De Revolutionibus - Liceo Scientifico Statale Vito Volterra

introduzione
Con il termine rivoluzione copernicana intendiamo quel lungo e tormentato processo
di rinnovamento scientifico e filosofico, iniziato verso la metà del XVI secolo con
l'opera di Copernico e culminato con l’affermazione, nel XVIII secolo, della
meccanica newtoniana.
Anche se questa rivoluzione ha riguardato l'intero pensiero scientifico, essa si è
sviluppata principalmente nel campo dell'astronomia, portando alla sostituzione
della concezione geocentrica con quella eliocentrica. Non fu un processo né facile né
indolore.
Il modello geocentrico fu universalmente accettato fino al Rinascimento, perché,
nella pur complessa versione finale di Tolomeo, esso era in grado di giustificare con
sufficiente precisione tutti i fenomeni celesti fino allora osservabili e si adattava alla
visione cosmologica delle Sacre Scritture.
Il cosmo dei greci
Il cosmo dei greci
I greci utilizzarono il termine kosmos per indicare l’universo, un
termine che significa ordine, simmetria, armonia e bellezza. Questa
concezione, che ebbe origine con i pitagorici, fu poi sviluppata da
Platone e fu ancora alla base delle teorie astronomiche di Copernico. É
a Platone che si deve l'insistenza sul carattere esatto, matematico
della scienza astronomica, e fu lui a porre il problema di individuare
moti uniformi e ordinati per giustificare il moto dei pianeti. Il principale
compito degli astronomi greci (così come dei loro successori fino a
Copernico) fu di "salvare i fenomeni", ovvero ricondurre i moti
planetari che appaiono variabili e complessi ad uno schema semplice,
quello del moto circolare uniforme.
Le cosmologie antiche
Per un osservatore che si ritenga collocato in una posizione di quiete al centro della
sfera celeste, il moto apparente del Sole presenta varie irregolarità, la principale
delle quali è la durata delle stagioni: mentre il Sole impiega 187 giorni per passare
dall'equinozio primaverile a quello autunnale, ne impiega 178 per passare
dall'equinozio autunnale a quello primaverile. Le anomalie dei moti di Mercurio,
Venere, Marte, Giove e Saturno costituirono uno dei maggiori problemi della storia
dell'astronomia prima di Copernico.
Nel sistema geocentrico il termine pianeta (dal greco planetes, che significa errante)
si riferisce anche al Sole e alla Luna. Si riteneva che, a differenza delle stelle
considerate fisse, i pianeti errassero nel cielo. Mentre le prime mantenevano
distanze reciproche uguali, i pianeti invece mutavano le loro posizioni durante
periodi di tempo variabili.
Oltre al moto giornaliero, insieme alle stelle in direzione ovest, ai pianeti si
attribuiva un moto più lento in direzione est fra le stelle. Il loro moto apparente
sulla sfera celeste è assai complesso, essendo in realtà la risultante del movimento
di rivoluzione della Terra e di quello del pianeta stesso intorno al Sole. Il pianeta
segue per un certo tempo una traiettoria apparente verso est, poi sembra fermarsi,
prosegue quindi di moto retrogrado e, dopo un ulteriore stazionamento, continua a
muoversi verso est.
Il problema degli astronomi era dunque creare modelli capaci di spiegare le
anomalie dei moti dei corpi celesti, assumendo come principi fondamentali la
centralità della Terra e il moto circolare uniforme dei corpi celesti.
Le sfere celesti
Il matematico Eudosso di Cnido (IV sec. a.C.) concepì una serie di modelli
geometrici per spiegare i complessi moti dei pianeti rispetto alla Terra, ritenuta
immobile al centro dell'Universo. Ciascun modello impiegava tre o quattro sfere
concentriche alla Terra, ruotanti uniformemente l'una dentro l'altra. Callippo di
Cizico (IV sec. a.C.) rese tali modelli più fedeli ai fenomeni osservati elevando il
numero delle sfere fino a quattro o cinque per pianeta. I modelli di Eudosso e di
Callippo erano probabilmente mere costruzioni geometriche.
Quando disegnò l'architettura fisica del Cosmo, il filosofo Aristotele (384-322
a.C.) pensò di riunire proprio questi modelli in un'unica macchina celeste. Il
movimento si propagava per contiguità dalle regioni esterne del Mondo verso
quelle interne. Iniziava dalla più alta e veloce sfera delle stelle, si comunicava
nell'ordine alle sfere di Saturno, di Giove, di Marte, di Mercurio, di Venere e del
Sole, e giungeva infine alla più bassa e lenta sfera della Luna.
Tutte le sfere celesti erano costituite di una materia cristallina ingenerata, eterna,
incorruttibile, imponderabile, perfettamente trasparente (De Caelo, II, 1) - l'etere,
o quintessenza - ben diversa dagli altri quattro elementi che componevano il
mondo sublunare pesante e corruttibile: terra, acqua, aria e fuoco.
Gli epicicli
Il modello delle sfere omocentriche aveva un'intrinseca debolezza, in
quanto non spiegava le variazioni di luminosità (e quindi di distanza
dalla Terra) dei pianeti riscontrate dalle osservazioni. Il modello fu
quindi sostituito da quello degli epicicli e delle orbite eccentriche,
dovuto al matematico Apollonio di Perga (attivo tra il 220 e il 190
a.C.) e da Ipparco di Nicea, che fece osservazioni a Rodi fra il 141 e il
127 a.C. Il modello degli eccentrici prevede che il pianeta si muova di
moto uniforme su un cerchio il cui centro è leggermente spostato
rispetto alla Terra. Con questo modello si possono giustificare le
variazioni di distanza del pianeta rispetto all'osservatore, le variazioni
della sua velocità e infine le ineguaglianze delle stagioni.
I moti planetari apparivano in realtà più complessi e si trattava quindi
di spiegare le loro stazioni e retrogradazioni. Il modello dell'epiciclo fu
concepito per dar risposta a questo problema. In questo modello il
pianeta è posto su una circonferenza chiamata epiciclo, il cui centro è
situato su un'altra circonferenza, chiamata deferente o circonferenza
di sostegno.
L’ astronomia di
Tolomeo
Nel II secolo d.C, Claudio Tolomeo rielaborò la cosmologia
geocentrica aristotelica mediante una complessa struttura
matematica.
Per far corrispondere l'ipotesi astronomica ai dati
dell'osservazione, Tolomeo fece ricorso a soluzioni geometriche
ingegnose (epicicli, equante, ecc.), che resero estremamente
complessa la struttura del suo sistema.
Secondo l'ipotesi tolemaica, la Terra è immobile al centro
dell'universo. Intorno ad essa, in orbite circolari via via
maggiori, procedono, tutti con moto costantemente uniforme,
la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno. Le
sfere dei pianeti sono circondate dal cielo delle stelle fisse.
Il sistema sviluppato da Tolomeo fu accolto quasi
universalmente fino alla fine del Cinquecento.
Nicola Copernico
Mikolaj Kopernik, o Koppernigk, (poi latinizzato in Nicolaus Copernicus) nacque
a Torun, in Polonia, nel 1473. Rimasto orfano di padre all'eta di dieci anni, lo zio
materno Lukasz Watzenrode, in seguito vescovo di Warmia, ne divenne il
tutore. Nel 1491 Copernico si immatricolò all'Universita di Cracovia e nel 1496
partì per l'Italia, dove si iscrisse all'Universita di Bologna. Nel 1501, dopo un
breve rientro in patria per prendere possesso del Canonicato di Frombork, si
iscrisse dapprima all'Università di Bologna e poi a quella di Ferrara, dove, nel
1503, consegui il dottorato in diritto canonico.
Nel 1504 Copernico si trasferi nel Castello di Lidzbark, presso lo zio Lukasz e,
nel 1512, si stabili definitivamente a Frombork. Probabilmente in quegli anni,
egli scrisse un breve opuscolo manoscritto, il Commentariolus, nel quale espose
i principi del suo sistema.
Nel 1540 il suo discepolo Georg Joachim Rethicus (1514-1576) pubblico la
Narratio prima, breve esposizione della teoria eliocentrica. Copernico mori nel
1543, lo stesso anno della pubblicazione del suo capolavoro, il De
revolutionibus orbium coelestium.
Copernico e il sistema
eliocentrico
Rispetto al sistema tolemaico, nel sistema copernicano si scambiano
le posizioni della Terra e del Sole. Quest'ultimo è al centro e la Terra
e diventa uno dei pianeti; la Luna le ruota attorno alla Terra come suo
satellite. Il moto continua ad essere circolare uniforme.
La Terra ruota non solo attorno al Sole (moto di rivoluzione), ma
anche attorno al proprio asse (moto di rotazione). La rotazione rende
inutile il moto della sfera delle stelle fisse, che è quindi immobile.
L'importanza del sistema copernicano consiste nel considerare
apparenti le anomalie del moto dei pianeti, dovute al loro moto
combinato con quello della Terra. Il moto reale dei corpi celesti
potrebbe allora svolgersi su orbite circolari (i deferenti di Tolomeo)
senza bisogno di introdurre gli epicicli.
il De Revolutionibus
•L'opera
principale di Copernico, il De Revolutionibus
orbium coelestium (1543) è innanzitutto un trattato di
astronomia, ma è anche l’opera che ha trasformato la
nostra immagine dell’universo.
L’astronomia eliocentrica, o, per esser più precisi,
geocinetica di Copernico ebbe origine sia dall'adesione
all’idea, proprio della scienza greca, di cosmo come
ordine e armonia, sia dalla piena accettazione dell'ideale
greco della circolarità e uniformità dei moti celesti.
Il principale motivo di insoddisfazione di Copernico nei
confronti dell'astronomia tradizionale era il fatto che
nell'Almagesto Tolomeo trattasse ogni pianeta
separatamente e che non fornisse un sistema unitario e
coerente dei moti dei corpi celesti.
Andreas Osiander
Andreas Osiander, teologo luterano, scrive una premessa anonima al
De Revolutionibus.
In questa premessa Osiander sostiene che il sistema di Copernico è
solo un utile strumento matematico, ma non rappresenta la realtà
fisica dell’universo.
Al lettore sulle ipotesi di quest'opera
Non dubito che alcuni studiosi, diffusa ormai la fama della novità di questa opera,
che pone la terra mobile e il sole immobile in mezzo all'universo, si siano
fortemente risentiti, e ritengano che non c'era alcun bisogno di rendere incerte le
discipline liberali, una volta sapientemente stabilite. Se essi vorranno però
riflettere saggiamente sulla cosa, troveranno che l'autore di questa opera non ha
commesso nulla che meriti rimprovero. È infatti proprio dell'astronomo prima
registrare la storia dei moti celesti mediante osservazioni abili e accurate; quindi,
escogitare e supporre le loro cause, ossia certe ipotesi, in un modo qualsiasi,
non potendole dimostrare in alcun modo come vere. Partendo da tali ipotesi, si
possono calcolare correttamente i moti celesti, in base ai princìpi della
geometria, tanto nel futuro che nel passato. (...)Permettiamo dunque anche a
queste nuove ipotesi, fra le antiche, il diritto di farsi conoscere, ma non come più
verosimili, tanto più che sono ammirevoli e semplici, e recano con sé un grande
tesoro di osservazioni dottissime.(...)
il compromesso di
Wittenberg
Nei decenni successivi alla pubblicazione del De Revolutionibus, si assiste
ad una diffusa tendenza a stabilire un compromesso tra l'astronomia di
Copernico e quella di Tolomeo, un compromesso che consiste
nell’accettazione di quegli aspetti tecnici dell'astronomia copernicana che
erano compatibili con la concezione geocentrica, come i moti della Luna, la
precessione degli equinozi e i moti circolari uniformi dei pianeti.
Un esempio di quest’uso ‘pratico’ dell’astronomia copernicana è offerto da
Erasmus Reinhold (1511-1553), dell’università luterana di Wittenberg, che
pubblicò nuove tavole astronomiche (Prutenicae Tabulae, 1551), migliori
delle Tavole Alfonsine, utilizzando il De Revolutionibus, ma non accettò la
teoria eliocentrica. Reinhold, adottando il punto di vista di Osiander,
considerò l'astronomia di Copernico un utile modello matematico per
compilare tavole astronomiche.
Tycho Brahe
Nobile danese, Tycho Brahe è stato uno dei maggiori astronomi dell’epoca che
precede l’introduzione del telescopio.Tycho decise di dedicarsi all’astronomia dopo
aver osservato una nuova stella nel 1572, nella costellazione di Cassiopea (in realtà
una supernova), che Brahe osservò sistematicamente convincendosi che si trattava
di una stella che prima non era presente nella costellazione e non di un fenomeno
della sfera sublunare.
Il sistema del mondo proposto da Tycho Brahe sostituì quello tolemaico con un
sistema che combinava geocentrismo ed eliocentrismo. Tycho riconosce la
superiorità del sistema copernicano rispetto a quello tolemaico, tuttavia, non è
disposto ad accettare l'idea che la Terra, corpo grave ed inerte, possa muoversi, in
quanto la mobilità della Terra gli appariva (giustamente) incompatibile con le leggi
aristoteliche del moto. Gli appariva altresì contraddetta dal fatto che un corpo
lanciato in alto verticalmente ricadeva al suolo nel punto da cui era partito – il che,
a suo parere, non avverrebbe se la Terra si muovesse.
Queste furono le principali ragioni, e tutt’altro che banali, che spinsero Tycho a
rifiutare la teoria geocinetica di Copernico. Ma l’astronomo danese conservò alcuni
dei vantaggi del sistema eliocentrico: nel sistema di Tycho Brahe la Terra è ferma al
centro dell'universo ed è il centro delle orbite della Luna e del Sole, come pure della
sfera delle stelle fisse che ruotano intorno ad essa ogni ventiquattr'ore, trascinando
con sé tutti i pianeti. Il Sole è invece il centro delle orbite dei pianeti, il che
comporta che l'orbita di Marte intorno al Sole e quella del Sole intorno alla Terra si
intersecano; ma Tycho può ammettere ciò, avendo reinterpretato le orbite come
linee immaginarie.
Giordano Bruno
Radicalizzando la teoria copernicana (la quale sosteneva pur sempre che il
Sole fosse immobile al centro dell'universo), Giordano Bruno affermò che
l'universo è infinito e la Terra non è altro che uno dei molti pianeti che
popolano l'immensità di questo infinito.
L’ infinità del cosmo, che ne sottolineava la perfezione divina, costituisce
un luogo entro il quale tutti i corpi sono soggetti alle stesse leggi fisiche in
modo omogeneo
A chi sosteneva che le stelle fossero fisse e immobili entro delle sfere di
materiale concreto, Bruno opponeva il fatto che l'osservazione degli astri
dimostra che ve ne sono certi più grandi di altri, e tale varietà di dimensioni
contrasta con l'idea che vuole le stelle degli oggetti di egual misura posti a
egual distanza dalla Terra in ragione di una loro fissità impressa nelle sfere.
Giudicato eretico dalla Chiesa Cattolica, Giordano Bruno fu arso vivo a
Campo dei Fiori il 17 febbraio 1600.
Il Dio Geometra di
Kepler
La prima opera di Johannes Kepler (1571-1630) è il Mysterium
cosmographicum, del 1596, che si apre con una lunga difesa del
sistema copernicano. In quest'opera Kepler esprime la convinzione
(che non abbandonerà mai) di una corrispondenza tra il Cosmo e la
Trinità. Il Cosmo, al cui centro è il Sole, è sferico ed è espressione
della Trinità: il centro è Dio Padre, la circonferenza o sfera delle stelle
fisse è il Figlio e gli spazi intermedi, riempiti dall'aura celeste, lo
Spirito Santo.
Convinto che l’universo fosse stato creato da Dio secondo un preciso
ordine geometrico, Kepler si propose di individuare la ragione del
numero dei pianeti e della dimensione delle loro orbite. Quest’ultima è
data, secondo Kepler, dalla relazione tra le sfere planetarie e i cinque
solidi regolari. La sfera di Saturno è circoscritta al cubo, in cui è
inscritta la sfera di Giove, nella sfera di Giove è inscritto il tetraedro,
in cui è inscritta la sfera di Marte; nella sfera di Marte è inscritto il
dodecaedro, in cui è inscritta la sfera della Terra; in questa è inscritto
l'icosaedro, che a sua volta è circoscritto alla sfera di Venere, in cui è
inscritto l'ottaedro, che, infine, circoscrive la sfera di Mercurio.
Da cosa sono mossi
i pianeti?
Dopo che Tycho aveva abolito le sfere celesti rimaneva aperta la questione della causa dei moti
planetari. In un primo tempo Kepler la individua in un'anima motrice situata nel Sole, la cui
azione, che Kepler paragona alla luce, diminuisce con la distanza.
Successivamente, Kepler interpreta la forza che ha origine nel Sole come forza magnetica. Il Sole,
ruotando, fa muovere i pianeti, più velocemente quelli più vicini, più lentamente quelli più lontani.
Kepler dimostra che il punto cui devono essere rapportati gli orbi dei pianeti è il centro del corpo
del Sole. É infatti convinto che i moti planetari abbiano origine in un corpo reale, fisico, non in un
punto geometrico qualsiasi in prossimità del Sole. Giunge inoltre alla conclusione - fondamentale
nella storia dell’astronomia moderna - che, poiché i pianeti si muovono tanto più lentamente
quanto sono più distanti dal Sole, il moto di ogni singolo pianeta nella propria orbita debba seguire
la stessa regola. Ciò conduce al superamento di una nozione centrale nell’astronomia di
Copernico: l'uniformità dei moti planetari.
La prima legge di
Kepler
• La prima legge di Kepler:
le orbite dei pianeti sono ellittiche ed il Sole
occupa uno dei due fuochi di ogni ellisse.
E’ così eliminato uno dei principi più duraturi della
storia dell’astronomia: la circolarità dei moti celesti.
La seconda legge di
Kepler
L’area descritta dal raggio-vettore che collega il Sole ad un pianeta
nell’unità di tempo, è costante. In altre parole, poiché una qualsiasi area
descritta dal raggio-vettore del pianeta è proporzionale al prodotto della
distanza per la lunghezza dell’arco, all’aumentare della distanza diminuisce
l’arco percorso in uno stesso tempo, quindi diminuisce la velocità del
pianeta.
In base alla seconda legge la velocità di un pianeta al perielio è dunque
superiore a quella all’afelio.
Le terza legge di Kepler
La ricerca di un ordine matematico dell’Universo come
espressione divina lo portò nel 1619 a realizzare l’opera
Harmonice mundi. in essa Keplero giunse finalmente a
definire quella legge matematica che doveva stabilire
una relazione tra distanze e periodi dei moti dei pianeti
intorno al Sole. Essa è oggi nota come la terza legge di
Keplero:
(III) i cubi dei semiassi maggiori di ogni pianeta sono
direttamente proporzionali ai rispettivi periodi di
rivoluzione
A3
————— = k
T2
Galilei, il telescopio e le osservazioni
astronomiche
Nell'agosto 1609 Galileo costruisce un telescopio a otto
ingrandimenti e lo dona alla Repubblica di Venezia,
ricevendo in cambio un congruo aumento di stipendio. Nei
mesi successivi (nell'inverno 1609-1610) Galileo compie le
prime osservazioni della Luna con un telescopio a circa venti
ingrandimenti. La superficie della Luna gli apparve simile a
quella della Terra, con montagne e avvallamenti, il che
costituiva un forte argomento contro il principio aristotelico
dell'immutabilità dei cieli.
Sidereus Nuncius
Il Sidereus Nuncius (1610) è l'opera nella quale
Galileo annunciò la scoperta dei satelliti di Giove
e ne determina i periodi. La pubblicazione
dell'opera e la dedica ai Medici dei satelliti di
Giove (denominati "Stelle Medicee") aprirono la
strada al ritorno in Toscana di Galileo, al quale
Cosimo II conferì la carica di Matematico e
Filosofo del Granduca.
Le fasi di Venere
Pochi mesi dopo la pubblicazione del Sidereus Nuncius Galileo osservò
Saturno tricorporeo, le macchie solari e le fasi di Venere.
Fasi di Venere
Le osservazioni delle fasi di Venere (non visibili a occhio nudo)
costituivano, secondo Galileo, un argomento ancora più favorevole
all’eliocentrismo: infatti, tali fasi possono essere spiegate solo se si
suppone che il pianeta ruota non intorno alla Terra, ma intorno al
Sole.
Le fasi di Venere
Alla massima distanza dalla Terra (congiunzione superiore), Venere
appare un disco rotondo perfettamente illuminato, poi crescerà,
finché, alla quadratura, sarà illuminata per metà; quindi, quando sarà
nella posizione più vicina alla Terra (congiunzione inferiore) apparirà in
contro-luce come un grosso disco non illuminato. Nel sistema
tolemaico Venere non può presentare fasi, in quanto il pianeta non
passa dietro il Sole; questo avviene invece nel sistema copernicano (e
anche in quello di TychoQuest’ultima serie di osservazioni portò
ulteriori evidenze contro il sistema aristotelico-tolemaico.
Il Dialogo
Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. di Galileo Galilei
(1632), come altre importanti opere di Galileo, è scritto in italiano, la
lingua della corte e della borghesia, anziché – secondo la consuetudine
accademica – in latino. Il fine è di allargare la cerchia dei suoi lettori e
di estendere gli interessi per la scienza tra differenti ceti sociali. Oltre
ad essere un'opera scientifica, il Dialogo è un'opera di carattere
polemico nella quale l'ironia e un uso sapiente della retorica sono
utilizzate per condurre un lettore non specialista, ma sufficientemente
colto e acuto, ad aderire al copernicanesimo e all'ideale di
matematizzazione della fisica che percorre le quattro giornate. Il
carattere inequivocabilmente copernicano de Dialogo non sfugge al
papa, la cui reazione è del tutto negativa: nel 1633 Galileo è convocato
a Roma, dove ha luogo il processo, che si conclude Il 22 giugno 1633
con la condanna "al carcere formale" a discrezione del Sant'Uffizio, e
l'abiura.
Il moto della terra
Nella Giornata seconda del Dialogo, Galileo rimuove le obiezioni
degli aristotelici (e anche di Tycho) contro il moto assiale della
Terra: una pietra lasciata cadere da una torre non toccherebbe il
suolo ai piedi della perpendicolare, ma in un punto spostato
verso ovest; le palle di cannone sparate verso occidente
avrebbero una gittata maggiore di quelle sparate verso oriente,
in quanto al percorso che farebbe la palla occorre aggiungere
quello del cannone, che, portato dalla Terra, si nuove verso
oriente. A queste obiezioni Galileo risponde per mezzo di
considerazioni basate sull'inerzia e sull'indipendenza dei moti
all'interno di un sistema di riferimento dato. Il volo degli uccelli,
così come i moti dell'aria in prossimità della Terra ed altre prove
addotte contro il moto della Terra sono confutate mostrando ciò
che accade sottocoperta in una nave in movimento che non
subisce né accelerazione né decelerazione, dove i nostri moti,
quelli delle gocce che cadono, quello dei pesci in un vaso non
sono influenzati dal movimento uniforme comune a tutto ciò che
la nave trasporta.
Le maree e i moti della
terra
Nella Giornata quarta del Dialogo è presentato
l'argomento principale che, secondo Galilei,
confermerebbe i moti della Terra: le maree.
Galileo ritiene (erroneamente) che il flusso e riflusso
delle maree è causato da accelerazioni e decelerazioni
che hanno origine dalla combinazione della rotazione
diurna e del moto annuo della Terra. La teoria galileiana
delle maree, che si basa su un modello meccanico, si
differenzia radicalmente da quella sostenuta da Kepler
che attribuiva il fenomeno all'attrazione della Luna e del
Sole. Per Galileo, una spiegazione basata sull'attrazione
era inaccettabile in quanto a suo avviso implicava
simpatie, antipatie e virtù occulte che a suo avviso
andavano bandite dallo studio dei fenomeni naturali.
L’idea di una forza magnetica che opera tra la Luna e
l'acqua del mare quale causa delle maree aveva riscosso
un certo seguito nel primo Seicento: fu sostenuta sia da
Francis Bacon (1561-1626) che dall'olandese Isaac
Beeckman (1588-1637).
Cartesio
Renato Cartesio (Descartes) fonda la
fisica su due principi: materia e
movimento. Il moto si trasmette
attraverso l’urto dei corpi e la quantità
totale di moto è costante mv=K
I vortici cartesiani
La materia ha come principale attributo
l’estensione. Quindi non v’è materia che non sia
estesa e non v’è estensione priva di materia.
Descartes non ammette il vuoto: l’universo è
pieno e i pianeti sono trascinati nei loro moti da
vortici di materia sottile.
Newton: La legge della gravitazione universale
Newton riuscì a dare risposta al problema delle forze che sono responsabili
dei moti dei corpi celesti, descritti dalle tre leggi di Keplero, unificando i
principi della meccanica celeste e quelli della meccanica terrestre. Egli
dimostrò che sia i moti dei corpi celesti nel sistema solare sia la caduta dei
gravi sulla Terra si potevano spiegare postulando l'esistenza di un'unica
forza attrattiva che si esercita fra tutti i corpi.
Due corpi qualsiasi (per esempio la terra e la luna, o la mela e la terra), si
attraggono con una forza che dipende dalle loro masse e dalla distaza a cui
si trovano.
La forza è tanto più intensa quanto più grandi sono le loro masse, e
diminuise se i due corpi si allontanano.
Più precisamente la forza di attrazione tra due corpi è proporzionale al
prodotto delle due masse diviso il quadrato della distanza a cui si trovano.
Attraverso la legge di gravitazione universale è possibile descrivere il moto
dei pianeti attorno al sole.
E' possibile fare previsioni sulla posizione dei pianeti per tempi
incredibilmente lunghi.
Le leggi di Keplero sono una naturale conseguenza di questa legge.