Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
Capitolo
1
Problematiche della misura di potenza ed energia
1.1
Generalità
Alla fine dell'800 ed agli inizi del 1900 la distribuzione dell'energia elettrica si è
sviluppata principalmente per soddisfare le incalzanti esigenze di potenziamento
imposte dal progresso e dallo sviluppo industriale, scientifico e tecnologico. Gli
utilizzatori di energia elettrica erano soprattutto costituiti da apparecchiature
poco sofisticate, quali sistemi di illuminazione, motori ed elementi per il
riscaldamento degli edifici. I fenomeni fisici alla base del loro funzionamento, le
grandezze elettriche in sé, gli effetti da esse determinati e le corrispondenti leggi
erano ben conosciuti e lo studio dei sistemi elettrici iniziava a prendere in
considerazione anche i mezzi per qualificare e, dunque, misurare le varie
grandezze elettriche in gioco.
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Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
Solo i grandi complessi industriali (le fonderie, l'industria pesante e gli
stabilimenti per la lavorazione del metallo) iniziavano ad utilizzare la
distribuzione a più fasi e le apparecchiature più sofisticate. L'influenza di queste
emergenti tecnologie, soprattutto in termini di deformazioni armoniche e di
incremento dei consumi, era in genere circoscritta alle sole compagnie di
distribuzione dell’energia elettrica.
Questa situazione è rimasta praticamente immutata per decenni, fino a quando, in
seguito alla vasta disponibilità dei carichi non lineari e all’enorme diffusione
delle apparecchiature elettroniche, la composizione dei carichi elettrici delle
aziende è risultata notevolmente modificata. Anche se potenzialmente più
prestanti e caratterizzati da elevati standard di funzionamento, i carichi elettrici
moderni non funzionano come quelli tradizionali e soprattutto, rispetto a questi
ultimi, non assorbono corrente allo stesso modo. Il raddrizzamento ed il controllo
dell'angolo di accensione dei dispositivi di potenza, i sistemi di illuminazione
controllati e gli azionamenti a velocità variabile sono solo degli esempi di carichi
che producono una deformazione della corrente.
Se da un lato i carichi non lineari moderni prolificano all'interno delle
aziende, dall’altro anche nei normali ambienti civili sono presenti carichi
deformanti e ormai l’elettronica di consumo, i computer, gli UPS, i forni a
microonde, i motori a velocità variabile, i montacarichi, ecc sono sempre più
capillarmente diffusi e spesso reputati beni insostituibili. Anche nell’ambiente
ospedaliero sono presenti macchinari elettromedicali specializzati (raggi-X,
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risonanza magnetica, ecc) che generano grandi quantità di armoniche e che
necessitano quindi di particolari monitoraggi.
La gran parte delle apparecchiature elettroniche, dunque, sono sorgenti di
armoniche di corrente e quando la loro concentrazione aumenta, aumenta di
conseguenza l’interazione con le altre apparecchiature installate nello stesso
ambiente, intensificandone l’influenza sul sistema elettrico di distribuzione. Le
armoniche di corrente, infatti, interagiscono con l'impedenza del sistema di
distribuzione provocando anche le deformazioni della tensione, incrementi di
perdite e di stress termico. Altre problematiche come il funzionamento errato
delle apparecchiature, la riduzione della vita utile dei componenti del sistema, il
surriscaldamento dei trasformatori e i campi elettromagnetici di forte intensità
possono essere di certo ricondotti alla presenza delle armoniche o al
funzionamento non ideale del sistema elettrico nel suo complesso.
L’inquinamento armonico diventa ben presto un concetto generalmente
conosciuto nonché materia di un fecondo studio a livello internazionale. Ciò ha
comportato la nascita dello studio della qualità dell’energia elettrica, divenuta in
questi ultimi anni un obiettivo strategico per le società elettriche, per le aziende
che costruiscono apparecchiature elettriche ed elettroniche e per quelle che
operano nel settore dei servizi e per gli stabilimenti industriali.
In accordo con quanto descritto nel capitolo uno, la Power Quality (PQ), nella
sua accezione più generale, è intesa come la valutazione e l’analisi dell’entità
delle deformazioni delle forme d’onda della tensione distribuita e della corrente
assorbita rispetto ai valori nominali di riferimento, al fine di individuare gli
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interventi atti a contenerne le variazioni e gli effetti negativi ad esse
riconducibili.
La comunità scientifica internazionale ha lavorato molto sul problema
della Power Quality e sebbene a questo termine non si dia ancora un significato
univoco, tutti concordano sull’importanza che questo aspetto ha sulla
distribuzione della energia elettrica. Sono stati perciò definiti indici di qualità
dell’energia e sono state sviluppate specifiche norme che impongono limiti sia
per il distributore (vincoli sulla forma d’onda della tensione distribuita), che per
gli utenti (vincoli sulle emissioni di corrente armonica da parte delle
apparecchiature elettriche alimentate).
Rientrano tra i problemi relativi alla Power Quality i seguenti disturbi:
armoniche, interarmoniche, buchi di tensione, sovratensione di breve o lunga
durata, flicker, fluttuazione e interruzioni della tensione. Avendo discusso nel
primo capitolo le diverse definizioni delle disturbi di PQ, verranno di seguito
affrontate le questioni legate alla bontà dei moderni sistemi di misura del
prodotto energia elettrica, in presenza di problemi di PQ. Questo aspetto assume
un ruolo di primaria importanza nel libero mercato dell’energia elettrica, ove,
oltre al problema della differenziazione tariffaria dei contratti di fornitura
dell’energia in funzione della qualità del prodotto fornito, vi sono anche tutti gli
aspetti connessi alla bontà della misura dell’energia stessa. In questo ambito, la
presenza di armoniche mette in seria discussione i concetti tradizionalmente
utilizzati: le definizioni delle potenze attiva, reattiva ed apparente e del fattore di
potenza, universalmente accettati per il regime periodico alternato sinusoidale
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ideale, risultano privi di significato fisico nelle condizioni reali non sinusoidali di
funzionamento: viene di fatto a mancare la definizione del misurando.
1.2
Potenza attiva, reattiva e apparente in regime permanente sinusoidale
Il presente paragrafo è strutturato in due parti; nella prima sarà affrontato lo
studio dei circuiti elettrici monofasi alimentati con tensione perfettamente
sinusoidale, nella seconda si suppone di alimentare nello stesso regime un
sistema elettrico trifase. Verranno presentate per entrambe le configurazioni le
relazioni teoriche più importanti, nella pratica ormai ben consolidate.
1.2.1 Circuito monofase
La tensione sinusoidale a pulsazione ω applicata ai capi di un’impedenza
.
Z  R  jX
può assumere la seguente formulazione:
(1.1)
v(t )  2V cos(t )
e l'impedenza risulta attraversata da una corrente il cui valore istantaneo è
(1.2)
i (t )  2 I cos(t   )
in cui V ed I sono i valori efficaci rispettivamente di tensione e corrente e
l’angolo di sfasamento  è dato dall’espressione   arctg ( X ) .
R
La potenza elettrica p(t) che, istante per istante, si trasferisce tra le due
sezioni circuitali (alimentazione e carico), per definizione, è il prodotto del valore
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istantaneo della tensione per quello della corrente e sarà, quindi, espressa dalla
seguente relazione:
p(t )  v(t )  i (t )  2V cos(t ) 2 I cos(t   )
(1.3)
dal prodotto di due grandezze sinusoidali isofrequenziali segue che
p(t )  p p  pq  VI cos   VI cos(2t   ) 
(1.4)
 VI cos   VI  cos(2t ) cos   sin(2t ) sin   
 VI cos  1  cos(2t )   VI sin  sin(2t )
Dall’espressione (1.4) si deduce che la potenza istantanea è costituita dalla
somma di due termini: il primo indipendente dal tempo, e perciò costante; il
secondo variabile con legge cosinusoidale, assumendo nel tempo un valore
medio nullo. A questa potenza, di ampiezza VI e oscillante a frequenza doppia
rispetto a quella della tensione distribuita, si dà il nome di potenza fluttuante.
Ciò che caratterizza il fluire e lo scambio dell’energia elettrica
dall’alimentazione al carico è il valore medio della potenza istantanea nel periodo
T delle grandezze elettriche di interesse. Come si è detto, il valore medio del
secondo termine risulta nullo, mentre quello del primo termine, trattandosi di una
costante, coincide con la costante stessa:
T
P
1
p(t )dt  VI cos
T 0
(1.5)
Gli andamenti della potenza istantanea e della potenza media sono rappresentati
nella figura 1.1.
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v
v
v  2V cos(t )
V
ip
IP
V
V

iq

IQ
I
i  2I cos(t   )
p=vi
pP
pq
0
ϕ
Q
P
P
p
0
p
0
p/2
p
c)
b)
a)
Figura 2.1 - Andamenti della potenza istantanea e della potenza media (a),
della potenza attiva (b) e della potenza reattiva (c).
I versi positivi di tensione e corrente stabiliscono il verso positivo del flusso di
potenza. Poiché l’intensità di corrente e la tensione elettrica assumono valori sia
positivi che negativi, il loro prodotto, cioè la potenza istantanea, può essere sia
positiva che negativa (figura 1.1 a). Ci sarà, allora, un intervallo di tempo in cui
il carico utilizzatore funziona da generatore: nel regime variabile, infatti, le
energie
elettriche
immagazzinate
(magnetica
negli
elementi
induttivi,
elettrostatica in quelli capacitivi) sono permanentemente scambiate tra questi
componenti reattivi e il generatore a regime si trova a dover fornire al circuito la
sola energia che verrà effettivamente utilizzata e convertita in altre forme
(energia meccanica, termica, chimica, ecc.).
La potenza responsabile del flusso di energia è la potenza attiva, dovuta
alla sola componente della corrente in fase con la tensione, (figura 1.1 b); il suo
flusso è sempre diretto verso l’utilizzatore ed oscilla tra 0 ed un valore massimo
pari a 2P (P è il suo valore medio precedentemente calcolato), mentre la potenza
reattiva, (figura 1.1 c), scambiata tra generatore e gli elementi reattivi è dovuta
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alla componente della corrente in quadratura con la tensione. È chiaro che questa
componente non può determinare potenza nel senso fisico di questa parola, ed è
per questo che viene definita anche componente swattata.
La potenza reattiva media assume dunque la seguente espressione:
Q  VI sin 
(1.6)
può essere sia positiva che negativa (il segno specifica se il carico è di tipo
induttivo o capacitivo) e ad essa sono proporzionali le perdite sulla linea di
trasmissione. Per questa ragione, in molte applicazioni è auspicabile la netta
riduzione a zero di Q tramite l’inserzione sulla linea di elementi di
compensazione.
D’altra parte, nella tecnica delle correnti alternate, si considera accanto alle
potenze attiva e reattiva anche la cosiddetta potenza apparente, che, dal punto di
vista fisico, non è una potenza elettrica. Essa viene indicata col simbolo S ed è
definita dal prodotto fra i valori efficaci della tensione e della corrente:
(1.7)
S  VI  V I p2  I q2  V I 2 cos 2   I 2 sin 2   (VI cos  ) 2  (VI sin  ) 2  P 2  Q 2
La potenza apparente è intesa come la massima potenza attiva che può essere
trasmessa ad un carico, quando i valori efficaci di tensione e corrente, a parità di
perdite nella linea, sono mantenuti costanti. Generalmente con la potenza
apparente si esprime anche il grado di robustezza di un impianto, il quale risulta
tanto più elevato quanto più S è alta.
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Al termine cos  si dà il nome di fattore di potenza PF, definito come
rapporto tra la potenza attiva P e la potenza apparente S (o massima potenza
attiva che può essere trasmessa)
PF  cos  
P
S
(1.8)
Il suo nome deriva proprio dal fatto che è il coefficiente per cui si deve
moltiplicare la potenza apparente per ottenere la potenza attiva. Esso coincide
con il coseno dell’angolo di sfasamento tra tensione e corrente solo per forme
d’onda perfettamente sinusoidali, che è del resto l’unico caso in cui si può parlare
di un ben preciso angolo di sfasamento. PF ha la caratteristica di assumere un
valore positivo sia per corrente in ritardo sia in anticipo, e di essere uguale ad
uno (massimo valore) quando la corrente è in fase con la tensione (caso in cui la
potenza attiva sarà massima e minime perdite), altrimenti di essere sempre
inferiore all’unità, fino a raggiungere il valore zero (valore minimo) nella
condizioni di corrente in quadratura (caso in cui la potenza attiva trasmessa
risulta nulla).
Dal punto di vista del sistema elettrico, il fattore di potenza indica il grado di
utilizzazione della linea, il quale sarà massimo quando P = S.
1.2.2 Circuito trifase
Un sistema trifase è generalmente caratterizzato da tre fili di linea (L1,L2,L3) più
l’eventuale quarto conduttore di neutro L0 che, in relazione al tipo di sistema
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trifase, può essere anche assente. In figura 2 è rappresentato un sistema trifase in
cui sia i generatori che il carico sono entrambi connessi a stella.
Figura 2.2 - Collegamento a stella di un sistema trifase.
In presenza del neutro risulta l’equilibrio
I1  I2  I3  I0
(1.9)
mentre in assenza del quarto conduttore deve essere
I1  I2  I3  0
(1.10)
in cui I1 , I2 e I3 son i tre fasori rappresentativi delle tre correnti di fase, e I0 è il
fasore della corrente del neutro. Di particolare interesse sono i sistemi trifasi
simmetrici in cui tutte le tensioni concatenate V12 , V 23 e V 31 sono uguali in
modulo ( V ) e reciprocamente sfasate di 120°, circostanza in cui risulta:
V12  V23  V31  V
I1  I2  I3  I
(1.11)
(1.12)
cioè, ipotizzando che le tre impedenze alimentate siano uguali (in modulo e in
fase), il sistema è anche equilibrato.
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Figura 2.3 - Diagrammi vettoriali per un sistema a stella simmetrico ed equilibrato.
Nella figura 1.3 sono rappresentati i diagrammi vettoriali delle tensioni e delle
correnti, per un sistema simmetrico ed equilibrato connesso a stella. In queste
condizioni circuitali, ipotizzando alimentazione sinusoidale a pulsazione ω, le tre
tensioni fase-neutro va , vb e vc , con Vn valore efficace, possono essere così
espresse:
va  2Vn cos(t )
vb  2Vn cos(t  120)
(1.13)
vc  2Vn cos(t  240)
e le tre correnti di fase, con valore efficace I e sfasamento  rispetto alla
tensione, hanno una espressione simile:
ia  2 I cos(t   )
ib  2 I cos(t    120)
(1.14)
ic  2 I cos(t    240)
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Il sistema trifase viene considerato come l’associazione di tre sistemi monofasi
indipendenti, ciascuno formato da un conduttore di linea e dal conduttore di
riferimento scelto arbitrariamente. Pertanto la potenza istantanea totale p in
transito sulla linea, in regime sinusoidale, è data dalla somma delle potenze
istantanee di ciascuna fase:
p  vaia  vbib  vcic
(1.15)
Le potenze attiva e reattiva saranno rispettivamente
P  3Vn I cos  3V I cos
(1.16)
Q  3Vn I sin   3V I sin 
(1.17)
in particolare Q  S 2  P 2 , in cui
S  3Vn I  3V I
(1.18)
A partire direttamente dalle espressioni (1.16) e (1.18) si giunge al calcolo del
fattore di potenza per un sistema trifase simmetrico ed equilibrato, cioè PF 
P
.
S
Qualora il sistema trifase non godesse delle condizioni di simmetria delle
tensioni e/o di equilibrio delle correnti, le espressioni delle potenze
precedentemente calcolate muterebbero la loro formulazione analitica, perdendo,
nel caso della potenza reattiva e di quella apparente, anche il significato fisico
alla base delle loro definizioni. I sistemi elettrici asimmetrici e squilibrati sono
pertanto descritti da terne costituite da tensioni stellate e correnti di linea diverse
da fase a fase, sia in termini di valori efficaci che di sfasamenti:
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Capitolo 1
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va  2Van cos(t   a )
vb  2Vbn cos(t   b  120)
(1.19)
vc  2Vcn cos(t   c  240)
ia  2 I a cos(t   a )
ib  2 I b cos(t  b  120)
(1.20)
ic  2 I c cos(t  c  240)
A partire da queste relazioni si possono naturalmente ottenere le espressioni delle
potenze assorbite da ciascuna fase, le quali risultano differenti l’una dall’altra; in
particolare si avrà che
Pa  Van a cos a
(1.21)
Pb  Vbn b cos b
Pc  Vcn c cos c
con  a   a   a
con b   b  b
Qa  Van a sin  a
con c   c  c
Qb  Vbnb sin b
(1.22)
Qc  Vcn c sin  c
Ipotizzando che il sistema trifase asimmetrico sia lineare, le potenze attive e
reattive totali si ottengono sommando i contributi di ciascuna fase:
P  Pa  Pb  Pc
(1.23)
Q  Qa  Qb  Qc
(1.24)
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Capitolo 1
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In presenza di squilibri nei carichi e dissimmetrie nelle tensioni il sistema trifase
non può essere più considerato come l’associazione di tre sistemi monofasi, dal
momento che questi ultimi perdono la loro indipendenza. Un sistema trifase
qualunque, allora, purché lineare, può essere ricondotto allo studio dei sistemi
simmetrici sfruttando l’algebra delle terne di sequenza diretta, inversa,
omeopolare e
applicando, in un secondo momento, il principio di
sovrapposizione degli effetti. Questo criterio viene tradizionalmente adottato
nello studio dei sistemi elettrici non simmetrici e non equilibrati e, pertanto, è
anche contemplato nelle norme tecniche nazionali e internazionali, come accade,
per esempio, nello Standard 1459-2000 [1], il quale attualmente risulta essere
l’unico documento normativo di riferimento sia per il regime non sinusoidale che
per quello squilibrato.
1.3
Regime non sinusoidale
Si è ormai tutti convinti che la misurazione della potenza e delle altre grandezze
elettriche in alternata sia estremamente importante tanto per i distributori quanto
per i consumatori di energia elettrica. La strumentazione attualmente in uso è
stata progettata e collaudata per applicazioni in regime sinusoidale, in cui le
definizioni di potenza attiva, reattiva e fattore di potenza sono univocamente
specificate e perciò universalmente adottate. Nella realtà, però, i carichi non
lineari deformanti sono diventati molto comuni e tali contatori si trovano di fatto
a funzionare in regime non sinusoidale. La comprensione delle proprietà delle
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Capitolo 1
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potenze di molti circuiti elettrici, dunque, non rimane una tematica di natura
puramente accademica, ma deve essere trattata come un problema dalle
importanti conseguenze sia tecniche che economiche, che possono essere
riscontrate in tutti gli ambiti fino ad interessare anche l’utilizzatore finale.
Sebbene le problematiche inerenti alle forme d’onda non sinusoidali di
tensioni e correnti e i loro effetti sul sistema elettrico nel suo complesso siano
ormai ben identificati e generalmente condivisi, i comitati tecnici internazionali
non hanno ancora ricercato una definizione univoca delle potenze che sia in
grado di superare gli scontri ideologici derivanti dalle diverse scuole di pensiero.
Nel corso degli ultimi anni, infatti, a molte grandezze elettriche è stata attribuita
più di una possibile definizione, ciascuna caratterizzata da presupposti teorici e
notazioni matematiche tali da renderle l’una diversa dall’altra. Peraltro, le
definizioni di potenza reattiva ed apparente in regime non sinusoidale possono
essere date solo in forma convenzionale, senza attribuire loro alcun significato
fisico.
Nel prosieguo, a seguito di una generica descrizione delle grandezze
elettriche in regime non sinusoidale e di una breve presentazione dei metodi di
analisi e di scomposizione delle forme d’onda, verranno presentate nel dettaglio
le più importanti definizioni delle potenze in regime deformato, introdotte negli
anni dai maggiori teorici e dai comitati tecnici internazionali più accreditati, che
ancora oggi lasciano spazio ad acute confutazioni teoriche.
20
Capitolo 1
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1.3.1 Grandezze elettriche in regime non sinusoidale
Nelle condizioni reali di funzionamento dei sistemi elettrici, in presenza
soprattutto di componenti e carichi non lineari, le forme d’onda di correnti e
tensioni non sono sinusoidali alla singola frequenza industriale, ma contengono
delle componenti armoniche di ordine superiore. Se tensione e corrente sono
entrambe deformate, ma funzioni periodiche con stesso periodo T, possono
essere espresse in una somma di sinusoidi (ciascuna con una propria frequenza,
ampiezza e fase) tramite la scomposizione matematica in serie di Fourier,
secondo le seguenti formulazioni:
v(t )  Vo  2V1 cos(t  1 )  2 Vh cos(ht   h )
(1.25)
i (t )  I o  2 I1 cos(t  1 )  2  I h cos(ht   h )
(1.26)
h 1
h 1
v(t) e i(t) sono i valori istantanei, Vo e Io i valori medi, Vh e Ih i valori efficaci
delle h-esime componenti armoniche,  h e  h rappresentano lo sfasamento
elettrico della tensione e della corrente rispettivamente.
Nel definire i valori efficaci della tensione e della corrente deformate vengono
presi in considerazione i valori efficaci di tutte le componenti armoniche così
come segue:
V
2
h
(1.27)
2
h
(1.28)
V
h0
I
I
h 0
21
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
1.3.2 Il principio del load-current splitting
Un concetto fondamentale alla base della maggior parte delle definizioni di
potenza in regime non sinusoidale riportate in segu
ito riguarda il principio del load-current splitting [2], figura 1.4, in base al quale
il valore istantaneo della corrente può essere espresso in termini di una
componente in fase, ia, e di una componente in quadratura, iq, tra loro ortogonali,
tali che
(1.29)
i  ia  iq
Figura 2.4 - Load-current splitting
Il valore istantaneo dell’h-esima armonica di tensione è
(1.30)
vh (t )  2Vh cos(ht   h )
e le componenti delle correnti in fase e in quadratura sono
ia h (t )  2 I h cos( h   h ) cos(ht   h )
(1.31)
iq h (t )  2 I h sin( h   h ) sin( ht   h )
(1.32)
Il quadrato del valore efficace della corrente sarà:
T
T
T
T
1
1 2
1
1 2
I   (ia  iq )2 dt   ia dt   2iaiq dt   iq dt I a2  I q2
T0
T0
T 0
T0
2
(1.33)
22
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
T
essendo naturalmente
1
iaiq dt  0 .
T 0
Risulta chiaro che il valore efficace di una corrente, somma di due aliquote
ortogonali, non contiene i prodotti incrociati delle due componenti stesse e che il
quadrato del suo valore efficace è uguale alla somma dei quadrati dei valori
efficaci di ciascuna componente.
In letteratura ci sono tuttavia altre possibilità di dividere la corrente in due
o più componenti ortogonali; nei successivi paragrafi, nel presentare le diverse
teorie maggiormente affermate nell’ambito dello studio del regime elettrico non
sinusoidale, alcune di esse saranno dettagliatamente mostrate e opportunamente
commentate.
1.4
Definizioni delle potenze in regime non sinusoidale
1.4.1 Definizione proposta da Budeanu e l’interpretazione di Czarnecki
Era il 1927 quando nel mondo scientifico-elettrotecnico furono introdotte da
parte di Budeanu le prime definizioni di potenza reattiva e deformante in regime
non sinusoidale, suscitando dibattiti e destando obiezioni per almeno 60 anni.
In presenza di tensioni e correnti periodiche deformate ed espresse analiticamente
come serie di Fourier (§1.3.1), la potenza attiva in regime non sinusoidale
proposta da Budeanu [3] è definita come segue
P   Pn   Vn I n cos  n
n
(1.34)
n
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Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
dove Vn e In sono i valori efficaci delle componenti armoniche di tensione e
corrente di ordine n e  n è la differenza tra le rispettive fasi. La potenza attiva,
quindi, è costituita dalla sommatoria dei soli prodotti scalari tra le componenti
armoniche di tensione e corrente aventi la stessa frequenza, dal momento che il
valore medio di un prodotto di due grandezze non isofrequenziali risulta sempre
nullo. Si noti che quanto esposto è valido anche se corrente e tensione
contengono componenti non alternative (in questo caso  n  0 ).
Dalla definizione della potenza attiva, secondo Budeanu, discende per analogia
quella della potenza reattiva:
Q   Qn  Vn I n sin  n
n
(1.35)
n
Utilizzando queste definizioni per il calcolo della potenza apparente, l’equazione
S 2  P 2  Q 2 non risulta verificata. La potenza apparente, infatti, definita anche
dal prodotto tra i valori efficaci di tensione e corrente (S=VI) entrambi
comprendenti il contributo delle armoniche di ordine superiore, (1.27) e (1.28),
può essere espressa nel seguente modo
2

 

S  V   I   Vn I n cos n    Vn I n sin  n 
n
n
 n
  n

2
2
n
2
n
2
(1.36)
Budeanu, quindi, definì una nuova quantità chiamata potenza deformante, D, tale
che D 2  S 2  P 2  Q 2 , giungendo alla seguente equazione:
S 2  P2  Q2  D2
(1.37)
La potenza deformante secondo Budeanu può essere ridotta annullando le
armoniche, ossia giungendo al regime sinusoidale.
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Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
Spesso in letteratura la potenza reattiva definita da Budeanu viene chiamata QB,
per distinguerla dalle altre definizioni, e la potenza deformante è indicata con DB.
La presenza delle armoniche fa aumentare la potenza apparente, ma non la
potenza attiva; diminuisce allora il fattore di potenza, il quale, però, non coincide
più con il coseno dell’angolo di sfasamento tra tensione e corrente come in
regime sinusoidale, non essendo più possibile definire un preciso sfasamento
fisico tra tensione e corrente globale.
La teoria proposta da Budeanu è stata nel corso degli anni ampiamente
studiata, analizzata ma anche severamente messa in discussione da numerosi
studiosi, alcuni dei quali ne contestano principalmente la sua validità fisica.
Czarnecki [4], il maggiore oppositore, sosteneva a tal proposito che, sebbene il
singolo termine Qn avesse un preciso significato fisico ricollegabile al reciproco
trasferimento di energia tra alimentazione e carico, la somma QB lo perdesse
completamente. Egli dimostrò questa affermazione partendo dal principio del
load-current splitting, (§ 1.3.2), secondo il quale ciascuna corrente armonica in si
può scomporre nelle due componenti ortogonali espresse nelle espressioni (1.31)
e (1.32), i cui valori efficaci soddisfano la seguente espressione
2
 P  Q 
I  I  I  n   n 
 Vn   Vn 
2
n
2
an
2
2
qn
(1.38)
Ipotizzando tutte le correnti armoniche mutuamente ortogonali, il quadrato del
valore efficace della corrente risulta essere
2
P 
Q 
I   I    n    n 
n
n  Vn 
n  Vn 
2
2
n
2
(1.39)
25
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
e il quadrato della potenza apparente
2
P 
Q 
S  V I  V  n   V 2  n 
n  Vn 
n  Vn 
2
2 2
2
2
(1.40)
In presenza dei fenomeni energetici tra alimentazione e carico, il termine
2
Q 
n  V n  , e non
 n
Q
n
 QB , è responsabile dell’incremento della potenza
n
apparente. Per dati valori di Pn e Vn, S è minima se, per ogni armonica di ordine
n, la potenza reattiva armonica Qn è nulla e non quando lo è la somma QB. Lo
scambio energetico, osservava Czarnecki, può instaurarsi anche quando la
potenza reattiva QB assume complessivamente valore nullo, pur avendo le singole
Qn diverse da zero. Il confronto, allora, tra la (1.40) e l’espressione della potenza
apparente di Budeanu, (1.37), portava Czarnecki a ritenere che non solo la
potenza QB ma anche la potenza deformante DB fosse responsabile del reciproco
scambio di energia tra alimentazione e carico. Ciò significa che nessuna delle due
potenze, né QB né DB, è connessa in modo palese con questo fenomeno
responsabile dell’incremento della potenza reattiva.
Czarnecki riteneva altresì che l’equazione (1.35) si basasse, armonica per
armonica, sullo sfasamento tra tensione e corrente, il quale dipende dalla natura
del carico e, di solito, risulta legato alla presenza di dispositivi ad accumulo
energetico e alle relative oscillazioni, ma anche alla presenza di elementi non
lineari non responsabili dello scambio energetico. In linea generale è impossibile
scindere da uno sfasamento complessivo le cause che lo hanno prodotto, ragion
per cui la potenza reattiva, verosimilmente presente anche in reti passive prive
26
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
dei componenti ad accumulo energetico, espressa secondo la definizione di
Budeanu, non rappresenta una stima ragionevole della componente alternativa
dell’intera potenza istantanea.
Gli altri svantaggi della definizione di Budeanu messi in evidenza da
Czarnecki sono essenzialmente due:
 non è detto che, pur compensando totalmente la sola potenza reattiva Q B
attraverso l’inserzione di soli componenti passivi induttivi e/o capacitivi, il
fattore di potenza possa essere migliorato e al limite reso unitario: spesso
per tale scopo è necessario ricorrere a componenti attivi;
 la potenza deformante DB risulta nulla con grandezze sinusoidali ma anche
in alcuni casi particolari in cui ad una tensione distorta corrisponde una
corrente deformata con un contenuto armonico differente.
Czarnecki in [5] dimostra accuratamente quest’ultimo concetto e qui di seguito se
ne riportano solo i passaggi sostanziali:
DB  S 2  PB2  QB2 
in cui
1  
 Ars
2 r 1 s 1
Ars  (Vr I s  Vs I r )2  2VrVs I r I s  [1  cos  r  s ]  0
(1.41)
(1.42)
Fino a quando i termini Ars sono non negativi, la potenza deformante DB è uguale
a zero se, e soltanto se, per ogni ordine armonico r , s  0,1, 2... , il termine
Ars  0 (condizione necessaria), cioè se, per ogni armonica di tensione risulta
Vr Vs

Ir Is
e
r  s  
(1.43)
27
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
La potenza deformante, allora, è uguale a zero se, per ogni armonica di tensione,
il carico mantiene la stessa impedenza Z  Z exp  j  . Se la condizione (1.43) è
verificata con   0 non significa però che la corrente assorbita non possa essere
deformata rispetto alla tensione. Al contrario, può accadere che quando la forma
d’onda della corrente è solo sfasata rispetto alla tensione senza alcuna differenza
del contenuto armonico (come nei circuiti con grandezze sinusoidali) la potenza
deformante può assumere valore diverso da zero.
A dispetto del nome, dunque, la potenza deformante manca, nei confronti della
distorsione delle forme d’onda di tensione e corrente, di una connessione fisicoanalitica chiara ed esatta, assumendo così, secondo Czarnecki, solo un significato
fuorviante.
In ultimo, realizzare uno strumento analogico che misuri la QB è risultato,
in passato, molto complicato, dal momento che si aveva la necessità di un filtro
che sfasasse di 90° tutte le frequenze e che al tempo stesso avesse, per ogni
frequenza, un fattore di amplificazione unitario. Con i moderni misuratori digitali
queste limitazioni potrebbero essere superate, a scapito, però, di una maggiore
capacità computazionale richiesta. Lo strumento elettronico, allora, dovrebbe
essere caratterizzato da una unità di elaborazione e di memorizzazione di buon
livello, in grado di eseguire sulle grandezze sotto misura, mediante procedimenti
più o meno complessi, numerose operazioni matematiche e di registrare una
grande quantità di dati per ogni singola misura di potenza ed energia effettuata.
28
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
1.4.2 Definizione proposta da Fryze
La definizione della potenza reattiva proposta da Fryze [6] si basa sull’analisi nel
dominio del tempo. Il metodo alla base di questa teoria è stato successivamente
spiegato e approfondito da Page [7] e Filipski [8]. In presenza di tensione e
grandezze elettriche arbitrarie aventi la stessa periodicità, Fryze divide la
corrente, secondo il principio del load-current splitting, in due aliquote: la prima,
ia, è una componente in fase con la tensione e di ampiezza tale che il prodotto
VI a sia uguale alla potenza attiva P; la seconda, la componente reattiva, ir, in è
quadratura con la tensione ed è ottenuta per differenza a partire dalla corrente
assorbita dal carico. Le due correnti si possono determinare a partire dalle
seguenti equazioni:
(1.44)
i (t )  ia (t )  ir (t )
in cui
T
ia (t ) 
e
1
vi dt
T 0
T
1 2
v dt
T 0
v (t ) 
P
 v (t )
V2
ir  i  ia
(1.45)
(1.46)
è ottenuta per differenza.
Da queste ultime formulazioni, soprattutto dalla (1.46), si evince il principio
fondamentale della teoria di Fryze: tutto ciò che non è attivo è reattivo.
La potenza istantanea è
vi  via  vir
(1.47)
29
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
e la potenza media
T
T
1
1
P   vi dt   via dt  VI a
T 0
T 0
(1.48)
T
1
vir dt  0
T 0
essendo
La corrente ia, dunque, è vista come la corrente di un carico equivalente
V2
puramente resistivo, Re 
, figura 1.4 a, che, a parità di tensione, assorbirebbe
P
la stessa potenza attiva P effettivamente trasmessa al carico. La componente ir,
invece,
non
fornisce
alcun
contributo
al
trasferimento
di
energia
dall’alimentazione al carico, ma è ugualmente fornita, pur essendo responsabile
delle perdite in trasmissione e delle cadute di tensione, ragion per cui si vorrebbe
che l’ampiezza di questa componente in quadratura fosse ridotta al minimo. Si
deve osservare, però, che se ir potesse essere compensata l’alimentazione
vedrebbe un carico puramente resistivo ed il fattore di potenza potrebbe essere
unitario e le perdite minime.
Le componenti ia e ir sono ortogonali e quindi si può determinare il valore
efficace di i(t) alla stregua di quanto fatto precedentemente:
I 2  I a2  I r2
(1.49)
La potenza apparente, determinata dal prodotto tra i valori efficaci di tensione e
corrente, ovvero dalla somma geometrica delle potenze attiva e reattiva, risulta
essere
S 2  V 2 I 2  V 2 ( I a2  I r2 )  P 2  Q 2
(1.50)
30
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
La potenza reattiva proposta da Fryze in letteratura è chiamata QF, è definita
potenza fittizia e può essere così esplicitata:
QF  S 2  P 2
(1.51)
Quest’ultima quantità, determinata senza ricorrere alla scomposizione in serie di
Fourier delle grandezze deformate e può essere calcolata direttamente dalla
conoscenza dei valori temporali di tensione e corrente e quindi delle potenze P e
S: è per questo che l’autore riteneva che non fosse necessario avere un contatore
separato della potenza reattiva. Per segnali sinusoidali QF è chiaramente uguale
alla potenza reattiva convenzionale.
Il vantaggio della definizione di Fryze è che non viene introdotto un
quarto termine di potenza. Presenta, tuttavia, una perdita di accuratezza nel
calcolare QF, dovendo, infatti, effettuare la differenza dei quadrati dei risultati
delle misure della potenza apparente e di quella attiva. Inoltre, si ritiene che nella
pratica, anche se il fattore di potenza fosse unitario, riuscendo così ad azzerare la
potenza reattiva, questo non potrebbe essere effettuato solo con componenti
passivi (condensatori e induttanze), ma anche con compensatori attivi [9].
Czarnecki, infine, in [9] osserva che QF non risulta intrinsecamente legata
alla natura e alle proprietà del carico e, per questa ragione, non si hanno
informazioni utili per motivare perché essa sia maggiore di zero: condizione,
invece, necessaria per dare alla potenza reattiva QF un fondamento fisico
plausibile, così come accade per Q nel regime sinusoidale. QF rimane in questo
contesto solo una misura del fattore di utilizzazione del sistema di potenza e
niente di più.
31
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
1.4.3 Definizione proposta da N. L. Kusters e W. J. M. Moore
La definizione della potenza reattiva proposta nel 1980 da N. L. Kusters e W. J.
M. Moore [10] è di nuovo effettuata nel dominio del tempo. Essa espande la
definizione proposta da Fryze attraverso una ulteriore divisione della corrente
residua in due componenti ortogonali (figura 1.4 d) cercando di perseguire
l’obiettivo della compensazione della potenza reattiva.
Come la divisione della corrente venga effettuata dipende dalla natura del carico,
se prevalentemente capacitivo o induttivo e le tre correnti ottenute attraverso
questa divisione sono:
 corrente attiva, in fase e con la stessa forma d’onda della tensione;
 corrente reattiva induttiva o capacitiva, in quadratura con la tensione;
 corrente residua, di tipo induttivo o capacitivo.
Ognuna di queste quantità può essere positiva o negativa. Quando la componente
reattiva capacitiva è negativa, secondo Kusters e Moore, essa può essere
completamente compensata con un condensatore di valore opportuno.
Similmente, se è negativa la componente reattiva induttiva, la compensazione
totale può essere ottenuta con un’induttanza appropriata. La componente reattiva
residua, invece, non avendo un riferimento, non può essere compensata con
componenti passivi.
In condizioni sinusoidali, la componente reattiva residua della corrente è nulla e
le componenti reattive induttiva e capacitiva hanno uguale ampiezza ma segno
opposto (compensazione completa possibile).
32
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
Con tensioni non sinusoidali e carichi lineari, la componente reattiva residua
della corrente non è nulla e le componenti reattive induttiva e capacitiva possono
essere diverse, entrambe positive o di segno opposte. Un carico induttivo, per
esempio, potrebbe avere una componente reattiva induttiva positiva e una
componente reattiva capacitiva di ampiezza minore. In questo caso si potrebbe
attuare una compensazione solo parziale. Un risultato simile potrebbe aversi con
un carico di tipo capacitivo. Con un carico induttivo-capacitivo, invece, le
componenti reattive induttiva e capacitiva possono essere entrambe positive, e in
questa circostanza non sarebbe possibile effettuare una compensazione con soli
componenti passivi.
La corrente attiva è definita (in accordo con Fryze) come segue
T
i p (t ) 
1
vidt
T 0
P
 v(t )  T
 v (t )
V2
1 2
v dt
T 0
(1.52)
la corrente reattiva capacitiva è
T
T
1  dv 
1
vder idt
 i dt

T 0  dt 
dv T 0
iqc (t )  T


 vder (t )
2
2
dt
Vder
1  dv 
  dt
T 0  dt 
(1.53)
e la corrente reattiva induttiva
iql (t ) 
1
T
1
T
T

0
T
T

 vdt idt
   vdt 
2
dt
1
vint idt
T 0
  vdt 
 vint (t )
Vint2


(1.54)
0
33
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
dove vder e vint sono le parti periodiche della tensione derivata (in ritardo di T/4
rispetto alla corrente) e integrata (in anticipo di T/4 rispetto alla corrente)
rispettivamente, e Vder e Vint i valori efficaci corrispondenti. Entrambe queste
correnti sono ortogonali alla corrente residua e alla componente in fase ip.
Le componenti reattive residue della corrente, rispettivamente capacitiva, iqcr , e
induttiva, iqlr , possono essere determinate per differenza:
iqcr  i  i p  iqc
(1.55)
iqlr  i  i p  iql
(1.56)
Le componenti di corrente presentate danno luogo alla seguente potenza
apparente:
S 2  P 2  Q 2  P 2  Qc2  Qcr2  P 2  Ql2  Qlr2
(1.57)
dove P, Qc e Ql possono essere determinate attraverso le seguenti equazioni:
(1.58)
P  VI p
T
Qc  VI qc 
V 1

vder idt
Vder T 0
(1.59)
T
V 1
Ql  VI ql 

vint idt
Vint T 0
(1.60)
( I p , I qc e I ql rappresentano i valori efficaci delle rispettive componenti
istantanee), completate dalle seguenti aliquote di potenza reattiva residua
Qcr  S 2  P 2  Qc2
(1.61)
Qlr  S 2  P 2  Ql2
(1.62)
34
Capitolo 1
1.4.3.1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
Le generalizzazioni proposte da Page e da Filipski
La definizione di Kusters-Moore e il relativo concetto di potenza reattiva in
regime non sinusoidale sono stati generalizzati da Page [7] subito dopo la loro
presentazione nel panorama scientifico. Page riteneva che in presenza di tensioni
non sinusoidali, applicando il metodo di Kustres-Moore ed estraendo la
componente reattiva capacitiva dalla corrente totale, si potesse conservare in
quest’ultima anche la componente residua induttiva (e viceversa), dal momento
che, a seguito delle operazioni di derivazione e integrazione della tensione
deformata, vder e vint possono non avere la stessa forma d’onda della tensione
stessa.
Page, allora, allo scopo di migliorare il fattore di potenza attraverso uno shunt
induttivo-capacitivo ed evitare la scomposizione matematica della componente
reattiva nelle due aliquote induttiva e capacitiva, suggeriva in [7] la formulazione
della corrente reattiva totale assorbita dallo shunt come una combinazione lineare
di vder e vint
iq  a  vder  b  vint  ir
(1.63)
in cui a e b sono delle costanti ottimizzate tali da rendere minimo il valore
efficace della corrente residua.
Filipski, invece, in [8] affronta il problema della compensazione della sola
corrente reattiva capacitiva tramite un banco di condensatori di capacità
equivalente Ce posto ai capi del carico ,tale da minimizzare il valore efficace
della componente residua della corrente, note che siano le forme d’onda di
35
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
tensione e corrente. La potenza reattiva di questo condensatore equivalente,
chiamata potenza reattiva capacitiva QKM, prende in considerazione le
componenti armoniche dell’analisi di Fourier ed è espressa come segue:
2
h
QKM   hVh I h sin h
h
V
h V
h
2
2
h
(1.64)
h
1.4.4 Definizione proposta da Sharon
Anche questa definizione della potenza reattiva in regime non sinusoidale si basa
sull’analisi effettuata nel dominio della frequenza. La teoria di Sharon [11],
derivata da quella presentata un anno prima da Shepherd e Zakikhani [12], si
basa sulla considerazione che un carico non lineare connesso ad una
alimentazione non ideale darà luogo ad armoniche di corrente cui possono non
corrispondere armoniche di tensione isofrequenziali e viceversa.
Per definire le varie grandezze elettriche di interesse relative ad
accoppiamenti alimentazione-carico non lineare, le armoniche di tensione e di
corrente sono divise in “armoniche comuni” e “armoniche non comuni”. Per le
armoniche comuni di ordine n Vn e In sono entrambi non nulli, mentre per le
armoniche non comuni di ordine n solo uno tra Vn e In è non nullo.
La potenza apparente rimane formalmente uguale alle precedenti definizioni,
perché definita come prodotto dei valori efficaci della tensione e della corrente
entrambe distorte, ma, mettendo in evidenza la separazione tra armoniche
comuni e non comuni, essa risulta
36
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia


 
S 2   Vn2  Vm2     I n2   I p2 
mM
p P
 nN
  nN

(1.65)
dove N è l’insieme di tutti gli indici delle armoniche comuni, M e P sono gli
insiemi di indici che contengono tutti gli ordini armonici non comuni, non nulli
della tensione e della corrente rispettivamente (M, cioè, è l’insieme degli ordini
per cui le armoniche di tensione non sono nulli, mentre le corrispondenti
armoniche di corrente, a causa della non linearità, sono assenti).
La potenza attiva è ancora definita come valore medio della potenza istantanea,
quindi risulta
P   Vn I n cos  n
(1.66)
nN
e naturalmente prende in considerazione le sole armoniche comuni.
Sharon definisce la potenza reattiva in quadratura come il prodotto del valore
efficace della tensione distorta, comprensivo di tutte le armoniche, per il valore
efficace della componente della corrente in quadratura con la tensione generato
dalle sole componenti omologhe:
2
SQ2  Vrms
 I n2 sin 2 n  Vh2  I n2 sin 2 n
n N
h
(1.67)
n N
essendo  n   nv   ni la differenza di fase tra tensione e corrente delle armoniche
di ordine n. La potenza reattiva residua
S c2 
2
m
 V  I
mM
nN
2
n
2
cos 2  n  Vrms
 I p2 
pP
1
  V I cos  V I  cos  (1.68)
2 N  N
da cui
S 2  P 2  SQ2  SC2
(1.69)
37
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
A differenza della potenza SQ, il termine rimanente SC è comprensivo anche dei
prodotti incrociati tra le componenti non omologhe.
La presente definizione ha lo svantaggio di sottostimare, rispetto alle
precedenti definizioni, le potenze reattive, SQ in particolare, qualora si abbia una
corrente con un grande contenuto armonico e una tensione caratterizzata da un
basso livello di inquinamento (o viceversa), quando, cioè, il numero degli indici
comuni è molto minore di quello degli indici non comuni. La misura della
potenza reattiva, secondo la definizione di Sharon, risulta perciò caratterizzata da
grande variabilità rispetto ai contenuti armonici di tensione e corrente ed essa
può essere considerata come causa di errore rispetto ad altre definizioni,
contribuendo anche ad incrementare l’incertezza con cui si stima il valore di SQ.
1.5
Una rivisitazione delle definizioni e il loro significato fisico
Emanuel in [13], nel rivisitare le diverse teorie, mette a confronto, nel dominio
del tempo, le formulazioni delle potenze istantanee di Budeanu, Fryze e di
Kusters-Moore, cercando di cogliere le differenze concettuali e per mettere in
relazione il significato fisico della potenza reattiva in condizioni non sinusoidali
con i valori caratteristici (ampiezza, frequenza di oscillazione e fase) delle
diverse componenti della potenza istantanea.
Emanuel in questo lavoro riconosce la fondatezza del principio della
scomposizione della corrente di carico (load-current splitting, §1.3.1) e alla base
del confronto pone proprio le analisi delle potenze ottenute dalla scomposizione
della corrente secondo i due approcci più importanti:
38
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
a) scomposizione in due componenti, in fase e in quadratura, in accordo con
la teoria di Fryze e Budeanu;
b) scomposizione in tre componenti, in fase, in quadratura e residua, in
accordo con le teorie di Kusters-Moore e Sharon.
Ripercorrendo la strada a) Emanuel ritiene che siano valide le formulazioni
espresse nelle relazioni (1.31) e (1.32), (§1.3.1), le quali, moltiplicate per la
tensione deformata (1.25), permettono il calcolo delle potenza istantanea:
(1.70)
p  pa  pqR
dove
pa  P   Ph cos(2 h ) 
h 1
V
pqR   (Vh I h sin  h ) sin 2 h 
h 1
I cos( n )Fc (m, n)
m n
(1.71)
m ,n 1
mn
V
I cos( n )Fs (m, n)
m n
(1.72)
m , n 1
mn
Fs (m, n)  sin( m   n )  sin( m   n )
(1.73)
Fc (m, n)  cos( m   n )  cos( m   n )
(1.74)
h   h   h
 m  mt   m
 n  nt   n
Si può osservare che le potenze istantanee pa e pqR hanno oscillazioni non
sinusoidali, ma ognuna di esse può essere vista come la sovrapposizione di
diverse oscillazioni sinusoidali: una a pulsazione 2sh e le altre deducibili dai
termini (1.73) e (1.74).
Nell’adottare l’approccio di tipo b) Emauel ripropone l’analisi nel dominio
del tempo attraverso la scomposizione della corrente in tre componenti.
39
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
Accettando la validità dell’espressione della componente in fase (1.45), essa può
essere anche espressa come segue:
 P 
i p  2  2   Vh sin  h
V  h
(1.75)
il cui valore efficace è
 P 
Ip   2 
V 
2
h
V
h

P
V
(1.76)
mentre la componente in quadratura è vista come somma della componente in
quadratura ir (1.32) e della componente residua iqD, tale che
(1.78)
i  i p  iq  i p  ir  iqD
e quindi
P 

iqD  2   I h cos  h  2 Vh  sin  h
V

h 
IR 
I
h
cos  h 
2
I QD
h 1
(1.79)

 P
   I h cos  h   2
V
h 1 
 
 Vh 
 
2
(1.80)
La potenza istantanea, infine, espressa in termini delle tre componenti della
(1.78) è naturalmente non sinusoidale e può essere formulata come segue:
(1.81)
p  p p  pq  p p  pqR  pqD
2
2
V 
V V 
p p  P  P  h  cos 2 h P   m n  Fc (m, n)

h 1  V 
m ,n 1  V
(1.82)
mn
pqD
2


 Vh  
 V V 
   Ph  P    cos 2 h   Vm I n cos  n  P  m 2 n   Fc (m, n) (1.83)
 V  
 V 
h 1 
m ,n 1 

mn
Confrontando la (1.83) con la (1.71) si può osservare che entrambe le potenze
istantanee hanno la stessa potenza media e stessa frequenza di oscillazione, ma
40
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
diversa ampiezza. La motivazione di questa differenza sta nel fatto che, a parità
di corrente in quadratura ir (presente in entrambi gli approcci a) e b)), la corrente
residua iqD dell’approccio b), responsabile della potenza pqD, è inclusa nella
corrente in fase ia dell’approccio a), cioè:
(1.84)
p p  pa   pqD
Dal momento che pp nella (1.81) è analoga a quella data per il regime non
sinusoidale, (1.4), si può affermare di conseguenza che la pa della (1.70) non può
essere interpretata come la potenza attiva intrinseca per il regime sinusoidale, e
che, quindi, la potenza reattiva ad essa collegata dalla medesima relazione manca
del significato fisico così come esso è concepito.
A dimostrazione di questo importante concetto Emanuel calcola la potenza
apparente a partire dalla divisione della corrente secondo l’approccio a):
2
S 2  P 2  Vh I h sin  h   D 2
in cui
D2 
2 2
m n
V
I  Vn2 I m2  2VmVn I m I m cos( m   n )
(1.85)
(1.86)
m , n 1
mn
Guardando alla pqR, relazione (1.72), D non può essere riconosciuto come
ampiezza delle sue oscillazioni: è proprio questa la ragione per cui non gli può
essere assegnato alcun significato fisico.
Se, invece, si prende in considerazione la potenza pq vista come somma di pqR,
(1.72), e di pqD, (1.82), si può notare che essa è la somma di tanti termini
oscillanti, le cui singole ampiezze variano a seconda della tipologia del carico.
L’approccio b), dunque, sembra, secondo Emanuel, che rappresenti il metodo di
studio dei sistemi non sinusoidali più convincente.
41
Capitolo 1
1.6
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
IEEE 1459-2000
Da quanto si è esposto sinora si capisce che nelle reali condizioni di esercizio si
ha ancora la necessità di assumere decisioni e, soprattutto, di dare le definizioni
delle grandezze elettriche da sottoporre a misura, in modo tale che i valori stimati
possano essere confrontati con i valori stabiliti dalle leggi di riferimento. Si
tratta, in sostanza, di definire idonee regole a livello normativo o tecnico, in base
alle quali si possano esprimere decisioni inconfutabili sui risultati delle misure,
evitando il verificarsi di situazioni operative in cui si manifestino inopportune
ambiguità.
Sul tema si è sviluppata un’ampia ricerca e attualmente gli Standard
internazionali relativi alle misure di power quality e della distorsione armonica
nei sistemi di potenza [14, 15] definiscono alcuni dei metodi di valutazione dei
livelli delle deformazioni armoniche, riferendosi, tuttavia, alla misura delle
quantità “tradizionali”, come l’ampiezza delle singole armoniche e di indici
globali come i fattori di distorsione armonica totale o THD, i cui limiti sono
stabiliti negli standard di riferimento [16, 17]. In ogni caso, però, queste quantità
non possono essere favorevolmente utilizzate per la tariffazione energetica o per
l’attribuzione delle responsabilità dell’inquinamento armonico.
Le molteplici definizioni delle grandezze elettriche in condizioni non
sinusoidali, ampiamente discusse in letteratura, sono state formulate estendendo i
concetti validi in condizioni sinusoidali. La mancanza di una teoria uniforme e
generalizzata che possa essere assunta come base comune per le valutazioni di
42
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
power quality e/o per risalire ai carichi disturbanti, per esempio, ha condotto a
una carenza delle normative di riferimento, con dei risvolti negativi che possono
penalizzare, in termini economici, anche i consumatori finali di energia elettrica.
Lo standard 1459, pubblicato nel 2000 e approvato nel settembre del 2002,
è l’unico documento normativo che contiene un set di definizioni (alcune del
tutto nuove, altre migliorate rispetto alle precedenti) relative alla misura delle
potenze elettriche in condizioni sinusoidali, non sinusoidali, equilibrate e
squilibrate [1]. Questa pubblicazione, frutto del lavoro di una commissione di
esperti internazionali, pur non giungendo ad una serie di definizioni univoche,
punta a risolvere il problema della inefficacia delle molteplici soluzioni presenti
in letteratura, ma anche a:
 caratterizzare e migliorare la qualità dell’energia elettrica;
 identificare le sorgenti del deterioramento della qualità;
 progettare componenti (filtri o compensatori dinamici) per mitigare le
armoniche;
 migliorare la tariffazione energetica.
Nello Standard non è specificato il metodo di studio delle forme d’onda, né sono
suggeriti gli strumenti di analisi, ma, così come si fa generalmente, si ricorre
implicitamente alla Fast Fourier Trasform (FFT), cioè all’ algoritmo matematico
più utilizzato che richiede il campionamento sincrono del segnale, un’ampia
finestra di osservazione e calcolo numerico in tempo reale.
Il concetto fondamentale raccomandato dallo standard riguarda la
separazione della componente fondamentale di esercizio di tensioni e correnti da
43
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
tutte le altre armoniche di ordine superiore, fino a giungere alla scomposizione
anche della potenza apparente:
V 2  V12  VH2  V12  Vh2
(1.87)
I 2  I12  I H2  I12   I h2
(1.88)
h 1
h 1
T
P
1
pdt  P1  PH
T 0
(1.89)
S 2  VI   V1 I1   V1 I H   VH I1   VH I H 
(1.90)
V1I1 2  S12  P12  Q12  V1I1 cos1 2  V1I1 sin 1 2
(1.91)
2
2
2
2
2
 PH è potenza armonica totale;
 S1 è la potenza apparente fondamentale, espressa in termini di potenza
attiva fondamentale e potenza reattiva fondamentale.
Segue a questo punto una serie di definizioni, le più importanti tra le quali sono:
 Current distortion power
DI  V1 I H  S1 (THDI ) ;
(1.91)
 Voltage distortion power DV  VH I1  S1 (THDV ) ;
(1.92)
 potenza apparente non fondamentale, costituita dalle tre componenti
rimanenti della potenza apparente:
S N2  V1I H   VH I1   VH I H   S 2  S12
(1.93)
N  S 2  P2
(1.94)
2
 potenza non attiva
2
2
 potenza apparente armonica
S H2  VH I H   PH2  N H2
2
 potenza non attiva armonica totale
(1.95)
NH
44
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
 Harmonic Distortion Power DH  S H2  PH2 ;
 fattore di potenza
PF 
P P
P
 1 H
S
S12  S N2
(1.94)
La tabella 1.1 schematizza le definizioni appena riportate.
Fondamentale
Apparente [VA]
S1
Attiva [W]
P1
Non attiva [VAr]
DI,
DV,
Non fondamentale
SH,
DH
SN
Combinato
S
PH
P
Q1
N
Utilizzazione linea
PF1=P1/S1
-
PF = P/S
Inquinamento armonico
-
-
SN/S1
Tabella 1.1 - Tabella riassuntiva delle quantità nei sistemi monofase con
grandezze non sinusoidali
Per i sistemi trifasi, nello Standard vengono definite:
 tensione effettiva
Ve 
Vab2  Vbc2  Vca2
9
 corrente effettiva
Ie 
I a2  Ib2  I c2
3
 potenza apparente effettiva
Se  3Ve I e
Queste relazioni si riferiscono ad un sistema trifase virtuale equilibrato
equivalente avente le stesse perdite di potenza di un circuito trifase squilibrato, in
cui Vab , Vbc e Vca sono le tre tensioni concatenate e I a , I b e I c le correnti di linea.
45
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
Nella tabella 1.2 sono riassunte le principali quantità di interesse e nella figura
1.5 è rappresentata una schematizzazione delle definizioni dello Standard valida
per i sistemi trifasi non sinusoidali non equilibrati.
Fondamentale
Apparente [VA]
Se
Attiva [W]
Non attiva [VAr]
DeI,
S1 +
SUI
Non fondamentale
SeH,
SeN
Combinato
Se
P1+
PH
P
DeV, DeH
Q1 +
N
Utilizzazione linea
PF1+=P1+/S1+
-
PF=P/Se
Inquinamento armonico
-
SeN/Se1
-
Squilibrio del carico
SUI/S1+
-
-
Tabella 1.2 - Tabella riassuntiva delle quantità nei sistemi trifasi con grandezze
non sinusoidali
Figura 1.5 - Schematizzazione delle definizioni di potenza in sistemi trifase non
sinusoidali squilibrati secondo lo Standard IEEE 1459-2000.
46
Capitolo 1
1.7
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
Perché tante definizioni?
Le definizioni delle grandezze elettriche presentate nei paragrafi precedenti
relative alle condizioni non sinusoidali si fondano, in alcuni casi, sull’estensione
dei concetti validi per le condizioni sinusoidali. Principalmente, però, sono tutte
frutto di una disomogeneità teorica tra le diverse scuole di pensiero su cui tuttora
il dibattito rimane aperto. D’altro canto, è pur vero che ognuno dei criteri di
studio adottati (le analisi nel dominio del tempo o nel dominio della frequenza)
presenta dei propri meriti ma, nonostante la loro diversità di approccio iniziale,
costituiscono nel complesso delle espressioni matematiche differenti relative al
medesimo fenomeno.
Le teorie presentate partono invariabilmente con le definizioni della
potenza apparente S e della potenza attiva P; la differenza geometrica di queste
potenze è la potenza reattiva. La presenza di una eventuale parte residuale della
corrente di carico conduce a una componente di potenza residua. La potenza
attiva P, comunque essa sia espressa, non differisce tra una definizione e l’altra,
essendo il valore medio di un prodotto matematicamente composto da soli
termini isofrequenziali. D’altro canto, l’interpretazione fisica della potenza
reattiva in generale, e della potenza reattiva residua in particolare, espressa in
termini di prodotti incrociati di differenti componenti armoniche di tensione e
corrente, non è ancora del tutto chiara.
Comunque, in condizioni non sinusoidali non c’è nessuna quantità che
abbia le stesse peculiarità della potenza reattiva definita per il regime sinusoidale,
cioè nessuna quantità eredita un numero sufficiente di proprietà della potenza
47
Capitolo 1
Problematiche della misura della potenza e dell’energia
reattiva sinusoidale tale da poter essere definita la potenza reattiva in regime non
sinusoidale. Alcune definizioni, infatti, mantengono solo alcune proprietà non
preservando le altre.
Le differenze tra i diversi approcci esistono e possono essere motivate se
si pensa che esse sono il risultato di uno scontro ideologico sulla concezione
della natura della potenza reattiva. È connessa all’oscillazione dell’energia? O è
collegata al metodo di compensazione per il miglioramento del fattore di
potenza? O gode di entrambe le proprietà? È una grandezza di riferimento per la
cancellazione delle armoniche? Può essere utilmente utilizzata per caratterizzare i
consumi energetici?
Queste domande rimangono ancora aperte ed insolute.
Si può concludere, allora, che nella pratica non è importante come una quantità
venga chiamata, ma è importante che tutti concordino su cosa essa esprime, cosa
non esprime, e se utilizza tutti gli indicatori corretti per descrivere al meglio il
principio fisico che essa rappresenta.
1.8
Riferimenti bibliografici
[1]
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electric power quantities under sinusoidal, non sinusoidal, balanced or
unbalanced conditions” – IEEE Standard, September 2002.
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presence of high harmonic distortion,” IEEE Trans on Pow. Del., Vol 7,
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[7]
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[8]
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Measurement in Nonsinusoidal Systems,” IEEE Trans. Instrum. Meas.,
vol. IM-29, pp. 423-426, Dec. 1980.
[9]
L. S. Czarnecki, ‘Consideration on the reactive power in nonsinusoidal
situations’, IEEE Trans., 1985, IM-34, pp. 399-404.
[10]
N. L. Kusters and W. J. M. Moore, “On the definition of reactive power
under nonsinusoidal conditions,” IEEE Transaction on Power Apparatus
and Systems, Vol. PAS-99, No. 5, pp 1845-1854, Sept/Oct 1980.
[11]
D. Sharon, “Reactive power definition and power factor improvement in
non-linear systems,” Proc IEE, Vol 120, No 6, pp 704-706, July 1973.
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W. Shepherd and P. Zakikhani, "Suggested definition of reactive power
for nonsinusoidal systems," Proc.Inst. Elec. Eng., vol. 119, pp. 1361-1362,
Sept. 1972, and vol. 119, pp. 1361-1362, Sept 1972.
[13]
A. E. Emanual, “Power in non-sinusoidal situations. A review of
definitions and physical meaning,” presented at the IEEE Power Winter
Mtg., Atlanta, CA, paper WM 90-046-3 PWRD, Feb. 6,1990.
[14]
IEC Standard 61000-4-7, "Electromagnetic Compatibility (EMC) – Part 4:
Testing and Measurement Techniques – Section 7: General Guide on
Harmonics and Interharmonics Measurement and Instrumentation for
Power Supply Systems and Equipment Connected Thereto” – IEC, 2002.
[15]
IEC 61000-4-30, "Electromagnetic Compatibility (EMC) – Part 4: Testing
and Measurement Techniques – Section 30: Power Quality Measurement
Methods” – IEC, 2003
[16]
EN 50160. "Voltage Characteristics of the Electricity Supplied by Public
Distribution Systcms", CENELEC, November 1999.
[17]
IEC Standards and Drafts 61000-3. "Electromgnetic Compatibility
(EMC)-Pan3: Limits" - IEC.
50