DON LUIGI STURZO E LA QUESTIONE MORALE
Venezia 30 Novembre 2010
Desidero porgere un cordiale saluto a tutti i presenti in modo particolare al
confratello S.E. Mons. Beniamino Pizziol al direttore dell’Ufficio della Pastorale
Sociale Mons. Fabiano Longoni , al vicedirettore don Marco De Rossi e al dr. Maurizio
Padovan.
Sono contento di poter parlare nella diocesi di Venezia legata alle origini
dell’Opera dei Congressi di don Luigi Sturzo, che mosse i suoi primi passi nel
movimento cattolico aiutato da alcuni esponenti dei movimento cattolico veneto come il
Conte G.B. Paganuzzi, i fratelli Scotton, don Luigi Cerutti.
1. La Questione morale
La cosiddetta “questione morale” si pone oggi dappertutto con tutte le sua
ambivalenze anche nell'opinione pubblica.
Nel giugno del 1987 Norberto Bobbio scriveva su “La Stampa” un articolo dal
titolo “Corrotti ed eletti”, dove faceva notare che i partiti che avevano fatto della
questione morale l'oggetto principale della campagna elettorale non erano stati affatto
premiati, mentre partiti e candidati che non se ne erano affatto curati erano stati
abbondantemente premiati.
Nel sollevare questa questione si parte per lo più dall'esperienza più o meno
ampia della corruzione negli affari pubblici e nella pubblica amministrazione.
Corruzione e clientelismo sono fenomeni di sempre, che si accentuano
soprattutto nei momenti di grave decadenza civile e nelle fasi di trapasso sociale e
culturale, ma essi hanno assunto in Italia proporzioni quantitative e caratteri qualitativi
inediti. La rete della corruzione si è estesa dall'ambito della vita pubblica (si pensi alle
istituzioni politiche ed amministrative), a quello del lavoro, della professione, del
commercio, fino a toccare la stessa vita privata e i rapporti interpersonali. Accanto
alle strutture di potere ufficialmente riconosciute vengono consolidandosi forme
occulte di potere quali la massoneria, la mafia, la camorra, la 'ndrangheta mentre, a
livelli meno eclatanti si assiste allo sviluppo della logica perversa della
raccomandazione e della bustarella come vie considerate ineluttabili per ottenere
favori o anche per far valere i propri diritti. Rispetto a questo fenomeno c'è stata la
reazione da parte della magistratura e dell'opinione pubblica definita "tangentopoli", ma
pare che la corruzione anche se in forme più larvate non sia finita.
Ciò che impressiona ed allarma è lo stato diffuso di acquiescenza e di
rassegnazione passiva di fronte a fenomeni gravi dal punto di vista morale. Da un lato ci
si scandalizza per le manifestazioni di corruttela presenti nella classe politica, ma
dall'altra si concorre ad alimentarle mediante il ricorso sistematico al clientelismo
quando si tratta di affermare i propri interessi, anche a scapito di quelli degli altri.
C'è un diffuso senso di disagio tra la gente nei confronti della politica e della sua
gestione, che appare spesso guidata da criteri clientelari o di mera spartizione del
potere. La politica oggi è malata. E questa malattia ha sintomi evidenti: la caduta delle
motivazioni ideali, il rinascere di atteggiamenti qualunquistici: il rifiuto delle
responsabilità politiche che spesso diventa vero e proprio assenteismo; il rinascere di
egoismi corporativistici; la criminalità organizzata e i suoi legami , più o meno subdoli,
col mondo politico e della pubblica amministrazione.
Il segno più grave di questo malessere sociale è la crescente perdita di credibilità
dei partiti e delle istituzioni pubbliche.
La gente non si sente più rappresentata dai partiti ed avverte che il distacco
col palazzo è sempre più profondo.
2 Etica e politica
La questione morale ripropone il problema del rapporto fra etica e politica.
Il problema suppone che i due termini siano separabili, due “regioni
autonome”. Ci si chiede: hanno rapporti queste due ragioni autonome? Possono averli?
Devono averli? Come devono averli? Il rapporto fra etica e politica oggi è in crisi.
Viviamo nell'epoca moderna che ha teorizzato che tutte le esperienze della vita umana
(politica, scienza, economia, diritto...) sono separabili dalla morale.
La politica tratta della finalità e dei mezzi per la gestione della cosa pubblica.
La politica tratta degli “interessi” di singoli e di gruppi ma tende ad
universalizzarli cioè tende a chiedersi se quel singolo interesse è accettabile dal punto di
vista del bene comune. La politica deve generare una cultura civile cioè la cultura che fa
decidere dei fatti pubblici in modo pubblico, mentre invece le mafie, la massoneria e il
clientelismo tendono a discutere i problemi pubblici in modo privato e a decidere in un
modo non controllabile da coloro che sono al di fuori della cerchia degli amici.
Il rapporto fra etica e politica è complesso, arduo, difficile perché mette in
relazione due realtà dinamiche e problematiche.
La morale non è un ordine astratto dato una volta per tutte, ma una continua
ricerca, una “sete di giustizia”. Anche la politica è una realtà che deve misurarsi colla
complessità della varia realtà storica.
Due posizioni opposte nel mettere in relazione etica e politica sono:
1. Il realismo politico per il quale la morale è qualcosa di idealistico e di irreale, che
serve solo a perturbare la politica. Secondo questa posizione la morale ha ragione di
esistere solo nell'ambito privato, mentre non ha senso parlare di un'etica pubblica.
Realisticamente bisogna dire che la politica non può essere conciliata con l'etica: essa ha
le sue leggi e non può avere preoccupazioni morali.
2. Secondo il moralismo politico invece visto che la politica e la morale sono
inconciliabili e che bisogna dare il primato alla vita morale allora bisogna rifiutare
decisamente la politica vista come qualcosa di sporco e di cattivo.
3. Tra queste due posizioni estreme esiste la posizione di chi crede che occorre
impegnarsi nella vita politica anche se si tratta di un compito arduo cercando di vivere
questo impegno alla luce dei principi morali, senza separare l'etica individuale da
quella sociale, e come conseguenza della propria fede.
La visione cristiana della vita mette in discussione la pregiudiziale separazione
tra etica e politica in quanto non esistono atti indifferenti.
Nella comprensione cristiana di una vita buona basata sulla virtù , il vero, il bene
il giusto,il bello sono dimensioni irrinunciabili dell'agire morale.
3. Moralizzazione della politica
La rinascita della politica deve passare attraverso una rifondazione etica della
politica che ridisegni il quadro dei valori e degli ideali, se non vuole ridursi a mero
affarismo.
Il vero problema di oggi è la perdita di una cultura politica e di un’etica della
politica.
Che significa in concreto parlare di moralità della politica ?
La moralità degli uomini politici è un fatto essenziale per restituire valore ideale
all'impegno politico e trasformarlo in vera e propria “carità politica”, ma e necessario
restituire trasparenza anche alle istituzioni pubbliche che appaiono inefficienti ed in
balia di burocraticismi esasperanti oltre che di squallide lotte di parte, mentre le
pubbliche istituzioni sono chiamate a tutelare il bene comune al di sopra degli interessi
di parte.
La questione morale, che si pone in modo urgente per gli uomini politici e per le
istituzioni passa necessariamente attraverso un rinnovamento della coscienza civile dei
cittadini, che devono prendere coscienza delle responsabilità' politiche.
Il discorso etico riguarda essenzialmente le persone più che le strutture. E’ alle
persone dunque che dobbiamo riferirci ogni volta che intendiamo parlare di
responsabilità morale.
Appare irrinunciabile la riproposizione dell’imperativo morale della politica per
non ridurre la politica a pura tecnica di gestione del potere o a semplice mediazione
degli interessi soggettivi, staccata da ogni valutazione morale, la politica - spettacolo
fondata sul culto di alcune personalità ritenute carismatiche.
La politica per noi cristiani ha bisogno di “redenzione”: essa deve entrare
nell'alveo della liberazione portata da Cristo.
La questione morale presuppone il rapporto fra morale e vita teologale vissuta
nella fede, speranza e carità.
La moralizzazione della vita pubblica presuppone una retta concezione del
rapporto fede-storia, fede politica.
4. Il rapporto morale e politica in don Luigi Sturzo
Venendo al tema di oggi affrontiamo questo problema a partire dalla vita e dal
pensiero di don Luigi Sturzo, che ha che ha avuto una concezione profondamente
morale della vita politica , ha vissuto una spiritualità incarnata nel contesto sociale del
suo tempo ed ha esercitato la sua carità pastorale attraverso un impegno culturale,
sociale e politico d'ampio respiro.
Di fronte a questa cruda realtà della corruzione nella vita pubblica e alla
separazione fra morale e politica don Sturzo non si rifugia in sagrestia, non considera la
politica tout court una “cosa sporca”, non ha paura di frequentare le piazze e le strade, i
municipi e i ministeri, ma si impegna, rischiando di persona, per dare speranza al
popolo umiliato e offeso attraverso una profonda riforma morale fondata
nell’educazione delle nuove generazioni ai principi cristiani della giustizia e dell'amore,
che per lui non sono dei principi astratti ma dei valori concreti che i cristiani, trasformati
dall'incontro con Cristo, hanno il compito di realizzare nella società.
La sua testimonianza di vita convalida ed integra il suo insegnamento.
Ecco come nell'opera Politica e Morale egli descrive la storia della sua
vocazione politica:" Quando ero professore di filosofia e di sociologia nel seminario
maggiore di Caltagirone un gruppo di operai si rivolse a me. Giacchè combattevo
l'usura con le cooperative, giacchè mi occupavo della formazione dei fanciulli e dei
giovani, perché non mi sarei occupato anche dell'educazione civica dei lavoratori?"
Egli pose come condizioni quelle di liberarsi dal "commercio dei voti elettorali e
dagli odi di partito" e quella di acquistare "tutti una personalità civile e morale".
"I risultati furono tali che mi convinsero- commenta Sturzo- che le masse sono
educabili e che il popolo può esercitare il potere[…] e che ogni educazione morale della
vita pubblica deve appoggiarsi su una solida concezione della politica; agire
diversamente è costruire sulla sabbia." 1
Sturzo afferma due principi che lo sostennero sempre nella sua attività politica: la
stima del popolo che è educabile alla moralità della politica e la necessità di una buona
teoria per una prassi politica corretta.
Del rapporto fra morale e politica Sturzo tratta in tutti i suoi scritti a partire dai
primi articoli che il giovane sacerdote pubblicava sul giornaletto da lui fondato a
Caltagirone "La croce di Costantino". Una trattazione più specifica di questo tema la
affronta in sue due opere teoretiche: "Politica e Morale" del 1938 e Coscienza e Politica
del 1953.2
Sia la moralità come la politica per Sturzo rientrano nella sfera della
coscienza intesa come atto che unisce la conoscenza razionale con l'azione libera.
Sturzo afferma l'assolutezza dei valori morali ma insiste anche sulla
impoliticità della immoralità politica. Per lui l'economia e la politica, senza morale, sono
sempre antieconomiche ed impolitiche.
Sia la politica che l'economia per Sturzo sono intrinsecamente sociali, perciò
razionali e morali. Il fine della politica consiste nel bene comune che per essere a
vantaggio di tutti non può prescindere dal bene morale. Per Sturzo non esiste il dilemma
fra l'utile e il bene perché quando l'utile è veramente l'utile di tutti esso coincide con il
bene di tutti cioè con il bene comune.
1
L.STURZO, Politica e Morale(1938), Bologna 1972,97-98.
Ambedue sono pubblicate nel vol.IV dell'Opera Omnia:L. STURZO, Politica e Morale(1938); Coscienza e
Politica(1953), Bologna 1972.Cfr. a proposito, A.DI GIOVANNI, Per una coscienza morale della politica,, in AA.Vv., La
presenza della Sicilia nella cultura degli ultimi cento anni, vol.II, Palumbo, Palermo 1977,952-985;A. PARISI, Solidarietà
e bene comune nel pensiero di Luigi Sturzo .Dimensioni etiche di un progetto socio-politico, Ed .Dehoniane, Roma1999.
2
Per don Sturzo la moralità presuppone la maturazione di una coscienza che deve
essere educata , illuminata , formata dalla riflessione razionale in un clima di libertà per
discernere con convinzione e con sicurezza il bene dal male.
In uno dei suoi primi discorsi ai giovani di Azione Cattolica disse: “crescete nella
virtù, a voi verremo per avere amministratori, retti professionisti, ferventi cristiani.
Virtù, sapere, zelo, ecco il nostro augurio, il nostro desiderio, il nostro supremo
interesse. Cominciate sin da ora e a voi toccherà la sorte di tempi migliori».3
Nella necessaria socialità dell'etica umana e nella necessaria eticità della civiltà si
inserisce per don Luigi Sturzo il ruolo della religione in genere e del cristianesimo in
particolare.
Nel discorso per l’inaugurazione della prima cassa rurale a Caltagirone nel 1897
don Sturzo diceva:”Tolto di mezzo nelle relazioni dell’uomo con Dio e con la famiglia il
decalogo, è necessità che venga meno anche nelle relazioni con la società. E il settimo
non rubare deve cadere quando è tolto il primo:adorerai il Signore Dio tuo; non avrai
altro Dio avanti di me”4.
In un articolo del 1935 pubblicato su un giornale di Friburgo a proposito della
morale internazionale scrisse:” Il cristianesimo è l’anima della vera moralità; senza di
esso non si potrebbe nemmeno realizzare ed applicare quella che si chiama morale
naturale”5
Questi valori si basano sul presupposto che il cristianesimo è un messaggio di
salvezza che si incarna nella storia , si rivolge a tutto l'uomo, influisce positivamente
nella vita morale sia privata che pubblica .
5. La carità e la giustizia cardini della morale nella vita politica
Nella concezione cristiana vanno coniugati insieme autorità e libertà, giustizia e
carità, anzi la carità diviene il cardine della vita morale e quindi anche della vita politica.
La carità, intesa come virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e
il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio costituisce il principio unificante
dell'attività pastorale in campo sociale di don Sturzo, che risente dell'influsso del
magistero di Leone XIII. La Rerum Novarum si conclude con un solenne richiamo alla
carità "signora e regina di tutte le virtù". Il Papa parla della "carità cristiana che
compendia in sé tutto il Vangelo" come del "più sicuro antitodo contro l'orgoglio e
l'egoismo ".
Luigi Sturzo sentì come una sua missione quella di introdurre la carità
nella vita pubblica nella convinzione che la carità cristiana non può ridursi solo alla
3
L. STURZO, Dell’educazione della gioventù all’Azione Cattolica, in ID., «La Croce di Costantino». Primi scritti politici e
pagine inedite sull’Azione Cattolica e sulle autonomie comunali, a cura di G.DE ROSA , Edizioni di Storia e letteratura, Roma
1958, 11.
4
LSTURZO, Per la solenne inaugurazione della Cassa Rurale di prestiti San Giacomo, Caltagirone 3 gennaio 1897, ora in
ID., Scritti inediti, vol.I, Cinque Lune, Roma 1974,41.
5
ID., La morale internazionale in “La Libertè” 20 dicembre 1935 ore in ID, La Vera Vita. Sociologia del
Soprannaturale,Zanichellli, Bologna 1960,279.
beneficenza o all'assistenza ma deve essere l'anima della riforma della moderna società
democratica nelle quale le persone sono chiamate a partecipare responsabilmente alla
vita sociale per realizzare il bene comune. La carità cristiana, per Sturzo non può essere
dissociata dalla ricerca della giustizia la quale è determinata dall'amore verso prossimo,
che a sua volta è generato dall'amore verso Dio. Da queste premesse Sturzo concepirà la
politica come dovere morale e atto d'amore. L'amore considerato come il cemento che
dà coesione e armonia alla vita sociale non sopprime per Sturzo la dialettica politica, ma
la corregge, la eleva e la perfeziona.
Don Luigi Sturzo concepì la sua attività sociale e politica come esigenza e
manifestazione dell'amore cristiano strettamente collegato con la giustizia ,considerato
non come un valore astratto ,ma come il principio ispiratore dell'azione concreta.
Nell'articolo Il nostro programma pubblicato su La Croce di Costantino del 16
dicembre 1900 scrive:
"(...) non basta che la società umana si fondi sul diritto e sul dovere: vi è qualche altra
cosa che rende belli l'uno e l'altro, ed è l'amore fraterno.
Tutti dobbiamo amarci come fratelli, e questo amore, consacrato e nobilitato dalla
religione cristiana, ci fa non solo rispettare i diritti altrui e osservare i nostri doveri, ma
anche comunicare agli altri i nostri beni fino al sacrificio.
Il male è che per la cattiva natura non si vogliono riconoscere i diritti degli altri e
osservare i nostri doveri; e che invece di amarci, spesso ci invidiamo e inganniamo.
E quando questo male diviene un fatto sociale, …si arriva ,come è oggi, all'oppressione
sistematica ,costante, legale dei deboli e dei poveri da parte dei forti e dei ricchi.
Ci vuole pertanto un mutamento nella società, animato dalla religione, che riconosce e
santifica i diritti e i doveri di tutti e benedice come primo comandamento l'amore 6.
L'amore di Sturzo per i poveri non è un epidermico sentimento di filantropia, ne
dettato da un superficiale sentimentalismo, ma è un amore consapevolmente cristiano
che è fondato come scrive lo stesso Sturzo: sulla "fratellanza comune per la divina
paternità".
L'amore cristiano per Sturzo non è però dissociato dalla ricerca della giustizia .
Ai " rimedi empirici di una carità mal intesa" nel senso della beneficenza , egli
sostituisce l'impegno per la giustizia:
"Occorre invece giustizia -scrive nel saggio Conservatori cattolici e democratici cristiani
6
L.STURZO,Il nostro programma.Ai lavoratori italiani, in ID. "La Croce di Costantino".Primi scritti
politici e pagine inedite sull'azione cattolica e sulle autonomie comunali, a cura di G. DE ROSA,
Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1958, 60.
pubblicato nel 1900 - , perchè nella sproporzione attuale fra gli individui e la società
sono stati violati i diritti che sorgono dalla civile convivenza ,lasciando gli individui in
balia di sé stessi, lottanti in una lotta diseguale per avere un posto meno infelice
nell'umana società.
La carità cristiana, l'amore del prossimo sarà l'anima di tutta la riforma sociale,
aggiungendo quello che non appartiene alla giustizia, ma è solamente esplicazione di
una vita cristiana. Però, per l'ordine sociale violato occorre anzitutto la giustizia
riparatrice"7.
Sturzo preferisce parlare di "amore" piuttosto che di "carità" per evitare la riduzione
della carità alla beneficenza secondo un'accezione ancora oggi comune.
Per ristabilire la giustizia nella società il popolo ha, secondo Sturzo, diritto alla
rivendicazione della giustizia attraverso l'organizzazione politica e la difesa giuridica dei
suoi legittimi interessi violati.
La funzione sociale del cristianesimo consiste , per il prete calatino, nel
richiamare sia i capitalisti che i lavoratori al principio della giustizia e ai loro doveri
morali per superare la logica, basata sulla sopraffazione del più forte, presente nella
società moderna:
" Invocar la religione è invocare la giustizia; e la giustizia è bilaterale. Il dovere delle
classi borghesi e capitaliste è quello di venir in aiuto alle classi lavoratrici e di cessare
lo sfruttamento individuale e sociale; il dovere delle classi lavoratrici è quello di
osservare i giusti patti, di rispettare l'ordine sociale, di non violare l'altrui proprietà"8.
Egli quindi non solo non dissocia la carità dalla giustizia ma collega queste due
virtù. In una conferenza ,tenuta il 25 maggio 1902 al circolo cattolico di Palermo e
ripetuta un anno dopo a Torino, egli dice:
"La giustizia(...)è una virtù basata sopra un principio fondamentale della natura umana,
precisato e determinato dai rapporti che ci legano ai nostri simili, l'amore del prossimo
;il quale amore, nella sua ragione intrinseca, non è utilità che viene da noi, non è
simpatia di sentimento, non attrazione di cuori, ma uguaglianza di natura razionale, di
principio e di finalità che ha necessario rapporto con Dio; l'amore di Dio genera l'amore
del prossimo".9
7
L.STURZO, Conservatori e democratici cristiani, in ID.Sintesi Sociali.L'organizzazione di classe e
le unioni
professionali. Scritti pubblicati su "La Cultura
Sociale"(1900-1905), Zanichelli,
Bologna 1961,202.
8
IL CROCIATO,Religione e movimento operaio., Giustizia e
settembre 1901, 1.
9
Carità, in La Croce di Costantino, 1
ID.,La democrazia cristiana nel pensiero e nella vita.Per il 15 Maggio, Palermo 1902, ora in Sintesi
sociali,cit.,16.
Nella stessa conferenza Sturzo addebita la responsabilità di una concezione
della società basata sull'egoismo alla privatizzazione della religione e all'esclusione della
morale cristiana dalla società:
" Non è meraviglia se la società oggi non si adagia in nessuno dei partiti che spiegano la
bandiera della giustizia sociale: la giustizia nella sua essenza manca.
Manca, perché manca l'amore del prossimo; e questo non vi è perché manca l'amore di
Dio; e l'amore di Dio non vi è nè vi può essere, perché della religione si è voluto fare un
rapporto solamente privato di coscienza, e non sociale; la religione è stata esclusa dalla
società"10.
Per Sturzo la giustizia è precisata e determinata dall'amore verso prossimo, che a
sua volta è generato dall'amore verso Dio.
Il compito di "informare" cristianamente la vita sociale e politica, per Sturzo ,
appartiene soprattutto ai laici cristiani che ,attraverso il proprio impegno vissuto attuano
gli insegnamenti sociali della Chiesa, elaborando una sintesi creativa fra fede e storia,
che trova il suo fulcro nell'amore naturale vivificato dalla grazia divina:
"La parola della Chiesa non rimase infruttuosa; essa non è solo principio di
conoscenza, è principio di azione; essa desta nel cuore dei credenti la fiamma del
sacrificio, essa anima le nostre aspirazioni e le nostre lotte, essa ci guida e ci sorregge,
parchè divina è la sua virtù.
E spetta a noi attuare quegli insegnamenti nel vorticoso succedersi dei tempi e nel
contrasto violento dell'attività umana. Noi cristiani e cittadini e uomini del nostro tempo
,chiamati per dovere di coscienza a scendere nel campo delle lotte pubbliche di pensiero
e di azione, dobbiamo portarvi quell'elemento positivo che la chiesa ci dà, che la ragione
illuminata dalla fede ci suggerisce, che l'amore naturale vivificato dal divino, ci impone
affinché nel cozzo dei fatti umani ,che dipendono dalle nostre libere forze e dal nostro
costante lavoro, possano la verità e il bene concretizzarsi nelle forme sociali e prevalere
nello svolgimento della storia".11
Don Sturzo preciserà in una delle sue più famose opere della maturità che la
carità va intesa non nel senso della virtù morale della beneficenza, ma in quello della
virtù teologale della carità.
" I teologi -scriverà nell'opera La vera vita - ,guardando il carattere dell'obbligazione
dei nostri rapporti verso il prossimo ,distinguono quel che è dovuto per giustizia da quel
che è dovuto per carità; l'analisi porta ad una differenziazione fra le due virtù ,ma in
questo caso, la carità non è presa nel suo valore universale di amore soprannaturale a
Dio e al prossimo(incluso sè stesso come parte della figliolanza divina);ma come virtù
morale di fare del bene agli altri(beneficenza). I laici han preferito alla parola carità(in
senso stretto) quella di filantropia, per togliervi il senso tradizionale cristiano. Da un
10
11
Ibidem, 17
ID.,La democrazia cristiana nel pensiero e nella vita,cit,in Sintesi Sociali,cit.,18.
punto di vista superiore e comprensivo ,ogni atto di bene verso il prossimo ,anche quello
dovuto per giustizia, deve essere animato dall'amore e quindi, oggettivamente parlando
,comprende la carità. La giustizia(non nel senso giuridico, ma in quello etico e
soprannaturale)è anche essa animata e vivificata dall'amore"12.
Parlando del rapporto fra religione e politica egli scrive:
Di grazia: - si chiede - che cosa è la politica? Non sarà certo il mestiere di gabbare
il prossimo (...). Quello no, non è politica.
La politica riguarda l’ordinamento sociale di una nazione, sia amministrativo, sia
economico, sia giuridico, riguarda i diritti e i doveri individuali e sociali, l'educazione,
la morale, la prosperità pubblica.
E’ certo che la religione, come tale, prescinde che uno stato sia monarchico o
repubblicano, rappresentativo o assoluto, che si armi o stringa alleanze.
Però, poiché la società terrena e la vita terrena sono ordinate a una società e a una
vita migliore, la celeste, la religione vuole e deve volere che diritto, leggi, educazione,
costumi, amministrazione siano fondati sulla moralità e sulla giustizia; e non solo che
non siano contrari, ma anche siano favorevoli allo svolgimento della dottrina e della
vita cristiana. Questa è la politica che fa la religione; essa vuole l'influenza del
cristianesimo nella vita pubblica delle nazioni; perché la vita e la coscienza pubblica
sono coefficienti dell'indirizzo della vita e della formazione della coscienza privata”
.13
In un articolo pubblicato nel 1925 Sturzo, in polemica con coloro che
sostenevano un" dualismo fra etica e politica, tra Vangelo e società umana" e limitavano
la "legge dell'amore" alla vita privata, scrive:"
"(...)la politica è per sè un bene: il far politica è ,in genere, un atto di amore per la
collettività; tante volte può essere anche un dovere per il cittadino.
Il fare una buona o cattiva politica, dal punto di vista soggettivo di colui che la fa,
dipende dalla rettitudine dell'intenzione, dalla bontà dei fini da raggiungere e dai mezzi
onesti che si impiegano all'uopo.
Il successo e il vantaggio reale possono anche mancare, ma la sostanza etica della
bontà di una tale politica rimane.
Così ragionano i cristiani di ogni tempo e di ogni paese. E con questo spirito ,l'amore
del prossimo in politica deve stare di casa, e non deve essere escluso come un estraneo:
nè mandato via facendolo saltare dalla finestra,come un intruso.
E l'amore del prossimo non consiste nè nelle parole,nè nelle moine:ma nelle opere e
nella verità".14
12
L.STURZO,La vera vita,cit.,78-79.
IL CROCIATO,Coscienza religiosa e coscienza politica, in
1900,1.
13
“La Croce di Costantino”, 7 ottobre
L.STURZO,Crociata d'amore, in “Il Cittadino di Brescia”, 30 agosto 1925,ora in La vera
vita,cit.,247.
14
Sturzo che aveva invitato ad iniziare "la crociata dell'amore nella politica",
rispondendo poi all'obiezione che l'introduzione dell'amore cristiano avrebbe dovuto
sopprimere la dialettica della vita politica, scriveva:"
"Qualcuno sorriderà a queste parole, pensando che anch'io sono un uomo politico; e
crederà che l'amore cristiano dovrebbe far cadere i partiti politici. Ma i partiti politici
rimangono ,quando sono prodotti di idee, di tendenze, di correnti e di interessi. Forse
l'amore fraterno sopprime le giuste accuse avanti ai tribunali, ovvero le controversie
scientifiche, o le discussioni perfino nei concili dei vescovi?
Il cristianesimo non sopprime la vita; la corregge, la eleva, la perfeziona. Si può essere
di partito diverso, di diverso sentire, anche sostenere le proprie tesi sul terreno politico o
economico, e pure amarsi cristianamente. Perchè l'amore è anzitutto giustizia ed
equità,è anche eguaglianza, è anche libertà, è rispetto degli altrui diritti, è esercizio del
proprio dovere, è tolleranza, è sacrificio".15
In un articolo, scritto durante l'esilio londinese nel 1938 e pubblicato in Nouvelle
Revue Théologique, Sturzo ritornava sull'argomento:
" Ricevendo una delegazione di giovani belgi,-scriveva- il Papa Pio XI diceva loro che
la politica bene intesa è una forma di carità. Questo principio è fondamentale in teologia
morale, per quanto esso non lo sia ,sfortunatamente, nella pratica, sia per quelli ,talvolta
i migliori, che si scansano dalla politica come da una cosa "sporca", lasciandola ai
cattivi(...);sia per quelli che, occupandosene, non si sentono più legati dalle leggi morali
con le quali sarebbe assai difficile, per essi, fare della politica come la fa tutto il
mondo(o meglio come la fa" il mondo").
Mi sembra necessario andare ancora più a fondo a ricercare fino a qual punto
l'esercizio della politica possa diventare un dovere di giustizia, e quando, più
generalmente,esso sia imposto dalla carità"16.
Dopo aver sottoposto a vaglio critico le nozioni classiche di giustizia legale,
distributiva e commutativa ed aver proposto di chiamare quella legale “giustizia
comunitaria”, egli così conclude: “L'idea di politica come partecipazione del cittadino
alla vita pubblica contiene due elementi: cooperare al bene comune nella misura delle
proprie forze (carità) e adempiere all'ufficio, all'incarico, al mandato del quale si è stati
investiti “giustizia comunitaria”.17
15
16
17
Ibidem,248-249
ID.,Politica e Morale,cit.,300.
Ibidem,302.
6. Educazione alla democrazia e formazione delle coscienze
Una impostazione corretta dell'impegno politico esige non la conflittualità ma
l'armonia fra politica e morale, che garantisce una società ordinata e una democrazia
autentica.
C’è una centralità della coscienza, nella riflessione e negli scritti di don Luigi
Sturzo (si pensi, ad es., a Coscienza e politica18), che esprime il bisogno di ritenere
come imprescindibile baricentro la persona umana. In questa visione, la coscienza è
concepita come centro dell’attività della persona per il suo compimento, nei suoi
dinamismi e nelle sue relazioni fondamentali, che ne consentono l’apertura alla
dinamica sociale, connotandone l’esperienza storica.
I principali punti cardini dell'antropologia sociale sturziana sono il primato della
persona sulla società, della società sullo Stato e della morale sulla politica, la centralità
della famiglia, la difesa della proprietà con la sua funzione sociale come esigenza di
libertà, l'importanza del lavoro come diritto e dovere di ogni uomo , la costruzione di
una pace giusta attraverso la creazione di una vera comunità internazionale.
Nel corso della nostra conversazione abbiamo sufficientemente dimostrato , come il
nucleo centrale dell'impegno socio-politico di don Luigi Sturzo , fondato sulla
convinzione dello stretto rapporto fra razionalità-coscienza-politica- socialità -civiltàreligione , sia nell'amore cristiano verso Dio e il prossimo strettamente collegato con la
giustizia.
Il riferimento all’impegno politico, caratterizzato dalla responsabilità per
l’affermazione dei principi ideali, nasce in don Sturzo da una ispirazione morale e
religiosa della politica, contro ogni istanza di pragmatismo e di potere.
Secondo Sturzo,«un problema morale è sempre al fondo di ogni problema politico»
che, come tale, «non può risolversi che dentro la logica della moralità».19
Priorità dell’ordine morale significa, infine, per Sturzo, non perdere mai di vista la
forza di questa sua semplice affermazione:«introduciamo l’autorità della morale nel sistema della politica, i valori della coscienza della vita privata nella vita pubblica e il
rispetto del prossimo nel dominio delle relazioni politiche ed economiche. Questa è vera
democrazia».20
«Formiamo le coscienze» è il titolo di un articolo di Sturzo del 13 luglio 1902,
apparso nel giornale “La Croce di Costantino”. La formazione delle coscienze, è
fondamentale nel suo pensiero e nella sua opera. Tale formazione si compie, come si è
detto, attraverso «la forza delle idee», le sole che garantiscono la priorità del piano etico
18
L. STURZO, Coscienza e politica, Bologna 1972
L. STURZO, Miscellanea londinese, vol. III, Bologna 1972, 72.
20
L. STURZO, Politica e morale, Bologna 1972, 72.
19
perché aiutano la persona a scoprire la propria identità e capacità di relazione verso il
compimento del suo finalismo esistenziale. Occorre formare«coscienze fatte tutte di un
pezzo nella vita pubblica e nella privata»;21
La formazione della coscienza individuale attraverso la forza delle idee è il primo
dei «due criteri radicali» che Sturzo propone. È necessario un secondo criterio: queste idee
devono possedere una «vitalità nuova»,22 ovvero devono esercitare fascino e interesse per
generare «slanci nobili di idealità».23
Diventa allora necessario contribuire, da parte di tutti i soggetti della vita sociale
organizzata, alla creazione di una mentalità che si riflette nelle strutture del vivere
collettivo, perché gli ideali che animano ogni organizzazione costituiscono il riferimento
essenziale in ordine alla educazione della coscienza. Si tratta un’impresa che «non è facile,
né formalistica»,24 che comporta una solida concezione della vita, privata e pubblica, in
tutti gli ambiti di riferimento, dal sociale al politico, dall’economico al culturale,
dall’amministrativo al giuridico, dal civile al religioso.
Sturzo concepì il popolarismo, sia in termini dottrinali che a livello politico, come
contributo e stimolo operativo orientato alla «educazione morale della vita pubblica».25
In un articolo del 1939, dal titolo “Lo spirito della democrazia scrisse: «I1
problema dell’educazione è fondamentale per la democrazia. Essa è necessaria in
democrazia […]».26 La vita politica concretamente deve essere ben articolata per
comprendere il senso della libertà e delle istituzioni democratiche, non teoricamente ma
“praticamente”, «quasi- scrive Sturzo- che si potesse parlare di educazione a camminare
senza camminare, o di imparare a nuotare senza entrare nell’acqua».27 L’educazione per
Sturzo deve essere integrale«un’educazione soltanto intellettuale o tecnica, senza
educazione dei sentimenti, è impossibile. […] L’educazione del cuore alla quale facciamo
appello […] poggia su valori morali permanenti, degni dell’uomo e in armonia con i
principi della cristianità».28Questa educazione si compie attraverso«una purificazione interiore e in un intenso amore della verità»29.
21
IL CROCIATO, Formiamo le coscienze, in «La Croce di Costantino», 13 luglio 1902, 1.
Cfr. L. STURZO, I cattolici e la provincia, in «La Cultura Sociale», n. 15, 1905, ora in appendice a ID., Sintesi sociali –
L’organizzazione di classe e le unioni professionali, Bologna 1961, 295. Ritorna più volte sull’argomento, mettendo in
evidenza come dalla «vitalità dei nostri ideali» dipenda la «spiritualità del nostro programma» (cfr. IL CROCIATO, Ancora per
le coscienze, in «La Croce di Costantino», 21-23 luglio 1902, 1).
23
Cfr. IL CROCIATO, Formiamo le coscienze, 1.
24
L. STURZO, La funzione economica dello stato secondo il «popolarismo», in ID., Del metodo sociologico…, 131.
25
L. STURZO, Politica e morale, 98.
22
26
L. STURZO, Lo spirito della democrazia, in «The Preservation of the Faith», dicembre 1939, ora in appendice a
ID., Politica e morale - Coscienza e politica, Bologna 1972, 331.
27
L. STURZO, Lo spirito della democrazia, 331-332.
28
29
Ibid., 332.
L. STURZO, La vera vita. Sociologia del soprannaturale, Bologna 1960, 56.
7. Alcune denuncie puntuali
Don Luigi Sturzo non si fermò a denuncie generiche e astratte, ma intervenne
spesso e puntualmente in alcuni nodi cruciali della storia del nostro paese con analisi
spietate, che non mancano di attualità.
L’impostazione critica di Sturzo contro la presenza della criminalità mafiosa e
delle sue connivenze con i mondi dell’economia, dell’amministrazione e della politica
emerge, in un articolo pubblicato il 21 gennaio 1900 sul periodico da lui diretto “La
Croce di Costantino” intitolato “Mafia”, in occasione del caso Notarbartolo. Scrive:”
chi ha seguito con attenzione il processo, vedrà come quest’ultimo è un effetto della
mafia, che stringe nei suoi tentacoli giustizia, polizia, amministrazione, politica; di
quella mafia che oggi serve per domani essere servita, protegge per essere protetta, ha i
piedi in Sicilia ma afferra anche a Roma, penetra nei gabinetti ministeriali, nei corridoi
di Montecitorio, viola segreti, sottrae documenti, costringe uomini, creduti fior d’onestà,
ad atti disonoranti e violenti Oramai il dubbio, la diffidenza, la tristezza, l’abbandono
invade l’animo dei buoni, e si conclude per disperare. Finchè vi era una magistratura da
potervisi fidare, incorrotta, cosciente dei propri doveri, superiore a qualsiasi influenza
politica, potevasi sperare,poco sì ma qualche cosa di buono. Ora nessuna speranza brilla
nel cuore degli italiani”. E aggiunge:” gli alti papaveri commettono all’ombra
concussioni, furti omicidi; e quando si è arrivati con l’acqua al collo, si tenta il
salvataggio. I giornali son pieni di fatterelli e fattacci della mafia siciliana[…]; son
lunghe narrazioni di imbrogli e sopraffazioni durati da un trentennio e più; con
l’appoggio di tutti i governi e
i ministeri. E’ la rivelazione spaventevole
dell’inquinamento morale dell’Italia, sono le piaghe cancrenose della nostra patria, la
immoralità trionfante nel governo”.30
Ecco cosa scrisse nel 1958 quel vecchio di ottantasette anni a proposito della
moralizzazione della vita pubblica, senza farsi eccessive illusioni ma neanche senza
un pessimismo disperato: “Una parola “moralizzare la vita pubblica”! Dove e quando
essa è stata mantenuta sulla linea della moralità? Non ieri, non oggi, non da noi, non dai
nostri vicini, non dai paesi lontani. Eppure è questa l'aspirazione popolare : giustizia,
onestà, mani pulite, equità. Che cosa è mai la concezione dello Stato di diritto se non
quella di uno Stato nella quale la legge prende il posto dell'arbitrio; l’osservanza della
legge sopprime l'abuso, la malversazione e la sopraffazione non restano impunite?
Bene facciamo come si fa nelle case; in primavera ed in autunno pulizia generale... E'
vero ci sporchiamo le mani, ma c’è l'acqua e il sapone a ripulirle più volte... Noi
vogliamo che lo Stato come ente responsabile della pubblica amministrazione, pur
facendo valere le proprie benemerenze, riveda le proprie colpe e si emendi... Lo Stato
non immunizza il male né lo tramuta in bene; fa subire ai cittadini gli effetti cattivi delle
azioni disoneste dei propri amministratori, governanti e funzionari, mentre produce
benefici effetti con la saggia politica e la onesta amministrazione.”
30
Lo Zuavo, Mafia, in “La Croce di Costantino”, 21 gennaio 1900,1.
Fra le altre denunzie circostanziate c’è questa: “Più grave (dell'assenteismo degli
impiegati soprattutto in certi carrozzoni inutili) è l’andazzo di molti uffici centrali e
periferici, statali e locali, per il disbrigo degli affari privati. Se nella mente dei cittadini è
penetrata l'idea che per avere disbrigato un affare occorre la bustarella, o la percentuale
per il premuroso intermediario, si deve concludere che le storielle circolanti di bocca in
bocca non siano tutte inventate... Che ci stanno a fare nei corridoi e nelle antisale dei
Ministeri e per le scale stesse certe persone che oramai gli uscieri conoscono? Perché
non tenere sgombri gli ambulacri? Anche nelle antisale delle banche si vedono certi
figuri ben noti ai funzionari... Per quando sto segnalando non vorrei dare l'impressione
che tutta l'amministrazione statale sia corrotta; farei torto al personale tradizionalmente
corretto e zelante; ma il sistema dei controllati -controllori, da me denunziato dieci anni
fa, vige ed è generalizzato... le promozioni a salti mortali... demoralizzano coloro che
contano sulla regolarità della carriera e sulla disciplina del personale. Per giunta la
differenza di stipendio fra il personale dei dicasteri statali e parastatali è tale da
ripercuotersi sul morale di tutta la classe impiegatizia e sulla stessa pubblica opinione.
Ciò spinge i più audaci e i più fortunati a darsi alla politica... L'anello di congiunzione
della partitocrazia con la burocrazia politicante e con il funzionarismo degli enti statali e
parastatali, che amministra miliardi senza rischio e senza corrispondente responsabilità,
è un incentivo allo sperpero, al favoritismo, alla inosservanza delle leggi, e rende
difficile qualsiasi retta amministrazione governativa.."
E concludeva: “Pulizia! Pulizia morale, politica e amministrativa, - solo così
potranno i partiti presentarsi agli elettori in modo degno per ottenere i voti; non mai
facendo valere i favori fatti a categorie e a gruppi; non mai con promesse personali di
posti e promozioni; ma solo in nome degli interessi della comunità nazionale, del popolo
italiano, della Patria infine, - perché la moralizzazione della vita pubblica è il miglior
servizio che si possa fare alla Patria nostra” .31( gennaio 1958) .
31
ID., Moralizzare la Vita Pubblica in “ Il Giornale d’Italia” 2 gennaio 1958, ora in Politica di questi anni(1957-1959),
Gangemi Editore, Roma 1998,159-162.
8 Conclusione
Don Luigi Sturzo in appendice all'opera "Coscienza e politica" afferma che la
politica è un arte che riescono ad esercitare solo poco artisti , mentre altri si
accontentano di esserne artigiani e molti si riducono ad essere mestieranti della politica.
Egli da politico vero anche se scomodo non manca di dare anche dei suggerimenti di
natura pratica a chi vuole apprenderne l'arte ed evitarne il mestiere. Il perseguimento del
bene pubblico non può essere separato dalle virtù individuali.32
Tra le virtù dei politici egli cita la franchezza, la sincerità, la fermezza nel sapere
dire anche i no, l'umiltà da cui scaturisce il senso del limite, il non attaccamento al
denaro e alla fama, la competenza, la progettualità politica , la capacità di
programmazione nel discernere i tempi politici, quelli parlamentari, quelli burocratici e
quelli tecnici.
La moralizzazione della vita pubblica è legata per Sturzo soprattutto ad una
concezione religiosa della vita da cui deriva il senso della responsabilità morale e della
solidarietà sociale.
L'amore considerato come il cemento che dà coesione e armonia alla vita sociale
non sopprime la dialettica politica, ma la corregge ,la eleva e la perfeziona sarà il motivo
ispiratore dell'attività e del pensiero di Luigi Sturzo,che cercò di realizzare una
“ortoprassi” cristiana della politica, basata su un corretto rapporto fra etica e vita
teologale.
Con la sua riflessione sui rapporti fra amore e giustizia in rapporto all'impegno
socio - politico egli mostra una concezione profondamente morale della vita politica e
sociale ispirata ai valori cristiani ed anticipa in questo campo le conclusioni del
magistero ecclesiastico e alcune riflessioni teologiche attuali.
Il nucleo essenziale del suo contributo mantiene, oggi più che mai, la sua validità e
proponibilità verso una promozione sempre più integrale dell’uomo entro un quadro di
riferimento etico, che Sturzo chiama «civiltà» e a cui piace associare l’attributo
«cristiana».
Si può allora comprendere come il card. Camillo Ruini, rifacendosi a quanto
affermò Giovanni Paolo II nel suo discorso all'Università di Palermo durante la sua
prima visita in Sicilia, nell'Editto col quale annuncia che è stato richiesto di dare inizio
alla causa di canonizzazione di affermi che don Luigi Sturzo è :" uomo di Dio, dotato di
grande impegno e di iniziative eccezionali, di carattere forte e dalla volontà tenace," che
nella piena fedeltà al suo carisma sacerdotale e nell'obbedienza costante alla Chiesa
"seppe infondere nei cattolici italiani il senso del diritto-dovere della partecipazione alla
cosa pubblica al servizio della verità e dei più deboli, mediante l'applicazione dei
principi della dottrina sociale della Chiesa".
Michele Pennisi
Vescovo di Piazza Armerina
Presidente della Commissione storica per la causa di canonizzazione di don Luigi Sturzo
32
cfr. ID., Morale e politica ,.233-23; ID. Il manuale del buon politico, a cura di G. DE ROSA,Edizioni san Paolo,
Cinisello balsamo(MI) 1996.