LA RIFORMA PROTESTANTE CAUSE STORICO-SOCIALI 1) Critica dell'enorme ricchezza e dei privilegi della Chiesa romana. Decadenza morale della Chiesa (nepotismo: cariche politico-religiose-diplomatiche offerte ai parenti di papi-vescovi-cardinali; lusso della curia romana; corruzione del clero, che si è lasciato influenzare dallo stile di vita borghese, emergente in tutta Europa, mondanità...). La sede pontificia era disputata da grandi famiglie italiane (Medici, Farnese, Della Rovere). In sintesi, da un lato il clero cattolico italiano appariva molto borghese, dall'altro persisteva un uso feudale del potere politico da parte del papato. 2) Risveglio delle nazionalità (Francia, Germania, Inghilterra, Olanda, ecc.) contro il Sacro romano impero rappresentato da Carlo V con Spagna-Austria-Ungheria-Paesi Bassi, e contro l'universalismo medievale cattolico del papato. In Germania è soprattutto la grande feudalità che combatte l'impero, negli altri Stati è soprattutto la borghesia, che appoggia la monarchia nazionale. 3) Esigenze emancipative di vari strati sociali: piccoli nobili in decadenza contro la grande feudalità (soprattutto in Germania, dove la piccola nobiltà non è riuscita, come in Italia, a istituire i Comuni insieme alla borghesia); servi della gleba contro la grande feudalità (soprattutto in Germania); borghesia contro i grandi feudatari (ovunque, ma in Inghilterra la riforma anglicana si farà sulla base di un compromesso fra queste due classi). La riforma protestante, per gli effetti di lunga durata che ha provocato, è stato l'avvenimento più importante, a livello europeo, della prima metà del '500. Essa rappresenta non lo sbocco inevitabile della crisi religiosa dei secoli precedenti, iniziata praticamente in concomitanza con la rivoluzione comunale e mercantile, con la riscoperta dell'aristotelismo, con il progressivo distacco dalle tradizioni bizantine-ortodosse, con la nascita del potere temporale del papato (appoggiato dai carolingi e da altri regni barbarici), ma rappresenta lo sbocco che a detta crisi vollero dare i ceti borghesi, nella convinzione che non esistessero altre alternative (nei secoli precedenti la crisi della chiesa fu affrontata dai movimenti ereticali pauperistici, per la maggioranza dei quali la riforma della chiesa non necessariamente avrebbe dovuto portare a uno sbocco individualistico di tipo borghese). La riforma provocò la spaccatura del mondo cattolico, la frantumazione definitiva del concetto di "sacro romano impero" e l'avvio del processo di formazione delle nazionalità: gran parte dei popoli di lingua anglo-sassone si separano dalla chiesa romana. Solo a separazione avvenuta, la chiesa romana intraprese, con il Concilio di Trento (1545-63) la sua riforma interna (la controriforma), basata sul rafforzamento dell'autorità pontificia, sull'Inquisizione, sull'Indice dei libri proibiti, sulla creazione di nuovi ordini religiosi (gesuiti, cappuccini, barnabiti, somaschi, scolopi...), su una notevole solidità dogmatica e disciplinare. Formalmente gli storici fanno risalire la crisi della chiesa romana al periodo della "cattività avignonese" (1305-77), in cui si verificò il trasferimento della sede pontificia ad Avignone (Francia meridionale), dopo il crollo della teocrazia papale: il che determinerà la soggezione del papato alla politica francese. Questa in realtà fu una disfatta di tipo meramente politico: gli aspetti di crisi sociale e culturale sono di molto anteriori. La crisi politico-istituzionale si accentuò con i due "scismi d'occidente", dopo il ritorno del papato a Roma. Durante il primo scisma (1378-1417), il Collegio dei cardinali, in maggioranza francesi, non era intenzionato ad accettare la politica di autonomia del papato nei confronti della Francia. Per questa ragione i cardinali elessero un antipapa, il quale però, dopo essere stato sconfitto col suo esercito, mentre marciava su Roma per sbarazzarsi del rivale, decise di fissare la sua sede ad Avignone. Molti cardinali, in un Concilio di Pisa (1409), decisero di deporre i due papi e di eleggerne un terzo, che però gli altri due non riconobbero. Allora l'imperatore Sigismondo convocò un Concilio ecumenico a Costanza (1414-1418), riuscendo a far deporre i tre papi e a farne eleggere uno nuovo, riconosciuto da tutti. Il concilio decise anche di condannare le eresie di Wyclef (Inghilterra) e di Huss (il riformatore boemo che, insieme al discepolo Girolamo da Praga, finì sul rogo nel 1415), riservandosi di trattare in un prossimo concilio il problema della riforma della chiesa. Infine adottò il principio della superiorità del Concilio sul papato (Sigismondo, al fine di neutralizzare la prevalenza dei vescovi italiani, impose ai prelati l'obbligo di esprimere il voto per nationes e per tale ragione con esso gli storici indicano la nascita ufficiale del concetto di "nazionalità"). Uno dei precedenti fondamentali della Riforma protestante fu anche la formazione del Movimento Conciliare, che rivendicava la subordinazione del papato al concilio (reformatio in capite et in membris). 1 Questo principio però non piacque ai prelati della curia romana, i quali proclamarono al Concilio di Firenze la superiorità del papato sul concilio. Per dieci anni (1439-49) il Concilio di Basilea rifiutò di riconoscere il papa di Roma ed elesse un antipapa, ma i poteri di questo Concilio (che durò dal 1431 al 144) furono progressivamente svuotati dal papato in tre modi: 1. trasferendo la sede del concilio prima a Ferrara (1438), poi a Firenze (1439); 2. realizzando l'unione a Firenze (1439) con la chiesa bizantina, minacciata dai turchi. Questa unione (durata meno di 20 anni) non solo illuse i bizantini che il papato avrebbe concesso un aiuto militare contro i turchi, ma svuotò anche di energia il movimento conciliarista radicale rimasto a Costanza (tant'è che il papa che quel Concilio aveva eletto, si dimise); 3. facendo molte concessioni ai vari Stati europei emergenti (politica concordataria). Dopo lo scacco del concilio di Basilea, praticamente sino al 1517 il papato tornò ad essere il vero sovrano della cristianità. Il movimento riformatore sperò che il concilio del Laterano (1512-1517) avrebbe recepito alcune delle istanze riformatrici. Invece ciò non avvenne. Il tentativo di riforma per mezzo di concili generali rappresentò l'ultima possibilità offerta alla chiesa cattolica di ristrutturarsi su base episcopale, "parlamentare", "federalistica". Il 16 marzo si chiuse il concilio e il 31 ottobre Lutero pubblicherà le sue 95 tesi. Il movimento conciliare si era convinto che la riforma avrebbe potuto aver luogo solo per vie non legali. Conseguenze La riforma in Germania assunse tra il popolo l'aspetto di una ribellione delle classi oppresse contro quelle privilegiate. La rivolta dei contadini (1524-25), capeggiata da Tommaso Münzer, fu enorme, ma venne repressa dai grandi principi feudatari con l'appoggio dello stesso Lutero. Stessa sconfitta la subirono i piccoli nobili ribellatisi ai grandi feudatari. L'impero di Carlo V, d'accordo col papato, si oppose alla riforma, ma senza successo. Le ostilità fra impero e principi tedeschi si conclusero con la Pace di Augusta (1555) che affermò il principio di "tolleranza religiosa", seppur entro i limiti del "cuius regio eius religio" (cioè la religione dei sudditi di una nazione deve essere quella del loro re). I beni ecclesiastici secolarizzati (confiscati) dai principi o dai re non furono più restituiti alla chiesa romana. La Riforma indebolì senza dubbio l'impero e l'universalismo medievale, ma non favorì in Germania la monarchia nazionale (come invece in Inghilterra e Olanda). Furono piuttosto i principi feudali a trarne i maggiori vantaggi. I punti fondamentali della rottura I) Giustificazione per fede: la salvezza si ottiene direttamente dalla grazia divina e non attraverso le opere guidate dalla Chiesa; quello che conta è solo l'atteggiamento di coscienza. Non ci si salva per i propri meriti. Il peccato originale rende l'uomo incapace di bene. Solo Dio può salvare. Di questa salvezza l'uomo non può essere certo finché non muore. In attesa di saperlo deve avere la fede. Conseguenza pratica: forte individualismo, rifiuto dei sacramenti, del concetto di "opere buone", separazione del civile dal religioso (cioè dello Stato dalla Chiesa). II) Libero esame delle Scritture: contro l'interpretazione ufficiale, dogmatica, canonica, della Chiesa. Conseguenza pratica: forte intellettualismo, nascita di molte comunità e sètte nell'ambito delle confessioni protestanti, rifiuto quasi totale della tradizione ecclesiastica cattolica, subordinazione dei sacramenti/riti/culto all'interpretazione della Bibbia. III) Sacerdozio universale dei credenti: contro le divisioni gerarchiche fra clero e laici. Conseguenza pratica: fine della struttura tradizionale della Chiesa, fine del monachesimo, sviluppo delle piccole comunità religiose. 2