiente secondo la prospettiva islamica.
-
Libertà di contrattazione: l’Islam prevede la libertà per ogni operatore di
entrare in transazioni finanziarie e non ritiene il contratto valido in caso di
coercizione. La piena libertà di contrattazione è tutelata nel rispetto del
Sacro Corano (Il Corano, 2;275238)
-
Divieto della riba: gli operatori islamici, sebbene abbiano il diritto di
entrare in contrattazione, devono operare soltanto nella legge della Shariah
e quindi non attraverso strumenti che utilizzano un tasso pre –
determinato, in accordo con il divieto della riba.
-
Divieto del gharar: il rispetto della legge della Shariah prevede il rispetto
del divieto del gharar. Il divieto del gharar non è assoluto, quindi gli
operatori possono ricorrere a strumenti che prevedono un certo grado di
incertezza, purché non eccessivo.
-
Divieto del maysir: nel rispetto della Shariah gli operatori finanziari
islamici non possono compiere operazioni speculative sui mercati;
-
Divieto di controllo e delle manipolazioni dei prezzi: secondo la dottrina
islamica i prezzi di mercato devono essere generati dall’incontro tra
domanda ed offerta. Nessuno può interferire sul prezzo che si è generato
sul mercato se non le Autorità di regolamentazione, motivo per il quale la
Shariah condanna le posizioni di monopolio, che considera sfruttamento
della società.
‐
Contrattazioni a prezzi equi: secondo la dottrina islamica non è etico il
contratto che presenta comportamenti definibili “ghubn” quali azioni
238
“Ma Allah ha permesso il commercio e ha proibito l'usura.” www.ilcorano.it
193
discorsive e ingannevoli allo scopo di agire sui prezzi delle trattazioni ( Il
Corano, 14; 24 – 26239).
-
Informazione equa, adeguata e accurata: l’Islam pone molta attenzione al
ruolo che l’informazione svolge sui mercati e vieta il rilascio di
informazioni scorrette (ghish) e l’omissione di informazioni importanti che
portino una delle parti ad agire in condizione di asimmetria informativa.240
Secondo quanto sostenuto dal Profeta Muhammad la parte che entrata in
un contratto sulla base di informazioni scorrette può esercitare l’opzione di
annullare il contratto.
-
Libertà dal darar: il termine darar è letteralmente traducibile come
“danno” e implica la protezione del soggetto terzo che subisce un danno
derivante da un contratto stipulato tra due parti.
‐
Mutua cooperazione e solidarietà: cooperazione, solidarietà e fratellanza
sono tre dei pilastri di tutto il sistema islamico (Il Corano, 5;2241).
Perché sia possibile raggiungere l’efficienza intesa in senso islamico il sistema si
è dotato di diverse autorità di regolamentazione che hanno l’obiettivo di garantire
l’etica islamica all’interno del sistema, ma anche di renderlo competitivo. Un
ruolo prioritario viene svolto dall’azienda bancaria che, in qualità della delicatezza
del ruolo, trova una particolare attenzione all’interno del contesto della Shariah
tanto che le aziende bancarie islamiche si caratterizzano per la presenza dello
Shariah Supervisory Board che è uno speciale organo di supervisione del livello
di etica dei servizi e prodotti offerti alla clientela242.
239
“Non hai visto a cosa Allah paragona la buona parola? Essa è come un buon albero, la cui
radice è salda e i cui rami [sono] nel cielo, e continuamente dà frutti, col permesso di Allah.
Allah propone metafore agli uomini, affinché riflettano. La metafora della parola cattiva è invece
quella di una mala pianta, sradicata dalla superficie della terra: non ha stabilità alcuna.”
www.ilcorano.it
240
Secondo la dottrina islamica non considera Shariah-compliant un contratto che, per effetto
dell’asimmetria informativa, spinge una delle parti ad agire in condizioni di ignoranza (jahalah)
241
“Aiutatevi l'un l'altro in carità e pietà e non sostenetevi nel peccato e nella trasgressione.
Temete Allah, Egli è severo nel castigo.” www.ilcorano.it
242
Gli organi di supervisione del sovra sistema finanziario islamico sono stati trattati nel capitolo
sesto.
194
8. LE SCELTE DI STRUTTURA
FINANZIARIA DELLE IMPRESE
SHARIAH-COMPLIANT
Nella tradizione della finanza aziendale, il tema della struttura finanziaria ottimale
è intimamente collegato al costo del capitale. Secondo la visione classica della
finanza il valore creato dall’impresa è rappresentato dalla massima utilità in
termini di potenzialità reddituali che scaturisce dall’impiego di risorse finanziarie,
il cui reperimento deve necessariamente trovare la sua remunerazione. Il costo del
capitale diviene in tal modo il solo parametro di riferimento per misurare il valore
creato con una combinazione di mezzi propri e di capitale di terzi. Da ciò
conseguirebbe che la struttura finanziaria ottimale è unicamente espressione di
quella combinazione di capitali di terzi e di mezzi propri che non solo sia
compatibile con le esigenze di sicurezza dei finanziatori ma che, soprattutto, renda
195
minimo il costo medio ponderato del capitale (WACC243), consentendo quindi di
incrementare la ricchezza degli azionisti attraverso la massimizzazione del valore
del capitale economico dell’impresa.
Le basi sulle quali si regge il sistema finanziario islamico hanno diretta
implicazione per le scelte di struttura finanziaria operate dalle imprese islamiche
sia in termini di strumenti finanziari a disposizione sia di modalità attraverso le
quali la struttura finanziaria ottimale può essere raggiunta.
Nel presente capitolo si tratteranno brevemente le teorie tradizionali sulla struttura
finanziaria ottimale per poi analizzare la posizione del contesto islamico e
pervenire ad una struttura ottimale dell’impresa islamica attraverso la teoria
dell’ordine di scelta.
Figura 8.1. Principi della finanza islamica che hanno effetto sulle scelte
finanziarie dell’impresa Shariah – compliant
Fonte: Malaysian Institute for Accountants (MIA), “Tax treatment of Islamic finance in Malaysia”,
2012, Kuala Lumpur
243
Il WACC secondo la prospettiva tradizionale e secondo la prospettiva islamica è stato trattato
nel capitolo settimo.
196
8.1. I modelli organizzativi che caratterizzano l’impresa
islamica
La scelta in termini di forma organizzativa è molto importante per l’impresa in
quanto incide sul livello di rischio e sul potenziale di ritorno e quindi sul valore
del business stesso: nel contesto islamico la forma organizzativa dell’impresa non
deve solamente rispondere ad esigenze di natura economica, ma deve soprattutto
essere accettata dalla giurisprudenza islamica. Secondo la prospettiva islamica il
ruolo svolto dall’azienda è di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’intera
comunità islamica: la Ummah. L’operatività dell’impresa islamica deve essere
orientata al profitto ed alla massimizzazione del valore per gli shareholder, ma
deve prima di tutto aderire alle norme etiche proprie della Shariah. Da questo
risulta che la conformità all’etica non è un optional per l’impresa islamica: per
quanto la massimizzazione del valore per gli shareholder sia considerata legittima,
essa riveste un ruolo di secondaria importanza nella gestione dell’impresa.
Secondo la prospettiva islamica la massimizzazione del valore dell’impresa deve
essere volta a tutti gli stakeholers: non soltanto a quelli direttamente coinvolti
nella gestione aziendale, come i dipendenti, ma anche, e soprattutto, nei confronti
della pubblico interesse (maslahah).
Le forme organizzative islamiche possono ricondursi a tre gruppi di modelli: il
modello della sole proprietorship, i modelli di partnership ed il modello della
corporation.
8.1.1. Il modello della sole proprietorship
Nel modello della sole proprietorship
l’unico proprietario è illimitatamente
responsabile delle perdite derivanti dall’attività di impresa e, a causa dell’elevato
rischio d’impresa, risulta difficile l’approvvigionamento per mezzo dei mercati
finanziari.
197
8.1.2. I modelli islamici di partnership
La partnership è la forma organizzativa islamica per eccellenza, massima
rappresentazione del concetto di profit and loss sharing.
Come nel caso del modello della sole proprietorship i soci sono illimitatamente
responsabili delle perdite dell’attività di impresa e sotto il profilo della tassazione
i profitti aziendali sono connessi al reddito personale. Data l’esistenza di un
numero di soci maggiore di uno le possibilità di approvvigionamento sui mercati
finanziari aumentano.
I principali modelli di partnership nel sistema islamico sono il musharaka ed il
mudarabah.
Secondo la giurisprudenza islamica nel modello del mudarabah 244 vengono
coinvolte almeno due parti. L’investitore (rabb al-mal) affida dei fondi all’agent –
manager (mubarib) che è incaricato di gestire la somma di denaro ed in investirla
secondo gli accordi. La parte mubarid è responsabile della gestione del business e
provvede alle esigenze professionali, manageriali e tecniche richieste dal mandato.
In una partnership del tipo mudarabah i profitti sono spartiti tra le parti secondo
un rapporto determinato nel momento di stipulazione del contratto, mentre le
eventuali perdite ricadono interamente sul rabb al – mal che, però, non è
responsabile per perdite che eccedono la somma finanziaria investita e questo
perché il rab al – mal, non partecipando alla gestione manageriale del progetto,
non può incorrere in perdite derivanti dai rischi creati dall’agire del mudarib. Per
quel che concerne la componente manageriale, in accordo con la giurisprudenza
islamica, il mudarib, non avendo investito denaro, non può incorrere in perdite
finanziarie, ma solamente a perdite in termini di tempo, sforzi e reputazione.
Il musharaka è il secondo modello proposto dalla giurisprudenza islamica in
conformità con il principio del profit and loss sharing. Il musharaka può essere di
244
A livello organizzativo il mudarabah può essere di due tipi: mudarabah ristretto e mudarabah
non ristretto. Si rimanda al capitolo sesto per eventuali approfondimenti.
198
due tipi: la holding partnership viene attuata per rispondere a necessità di
successione ereditaria, mentre la contract partnerhip viene costituita da due o più
persone con l’obiettivo di unire capitali e dividere i profitti e le perdite derivanti
dal business.
La contract partnership può svilupparsi secondo forme diverse, la principale delle
quali è il contratto di al – anan dove i soci partecipano sia al capitale che al lavoro.
Secondo alcuni giuristi islamici la spartizione dei profitti deve avvenire secondo
un rapporto predefinito che può essere uguale o maggiore rispetto alla quota di
capitale versato: questo viene legittimato considerando l’apporto che i soci
possono apportare al business in termini di input manageriali, che sono importanti
quanto il versamento di capitale alla creazione di valore per l’azienda. Secondo
altri autori, invece, la quota dei profitti dovrebbe strettamente rispecchiare la
quota di capitale di contribuzione perché, secondo la giurisprudenza islamica, il
profitto è finanziariamente considerato come ritorno sul capitale finanziario. Le
perdite devono invece essere determinate rispettando la quota di capitale versato e
questo perché, a differenza del modello del mudarabah, tutte le parti partecipano
alla gestione manageriale del business.
Il modello del declining musharaka è un’innovazione recente della finanza
islamica che è divenuta molto popolare. Le partecipazioni al capitale di una delle
parti vengono diminuite annualmente e specularmente aumentano quelle dell’altra
parte che, al termine del contratto, risulterà proprietaria dell’impresa.
L’ultimo modello di partnership islamica combina il modello del mudarabah con
quello del musharaka: in questo caso il soggetto mudarib contribuisce al capitale
dell’impresa insieme al rabb al – mal nonostante continui ad essere responsabile
della gestione manageriale del progetto. Il tasso di profitto riservato alla parte rab
al – mal non può eccedere la quota versata.
8.1.3. Il modello della corporation
199
Nel modello della corporation i proprietari, detti shakeholders, hanno
responsabilità limitata nei confronti dei fatti aziendali ed esprimono il proprio
potere attraverso il diritto di voto nel Consiglio di Amministrazione.
Nelle piccole realtà aziendali che hanno scelto di costituirsi secondo il modello
della corporation le figure del proprietario, manager, lavoratore possono
coincidere mentre più in generale la corporation è un modello organizzativo
caratterizzato dalla separazione tra management e proprietà.
8.1.4. Comparazione tra i modelli di partnership e il
modello della corporation
Per quel che riguarda il caso dei modelli classici di forma organizzativa islamica,
ossia il mudarba ed il musharaka, i diritti alla spartizione dei profitti e delle
perdite vengono tutelati dalla possibilità di riscossione al termine del progetto o in
qualsiasi altro momento. Considerando l’esistenza di progetti a lungo termine che
mostrano i propri ritorni avanti nel tempo i moderni studiosi islamici hanno
sviluppato il concetto di “constructive liquidation” che permette alle parti, previo
mutuo consenso, di esercitare il proprio diritto alla partecipazione di profitti e
perdite periodicamente attraverso la valutazione, periodica e generalmente
annuale, del Net Asset Value.
La forma della corporation è simile al musharaka, ma si differenzia per l’aspetto
della responsabilità dei proprietari che è limitata nel primo caso ed illimitata nel
secondo. Si può notare che, sotto l’aspetto della responsabilità dei soci, la
corporation è più simile al modello del mudarabah in quanto entrambi
caratterizzati dalla separazione tra proprietà e management.
In riferimento ai modelli islamici i costi di agenzia, derivanti dal conflitto di
interessi tra management e proprietari, sono ridotti nel caso del modello del
musharka dove tutte le parti partecipano alle scelte manageriali, sebbene lo stesso
possa non essere attrattivo data la responsabilità illimitata delle perdite o possa
200
non essere ritenuto idoneo dai partners che non vogliono incorrere in una
diluzione del potere, mentre risultano elevati nel caso del mudarabah.
Figura 8.2. Confronto tra il modello del mudarabah ed il modello del musharaka
Fonte: Elaborazione propria
8.2. Le teorie tradizionali di struttura finanziaria
8.2.1. La tesi tradizionale
Secondo la tesi tradizionale non esisterebbe una corretta percezione del rischio
legato all’aumento del debito di un’impresa fino ad un livello considerato
ragionevole di indebitamento. Nella tesi tradizionale il costo dell’indebitamento
viene considerato meno oneroso rispetto al capitale a pieno rischio e quindi un
aumento dell’indebitamento comporta una riduzione del costo medio ponderato
del capitale almeno fino ad un livello considerato ragionevole di indebitamento
superato il quale il costo medio ponderato del capitale aumenta.
Figura 8.3. Andamento del WACC al variare del rapporto di indebitamento
secondo l’ipotesi tradizionale
201
Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Finanza aziendale”, ISEDI, Torino, 2010
Il costo medio ponderato del capitale, conosciuto con l’acronimo di WACC
(Weighted Average Costo of Capital), non è altro che la media delle fonti di
finanziamento a pieno rischio e di debito ponderate per i rispettivi costi.
La formula del WACC è la seguente:
WACC = !
(!!!)
rE + !
(!!!)
rD245 Secondo la tesi tradizionale il WACC presenta un andamento ad U permettendo di
individuare quella fascia di livello di indebitamento ottimale che minimizzare il
costo medio ponderato del capitale e di massimizzare il valore dell’impresa.
8.2.2. Le tesi di Miller e Modigliani
245
Dove:
D = debito finanziario;
E= capital proprio;
rD = costo del debito;
rE = costo del capitale proprio
202
In quella che è conosciuta come “I proposizione”, Miller e Modigliani dimostrano
inizialmente che non esiste una struttura finanziaria perfetta in presenza delle
seguenti condizioni:
-
L’impresa opera su mercati di capitali perfetti e in assenza di asimmetrie
informative tra insider e outsider;
-
Assenza di costi di emissione e transizione dell’impresa nella raccolta di
fonti finanziarie esterne di debito o capitale proprio;
-
Assenza di costi diretti e indiretti collegati al rischio di dissesto
finanziario;
-
Assenza di costi di agenzia in ragione dell’assenza di asimmetria
informativa.
In presenza di tali condizioni i vantaggi e gli svantaggi del ricorso al debito si
annullano e quindi per l’impresa risulta indifferente finanziarsi con capitale
proprio o con capitale di debito. Secondo gli studiosi sotto queste condizioni sono
le scelte di investimento a creare valore e non le modalità di finanziamento delle
stesse. Miller e Modigliani dimostrano analiticamente che il valore di un’impresa
dipende dalle sue attività reali e non dai titoli che emette e tale valore rimane
inalterato indipendentemente dai titoli vantati nei suoi confronti.
Gli studiosi introducono il concetto di rischio e considerano il valore di
un’impresa come la capitalizzazione del rendimento atteso della sua attività
operativa ad un tasso appropriato (rO) che rispecchia la classe di rischio
dell’impresa (j).
Figura 8.4. Andamento del costo del capitale al variare del rapporto di
indebitamento secondo Modigliani e Miller
203
Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Finanza aziendale”, ISEDI, Torino, 2010
La I proposizione di Miller e Modigliani sostiene che il valore di mercato di
un’impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria:
Vj = (Ej + Dj) = !" 246
!"
Considerando che ro coincide con il WACC, la formula dimostra come il costo
medio ponderato del capitale rimanga costante per qualsiasi livello di
indebitamento.
8.2.3. La teoria del trade – off
246
Dove:
Vj = valore dell’impresa;
Ej = valore di mercato delle azioni ordinarie;
Dj = valore di mercato dei debiti di impresa;
ra = rendimento atteso dell’attività operativa;
ro = tasso di attualizzazione adeguato alla classe di rischio dell’impresa.
204
Si prende in questo caso in considerazione il trade – off tra vantaggi e svantaggi
dell’indebitamento al fine di determinare la struttura finanziaria ottimale. Si deve
infatti considerare che in caso di deducibilità degli interessi e delle imposte
societarie il valore dell’impresa cresce all’aumentare dell’incidenza del capitale di
debito, ma fino ad un certo livello in quanto un incremento del livello di
indebitamento comporta anche un incremento dei costi di fallimento.
Secondo la teoria del trade – off al crescere del livello di leverage aumenta
proporzionalmente la probabilità di dissesto ed il vantaggio fiscale si riduce fino
ad annullarsi: l’ottimo teorico si ha quando i valori attuali dei costi e dei benefici
legati all’indebitamento si eguagliano247.
I vantaggi legati al debito sono principalmente i seguenti tre:
-
Scudo fiscale: il vantaggio deriva direttamente dai regimi fiscali applicati
dai singoli stati e dalla possibilità di deduzione degli oneri fiscali. Nel caso
di deduzione degli oneri fiscali derivanti dall’indebitamento la relazione
tra aumento di questo e aumento del valore aziendale sarebbe positivo.
-
Disciplina del comportamento del management: un aumento del livello di
indebitamento disciplinerebbe maggiormente il management nell’utilizzo
dei flussi di cassa derivanti dagli investimenti in modo che essi selezionino
solo gli investimenti in grado di produrre flussi di cassa almeno tali da
permettere la copertura del costo del debito.
-
Riduzione delle asimmetrie informative: il ricorso ad una fonte di
finanziamento esterna all’impresa quale il debito costringe il management
ad un più elevato livello informativo in modo da permettere a terzi
finanziatori di valutare correttamente il rischio associato all’impresa.
Questo permette all’impresa di disporre di capitale per il finanziamento
della propria attività ad un costo più basso di quello che si avrebbe in
assenza di tale livello informativo.
Figura 8.5. Il valore dell’impresa secondo la teoria del trade – off
247
In termini teorici la struttura finanziaria ottimale è spiegata attraverso la seguente equazione:
Valore impresa = Valore con 100% equity + VA Vantaggio Fiscale – VA Costi di fallimento
205
Fonte: G. Tardivo, R. Schiesari, N. Miglietta, “Finanza aziendale”, ISEDI, Torino, 2010
Il ricorso al debito implica un trade – off tra benefici e svantaggi
dell’indebitamento per cui anche gli effetti negativi di un eccessivo rapporto di
leva vanno correttamente analizzati. Le teorie finanziarie evidenziano come
accanto ai costi diretti esistano anche dei costi indiretti che caratterizzano gli
strumenti finanziari e che influenzano le scelte delle imprese in termini di struttura
finanziaria.
I costi diretti degli strumenti finanziari sono:
-
Costi di raccolta : si tratta di costi dovuti al compenso dei portatori di
capitale. Nel caso di capitale di debito i costi di raccolta sono rappresentati
dal pagamento del tasso di interesse nel sistema finanziario tradizionale e
dal pagamento del mark – up in quello islamico. Nel caso di capitale di
equity i costi di raccolta sono rappresentati dai dividendi dovuti agli
azionisti che variano in relazione al profilo rischio-rendimento degli
strumenti.
-
Costi di sottoscrizione: si riferiscono alle spese legali e amministrative
legate ad una transazione finanziaria o ai costi legati alla strutturazione
dell’operazione di emissione di titoli sul mercato.
I costi indiretti degli strumenti finanziari sono difficilmente identificabili e
quantificabili e sono legati alla percezione di un crescente rischio di dissesto
206
dell’impresa. È possibile, in linea del tutto approssimativa, considerare i seguenti
costi indiretti:
-
Costi di struttura finanziaria: si tratta di costi indiretti legati alla
dimensione del capitale di debito. Si tratta di costi che sorgono prima che
l’azienda affronti le procedure concorsuali o la ristrutturazione
stragiudiziale. I costi di struttura finanziaria sono dovuti al fatto che il
volume dei ricavi diminuisce, il management e i lavoratori con maggiori
competenze tendono ad allontanarsi dalla società appena possibile e il
costo del capitale, a parità di altre condizioni, aumenta.
-
Costi informativi: le teorie che introducono le asimmetrie informative
assumono che i manager dell’impresa siano in possesso informazioni
private sulle opportunità di investimento dell’impresa e sui relativi ricavi
futuri. Questo implica che i manager cerchino di utilizzare la struttura del
capitale per segnalare in modo credibile agli investitori esterni la propria
informazione, con varie implicazioni per l’efficienza dell’impresa.
Una delle teorie che tendono a spiegare il fatto che l’emissione di titoli
azionari da parte di imprese i cui titoli sono già quotati genera una
reazione negativa del mercato e rendimenti anomali negativi delle azioni
ordinarie è legata all’asimmetria informativa esistente tra i soggetti. Data
l'asimmetria informativa tra amministratori dell'impresa e investitori, con i
primi meglio informati circa le prospettive dell'impresa, la quota di azioni
della società che gli amministratori decidono di detenere rappresenta un
segnale delle loro aspettative circa la redditività futura dell'impresa. La
decisione di collocare azioni sul mercato segnala agli investitori che il
prezzo di mercato delle azioni é superiore al valore stimato dagli
amministratori: un investitore razionale tenderà a vendere azioni in
occasione dei collocamenti sul mercato da parte dell'impresa. Di qui la
correlazione tra rendimenti negativi del titolo e collocamenti di capitale sul
mercato.248
248
Leland e Pyle, “Informational Asymmetries, Financial
intermediaries”, "Journal of Finance ", 1977, vol. 32, pp. 371-388.
Structure,
and
Financial
207
-
Costi di diluzione: fanno riferimento all’effetto di diluzione dei diritti degli
azionisti in considerazione del fatto che all’aumentare del numero di
azionisti da un lato si riducono i diritti sui profitti residuali e dall’altro si
riduce, a parità di altre condizioni, il diritto di controllo che viene disperso
tra un numero maggiore di soggetti. Nel contesto islamico i costi di
diluzione esistono per le azioni di musharaka e non in quelle di
mudarabah.
-
Costi di agenzia: i conflitti d’interesse che di norma caratterizzano la
simultanea presenza di azionisti e creditori tra i finanziatori aziendali
raggiungono il loro apice quando l’azienda versa in una situazione di
financial distress. Gli azionisti mettono in atto politiche volte a
danneggiare i creditori e a favorire se stessi. Si tratta di strategie costose
che riducono il valore di mercato dell’impresa. In presenza di conflitti di
interesse l’impresa deve sostenere dei costi al fine di allineare gli interessi
tra azionisti e creditori attraverso strumenti che aumentino la tutela dei
creditori quali ad esempio l’utilizzo di garanzie o convenant. 249 Sia
azionisti che creditori, inoltre, sostengono dei costi per limitare i
comportamenti opportunistici del management.
8.2.4. La teoria del packing order
La teoria dell’ordine di scelta non delinea un modello ottimale, ma si basa
sull’osservazione dei comportamenti reali assunti dalle imprese. Secondo questa
teoria le imprese seguono una precisa gerarchia in termini di fonti di
249
Per covenant si intende una pattuizione, accessoria a un contratto di finanziamento, colla quale
il finanziato assume espliciti impegni, direttamente o indirettamente correlati alla garanzia della
restituzione della somma erogata. In particolare, il finanziato si obbliga spesso con tali patti a
mantenere una certa composizione del proprio patrimonio, dal punto di vista quantitativo o
qualitativo. Il covenant poi è strutturato di solito in modo da attribuire al finanziatore dei poteri
informativi, così da consentire di verificare il rispetto degli impegni. Infine, in caso di acclarata
violazione delle obbligazioni, il patto in genere attribuisce al creditore poteri di reazione, che
vanno dalla semplice esigibilità immediata del debito sino alla nomina di componenti degli organi
societari del finanziato.
208
finanziamento: gli utili non distribuiti risultano la scelta preferita, seguiti dai titoli
obbligazionari ed infine dall’emissione di titoli azionari che risultano all’ultimo
posto gerarchico in quanto comportano la diluzione dei risultati precedentemente
raggiunti tra un numero più elevato di proprietari.
8.3.
La
scelta
di
struttura
del
capitale
secondo
la
prospettiva islamica 250
Lo sviluppo del mercato dei capitali nel Paesi islamici, sia in termini di capitale a
pieno rischio che di capitale di terzi, è stato rapido e continuo. Lo sviluppo del
sistema bancario, affiancato allo sviluppo del sistema di mercato, del sistema
legale, del sistema fiscale e dei diversi organi di competenza è stato importante
per lo sviluppo di una finanza aziendale Shariah – compliant, soprattutto nei Paesi
più sviluppati251 e in quelli dove il sistema è totalmente islamizzato.
Figura 8.6. Sviluppo del sistema islamico dagli anni Settanta ad oggi
250
Si ipotizza che le imprese possano indebitarsi ricorrendo solo agli strumenti asset – based
islamici. Sono escluse dalla trattazione le imprese con forma di shrikan abdan e shrikan wujuh che
non necessitano di capitale.
251
Nei Paesi meno sviluppati del MENA il sistema Shariah – compliant è sostituito da un altro
importante aspetto innovativo della finanza islamica: il microcredito.
Il microcredito è stato sviluppato dal professore e Premio Nobel M.I.Yunus in riferimento a
situazioni di estrema povertà dove i piccolissimi imprenditori non avevano i requisiti per rivolgersi
al sistema di credito tradizionale.
Sebbene il sistema del microcredito applichi il tasso di interesse sui prestiti, eliminando uno dei
principali divieti della finanza islamica nei Paesi più sviluppati, esso rispecchia la realizzazione
dell’ideale islamico di solidarietà e fratellanza per cui, sebbene inizialmente molto criticato sia per
l’applicazione del tasso di interesse sia per l’importante ruolo che la donna riveste nel sistema,
oggi viene accettato e si caratterizza per uno sviluppo sempre maggiore. Viene inoltre preso a
modello di finanza solidale anche nei Paesi più sviluppati: in Italia si ricorda l’associazione
PerMicro nata a Torino nel 2007 e che ad oggi ha erogato 5.186 microcrediti per un valore
complessivo di oltre 29 milioni di euro.
209
Fonte: Dr. A. A. Zeti, “Islamic finance and global financial stability”, April 2010.
Le fonti finanziarie Shariah – compliant si caratterizzano per una sempre
maggiore incidenza nei paesi dell’aria del MENA (Middle-East North Africa).
Per comprendere l’importanza del fenomeno si riportano i dati relativi
all’ammontare degli strumenti finanziari islamici erogati nel Sudan252 dal 1998 al
2006.
Figura 8.7. Evoluzione delle tipologie di fonti finanziarie delle aziende del Sudan
Mode of financing
Murabahah
Musharaka
Mudarabah
Salam
Others
Total (%)
Total (US$m)
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
54,35%
49,12%
33,74%
39,53%
35,92%
44,64%
38,52%
43,29%
53,37%
21,11%
30,80%
42,88%
30,97%
27,88%
23,22%
31,99%
30,82%
20,38%
5,97%
4,07%
3,51%
6,25%
4,63%
5,71%
5,74%
4,20%
5,25%
6,61%
5,02%
3,35%
4,99%
3,32%
4,80%
2,95%
2,09%
1,28%
11,94%
10,99%
16,52%
18,26%
28,26%
21,63%
20,80%
19,60%
19,72%
100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00% 100,00%
20.41
285.86
393.74
559.95
787.89
1083.83
1706.25
3014.43
4861.51
Fonte: B. Hearn, J. Piesse, R. Strange, “Islamic finance and market segmentation: implications for
the cost of capital”, International Business Review 21 (2012) 102-113
La teoria del trade – off si basa sul confronto tra capitale di equity e debito e sul
trade – off tra costi e benefici derivanti dalla deducibilità fiscale dell’ultimo:
252
Il sistema Shariah – compliant si è sviluppato con particolare estasi nel Sudan incidendo
sull’operatività delle imprese islamiche del Paese.
“There are few countries whose financial system are explicitly and exclusively based on Islamic
financial principles: Pakistan, Iran, Sudan”
Fonte: B.Hearn, J. Piesse, R. Strange, “Islamic finance and market segmentation: implications for
the cost of capital”, International Business Review 21 (2012) 102-113
210
questo è il motivo per cui la teoria risulta irrilevante in un contesto in cui non
esiste la deducibilità fiscale sugli interessi.253
Nel sistema finanziario islamico non esiste il concetto di debito in senso
tradizionale a causa del divieto della riba, ma esistono alcuni strumenti finanziari
asset – based254 che presentano un profilo rischio-rendimento più basso rispetto
agli strumenti profit and loss sharing caratteristici della finanza islamica. Nella
presente trattazione si definiranno strumenti di debito islamici tutti gli strumenti
offerti dal circuito finanziario diversi dagli strumenti di profit and loss sharing,
mudarabah e musharaka, con particolare riferimento agli strumenti del
murabaha, dell’ijara e del sukuk.
Lo stretto legame esistente tra strumenti finanziari ed economia reale che ha reso
possibile lo sviluppo di alternative diverse rispetto alle soluzioni di profit and loss
sharing comporta che l’ammontare di debito non superi l’ammontare di asset
tangibili.
L d ≤ A ft Questo limite comporta che imprese islamiche con meno asset intangibili saranno
meno indebitate.
8.3.1. Il costo dei principali strumenti finanziari islamici
La letteratura islamica non è generosa per quel che riguarda lo studio della
struttura finanziaria di un’impresa operante nel contesto finanziario Shariah –
compliant, ciò nonostante un importante contributo per lo studio della struttura
253
“The scenario for an Islamic firm with respect to interest tax shield is quite clear. Tax shield on
interest is non-existent in an Islamic economy. Hence, trade-off theory would be largely irrelevant
for an Islamic firm”. Fonte: M. Obaidullah, “Teaching Corporate Finance from an Islamic
Perspective”, Islamic Economy Research Centre, 1427/2006, Jeddah pag. 66
254
Secondo gli studiosi islamici questi strumenti sono concettualmente assimilabili agli strumenti
di debito nello studio delle teorie finanziarie in quanto presentano un profilo di rischio –
rendimento inferiore rispetto agli strumenti di equity islamici che sono il musharaka e mudarabah.
Sarebbe tuttavia preferibile definirli ““finanziamenti con commissione prestabilita nell’importo” –
mark up financing-.
211
finanziaria ottimale dell’impresa islamica è stato offerto da H. Ahmed255 che
analizza le scelte delle imprese secondo l’approccio della packing order theory
rispettando i seguenti assunti:
-
L’imprsa può scegliere la struttura del capitale scegliendo tra: riserva di
utili, capitale di equity256 e capitale di debito257;
-
L’impresa può indebitarsi rispettando il limite imposto dalla Shariah per
cui l’ammontare dell’indebitamento sarà minore o uguale all’ammontare
degli asset tangibili;
È possibile considerare gli strumenti di equity islamici, mudarabah e musharaka,
separatamente e in relazione ai poteri che le rispettive azioni conferiscono ai soci.
Le azioni derivanti dal musharaka garantiscono al proprietario non soltanto i
ritorni dall’investimento secondo il tasso di ripartizione pre – accordato, ma anche
il diritto di voto e di gestione del business; il mudarabah si caratterizza invece per
garantire il diritto alla spartizione del profitto, ma senza potere di controllo.
Nel caso del mudarabah le azioni si riferiscono ad un periodo di tempo limitato,
mentre nel caso del musharaka si presuppone che esse esisteranno finché esisterà
la partnership stessa258.
I possessori di azioni mudarabah hanno un’ottica di breve o medio termine e non
sono interessati alla gestione dell’impresa, ma soprattutto alla massimizzazione
del ritorno atteso, a differenza dei possessori di azioni musharaka che hanno
un’ottica di lungo termine e sono interessati alla continuità dell’impresa e agli
aspetti legati al management: per questo motivo gli azionisti di mudarabah
vengono remunerati prima che il Consiglio di Amministrazione, costituito dagli
azionisti di musharaka, decida l’ammontare da destinare come riserva di utili e
come dividendi.
255
H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic Research
and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah.
256
Il capitale di equity considerato si riferisce agli strumenti islamici di musharaka e mudarabah.
257
Il capitale di debito considerato si riferisce agli strumenti asset – base, detti anche di mark . up
financing, del circuito finanziario islamico e principalmente: murabaha e ijara per gli strumenti
bancari e sukuk per gli strumenti di mercato. Nonostante esistano diverse tipologie di sukuk qui ci
si riferisce ad sukuk generico.
258
Si rimanda al capitolo sesto per le modalità di conclusione di un contratto di musharaka
212
Un’azienda potrebbe preferire l’emissione di azioni mudarabah piuttosto che
muskaraka nel caso in cui non volesse un’eccessiva diluzione del controllo, ma
anche che all’aumentare di azionisti di mudarabah, che hanno diritto di priorità al
pagamento degli utili, diminuirebbe, a parità di altre condizioni, l’importo da
destinare come riserva di utili e come dividendi. Si consideri, inoltre, che secondo
la legge della Shariah solo le aziende di grandi dimensioni e con una solida
reputazione possono emettere azioni mudarabah259.
I contratti di debito del sistema finanziario islamico sono forme contrattuali asset
– based e non di pure transazioni monetarie nel rispetto dei divieti imposti dalla
legge della Shariah. Nonostante la struttura differisca questo tipo di contratti dai
contratti puri di debito della finanza tradizionale, dal punto di vista delle scelte di
struttura finanziaria è importante sottolineare che, a parità dei contratti di debito
tradizionali, essi hanno priorità di rimborso rispetto alle azioni mudarabah e
musharaka.
Figura 8.8. Caratteristiche degli strumenti islamici
Musharaka Shares
Tipo di capitale
Diritto di controllo
Diritto ai cash flow
Equity
Sì
Profit/Loss Shares
Priorità di pagamento
Ultima
Scadenza
Cessione dei titoli
Indeterminata
Trasferibile
Mudarabah Shares
Debt
(Sukuk)
Debito finanziario
No
Fisso
Equity
No
Profit/Loss Shares
Dopo il debito, prima
Primaria
del musharaka
Predefinita
Predefinita
Trasferibile
Trasferibile
Debt
(mark-up financing)
Debito finanziario
No
Fisso
Primaria
Predefinita
Non trasferibile
Fonte: H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic
Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah
259
I possessori delle azioni di mudarabah hanno un orizzonte temporale di breve o medio termine,
a volte anche inferiore all’anno, non interessati ad investimenti in aziende di piccole dimensioni o
senza storia.
213
Figura 8.9. Caratteristich degli strumenti tradizionali
Azioni ordinarie (E)
Aggregato si Stato
Capitale netto
Patrimoniale
Diritto di voto, controllo Sì
Remunerazione
Dipendente da utili
Priorità di pagamento
Da statuto
Scadenza
Cessione dei titoli
Da statuto
Da statuto
Azioni privilegiate (E)
Corporate bond (D)
Debito bancario (D)
Capitale netto
Debito finanziario
Debito finanziario
Limitato
Dipendente da utili
(secondo statuto)
Privilegiato rispetto alle
azioni ordinarie
Da statuto
Da statuto
No
No
Periodica o a scadenza
Periodica o a scadenza
Primaria
Primaria
Da regolamento
Da regolamento
Da contratto
Da contratto
Fonte: M. Mariani, “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012.
È possibile individuare alcune caratteristiche distintive tra gli strumenti islamici e
gli “assimilabili” strumenti offerti dalla finanza tradizionale:
1. Nel contesto islamico, a differenza di quello tradizionale, gli strumenti di
debito devono essere necessariamente correlati ad un’attività reale;
2. Le azioni islamiche che incorporano il diritto di voto e di controllo sono
solo e necessariamente quelle a lunga scadenza nella forma di musharaka,
mentre nel contesto tradizionale la scadenza delle singole azioni, sia che
incorporino o non incorporino il diritto di voto, è disciplinata dallo
specifico statuto dell’impresa. In questa circostanza i possessori di azioni
musharaka sono interessati allo sviluppo e alla crescita dell’impresa ed
hanno un orizzonte temporale di lungo termine, mentre i possessori di
azioni mudarabah sono caratterizzati da un orizzonte temporale di breve
termine e nel contesto islamico apportano il capitale che l’impresa
necessità per l’acquisto di asset tangibili che le permettono di attingere ad
una nuova quota di capitale di debito.
3. Per quel che riguarda nello specifico gli strumenti di equity è possibile fare
ulteriori costatazioni:
-
Nel contesto islamico il capitale a pieno rischio è considerato una
vera e propria partnership, nel rispetto del modello del profit and
loss sharing, per cui i possessori delle azioni musharaka, ossia
coloro che hanno diritto di voto, condividono con il management
non soltanto la gestione dell’attività di impresa, ma anche i rischi
214
associati alla stessa e possono subire una perdita sulla base del
rapporto pre – determinato;
-
Nel contesto tradizionale e in quello islamico il problema
dell’asimmetria informativa tra management e azionisti è gestita in
modo diverso: nel primo essa viene limitata attraverso i contenuti
legali degli strumenti finanziari, mentre nel contesto islamico essa
deriva direttamente da contenuti di ordine religioso nella maniera
in cui il Sacro Corano stesso evidenzia l’importanza e
dell’informazione e della tutela della stessa nelle transazioni
economiche;
-
Mentre
nel
contesto
islamico
l’arbitraggio
attuato
dagli
intermediari finanziari è considerato lecito nel contesto islamico
esso è assolutamente vietato.
In relazione al costo degli strumenti finanziari a disposizione per le scelte di
struttura finanziaria di un’impresa islamica è importante innanzitutto notare che
gli strumenti di debito islamici risultano più costosi di quelli tradizionali.
L’aumento di costo a parità di condizioni deriva dall’aumento di complessità della
strutturazione degli strumenti al fine di renderli Shariah – compliant. Questo
aspetto risulta rilevante in quei Paesi dove il sistema finanziario islamico e quello
tradizionale coesistono in quanto può generare opportunità di arbitraggio260.
H. Ahmed261 analizza il costo degli strumenti principalmente utilizzati per la scelta
della struttura del capitale in un’impresa islamica attraverso l’approccio della
packing order theory e attraverso una scala di valori che va da 0 (irrilevanti) a 3
(elevati).
Sulla base dei risultati ottenuti dall’analisi del costo degli strumenti finanziari
l’autore espone le modalità
260
Nella presente trattazione si farà riferimento ad un contesto totalmente islamizzato.
H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic Research
and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah.
261
215
Figura 8.10.
Costi degli strumenti di capitale a disposizione della corporate
finance islamica
Sottoscrizione
Diluzione
Fallimento
Informativo
Costi indiretti
Raccolta
Costi diretti
3
0
0
0
0
3
1
1
0
2
2
4
1
1
0
2
2
4
Mudarabah Shares
2
2
2
0
1
7
Musharaka Shares
3
3
3
0
2
11
Autofinanziamento (utili
non distribuiti)
Debito
(Ijara e Murabahah)
Debito
(Sukuk)
Costi totali
Fonte: H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic
Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah.
La tabella evidenzia che l’autofinanziamento si caratterizza per un elevato costo di
raccolta, rappresentato dai dividendi pagati agli azionisti, mentre presenta dei
livelli di costo irrilevante in relazione al costo di sottoscrizione e alle categorie di
costi indiretti.
L’autofinanziamento permette all’impresa di aumentare il capitale senza emettere
nuove azioni: in questo modo l’impresa non sostiene costi di dilazione né in
riferimento alla diluzione dei profitti né in relazione alla diluzione del diritto di
voto degli azionisti esistenti. L’autofinanziamento permette inoltre all’impresa di
non sostenere i costi indiretti dell’aumento del livello di debito e di aumentare il
valore dell’impresa a lungo termine nell’ottica della creazione di valore per gli
azionisti, soprattutto in riferimento ai possessori di azioni musharaka.
Il costo capitale esterno islamico sottoforma di debito qui considerato, murabaha,
ijara e sukuk, è relativamente basso in quanto su di esso non incidono i costi legati
all’asimmetria informativa e i costi derivanti dalla diluzione dell’azionariato. Il
costo principale imputabile al capitale di debito è relativo ai costi di agenzia e al
conflitto di interessi tra creditori ed azionisti che viene limitato attraverso
l’utilizzo di strumenti quali le garanzie o le covenant. Un’azienda può decidere di
216
ricorrere allo strumento del debito in quanto presenta relativamente un basso costo
e per evitare la diluzione dell’azionariato: all’aumentare dell’indebitamento
aumentano i costi legati alle possibilità di dissesto finanziario dell’impresa e
quindi anche il costo delle altre fonti di finanziamento. Si noti come nel contesto
islamico questa possibilità è limitata dall’imposizione di un livello di
indebitamento massimo pari all’ammontare degli asset tangibili per cui
nonostante il costo dell’indebitamento possa risultare conveniente un’impresa
islamica dovrà rinunciare allo strumento del debito nel caso in cui esso abbia
raggiunto il livello degli asset tangibili non sulla base di decisioni economiche,
ma sulla base di imposizioni esterne.
In relazione agli strumenti islamici di capitale a pieno rischio, mudarabah e
musharaka, è importante notare che i costi legati all’informazione sono più alti
per l’emissione di azioni musharaka rispetto a quelle mudarabah. Questo dipende
dalla diretta conseguenza che il limite imposto all’indebitamento dell’impresa ha
nei confronti della percezione del rischio da parte del mercato. Nel caso in cui
un’impresa islamica emetta azioni quando il livello di indebitamento è inferiore
all’ammontare degli asset tangibili le reazioni del mercato saranno negative e si
genereranno costi derivanti dall’asimmetria informativa tra amministratori
dell’impresa e mercato; nel caso in cui un’impresa islamica emetta azioni sul
mercato ed il livello di indebitamento raggiunto è pari all’ammontare degli asset
tangibili in un contesto islamizzato è possibile presupporre minori information
cost in rilevanza del fatto che il mercato islamico sarà consapevole che
l’emissione di azioni deriva dall’impossibilità di rivolgersi ulteriormente al canale
del debito.262
Gli studi condotti dall’autore evidenziano che quando il valore del debito di
un’impresa islamica è vicino al valore degli asset tangibili, a parità di condizioni,
gli information cost saranno minori e che il costo di approvvigionamento del
capitale muskaraka è più alto del capitale mudarabah in conformità con il fatto
che le azioni mudarabah presentano un profilo rischio – rendimento più basso.
262
“They will realize that the limits of debt has been reached and raising capital through debt is not
an alternative”. Fonte: H. Ahmed, Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms,
Islamic Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah, cit.
217
Si consideri anche che le azioni mudarabah garantiscono ai possessori il diritto
alla spartizione dei profitti, ma non il diritto di voto: per questo motivo i costi di
diluzione sono minori nel caso di azioni mudarabah che nel caso di azioni
musharaka dove i costi di diluzione rispecchiano sia il profilo dei profitti che
quello del diritto di voto.
Sulla base di quanto esposto e se si assume che l’obiettivo dell’impresa islamica
sia quello di massimizzare il profitto minimizzando il costo del capitale è
possibile classificare l’ordine di scelta degli strumenti finanziari da parte della
corporate finance islamica. L’impresa Shariah – compliant finanzierà la propria
attività rispettando il seguente ordine: autofinanziamento, strumenti di debito
islamici, azioni mudarabah e azioni musharaka.
8.3.2. La struttura del capitale nelle imprese di piccole
dimensioni
Le imprese di piccole dimensioni263 sono generalmente imprese di start – up e di
tipo imprenditoriale il cui capitale deriva principalmente da soggetti legati
all’attività: founders, family, friends e fouls.264 Le star-up, infatti, si caratterizzano
per l’assenza di storia che aumenta la percezione del rischio da parte di potenziali
finanziatori esterni e non possono emettere strumenti quali azioni e obbligazioni
perché non quotate. Le start – up islamiche potrebbero anche raccogliere fondi
attraverso il canale dei business angel, nel contesto islamico denominati muslim
angel 265 , ossia un professionista, ancora in attività o in pensione, con un
consistente patrimonio personale, una buona rete di contatti, una discreta
propensione al rischio, disposto ad investire nelle piccole-medie imprese,
263
Nella trattazione saranno considerate come imprese di piccole dimensioni le start – up che solo
dopo la maturazione potranno emettere strumenti sul mercato tramite operazioni di IPO (Initial
Public Offering)
264
In riferimento ai finanziatori di imprese start - up si utilizza la definizione di “4 F”.
265
Per maggiori informazioni si visiti il sito www.muslimangels.com
218
mediante partecipazione al capitale di rischio, nelle fasi di start up con la finalità
di ricavare un elevato ritorno sull’investimento.
Nel contesto islamico questo è vero e rilevante, ma va anche aggiunto che le start
– up si caratterizzano da un basso ammontare di asset tangibili e che quindi,
anche talora esse riuscissero ad accedere al capitale di debito266, l’ammontare del
finanziamento sarebbe minimo.
Le start – up con potenzialità di crescita possono rivolgersi al finanziamento da
parte di fondi di venture capital, tanto nel contesto tradizionale che in quello
islamico: il capitale apportato dal fondo di ventur capital si caratterizza per un
costo elevato, ma potrebbe rappresentare l’unica alternativa per l’impresa che ha
intenzione di crescere.
I venture capitalist selezionano progetti di start – up con elevate potenzialità di
crescita in quanto sono disposti ad assumersi un forte rischio, legato all’assenza di
storia della start - up , solo a fronte di un elevata potenzialità di ritorno futuro.
Essi hanno l’obiettivo, nel medio termine, di percepire un importante ritorno
attraverso la cessione della propria partecipazione: per questo motivo il fondo di
venture capital partecipa attivamente alla gestione dell’attività di impresa.
Attraverso l’intervento del venture capital è possibile presupporre che il valore
dell’impresa start – up aumenti e che essa cresca sia in termini di dimensioni, sia
in termini di dotazione di asset tangibili. Questo significa che aumenterà la
possibilità di rivolgersi al circuito finanziario per reperire capitale di debito sia
grazie alla maggiore credibilità di fronte al sistema bancario sia perché, nello
specifico contesto islamico, sarà aumentata la dotazione di asset tangibili che
garantirà una quota maggiore di capitale.
In questo modo la struttura finanziaria della start - up non sarà più caratterizzata
dalla sola presenza di capitale di pieno rischio, ma da una combinazione di debito
ed equity che, a parità di altre condizioni, abbasserà il costo del capitale
aumentando il valore aziendale.
Una volta raggiunto l’obiettivo di crescita di valore della start – up il fondo di
venture capital deciderà di liquidare il proprio ritorno attraverso operazioni di exit,
266
Nel caso delle start - up si considerano solo gli strumenti di debito del circuito bancario,
murabaha e ijara, e non l’emissione di sukuk.
219
la principale delle quali l’operazione di IPO. L’operazione di IPO permette al
fondo di venture capital di collocare sul mercato
le proprie quote di
partecipazione, che assumeranno la struttura di azioni musharaka in quanto
portatrici sia del diritto alla percezione degli utili e delle perdite secondo il
modello del profit and loss sharing, sia del diritto di voto.267
Figura 8.11.. Relazione tra asset tangibili e struttura finanziaria nelle fasi di
sviluppo di una start - up islamica
Fonte: : H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic
Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah.
8.3.3. La struttura del capitale nelle corporation di
dimensioni medio grandi
In una corporation islamica l’aspetto del controllo riflette i diritti di voto degli
azionisti musharaka che possono essere utilizzati dagli stessi per scegliere i
267
Si sottolinea come il diritto di voto dei possessori delle azioni musharaka sia meno profondo di
quello goduto dal fondo di venture capital che partecipava direttamente alla gestione dell’attività.
220
membri del Consiglio di Amministrazione (Board of Director) che controlla
l’operato del management al fine di garantire la tutela degli interessi degli
azionisti stessi.
Quanto più le corporation sono stabili e godono di buona reputazione tanto più
possono accedere agli strumenti di debito a lungo termine offerti dal circuito
bancario islamico o emettere titoli sul mercato.
Gli strumenti a disposizione della corporate finance islamica per le scelte di
struttura finanziaria in corporation di grandi e medie dimensioni dipendono da
diversi fattori: dalle caratteristiche dell’impresa e dal suo livello di reputazione,
dalla propensioni al rischio e alla diluzione di profitti e voto dell’azionariato
musharaka, dal costo degli strumenti finanziari islamici e dal limite
all’indebitamento imposto alle imprese nel contesto Shariah – compliant.
In una grande corporation che presenta stabili cash – flow la fonte di
finanziamento primaria è costituita dalle riserve di utili in quanto da una parte
garantiscono il minor costo del capitale e dall’altra tutelano gli interessi degli
azionisti in quanto non presentano costi di diluzione.
Se le fonti di finanziamento interne non sono sufficienti l’impresa opterà per la
soluzione del debito esterno, considerando sia il circuito bancario che quello dei
capitali, che risulta quello con il costo più basso immediatamente dopo
l’autofinanziamento.
Se l’impresa necessita di ulteriori capitali, ma non può più ricorrere
all’indebitamento in quanto ha raggiunto il limite massimo dello stesso pari
all’ammontare totale degli asset tangibili, allora sceglierà di emettere azioni
mudarabah in quanto meno costoso delle azioni musharaka. È tuttavia necessario
che l’impresa goda di buona reputazione e che abbia una storia di rendimenti
positivi perché possa collocare le quote di capitale tra azioni con un orizzonte
temporale di breve periodo. Si consideri che, come esposto precedentemente, nel
caso in cui l’emissione di azioni mudarabah avvenga in questo stadio e quindi nel
momento in cui non è più possibile ricorrere allo strumento del debito la reazione
del mercato islamico all’emissione dei titoli sarà positiva.
Se si presuppone che ad un aumento del capitale corrisponda un aumento degli
investimenti e della dotazione di asset tangibili allora si può presupporre l’impresa
221
in un nuovo momento di fabbisogno finanziario si rivolgerà nuovamente al canale
del debito in quanto meno costoso dello strumento delle azioni mudarabah. Se i
fabbisogni finanziari risultassero così grandi da non poter essere coperti
totalmente attraverso il canale del debito, perché esso raggiunge l’ammontare se
pur più alto di asset tangibile, allora la corporation islamica si rivolgerà
nuovamente al mercato dei capitali: in questo caso si tratta solitamente di progetti
di crescita e sviluppo, caratterizzati da ritorni con orizzonte a medio – lungo
termine, per cui l’impresa emetterà delle azioni musharaka.
Figura 8.12. Evoluzione della struttura del capitale in una corporation islamica
Fonte: : H. Ahmed, “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”, Islamic
Research and Training Institute, R. n° 70, 1427/2006, Jeddah.
8.4. Il trattamento dei dividendi secondo la prospettiva
tradizionale
Uno degli aspetti considerate dalla corporate finance e dalle teorie di strutura
finanziaria ottimale è il trattamento dei dividendi, ossia di quella parte di utile che
le società decidono di distribuire ai propri azionisti.
222
I dividendi rappresentano il compenso che spetta agli azionisti e sono importanti
quale elemento che influenza l’immagine della società nei confronti del mercato
finanziario e quindi le capacità della stessa di reperire capitale a pieno rischio268.
La politica dei dividendi influenza le scelte dell’impresa tra autofinanziamento e
finanziamento esterno in qualora non esistano sul mercato opportunità di
investimento in grado di generare un rendimento superiore a quello minimo
l’impresa deciderà di distribuire i dividendi ai propri azionisti. Ne risulta quindi
che la distribuzione dei dividendi agli azionisti è subordinata a due condizioni:
l’impresa deve aver prodotto utili e l’assemblea ordinaria deve decidere di
distribuire i dividendi anziché scegliere la via dell’autofinanziamento.
Il processo di distribuzione dei dividendi nel contesto islamico segue le stesse
logiche strategico – finanziarie di quello che caratterizza il sistema tradizionale,
ma si caratterizza per il cosiddetto processo di purificazione che ha lo scopo di
eliminare le componenti haram degli utili per donarli in beneficienza.
8.4.1. Il processo di purificazione dei dividendi nel contesto
islamico
I dividendi sono la remunerazione che spetta agli azionisti e rappresentano una
quota di utili generati dalla società. Nel contesto islamico le caratteristiche di
legittimità degli utili generati attraverso l’attività di impresa assumono una forte
rilevanza: gli utili non dovrebbero contenere elementi haram, vietati, sia in
riferimento alla natura degli investimenti che sono stati intrapresi sia in
riferimento alla natura degli strumenti di finanziamento a supporto degli
investimenti stessi.
Tutte le società coinvolte negli attuali mercati finanziari, anche quelle quotate nei
mercati dei paesi del MENA269, presentano una qualche componente haram nel
268
Gli studi condotti dimostrano che una distribuzione dei dividendi viene percepita dal mercato
come una buona notizia in quanto evidenzia le aspettative positive del management circa il future
della società: per questo motivo I prezzi salgono.
269
MENA è l’acronimo per Middle – East and North Africa.
223
processo che porta alla formazione degli utili, componente che si rispecchia
inevitabilmente nei dividendi distribuiti agli azionisti.
Gli esperti della Shariah più conservativi sono del parere che non sia consentito
per un musulmano investire
in azioni di società che presentano qualche
componente haram, anche se la loro attività principale è halal. La tesi di fondo di
questo gruppo di esperti è che ogni azionista di una società è un partner della
società stessa, ed ogni partner, secondo la giurisprudenza islamica, è un agente per
gli altri in materia di business: in questo senso il semplice possesso di una quota
incarna la volontà dell’azionista – partner ad autorizzare, ma soprattutto a
legittimare, il management ad operare in un’attività non Shariah – compliant e
quindi contraria al credo islamico. Un’altra tesi portata avanti dagli esperti più
conservatori è che la Shariah considera impuri i profitti se i fondi impiegati
nell’attività d’impresa sono stati finanziati strumenti che presentano componenti
non legittime, quali ad esempio l’interesse, in considerazione proprio del fatto che
una componente illegittima sarà compresa anche nei dividendi distribuiti agli
azionisti.
La maggioranza degli attuali studiosi, però, non condivide questa prospettiva e
sostengono che in una società costituita secondo il modello della corporation le
decisioni sono prese a maggioranza e nessun azionisti ha pieno potere di voto:
secondo questo punto di vista le azioni intraprese dalle società non possono essere
attribuite alla capacità individuale del singolo azionista credente e quindi se un
solleva un'obiezione contro una determinata operazione, in quanto ritiene presenti
degli elementi haram, ma tale obiezione viene rifiutata dalla maggioranza non si
può concludere che egli abbia dato il suo consenso attraverso la sua propria
capacità individuale. Questo aspetto viene ulteriormente evidenziato nel caso in
cui l’azionista decida autonomamente di rinunciare alla componente di dividendo
derivante dall’operazione haram.
Secondo la prospettiva accolta dalla maggioranza degli studiosi se il business
dell’impresa è halal, ma essa presenta delle componenti haram che siano
trascurabili, non è possibile concludere che tutte le attività che svolge l’impresa
siano haram e quindi l’investitore musulmano può acquistare quote del suo
pacchetto azionario con l’obbligo morale di opporsi, in relazione ai diritti di voto
224
di cui gode e nelle sedi opportune, ad azioni che giudica non in linea con l’etica
islamica rinunciando alla componente degli utili distribuiti che derivi da attività o
elementi haram per donarla in beneficienza attraverso il cosiddetto “processo di
purificazione”.
Risulta evidente che nel contesto islamico l’immagine etica dell’impresa assume
una connotazione importante ed influenza la sua capacità di reperire fondi sul
mercato finanziario.
8.4.2. I vincoli allo scambio azionario nel mercato islamico
Una delle caratteristiche specifiche dello strumento azionario è il suo essere
illimitato nel tempo per cui l’azionista può decidere di cedere il pacchetto
azionario che possiede sul mercato secondario e liquidare l’importo, ossia il
prezzo che si stabilisce a seguito dell’incontro tra domanda e offerta, piuttosto che
continuare a detenere le azioni e godere delle future distribuzioni dei dividendi.
Le caratteristiche di liquidabilità immediata dello strumento sono considerate
importanti dagli investitori e quindi incidono sulle capacità dell’impresa di
reperire capitale a pieno rischio.
Per quel che riguarda il contesto islamico si deve prima di tutto considerare che a
supporto di un’immediata liquidazione di capitale di equity un ruolo molto
importante viene svolto dall’efficienza del mercato dei capitali e delle borse
valori: la finanza islamica è storicamente recente e non tutti i paesi a maggioranza
musulmana presentano lo stesso grado di sviluppo del circuito finanziario di
mercato, anzi è possibile sostenere che molti paesi siano bank – oriented.
Il secondo aspetto da considerare riguarda il prezzo di scambio delle quote di
proprietà in quanto secondo la giurisprudenza islamica nel caso in cui la
maggioranza degli asset dell’impresa siano liquidi le azioni e in generale le quote
di partecipazione devono essere scambiate alla pari270.
270
Tecnicamente con il termine “alla pari” si intende un prezzo di emissione, in questo caso di
scambio azionario, uguale al valore nominale dello strumento.
225
Alcuni studiosi sono del parere che l’ammontare di attività illiquide deve essere il
almeno pari al 51%271, mentre secondo altri studiosi se le attività illiquide di una
società sono almeno pari al 33% del totale degli asset, allora le azioni della società
possono essere negoziabili anche non alla pari e quindi al prezzo che si stabilisce
sul mercato. Secondo la scuola hanafita ogni volta che un’attività è composta da
asset liquidi e asset illiquidi la parte liquida deve essere negoziata alla pari, mentre
la parte illiquida può essere negoziata indipendentemente.
Gli studiosi hanno opinioni diverse sulla necessità di sottoporre a purificazione i
profitti derivanti da plusvalenze che si verificano quando l’azionista acquista le
azioni ad un dato prezzo e le rivende sul mercato ad un prezzo superiore. Alcuni
studiosi sono del parere che anche nel caso delle plusvalenze il processo di
purificazione sia necessario perché il prezzo di mercato del titolo potrebbe
riflettere elementi haram incluso nel patrimonio della società. Altri studiosi
sostengono che il processo di purificazione in caso di plusvalenze non sia
necessario in quanto se il business principale in cui opera l’impresa è halal e se
gli azionisti agiscono nell’esercizio del proprio diritto di voto ammonendo le
azioni haram della società, allora la maggior parte delle attività della società
saranno considerate halal. In questo caso la componente del patrimonio haram
non soltanto sarà trascurabile, ma anche sconosciuta e quindi si dovrà assumere
che il prezzo delle azioni non la rifletta che in maniera minima.
Quest’ultimo approccio è più adatto al caso in cui l’investitore abbia riscattato la
quota dopo aver già ricevuto dei dividendi già sottoposti al processo di
purificazione, mentre il primo approccio è migliore nel caso in cui il riscatto della
quota avvenga prima di aver ricevuto dividendi.
Il processo di purificazione, applicato a seconda dei casi sui dividendi, sulle
plusvalenze o sulle quote di riscatto, viene generalmente effettuato prendendo in
considerazione la percentuale media di interessi percepiti dalla società.
271
Essi sostengono che se la maggioranza delle attività è in forma liquida tutte le attività
dovrebbero essere trattate come vengono trattate quelle in forma liquida secondo un principio
giuridico islamico per cui l’insieme di qualcosa (in questo caso degli asset di una società) deve
essere trattata sulla base della natura della sua maggioranza (in questo caso le attività in forma
liquida).
226
8.5. Il grado di sviluppo della finanza islamica ed il ricorso
agli strumenti finanziari Shariah – compliant
Secondo quanto analizzato nel corso della trattazione appare evidente quanto
l’obiettivo di fondo degli studiosi e degli organi che compongono il sovra sistema
finanziario islamico sia quello di permettere ad imprese e privati di ricorrere a
strumenti finanziari rispettosi del credo musulmano senza dover rinunciare agli
obiettivi di profitto ed economicità. Nel corso degli anni la finanza islamica ha
dato prova di grande ingegneria finanziaria che ha permesso lo sviluppo di
prodotti finanziari islamici sempre più sofisticati.
Lo sviluppo del sistema finanziario, sia bancario che di capitali, è fondamentale
per lo sviluppo e la competitività dell’impresa: proprio per questo motivo gli
studiosi islamici non rigettano gli strumenti tradizionali a priori, ma li analizzano
e li riadattano ai contenuti etici propri dell’Islam272.
La finanza islamica presenta dei livelli di crescita annui che vanno dal 10% al
15% ed ha dimostrato una maggior capacità di rispondere all’ultima crisi
finanziaria mondiale grazie ai fondamenti che la caratterizzano. Oggi gli strumenti
offerti dalla finanza islamica sono presenti in 37 paesi e sono circa 350 le
istituzioni finanziarie che presentano asset in qualche modo legate ai principi della
Shariah.
Secondo le stime effettuate Ernst & Young si prevede che gli asset del sistema
bancario islamico raggiungano un valore pari a 3,4 trilioni di dollari entro il
2018273 con un particolare sviluppo in Qatar, Indonesia, Arabia Saudita, Malesia,
Emirati Arabi Uniti e Turchia (QISMUT) che oggi presentano una quota di
mercato finanziario Shariah – compliant rispetto al mercato nazionale che
ammonta a: 24% per il Qatar, 4,6% per l’Indonesia, 53% per l’Arabia Saudita,
20% per la Malesia, 17% per gli Emirati Arabi Uniti e 5,6% per la Turchia274.
272
Questo aspetto è particolarmente evidente se si considera lo sviluppo degli strumenti derivati
islamici trattati nel capitolo sesto.
273
EY, “Global Islamic banking assets set to exceed US$3.4 trillion by 2018 ”19 maggio 2014,
www.ey.com/mena
274
EY, “World Islamic Banking Competitiveness Report 2013 – 2014”
227
I paesi con un sistema finanziario totalmente islamico sono invece l’Iran, il Sudan
e il Pakistan.
Secondo gli studi il settore della finanza islamica che si caratterizza per lo
sviluppo più interessante è il settore dei sukuk. Le stime dell’IIFM valutano il
mercato complessivo dei sukuk in 136 miliardi di dollari al 30 giugno 2009275. Le
stime dell’IIFM276 evidenziano come la crescita del mercato dei sukuk sia trainata
dalla Malesia e dai paesi del GCC.
Figura 8.13. Emissioni internazionali di sukuk (2001 – 2013)
ASIA & FAR EAST
Malaysia
Indonesia
Pakistan
Singapore
Hong Kong
Japan
Total
GCC & MIDDLE EAST
Bahrain
Qatar
Saudi Arabia
United Arab Emirates
Kuwait
Total
AFRICA
Sudan
Total
EUROPE & OTHERS
Turkey
Germany
UK
France
USA
Kazakistan
Total
Grand Total
Number of issues
19
4
1
2
2
3
31
Number of issues
93
9
15
50
13
180
Number of issues
1
1
Number of issues
3
1
3
1
2
1
11
223
Amount USD Millions
9.677
3.131
600
319
196
190
14.113
Amount USD Millions
6.780
7.685
9.990
34.536
2.127
61.118
Amount USD Millions
130
130
Amount USD Millions
1.950
55
282
1
600
77
2.965
78.326
% of Total Value
2,4%
4,0%
0,77%
0,41%
0,25%
0,24%
18%
% of Total Value
8,7%
9,8%
12,8%
44,1%
2,7%
78,0%
% of Total Value
0,17%
0,17%
% of Total Value
2,5%
0,07%
0,36%
0,00%
0,77%
0,10%
4%
100%
Fonte: , “Sukuk Report. A comprehensive study of Global Sukuk Market. 3rd Edition”
275
Fonte: K. J. Snoussi “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”, Obarrao
Edizioni, 2013
276
IIFM, “Sukuk Report. A comprehensive study of Global Sukuk Market. 3rd Edition”.
228
Figura 8.14. Emissioni domestiche di sukuk (2001 – 2013)
ASIA & FAR EAST
Malaysia
Indonesia
Pakistan
Srunei Darussalam
Singapore
Total
GCC & MIDDLE EAST
Bahrain
Qatar
Saudi Arabia
United Arab Emirates
Kuwait
Jordan
Yemen
Total
AFRICA
Sudan
Gambia
Total
EUROPE & OTHERS
Turkey
Germany
USA
Total
Grand Total
Number of issues
3026
146
43
84
5
3034
Number of issues
173
3
26
13
1
1
2
129
Number of issues
22
104
126
Number of issues
1
1
1
3
3.652
Amount USD Millions
314.820
12.029
6.045
3.929
192
337.015
Amount USD Millions
5.675
9.548
18.712
8.218
332
119
253
42.857
Amount USD Millions
13.214
78
13.292
Amount USD Millions
905
123
167
1.195
394.359
% of Total Value
79,8%
3,1%
1,5%
1%
0,05%
85,5%
% of Total Value
1,4%
2,4%
4,7%
2,1%
0,08%
0,03%
0,06%
10,9%
% of Total Value
3,4%
0,02%
3,37%
% of Total Value
0,23%
0,03%
0,04%
0,30%
100%
Fonte: IIFM, “Sukuk Report. A comprehensive study of Global Sukuk Market. 3rd Edition”
Risulta evidente che la maggior parte delle emissioni dei paesi del GCC, con
particolare enfasi nei confronti degli Emirati Arabi Uniti, sono rivolte al mercato
internazionale, mentre quelle della Malesia al mercato interno.
Il 56% delle emissioni internazionali di sukuk avvengono su iniziativa di imprese,
il resto è ripartito tra emissioni sovrane (26%) e quasi sovrane (18%).
L’esame della composizione della struttura finanziaria dell’impresa islamica è
rilevante per comprendere quanto effettivo sia il livello di crescita e sostenibilità
del sistema islamico.
229
Uno studio condotto da Dzolkarnaini e Minhat277 mostra il livello di penetrazione degli
strumenti finanziari islamici nelle scelte di struttura finanziarie delle imprese che operano
in 16 paesi dove è innegabile la presenza del sistema finanziario islamico:
Bahrain, Malesia, Bangladesh, Egitto, Iran, Indonesia, Giordania, Kuwait, Libano,
Mauritius, Pakistan, Qatar, Arabia Saudita, Tunisia, Emirati Arabi Uniti (UAE) e
Palestina. In accordo a quanto sostenuto da Ahmed questo dovrebbe influenzare la
struttura finanziaria delle imprese che dovrebbero presentare un basso livello di
indebitamento e rivolgersi al sistema Shariah – compliant.
Le imprese analizzate sono state selezionate dalle principali borse dei Paesi
considerati escludendo le imprese non Shariah – compliant. Lo studio è stato
condotto analizzando i 129 report annuali delle imprese del campione disponibili
online per il periodo che va dal 2005 al 2009.
I risultati della ricerca dimostrano che il ricorso agli strumenti finanziari islamici
non è profondo come auspicato dagli autori ed infatti delle aziende i cui bilanci
sono stati oggetto di studio278
Lo studio condotto mostra come di 16 Paesi analizzati soltanto 8, quindi soltanto
il 50%, ricorre a strumenti finanziari islamici. Questi Paesi sono: Arabia Saudita,
Malesia, Emirati Arabi Uniti (UAE), Pakistan, Indonesia, Qatar, Kuwait e Egitto.
È comunque importante considerare che i dati dello studio circa la profondità di
penetrazione della finanza islamica nella struttura finanziaria delle imprese siano
da trattare con cautela in riferimento al fatto che molte delle imprese che
comprendono il campione selezionato non presentavano la possibilità di
analizzare il report annuale, in quanto non disponibile online.279
Lo studio evidenzia che il 60% delle aziende malesi si rivolga al sistema
finanziario islamico: la Malesia è riconosciuto come uno dei principali paesi di
sviluppo del sistema finanziario islamico sia in riferimento al circuito bancario
che al circuito di mercato.
277
N. Dzolkarnaini, M. Minhat, “In Search of a Theory of Corporate Financing and Islamic
Financial Instruments", 8th International Conference on Islamic Economics and Finance.
278
Si è evidenziato un problema di trasparenza nel reperire bilanci online delle aziende del
campione.
279
Si consideri ad esempio il caso dell’Iran: nessuna delle 20 aziende selezionate aveva il report
annuale pubblicato online e quindi nessuna è stata oggetto di studio, sebbene l’Iran sia un Paese il
cui sistema risulta totalmente islamizzato per cui è presumibile supporre che le imprese utilizzino
gli strumenti finanziari Shariah – compliant.
230
Non tutti i Paesi si assiste allo stesso livello di utilizzo degli strumenti finanziari
islamici. La Malesia è il paese caratterizzato da maggiore trasparenza informativa
(il 100% delle imprese disponeva di un report annuale consultabile) e da un
grande ricorso al sistema finanziario islamico: di 20 imprese analizzate 13 (65%)
presentavano strumenti finanziari islamici nel proprio report. La Malesia si
caratterizza per la volontà di porsi come paese leader della finanza islamica a
livello internazionale e svolge un ruolo fondamentale nella ricerca, nello sviluppo
e nella promozione tanto del circuito bancario che di quello di mercato. Il Paese
che presenta il più elevato livello di penetrazione dei sistemi finanziari è l’Arabia
Saudita: questo dato non sorprende se si considera il conservatorismo del paese e
la religiosità della popolazione.
Figura 9.l5. Il livello di penetrazione degli strumenti finanziari islamici nelle
imprese di 8 Paesi del MENA (2005-2009)
Fonte: N. Dzolkarnaini, M. Minhat, “In Search of a Theory of Corporate Financing and Islamic
Financial Instruments", 8th International Conference on Islamic Economics and Finance.
231
La ricerca condotta dimostra che molte delle imprese operanti nei Paesi in cui vige
il sistema finanziario islamico continuano a rivolgersi al sistema tradizionale.
Questo può essere attribuito a diversi fattori: lo sviluppo del sistema finanziario
islamico sia in termini di circuito bancario che di circuito legale, lo sviluppo di
sistemi legali e fiscali Shariah – compliant, il minor costo degli strumenti
finanziari tradizionali rispetto a quelli islamici e al ruolo svolto dai governi dei
singoli Paesi per promuovere il ricorso al sistema.
Nel corso del capitol è stato anche evidenziato il ruolo fondamentale degli
azionisti, particolarmente incoraggiato dallo sceicco Usmani280, nel disciplinare
l’operatività dell’impresa islamica e supportare lo sviluppo della finanza Shariah
– compliant.
280
T. Q. Usmani, “An introduction to Islamic finance”, Kluwer Lawer International, 2002
232
9. LA FINANZA ISLAMICA
SECONDO LE TEORIE DELLA
SOCIOLOGIA ECONOMICA
Si vuole concludere la trattazione analizzando la finanza islamica ed i suoi aspetti
alla luce delle più importanti teorie dell’economia e della sociologia economica.
9.1.
Il
rapporto
tra
economia
ed
etica:
prospettiva
tradizionale e prospettiva islamica a confronto
La separazione tra etica ed economia è avvenuta agli inizi dell’Ottocento: per
molto tempo l’economia si è sviluppata indipendentemente dalla sfera etica ed ha
assunto, grazie agli studi di Adam Smith 281 , la sua dimensione di scienza
autonoma. I concetti di scarsità delle risorse e di “mano invisibile” hanno
dominato gli studi economici e la prospettiva della razionalità e dell’egoismo
degli attori che operano sui mercati hanno portato allo sviluppo del concetto di
“homo economicus”.
È solo negli ultimi decenni che si è iniziato a dibattere della necessità di ritrovare
una dimensione etica all’interno dell’economia anche a seguito dei grandi scandali
e delle gravi crisi che si sono succeduti negli ultimi decenni. L’ultima crisi
economica, soprattutto, ha aperto un grande dibattito mostrando le fragilità di un
sistema troppo poco regolamentato e troppo interconnesso che ha fatto sentire i
suoi effetti anche nel campo dell’economia reale dei paesi di tutto il mondo.
La finanza Shariah – compliant nasce attraverso un processo opposto rispetto a
quello che ha caratterizzato lo sviluppo della finanza tradizionale: non è l’etica a
281
Famosa è la seguente citazione di Adam Smith che descrive l’obiettivo di interesse personale
che spinge le azioni del cosiddetto homo economicus: “Non è dalla benevolenza del macellaio, del
birraio o del panettiere che ci aspettiamo la nostra cena, ma dallo loro considerazione del loro
stesso interesse”
233
doversi adattare all’economia, ma sono gli aspetti negativi dell’economia a dover
essere riletti alla luce dell’etica islamica. Nello specifico contesto della finanza
islamica l’etica che si prende come guida è quella legata al credo religioso e gli
aspetti negativi sui quali è necessario agire sono definiti alla luce dei versi dei testi
sacri.
Si riportano le parole del presidente della BIB, Janahi al fine di evidenziare il
legame tra profitto ed etica islamica:
“Per noi il profitto non è un fine in sé stesso. Il nostro obiettivo capitale è di
sollevare la popolazione dall’imbarazzo (Raf’ alharaj) che consiste nell’essere
obbligati a fare transazioni bancarie in una maniera non islamica. Per noi è la
missione (Rissala) che importa e non il profitto. Si tratta per noi di offrire ai
musulmani, in un nuovo quadro organizzativo, di completare le loro transazioni
bancarie in conformità con la Shariah”282
La finanza islamica nasce e si sviluppa attorno al concetto di etica: l’Islam è una
religione totalizzante che abbraccia non soltanto la dimensione morale, ma ogni
aspetto della vita del credente. Analizzare come l’etica islamica influenzi l’agire
economico degli operatori significa andare ben oltre al di là del semplice divieto
della riba, termine che viene sintetizzato con interesse, ma che esprime qualsiasi
forma di arricchimento non giustificato tra cui quello legato al tempo che è per i
credenti musulmani una dimensione che appartiene solo ad Allah. Il divieto
dell’interesse era contemplato anche nella religione cristiana ed è stato con
l’avvento del calvinismo che la percezione dei credenti nei confronti della sua
applicazione è cambiata. Diventa quindi interessante un’analisi comparativa tra le
ragioni che hanno permesso la finanza islamica e le relazioni che identifica Weber
tra l’etica protestante e la nascita del capitalismo.
282
L. Siagh, “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G. Faussone,
ETAS, 2008.
234
9.2. Confronto tra “L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo” di Weber ed etica islamica e sviluppo del
sistema finanziario Shariah – compliant 283
Weber ritiene che almeno due elementi dell’etica protestante promossa da Calvino
siano alla base della transazione verso il capitalismo: l’ascetismo e il concetto di
salvezza. L’ascetismo calvinista a cui Weber attribuisce la transazione verso il
capitalismo è quello di tipo terreno284che spingerebbe i credenti a non dissolvere le
ricchezze per l’immediato soddisfacimento di bisogni o piaceri: secondo l’autore
questa regola morale avrebbe spinto la comunità protestante a sviluppare un
approccio positivo ed economicamente razionale allo sfruttamento delle risorse
favorendo l’investimento piuttosto che l’utilizzo del denaro. Weber conclude
anche che la percezione che l’etica calvinista dà all’utilizzo della ricchezza
avrebbe sviluppato un approccio positivo al lavoro che non viene considerato una
punizione per il peccato originale come avviene nella religione cristiana cattolica.
Il secondo aspetto analizzato da Weber è la differenza del concetto di salvezza tra
la religione cristiana cattolica e quella protestante: secondo Weber la differenza
sostanziale risiede nel fatto che mentre per il Cattolicesimo la salvezza avviene
per opere per la religione calvinista essa è un dono concesso da Dio, che ha
mandato Suo figlio sulla croce per salvare l’umanità. A differenza della religione
cattolica caratterizzata da una gerarchia di istituzioni chiare che guidano il
credente verso la salvezza e da una maggiore integrazione sociale, la religione
calvinista è più individualista: secondo Weber la mancanza di una guida per il
raggiungimento della salvezza genererebbe ansia ed incertezza e spingerebbe i
calvinisti a ricercare la salvezza nel successo economico accompagnato
dall’ascetismo.
283
M. Weber, “L’etica protestante e lo spirito del Capitalismo”, traduzione italiana a cura di A. M.
Marietti, BUR Rizzoli, Milano, 2011
284
Weber distingue tra ascetismo intramondano (innerweltliche Askesis) e ascetismo
extramondano (ausserweltliche Auskesis). L’ascetismo intramondano fa riferimento riguarda le
regole che la società, nella sua analisi quella calvinista, si pone all’interno del vivere quotidiano,
mentre l’ascetismo extramondano fa riferimento alle persone che si ritirano dal mondo al fine di
vivere una vita ascetica.
235
L’ascetismo individuato da Weber nell’etica calvinista è presente anche nell’etica
islamica: diversi passi del Sacro Corano spingono il credente a non forgiare
eccessivamente la ricchezza. Se all’interno dell’etica calvinista questo aspetto è
associato alla volontà di vivere una vita risoluta e senza eccessi, nell’etica
islamica assume importanza il concetto di khalifah per cui la ricchezza non
appartiene mai completamente al credente, ma è data in vice reggenza da Allah e
quindi deve essere utilizzata in modo proficuo per l’intera collettività. Se
l’ascetismo terreno individuato da Weber nell’etica protestante è un ascetismo di
tipo individuale che spinge l’imprenditore ad investire la ricchezza piuttosto che a
sfoggiarla, nell’etica islamica il concetto di khalifah spingerebbe il credente ad
utilizzarla in maniera socialmente responsabile, non soltanto per mezzo
dell’investimento, ma anche attraverso atti di beneficienza.
A differenza di quanto individuato da Weber per la religione protestante, la
religione islamica è una religione fondata sul concetto di Ummah, comunità, e si
caratterizza per un insieme di pratiche collettive che hanno lo scopo di rafforzare
il legame tra i credenti. Non è quindi l’individualismo la causa che spiegherebbe
la percezione dei musulmani del concetto di salvezza quale base di sviluppo per la
finanza islamica. Come accade per la religione calvinista, la religione islamica si
caratterizza anche per la mancanza di gerarchia285, ma a differenza di quanto
affermato da Weber per l’etica protestante non sarebbe questo il motivo che
avrebbe spinto l’etica islamica a sviluppare il sistema finanziario Shariah –
compliant: Weber associa alla mancanza di una gerarchia ecclesiastica nel
calvinismo una maggiore incertezza nella definizione delle azioni che portano alla
salvezza, cosa che nell’Islam non accade in quanto i testi sacri comprendono
prescrizioni che abbracciano tutti gli aspetti del vivere. Il Sacro Corano è
considerato dai credenti atemporale e le sue prescrizioni sono eterne: uno dei
principi su cui si fonda la finanza islamica è il principio della Shura, del
confronto, che permetterebbe alla comunità di rispettare l’atemporalità del testo
sacro riadattandolo alle necessità della contemporaneità.
285
La mancanza di gerarchia è tipica dell’Islam sunnita che rappresenta il 95% del mondo
musulmano, mentre una gerarchia è presente all’interno della fazione dell’Islam sciita.
236
La vera differenza tra Islam e Cristianesimo, sia esso cattolico o protestante,
risiede nel fatto che i musulmani pur credendo al peccato originale non credono
alla sua eredità e quindi non concepiscono la redenzione come viene intesa in
termini cristiani. L’analisi di Weber mostra che nell’etica protestante che ha
portato alla transazione verso il capitalismo l’ansia per la salvezza era strettamente
legata al concetto di redenzione, percepito come un “dono” che Dio aveva
concesso attraverso la crocifissione del Suo unico figlio. Secondo l’etica islamica
l’essere umano viene creato puro e senza peccato ed è esercitando il suo libero
arbitrio che deciderà se seguire le prescrizioni contenute nei testi sacri e garantirsi
la salvezza.
Un altro aspetto importante è il principio della shahada: in più versetti del Sacro
Corano è scritto che la salvezza spetta a coloro che credono in Allah e che credono
nel profeta Muhammad. La religione islamica nasce nel momento in cui il Profeta
Muhammad fonda la Ummah a seguito dell’Égira286 ed è un periodo riconosciuto
di grande splendore e benessere per la collettività. Gli studiosi musulmani
contemporanei si ispirano al quel preciso periodo storico nella convinzione che
attraverso l’esercizio del confronto, Shura, sia possibile rispettare l’atemporalità
del Sacro Corano e costruire una società fondata sul benessere.
A conclusione del confronto è possibile affermare che esistono delle differenze tra
le caratteristiche che Weber ha riscontrato nell’etica protestante nella sua analisi
dello sviluppo dello spirito capitalistico e le caratteristiche dell’etica islamica che
hanno permesso lo sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant.
L’ascetismo islamico esiste a seguito del principio del khalifah. La proprietà
assoluta non esiste in quanto tutto ciò che esiste sul pianeta è stato creato da Allah
ed è di sua proprietà. Per questo motivo il credente musulmano non deve dare
eccessivo sfoggio della ricchezza, ma anzi utilizzarla per il benessere dell’intera
collettività. A differenza di quanto riscontrato per Weber nell’etica islamica
l’ansia per la salvezza non è da imputarsi alla mancanza di gerarchia,
all’individualismo o alla mancanza di un insieme di pratiche da compiere per
raggiungerla, bensì al concetto di tawhid che implica credere nell’unicità di Allah
e temere le sue parole, che sono considerate atemporali. La presenza di chiare
286
Secondo alcuni studiosi la Ummah sarebbe stata fondata prima dell’Ègira.
237
disposizioni su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato ha generato un’ansia per la
salvezza opposta rispetto a quella individuata da Weber nella sua analisi sull’etica
protestante: all’incertezza delle azioni da compiere individuata nel Calvinismo,
l’Islam contrappone la certezza delle azioni da non compiere e la consapevolezza
che alcuni elementi del sistema finanziario tradizionale non avrebbero permesso
agli attori economici musulmani di raggiungere la salvezza.
Weber intitola la sua opera “L’etica islamica e lo spirito del capitalismo”: in
questo modo l’autore sostiene non è possibile considerare l’etica protestante come
diretta causa della nascita del capitalismo, ma come una pre – condizione
culturale importante per il suo successivo sviluppo. A differenza di quanto
avvenuto per la nascita del capitalismo, l’etica islamica è stata direttamente la
ragione della nascita e dello sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant.
La comunità dei credenti ha razionalmente deciso di creare un sistema alternativo
a quello tradizionale che permettesse di vivere nell’epoca contemporanea senza
essere in contrasto con le parole di Allah.
9.3. Le caratteristiche del mercato islamico
Come afferma Zelizer287 perché i mercati nascano è necessario che ci sia un
processo di costruzione sociale del mercato in quanto essi non sono un
meccanismo di scambio spontaneo. La studiosa analizza come l’evolversi delle
situazioni culturali in Occidente abbia portato anche all’evolversi della percezione
e della legittimità che la comunità ha dato nel tempo ad alcuni mercati
caratteristici, come quello dell’assicurazione sulla vita288. Allo stesso modo molti
studiosi, tra cui la stessa Zelizer, affermano che analizzare i fatti economici sotto
la sola prospettiva della razionalità degli operatori risulta riduttivo e che sarebbe
287
V. A. Zelizer, “Vite economiche. Valore di mercato e valore della persona”, Il Mulino,
Bologna, 2009
288
Il sistema finanziario islamico ha sviluppato un sistema assicurativo alternativo a quello
tradizionale, takaful, e che si basa sul concetto di donazione, tabarru. Gli studi sul mercato della
takaful evidenziano un maggior sviluppo del ramo danni rispetto al ramo vita imputabile al fatto
che i fedeli musulmani ritengono che il destino della vita del credente sia nelle mani di Allah.
238
necessario analizzare se ci siano altre variabili che interferiscono su questa
razionalità.
Il mercato finanziario islamico nasce da un’idea che alcuni definiscono
“missionaria”, ma in breve tempo si razionalizza offrendo una concreta alternativa
agli strumenti tradizionali. Perché esista un mercato è necessario che vengano
rispettate almeno le seguenti caratteristiche: diritto dello scambio, idea di libera
iniziativa economica, tecnologia dello scambio, mercato del lavoro ed
orientamento all’interesse. Tutte queste caratteristiche esistono all’interno del
mercato finanziario islamico, sebbene con alcune particolarità in quanto tutti
questi aspetti sono subordinati al rispetto della Shariah.
Come è stato ampiamente trattato la Shariah promuove il diritto dello scambio e
l’orientamento all’iniziativa economica, ma li limita nel senso che l’obiettivo del
profitto deve essere subordinato al rispetto dei valori dell’Islam. Più problematico
risulta l’aspetto della tecnologia dello scambio: affinché esista un mercato è
necessario che il mercato dello scambio funzioni ed in questo senso assume un
ruolo rilevante il concetto di moneta. Nel mercato finanziario islamico il ruolo
svolto dal circuito bancario e dal circuito di mercato è importante ma, anche a
causa dello stadio di vita della finanza islamica, essi non sono ancora ottimali.
Gran parte della trattazione si è concentrata sull’evidenziare come l’ingegneria
finanziaria islamica sia impegnata nella ricerca di soluzioni che possano
permettere non soltanto di offrire degli strumenti Shariah – compliant, ma anche
degli strumenti in grado di essere efficienti sotto il profilo economico. Un altro
importante aspetto è il mercato del lavoro: nel parlare di corporate governance
nelle aziende finanziarie islamiche si è sottolineato come il mercato del lavoro nel
settore necessiti di capacità sia economico – finanziarie che di specifica
conoscenza della morale islamica e come la sua dimensione sub – ottimale crei
dei possibili conflitti di interesse che possono danneggiare il sistema. L’ultimo
aspetto riguarda l’orientamento all’interesse: all’interno del contesto della finanza
islamica questo aspetto deve essere rivisto in quanto, perché questo mercato
potesse concretamente svilupparsi, è stato necessario che accanto all’offerta si
sviluppasse una domanda di servizi finanziari Shariah – compliant caratterizzata
da un orientamento all’interesse inteso sotto la specifica dimensione dell’etica
239
islamica. Sebbene questo aspetto sia stato fondamentale nei primi anni dello
sviluppo della finanza islamica oggi assume un’importanza minore perché grazie
all’accresciuta dimensione del mercato anche operatori non musulmani ricorrono
a strumenti Shariah – compliant, non per scelte di credo religioso, ma per scelte di
razionalizzazione economica e diversificazione del portafoglio.
9.4. L’agire degli operatori economici musulmani alla luce
dei tipi di azione individuati da Weber
Douglas289 analizza il ruolo culturale del consumo e afferma che i consumi come
risposta ad un bisogno fisiologico sono stati surclassati da bisogni di tipo culturale
che hanno anche lo scopo di affermare la propria identità. Secondo questa
prospettiva appare evidente la domanda di prodotti Shariah – compliant nei
mercati a maggioranza musulmana si è sviluppata perché i credenti ricorrono al
sistema finanziario islamico per soddisfare uno specifico bisogno interiore: quello
di garantirsi la salvezza e la vita ultraterrena. Nello stesso tempo il ricorso agli
strumenti finanziari islamici afferma l’identità dell’utilizzatore e la sua
appartenenza alla comunità dei musulmani.
Un’importante analisi in termini di razionalità degli agenti economici è stata
condotta da Weber. Nel mercato finanziario tradizionale la maggior parte delle
azioni intraprese si possono presupporre di tipo razionale rispetto allo scopo,
nonostante i recenti studi della cosiddetta “finanza comportamentale” analizzino
come le scelte di investimento siano influenzate da elementi soggettivi e
psicologici. Nonostante questa puntualizzazione è senza dubbio possibile
affermare che la razionalità che guida gli investitori sui mercati tradizionali e gli
investitori di fede islamica siano diverse. Nel mercato tradizionale l’agire
economico vuole essere razionale rispetto allo scopo nel senso che l’investitore si
pone come obiettivo quello di massimizzare il profitto minimizzando i costi e se
289
M. Douglas, B. Isherwood, “Il mondo delle cose”, Biblioteca Paperbaks, Il Mulino, Milano,
2013
240
ci sono degli elementi embededded essi riguardano la sfera soggettiva ed
inconscia. L’attore che decide di investire i propri capitali ricorrendo a
qualsivoglia strumento di finanza etica, di cui la finanza islamica fa parte, ricorre
ad una razionalità rispetto al valore nel senso che persegue l’obiettivo di profitto,
ma subordinandolo a dei valori morali che sono chiari e definiti. Nel contesto
islamico questi valori sono legati al concetto di salvezza e sono così radicati che
come si è evidenziato trattando del concetto di “homo islamicus” alcuni
economisti musulmani sono stati spinti a riformulare il concetto di utilità
considerando anche la dimensione dell’aldilà. Due interi capitoli hanno analizzato
come gli studiosi islamici abbiano deciso di riconsiderare le più importanti teorie
finanziarie alla luce dei limiti imposti dall’etica islamica, principalmente il divieto
ad un tasso prefissato ex – ante ed alla speculazione, evidenziando quanto in
profondità si sia spinta la razionalità rispetto al valore che caratterizza il sistema
finanziario islamico.
Perché lo sviluppo della finanza islamica fosse possibile è stato però necessario
che
questa
scelta
fosse
fatta
consapevolmente,
che
fosse
difesa
ed
istituzionalizzata. Le istituzioni svolgono un ruolo importante nel contesto
occidentale nel definire le regole di comportamento che guidano l’agire
economico e questo è tanto più vero nel contesto islamico.
9.5. Il ruolo delle istituzioni per lo sviluppo dell’etica
islamica
L’istituzione che più spesso viene analizzata per descrivere le azioni economiche
è lo Stato. L’azione economica è però anche un’azione sociale in quanto gli
individui sono influenzati dalla società in cui vivono e allo stesso tempo gli attori
economici influenzano le istituzioni. Nella sua opera “Il Capitale” Karl Marx
aveva messo in luce l’importanza di quelle che lui chiamava “sovrastruttura
culturale” e “sovrastruttura politica”. Parson definisce le istituzioni come
“complessi di norme indispensabili per il conseguimento dell’ordine sociale” e
241
afferma che esse sono indispensabili perché spingono il soggetto a conformarsi a
valori condivisi.
Nel contesto islamico il ruolo delle istituzioni è preponderante. Non si può
considerare soltanto come lo Stato e la politica disciplinino l’azione delle imprese,
ma si deve necessariamente considerare come altre istituzioni costruiscano
l’insieme di valori morali che il musulmano segue nel corso della vita. Nel corso
della trattazione è stato analizzato come l’ambiente familiare, l’ambiente
scolastico e l’ambiente lavorativo contribuiscano all’interiorizzazione dei valori
dell’Islam che guidano il soggetto nelle sue scelte di vita quotidiana,
comprendendo anche quelle economico - finanziarie. Al centro della cultura
islamica, che è preponderante nel contesto della finanza Shariah – compliant, si
trova il Sacro Corano. I valori morali appresi dall’individuo durante l’arco della
sua vita privata vengono anche regolamentati e promossi dall’alto dalla legge
della Shariah in modo così intenso che in molti paesi a maggioranza musulmana
non è possibile tracciare una netta linea di demarcazione tra Stato e religione.
La religione islamica è anche una religione collettiva ricca di riti periodici, quali
ad esempio la preghiera collettiva del venerdì o il ramadan, che permettono di
tenere vivo il legame di appartenenza con la comunità. Questo legame è
fondamentale nella vita del credente in quanto è l’essenza stessa dell’Islam che è
nato quando il Profeta Muhammad ha fondato la Ummah sostituendo il senso di
appartenenza basato sul sangue con quello basato sulla fede. Il senso di
appartenenza dei fedeli musulmani è ancor oggi particolarmente forte e si esprime
non soltanto attraverso azioni di sacrificio, come le privazioni durante il mese del
ramadan, ma anche attraverso segni visivi come il velo portato dalle donne
praticanti. Per esprimere l’importanza che i fedeli musulmani attribuiscono ai riti
collettivi, al senso di appartenenza alla comunità e e alla dimensione morale del
vivere quotidiano si riporta il seguente passo tratto da un’opera del XIV Dalai
Lama:
“Uno degli aspetti dell’Islam che saltano agli occhi è l’assoluta dedizione con cui
si rispetta il comandamento della preghiera quotidiana, effettuata cinque volte al
giorno e chiamata salah in arabo e namaz in turco e persiano. Fin dalla prima
242
mattina, la chiamata alla preghiera si innalza dai minareti che torreggiano
ovunque ci sia una considerevole comunità di musulmani. […]
Nel 2005 ho finalmente potuto visitare un Paese islamico del Medio Oriente,
ovvero la Giordania, e sentire la chiamata alla preghiera che si alzava dalle
moschee di Amman è stato estremamente emozionante. L’idea che più mi ha
commosso è stata che in quel preciso istante milioni di persone stessero
interrompendo qualsiasi loro attività, e per qualche momento della loro vita,
seppur breve, rivolgevano la loro mente a Dio.”290
Risulta evidente che la sovrastruttura culturale sia molto importante nel contesto
islamico e come essa venga costruita e alimentata non soltanto da un insieme di
riti che rafforzano il senso di appartenenza del fedele alla Ummah, ma anche
dall’insieme di istituzioni presenti nella società in quanto tutte, dalla famiglia allo
Stato, diffondono e tutelano gli elementi della morale islamica.
Nonostante nel corso della trattazione si è analizzato come i livelli di intensità
culturale cambino nei paesi a maggioranza musulmana presentando in un estremo
la religiosissima Arabia Saudita e nell’altro la Turchia, è possibile affermare che
nel contesto islamico la società assume un ruolo ben specifico nel guidare le scelte
di un individuo e che quindi l’attore economico islamico agisce secondo la logica
dell’appropriatezza alla cultura islamica.
9.6. La fiducia nei confronti del sistema finanziario islamico
L’importanza dell’appropriatezza alla cultura islamica è apparsa evidente nel
momento in cui si è trattato di management e corporate governance sottolineando
come la società si aspetti che i manager e gli studiosi che costituiscono lo Shariah
Supervisory Board posseggano determinate qualità morali e agiscano in modo
appropriato e considerato legittimo dal contesto culturale islamico. Se questo non
avvenisse la comunità reagirebbe punendo il manager o il membro dello Shariah
290
Dalai Lama, “Le religioni sono tutte sorelle. Cristianesimo, islam, ebraismo, buddismo: come
le fedi del mondo si possono parlare”, Sperling & Kupfer, 2011
243
Supervisory Board che subirebbe un sanzionamento sociale ed un grave danno
reputazionale.
La finanza islamica nasce e si sviluppa in un contesto culturale ricco di valori
religiosi e a seguito della presa di coscienza dell’intera comunità musulmana che
l’ordine sociale promosso dall’etica islamica, ossia l’ordine sociale caratteristico
del periodo di benessere della Ummah, non possa essere raggiunto se non
attraverso
una
rivisitazione
del
sistema
finanziario
tradizionale.
L’implementazione del sistema finanziario islamico è stato reso possibile grazie
alla convergenza dell’azione di tutte le istituzioni, dalla famiglia alle banche
centrali, verso la promozione dei valori della morale dell’Islam.
Il contributo congiunto delle istituzioni sociali, soprattutto il ruolo svolto dallo
Stato, dalle Banche Centrali e dagli organismi del sovra sistema finanziario,
hanno condotto ad un immenso processo di razionalizzazione che ha trasformato
“l’idea di un missionario” in un sistema di mercato reale e tangibile. Le istituzioni
finanziarie islamiche non si sono soltanto adoperate ad offrire strumenti finanziari
Shariah – compliant alternativi a quelli tradizionali, ma hanno anche rivisitato le
teorie finanziarie alla luce dei limiti imposti dall’etica islamica con l’obiettivo di
sviluppare un sistema sociale, etico ed efficiente.
L’AAOIFI prescrive l’obbligo per tutte le istituzioni islamiche di dotarsi al
proprio interno di un organo di governance caratteristico del sistema finanziario
islamico che è lo Shariah Supervisory Board determinando una situazione di
isomorfismo coercitivo. La giustificazione della presenza dello Shariah
Supervisory Board può essere spiegata attraverso il principio della Shura e
attraverso l’importanza sociale e culturale attribuita agli studiosi, ulema, che
compongono il Comitato. È verso gli studiosi che si esprime quella fiducia della
comunità necessaria allo sviluppo del sistema finanziario islamico. La fiducia che
i credenti ripongono nelle decisioni e nelle azioni morali degli studiosi è
particolarmente profonda in quanto secondo la morale islamica ad essi è attribuito
il compito di esercitare la Shura, confronto, e di guidare la comunità verso la
salvezza preservandola dal peccato: questo è il motivo per cui un’eventuale
inadempienza da parte di uno dei membri dello Shariah Supervisory Board
244
sarebbe considerato un diretto affronto ad Allah e sarebbe punito dalla comunità
con un gravissimo danno reputazionale.
9.7. Le tre forme di scambio individuate da Polyani e la
particolarità della zakat
Polyani identifica tre forme di scambio: lo scambio di mercato, lo scambio di
reciprocità e lo scambio di redistribuzione. Le tre forme sono presenti in tutte le
economie, ma cambiano in relazione ai contesti culturali. Mentre nel sistema
capitalistico si assiste all’espansione del principio di mercato, nel sistema islamico
si può evidenziare come esista una forma di scambio di redistribuzione assente
negli altri tipi di mercato: la zakat. Sebbene la zakat non sia altro che la prima
forma di tassazione prevista all’interno della comunità islamica a scopi di
redistribuzione della ricchezza verso i più poveri, essa è anche uno dei cinque
pilastri dell’Islam ed uno dei principi su cui si basa la finanza islamica.
Nonostante con l’evoluzione del contesto storico sia stato introdotto nei paesi a
maggioranza musulmana un sistema di tassazione com’è accaduto per i paesi
occidentali, la zakat rimane una delle azioni più importante all’interno della
società islamica tanto da essere contemplata anche sotto un profilo normativo nei
bilanci delle banche. La zakat è anche importante sotto il profilo della ricerca ed è
stato evidenziato come essa venga utilizzata dagli studiosi per affrontare il
modello del CAPM alla luce dei vincoli che il divieto della riba e della
speculazione pongono ai presupposti teorici.
9.8. Il concetto del valore del denaro alla luce delle analisi
di Simmel, Weber e Zelizer
245
Il concetto del valore di denaro è stato analizzato sia da George Simmel che da
Marx Weber.
Secondo Simmel il denaro non ha un valore intrinseco, ma è un mezzo di scambio
che comporta sempre un sacrificio e quindi la rinuncia a qualcosa.
Tecnicamente parlando la finanza islamica pone le sue logiche sulla differenza tra
interesse e mark – up: secondo l’etica della Shariah il tempo appartiene ad Allah e
quindi non è lecito un arricchimento sulla sola base dello scorrere del tempo,
senza che ad esso venga accompagnato uno sforzo imprenditoriale. Da un lato la
prospettiva islamica eleva il ruolo che il lavoro ha all’interno della società come
azione che produce un benessere per la collettività e che quindi avvicina il
credente verso la benevolenza di Allah, dall’altro si assiste ad un fenomeno di de
– mercificazione della moneta che è considerata un mezzo di scambio. Anche in
questo caso il ruolo assunto dalle istituzioni finanziarie islamiche si fonde ed
interseca con i valori culturali ed infatti il divieto di scambio della moneta è posto
a livello normativo.
Weber ha evidenziato i vantaggi economici derivanti dal differimento temporale
tra il momento di acquisto ed il momento di ricavo del reddito e soddisfacimento
dei bisogni. Il sistema finanziario islamico ha confermato l’affermazione di
Weber attraverso lo sviluppo di strumenti che, per mezzo del mark – up, possano
tutelare i benefici che derivano dal differimento temporale tra momento di
acquisto e momento di soddisfacimento dei bisogni in modo da garantire un
vantaggio per l’intera collettività senza incorrere nel divieto della riba. Sebbene
su di essi esista un dibattito che vede contrapposte le posizioni delle diverse
scuole giuridiche, alcune delle quali sostengono che la differenza tra riba e mark –
up è così labile da metterne in dubbio la legittimità, questi strumenti sono molto
utilizzati all’interno del contesto islamico per finanziare i bisogni di liquidità tanto
di famiglie e privati che di imprese.
Il sistema finanziario islamico non rigetta a priori il capitalismo, ma la funzione
che il denaro ha all’interno dello stesso. Sotto questo profilo si possono
distinguere tre tipi di circuiti di denaro:
Il circuito merci – denaro – merci è tipico dell’epoca pre – capitalistica dove le
persone producono merci per il proprio sostentamento, ne vendono la quantità in
246
eccesso e con il ricavato producono altre merci. Il circuito denaro – merci –
denaro è il cosiddetto circuito mercantile tipico del sistema capitalistico. La
ricchezza iniziale, di proprietà del capitalista, che viene investita in mezzi
produttivi con lo scopo di creare beni, rivenderli e conseguirne un profitto. Il
circuito denaro-denaro: è il secondo circuito riconducibile al sistema capitalistico
che si è sviluppato a partire dagli anni Ottanta. Si tratta di un circuito che non
considera le merci, ma che fa discendere la creazione di denaro da altro denaro: in
questo modo cambia la funzione del credito che non viene più utilizzato per
finanziarie un’attività produttiva, ma per produrre altro denaro e viene giustificato
dal fatto che gli investimenti nel sistema finanziario rendono di più di quelli del
sistema produttivo.
Il sistema finanziario islamico accetta i primi due circuiti, mentre rigetta il terzo. Il
secondo circuito viene accettato in quanto il denaro si trasforma in una quantità
maggiore di denaro solo applicando la fatica e l’intelligenza umana per
trasformare le merci o per offrire servizi creando nel contempo ricchezza reale di
cui può godere l’intera collettività, mentre il terzo viene rigettato in quanto il
profitto si genera soltanto in relazione allo scorrere del tempo.
Nelle sue opere Zelizer291 sostiene che non esista il “denaro”, ma che esistano
“denari”, ossia che il denaro possa assumere una dimensione morale. Se nel
sistema occidentale generalmente non ha importanza da dove il denaro viene o
dove il denaro va questo aspetto diventa fondamentale all’interno dell’intero
circuito islamico. Non soltanto è importante da dove il denaro viene e dove il
denaro va, ma anche attraverso quali strumenti finanziari viene scambiato. Il
denaro non deve essere contaminato da elementi vietati, haram, quali ad esempio
la componente dell’interesse, e deve essere investito soltanto secondo le logiche
dell’etica islamica. A supporto della dimensione che il denaro assume all’interno
del sistema finanziario islamico si sono sviluppati degli strumenti di
regolamentazione specifici. Parte della trattazione ha evidenziato come a seguito
dello sviluppo del sistema finanziario islamico siano nati degli indici di mercato in
grado di classificare le società Shariah – compliant caratterizzati da criteri di
291
V. A. Zelizer, “Vite economiche. Valore di mercato e valore della persona”, Il Mulino,
Bologna, 2009
247
accesso di tipo qualitativo e quantitativo. Questi criteri di accesso, o di eventuale
esclusione, prendono proprio come riferimento la dimensione valoriale del denaro
escludendo tutte le società il cui profitto sia contaminato da elementi quali
l’interesse o l’eccessivo indebitamento. La dimensione valoriale del denaro appare
evidente considerando il processo di purificazione che porta gli azionisti a
eliminare dai dividendi e dalle plusvalenze le componenti vietate e donarle in
beneficienza.
9.9. I tre modelli di mercato individuati da Zelizer
Zelizer identifica anche tre modelli di mercato: il mercato senza confini, il
modello del mercato subordinato e il modello dei mercati molteplici.
Il modello del mercato senza confini si riferisce ad una prospettiva puramente
economista secondo cui il mercato sarebbe la forza dominante e tenderebbe ad
espandersi. Il modello del mercato subordinato può riferirsi ad una dimensione
culturale o strutturale. Nella sua versione culturale il modello si ispira
all’approccio di molti sociologi che privilegiano il peso degli elementi culturali
all’interno del mercato. Il modello dei mercati molteplici è la versione adottata da
Zelizer ed è un incontro tra i precedenti secondo il quale al fine di analizzare un
mercato è necessario analizzare sia fattori di ordine economico che fattori di
ordine extra – economico. Sebbene in prima analisi il mercato della finanza
islamica potrebbe essere ricondotto al modello del mercato subordinato secondo la
prospettiva culturale si ritiene che esso sia maggiormente descrivibile attraverso
l’approccio utilizzato dalla studiosa. Seppur è vero ed è stato evidenziato che gli
elementi culturali del contesto islamico siano stati fondamentali per la nascita e lo
sviluppo della finanza islamica gran parte della trattazione ha analizzato gli
strumenti finanziari Shariah – compliant e la loro evoluzione nel tempo.
L’ingegneria finanziaria islamica ha sviluppato strumenti fino a pochi anni fa
impensabili: l’attuale sviluppo, seppur criticato da parte della dottrina, degli
strumenti derivati è un esempio evidente di come il mercato finanziario islamico
248
si muova contemporaneamente tra la sfera valoriale della morale islamica e la
sfera economica. L’obiettivo della finanza islamica non è semplicemente quello di
sviluppare un sistema finanziario etico, ma è quello di sviluppare un sistema che
sia insieme etico ed efficiente. Sebbene le teorie finanziarie islamiche pongano la
morale indiscutibilmente prima del profitto è stato dimostrato che le continue
attività di ricerca hanno lo scopo di rispondere in maniera armoniosa ad entrambe
le esigenze.
9.10. Gallino e la responsabilità sociale dell’impresa
islamica
Gallino afferma “si definisce irresponsabile un’impresa che, al di là degli
elementari obblighi di legge, suppone di non dover rispondere ad alcuna autorità
pubblica e privata, né all’opinione pubblica”292. Secondo l’autore è irresponsabile
un’impresa che per raggiungere razionalmente i propri obiettivi di profitto non
tiene conto di fattori che interessano la collettività quali inquinamento, salari e
condizioni di lavoro indecenti, insicurezza tecnologica affermando che il sempre
maggior ricorso all’etica da parte delle imprese non sarebbe un’esigenza, ma una
moda.
Nel corso della trattazione è stato evidenziato come la definizione di
responsabilità sociale dell’impresa (corporate social responsibility) del WBCSD293
quale “continuo impegno a comportarsi in maniera etica e a contribuire allo
sviluppo economico, migliorando la qualità della vita dei dipendenti e delle loro
famiglie, della comunità locale e in generale della società”294 sia in linea con il
concetto di impresa islamica. L’attività imprenditoriale islamica si sviluppa
attorno ai concetti di Ummah e di khalifah e per questo motivo l’imprenditore
musulmano deve agire nel rispetto della volontà divina utilizzando tutte le risorse
che Allah gli ha concesso in vice reggenza, compresi beni materiali e
292
L. Gallino “L’impresa irresponsabile”, Einaudi, Torino, 2009
WBCSD è l’acronimo di “World Business Council for Sustainable Development”.
294
www.wbcsd.ch
293
249
caratteristiche personali di leadership, per lo sviluppo della Comunità dei
Musulmani, che in termini ampi è intesa come umanità. Al concetto di
responsabilità sociale dell’impresa islamica si ricollegano altri principi quali il
principio di “rububiya” che si riferisce al dovere del musulmano di migliorarsi per
ottenere l’approvazione divina, quello di “tazzkiyah”che si riferisce all’obbligo di
tendere alla perfezione nelle azioni e nelle relazioni tra le persone anche attraverso
atti di purificazione e di “amanah” che spinge il fedele a rispettare le parole di
Allah e tutto ciò che lui ha creato.
Nel contesto islamico il vissuto religioso è preponderante e proprio per questo
motivo i principi sopra esposti spingono gli azionisti a compiere delle azioni di
purificazione di dividendi e plusvalenze. L’allineamento degli interessi delle parti
coinvolte nell’azienda verso l’obiettivo primario di soddisfare il volere di Allah
dovrebbe spingere le imprese islamiche a perseguire gli obiettivi di profitto
sfruttando le risorse di Sua proprietà in maniera etica e per il benessere della
Ummah: proprio secondo questo principio la teoria aziendale islamica pone il
soddisfacimento della volontà divina direttamente nella funzione obiettivo
dell’impresa. è stato anche evidenziato come il sistema istituzionale islamico
cerchi di tutelare e rafforzare gli elementi etici e valoriali individuati dalla Shariah
soprattutto all’interno del sistema finanziario dove lo Shariah Supervisory Board
ha il compito di tutelare il giusto equilibrio tra economicità ed etica in modo da
permettere alle imprese di rispondere ai propri fabbisogni finanziari e perseguire i
propri obiettivi nel rispetto dell’etica islamica. Proprio nei confronti dello Shariah
Supervisory Board delle istituzioni finanziarie islamiche uno degli aspetti
peculiari è il sistema sanzionatorio tanto delle autorità che dell’opinione pubblica:
dato il delicato ruolo di guida morale storicamente attribuito agli studiosi, ulema,
un comportamento contrario all’etica islamica sarebbe punito dalla comunità con
un danno reputazionale molto grave.
Sebbene la presenza di quanto suddetto sia evidente nelle teorie finanziarie e
manageriali islamiche è bene riportare una delle più importanti critiche al senso di
etica all’interno dell’economia islamica, con particolare riferimento alle istituzioni
finanziarie. La principale critica alla profondità etica del sistema Shariah –
250
compliant è stata portata avanti da Chapra 295 , uno dei maggiori studiosi
contemporanei islamici. Secondo Chapra uno dei principali limiti delle teorie
economico – finanziarie islamiche sarebbe quello di ispirarsi all’Islam classico,
periodo in cui il legame tra vissuto personale e sfera religiosa era molto forte:
nella contemporaneità, nonostante l’Islam sia per sua natura la religione
monoteista che più di tutte abbraccia ogni aspetto della vita quotidiana del
credente, il legame tra azione pratica e credo è più labile rispetto al passato e le
teorie portate avanti dagli studiosi musulmani non rispecchierebbero il
comportamento dei musulmani moderni. Lo studioso pone particolare attenzione
alle teorie di corporate governance sottolineando come sebbene le regole morali
islamiche considerino per loro stessa natura la tutela degli stakeholder, intesi con
questo termine non soltanto gli azionisti ma tutti coloro che vantano interessi nei
confronti di un’impresa, non necessariamente queste regole vengono interiorizzate
dagli attori economici. Perché le norme morali siano interiorizzate è necessario un
sistema di incentivi e deterrenti che nel contesto islamico riguardano sia il
contesto terreno che quello atemporale dell’Aldilà: secondo lo studioso non
soltanto il sistema di incentivi e deterrenti che appartiene alla sfera terrena è oggi
insufficiente a causa di un inadeguato contesto socio – economoco, politico e
legale, ma anche il rapporto tra il credente e la fede, da cui il timore del giudizio
divino, è diventato più debole rispetto al passato. Nel periodo classico il tema
della solidarietà sociale era molto più sentito e comportamenti contrari al
benessere della Ummah erano puniti con particolare enfasi da parte della
comunità. Questo oggi accade, ma principalmente nei confronti delle istituzioni
finanziarie islamiche piuttosto che nei confronti delle imprese commerciali o che
offrono prodotti e servizi non finanziari. D’altra parte l’autore afferma anche che
il contesto socio – economico di riferimento attuale è diverso dal passato perché
nel periodo dell’Islam classico le imprese erano tipicamente di medio – piccole
dimensioni ed i mercati finanziari non erano così sviluppati e complessi come
quelli moderni. Proprio per questo motivo il sistema di mercato era un
meccanismo sanzionatore più efficace ed il sistema legale fondato sui valori della
295
M. Chapra, “Stakeholders Model of Governance in Islamic Economic System” Islamic
Economic Studies, Vol. 11, No. 2, March 2004
251
Shariah garantiva l’adempimento delle obbligazioni assunte ed il rispetto dei
valori più profondi dell’Islam, tra cui la tutela del benessere sociale della
collettività e l’utilizzo delle risorse per il fine ultimo di compiere la volontà di
Allah.
La religione islamica comprende dei pronfondi valori di solidarietà sociale, ma
non necessariamente essi vengono interiorizzati dalla collettività. Per questo
motivo un’impresa islamica non è necessariamente un’impresa responsabile: la
responsabilità sociale dell’impresa islamica deriva dalla volontà dell’imprenditore
o delle parti in gioco in caso di corporation, di agire secondo la volontà divina.
Come è stato evidenziato durante la trattazione nel sistema islamico un insieme di
istituzioni che promuovono e tutelano i valori dell’Islam ed i modelli di
comportamento ideali, ma non necessariamente questo è sufficiente perché
l’impresa venga gestita in maniera etica e socialmente responsabile. Si consideri
anche che le condizioni socio – economiche e la vicinanza tra Stato e religione nei
paesi a maggioranza di popolazione musulmana sono eterogenee e proprio per
questo motivo esistono paesi dove il sistema finanziario islamico è più sviluppato
e dove i valori morali dell’Islam sono maggiormente interiorizzati.
9.11. Conclusioni
A conclusione dell’analisi è possibile sostenere che il mercato islamico sia
caratterizzato da intensità culturale e da un insieme di istituzioni che
contemporaneamente si muovono per costruire un ordine sociale basato
sull’ideale di benessere della Ummah fondata dal Profeta Muhammad. In questo
contesto il ruolo degli attori economici è caratterizzato dal continuo incontro tra la
sfera economica e valoriale, sia a livello individuale che collettivo. La trattazione
ha evidenziato come all’etica islamica si ispirino non soltanto gli investitori, ma
anche il sistema impresa nel suo complesso, le istituzioni che hanno il compito di
sviluppare il mercato finanziario islamico e gli studiosi che hanno il compito di
garantirne la legittimità e fare ricerca al fine di renderlo più efficiente, nonostante
252
la vicinanza all’etica islamica cambi a seconda del paese e del contesto sociale,
economico, politico e legale di riferimento.
CONCLUSIONI
Il presente lavoro di tesi ha cercato di mettere in luce l’influenza degli aspetti
culturali nel sistema di relazioni tra impresa e stakeholder con particolare
riferimento al modello islamico296.
Il raggiungimento di tale obiettivo presuppone un’adeguata conoscenza
dell’Islam, non solo in riferimento ai divieti della riba, interesse, del gharar e del
maysir, speculazione e gioco d’azzardo, su cui si fonda il sistema finanziario
Shariah – compliant, ma anche a principi non direttamente connessi al suo
sviluppo, ma che influenzano la prospettiva islamica dell’attività imprenditoriale.
La conoscenza dei principio del tahwid, unicità di Allah, e del khalifah, vice
reggenza sui beni materiali e immateriali che sono stati messi a disposizione
dell’essere umano, permettono di comprendere come la cultura islamica abbia
sostituito il concetto di homo economicus con homo islamicus, il credente
responsabile spinto nelle sue azioni dalla volontà di onorare Allah e di garantirsi
la salvezza. Per questo motivo i teorici, musulmani e non, ritengono che l’azione
dell’operatore musulmano debba essere analizzata considerando una diversa
prospettiva di “successo” e considerando una funzione temporale che consideri
l’Aldilà. Il ruolo svolto dalle istituzioni islamiche quali la famiglia, l’ambiente
scolastico, l’ambiente lavorativo e l’ambiente politico – legislativo nella
promozione e nella tutela dei valori dell’Islam ha contribuito a creare un ambiente
culturale dove, fermo restando le differenze personali dell’agire dei singoli
296
Si rimanda al modello proposto alla fine del secondo capitolo.
253
credenti, si riscontra un maggior livello di interiorizzazione di principi etici
condivisi che influenzano l’agire degli operatori anche nella sfera economico –
finanziaria.
A conclusione di quanto esposto è possibile concludere che l’obiettivo di
analizzare gli aspetti culturali che influenzano l’insieme di relazioni tra il sistema
impresa e gli stakehoder ha evidenziato che, rispetto al modello tradizionalmente
proposto, è possibile svilupparne uno alternativo nel quale gli elementi costitutivi
dello stesso risultano particolarmente influenzati dagli elementi dell’etica
islamica:
-
L’intero sistema di relazioni tra sistema impresa e stakeholder deve
rispettare i principi e i limiti imposti dalla Shariah.
-
L’impresa islamica opera in un contesto ad elevata intensità di capitale
intangibile dove i valori tutelati dalla Shariah influenzano l’ambiente in
cui l’impresa opera, specialmente in riferimento all’ambiente socio –
culturale, all’ambiente politico legislativo e a quello economico –
finanziario.
-
I valori dell’Islam influenzano anche il sistema aziendale nelle sue
relazioni interne: per questo motivo è possibile parlare di cultura aziendale
islamica, sulukiat, che regola le azioni di coloro che operano all’interno
dell’organizzazione. Data la stretta relazione tra gli aspetti dogmatici e gli
aspetti della vita del credente che caratterizza la religione islamica il
credente musulmano che opera all’interno dell’organizzazione islamica
viene guidato nelle sue azioni dai principi etici condivisi dalla comunità.
-
L’obiettivo di onorare Allah guida le azioni dell’impresa e di coloro che
operano all’interno dell’organizzazione: per questo motivo la funzione
obiettivo dell’impresa prevede che il profitto sia rispettoso dei principi
islamici. Allo stesso modo l’azienda deve operare rispettando il principio
di khalifah e la sua veste di vicereggente dei beni che Allah ha messo a
disposizione degli esseri umani: a differenza della teoria tradizionale di
scarsità delle risorse il modello culturale islamico ritiene che Allah abbia
donato le risorse necessarie al benessere dell’intera umanità e che
l’impresa abbia il compito morale di utilizzarle per creare benessere per la
254
società. Si riscontra quindi un collegamento diretto tra il principio di
khalifah e il principio di corporate social responsibility sviluppato nel
modello tradizionale.
-
Il modello islamico dovrebbe prevedere un minor conflitto di interessi tra
manager e azionisti in quanto entrambi agiscono nel rispetto della volontà
divina. Gli studiosi islamici riconoscono un ruolo particolarmente
importante al compito di disciplina dell’azionariato: il credente islamico
dovrebbe esercitare il proprio diritto di voto nelle apposite sedi in modo da
manifestare contro decisioni aziendali contrarie alla Shariah e da
disciplinare il comportamento del management qualora si riveli contrario
ai valori islamici. In tema di corporate governance assume particolare
rilevanza il ruolo svolto dagli Shariah Supervisory Board delle istituzioni
finanziarie islamiche che hanno il compito di guidare la comunità verso la
salvezza permettendo ai credenti di ricorrere a strumenti finanziari
rispettosi della Shariah.
-
Il management islamico dovrebbe agire nel rispetto dei valori islamici e
secondo il modello comportamentale del Profeta Muhammad e degli altri
personaggi storici ritenuti degni di attenzione dalla cultura islamica. Un
comportamento conforme ai valori islamici è richiesto anche ai membri
che compongono gli Shariah Supervisory Board delle istituzioni
finanziarie islamiche: in entrambi i casi un comportamento contrario
all’etica islamica dovrebbe essere punito dalla comunità con un grave
danno reputazionale.
-
Le scelte di approvvigionamento dell’impresa islamica sono influenzate
dal grado di sviluppo del sistema finanziario Shariah – compliant: nel
corso del tempo l’ingegneria finanziaria islamica ha permesso di
sviluppare prodotti finanziari sempre più sofisticati. La presenza dello
Shariah Supervisory Board all’interno dell’istituzione finanziaria islamica
genera il problema di mancanza di standardizzazione dato dal fatto che gli
studiosi che compongono i comitati appartengono a scuole giuridico –
religiose diverse: a seconda del livello di conservatorismo dei membri
dello Shariah Supervisory Board è possibile che un’istituzione finanziaria
255
islamica non offra un determinato servizio finanziario in quanto non
considerato lecito dagli studiosi. Si pensi ad esempio allo sviluppo degli
strumenti derivati Shariah – compliant che è promosso in Malesia, ma che
è invece controverso per i membri degli Shariah Supervisory Board
dell’Arabia Saudita che sono conosciuti per il loro conservatorismo. Per
limitare questo problema alcuni teorici hanno proposto di eliminare gli
Shariah Supervisory Board interni e di fondarne uno esterno all’interno
delle banche centrali o degli organi che tutelano il sistema finanziario
islamico. È ancora necessario considerare che i paesi a maggioranza
musulmana in cui i sistemi finanziari sono totalmente Shariah – compliant
sono solamente il Sudan, il Pakistan e l’Iran: nei paesi in cui il sistema
finanziario tradizionale e quello islamico coesistono si riscontra il
problema della possibilità di arbitraggio dato dal fatto che gli strumenti
finanziari Shariah – compliant sono più costosi.
Secondo
la
teoria
finanziaria
islamica
un
altro
elemento
che
condizionerebbe le scelte di approvvigionamento dell’impresa Sharia –
compliant è il livello di dotazione di beni tangibili: data l’importanza che il
sistema finanziario islamico attribuisce all’economia reale il livello di
ricorso a strumenti finanziari diversi dal muskaraka e dal mudarabah
dovrebbe essere uguale o inferiore al livello della dotazione di beni
tangibili all’interno dell’impresa. Per ultimo anche i criteri di screening
quantitativi che vengono applicati dagli indici di mercato, dalle borse
valori dei paesi a maggioranza musulmana e dai fondi di investimento e
che considerano un limite massimo di indebitamento e di tesaurizzazione
influenzano le scelte di approvvigionamento e di struttura finanziaria.
-
Le scelte di finanziamento dell’impresa islamica è subordinata al divieto in
investimenti considerati haram, vietati: finanza basata su tasso di interesse
(banche ed assicurazioni tradizionali), produzione e commercializzazione
di alcool e suoi derivati, produzione e commercializzazione di carne suina
e di suoi derivati, produzione e commercializzazione di tabacco,
produzione di armamenti, società del settore del gioco d’azzardo e del
settore della pornografia. Anche in questo contesto è assente la necessaria
256
standardizzazione perché non soltanto le borse valori dei paesi a
maggioranza musulmana rispecchiano una più o meno stretta relazione tra
Islam e Stato, ma anche gli studiosi musulmani non sono d’accordo nel
considerare illecita la componente haram del solo core – business
dell’impresa o di tutte le attività ausiliarie. Dato il livello di
interconnessione tra i mercati la maggioranza degli studiosi islamici
ammette l’investimento dell’azienda Shariah – compliant in aziende che
presentano elementi haram, purché questi investimenti non superino il 5%
di quelli totali.
-
La distribuzione dei dividendi segue le logiche finanziarie esposte dalla
teoria tradizionale, ma si caratterizza per il processo di purificazione a cui
devono essere sottoposti i dividendi (ed eventualmente le plusvalenze). In
considerazione del fatto che parte degli utili generati dall’impresa
potrebbero derivare da fonti finanziarie o da investimenti haram, è
necessario che l’azionista stimi la parte haram dei dividendi in modo da
decurtarla dai suoi introiti e donarla in beneficienza.
In generale il lavoro svolto ha messo in evidenza come nel modello islamico la
relazione tra etica e finanza sia invertita rispetto al modello tradizionale perché è
la finanza che è stata rivista e riadattata alla luce dei valori etici condivisi. In tal
senso è stato reso evidente come sia importante la collaborazione di diverse
istituzioni per promuovere gli elementi valoriali su cui una società decide di
fondare il sistema sociale ed economico – finanziario.
La finanza islamica non rigetta a priori il capitalismo, ma esamina ogni aspetto
dello stesso in modo da comprendere quali elementi siano da conservare, quali da
eliminare e quali ancora da reinterpretare alla luce delle caratteristiche culturali
islamiche. Il ruolo svolto dagli studiosi è di particolare importanza perché ad essi
è richiesto di conoscere non soltanto la materia economico – finanziaria, ma anche
quella giuridico – religiosa in modo da essere in grado di rispondere alle esigenze
sociali nel rispetto dei valori della Shariah.
Il principale limite della finanza islamica è il suo basso livello di
standardizzazione dato dal fatto che gli studiosi appartengono a diverse scuole di
257
pensiero che non necessariamente sono in grado di trovare un punto d’incontro: in
termini pratici questo aspetto si traduce nella frammentazione dell’offerta di
strumenti finanziari Shariah – compliant che differiscono non soltanto da paese a
paese, ma anche da istituzione a istituzione a seconda della scuola giuridico –
religiosa a cui i membri dello Shariah Supervisory Board appartengono.
INDICE DELLE FIGURE
FIGURA 1.1. L’ISLAM NEL MONDO ......................................................................... 15
FIGURA 1.2. DIFFUSIONE DEL SUNNISMO E DELLO SCIISMO ................................... 16
FIGURA 1.3. LE SCUOLE GIURIDICHE ISLAMICHE .................................................... 26
FIGURA 1.4 FINANZA TRADIZIONALE E FINANZA ISLAMICA: STATO E RELIGIONE ... 29
FIGURA 1.5. FINANZA TRADIZIONALE E FINANZA ISLAMICA: IL PROFITTO .............. 31
FIGURA 2.1. IL PROCESSO DI TRASFORMAZIONE DEGLI INPUT DELL’AZIENDA ........ 43
FIGURA 2.2. IL SISTEMA D’IMPRESA NEL SUO AMBIENTE ....................................... 44
FIGURA: 2.3. ANATOMIA DELL’IMPRESA ISLAMICA ................................................ 52
FIGURA2.4. CARATTERISTICHE DEL BUSINESS: CONFRONTO TRA IMPRESA ISLAMICA
E TRADIZIONALE ............................................................................................. 54
FIGURA: 2.5. IL PENTAGONO FINANZIARIO ............................................................. 58
FIGURA 2.5. LE CARATTERISTICHE DEL SISTEMA NELLE RELAZIONI TRA IMPRESA E
STAKEHOLDER ................................................................................................ 59
FIGURA 2.6. SHARIAHCOMPLIANT MODEL OF BUSINESS ENTITIES .......................... 61
FIGURA 2.7. OVERVIEW DELLE CARATTERISTICHE DEL SISTEMA NELLE RELAZIONI
TRA IMPRESA E STAKEHOLDER NEL CONTESTO SHARIAH– COMPLIAN ............. 64
ALLEGATO I: LA LISTA DE “I 99 BELLISSIMI NOMI DI ALLAH”................................ 68
FIGURA 3.1 I TRE LIVELLI DI UNICITÀ DEL “MENTAL PROGRAMMING”.................... 70
FIGURA 3.2 IL DIAGRAMMA DELLA CIPOLLA: MANIFESTAZIONE DELLA CULTURA A
DIVERSI LIVELLI DI PROFONDITÀ ..................................................................... 71
FIGURA 3.3. L’APPRENDIMENTO DI VALORI E PRATICHE ........................................ 75
FIGURA 3.4. LE FUNZIONI MANAGERIALI BASATE SUL MODELLO ALLAH ALMIGHTY
NAMES ............................................................................................................ 83
FIGURA3.5. APPROCCIO MANAGERIALE DI TIPO OLISTICO ...................................... 85
FIGURA4.1. IL MODELLO DI CORPORATE GOVERNANCE ISLAMICO “TAWHID E SHURA”
....................................................................................................................... 93
FIGURA 4.2. LE DIVERSE CATEGORIE DELL’AMBIENTE INTANGIBILE ...................... 97
FIGURA 4.3. CLASSIFICAZIONE DEI PAESI SECONDO L’INTENSITÀ DELLE
COMPONENTI DEL LORO AMBIENTE INTANGIBILE ............................................ 99
258
FIGURA 4.4. REGOLAMENTAZIONI E SHARIAH SUPERVISORY BOARD INTERNI ..... 100
FIGURA 4.5. IL CONTESTO IN CUI OPERA LO SHARIAH SUOPERVISORY BOARD
ALL’INTERNO DELLE ISTITUZIONI FINANZIARIE ISLAMICHE ........................... 105
FIGURA 4.6. ISTITUZIONI DI CORPORATE GOVERNANCE SHARIAH – COMPLIANT
ESTERNI ALLE ISTITUZIONI FINANZIARIE ISLAMICHE PER PAESE .................... 107
FIGURA 4.7. COMPARAZIONE TRA LE ATTIVITÀ DI MONITORAGGIO INTERNE ED
ESTERNE ALLE ORGANIZZAZIONI FINANZIARIE ISLAMICHE ............................ 108
FIGURA 5.1 LE FORME DI FINANZIAMENTO A DISPOSIZIONE DELLE IMPRESE ........ 114
BOX 1. ESEMPIO DI MUDARABAHH ....................................................................... 120
FIGURA 5.2. IL CONTRATTO DI MUDARABAHH ...................................................... 121
FIGURA 5.3. IL CONTRATTO MUSHARAKA ............................................................ 122
BOX 2. ESEMPIO DI MUSHARAKA.......................................................................... 122
FIGURA 5.4. IL CONTRATTO DI MURABAHA ......................................................... 126
BOX 3. ESEMPIO DI MURABAHA ........................................................................... 126
FIGURA 5.5. IL CONTRATTO DI JIHARA ................................................................. 128
FIGURA 5.6. IL CONTRATTO SALAM ...................................................................... 129
FIGURA 5.7. IL CONTRATTO ISTINSA ..................................................................... 131
FIGURA 5.8. FORME DI FINANZIAMENTO A DISPOSIZIONE DELLE IMPRESE SHARIAH –
COMPLIANT ................................................................................................... 137
FIGURA 6.1. RAPPRESENTAZIONE GENERICA DEI FLUSSI FINANZIARI IN UNA
STRUTTURAZIONE DI SUKUK ......................................................................... 140
FIGURA 6.2. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – MUSHARAKA ................................. 142
FIGURA 6.3.. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – MUDARABAH ................................ 143
FIGURA 6.4. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – MURABAHA ................................... 144
FIGURA 6.5. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – IJARA ............................................ 144
FIGURA 6.6. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – ISTINSA ......................................... 145
FIGURA 6.7. LA STRUTTURA DEL SUKUK AL – SALAM .......................................... 146
FIGURA 6.8. LA STRUTTURA DI UN FX SWAP ISLAMICO SECONDO IL MODELLO DEL
TAWARRUQ ................................................................................................... 155
FIGURA 6.9. LA STRUTTURA DI UN FX SWAP ISLAMICO SECONDO IL MODELLO DEL
WA’AD .......................................................................................................... 156
FIGURA 6.10. LA STRUTTURA DELL’ISLAMIC CURRENCY SWAP SECONDO IL
MODELLO DEL MURABAHA ............................................................................. 158
FIGURA 6.11. LA STRUTTURA DELL’ISLAMIC PROFIT RATE SWAP ....................... 160
FIGURA 6.12 CRITERI QUANTITATIVI DEI PRINCIPALI INDICI DI BORSA................. 165
FIGURA 6.13 I PRINCIPALI ORGANI DELLA FINANZA ISLAMICA ............................. 167
FIGURA 7.1 LA FRONTIERA EFFICIENTE ................................................................ 171
FIGURA 7.2 FRONTIERA EFFICIENTE E CAPITAL MARKET LINE ............................ 173
FIGURA 7.3: LA SCELTA DEL PORTAFOGLIO OTTIMALE ......................................... 174
FIGURA 7.4. OTTIMIZZAZIONE DEL PORTAFOGLIO NEL MERCATO TRADIZIONALE E
ISLAMICO (NAQVI) ........................................................................................ 176
259
FIGURA 7.5. OTTIMIZZAZIONE DEL PORTAFOGLIO NEL MERCATO TRADIZIONALE E
ISLAMICO (JOHNSON E NEAVE) ..................................................................... 177
FIGURA 7.6. LA RIDUZIONE DELLA VARIANZA DI UN PORTAFOGLIO PER EFFETTO
DELLA DIVERSIFICAZIONE ............................................................................. 181
FIGURA: 7.7. RAPPRESENTAZIONE DELLA SECURITY MARKET LINE ........................ 183
FIGURA. 7.8. IL MODELLO DELLO ZERO-BETA CAPM .......................................... 185
FIGURA 7.9. ZERO-BETA CAPM IN ASSENZA DI TASSO RISK-FREE E VENDITA ALLO
SCOPETO ....................................................................................................... 187
FIGURA 8.1. PRINCIPI DELLA FINANZA ISLAMICA CHE HANNO EFFETTO SULLE SCELTE
FINANZIARIE DELL’IMPRESA SHARIAH – COMPLIANT .................................... 196
FIGURA 8.2. CONFRONTO TRA IL MODELLO DEL MUDARABAH ED IL MODELLO DEL
MUSHARAKA ................................................................................................... 201
FIGURA 8.3. ANDAMENTO DEL WACC AL VARIARE DEL RAPPORTO DI
INDEBITAMENTO SECONDO L’IPOTESI TRADIZIONALE ................................... 201
FIGURA 8.4. ANDAMENTO DEL COSTO DEL CAPITALE AL VARIARE DEL RAPPORTO DI
INDEBITAMENTO SECONDO MODIGLIANI E MILLER....................................... 203
FIGURA 8.5. IL VALORE DELL’IMPRESA SECONDO LA TEORIA DEL TRADE – OFF ... 205
FIGURA 8.6. SVILUPPO DEL SISTEMA ISLAMICO DAGLI ANNI SETTANTA AD OGGI . 209
FIGURA 8.7. EVOLUZIONE DELLE TIPOLOGIE DI FONTI FINANZIARIE DELLE AZIENDE
DEL SUDAN ................................................................................................... 210
FIGURA 8.8. CARATTERISTICHE DEGLI STRUMENTI ISLAMICI ............................... 213
FIGURA 8.9. CARATTERISTICH DEGLI STRUMENTI TRADIZIONALI ......................... 214
FIGURA 8.10. COSTI DEGLI STRUMENTI DI CAPITALE A DISPOSIZIONE DELLA
CORPORATE FINANCE ISLAMICA .................................................................... 216
FIGURA 8.11.. RELAZIONE TRA ASSET TANGIBILI E STRUTTURA FINANZIARIA NELLE
FASI DI SVILUPPO DI UNA START - UP ISLAMICA ............................................ 220
FIGURA 8.12. EVOLUZIONE DELLA STRUTTURA DEL CAPITALE IN UNA CORPORATION
ISLAMICA ...................................................................................................... 222
FIGURA 8.13. EMISSIONI INTERNAZIONALI DI SUKUK (2001 – 2013) .................... 228
FIGURA 8.14. EMISSIONI DOMESTICHE DI SUKUK (2001 – 2013) .......................... 229
FIGURA 9.L5. IL LIVELLO DI PENETRAZIONE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI ISLAMICI
NELLE IMPRESE DI 8 PAESI DEL MENA (2005-2009) .................................... 231
260
RIFERIMENTI E FONTI
Bibliografia
A A VV., “Lezioni di economia aziendale”, Giappichelli Ed., Torino, 1996;
Abassi A. S., K. Ir Rehman, A. Bibi, “Islamic Management Model”, African
Journal of Business Management, Vol 4 (9), pp 1873 – 1889, 4th August 2010
Abuznaid S., “Islam and Management: What Can be Learned?” Thunderbird
International Business Review, 2006;
Ahmad K., “Economic Development in an Islamic Framework”, The Islamic
Foundation, Leichester, 1979;
Ahmed H., “Issues in Islamic corporate finance: capital structure in firms”,
Islamic Research and Training Institute, R. n° 70, Jeddah, 1427/2006;
Ashker A.A.F., “Islamic Business Enterprise”, Croom Helm Limited, Provident
House, Burellrow, Backenham, Cant, BR3 IAT, 1987;
Beekun R., J. Badawi, “The leadership process in Islam”, The Islamic Training
Foundation, 1999;
Campanini M., “Islam e Politica”, Bologna, Il Mulino, 2003;
Castro F., “Il modello islamico”, a cura di Gian Maria Piccinelli, G. Giappichelli
Editore, Torino, 2007;
261
Chapra M. U., “Islam and the Economic Challenge”, Liechester, The Islamic
Foundation, 1992/1413 H;
Chapra M. U., “What is Islam Economics?” Islamic Development Bank, Islamic
Research and Training Institute, IDB Prize Winner’s Lecture Series n. 9, Jeddah,
1996/1417 H;
Chapra M. U., H. Ahmed, “Corporate Governance in Islamic Financial
Institutions”, IRTI, Jeddah, 2002;
Chapra M. U., “Stakeholders Model of Governance in Islamic Economic System”,
Islamic Economic Studies, Vol.11, No. 2, March 2004;
Dalai Lama, “Le religioni sono tutte sorelle. Cristianesimo, islam, ebraismo,
buddismo: come le fedi del mondo si possono parlare”, Sperling & Kupfer, 2011;
De Lorenzo Y. T., “The Total Return Swap and the Shariah Conversion
Technology Strategem”, 2007;
Douglas M., B. Isherwood, “Il mondo delle cose”, Biblioteca Paperbaks, Il
Mulino, Milano, 2013;
“Dubai International Centre Sukuk Guidebook”, DIFC, 2009;
Dusuki A. W., “Shariah Parameters on Islamic Foreign Exchange Swap as
Hedging Mechanism in Islamic Finance”, International Conference on Islamic
Perspective on Management and Finance, 2nd-3rd July 2009;
Dzolkarnaini N., M.Minhat, “In Search of a Theory of Corporate Financing and
Islamic Financial Instruments”, 8th International Conference on Islamic
Economics and Finance;
Elahi Y., M. H. A. Aziz, “Islamic Options (al – Khiyarat): Challenges and
Opportunities”, 2011 International Conference on Information and Finance,
IPEDR vol. 21, Singapore: IACSIT Press;
Ernst & Young, “Global Islamic banking assets set to exceed US$3.4 trillion by
2018 ”19 maggio 2014;
Ernst & Young, “World Islamic Banking Competitiveness Report 2013 – 2014”;
Febianto I., “Shariah compliant model of business entities”, World Journal of
Social Science, 2011;
Forestieri G., “Corporate & investment banking”, II edizione, Egea, Milano,
2007;
262
Gallino L., “L’impresa irresponsabile”, Einaudi, Torino, 2009;
Grais W., M. Pellegrini, “Corporate Governance and Shariah Compliance in
Istitution Offering Islamic Financial Services”, World Bank Policy Research
Working Paper 4054, November 2006;
Habib A., “Theoretical foundations of Islamic economics”, The Islamic
development bank, Islamic research and training institute, Book of readings N°3,
Jeddah, 2002;
Hamauri R., M. Mauri, “Economia e finanza islamica. Quando i mercati
incontrano il mondo del profeta”, Il Mulino, Bologna, 2009;
Hanafi H., “Islam in the Modern World. Vol. I: Religion, Ideology and
Development”, Kebaa, 2000;
Hanif M., “Risk and Return under Shariah Framework. An attempt to Develop
Shariah Compliant Asset Pricing Model-SCAPM”, Islamabad, Pakistan, Commer.
Soc. Sci. 2011, Vol 5, No. 2, pp 283 – 292;
Hasan Z., “Corporate Governance: Western and Islamic Perspective”,
International Review of Business Research Papers, Vol. 5 No. 1 January 2009, pp.
277 – 293;
Hearn B., J. Piesse, R. Strange, “Islamic finance and market segmentation:
implications for the cost of capital”, International Business Review 21 (2012) 102
– 113;
Hofstede G., G.J. Hofstede e M. Minkov, “Cultures and organizations: software
of the mind. Intercultural cooperation and its importance for survival”, England,
McGRAW-HILL Book Company Europe, 2010;
IIFM, “Sukuk Report. A comprehensive study of Global Sukuk Market. 3rd
Edition”;
Intervista di A. Brugnoni a A. Liotta – partner Deloitte.“Finanza islamica come
incentivo agli investimenti”, Magazine per lo sviluppo sostenibile del
Mediterraneo, n.2 – Anno I – luglio – settembre 2013;
Johnon L. D., E. H. Neave, “Efficiency and Effectiveness of Islamic Financing:
The Cost of Ortodoxy”, Working Paper # 96-26, Queen’s School of Business,
Queen’s University, Canada;
263
Khaliq A., “Management from Islamic Perspective: Principles and Practices”
Malaysia: Research Center International Islamic University Malaysia, 2007;
Khaf M., “The Islamic Economy: Analytical Study of the Functioning of the
Islamic Economic System”, Planfield, Indiana, The Muslim Students’ Association
of the United States and Canada, 1978;
Khatkhatay M. H., S. Nisar, “Shariah Compliant Equity Investment: An Asset of
Current Screening Norms”, paper presented at the Seventh Harvard University
Forum on Islamic Finance, April 23, 2006, Harvard Law School, Massachusetts,
USA;
Leland e Pyle, “Informational Asymmetries, Financial Structure, and Financial
intermediaries”, "Journal of Finance ", 1977, vol. 32, pp. 371 – 388;
Malaysian Institute for Accountants (MIA), “Tax treatment of Islamic finance in
Malaysia”, 2012, Kuala Lumpur;
Mariani M., “Impresa e finanza islamica”, Egea, Milano, 2012;
Markowitz H., “Portfolio Selection”, Journal of Finance 7, March 1952 N°1: 77 –
91;
Nadwi M. A., “Analyzing the role of Shariah Supervisory Board in Islamic
Financial Institutions”, Working Paper Series, 1th February 2012;
Najma S., “Bisnis Syariah dari Nol”. Jakarta: Hikmah 2007;
Naqvi S.N.H., “A Model of Dynamic Islamic Economy”, Pakistan Institute of
Development Economics, Islamabad, Pakistan, 1986;
Obaidullah M., “Islamic Financial Services”, 2005, Jeddah, Saudi Arabia, pp. 179
– 182;
Obaidullah M., “Islamic Financial Services”, Islamic Economic Research Centre,
King Abdulaziz University, Jeddah, Saudi Arabia, 2005;
Piccinelli G. M., “Banche islamiche in contesto non islamico. Materiali e
strumenti giuridici”, Laterza, Roma – Bari, 2004;
Randeree K., “An Islamic Perpective on Leadership: Qur’anic World View on
The Qualities of Leaders”, The Global Study Journal, Volume 2 1, 2009;
Rodinson M., “Islam et capitalism”, Paris, Editions du Seuil, 1996. Trad. It.
“Isam e capitalismo”, Einaudi, Torino, 1968;
264
“Shariah Governance Framework for Islamic Financial Institutions” Bank
Negara Malaysia, Central Bank of Malaysia, 26th October 2010;
Sherif H., M. Statman, “Ethics, Fairness ad Financial Markets”, The Research
Foundation of Institute of Chartered Financial Analyst, 1992, Virginia pp. 4 – 6;
Siagh L., “L’Islam et le monde des affaires”, traduzione italiana a cura di L. G.
Faussone, ETAS, 2008;
Snoussi K. J., “La finanza islamica. Un modello alternativo e complementare”,
Obarrao Edizioni, Milano, 2013;
Tardivo G., R. Schiesari, N. Miglietta, “Corporate Finance”, Isedi, Torino, 2012;
Tobin J., “Liquidity preference as behavior towards risk”, Review of Economic
Studies, 25, No. 2, Feb 1958, pp 65 – 86;
Toseef A., A. Mehmet, U. Burki, “Theory of the firm, management and
stakeholeders: an Islamic perspective”, Islamic Economic Studies, Vol. 15, n° 1,
July 2007;
Usmani T. Q., “An introduction to Islamic finance”, Kluwer Lawer International,
2002;
Vercellin G., “Istituzioni del mondo musulmano”, Einaudi, Torino, 1996;
Warge I., “Islamic Finance in the Global Economy”, Edinburgh, UK, Edinburgh
University Press, 2000;
Weber M., “L’etica protestante e lo spirito del Capitalismo”, traduzione italiana a
cura di A. M. Marietti, BUR Rizzoli, Milano, 2011;
Yankson S., “Derivatives in Islamic Finance: A case for Profit rate swaps”,
Journal of Islamic Economics, Banking and Finance, Vol. 7 No. 1, Jan – Mar
2011;
Yousri A. R., “Islamic perspectives on sustainable development”, 5th International
conference on Islamic economics and finance, p 22-57;
Yusanto M., Ismail and Widjajakusuma, M. Karebet, “ Menggagas Bisnis
Islami”, Jakarta: Gema Insani Press, 2002;
Zelizer V. A., “Vite economiche. Valore di mercato e valore della persona”,
Bologna: Il Mulino, 2009;
Zeti A. A., “Islamic finance and global financial stability”, April 2010;
265
Zingales L., “In search of new foundations”, The Journal of Finance, n. 55/4,
august 2000, pp. 1623 – 1653.
Sitografia
www.aaoifi.com
www.bursamalaysia.com
www.ey.com
www.huda.it
www.iifm.net
www.ilcorano.it
www.isda.org
www.kse.com.pk
www.muslimangels.com
www.qfinance.com
www.treccani.it
www.tse.ir/en/
www.wbcsd.ch
www.wikipedia.com
266
Scarica