LA DIAGNOSTICA DELL’ASPIRATO MIDOLLARE Prof. Gina Zini 28 03 07 ore 14.00-17.00 Ieri abbiamo visto come analizzando il sangue periferico con i normali analizzatori presenti ormai in ogni laboratorio sia possibile ottenere tutta una serie di informazioni e distribuzioni che vanno al di là dei classici otto parametri standard dell’emocromo (numero dei bianchi, numero dei rossi, emoglobina, piastrine, volume globulare, concentrazione emoglobinica media, formula leucocitaria- sono solo 7 lo so!!!-). Però se non si riesce a risalire all’anomalia soltanto analizzando il referto si va allo striscio sia del sangue periferico che del sangue midollare ottenuto tramite ago aspirato. Gli strisci sono colorati tutti con colorazioni panottiche che subiscono l’effetto Romanovsky, che prende il nome da un parassitologo russo dell’800 che aveva illustrato questo strano accadimento e cioè che se io in laboratorio metto un colorante basico ed uno acido che normalmente sono il blu di metilene e l’eosina che sono due coloranti puri quando li mischio e li stendo sul vetrino al microscopio ottengo una varietà, una gamma di colori perché ogni singola molecola o acida o basica si andava a legare ad ogni terminale acido o basico di ogni struttura cellulare. Ovviamente le strutture cellulari non sono o tutte acide o tutte basiche per cui si coloreranno in base alla predominanza o acida o basica dei radicali a cui si attaccano i coloranti. In biologia ematologica noi abbiamo soltanto due strutture pure: una sono i cristalli o grani all’interno degli eosinofili, cioè la sostanza H basica che lega solo l’eosina, l’altra è il citoplasma del proeritroblasto basofilo a livello midollare che ha soltanto strutture acide che vanno a legare il blu di metilene. La percezione del colore è culturalmente e soggettivamente mediata: addirittura gli esquimesi non percepiscono il verde ma distinguono 24 tipi diversi di colore bianco. Quando poi parliamo di colorazione nel laboratorio abbiamo il problema della standardizzazione, ci sono una serie di variabili: il problema pre-analitico è dato dalla preparazione del colorante, cioè quante dosi di blu di metilene e di eosina uso e a quale concentrazione, in estate se ho un boccione di colorante aperto questo potrà essere più concentrato a causa dell’evaporazione, il problema analitico è dato dalla variabilità biologica,interindividuale, le cellule sono diverse da individuo ad individuo, un po’ come il colore di occhi e capelli, hanno tutte la stessa funzione ma sono diverse. Poi a livello dell’operatore sanitario gioca la competenza, l’esperienza e poi c’è la percezione personale perchè non tutti catalogano con la stessa definizione la stessa variazione o sfumatura di colore. Per uscire da tutto ciò bisogna trovare dei punti di riferimento, un vetrino colorato è come un cielo stellato, il riferimento nel metodo scientifico è la misura, e so che una struttura solidissima, immodificabile strisciandola, come il nucleo di un piccolo linfocita deve essere grande una volta e mezzo un globulo rosso. Inoltre io so che quantitativamente i globuli bianchi sono espressi in migliaia, i rossi in milioni, le piastrine in centomila. Da queste poche nozioni io posso già orientarmi, se vedo in un campo un numero quasi identico di globuli rossi e piastrine io posso avere o una anemia o una piastrinosi, ma la piastrinosi sarà più probabile perché un numero di rossi pari o quasi alle piastrine sarebbe incompatibile con la vita. Quindi il mio background quando vado al microscopio è dato da QUANTITA’, MISURE e RAPPORTI di MISURA. Poi altro parametro è il COLORE: in ogni preparato ematologico c’è un tappeto di globuli rossi sotto, e quel colore so che è il colore dell’emoglobina, strutture più scure sono più basofile , strutture più chiare, più rosa sono più acidofile. Il modo in cui si colorano i granuli di un LEUCOCITA EOSINOFILO mi indica il modo in cui io percepisco l’eosina pura, mentre il colore con cui percepisco il citoplasma di un PROERITROBLASTO BASOFILO è il blu di metilene puro. Tutti i colori in mezzo io li classifico in questa scala. Andando al microscopio se io acquisto metodo e studio i tempi, le dimensioni e le forme delle varie linee cellulari, quando maturano e che cosa esprimono, io riesco ad individuare, classificare e contare le cellule(lo so che questa frase è uno schifo ma lei così ha detto ed io così scrivo…). Quando noi parliamo di cellule staminali intendiamo i precursori da cui derivano tutte le linee cellulari ematologiche.Le cellule maturando perdono le caratteristiche di onnipotenza o potenzialità ed acquisiscono delle specificità. L’esempio è un bambino appena nato che potenzialmente può diventare qualsiasi cosa da grande( musicista, pittore, tennista,…medico…), che già a 10 anni noi sappiamo per esempio che un musicista eccelso non lo potrà più diventare, e che da adulto avrà una sola specifica professione. Lo stesso vale per il percorso maturativo cellulare: la cellula staminale può diventare tutto, nel momento in cui riceve degli input per diversificarsi e quindi acquisire delle specificità, matura cioè si differenzia e poi segue il suo percorso di morte, perché mentre il pool staminale è eterno la cellula matura è una cellula a scadenza( per es. i globuli rossi vivono 120 giorni e poi vanno incontro a turn-over). Questo percorso di maturazione vede all’inizio una grande attività nucleare per far attivare alla cellula determinate attività o specificità citoplasmatiche dopodiché il dna non ha più senso, il nucleo si coarta, diventa apoptotico e questa cellula funzionerà a termine con le specificità tipiche della linea di appartenenza. Quindi noi abbiamo nella cellula un nucleo e un citoplasma con apparato di Golgi e i ribosomi che assemblano le proteine. Vediamo una plasmacellula che è un linfocita B terminale che viene espanso quando viene richiesto un intervento di immunità umorale con produzione di anticorpi: il nucleo si attiva, si coarta in zolle e fa attivare i ribosomi che producono un determinato citotipo anticorpale, a quel punto la cellula non può più tornare indietro, produrrà quel tipo di Ab o potrà shiftare nel pull di linfociti B della memoria e congelare l’informazione fino al prossimo contatto. Vediamo le cellule staminali, se riusciamo ad individuarle da un punto di vista morfologico, con la risoluzione del microscopio ottico comparando ed analizzando le strutture. Le cellule staminali si identificano con metodo citofluorimetrico, sono CD34+, poi vengono messe in coltura con eritropoietina, le cellule si differenziano dando colonie eritroidi e quindi so che si trattava di cellule staminali: tuttavia le cellule staminali più si differenziano più aumentano di numero e più perdono la capacità di autorinnovamento e noi anche nell’aspirato midollare non riusciamo ad identificare le pochissime staminali vere, ci troviamo già in fase maturativa e proliferativa, anche nel mielogramma, i progenitori sono così pochi che non abbiamo né gli strumenti né la capacità di identificarli, se trovo un blasto posso pensare che non sia ancora orientato, che sia un progenitore, ma la certezza la avrò solo con metodi non morfologici e cioè o con la coltura o con metodi citofluorimetrici. Quindi un mielogramma visto al microscopio mi dice solo che a monte è andato tutto bene, che cioè l’eritropoiesi di tutta la filiera funziona. 1. AUTORINNOVAMENTO delle cellule STAMINALI; 2. PROLIFERAZIONE e DIFFERENZIAMENTO dei PROGENITORI; 3. MATURAZIONE e FUNZIONE nella CELLULA ATTIVA. Nel 1912-1913 Adolfo Ferrata solo tramite studi morfologici riuscì a contrastare la teoria POLIFILETICA d’oltralpe, tedesca, dimostrando la teoria MONOFILETICA dell’emopoiesi secondo cui le cellule mieloidi e linfoidi hanno lo stesso progenitore, con una colorazione pre-Romanowsky, elaborata da Paul Erlich, che però precipitava subito, con tutte le difficoltà correlate che potete immaginare. Inizia una digressione di 10 minuti in cui la prof dice che”si vede solo quello che si sa” facendo vari esempi su come si riconosce una persona conosciuta tra la folla in metropolitana o sull’ignoranza degli specializzandi che non vedono i parassiti del sangue perché abituati a vedere solo le cellule. Tornando a noi, vediamo come si fa ad ottenere un pool di cellule staminali per trapianto osseo: si amplifica la popolazione cellulare con farmaci leggermente citotossici come alte dosi di fattori di crescita, poi con l’aferesi seleziono tutte le cellule mononucleate e poi le passo su colonna per eliminare altre cellule tipo monociti o granulociti tramite Ab specifici che legano il CD34+,ottengo una raccolta immunoselettiva che vado a diluire e poi a congelare. Ferrata aveva disegnato alla perfezione la cellula staminale così come oggi noi grazie ai progressi tecnologici che ci sono stati la fotografiamo. Noi sappiamo che esistono staminali raccolte dal sangue periferico e staminali raccolte dal cordone ombelicale che sono CD45+ ma CD34- , e quindi sono ancora meno differenziate rispetto alle CD45+ CD34+ del sangue periferico. Esiste quindi un pool di cellule staminali morfologicamente diverse perché gerarchicamente e funzionalmente diverse. Man mano che le CD34+ e CD38- proseguono nel percorso differenziativo diventano HLA-DR+ e c-kitR+. Oggi non si parla più di cellule staminali ma di POOL staminale e sappiamo che le cellule possono essere identificate in base all’espressione di alcune molecole di superficie e che la cellula che si sta differenziando può tornare indietro nel pool di cellule autorinnovantesi, non si va solo avanti, si può ritornare anche indietro. Adesso andiamo all’ago aspirato midollare, dove io conto le cellule differenziate e non so cosa c’è a monte, posso solo dedurre che se sia il midollo che il sangue periferico sono sia qualitativamente che quantitativamente normali il paziente sta bene, è sano, le sue cellule staminali funzionano ma forse già c’è una lesione leucemica che non si è ancora morfologicamente palesata. Vediamo quindi nell’aspirato midollare poche cellule di dimensioni molto grandi, giganti che sono i progenitori delle piastrine, i megacariociti. Poi ci sono gli elementi granulati precursori dei granulociti e poi i precursori della serie eritroide, per esempio un eritroblasto ortocromatico che se estrude il nucleo diventa reticolocita e completa la maturazione dell’Hb. La serie eritroide ha un nucleo tondo, ad uovo, la cromatina sta andando in apoptosi e quindi il nucleo si prepara ad essere estruso. Colori, rapporti nucleo-citoplasmatici e forma del nucleo ci aiutano tantissimo al microscopio. Se il citoplasma di un eritroblasto è troppo pallido posso ipotizzare che ci sia una pecca nell’emoglobinizzazione e così via. L’effetto Romanowsky è dato,come già detto, dalla miscela di due coloranti puri, metilene blu ed eosina, che danno una vasta gamma di colorazioni. Inizialmente tale colorazione era utilizzata per individuare nel sangue periferico il plasmodio della malaria. Noi in citochimica e morfologia oltre all’affinità tintoriale riconosciamo il nucleo il citoplasma e le inclusioni nucleari (nucleoli) e citoplasmatiche. La maturazione avviene normalmente con un aumento di volume delle cellule (ricordo che le staminali sono piccole) e una diminuzione del rapporto nucleo-citoplasma, una maturazione del pattern della cromatina che da dispersa ed ampia diviene azzollata, e le caratteristiche citoplasmatiche sono in genere basofile nelle cellule immature ed acidofile nelle cellule mature. I megacariociti maturano, da promegacariocita a megacariocita a maturità intermedia a megacariocita maturo segmentato per la piastrinopoiesi. Tra le varie caratteristiche di forma oltre alla rima nucleare (nucleo rotondo, ovale, lobato) valutiamo anche la eccentricità del nucleo (nella serie eritroide il nucleo è centrale, nella serie mieloide granulocitaria lateralizza, nel megacariocita è eccentrico). Ad esempio i blasti mieloidi hanno una rima nucleare di tipo angolato. Se trovo dei CENTROCITI nel sangue periferico, certo uno solo non è significativo, si tratta di linfociti molto piccoli con pochissimo citoplasma e nucleo a chicco di caffè, se ne trovo diversi ho il marker morfologico e diagnostico del linfoma follicolare, cellule che sono all’interno dei follicoli assieme ai linfoblasti. Così le mast cells, posso trovarne una e il reperto è normale, posso trovarne un nido e sarò di fronte ad una MASTOCITOSI, sempre con i nuclei a chicco di caffè. Se vediamo nuclei con tantissime ripiegature sono detti nuclei cerebriformi che sono tipici dei linfomi cutanei come la micosi fungoide. Nel percorso fisiologico della mitosi i due nuclei delle cellule figlie non devono essere mai uniti, se c’è un ponte internucleare che può unirsi anche a sbilanciamento cromosomico questo è sempre patologico, siamo di fronte ad una displasia importante. Altri aspetti di displasia sono la segmentazione nucleare e la vacuolizzazione o vuoto citoplasmatico. Nel midollo devo saper identificare anche le cellule dello stroma che sono: i macrofagi, le cellule adipose, le cellule reticolari o stromali propriamente dette, gli osteoclasti che di solito sono pochi, se aumentano di numero questo è segno di rimodellamento osseo e può essere indice di metastasi al midollo osseo, gli osteoclasti sono macrofagi specializzati dell’osso, sono giganti e plurinucleati. Oggi anche gli strumenti sono in grado di contare le cellule in apoptosi, le cellule clonali vanno in apoptosi anche spontaneamente come accade per esempio nella leucemia linfatica cronica, le cellule muoiono attraverso il meccanismo della morte programmata che coinvolge fino al 98% delle cellule del nostro organismo, il citoplasma della cellula in apoptosi è integro neutre il nucleo è frammentato. Se invece la cellula è alterata per stress durante la preparazione e colorazione del vetrino avrà il nucleo integro ed il citoplasma danneggiato. L’aumento dell’apoptosi è un segnale indiretto di patologia già conclamata o in fase iniziale. L’emocromo è il primo step diagnostico della leucemia (citopenia o citosi). Dopo di che vado allo striscio e vedo i blasti che identifico tramite la citochimica, che sfrutta la capacità di alcuni enzimi di reagire con componenti specifici cellulari. Per esempio la perossidasi, le mast cells saranno perossidasi negative, le LGL, i linfociti granulati, anche, invece i neutrofili sono perossidasi positivi, screening per individuare una linea perossidasi positiva cioè mieloide dalle altre cellule. Però anche se la perossidasi è negativa non posso escludere che si tratti di una patologia mieloide molto poco differenziata (M0), in questo caso riesco a riconoscere il clone solo con l’esame citofluorimetrico. Vediamo una cellula gigante con nucleo bilobato e aree più scure che sono i nucleoli, si tratta di un linfoma di Hodgkin midollare, il 20% dei linfomi di Hodgkin hanno sede midollare, sono cellule a bassa frequenza di derivazione B. Vediamo ora un monomorfismo di popolazione con cromatina addensata quindi matura e con degli pseudonucleoli, si tratta di PROLINFOCITI, lo pseudonucleolo è in realtà una invaginazione, non c’è Rna transfer tipico dei nucleoli veri, siamo di fronte ad una leucemia linfatica cronica a prolinfociti, che esprimono antigeni della serie B. Sempre nel percorso di identificazione cellulare noi abbiamo le SPECIFICITA’ del CITOPLASMA: primo fra tutti se ci sono granuli o non ci sono granuli: in linea di massima la serie mieloide ha granuli, mentre l’eritroide e la linfoide non ne hanno, però ci sono delle eccezioni per esempio gli LGL, linfociti granulati, o globuli rossi con Hb instabile che precipita formando granuli. Inoltre guardiamo se le cellule sono singole o raggruppate, le cellule non devono mai essere raggruppate con l’eccezione degli osteoblasti che si trovano in piccoli nidi, nidi che aumentano nei casi di rimaneggiamento dell’osso e solo a quel punto possono essere sintomo di patologia, ma trovare un singolo nido è assolutamente normale. Guardiamo ora una cellula di grandi dimensioni con un rapporto nucleo citoplasma medio, con una cromatina aperta immatura e con un citoplasma poco differenziato blu, abbiamo detto che la basofilia è un sintomo di immaturità e dentro troviamo dei cristalli, i famosi corpi di Hower, che sono precipitati aghiformi mieloperossidasi positivi, in morfologia con colorazione citochimica questo è l’unico caso in cui faccio diagnosi immediata senza ulteriori indagini, si tratta di leucemia mieloide acuta. La salute è nell’eterogeneità, se in un campo ho monomorfismo questo è indice di patologia, se le cellule sono tutte uguali vuol dire che c’è stata un’espansione clonale. Osserviamo adesso grossi dismorfismi maturativi in pazienti trattati con fattori di crescita. Vediamo poi un monocita e un macrofago. L’ago aspirato è un esame citologico, studia la morfologia delle cellule, la biopsia ossea è un esame istologico che ci fa osservare l’architettura del midollo osseo, cioè come le cellule si dispongono tra zona trabecolare e perivascolare. Noi osserviamo tutti ago aspirati. Vediamo un macrofago di cui non riesco ad identificare i contorni del citoplasma, carico di detriti, in un midollo con eritropoiesi inefficace, che può avere cause genetiche,immunitarie o virali. Adesso vediamo l’immagine di un linfocita con tanti villi, marker morfologico della leucemia a cellule capellute. Vediamo adesso un linfoma di Burkitt, caratterizzato da blasti a citoplasma molto basofilo con vacuoli che contenevano materiale adiposo che si “squaglia” quando trattiamo il vetrino con l’alcool. Vediamo poi una metastasi di adenocarcinoma gastrico, con cellule a castone, chiare, che producono muco, con gocce di muco al loro interno. Vediamo poi un blasto di una leucemia monoblastica che ha la caratteristica di fagocitare i globuli rossi. Dopo questa carrellata di immagini patologiche, parliamo delle sindromi MIELODISPLASTICHE che sono patologie clonali, quindi leucemiche, ma a decorso molto lento,che derivano da una lesione molecolare o citogenetica evidente in un clone che alla fine ha il sopravvento. Il decorso è caratterizzato da step, anomalie maturative: appena fatta la diagnosi ho citopenia periferica con midollo ricchissimo, poi ho citopenia anche nel midollo, poi alla fine il clone anomalo ha il sopravvento ed ho evoluzione leucemica. Non c’è terapia risolutiva perché la lesione è a livello della cellula staminale alta. Nella classificazione delle leucemie quando ancora non si sapeva niente di genetica c’erano pazienti che all’improvviso stavano malissimo(febbre,petecchie, linfonodi ingrossati,emorragie) e morivano ed altri pazienti che avevano una malattia con esordio più graduale e sopravvivenza più lunga, anche se alla fine morivano lo stesso. Già da allora si parlava di leucemia acuta e leucemia cronica. Oggi noi sappiamo che alla leucemia è associata una lesione citogenetica, la prima ad assere trovata è stata l’associazione leucemia mieloide cronica col cromosoma philadelphia. In realtà oggi grazie alla conoscenza fisiopatogenetica sappiamo che nelle leucemie croniche e nelle sindromi mielodisplastiche la lesione genetica è a livello della cellula staminale alta, quindi è solo una questione di tempo, si va incontro ad un esaurimento cellulare, mentre nelle leucemie acute la lesione genetica è più a valle,ad un livello differenziativo più avanzato, per cui le cellule staminali sono sane. Ad esempio con la tecnologie e le terapie odierne la leucemia linfoblastica acuta dell’infanzia ha una percentuale di guarigione dell’80% mentre la leucemia mieloide cronica juvenil ha un tasso di mortalità invariato rispetto all’inizio. Se la lesione è alla staminale alta l’unica terapia non palliativa è il trapianto di midollo osseo. Oggi ci sono terapie basate sugli anticorpi clonali, che vanno a riconoscere le cellule malate estirpando il clone patologico prima di attuare il trapianto. Con le terapie attuali anche se non si riesce in alcuni casi ad evitare le crisi blastiche, si migliora sempre la qualità di vita dei pazienti ematologici. L’oncogenesi delle sindromi mielodisplastiche è multifattoriale, tale patologia ha avuto un boom negli ultimi anni, sono stati chiamati in causa l’inquinamento nelle città e l’alimentazione, in realtà le cause dell’aumento della frequenza di tale patologia sono l’aumento dell’età media della popolazione, l’affinamento e la precocità della diagnosi ovvero l’aumento delle diagnosi precoci, dai 45 anni in su, per esempio nei casi di anemie refrattarie a qualsiasi trattamento che si rivelano essere sindromi mielodisplastiche. Luna Angelini Marinucci P.S. anche questa fatica finalmente volge al termine… un saluto a tutti voi e un augurio di buono studio; anche se descrivere delle foto di cellule malate non è una delle massime aspirazioni della mia vita, spero di aver reso comprensibili le incomprensibili parole farfugliate dalla prof!!!Aloha