L’abitazione in epoca
medioevale
La cultura dell’edificio
a cura dei geomm. Donatella Curletto, Fausto Mosele, Alessio Gallo, Fabio Sonni
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L’abitazione in epoca medioevale
1.1
Premessa
Il concetto di Medioevo
L'espressione ‘età di mezzo’ (media aetas) era già usata agli inizi del XIII secolo, ad esempio
dall’abate calabrese Gioacchino da Fiore, per indicare un’epoca intermedia all’interno della storia
della salvezza e del mondo rispondente ad un piano divino: secondo questa scansione della storia, il
tempo, nel suo complesso, poteva essere diviso in una età del Padre, in una età del Figlio ed in una
dello Spirito Santo. Nel periodo che ci interessa l’uomo pensava di trovarsi nell’età intermedia fra
l’incarnazione di Dio (l’età del Figlio) e la fine dei tempi, segnata dal ritorno di Cristo nel giorno
del Giudizio (l’età dello Spirito Santo).
Il nostro termine (medioevo) deriva però non da questa concezione della storia, ma dall’etichetta
che gli umanisti del Quattrocento applicarono a questa età, che giudicavano negativamente come un
oscuro periodo ‘di mezzo’ tra gli splendori dell’antichità classica ed il loro tempo, che aveva saputo
far rivivere quell’età gloriosa.
1.2
Cenni storici
Eredità del mondo antico
In tutta l'Europa occidentale il III secolo d.C. segna una profonda crisi politico-militare ed
economico-monetaria;ne consegue una progressiva ruralizzazione e una riduzione del fenomeno
urbano: le comunità degli abitanti sì restringono nell’antica cerchia urbana caratterizzando una
vocazione difensiva deHe. città. La continuità del fenomeno cittadino viene garantita dalla Chiesa
cristiana; la maggior parte dei municipi romani hanno sedi vescovili - queste, però, solo più tardi (X
sec.) saranno situate nell’ambito delle mura urbane - oppure la residenza vescovile diventa città
come nel caso di Liegi. Dal VII-VIII secolo la popolazione europea è in leggera ripresa e si riavvia
una economia di mercato. Le popolazioni cittadine vedono nei Vescovo un protettore, che diventa
simbolo della collettività. Soprattutto nell'Italia centro-settentrionale le diocesi, con al centro la
città, favorisce la ripresa della realtà urbana; mentre l'organizzazione politico economica è garantita
dai sistema feudale.
A nord delle Alpi le diocesi costituiscono un territorio troppo vasto per la formazione di uno stato
cittadino e la campagna resta autonoma anche nella organizzazione ecclesiastica; in campagna
vengono costruiti i castelli dei principi carolingi come i palazzi dell’Imperatore (Herstal,
Hingeheim, Attigny). Nell'area mediterranea, invece, l’organizzazione vescovile è interrotta tra il
VII e l'VIII secolo dalla conquista islamica che vi trasporta la propria civiltà urbana.
La ripresa urbana
Un aumento della produttività agricola è un rilancio tecnologico, fenomeni comuni a tutta l’Europa
carolingia, favoriscono, nell’XI secolo,la rinascita del commercio che si fonda ora su imprese
artigianali urbani di esportazione.In seguito viene favorito il commercio italiano.
Nell’XI secolo nell’Europa nord-occidentale si compie la conversione urbana e in questo fenomeno
le città italiane precedono quelle europèe (IX-X sec.): si distinguono specialmente quelle costiere
(Amalfi, Venezia, Genova,: Napoli, Pisa) e alcune città dell’interno come Milano. Negli stessi
secoli regni cristiani del nord sono privi di veri centri urbani; solo le città spagnolo-mussulmane che
si avvicinano per popolazione e dimensione ai grandi centri urbani orientali: Cordova, Siviglia,
Palermo, sono metropoli incomparabilmente superiori agli altri centri urbani coevi dell'occidente.
A nord delle Alpi le sedi del potere sovrano vivono in un ambiente rurale e i nuovi insediamenti
sono di piccole dimensioni e con origini militari e mercantili: Quentovic e Dorestadt e più tardi
Tiel e Deventer. Le prime formazioni statali moderne dell'Europa transalpina sorgono nel nordovest, in Fiandra nei domini della corona di Francia e in Normandia, dove i castelli comitali,
residenza signorile, diventano i primi embrioni di grandi città e centri di circoscrizioni giudiziarie,
amministrative e demaniali: Bruges, Gand; processo questo che va avanti nonostante che l’esercizio
della sovranità resti una «professione ambulante».
A partire dal X-XI secolo la città è un fenomeno comune a tutta l’europaed è in città che si
stabiliscono i nuovi operatori economici: mercanti, banchieri, uomini d’affari. All’espansione della
vita cittadina contribuisce anche il sentimento religioso (cattedrali, pellegrinaggi), come nel caso di
S. Giacomo di Compostella che diventa un importante centro di culto.
Alle città sviluppatesi gradualmente si affiancano quelle fondate ex-novo; Nella Spagna,
parallelamente alla «Reconquista», sì creano nuove fondazioni, le poblaciones, ai cui abitanti è
concessa una posizione giuridica speciale; Nella Francia del sud e del sud-ovest sorgono, nell’XI
secolo, burgi e salvitates privilegiati; In Fiandra viene dotata di città la zona di raccordo tra la
regione costiera e quella della Schelda. In Inghilterra il fenomeno è più tardo (XII sec.) e limitato
alle contee più arretrate come il Lancashire, il Devon e la Cornovaglia. Lo stesso in Germania, dove
lo scopo principale era di creare città commerciali e artigianali in posizione favorevole dal punto di
vista delle comunicazioni; Nell’Italia centro-settentrionale, dalla metà del XII secolo, sorgono i
borghi franchi, precisa espressione della politica territoriale dei Comuni che necessitavano di
capisaldi di controllo.
Nel XII secolo l’omogeneità del sistema feudale si è modificata in una struttura gerarchica che pone
al centro la città: privilegi giuridici ci vengono concessi a coloro che vivono all'interno della cerchia
muraria.
I cittadini diventano coscienti della propria posizione giuridica e la cittadinanza diventa un fatto
politico. La naturale immigrazione e il movimento di affrancazione dei servi accelerano il
fenomeno dell’inurbamento: l’aumento demico comporta un allargamento della superficie urbana e
una trasformazione della realtà sociale.
Accanto al potere statale, a produrre l’ordinamento politico medievale, stanno le associazioni
giurate dei cittadini, e all’interno delle città la vicinanza è un fondamento delle comunità e
circoscrizioni (parrocchie, contrade) in cui essa è divisa: la suddivisione interna delle città ha solide
radici nella suddivisione dei contado, il territorio sottoposto alla città.
Ogni città ha naturalmente una sua storia particolare legata alle diverse situazioni nazionali e
regionali, ma la regolamentazione delle autonomie cittadine è un processo storico generale che si
verifica in tutti i paesi europei alla fine del XII secolo.
La cultura urbana del medioevo ha trovato la sua espressione più cospicua nell’Italia centrosettentrionale e nell’area fra la Senna e il Reno.
Nell’Italia centro-settentrionale sorgono degli stati cittadini che raggiungono vari gradi di
autonomia politica di fronte alle autorità imperiale e papale, riuscendo a trasformare gli antichi
vincoli del sistema feudale. Il «Comune» rappresenta una precisa entità politica che cerca di
affermare il suo dominio sul contado, con l’intento di raggiungere i confini diocesani;
l’inurbamento forzato della nobiltà rurale ha come conseguenza una capitalizzazione in città delle
rendite dei possessi terrieri, fatto questo che determina una nuova funzione urbana.
Alla fine del XII secolo la maggior parte delle città europee hanno raggiunto una propria autonomia
e individualità, pur nella diversità dei risultati politico-giuridici e topografico-urbanistici che
variano da secolo a secolo e da regione a regione.
L’ultima cerchia di mura
Tra la fine del XII e l’inizio del XIV secolo il notevole incremento demografico in tutte le città
europee coincide con il progressivo allargarsi della cerchia muraria: in molti casi questo perimetro
urbano medievale rimane inalterato fino al XVIII-XIX secolo, quando viene sopraffatto dall’ultimo
ed esplosivo inurbamento dell’età moderna.
Sono stati fatti dei calcoli sulla consistenza demografica delle città europee nel XIV secolo, ma dai
metodi usati si ricavano solo dei valori approssimativi: si ritiene che queste possano essere
classificate in piccole (fino a 2.000 abitanti), medie (da 2.000 a 10.000) e grandi (da 10.000 a 2530.000); solo alcune superano i 50.000 abitanti: Firenze, Milano, Venezia in Italia; Parigi, Londra,
Colonia, Bruges, Gand, Barcellona fuori d’Italia.
Intorno alla metà del XIV secolo l’elevato processo di urbanizzazione, comune a tutta l’Europa,
tende ad invertirsi: carestie, epidemie e guerre non fanno che rafforzare una naturale tendenza ad un
sensibile regresso quantitativo della popolazione. La crisi economica di tutta l’Europa determina
numerosi contrasti sociali nelle città e sollevazioni di contadini nelle campagne che, nonostante una
certa continuità delle strutture sociali e politiche, porta ad una nuova fase storica della città.
Strutture urbane e tipologia delle città
In tutto l’impero d’occidente, dopo la crisi del III secolo e per tutto il periodo altomedievale, la
cinta muraria, come principale difesa, diventa l'elemento qualificante della città. Questa si era
spesso ristretta all’interno dell’insediamento romano con una contrazione della superficie urbana,
legata alla notevole diminuzione della popolazione: Reims e Orléans si concentrano in 25 ettari,
Parigi in 8-9, Firenze in 24-25, e Bologna passa da 70 a 25 ettari di superficie abitata.
In alcuni casi, la popolazione si rifugia nei grandi edifici pubblici dell’antichità: anfiteatri, teatri,
terme, che vengono trasformati in fortezze: Arles, Nìmes. Altre volte, pur restando la vecchia cinta
di mura, il centro abitato si restringe in luoghi lontani da questa, come nel caso delle due capitali
Roma e Costantinopoli.
Tra il V e il IX secolo è la campagna che diventa «sede della storia»: Il territorio è diviso in grandi
proprietà al centro delle quali si trova la residenza del proprietario- cattedrale, abbazia, castello-e, si
forma un ordinamento «curtense» dell'economia e della proprietà. La Chiesa assume una
importanza fondamentale nell’organizzazione territoriale; la rete capillare delle pievi amministra e
gestisce tutto il patrimonio ecclesiastico, rappresentando il decentramento del potere vescovile della
città; e il «monastero-città» rappresenta la tipologia insediativa della organizzazione ecclesiastica
(San Gallo, Casamari).
L’unità di base della organizzazione laica del territorio è invece rappresentata dall’insediamento
castellano che si stabilizza soprattutto in periodo franco-carolingio, nei IX secolo, con la
concessione di feudi ai vassalli, il castello con la sua terra diventa lo strumento di controllo della
nobiltà sui contado. Cosi la struttura territoriale laica si sovrappone a quella ecclesiastica con dei
ruoli però nettamente differenziati.
In ogni caso lo spazio interno alle mura urbane rimane uno spazio prezioso, e quando la sede
vescovile viene trasferita all’interno della cerchia muraria e il Vescovo risiede in città; e domina
«nella città», questi ne prepara la rinascita e il rilancio economico e politico. In questo processo
sono determinanti le fonti del reddito vescovile: aumento di valore delle aree fabbricabili, fitti di
immobili e gestione di opere di utilità pubblica.
L’area interna alle mura, nella sua forma topografico-urbanistica, rispecchia le caratteristiche
politico-istituzionali delle singole città e regioni.
Così, ad esempio, la città dell’Italia centro-settentrionale tra il IX e il XI secolo si identifica con la
sua chiesa cattedrale è con il suo santo patrono, e/o con il suo vescovo e la sua chiesa vescovile;
«motivi difensivi e di prestigio (torri, campanili, cattedrali) sono alla base del profilo verticale di
tante città medievali».
E più tardi, tra il XII e il XIII secolo, in seguito alla regolamentazione delle autonomie cittadine
(evoluzione delle istituzioni comunali) e allo stabilizzarsi del processo di inurbamento, la stessa
«città vescovile» trova la sua espressione formale nella costruzione del centro civico (articolato in
una o più piazze, in relazione alle diverse funzioni politica, religiosa e commerciale in cui vengono
edificati i palazzi del comune e del capitano del popolo, le fontane pubbliche, la cattedrale e il
vescovato, le sedi e le logge dei mercanti) rappresentativo del nuovo sistema politico; nella
edificazione dei borghi e degli impianti degli Ordini mendicanti, che si localizzano lungo le strade
che si inoltrano nel contado e che la collegano con altri centri urbani; e nella nuova cinta di mura
(costruita per contenere l’enorme quantità di «gens nova» inurbatasi e che promuove lotte per essere
riconosciuta cittadina) che ora costituisce un limite preciso anche dal punto di vista giuridico.
Un discorso a parte meritano le città di nuova fondazione, interventi legati al potere centrale che
vuole rafforzare il proprio controllo sul territorio attraverso una militarizzazione di questo in
funzione di uno sfruttamento agricolo. E’ in queste città nuove che appare più evidente la ricerca
teorica che avrà un suo seguito nelle opere degli architetti militari rinascimentali e barocchi. Gli
esempi più caratteristici sono le piazzeforti francesi, bastides, sorte tra l'XI e il XIII secolo; per
iniziativa dei re e dei feudatàri francesi e inglesi: ad esempio Montauban fondata nel 1144, Aigues
Mortes nel 1240, VilleneXive sur Lot nel 1253 e Montpàzier nel 1284.
Le caratteristiche comuni; sono un piano regolatore degli insediamenti e la costruzione degli edifici
in un breve arco di tempo; le strade; formano una scacchièra in modo; da avere lotti di terreno
rettangolari, racchiusi da mura con perimetro regolare o irregolare; una piazza centrale porticata
viene riservata al mercato e il palazzo pubblico viene edificato su un lato di questa; in una piazza
attigua e di dimensione più piccola trova postò la chiesa cattedrale o parrocchiale. Numerosi
contratti, clausole e privilegi regolano la costruzione dei singoli lotti, che vengono concessi agli
abitanti contro il pagamento di una rendita annuale.
Da quanto si è detto appare evidente come la città medievale, nel suo formarsi storico, non sia un
fenomeno spontaneo, come molti storiografi hanno sostenuto. La struttura fisica della città
medievale ha, quindi, valore di documento storico e la sua architettura, nella accezione più vasta,
rappresenta un preciso strumento di indagine. Una rivalutazione della realtà materiale del territorio,
nelle sue qualificazioni di città e campagna- in una visione sistematica generale basata su una
dettagliata analisi dei singoli insediamenti e sul confronto fra questi e le singole “parti” di questi
(centro civico, suddivisioni amministrative , gerarchie degli spazi, etc.), è oggi l’unico metodo
valido per lo studio della struttura fisica della città medievale.
In questo studio le piante delle città forniscono elementi estremamente utili, almeno a chi le sa
interpretare.
La “lettura” delle leggi che regolano la vita cittadina sono un altro importante strumento di
indagine; l’attività urbanistica, legata alle nuove esigenze della collettività è una voce che ricorre
sempre nella legislazione cittadina, magistrature particolari sono addette alla costruzione di opere
pubbliche e alla loro manutenzione. Numerose sono le norme che trattano l’igiene della città; la
costruzione, la sorveglianza, la manutenzione delle mura, altro problema è quello stradale
(pavimentazione e fognature lungo di esse); l’occupazione di suolo pubblico da parte dei privati; la
manutenzione del patrimonio di edifici pubblici; la costruzione di edifici privati.
Tralasciamo di addentrarci nel complesso delle tipologie delle città, date le enormi contraddizioni;
riportiamo invece un’ipotesi di sviluppo delle città secondo quattro diverse situazioni; città sorte su
preesistenti insediamenti romani senza mutarne la struttura (Torino, Aosta, Autun, Magonza,
Winchester) o alterandola (Firenze, Orléans, Colònia); città sorte intorno a castelli, monasteri o
strutture ecclesiastiche nelle quali si differenziano nettamente i due luoghi sacro (monastero e/o
cattedrale) e profano (mercato e sedi mercantili), e che ritroviamo particolarmente in Francia,
Germania, Paesi Bassi e Inghilterra; città sorte in luoghi strategici per il commercio e per il traffico:
le città della Lega Anseatica, Lubedca, Straslund, Danzica, Helbing, Amburgo e inoltre quelle
fondate dai duchi Zahringen nel XII e XIII secolo; infine le città di nuova fondazione.
Per la storia delle città il periodo medievale è particolarmente importante perché proprio in questo
momento il notevole aumento demico, legato a precise condizioni storiche, fa rinascere una
ideologia urbana: alla fine del XIV secolo l’area cittadina si è dovunque ingrandita notevolmente
raggiungendo una densità per ettaro costruito di 1 a 100 nell’Europa settentrionale, e valori doppi e
tripli nei centri meridionali più intensamente abitati.
1.3
Concetto di casa nell’epoca medievale
Il termine casa deriva dal latino casa, propriamente casa rustica, che appare attestato nei documenti
medievali solo a partire dal sec. 12°, la significativa variante accasamenta è spesso impiegata
insieme a insula per definire i complessi edilizi riferibili a una singola famiglia nobiliare e fino al
quattrocento inoltrato sembra utilizzato assai meno frequentemente del termine domus (varianti e
diminutivi domuncula, domicella), che continuava a definire, almeno nelle regioni di tradizione
culturale latina, l'abitazione urbana. Sotto la denominazione di c. vengono a raccogliersi edifici e
strutture tipologicamente assai differenti quanto a dimensioni, distribuzione delle parti interne,
numero e disposizione dei vani, materiali costruttivi impiegati, in ragione di numerose varianti, che
vanno dall'epoca di costruzione alla tradizione edilizia regionale (a sua volta legata tanto ad aspetti
sociali e culturali quanto ad aspetti naturali e climatici), al legame funzionale con le attività
produttive o commerciali che vi erano annesse, per giungere infine al diverso status sociale ed
economico degli uomini che quegli edifici abitavano. Ne consegue un'evidente difficoltà di
trattazione sistematica della tipologia della c. medievale, che emerge anche dalle ricerche fin qui
condotte e che risulta di fatto accresciuta dal rapido espandersi delle conoscenze e dalla continua
acquisizione di nuovi dati. Già gli ultimi decenni del secolo scorso e i primi anni del Novecento
videro la nascita, soprattutto Oltralpe, delle prime trattazioni generali sull'evoluzione
dell'architettura domestica nel corso del Medioevo, che limitavano però l'analisi all'edilizia privata
delle regioni dell'Europa centrale e mediterranea e ai secoli finali del Medioevo, mirando in
definitiva a collegare lo sviluppo delle tipologie abitative con le grandi scansioni stilistiche che
caratterizzano la produzione architettonica. Il contributo fornito dall'archeologia medievale appare a
questo proposito assai rilevante almeno sotto due diversi aspetti. In primo luogo, la messa a punto di
tecniche e strumenti di ricerca, nonché lo sviluppo di metodi di datazione assoluta dei materiali
organici (in particolare la dendrocronologia e la determinazione del radiocarbonio), hanno
consentito di ampliare in misura assai considerevole la mole di dati disponibili a proposito degli
insediamenti pre e protourbani di epoca altomedievale nelle regioni dell'Europa centrale e
settentrionale, che per le loro peculiari caratteristiche costruttive e per la deperibilità dei materiali
impiegati (legno, paglia, argilla e muratura di pietra a secco) non hanno lasciato che labili tracce
della loro esistenza nella stratificazione del terreno. In secondo luogo, l'affermarsi delle ricerche di
archeologia urbana e delle tecniche di analisi stratigrafica degli elevati ha consentito di ampliare in
misura assai considerevole, in termini sia quantitativi sia qualitativi, la conoscenza delle unità
abitative di epoca medievale . In questo caso lo sviluppo di metodi di datazione assoluta e relativa
dei reperti inorganici e dei materiali da costruzione (mensiocronologia e termoluminescenza
applicate ai laterizi; ricostruzione delle sequenze stratigrafiche e definizione di serie tipologiche su
base regionale dei singoli elementi architettonici) ha permesso di ovviare alle difficoltà poste da
quel continuo processo di restauro, riadattamento e riutilizzo di materiali, murature e spazi, che
rappresenta in definitiva il carattere peculiare dell'edilizia abitativa privata del Medioevo.
Altrettanto rilevante appare il contributo offerto alla conoscenza delle tipologie della c. medievale
nelle diverse aree regionali dallo sviluppo delle ricerche d'archivio. A fronte di una ovvia scarsità di
dati ricavabili dalle fonti storiche tradizionali, le ricerche condotte particolarmente negli ultimi
decenni nei fondi archivistici di città e distretti regionali hanno portato in molti casi all'accumularsi
di una mole imponente di materiali derivati dall'esame di atti notarili relativi a passaggi di proprietà,
a lasciti testamentari, a costituzione di fondi dotali, ecc. Si tratta di dati del massimo interesse, con
descrizioni spesso particolareggiate dei diversi ambienti che componevano l'abitazione - talvolta
con accenni alle strutture mobili e all'arredamento, con indicazioni relative alla struttura familiare e
all'attività prevalente degli abitanti e spesso corredati da stime circa il valore dell'immobile o delle
sue parti. In qualche caso i registri dei grandi patrimoni immobiliari di privati e di organizzazioni
religiose, pur redatti in epoche successive, riportano però piante e schemi planimetrici di c. che
risalgono sicuramente, almeno nelle loro componenti essenziali, ai secoli del Tardo Medioevo.
Alto Medioevo
La problematica della c. altomedievale propone essenzialmente due temi fondamentali, legati
rispettivamente alle regioni romanizzate del Mediterraneo e a quelle dell'Europa centrale e
settentrionale, in cui la romanizzazione, laddove sia effettivamente avvenuta, aveva lasciato tracce
assai meno consistenti nella cultura materiale. Nel primo caso, che riguarda principalmente il
territorio italiano e, in misura minore, le regioni meridionali della Francia, il problema
fondamentale appare essere quello della decadenza e dell'abbandono del modello abitativo grecoromano. I secc. VI e VIII videro infatti, in concomitanza con la crisi complessiva degli insediamenti
urbani (Brogiolo, 1984), il progressivo abbandono del sistema residenziale di tradizione romana,
basato sulla distinzione tra abitazioni signorili unifamiliari (domus) e abitazioni plurifamiliari
destinate ai ceti medi e bassi della popolazione (insulae). I pochi dati archeologici disponibili,
riferibili soprattutto alle aree urbane, testimoniano perfino della scomparsa della differenziazione
strutturale tra ambienti destinati a funzioni diverse: poveri locali per uso abitativo vennero spesso
ricavati dalla suddivisione di quelli che erano stati spazi o edifici pubblici e privati. Due casi italiani
oggetto di recenti indagini archeologiche possono costituire un esempio efficace di questo
fenomeno: a Luni, antico porto romano sul golfo ligure, che ancora nel VI sec. continuava a
svolgere una significativa funzione commerciale, una serie di modeste c. di abitazione con muri
perimetrali in muratura a secco e tetti in legno andarono a riempire gli spazi aperti dell'antico foro,
riutilizzandone muri e colonnati (Ward-Perkins, 1981); a Siena, probabilmente nel corso del VII
sec., una semplice capanna in muratura, argilla cruda e legno venne addossata ai resti, riutilizzati in
una parete, del muro d'ambito di un edificio monumentale di epoca romana . Il fenomeno in
questione, che pure si riscontra in molti dei grandi centri antichi a partire da Roma, non può però
essere assolutizzato: al contrario, le poche fonti disponibili per questo periodo testimoniano infatti
dell'esistenza di c. private di una certa consistenza volumetrica e materiale, delle quali però, proprio
in virtù di quel processo di continuo rifacimento e trasformazione del tessuto dei centri urbani
medievali, cui si è accennato, non rimane alcuna traccia archeologica.Il Codex traditionum
Ecclesiae Ravennatis, compilato probabilmente alla fine del X sec. collezionando materiali e
documenti relativi ai secoli precedenti, fornisce alcune preziose informazioni circa l'aspetto
generale delle case dei VII-X sec. nelle regioni dell'Italia centrosettentrionale adriatica. Dal
confronto di sommarie descrizioni, desunte principalmente da atti di compravendita, le c. citate
sembrano rispondere a un medesimo schema tipologico, almeno negli aspetti fondamentali: si tratta
in generale di edifici in muratura, realizzati con materiali di reimpiego (soprattutto laterizi ma anche
pietra da taglio) e con un uso estensivo del legno, sia per le suddivisioni interne (pavimenti, solai,
pareti, scale) sia, in qualche caso, come materiale da costruzione per i muri perimetrali; non è infatti
infrequente il caso di abitazioni realizzate in muratura fino al livello del pianoterra e poi
sopraelevate con strutture leggere in legno. Quando la c. era articolata su due piani - e ciò sembra
accadere nella maggioranza dei casi citati dal Codex - la distribuzione degli ambienti risultava
pressoché costante: al piano terra si trovavano la canapha (una sorta di deposito o magazzino), la
coquina (spesso ridotta a un semplice focolare con camino, talvolta però separata dall'abitazione
vera e propria per ragioni di sicurezza e forse addirittura in comproprietà tra diversi nuclei familiari)
e un balneum (detto in qualche caso anche calidarium: un semplice locale dotato di recipienti fissi o
mobili e di un sistema più o meno rudimentale di smaltimento delle acque). Talvolta al piano terra
compariva anche un triclinium o una sala, ambiente che deriva sia l'etimo sia la destinazione d'uso
dalla stanza centrale tipica delle abitazioni centroeuropee; sala e triclinium non vengono mai citati
nello stesso documento e ciò testimonia che si trattava con ogni probabilità di sinonimi che
definivano uno stesso tipo di ambiente. Al piano superiore sono documentati il triclinium e i
cubicula, evidente retaggio tanto nella denominazione quanto nella funzione delle tipologie
abitative di tradizione romana. La struttura della c. poteva essere completata da una sorta d'ingresso
(in qualche caso definito, con termine di probabile derivazione bizantina, andron) e spesso da una
stalla (stabulum). Alcuni documenti riportano anche una stima della misura dell'appezzamento di
terreno che comprendeva la case, il piccolo cortile retrostante e le eventuali pertinenze: si trattava di
superfici relativamente estese (in linea generale tra mq 200 e 300) e questo lascia supporre che,
almeno per quanto riguarda le abitazioni urbane, le c. citate nei documenti ravennati debbano essere
interpretate come appartenenti a una fascia tipologica medio-alta, che poteva coesistere con
strutture più modeste del tipo di quelle testimoniate dai ritrovamenti archeologici. In maniera
piuttosto diversa si pone invece il problema della c. altomedievale nelle regioni dell'Europa centro
settentrionale, della Scandinavia e delle Isole Britanniche, caratterizzate in quest' epoca da un
modello prevalente d'insediamento basato più sul villaggio rurale che non sulla continuità dei centri
urbani. Le ricerche archeologiche condotte negli ultimi decenni, particolarmente in Gran Bretagna e
nei paesi scandinavi, hanno arricchito in misura assai considerevole la base di dati a disposizione
degli studiosi a proposito delle abitazioni dei primi secoli del Medioevo in queste regioni. Anche se
non è ancora possibile definire serie tipologiche complete su scala regionale e sovraregionale, si
possono però individuarne, almeno in linea generale, i fondamentali elementi caratterizzanti
(Ralegh Radford, 1957). Si trattava in linea di massima di semplici edifici a pianta rettangolare più
o meno allungata (di lunghezza compresa nella maggior parte dei casi tra m. 8 e 12), con o senza
divisioni interne; queste ultime, quando esistevano, non avevano comunque carattere permanente né
funzione statica. Elemento caratteristico di questo tipo di costruzioni sembra essere la loro
intrinseca deperibilità: tanto i materiali impiegati (prevalentemente legno e paglia, ma anche, a
seconda delle disponibilità in loco, argilla cruda e pietra) quanto le tecniche costruttive (nella
maggior parte dei casi l'elemento portante era costituito da pali semplicemente infissi nel terreno)
non potevano assicurare la durata della struttura, che assumeva dunque più il carattere di elemento
funzionale che non quello di bene economico trasmissibile. Allo stesso quadro riconduce anche il
carattere indifferenziato degli ambienti interni: un singolo edificio poteva rispondere
contemporaneamente a più funzioni (normalmente, oltre a quella abitativa, anche ricovero per
animali, magazzino per la conservazione delle derrate, ecc.); è questo il caso, per es., delle cosidette long houses dell'area celtico-scandinava, edifici di forma grosso modo rettangolare, lunghi
spesso oltre m. 20, dove parte dello spazio, indistinto da quello riservato all'abitazione, era
probabilmente destinato al ricovero del bestiame. Questa semplice tipologia abitativa ebbe una sua
continuità, almeno nelle zone rurali dell'Europa centro settentrionale e nelle Isole Britanniche,
ancora nel corso del pieno Medioevo, per svilupparsi in seguito attraverso un processo di
differenziazione degli ambienti, con la sala centrale che assunse sempre di più il carattere di
ambiente destinato alla preparazione e al consumo dei pasti e la nascita di vani di disimpegno
(corridoio, scala), che davano accesso ad altri ambienti con destinazione più specifica (sala, camere,
ecc.), distribuiti sia su un solo piano sia su più livelli . Assai più difficile è invece ipotizzare una
linea evolutiva per gli edifici residenziali privati in contesti insediativi di maggiori dimensioni e
negli agglomerati urbani: le profonde trasformazioni urbanistiche intervenute nei secoli successivi
hanno infatti cancellato ogni evidenza archeologica riferibile ai secoli finali dell'Alto Medioevo.
Fanno eccezione in questo panorama due esempi tedeschi che, se non possono essere assunti a
termine di confronto generale, anche a causa della relativa incertezza della loro collocazione
cronologica, costituiscono comunque una testimonianza dell'esistenza di un'edilizia abitativa già
evoluta e differenziata. Si tratta in particolare del c.d. Graues Haus di Oestrich-Winkel, in Assia . un
edificio ipoteticamente datato intorno al VIII sec. , ma probabilmente da riferirsi nella sua ultima
fase del XI sec., che presentava al pianterreno una cucina e un magazzino e al primo piano, servito
da una scala esterna, una vasta sala con camino e una terrazza e di una c. in pietra a Magdeburgo,
databile probabilmente alla metà del X secolo, che conservava al piano terra due stanze con
pavimentazione in legno
Basso Medioevo
Il fenomeno di generalizzata rinascita delle città, che caratterizza i secoli immediatamente
successivi al Mille, segna un punto di svolta determinante nell'evoluzione tipologica dell'abitazione
privata. Il progressivo inurbamento di grandi masse di individui provenienti dalle campagne, la
nascita e lo sviluppo di nuove specializzazioni artigianali e l'affermarsi dei ceti mercantili
contribuirono al sorgere di tipologie abitative diverse, proprie della città e nettamente differenziate anche nel senso della qualità di vita che potevano offrire - da quelle tipiche della tradizione rurale,
costruite probabilmente in una prima fase in legno e successivamente, a seconda delle tradizioni
locali e della disponibilità di materie prime, in pietra, calcare o laterizi, le abitazioni urbane dei
secc. XI-XIV sembrano rispondere, almeno in linea generale, a un impianto tipologico costante. La
progressiva rettificazione e regolarizzazione dei tracciati stradali, l'innalzarsi della densità abitativa
e il definirsi di aspetti funzionali in qualche misura costanti furono probabilmente alcuni degli
elementi che determinarono la nascita della c. medievale detta a schiera. Si trattava di un tipo di
edificio che rispondeva a criteri distributivi assai diversi sia da quelli delle abitazioni di tradizione
romana (in cui il programma abitativo era assai articolato, ma svolto essenzialmente su di un solo
piano) sia da quelli delle abitazioni rurali altomedievali (basate, come si è visto, sull'utilizzo
promiscuo di spazi indifferenziati). La c. a schiera medievale prevedeva invece sempre uno
sviluppo in altezza su due o più piani (nei documenti romani bassomedievali, per es., si distingueva
anche terminologicamente tra domus terrinea, solarata o tegulata, a seconda che si trattasse di c. a
uno, due o tre piani; con una precisa suddivisione funzionale degli spazi interni. L'abitazione
occupava normalmente un appezzamento di terreno rettangolare, disposto con l'asse maggiore
perpendicolare rispetto al filo stradale: il prospetto verso la strada era dunque assai stretto e
l'edificio si sviluppava in profondità, spesso con ambienti posti in diretta comunicazione tra loro
senza ricorrere a vani di disimpegno. Al pianterreno, la zona frontale era frequentemente occupata
da una bottega, che si affacciava direttamente sulla strada attraverso un'ampia apertura o un piccolo
portico, e che era spesso dotata di un ambiente retrostante, adibito a magazzino o laboratorio. Una
seconda porta nella facciata dava accesso alla scala, che serviva i piani superiori: in molti casi,
particolarmente nell'Italia centrale, la scala poteva essere semplicemente addossata al corpo della c.,
sia su di un fianco sia anche in facciata. Al piano o ai piani superiori si trovavano normalmente gli
ambienti residenziali (la sala, le camere) e quelli di servizio; in particolare la cucina veniva posta di
norma in alto, sia per favorire la fuoriuscita del fumo sia per limitare il rischio di incendi. Laddove
la superficie dell'appezzamento lo consentiva, sul retro dell'abitazione si sviluppava un cortile,
spesso dotato di pozzo per l'acqua e di pozzo nero per lo scarico dei rifiuti; meno frequente era la
disposizione dei vani intorno a una piccolissima corte centrale che fungeva da presa di luce per gli
ambienti interni. A parte la grande porta del pianterreno in corrispondenza della bottega o del
magazzino, la c. a schiera medievale presentava scarsissime aperture: l'illuminazione dei vani era
affidata a poche finestre di piccole dimensioni (le soluzioni formali e decorative potevano essere le
più varie e la loro seriazione tipologica costituisce un utile strumento per la datazione) chiuse in una
prima fase da semplici imposte in legno e solo più tardi da vere e proprie finestre dotate di vetri. Nel
suo complesso, lo schema planimetrico e distributivo della c. a schiera rispondeva egregiamente a
molte esigenze diverse: in esso si realizzavano quelle economie di spazio, particolarmente
nell'ampiezza dei prospetti frontali, rese necessarie dal sempre crescente popolamento delle città; si
risolvevano problemi pratici di non secondaria importanza (riscaldamento, sicurezza), ma
soprattutto si realizzava quell'intima unione tra vita domestica e lavoro, che costituiva forse
l'elemento più caratteristico delle emergenti classi artigianali e mercantili. In questo senso,
l'impianto abitativo a schiera, sorto come conseguenza del rapido sviluppo urbano dei secoli centrali
del Medioevo, finì per divenire a sua volta strumento progettuale per la definizione degli spazi
destinati all'abitazione privata nelle città di nuova fondazione e oggetto anche dell'attenzione dei
trattatisti del primo Rinascimento dove i lotti edificabili indicati sembrano ben corrispondere alla
tipologia planimetrica della casa tardo medievale italiana, nel quale si arrivava a prescrivere la
qualificazione estetica (altezza e materiali delle facciate, aspetto delle coperture) del fronte delle c.
prospicienti la pubblica via - sia infine dai resti, che sono ancora oggi leggibili, degli impianti
urbanistici basso medievali della Toscana centrale.
Strettamente legata dal punto di vista funzionale alle esigenze della classe sociale emergente nel
mondo tardo medievale, la tipologia della c. a schiera si ritrova diffusa in tutta l'Europa,
sostanzialmente immutata nelle sue linee essenziali ma con importanti varianti regionali tanto nella
scelta dei materiali quanto nelle soluzioni costruttive e ornamentali. Condizioni ambientali e scelte
di carattere tecnico-costruttivo, tra cui, particolarmente nell'area germanica, l'impiego prevalente di
materiali deperibili quali il legno , responsabile tra l'altro di una sensibile carenza, in alcune regioni,
di edifici conservati, determinarono gli aspetti peculiari dell'edilizia residenziale privata nelle
diverse regioni europee. È il caso per es. del tipico impianto planimetrico nelle c. realizzate a
Fachwerk, in cui la tecnica costruttiva imponeva un continuo allargamento della superficie
dell'abitazione nel procedere verso l'alto, determinando il caratteristico progressivo aggetto delle
facciate; o ancora del forte rialzo dei tetti lignei a doppio spiovente nelle regioni dell'Europa
settentrionale, più esposte a manifestazioni climatiche particolarmente violente. Assai interessante
dal punto di vista tipologico appare lo sviluppo che il modello dell'abitazione a schiera assunse
nell'Inghilterra tardo medievale, dove si registra il parallelo svilupparsi di due schemi distributivi
nettamente distinti e basati rispettivamente su un andamento parallelo od ortogonale rispetto all'asse
stradale. Nel primo caso, gli ambienti principali (rispettivamente botteghe al pianterreno e sala e
camere al piano nobile) si disponevano su di un unico asse affacciato sulla via con un cortile
retrostante; nel secondo caso lo stretto corpo dell'edificio si sviluppava ortogonalmente alla strada,
fino a raggiungere una profondità di oltre m. 30, con stanze disposte su di una sola fila e su più
piani servite da uno stretto corridoio esterno che dava accesso al vano delle scale. Alla grande
omogeneizzazione che caratterizza, almeno negli elementi essenziali, l'edilizia residenziale privata
dell'Europa centrosettentrionale, fa riscontro una maggiore articolazione nella regione mediterranea,
dove la tipologia della c. a schiera viene arricchita da soluzioni dettate anche da particolari
condizioni sociali ed economiche. Caso esemplare è quello di Venezia, in cui anche gli edifici di
abitazione sembrano risentire in misura rilevante del particolare ruolo di crocevia economico e
culturale che la città ricoprì nei secoli finali del Medioevo. Accanto a un'edilizia minore, che
conservava caratteri strutturali e formali sostanzialmente analoghi a quelli del resto delle città
italiane, a Venezia si affermò nel corso dei secoli XII e XIII un tipo di insediamento residenziale
strettamente legato alle fiorenti attività commerciali della città. Si trattava di un particolare assetto
urbanistico dettato dal giustapporsi di nuclei edificati distinti, ciascuno legato a una delle ricche
famiglie mercantili e costituito da una serie di edifici (residenza padronale, servizi, magazzini,
alloggi dei dipendenti) organizzati intorno a una corte centrale La casa padronale, che aveva il suo
affaccio principale sul canale, era sempre organizzata su due piani (talvolta era presente anche un
ammezzato) e su due assi principali. La zona frontale presentava un solo grande ambiente
trasversale sia al piano terra (portico) sia al piano nobile (grande sala aperta in una loggia che si
estendeva spesso lungo tutta la facciata); la parte retrostante era invece organizzata secondo uno
schema longitudinale tripartito in cui trovavano posto, al piano terra, magazzini e ambienti di
servizio e al piano nobile gli ambienti residenziali. In una fase successiva (secoli XIV-XV) la casa
detta gotica, tipica dell'edilizia veneziana del Tardo Medioevo, appariva interamente organizzata
secondo uno schema tripartito longitudinale, con un profondo ambiente centrale che, tanto al piano
terra quanto a quello nobile, si affacciava sia sul prospetto principale sia su quello posteriore,
fungendo al tempo stesso da ambiente di rappresentanza e da accesso per gli ambienti residenziali e
di servizio; in facciata il portico e la loggia tipici della fase precedente erano sostituiti
rispettivamente da una o due porte d'acqua e da una polifora riccamente decorata.
1.4
Edilizia residenziale di età medievale nell’Italia meridionale
L’archeologia dell’edilizia residenziale di età medievale nel sud dell’Italia è ancora agli esordi. In
questa vasta area, l’attenzione di chi studia l’architettura medievale è stata sinora focalizzata, per la
maggior parte, sullo studio dei com-plessi monumentali, in particolare sulle chiese e, in minor
misura, o in misura più sommaria, sulle strutture castrensi. Sebbene siano stati individuati numerosi
insediamenti databili intorno al Mille, gli scavi sistematici e pubblicati sono assai ridotti in numero
e l’archeologia della casa è stata sostanzialmente evasa, un po’ per disinteresse, e un pò per la
difficoltà nel riconoscimento di strutture costruite,sostanzialmente, in materiali deperibili
Da questo quadro trascende, in parte, lo studio dell’insediamento rupestre, dove anche le case
venivano realizzate, il più delle volte (ma probabilmente non sempre), in grotta. Sebbene anche nel
caso dell’insediamento rupestre, sino a poco tempo fa, l’interesse si fosse concentrato sulle strutture
ecclesiastiche, ultimamente sono state avviate delle ricerche archeologi-che relative alle
problematiche inerenti gli aspetti laici dell’insediamento, comprese le case e le infrastrutture.
Visto che nello studio dell’insediamento rupestre le problematiche sono spesso diverse da quelle
legate allo studio della casa costruita in alzato e riguardano anche le grandi difficoltà di ottenere
valide cronologie di costruzione e di uso in contesti di stratificazione limitata, le case realizzate in
grotta non saranno prese in considerazione nella presente rassegna dell’edilizia residenziale. Vale
comunque la pena di osservare che, per certi versi, le modalità d’uso delle case in grotta, con le
ripartizioni delle aree funzionali, la mobilia e le infrastrutture, potrebbero derivare da simili
modalità d’uso delle coeve case costruite in alzato e, perciò, rispecchiarle. Infatti, ritengo poco utile
e forse anche fuorviante, dal punto di vista metodologico, separare lo studio dell’insediamento
rupestre da quello del resto dell’insediamento rurale. Il confronto, però, sarà assai difficile nonché
non riusciremo ad avere un buon campione di edifici ed insediamenti datati per entrambe le
categorie, sembra ormai piuttosto evidente che, verso la fine del medioevo, in particolare in ambito
rurale, ci fu poco impiego di pietra da costruzione nell’Italia meridionale, nonostante l’indiscussa
abbondanza della materia prima in gran parte del Mezzogiorno. Come si avrà modo di illustrare, le
evidenze sembrano, invece, indicare il diffuso impiego di materiali deperibili nell’edilizia, come in
altre zone dell’Italia e dell’Europa. Questo largo utilizzo di materiali quali legno e terra sembra
fosse legato non soltanto alla costruzione di case ed infrastrutture, ma anche di alcuni edifici
religiosi. Sebbene quasi tutte le chiese medievali conosciute.
In Italia meridionale, è ancora visibile (perciò da considerare eccezionali rispetto alla massa di
chiese i cui resti sopravvivono solo sepolti), siano costruite in pietra, la scoperta nel Salento, per la prima
volta in Italia me-ridionale, di una chiesa medievale di XII-XIV secolo realizzata sostanzialmente in terra,
presso il villaggio abbandonato di Apigliano (Martano, LE), porta a so-spettare che le chiese edificate in
materiale deperibile fossero ben più comuni di quanto generalmente si è portati a pensare .Infatti, è anche
possibile che fin verso gli ultimi secoli del medioevo, le chiese realizzate in terra, oppure in legno o più
probabilmente con materiale misto, fossero in netta maggioranza rispetto a quelle costruite in pietra, almeno
nei villaggi. Solo l’archeologia potrà fornirci delle certezze per quanto concerne le norme
nell’edilizia della chiesa medievale. Se la gran parte degli edifici ecclesiastici furono effettivamente
costruiti con un sostanziale impiego di materiali deperibili, non è difficile pensare che la
costruzione della maggior parte degli edifici di minor dispendio economico fosse eseguita
impiegando materiali di facile ed immediata reperibilità (terra, alcuni tipi di legno, canne, pietre
raccolte o di spoglio, ma non di nuova cavatura). Il problema della conoscenza delle tecniche da
costruzione utilizzate in Italia meridionale durante il medioevo, in base alle evidenze archeologiche,
fu posto da Ghislaine Noyé già vent’anni fa.
In seguito ad un esame dei risultati degli scavi da lei condotti presso Torre di Mare (MT) in
Basilicata e Scribla in Calabria, la studiosa aveva concluso che l’impiego del legno nell’attività
edilizia nell’Italia meridionale smentiva un’idea piuttosto diffusa di un’Europa del legno nel Nord
ed un’Europa della pietra nel Sud. Suggeriva, inoltre, che il passaggio al predominio della pietra sul
legno nell’Italia meridionale fosse avvenuto nel corso del XII seco-lo, ovvero in età normanna, se
non addirittura per via dei Normanni. Ricerche condotte in seguito alla pubblicazione del suo lavoro
appaiono con-fermare, in gran parte, la sua visione, almeno per quanto riguarda il sostanziale
impiego di materiale deperibile durante l’alto medioevo. Suggeriscono, comunque,che il passaggio
dall’impiego di materiale deperibile come il legno, ma anche la terra nella forma di mattoni crudi o
pisé, all’impiego di materiale lapideo fosse avvenuto non nel XII secolo, ma sostanzialmente dopo
(escluso le fortificazioni e un certo numero di chiese), quasi sicuramente, con momenti diversi da
zona a zona, tra contesti rurali e contesti urbani e tra contesti differenziati a livello sociale o
funzionale. Questa visione è, per certi versi, diversa da quello che sta emergendo per alcune altre
parti dell’Italia centrale o settentrionale dove, spesso,il cambiamento sembra essere avvenuto ancor
prima. In Toscana, il largo uso della pietra per le costruzioni, dopo la sua sostanziale scomparsa nel
corso del VI secolo, compare nuovamente nei villaggi verso il X secolo, nel progressivo passaggio a
centri incastellati, ovvero con la diffusione delle signorie rurali.
.
Resti della chiesa medievale di Apigliano, Martano (LE), costruita sostanzialmente in terra.
Chiaramente esistono delle spiegazioni per questo fenomeno delle diversità attraverso l’Europa, e
da regione a regione, e da area ad area, che non sarà facile puntualizzare fin quando non avremo un
campione di edifici residenziali ben più esteso di quello che esiste attualmente. Nel Peloponneso
nord-occidentale, non solo l’architettura bizantina, ma anche quella recente, risentono di una
divisione della regione in due aree geomorfologiche ben distinte, una orientale di natura calcarea, ed
una occidentale di piana alluvionale.
Ma, come si vedrà, nell’Italia meridionale non sarà semplicemente la base geologica a condizionare
la materia da cui nasce l’architettura domestica, molti studiosi hanno voluto vedere, comunque, la
transizione dall’impiego di materiale deperibile a materiale più resistente come riflesso di un
progressivo sviluppo economico e tecnologico avvenuto durante il corso del medioevo. Se, in linea
generale, questo può anche essere veritiero, dall’altra parte penso che una spiegazione della
transizione d’uso tra i diversi materiali vada ricercata anche nei diversi modi di intendere l’edilizia
(non solo residenziale) e il suo contesto insediativo, economico e sociale, durante il corso dei secoli;
problema sul quale ritorneremo in seguito prima di prendere in considerazione i dati disponibili per
l’edilizia domestica medievale nell’Italia meridionale, è bene riflettere, seppur brevemente, anche
su alcuni aspetti dell’architettura residenziale della tarda antichità. Un esame della letteratura
scientifica dimostra che, in effetti, si conosce relativamente poco anche sulle tecniche edilizie
impiegate intorno alla metà del primo millennio, prima e dopo la fine dell’impero romano
d’Occidente. Anche per questo periodo, gli sforzi di sintesi sono imperniati sull’edilizia
monumentale, sia essa urbana, sia essa rurale, dettati chiaramente dall’evidenza messa a
disposizione da chi scava e da chi pubblica.
È innegabile che molti edifici residenziali (ma non abbiamo idee delle percentuali) furono costruiti
con largo uso di pietra e di laterizi, almeno per quanto riguarda la zoccolatura dei muri. Invece, è
assai più difficile ottenere delle informazioni sulle tecniche impiegate per la realizzazione delle
murature in alzato oltre le prime decine di centimetri al di sopra del piano di calpestio antico. In
città,la questione rimane particolarmente difficile da risolvere, in quanto fu fatto largo riuso delle
costruzioni realizzate nella prima età imperiale. Evidente a Napoli, ci sono esempi di murature di
palazzi di età moderna che, talvolta, si basavano direttamente su strutture romane costruite in opus
reticolatum o in laterizio, chiaramente senza soluzione di continuità nell’utilizzo degli edifici.
1.5
Tipologie Costruttive
Il castello - Composto in origine da una palizzata in legno recintata da un fossato e intervallata di
tanto in tanto da torri, il castello è la diretta prosecuzione dell'ultima tipologia di villa romana, la
villa fortificata, tipica del periodo dei re romano-barbarici. In origine l'edificio centrale è in legno. È
solo verso la fine del X secolo, in conseguenza delle continue lotte tra i vassalli, che i castelli
cominciano ad essere realizzati in pietra e ad essere circondati da cinte murarie intervallate da torri
e culminanti con merli. All'interno della cinta muraria si aprono ampi spazi suddivisi in cortili che
ospitano i diversi edifici: le abitazioni delle truppe, dei servitori, degli artigiani, i magazzini, i
depositi e così via. In uno dei cortili sorge il mastio che ospita le camere destinate all'abitazione ai
piani superiori, mentre al pianterreno si trovano il corpo di guardia, la sala di giustizia con il
tronetto e le cucine. Nei sotterranei sono presenti i servizi e le prigioni. Verso il 1400 i castelli
perdono la loro funzione prettamente difensiva e diventano palazzi-castelli, utilizzati dalle famiglie
più abbienti prevalentemente come abitazione o dimora di caccia.
Le case contadine -Realizzate prevalentemente come case unifamiliari in legno con tetto in paglia,
in un primo periodo sono costruite direttamente sul manso, cioè sul lotto di terra da lavorare. Dal X
secolo in poi, per esigenze di protezione, queste capanne si spostano nei pressi del castello,
all'interno del quale i contadini potevano rifugiarsi in caso di attacco.
Case cittadine – La vita nelle case di città si svolge in modo certamente diverso rispetto a quella
nelle campagne. Le città sono circondate da mura e le attività pubbliche e sociali si svolgono
all'interno di diverse strutture urbane ed edifici: cattedrali, piazze del mercato, palazzo di città (nel
quale si tengono le riunioni e le assemblee del governo cittadino), palazzi delle corporazioni e
palazzo pubblico (utilizzato per le riunioni dei magistrati e per lo svolgimento degli affari pubblici).
Le case cittadine sono per lo più unifamiliari. In genere si tratta di case-bottega nelle quali vivono
sia il maestro con la sua famiglia, sia gli apprendisti e gli operai. Spesso sono case in affitto. Il forte
inurbamento, tuttavia, comportò una sovrapposizione tra le antiche strutture urbanistiche di epoca
romana e la necessità di accogliere sempre più persone all'interno delle mura cittadine. Cominciano
così a sorgere case-torri in muratura, che si sviluppano anche su quattro o cinque piani.
1.6
Materiali di costruzione
Broise-Maire Vigueur, archeologo medievale francese, disse che era impossibile delineare un
modello standard di casa medievale, perché gli edifici medievali sono tutti diversi l'uno dall'altro e
ognuno ha delle caratteristiche murarie e architettoniche differenzi da edifici a edificio : ogni
struttura medievale è unica nel suo genere.
Ci sono però elementi che sono presenti un po’ in tutti gli edifici, come la presenza di un portico
interno nel retro della casa, un portico esterno che è quasi sempre costruito su un livello più basso di
quello della strada, la presenza di un muro in comune con l'edificio a fianco,la porta d'ingresso si
apre sempre la stanza principale della casa e la presenza assidua di parti della casa in legno come
balconi, tetto, tettoie ecc..
L'Archeologia Medievale nasce nel 1950 in Italia (prima l'archeologia era soltanto quella classica) e
nel 1970-80 si cominciò ad allineare un tipo di architetti che lavorassero nella stessa direzione degli
archeologi, in questo modo era possibile studiare le tecniche architettoniche adoperate nel periodo
medievale , ed è per questo che solo nelle università Italiane è possibile studiare l'archeologia
medievale in classe e non esclusivamente negli scavi. Quindi studiare le tecniche architettoniche è
indispensabile per studiare una struttura medievale.
Il padre dell'archeologia medievale è Mannoni, che studiò numerosi edifici partendo da quelli in
Liguria e disse che c'erano 3 ricerche principali da fare davanti ad una struttura medievale:
1- Individuazione di una cronologia con lo studio stratigrafico.
2-Individuare il processo produttivo: malta e materiali.
3-Fare un analisi socio-economico di tipo antropologico.
Mannoni disse che il materiale usato non era scelto a casa, ma aveva una motivazione politica ,
economica soprattutto , e di prestigio. Quando si guarda una muratura risalente al periodo
Medievale, bisogna individuare prima di tutto il materiale utilizzato.
Gli edifici erano costruiti con materiali che erano stati reperiti nella zona; se una persona voleva
costruirsi una casa per esempio nella Tuscia (nord del Lazio, parte meridionale della Toscana e
parte dell'Umbria), avrebbe sicuramente utilizzato mattoni di Tufo o di Calcare Marino, perché
erano quelli a disposizione nella zona.
Come disse Mannoni c'era una autarchia, si usava quello che c'era in casa.
I materiali più usati erano comunque il Tufo e i laterizi.
I laterizi erano di due tipi: di prima scelta o di seconda scelta.
Quelli di prima scelta erano quelli di migliori condizioni ed erano smantellati integri dalle strutture
Romane dell'epoca precedente, quelli di seconda scelta invece erano quelli che erano in peggiori
condizioni e spesso erano spezzettati ed erano grandi dai 12 ai18 centimetri massimo.
Anche i Tufi e i tufelli (sarebbero i conci di tufo tagliati più piccoli) erano presi dagli edifici
Romani, e la motivazione del perché i medievali usavano quasi sempre materiale di riutilizzo
smantellando gli edifici Romani è semplicemente per una questione economica, costava molto
meno ricavare il materiale da costruzione da un edificio Romano che prenderlo direttamente dalla
cava.
Infatti tutti gli edifici medievali sono tutti strettamente legati all'età antica.
A volte capitava (e non di rado) che su dei muri ancora in piedi di grandi edifici Romani, come
anfiteatri, teatri, palazzi, i medievali usavano quel muro come parte integrante della casa e ci si
appoggiavano costruirci gli altri 3 muri della casa; anche questo era un modo per risparmiare.
Una importante differenza con il mondo delle costruzioni in età Romana è che i Romani usavano la
Pozzolana e ci facevano il cemento, mentre i medievali usavano a terra o la sabbia per fare la malta
per legare i mattoni di un edificio.
Con il crollo dell'Impero Romano d'occidente cessa anche la continuità Geo-Politica del territorio
Europeo e con l'arrivo dei popoli barbari , cessa anche la possibilità di usare la grandi arterie
consolari come vie di comunicazione separando ogni regno dall'altro, e visto che la Pozzolana
veniva prodotta esclusivamente a Pozzuoli, con l'assenza di una unità politica, non era più possibile
produrre malta con la pozzolana ed è per questo che i medievali usano una malta fatta con sabbia e
argilla, o terra che però era molto più fragile e molto meno legante di quella Romana, e questo
rendeva gli edifici più instabili.
Neanche i marmi Romani venivano risparmiati(soprattutto le statue purtroppo) perché, anche queste
venivano fuse per creare la calce viva , una componente della malta.
Infatti mote delle epigrafi Romaniche si sono salvati e pezzi di statue sono stati ritrovati proprio nei
pressi dei cantieri medievali.
La Fragilità della malta faceva in modo che una casa medievale per esempio, alla fine della
costruzione poteva presentare delle crepe strutturali dovute all'assestamento della struttura.
A Roma si sviluppa durante il Medioevo un tipo di casa aristocratica particolare: La Casa-Torre,
che aveva una funzione abitativa e difensiva, ma specialmente aveva un significato simbolico,
perché, possedere una casa-torre voleva dire affermarsi nella zona come una famiglia di prestigio e
di monopolio anche commerciale; infatti molto spesso le case-torri erano nei piani terra usate come
botteghe mentre i piani superiori come abitazione.
Negli edifici alti venivano usati di solito più materiali, come per esempio nei piani bassi(piano terra
e primo piano) conci di laterizi, con una buona quantità di malta perché, se si abbonda con la malta
si risparmi sul materiale usato , mentre nei piani alti si usa il Tufo, perché, è un materiale più
leggero e permette di raggiungere altezza più consistenti senza rischiare di appesantire troppo la
struttura.
A Roma il tufo è molto utilizzato anche in età Romana perché è un materiale molto reperibile visto
che il sottosuolo di Roma è ricco di questo materiale molto leggero, come il tufo rosso con scorie
nere e il tufo giallo, che si trovano facilmente vicino il Campidoglio e anche nella periferia di
Roma.
Ma nonostante la facile reperibilità del tufo, i medievali preferivano ricavarlo dagli edifici Romani
già esistenti sempre per una questione di costo.
Una importante caratteristica del medioevo è l'utilizzo del Legno, come per la costruzione di
balconi , tettoie, tetti, mobili e anche case completamente costruite con il legno: con l'arrivo dei
popoli Longobardi in Italia soprattutto portarono le loro tecniche costruttive che costruivano
direttamente in Legno(perché, per esempio Longobardi provenienti dalla Scandinavia in Italia
danno il via ad un utilizzo massiccio di strutture lignee).
Anche le impalcature da cantiere erano completamente in legno (e lo sono state fino al 1950 circa):
queste si dividevano in impalcature indipendenti e impalcature a muro.
Le impalcature indipendenti sono quelle che non si appoggiano al muro durante la costruzione di un
edificio, ma usano delle candele(tronchetti) di legno che sono state fissate al terreno con diversi
metri sotto il livello del terreno che stabilizzavano tutta l'impalcatura; ma questo tipo di impalcatura
non viene molto utilizzata perché, necessita di una buona quantità di legname.
Mentre l'impalcatura a muro è la più diffusa e si riconosce subito un edificio costruito con questo
tipo di impalcatura perché, sul muro si trovano file di buchi allineati , in cui mentre si costruiva il
muro si infilavano i tronchetti di legno nel muro e su questi tronchi poi venivano fissate le assi di
legno che costituivano le passerelle,le assi venivano legate con i tronchetti che fuoriuscivano dal
muro grazie a delle corde di canapa.
Per passare da un piano all'altro dell'impalcatura si usavano le scale, sempre fatte in legno, mentre
per trasportare materiali e malta nei piani alti veniva usato l'argano, una specie di gru in legno che
era indispensabile nella costruzione di edifici a più piani.
Nel periodo Gotico si sviluppa un nuovo tipo di ponteggi, chiamati ponteggi a sbalzo, che però
venivano usati particolarmente solo nella Borgogna, perché era ricca di boschi e questo tipo di
impalcatura a muro doveva necessitare di una quantità maggiore di legno,ma sicuramente questi
ponteggi a sbalzo erano molto più sicuri e resistenti.
I legni più pregiati e usati erano quelli provenienti da Abeti, Querce e Pini.
C'erano infatti pene severissime a chi appiccava fuochi nei boschi. Segno questo che la Selva torna
ad essere indispensabile anche come cava di materiali(lignei).
Un altro uso del legno tipico del medioevo è nella costruzione di cappelle temporanee dove
svolgere la messa durante la costruzione di una cattedrale che richiedeva molti anni, anche decenni.
Tornando alla muratura, dall'XI secolo c'è un utilizzo di mattoni di tufo diversi: vengono tagliati
blocchi di tufo più bassi e lunghi e vengono utilizzati soprattutto nei piani bassi e nei piani alti
invece si usano sempre tufi più simili a quadrati per dare uno slancio ottico alla struttura, come per i
campanili delle chiese.
Il Medioevo è molto più colorato e molto meno buio di quanto ci viene presentato. Le case erano
ricoperte di intonaci molto colorati (esempio guardando il bellissimo affresco di Ambrogio
Lorenzetti : "Gli effetti del Buon Governo") e durante questo periodo storico vengono sperimentate
nuove tecnologie e nuove metodologie di costruzione, e molto spesso gli edifici che richiedono
tecnologie più avanzate sono gli edifici poveri, perché utilizzando materiale scadente di seconda
scelta, come pezzi di laterizi spezzati, malta poco legante, e a volte invece dei laterizi compaiono
anche delle tegole di tetti Romani che vengono usati come mattoni, bisognava fare in modo che il
tutto si reggesse in piedi e che la struttura fosse fatta per resistere nel tempo; mentre gli edifici più
ricchi molto spesso non richiedevano di tecnologie particolari perché i materiali utilizzati erano
pregiati e resistenti e bastavano questi per far reggere la struttura in piedi, insieme ad una buona
malta ovviamente.
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