Agricoltura e sostenibilità ARPA Rivista N. 1 gennaio-febbraio 2009 Il contributo della cisgenetica alla difesa fitosanitaria La cisgenetica può dare un valido contributo per una difesa fitosanitaria più sostenibile dal punto di vista dell’ambiente e della sicurezza alimentare. Intervista a Silviero Sansavini, docente del Dipartimento di colture arboree all’Università di Bologna. Giancarlo Naldi Professore, cos’è la cisgenetica in parole semplici? 12 Silviero Sansavini La cisgenetica è una nuova tecnologia di ingegneria genetica che utilizza soltanto geni “familiari”, cioè geni che si potrebbero trasferire anche per via riproduttiva (in quanto derivati da piante della stessa specie o genere fra loro biologicamente compatibili), evitando però la ricombinazione genica implicita in quest’ultima. Per questo motivo le piante cisgeniche non possono essere considerate alla stregua delle transgeniche, anche se geneticamente modificate e ottenute con tecnologie simili. Se lei dovesse descrivere la differenza fra la cisgenetica e le tecniche di ottenimento di nuove varietà attraverso l’incrocio e l’innesto cosa direbbe? Le piante cisgeniche interessano molto le specie propagate agamicamente, come ad es. piante arboree da frutto. La differenza di una varietà cisgenica rispetto a una varietà coltivata, normale, consiste nella presenza di un gene aggiuntivo o di un piccolo frammento di DNA in più (inserito artificialmente) che serve a esprimere una determinata funzione che la stessa varietà non avrebbe potuto avere, pur mantenendo inalterati tutti gli altri caratteri della varietà, perché non è intervenuta la “ricombinazione genica” propria di tutte le piante derivate da seme. Rispetto a una pianta transgenica, invece, la differenza sta nel fatto che il cisgene aggiunto non comporta l’introgressione di promotori universali o specifici dei transgeni (come ad es. l’S35 virale) né di geni reporter (come il GUS) o selettivi come il classico nptII (per la resistenza a kanamicina o ad altro antibiotico). Nelle pianta cisgenica mancano, dunque, geni “estranei” al genoma della specie – tanto temuti dagli oppositori degli OGM – e come tali forieri della comparsa di possibili futuri effetti indesiderati molecolari o biologici o comportamentali di campo. Rispetto alle tecniche che ottengono organismi geneticamente modificati che differenza c’è? Ci sono differenze di vario tipo oltre a quelle citate. Le piante cisgeniche dovrebbero uscire dalle regolamentazioni europee degli OGM. Il gruppo di breeding internazionale di Wageningen e la Soc. Inova che dispone già di piante cisgeniche (meli e patate) intendono chiedere all’Unione europea di equiparare le piante cisgeniche a quelle derivate da mutazioni gemmarie, per agevolarne l’introduzione commerciale. Anche sul piano etico, l’ostracismo manifestato contro gli OGM da larga parte di pubblico potrebbe cadere rispetto alle proposte di coltivazione di piante cisgeniche. Poiché si tratta di una conquista recente, in Europa manca ancora una sufficiente sperimentazione estesa su larga scala, internazionale, necessaria prima di diffondere queste piante in totale sicurezza per collettività e ambiente. La cisgenetica può aiutare a prevenire/combattere le patologie delle piante coltivate e quindi può essere di aiuto per un impiego meno massiccio della chimica in campo? La tecnologia cisgenica, ma con qualche limitazione in più rispetto a quella transgenica, potrà apportare, in futuro, gli stessi benefici applicativi e cioè creare nuove generazioni di piante dotate di caratteristiche altrimenti difficili o impossibili da ottenere col miglioramento genetico ordinario (vedi resistenza a malattie, adattabilità ambientale, caratteri qualitativi del frutto ecc.). Si parla diffusamente del contributo della cisgenetica contro la ticchiolatura del melo. E’ vero? Ci sono altri esempi? I primi importanti risultati sono stati ottenuti in vari paesi con la cisgenesi; infatti, sono già state generate piante di melo con caratteri di resistenza a certe malattie e patogeni (come Venturia inaequalis, agente della ticchiolatura). Questo risultato è già stato raggiunto anche da un gruppo internazionale svizzerotedesco-italiano (meli Gala, con linea HcrVf2). In Olanda, in collaborazione con la Nuova Zelanda, è stata creata una mela cisgenica con certe virtù nutraceutiche, al fine di dare al frutto un valore qualitativo aggiunto (es. polpa rossa antocianica delle mele, fortemente antiossidante). In conclusione, le piante cisgeniche sono, somaticamente e fenologicamente, del tutto simili a quelle ottenute per via sessuata (a riproduzione normale), poi stabilizzate sotto forma varietale (attraverso clonazione). Dovrebbero quindi scomparire o attenuarsi fortemente le riserve ideologiche e le contrarietà manifestate soprattutto dai politici. Per ora non siamo a conoscenza che siano entrate in commercio (c’è ancora un lungo percorso sperimentale da compiere), ma un atteggiamento meno rigido, più responsabile, senza rifiuto pregiudiziale da parte di Bruxelles (Ue) potrebbe incoraggiarne la ricerca, favorire la sperimentazione in campo e produrre esiti poi accettati dai consumatori. L’agricoltura ne trarrebbe certo vantaggio. Intervista a cura di Giancarlo Naldi Direttore di ArpaRivista