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LuganoInScena 2016/2017
Focus William Shakespeare
Il più grande drammaturgo di tutti i tempi, dopo 400 anni dalla sua scomparsa riesce ancora a
sorprenderci per l’attualità dei suoi testi, per la capacità e la profondità di scavo nell’essere umano.
Tragedie, commedie, drammi storici, tre appuntamenti per ricordare, parola del Bardo, che il teatro è il
grande palcoscenico del mondo.
COME VI PIACE
di William Shakespeare, regia di Leo Muscato
MACBETH
di William Shakespeare, regia di Franco Branciaroli
GIULIO CESARE. PEZZI STACCATI
intervento drammatico su William Shakespeare
ideazione e regia di Romeo Castellucci
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COME VI PIACE
di William Shakespeare
traduzione e adattamento di Leo Muscato
regia di Leo Muscato
con (in ordine alfabetico): Eugenio Allegri, Matteo Baiardi, Giulio Baraldi, Dario Buccino, Vittorio
Camarota, Michele Di Mauro, Marco Gobetti, Mariangela Granelli, Daniele Marmi, Silvia Giulia
Mendola, Laura Pozone e Beatrice Vecchione
scene Federica Parolini
costumi Vera Pierantoni Giua
luci Alessandro Verazzi
musiche originali Dario Buccino
consulenza sonora Gup Alcaro
assistente alla regia Alessandra De Angelis
assistente scenografa Eleonora De Leo
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
in collaborazione con l’Estate Teatrale Veronese
Ma 29.11.2016 ore 20:30
Me 30.11.2016 ore 20:30
Sala Teatro
“Come vi piace” (As You Like It) è una fra le commedie più amate e allestite in tutto il mondo, forse
perché è fra le più poetiche e divertenti che William Shakespeare abbia scritto. Eppure in Italia è fra
le meno rappresentate, forse a causa di un certo pregiudizio letterario che l’ha relegata al genere
pastorale. Invece qui Shakespeare riesce a creare un luogo in cui tutto può accadere, e dove l’ilarità
prende il sopravvento su ogni cosa. Ed è a partire da questo presupposto che il regista Leo Muscato
ha realizzato la propria versione della commedia, un omaggio al drammaturgo inglese a 400 anni
dalla morte.
L’opera inizia con dei fatti che sembrano preludere a tutt’altro: due fratelli si picchiano a sangue per
questioni di soldi ed eredità; uno di loro inizia anche a tramare per la morte dell’altro. Un Duca amato
da tutti viene spodestato e messo al bando da un suo fratello tiranno e usurpatore. A Corte, adesso,
ci si diverte con combattimenti durante i quali un lottatore spezza le ossa ai suoi avversari, riducendoli
in fin di vita. Per gli oppressi, la sola speranza di salvezza è la fuga: scappare a qualunque costo e il
più rapidamente possibile. Sembrerebbero premesse per una tragedia, ma improvvisamente, l’azione
prende una piega completamente diversa, perché chi fugge, approda nella Foresta di Arden. E qui
inizia la meraviglia. Arden è un luogo leggendario, uno spazio al di fuori del mondo, qualcosa di più
dell’ambiente nel quale si svolge la più mozartiana delle commedie di Shakespeare. È il miglior luogo
in cui intrattenersi in Shakespeare. È uno spazio della fantasia, dove ogni cosa allude a un mondo
alla rovescia, dove tutto è arbitrario, e molto spesso, contraddittorio. Si ha la sensazione che lì dentro
sia tutto plausibile, compreso avere una pecora come amica del cuore. Ma dietro un’apparente
spensieratezza, si nascondono tematiche che rendono quest’opera una fra le più politiche che
Shakespeare ci abbia regalato. E Shakespeare, attraverso le parole di Jaques, sembra un attivista
delle politiche ambientali ante litteram: “Cacciando gli animali, voi esercitate gli stessi soprusi e
provocate danni maggiori di quelli causati dal vostro malvagio fratello che vi ha spodestato con la
forza”.
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MACBETH
di William Shakespeare
traduzione di Agostino Lombardo
regia di Franco Branciaroli
con Franco Branciaroli e Valentina Violo
e con (in ordine alfabetico) Tommaso Cardarelli Enzo Curcurù, Stefano Moretti, Fulvio Pepe, Livio
Remuzzi e Giovanni Battista Storti
scene Margherita Palli
costumi Gianluca Sbicca
luci Gigi Saccomandi
produzione CTB Centro Teatrale Bresciano – Teatro de Gli Incamminati
Ma 06.12.2016 ore 20:30
Me 07.12.2015 ore 20:30
Sala Teatro
Il “Macbeth”– afferma il regista Franco Branciaroli – inizia da un mondo esterno in guerra, dove
caratteristiche come efferatezza e sete di sangue, al pari del coraggio, sono ritenute virtù, in quanto
preservano il mondo interno della corte, una società patriarcale civilizzata regolata da leggi divine. La
violenza che si applica all’esterno non vale per l’interno, altrimenti tutto salta e tra il dentro e il fuori
non c’è più differenza, tutto diventa guerra. Macbeth a un certo punto sceglie di portare la violenza
all’interno e a questo si somma il fatto che anche la Lady, la sua parte femminile, si snatura e prende
caratteristiche maschili: allora il caos è totale. Macbeth viene infatti “sedotto” all’ambizione dalle
streghe, che storicamente rappresentano la minaccia al mondo patriarcale, e indotto all’assassinio da
sua moglie, che viola il suo ruolo sociale di donna agendo come agirebbe un uomo. Al caos generato
da donne che sono uomini (ovvero da una natura femminile perversa) solo un “non nato di donna”
potrà porre fine. Ma il dramma è ancora più complesso e tremendo: Macbeth, uccidendo il re, simbolo
del padre e del divino, uccide la sua stessa umanità ed entra in una dimensione di solitudine dove
perde tutto, amore, ragione, sonno, scopo di vivere. In più, la sua vittoria è sterile perché non ha eredi,
e questa sua rinuncia alla sua umanità servirà solo a passare il trono al figlio di un altro. Il “Macbeth”
è la tragedia del male dell’uomo, della violazione delle leggi morali e naturali. Intorno all’inquietante
parabola di seduzione dell’anima al male pulsa l’enigmatico cuore di questa tragedia.
Con il sostegno della Clinica Luganese
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GIULIO CESARE. PEZZI STACCATI
intervento drammatico su William Shakespeare
ideazione e regia di Romeo Castellucci
con Dalmazio Masini, Sergio Scarlatella e Gianni Plazzi
assistenza alla messa in scena Silvano Voltolina
tecnica Andrea Melega
produzione Socìetas Raffaello Sanzio
in collaborazione con il Festival Cinergia
Me 25.01.2017 ore 19:00, ore 21:00
Gi 26.01.2017 ore 19:00, ore 21:00
Sala Teatro
Un vero dramma della voce alle prese con il potere retorico della parola, che invera il conflitto tra
padri e figli, tra nuclei opposti e il processo che se ne genera.
“Tornare a Giulio Cesare, spettacolo della Socìetas Raffaello Sanzio andato in scena per la prima volta
nel 1997, non significa assecondare la nostalgia o la seduzione dell’autocitazione. I discorsi di
“…vskij” e Marco Antonio si fronteggiano ora come due nuclei vivi. Sono pezzi staccati come qualcosa
che si riferisce a un tutto ma che, al contempo, lo supera in funzione. […]. Da un lato il personaggio di
“…vskij” – allusione a uno dei padri fondatori del teatro occidentale – inserisce una telecamera
endoscopica nella propria cavità nasale fino alla glottide, proiettandone l’immagine su uno schermo
circolare: visualizza così il viaggio a ritroso della voce fino alla soglia delle corde vocali, come a
mostrare la carne della parola. Dall’altro, un attore laringectomizzato pronuncia l’orazione funebre di
Marco Antonio per Giulio Cesare: il picco retorico del dramma si rinnova in una foniatria sgolata, la
sola capace di sopportare il discorso, perché letteralmente parlata da una “ferita”.” (Piersandra Di
Matteo, teorico di teatro contemporaneo)
4/4