Dispense di Storia Nazionale Sarda Parte Prima: dall’XI secolo a Mariano IV Dopo la frattura dell’Impero Romano avvenuta alla fine del IV secolo, la sua parte occidentale rimarrà in piedi per quasi un secolo prima di frazionarsi ulteriormente a causa del crollo del potere centrale. L’Impero Romano d’Oriente (conosciuto anche come Impero Bizantino) resisterà invece sino al XV secolo. La Sardegna, guidata dallo Iudex Sardinie, fino al X secolo resterà formalmente legata a Bisanzio1: ancora nel 950 circa, l'Imperatore Costantino VII Porfirogenito considerava lo Iudex Sardinie suo supremo fiduciario in contrade remote. Poter elencare la Sardegna tra i suoi possedimenti, rappresentava per l'imperatore più un lustro che il segno di una reale sottomissione: già nel VII secolo con la crisi avanzata dell'organizzazione imperiale, l'intero Esarcato Africano2 era ormai fuori dal controllo bizantino. Dallo Iudex Sardinie all’origine dei Giudicati Il tema dell'origine dei giudicati costituisce uno dei problemi più dibattuti della storia sarda. Sicuramente i giudicati sono considerati tra le forme di governo più originali del medioevo, sviluppatesi in seguito alla progressiva crisi della presenza bizantina nel mediterraneo centrale. 1 Bisanzio anche conosciuta come Costantinopoli, odierna Istanbul (la città più popolosa della Turchia), era la capitale del Impero Romano d’Oriente, sorto dalla scissione con l’Impero Romano d’Occidente nel 395 d.C. alla morte di Teodosio I, ultimo imperatore a regnare su di un impero romano unificato. 2 L’Esarcato Africano era una divisione amministrativa dell'Impero bizantino; aveva come capitale Cartagine (importantissimo centro dell’antichità, oggi sobborgo di Tunisi, in Tunisia) e comprendeva, oltre l'Africa settentrionale, la Sardegna, la Corsica, le Baleari e la Spagna meridionale. Inizialmente il governo dell'isola, affidato ai funzionari bizantini, vedeva la presenza di due figure ufficiali: Dux: con funzioni militari; Praeses: con funzioni amministrative. A questa doppia carica andrà a sostituirsi una figura unica, con il conseguente accentramento dei poteri. Questa figura, lo Iudex Provinciae (individuato anche con il nome di Archon o Princeps), nel VII secolo, aveva come compito principale la riscossione delle imposte. È probabile che chi ricopriva questa carica con il tempo andò ad accumulare grandi ricchezze che permisero il radicamento di un potere personale. Sempre nel VII secolo mentre una parte dell'oligarchia era rientrata ad oriente, un’altra parte si era integrata nel tessuto sociale, unendosi saldamente alle dinastie locali. Con il crescente distacco di Bisanzio anche le cariche più importanti iniziarono ad essere occupate dai sardi. Così mentre il potere imperiale bizantino riduceva sensibilmente il suo raggio d'azione, ai funzionari dell'impero operanti in Sardegna (in particolare lo Iudex Provinciae) non restava che assumere un potere sempre più autonomo. L'idea quindi che la Sardegna fosse sotto il controllo politico di Bisanzio sino all’XI secolo è ormai superata: nonostante le istituzioni avessero origine bizantina (non essendoci stati altri modelli imposti) l'evoluzione di quei modelli in forme del tutto autoctone è sintomo di una totale indipendenza. Non è da trascurare il fatto che in quel periodo non esistano documenti che attestino: La presenza di leggi imposte da Bisanzio; interventi militari bizantini; rapporti commerciali e civili costanti; la riscossione di tributi diretti a Costantinopoli; Lingua, forme di culto, sistemi economici, tecnologie si attestano su modelli sempre più distanti da Bisanzio. Così lo Iudike (traduzione di Iudex in sardo, lingua diffusa su tutto il territorio nazionale mentre greco e latino restano comunque usate in ambiente di corte), già dal IX secolo, diverrà l’unico depositario del governo dell'isola. La figura dello Iudike e i Giudicati Dai documenti pervenuti, si può dedurre che (anche se le teorie si accavallano) se in un primo momento la figura “unica” dello Iudex Sardiniae si era imposta a colmare il vuoto di potere lasciato dall'impero bizantino, con il passare dei decenni si affermerà una quadri-partizione dell'isola per diverse ragioni: Lo sviluppo costiero (circa 1800 km) impediva ad un unico potere centrale di intervenire con prontezza nelle regioni più lontane in caso di pericolo; Le strade romane lasciate in abbandono e la presenza di zone impervie esponevano i viandanti a pericolosi assalti. Si ritiene che, per le motivazioni appena riportate, dal governo centrale (situato a Santa Igia, presso l'odierna Cagliari) furono nominati gli Iudikes de Logu (Iudex loci, Iudike locali) con compiti quali: La riscossione dei tributi; l'amministrazione della giustizia; l'organizzazione dell'esercito. Il governo centrale avrebbe col tempo abbandonato la sua valenza nazionale concentrando la sua autorità nel sud dell'isola: A livello di ipotesi si potrebbe supporre che gli Iudikes de Logu venissero scelti tra gli esponenti di quella oligarchia agraria che da secoli deteneva il potere economico dell'isola; i donnos (o segnores) erano gli esponenti di questo ceto. È possibile che dopo un lungo processo di evoluzione istituzionale una famiglia sia andata a prevalere sulle altre definendo anche territorialmente il Giudicato e dando allo Iudike una carica a vita. Tant'è che il numero di Iudikes de Logu era inizialmente ben maggiore di quattro ma, man mano che il sistema giudicale andava definendosi, anche le aree di influenza giudicale andavano concentrandosi attorno a quelle città che mantenevano un certo rilievo nella difesa, nei traffici commerciali e nell'amministrazione. Sta di fatto che si definiranno quattro giudicati aventi come fulcro le quattro città di: Santa Igia, presso l’odierna Cagliari [Giudicato di Calari]3; Torres [Giudicato del Logudoro]; Tharros, poi in un secondo momento Oristano[Giudicato di Arborea]; Fausania oggi nota come Olbia [Giudicato di Gallura]. 3 Nonostante sia diffusa la locuzione “Giudicato di Cagliari”, il nome utilizzato in quel periodo per descrivere il territorio giudicale era Carali. L’ antica città romana, Karalis, era stata abbandonata da tempo in favore di Santa Igia, sulle sponde occidentali dello Stagno di Santa Gilla, poiché situata in una posizione facilmente difendibile sia dagli attacchi da terra che da mare. Cagliari è il nome della città odierna mentre Calari era il nome utilizzato per indicare genericamente il territorio del regno. Santa Igia rimarrà capitale del Giudicato di Calari sino al XIII secolo, quando verrà distrutta dai pisani a seguito della conquista del Giudicato. Sempre i pisani nel 1216 edificheranno la piazzaforte chiamata Castel di Castro di Calari, (Casteddu de Callari, in sardo, dove appunto, Calari o Callari indica il regno) da cui si svilupperà l’odierna città di Cagliari. Gli Iudikes erano veri e propri sovrani, massime autorità civili e militari. Ogni giudicato era pienamente indipendente e ad ogni giudicato veniva associato il suo popolo, un territorio definito e un sistema uniforme di leggi. Il fatto che le istituzioni fossero molto simili tra di loro è la dimostrazione che tutte e quattro si fossero sviluppate da un’unica realtà istituzionale. L'istituzione si basava su un rapporto diretto tra popolo e il suo Iudike, che comunque riceveva la concessione del potere da un'assemblea plenaria, nota come Corona de Logu, costituita da un gruppo di consiglieri e funzionari che coadiuvavano il giudice nell'amministrazione del regno. Probabilmente agli albori erano i maggiorenti (i personaggi con un alto prestigio e potere) e i vescovi che proponevano all'imperatore la figura più idonea al ruolo di iudike, poi, con il progressivo distacco dal controllo bizantino, l'elezione avveniva direttamente. Durante la cerimonia, prima ancora che il popolo giurasse fedeltà al neo eletto era lo Iudike che giurava solennemente di non tradire il proprio popolo e la propria terra. Il patrimonio territoriale (nonostante la carica fosse divenuta ereditaria con passare del tempo) non diventava mai bene personale: la famiglia regnante aveva un patrimonio ben distinto da quello dello stato, tant'è che tra i funzionari vi erano due cariche ben distinte: Armentariu de Rennu: amministrava il patrimonio dello stato; Armentariu de Pegugiare: amministrava il patrimonio privato dello Iudike. Questa distinzione netta tra le due figure discende dal diritto romano e vede lo stato come “cosa” pubblica. Nonostante lo Iudike avesse un grande potere aveva sempre chiaro il concetto di bene comune, bene della comunità. Diversi erano i funzionari che ruotavano attorno allo Iudike, ad esempio, il Maiore de Camera era una sorta di ministro delle finanze; si avevano anche tutta una serie di funzionari minori e anche una guardia armata: Kita de Buiachesos: era la scorta armata che accompagnava lo Iudike nei suoi spostamenti; La Kita (equipaggiata con una sorta di giavellotto, la virga sardisca) era guidata dal Maiore de Janna. Il territorio del regno era suddiviso in curatorie con a capo altri importanti ministri, i curatori (anch'essi assistiti da una propria corona). Le curatorie erano suddivise in ville, e ciascuna di queste era amministrata da un maiore con annessa corona. XI secolo: la Sardegna e il Mediterraneo Per tutto il medioevo rimasero forti gli scambi economici e culturali con l’intero Mediterraneo. L'influenza dell'imperatore bizantino era da tempo in declino: è impossibile individuare una data precisa ma possiamo ipotizzare che il distacco da Bisanzio sia avvenuto gradatamente, senza traumi. Sta di fatto che i Sardi, con le proprie forze scongiurarono, già all’inizio del VII secolo, i rischi di una possibile invasione longobarda prima, e araba poi. È dopo la cacciata di Museto (Mugiahid Ibn-Abd-Allah Al-Amiri, signore di Denia4 e delle Baleari5), venuto in Sardegna nel 1015 per conquistarla, che le fonti diventano più numerose e si può iniziare a parlare con maggior precisione dell'esistenza dei quattro Giudicati. 4 Dénia è oggi un comune spagnolo situato nella comunità autonoma Valenciana. 5 Le isole Baleari sono un arcipelago del mar Mediterraneo occidentale, oggi comunità autonoma della Spagna. Siamo nella prima metà dell’XI secolo: Dopo il recente Scisma d'Oriente del 1054 (che sancì la definitiva rottura tra la chiesa romana e la chiesa greca) Papa Gregorio VII, dichiarando la sua autorità su qualsiasi altro potere, non poteva più tollerare la situazione in cui da tempo si trovava la Sardegna (rimasta sino ad allora legata a Bisanzio e alla sua chiesa): nel 1073 scrisse ai quattro Iudikes sardi richiamandoli alla devozione e minacciando gravi provvedimenti. Nel 1080 veniva inviato nell'isola il vescovo Populonia per ottenere dagli Iudikes il giuramento di fedeltà. In quel periodo erano molto forti i legami tra il Papato e la Repubblica di Pisa6. Da quel momento verranno fatte grandi concessioni fondiarie non solo a due importanti ordini monastici, quello dei Monaci Benedettini di Montecassino e quello dei Monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, in segno di apertura alla chiesa romana, ma anche a Pisa, per volontà di Torbeno, Iudike di Calari, in cambio della protezione delle coste della Sardegna, preda delle scorrerie saracene7: è in questo periodo che la capitale del Giudicato di Arborea viene spostata da Tharros, troppo esposta agli assalti dei pirati, ad Oristano che, mantenendo una posizione più interna, era al riparo da tali incursioni. Se inizialmente possiamo parlare di uno scambio “culturale”, ben presto l'influenza esterna coinvolgerà anche la sfera politica. In un primo momento la penetrazione pisana e genovese interessò il Giudicato di Calari e del Logudoro; in un secondo momento si allargherà al Giudicato di Gallura. Nonostante il Giudicato di Arborea rimanga indenne sino alla prima metà del XII 6 Pisa viene annoverata tra quelle che oggi sono considerate le repubbliche marinare; con questo termine ci si riferisce ad alcune città portuali (non solo italiane) che nel Medioevo, dopo il X secolo, godevano, grazie alle proprie attività marittime, di libertà politica e di prosperità economica: Erano indipendenti (organizzate come repubbliche aristocratiche o repubbliche oligarchiche); Avevano una propria moneta accettata in tutto il Mediterraneo; Disponevano di una flotta; Avevano i propri ambasciatori nei diversi porti mediterranei che ne curavano gli interessi commerciali. 7 Saraceni è il termine con il quale, nel contesto medievale cristiano, si usavano chiamare i musulmani provenienti dal Maghreb (Nord Africa ad esclusione dell'Egitto), e in genere anche dal Mashreq (Oriente islamico). secolo, l'influenza delle due repubbliche (quella genovese e quella pisana) sui ¾ del territorio nazionale sardo è un dato assodato. Tra il 1113 e il 1115 si svolse una crociata (le cui gesta vengono tramandate nel Liber Majolichinus8) per la liberazione delle isole Baleari dai Saraceni. La crociata fu voluta dal catalano Raimondo Berengario III. Ruolo importante in questa impresa lo ebbe Pisa (la crociata fu guidata dal suo vescovo) ma vi parteciparono anche truppe sarde guidate da Torbeno, Iudike di Calari, da Saltaro, figliastro dello Iudike del Logudoro (Costantino di Torres), e dall'Arcivescovo di Calari. L'unico a non rispondere all'appello fu lo Iudike d'Arborea che ancora non risentiva dell'influenza delle città della penisola italiana. La storia del Giudicato di Arborea mette in evidenza la costante insofferenza nei confronti di dominazioni estere, anche se le politiche adottate dagli Iudikes e i costanti interessi pisani e genovesi per la Sardegna saranno condizioni con cui anche questa regione sarda dovrà relazionarsi. Al rientro dalla crociata, alla morte di Costantino di Torres, Saltaro, tentò di ottenere la successione del Giudicato del Logudoro, alleandosi con la prestigiosa famiglia degli Athen nel tentativo di assassinare Gonario, erede designato. Gonario ancora minorenne trovò rifugio a Pisa dove furono organizzate le sue nozze con Maria degli Embriaci, appartenente ad una potente famiglia pisana, a sugellare l'alleanza tra il Giudicato e la città Italiana. Comita III, Iudike d'Arborea, che non vedeva di buon occhio l'invadenza pisana nell'isola, alleatosi con i genovesi, passò da una posizione di sostanziale neutralità ad una politica d'espansione. 8 Liber majolichinus de gestis pisanorum illustribus è un'epopea che racconta la crociata per la liberazione delle Baleari dai saraceni, scritta in latino e conservata in tre volumi. Barisone I d'Arborea - Rex Sardinie Siamo nella prima metà del XII secolo quando Comita III d’Arborea, preoccupato dell'invadenza pisana, fa grandi concessioni allo stato genovese in cambio del sostegno militare. Il tentativo di arginare l'arroganza esterna e probabilmente quello di coordinare le azioni dei quattro Giudicati sardi porterà il figlio di Comita III, Barisone I di Arborea, a tentare almeno in un primo periodo la via diplomatica, creando i presupposti per una possibile riappacificazione tra le due Repubbliche e i Giudicati sardi. È da vedere sicuramente in quest'ottica, nonostante non se ne conoscano i termini esatti, l'incontro tenutosi a Bonarcado nel 1146 tra i quattro Iudikes: Barisone di Arborea; Costantino di Calari; Gonario di Torres; Costantino di Gallura. La via diplomatica adottata da Barisone viene presto abbandonata per un progetto ben più ambizioso: l'unificazione dell'intera isola. Per questo motivo lo Iudike punterà ad allargare la rete dei suoi contatti: stringerà nuove alleanze con Pisa; riallaccerà i rapporti con Genova; rafforzerà i legami con il nascente stato catalano, tramite il conte Ramon Berengario IV di Barcellona, e soprattutto attraverso il matrimonio con Agalbursa di Bas (imparentata con i conti di Barcellona) dopo aver ripudiato la prima moglie Pellegrina de Lacon9. Approfittando della presenza dell'imperatore Federico Barbarossa nella penisola Italica (impegnato ad affermare la sovranità imperiale contro il papato) Barisone si dirige a Pavia dove verrà incoronato Re di Sardegna: Federico Barbarossa non fatica a concedere titoli e feudi (in cambio di denaro, si intende) a coloro che ne riconoscano l'autorità. È Genova che finanzierà tale opera con 4000 marchi: il 3 agosto 1164 a Pavia, Barisone I d’Arborea è incoronato Rex Sardinie. Genova, che aveva efficacemente aiutato Barisone nei suoi sforzi per ottenere la sovranità sull'isola, aveva chiesto la stipula di una convenzione: una sorta di trattato di alleanza (firmato il 14 settembre 1164), nel quale Barisone, oltre al versamento di forti somme, s'impegnava a partecipare coi suoi uomini e mezzi alla guerra contro Pisa, assumendo su di sé la metà delle spese di guerra; egli inoltre, cedeva a Genova castelli e terre, e conferiva ampi privilegi all'attività dei mercanti genovesi nella città di Oristano e in tutti i suoi domini. Pisa (che con un'abile politica di alleanze matrimoniali aveva rafforzato le sue relazioni in Sardegna, estendendo il suo controllo sul giudicato di Calari e sul giudicato di Gallura) non rimase di certo a guardare: non poteva tollerare la presenza di un Re di Sardegna sostenuto da Genova. Così dapprima invase l'Arborea e in un secondo momento, pagando una cifra pari al doppio di quella erogata per l'incoronazione di 9 Barisone I ebbe in tutto 5 figli, 3 dei quali rivestono grande importanza nella storia giudicale della Sardegna: - Pietro, erede del Giudicato d’Arborea; Susanna, moglie di Comita Spanu di Gallura; Sinispella, inizialmente moglie di Ugo Poncio de Cervera (da cui partirà la secolare casata dei Bas-Serra d’Arborea) poi moglie di Comita di Torres (da cui discenderanno gli ultimi Giudici del Logudoro). Barisone, ottenne da Federico Barbarossa (appena 12 mesi dopo aver legittimato il nuovo Rex Sardinie) l'infeudazione di tutta la Sardegna a Pisa. Quest'ultima manovra però vede l'opposizione oltre che del papato (sempre in lotta con il potere imperiale) anche degli Iudikes di Torres e Calari, vicini, sino ad allora, a Pisa. È questo un periodo molto travagliato della storia sarda, un periodo in cui la politica di sfruttamento dell'isola passa attraverso le cosiddette alleanze matrimoniali: a partire dal 1157, infatti, con il matrimonio di Barisone e Agalbursa di Bas, le famiglie giudicali andranno ad unirsi con famiglie straniere, mischiando quindi gli interessi dell'isola con interessi totalmente esterni. Le eredi dei titoli delle quattro famiglie giudicali erano sempre più richieste dai rampolli delle potenti famiglie di tutto il Mediterraneo occidentale: grande era infatti l'importanza dell'isola nello scenario mediterraneo. È importante, inoltre, sottolineare come la figura dello Iudike (il suo ruolo, la sua autorità) facesse gola a molte dinastie nobiliari: egli infatti non aveva bisogno di un investitura o di un riconoscimento formale da parte di nessuna autorità superiore. Gli intrecci dinastici dovuti alle unioni matrimoniali appena descritte, porteranno all'affermarsi di potenti famiglie, non autoctone, che di fatto “occuperanno” i territori dell’isola e ne condizioneranno profondamente la vita politica. Tra le più influenti ricordiamo: Visconti (Pisa) Massa (Pisa) Doria (Genova) Malaspina (Genova) Donoratico (Pisa) Proprio l'influenza di queste famiglie porterà, in alcune città, alla sostituzione delle leggi giudicali con le leggi e le istituzioni delle rispettive città d’origine: contemporaneamente alla gemmazione di città quali Alghero, Iglesias e Sassari, nelle campagne si assisterà all'imposizione del feudalesimo10, sino ad allora sconosciuto alle leggi sarde. -------- Giudicato di Calari e d'Arborea Siamo nei decenni a cavallo tra il XII e il XIII secolo: Genova e Pisa stipularono nel 1188 un trattato di pace, con il quale si spartivano lo sfruttamento delle risorse dell'isola, che durerà però ben poco. Lo Iudike Pietro di Calari, infatti, andava rinforzando le sue alleanze con Genova: fu questo il motivo che spinse Guglielmo di Massa ad attaccare, rivendicando la successione del Giudicato, in quanto nipote del precedente Iudike Costantino di Calari. Preso il controllo del Giudicato di Calari, il nuovo Iudike Guglielmo di Massa, uomo assai ambizioso, tentò di espandere la sua influenza sui territori confinanti: invase il Giudicato del Logudoro (al tempo sotto la guida di Costantino di Torres), conquistando il controllo dei castelli del Goceano11 e del Montiferru12; 10 Il feudalesimo era un sistema politico e sociale sviluppatosi nel Medioevo. Le terre del regno venivano concesse dal sovrano ai feudatari in cambio di fedeltà e appoggio militare in caso di guerra, diventando così suoi vassalli. Questo beneficio era però revocabile: alla morte dei feudatari il feudo tornava nelle mani di chi lo aveva concesso. 11 Il castello del Goceano, oggi conosciuto come castello di Burgos (dal paese che sorge ai suoi piedi), risale agli anni 1127-1129 e la sua edificazione si attribuisce al Giudice del Logudoro Gonario di Torres, il Santo, che lo realizza poco dopo aver sconfitto la potente famiglia degli Athen dalla quale era stato perseguitato da fanciullo, e in seguito sempre apertamente combattuto. 12 Il castello del Montiferru si trova oggi nei pressi dell’abitato di Cuglieri ed è stato realizzato intorno al 1100 per mano di Ittocorre, fratello del giudice Barisone di Torres, allo scopo di proteggere il confine del giudicato dagli attacchi del vicino Giudicato d’Arborea. invase il Giudicato d'Arborea catturando Pietro d'Arborea (figlio di Barisone I Rex Sardinie) e costringendo alla ritirata Ugo di Bas (nipote di Barisone, figlio di Sinispella e Ugo di Bas). Guglielmo riuscì quindi ad estendere il suo controllo sia sul Logudoro che sull'Arborea, conquistando di quest'ultima circa la metà del territorio e lasciando l'altra metà ad Ugo di Bas. Sfruttando abilmente la politica delle alleanze matrimoniali, rafforzò ulteriormente il suo controllo su queste terre, legando in matrimonio le tre figlie Preziosa, Benedetta e Agnese con gli eredi delle dinastie Arborensi e Logudoresi. -------- Giudicato di Gallura In Gallura, nel 1205, Lamberto Visconti, fedelissimo a Pisa riuscì ad assicurarsi la successione del Giudicato sposando l'unica erede Elena de Lacon. -------- Giudicato del Logudoro Nel Giudicato del Logudoro si erano affermate potenti famiglie genovesi come i Malaspina (che a Bosa possedettero il poderoso castello di Serravalle13) e i Doria (che edificarono le rocche di Alghero e Casteldoria14). Alla fine del XII secolo, Andrea Doria Cuglieri al tempo rientrava nel territorio del Giudicato del Logudoro ed era capitale della curatoria del Montiferru. 13 Recenti scavi archeologici hanno messo in luce come la fondazione del castello di Bosa sia da ritenersi di età precedente ai Malaspina, che successivamente ne presero possesso e lo ampliarono. 14 Rimangono tracce dell’antico Borgo di Casteldoria nel comune di Santa Maria Coghinas, nella regione dell'Anglona. sposava una delle figlie dello Iudike Barisone di Torres, rafforzando la sua influenza sul Giudicato. Ricapitolando, nei primi anni del 1200 i Giudicati Sardi erano guidati da: Lamberto Visconti – Giudicato di Gallura; Guglielmo di Massa – Giudicato di Calari (più una parte dell'Arborea); Ugo di Bas – Giudicato d'Arborea (per la parte che ne rimaneva); Barisone di Torres – Giudicato del Logudoro. Nel 1214, alla morte di Guglielmo di Massa, poiché i Massa andavano distaccandosi sempre più dal controllo pisano (ne erano ancora ufficialmente cittadini, ma la cittadinanza di fatto rappresentava un onere pesante in termini di obblighi e tributi) i Visconti ne approfittarono (sostenuti da Pisa) e presero il controllo del Giudicato e costrinsero la figlia di Guglielmo, Benedetta di Massa, e il suo consorte, Barisone II d'Arborea (unione anche questa frutto della strategie delle alleanze matrimoniali), alla ritirate nella fortezza di Santa Igia, presso l'attuale Cagliari. Furono i Visconti a fortificare Castello rinforzandolo con possenti mura, ribattezzandolo Castel di Castro e popolandolo di pisani, costituendo di fatto un comune “pazionato”, un comune che potremo definire clone di Pisa: proprio dal Castel di Castro si svilupperà e ne prenderà il nome la città di Casteddu (conosciuta in italiano come Cagliari). Nel 1217, muore Barisone II d'Arborea e Benedetta di Massa è costretta a sposare Lamberto Visconti (la Gallurese Elena di Lacon era morta in precedenza) che così tiene sotto controllo due Giudicati e mezzo (Gallura, Calari e mezza Arborea). Mentre Nel Giudicato di Calari succedeva quanto appena scritto, nell'Arborea (in mano alla dinastia dei Bas-Serra), Pietro (Figlio di Ugo di Bas-Serra e Preziosa di Massa), lascia il Giudicato al figlio Mariano II de Bas-Serra che in un primo momento resterà sotto la tutela dello zio Guglielmo di Capraia. La fine dei Giudicati di Calari e del Logudoro Sempre nella lotta per il controllo del Giudicato di Calari, Chiano di Massa, discendente di Benedetta di Massa, occupò il Castel di Castro e lo cedette ai genovesi per rinforzare i legami. Chiano non riuscì però a difenderlo quando dal mare arrivarono le truppe di Gherardo della Gherardesca (esponente della famiglia Donoratico) che andavano ad unirsi agli eserciti di Giovanni Visconti dalla Gallura e Guglielmo di Capraia dall'Arborea. Alla morte di Chiano, la storia del Giudicato di Calari può dirsi conclusa. Il Giudicato fu spartito in tre parti: Ugolino della Gherardesca (Iglesias e Domusnovas), la prima parte fu divisa tra: Gherardo della Gherardesca (Pula e Sulcis); la seconda parte andò Guglielmo Capraia (Campidano e parte della Barbagia); la terza andò a Giovanni Visconti (Quirra e Ogliastra). Il Giudicato del Logudoro, nel 1232, vedeva l’avvicendarsi di Mariano II di Torres con il figlio Barisone III in un momento di grave crisi interna, causata dalle ingerenze delle potenti famiglie dei Doria e Malaspina e dalle rivolte di Sassari che intendeva uscire definitivamente dal Giudicato. Proprio a Sassari, che si proclamava libero comune, veniva barbaramente ucciso Barisone III e il Giudicato passava nelle mani della sorella, Adelasia di Torres, sposata con tale Ubaldo Visconti. Quando nel 1238 muore Ubaldo, sia papa Gregorio IX che l'imperatore Federico II si preoccuparono di trovare consorte alla povera Adelasia: evidentemente il Giudicato del Logudoro aveva, da un punto di vista strategico, una grande importanza. Fu Enzo, figlio dell'imperatore Federico II, a spuntarla, scatenando l'ira del papa che non esitò a scomunicare i due sposi. Enzo però, impegnato nelle battaglie in Italia per la difesa dei diritti dell'imperatore contro i guelfi15, venne catturato e incarcerato a Bologna, e Adelasia si ritirò nel castello 15 Guelfi e ghibellini erano le due fazioni opposte nella politica italiana dal XII secolo: i guelfi sostenevano il papato e i ghibellini l'Imperatore. del Goceano dove morì nel 1259: la sua morte segna anche la fine del Giudicato del Logudoro, ormai spartito tra i Doria, i Malaspina e gli Spinola. Anche Guglielmo Capraia approfittò della situazione prendendosi una fetta del Logudoro, occupando il castello di Burgos nel Goceano e prendendo il controllo del territorio. Mariano II d'Arborea Mariano II di Bas-Serra, Iudike d’Arborea, alla morte dello zio Guglielmo Capraia, ne rivendicò i possedimenti dichiarandosi signore della terza parte del Giudicato di Calari e portò avanti con le armi le sue pretese su quel che un tempo era il Giudicato del Logudoro in quanto discendente da Ugo de Bas-Serra, fratello di Mariano II de LaconGunale, Iudike del Logudoro. Così mentre il Giudicato d'Arborea espandeva il suo controllo sull'isola, i 2/3 dell'ex giudicato di Calari e il Giudicato di Gallura restavano sotto il controllo Pisano attraverso quelle famiglie di origine pisana da tempo in Sardegna. I magnati pisani (considerati ancora cittadini di Pisa) che avevano fatto la loro fortuna in Sardegna diventeranno però sempre più insofferenti nei confronti della città a cui erano ancora formalmente legati. Ed ecco che Pisa per non perdere il controllo di quei territori decide di sottrarli alle famiglie sardo-pisane, a volte rivendicandone l'eredità, altre volte usando la forza. Così, in un modo o nell'altro, i 2/3 dell'antico Giudicato di Calari passavano al controllo diretto della città italiana: in Gallura Pisa mise al bando lo Iudike Giovanni Visconti (signore anche del terzo occidentale del ex Giudicato di Calari) e dopo la sua morte sottrasse il Giudicato ai danni della legittima erede, Giovanna Visconti, figlia di Giovanni. Mentre Sassari e parte del Logudoro rimanevano sotto il controllo dei Doria e i Malaspina, alle soglie del XIV secolo il Giudicato d’Arborea (nonostante nella prima metà del XII secolo si trovasse in ginocchio per le politiche seguite da Barisone I) godeva di ottima salute, estendendo il suo controllo sull'isola anche grazie alle doti dello Iudike Mariano II. Giacomo II Re di Sardegna e Corsica Sul finire del XIII secolo nella penisola italica infuriava la lotta tra guelfi e ghibellini, sostenitori rispettivamente di papato e impero; Pisa, dilaniata dalle faide intestine, dopo una serie di sconfitte inferte dalla rivale Genova vede calare la sua influenza sul Mediterraneo. In Sicilia nel 1282 dopo l'insurrezione detta dei “Vespri” e la cacciata degli angioini, affiliati dei guelfi, i siciliani offrirono l'isola al catalano Pietro III d'Aragona. Il Papa Bonifacio VIII scosso dal duro colpo subito dal suo partito, per distogliere Pietro III dalla Sicilia, rivendicò i diritti sulla Sardegna in base ad un documento poi rivelatosi un clamoroso falso, noto come la donazione di Costantino; nominò Giacomo II d'Aragona (figlio di Pietro III) Re di Sardegna e Corsica (un regno mai esistito prima) conferendogli lo jus invadendi, il diritto di invadere. La Sardegna per la sua posizione strategica nel Mediterraneo era un nodo fondamentale per i catalani, inserita in quella che era nota come rueta de las islas verso il Medio Oriente. Giacomo II impiegò però 25 anni per allestire l'esercito e preparare l'invasione. Ugone II d’Arborea All'inizio del 1323, Ugone II Iudike d'Arborea, per combattere Pisa, strinse un'alleanza con Giacomo II d'Aragona, Re nominale di Sardegna e Corsica, attraverso la commendatio personalis (il giuramento di fedeltà, una forma di vassallaggio ampiamente diffusa tra i Re in epoca medievale). La cacciata dei pisani avrebbe dovuto liberare i sardi dall'oppressione esterna ma evidentemente i progetti dei due Re (Giacomo II e Ugone II) non coincidevano. Ugone II vedeva l'investitura di Giacomo II nell'ottica di un dominium eminens (che avrebbe dato al Re di Corsica e Sardegna un peso simile a quello del Papa o dell'imperatore). Quindi il governo dell'isola sarebbe andato sostanzialmente allo Iudike d'Arborea che da parte sua avrebbe dovuto rispettare gli accordi di alleanza. Giacomo II invece prevedeva il dominio vero e proprio della Sardegna: solo così avrebbe avuto per le sue flotte l'appoggio necessario negli strategici porti sardi. Fu comunque la convinzione di poter mantenere l'indipendenza politica e il controllo dell'isola (anche in nome del Re d'Aragona) che spinse Ugone II ad allearsi con i catalani. Non solo Ugone ma anche esponenti di influenti famiglie, quali Doria e i Malaspina (che mantenevano il controllo di Sassari e parte del Logudoro), appoggiarono i Catalani. Fu Ugone II a dare inizio alle ostilità, l'11 aprile 1323, attaccando con il suo esercito le truppe pisane (rimaste a presidio dei castelli ancora sotto il controllo di Pisa) disposte al confine meridionale del Giudicato d'Arborea, tra Villanovaforru e Sanluri, annientandole. Il 15 maggio 1323 furono inviate in Sardegna dalla Catalogna le prime 3 galere, avanguardia dell'esercito che i catalani stavano allestendo per conquistare, con l'alleanza del Giudicato di Arborea, quella parte dell'isola ancora in mano ai pisani. Il 13 giugno 1323, 15.000 unità catalane, guidate da Alfonso d'Aragona, figlio di Giacomo II, sbarcarono nel golfo di Palmas ed andarono a rinforzare l'esercito sardo. Il 20 giugno 1324, un anno dopo lo sbarco delle truppe catalane, cessava definitivamente l'influenza pisana sulla Sardegna con la stipulata di un trattato di pace che lasciava (in feudo) ai pisani solamente il Castel di Castro e il suo borgo (che d’ora in avanti chiameremo Cagliari) e pochi altri territori. Ben presto però le vere intenzioni del Re Catalano furono palesate: Gli aragonesi stavano impiantando un regime di colonizzazione e di monopolio ben più radicale, sistematico, intensivo e oppressivo di quello pisano e lo facevano immettendo in tutta fretta nell'isola molti feudatari, funzionari ed intere popolazioni iberiche tutti garantiti da particolari poteri e benefici di natura feudale. Leopoldo Ortu, Storia della Sardegna, pag. 46 Gli effetti di queste imposizioni non tardarono ad arrivare con le insurrezioni di Sassari e Cagliari. Ma la politica Catalana non conosceva mezzi termini: il Governatore aragonese mise sotto assedio Cagliari e ordinò ad Ugone II di marciare contro Sassari. a Sassari, mentre Ugone II decideva di non inviare nessun esercito optando per la via diplomatica (convinto che la causa dell'insurrezione fosse dovuta al dispotismo dei governanti aragonesi), Giacomo II era di ben altro avviso: ordinò che le trattative fossero seguite da funzionari catalani con lo scopo di ritardarne i lavori ed avere così il tempo di allestire un esercito per l'assedio della città. Nella primavera del 1326 Sassari accettava le condizioni imposte e all'interno della città veniva edificata una roccaforte che ne garantisse il controllo. a Cagliari l'esercito aragonese costringeva alla resa la città e il castello veniva evacuato e ripopolato da soli catalani: addirittura nel 1333 verrà imposto ai sardi il divieto di pernottamento: al tramonto, dopo gli squilli di tromba (nota come trompeta de fora Sarts), qualunque isolano fosse stato scoperto all'interno del castello sarebbe stato gettato dalle mura16. Nel 1327 moriva Giacomo II e al suo posto saliva sul trono il primogenito Alfonso IV d'Aragona detto “il Benigno” (lo stesso che condusse l'esercito catalano contro i pisani) ma il suo regno durava solo 4 anni e nel 1336 gli succederà Pietro IV “il Cerimonioso”. 16 Ancora oggi i cagliaritani usano l'espressione a sonu de corru come sinonimo di cacciata clamorosa, senza possibilità d’appello. Il termine deriva dal suono del corno che, in epoca aragonese, a fine giornata ordinava ai sardi di uscire da Castello. Infatti solo i catalani, unici residenti, potevano restare nella città: se un sardo fosse stato scoperto nel quartiere dopo il tramonto, sarebbe stato catturato e buttato fuori dalle alte mura. Ugone II d'Arborea moriva invece nel 1335 e gli succedeva fino al 1347 Pietro III suo primogenito. Alla morte di Pietro III la Corona de Logu affiderà il giudicato al fratello, Mariano IV d'Arborea. Mariano IV d'Arborea Mariano IV d'Arborea fu un abile politico, rafforzò i legami internazionali stabilendo nuove alleanze all'interno del Mediterraneo: con quella parte di aristocrazie catalana ostile alla monarchia; con i visconti francesi di Narbona; nell'isola con l'inquieto Brancaleone Doria (che diventerà marito della figlia Eleonora). Mariano non era ben visto della monarchia catalana, che a lui preferiva il fratello Giovanni, signore di Bosa e Monteacuto. Nel 1347 i Doria di Castelgenovese (attuale Castelsardo) insorsero ed occuparono Sassari. Per sventare la minaccia, da Cagliari partì il governatore aragonese stesso con le sue truppe. La spedizione però fu annientata ad Aidu de Turdu, una stretta gola nei pressi di Bonorva, e i sopravvissuti ripiegarono nell'Arborea chiedendo asilo. Fu Mariano a liberare Sassari dall'occupazione dei Doria e fu sempre lo Iudike a difenderla quando nel 1349 i Doria con l'appoggio di Genova si ripresentarono per una nuova occupazione; ma mentre lui chiedeva ai catalani il consenso per l’acquisto di Alghero (i Doria erano intenzionati a vendere), Pietro IV lo negava non vedendo di buon occhio l'ampliamento del territorio giudicale. Tutto questo avveniva mentre il Governatore intavolava in gran segreto le trattative per l'acquisto di Alghero per conto degli aragonesi. La trattativa si concluse con grande disappunto dello Iudike e, come se non bastasse, quando la guerra tra Aragonesi e Genovesi si concluse (con la battaglia di Porto Conte, quando la flotta aragonese e veneziana ebbe la meglio sui genovesi e sui Doria) con l'effettivo passaggio di Alghero ai catalani, a Mariano non andò nessuna ricompensa e anzi, i territori galluresi sottratti ai rivoltosi vennero assegnati da Pietro IV all'odiato fratello Giovanni. Ed ecco che lo Iudike d’Arborea decise nel 1349 di mettere sotto assedio Bosa con le sue truppe, facendo catturare il fratello Giovanni e il figlio, condannandoli al carcere a vita senza che la monarchia aragonese potesse intervenire. Mariano ormai era in aperto contrasto con Pietro IV e, mentre rifiutava l'incontro con il Governatore de Cabrera per motivare le sue azioni, riallacciava i rapporti con i Doria. Poco dopo Alghero insorgeva e il presidio aragonese veniva annientato mentre Mariano invadeva la Gallura: la rivolta dilagava e i villaggi occupati dalle forze arborensi andavano ad ingrossare le fila dell'esercito sardo, unendosi alla battaglia. Il 23 giugno del 1354 lo stesso Pietro IV scese in Sardegna per porre sotto assedio Alghero ma la spedizione fu un totale fallimento. E nell'ottobre del 1354, approfittando del fallimento conseguito ad Alghero, Mariano IV avanzava contro le truppe aragonesi con un esercito di 17.000 unità: la superiorità delle truppe giudicali era tale che Pietro IV preferì scendere a patti, cedendo a Mariano i territori di Gallura. È in questo periodo che viene realizzato l'importante castello di Sanluri; dopo il 1355 Pietro IV lo fece edificare come monito per gli eserciti dell’Arborea: il castello doveva marcare i confini dell'autorità giudicale. Mariano IV era talmente “impressionato” che lasciò edificare il castello e alla fine dei lavori (durati appena 27 giorni, salvo il periodo di preparazione: gli aragonesi, evidentemente, dovevano avere molta fretta) inviò il suo esercito e se ne impossessò. Quella roccaforte che avrebbe dovuto difendere gli aragonesi venne invece utilizzata per combatterli. La superiorità dello Iudike in terra sarda era evidente, ma Pietro IV non intendeva demordere e tentò, non riuscendo a sottometterlo con la forza, di farlo con l'astuzia. Decise di istituire il Parlamento di Ordini Privilegiati, un'istituzione già presente in altre parti d’Europa. A questa assemblea, a cui potevano partecipare solo le personalità più influenti, furono invitati anche i “signori” sardi, compreso Mariano che, tra questi, era il più importante. Pietro IV convocò la prima seduta della nuova istituzione invitando molte più persone di quella che era la prassi. Il suo piano era quello di arrivare nella sede del parlamento a Cagliari acclamato da una gran folla. Mariano, presente alla cerimonia, avrebbe dovuto riconoscerlo come Re di Sardegna sottomettendosi e accettando così lo status di vassallo. Mariano invece era di ben altro avviso: il massimo che Pietro IV avrebbe potuto ottenere dal giudice era un rapporto di alleanza: l'indipendenza del Giudicato non poteva assolutamente essere messa in discussione. Durante i giorni dei lavori parlamentari Mariano IV, con il suo esercito, si limitò a campeggiare presso la città per dimostrare ancora una volta la sua forza e il suo primato. Il 6 settembre 1355, il Re aragonese lasciava l'isola concludendo la sua spedizione con un pugno di mosche. Così mentre lo Iudike allargava la cerchia delle sue alleanze nel mediterraneo, i Doria (ora alleati) conquistavano Castelgenovese, Sassari e il Logudoro e si schieravano apertamente con gli Arborea; Papa Urbano V palesava l'intenzione di destituire Pietro IV e nominare Mariano IV nuovo Rex Sardinie. Pietro IV a questo punto decise di usare la forza, allestendo un grosso esercito per assediare Oristano. Il Giudice fece preparare le truppe sparse sull'isola e si barricò nel suo castello a Oristano. Proprio mentre le truppe aragonesi iniziavano l'assedio, alle loro spalle arrivavano le truppe sarde guidate da Ugone figlio di Mariano: era il 1368, e con un’improvvisa azione gli assedianti si trasformarono in assediati; le truppe aragonesi furono sterminate e negli scontri perì anche il loro generale, Pietro de Luna; gli eserciti di Mariano si preparavano a invadere le poche terre ancora in mano aragonese. Lo strapotere degli Arborea era evidente: sempre a Sanluri, veniva realizzata la chiesa Giudicale di San Pietro extra muros, cioé fuori dalle mura (sa muralla) che circondavano il paese. Mariano IV la fece costruire in segno di riconoscenza verso i sanluresi, per la fedeltà mostrata al giudicato17. E' importante far presente il significato anche psicologico della chiesa, costruita al di fuori delle fortificazioni per dimostrare alla popolazione che il territorio attorno all'abitato apparteneva ai sardi, per cui gli aragonesi non ne avevano alcun diritto. Possiamo affermare che nel 1374 la Sardegna era in pratica interamente guidata dagli Arborea: Mariano e i suoi alleati controllavano l'intera isola mentre gli aragonesi si rifugiavano nelle sole roccaforti di Cagliari e Alghero ormai sotto assedio. Nel 1376, la grande peste che investì l'Europa sbarcò anche in Sardegna uccidendo Mariano IV. A lui succederà il figlio Ugone III. 17 Una targa in pietra, oggi conservata all'interno della chiesa, ricorda la data di consacrazione del 1377 e recita: MCCCLXXVII CUNSAGRADA ECCLESIA A SANCTU PEDRU MARTIRI APOSTULU PRESENTI GIREMEO DE SERRA PODESTADI DE SELORI CONVITADU DE SU POPULU A BOLONTADI COMUNU Gli Arborea erano talmente considerati nel Mediterraneo che persino il fratello di Carlo V (Re di Francia), il duca d'Angiò, chiese la loro alleanza per la lotta con gli aragonesi per la successione del Regno di Maiorca. L’atteggiamento troppo autoritario di Ugone III gli procurò non pochi nemici. Il suo Giudicato durò solo sette anni: nel 1383 fu ucciso assieme alla figlia Benedetta. Fu la sorella di Ugone, Eleonora d’Arborea, a prendere le redini del Giudicato.