Trasfusione di Sangue e/o Emocomponenti A) Generalità del

Modello Consenso Informato - Adulto Capace –
Trasfusione di Sangue e/o Emocomponenti
A) Generalità del Paziente
Data ________________________ Ora __________________
Cognome _____________________ Nome __________________ Data di nascita ________________
Luogo di Nascita __________________________ Prov. _______ Stato ________________________
Residenza ________________________________ Via __________________________ n°__________
C.F. ________________________________ Rec. Tel. ______________________________________
B) Rifiuto del Paziente di essere informato sul proprio stato di salute e delega a Terzi
Io sottoscritto non intendo ricevere le informazioni riguardo al mio stato di salute e delego pertanto a
ricevere le informazioni il/la Sig./Sig.ra __________________________
In qualità di ________________________Firma del Delegato per accettazione___________________
Firma del Paziente ________________________________
C) Descrizione della situazione clinica di ingresso e dell’Intervento/Terapia proposta
Diagnosi di Ingresso__________________________________________________________________
__________________________________________________________________________________
Possibili diagnosi successive ___________________________________________________________
__________________________________________________________________________________
Sintesi Situazione Clinica _____________________________________________________________
__________________________________________________________________________________
D) Descrizione sintetica e completa ( per fasi ) del trattamento proposto
Terapia da effettuare : Trasfusione di Sangue , Piastrine, Plasma
Descriz. delle modalità di effettuazione del trattamento proposto: Infusione mediante Flebotomia
Descriz. eventuali ulteriori trattamenti Sanitari necessari : Eventuale somministrazione di
Antipiretici – Corticosteroidi – Diuretici – Antistaminici Il Sottoscritto _____________________________________
Dichiara di aver ricevuto l’allegato A contenente la descrizione delle eventuali complicazioni
prevedibili e degli effetti indesiderati prevedibili e di averne ricevuto sufficiente spiegazione da parte
del Medico compilatore del Modulo di Consenso Informato
_______________Firma del Paziente___________________________________________________
E) Evidenze cliniche
Conseguenze del non trattamento :
• Aggravamento dello stato di Anemia
• Rischio di Emorragie anche fatali
• Astenia
• Infarto Miocardico
• Ictus cerebrali
• Decesso
F) Dichiarazione del Paziente in merito ai contenuti dell’informazione ricevuta.
Io Sottoscritto ______________________________ dichiaro di essere stato
adeguatamente informato circa i benefici, i rischi prevedibili, le possibili complicanze
prevedibili e le eventuali alternative possibili riguardo la terapia o Trattamento proposto
come da quanto esposto nei punti C-D-E del presente consenso, dichiaro di aver avuto il
tempo necessario per la lettura e comprensione di quanto contenuto, di aver posto al
Medico Compilatore, nella Persona del Dr. __________________________ tutte le
eventuali domande di chiarimento che ho ritenuto opportuno ricevendone chiara ed
esplicativa risposta e, dimostrando allo stesso, di averne compreso il significato. Sono
stato inoltre informato del diritto di poter revocare il mio consenso in qualsiasi momento
e comunque prima che la terapia o intervento non sia più arrestabile.
Firma del Paziente
Firma del Medico compilatore
__________________________
_____________________________
G) Consenso o diniego al trattamento
Il sottoscritto _________________________ capace di intendere e di volere ed in grado di capire la
Lingua italiana, avuto il tempo per leggere e riflettere sulle informazioni contenute sul presente
modulo scritto e sulle informazioni eventualmente riportate ed integrate su mia richiesta, dichiaro e
sottoscrivo quanto segue:
Acconsento al Trattamento e /o Terapia
Firma del Paziente o Delegato
__________________________________
Non acconsento al Trattamento e/o Terapia
Firma del Paziente o Delegato
____________________________________
Il Medico Compilatore
____________________________________________
Allegato A
Rischio Trasfusionale ed eventuali reazioni
Considerazioni generali
Il trattamento trasfusionale, anche se condotto correttamente, espone il ricevente a
rischi diversi e per tale motivo deve essere riservato a quelle condizioni nelle quali
esista una razionale indicazione e non sia sostituibile da altra prestazione
farmacologica. L’utilizzazione degli emocomponenti in luogo del sangue intero e la
scelta di procedure autotrasfusionali, in tutte le condizioni cliniche che lo consentono,
permettono solo in parte di ridurre l’esposizione del paziente ai rischi trasfusionali.
Il termine “rischio trasfusionale” viene immediatamente associato al concetto di
“rischio infettivo” trasfusione-correlato; in realtà, sta assumendo oggi sempre
maggior evidenza clinica ed è oggetto di crescente studio da parte della comunità
scientifica mondiale il “rischio immunologico” indotto dalla trasfusione omologa. Esiste
anche un “rischio fisico e metabolico” associato alla trasfusione di emocomponenti.
Viene definito “reazione trasfusionale” qualunque effetto indesiderato correlato in
modo causale alla trasfusione. Le reazioni trasfusionali possono essere classificate in
immediate (si manifestano nel corso della trasfusione o a distanza di minuti od ore dal
termine della stessa, comunque entro 24 ore) e ritardate (compaiono a distanza di
giorni, mesi o anni dalla somministrazione del sangue), in funzione della modalità di
comparsa, ed in immunologiche e non immunologiche (infettive e fisico-metaboliche),
in funzione del meccanismo patogenetico che le sostiene (Tabella 1).
E’ difficile determinare un singolo valore per una valutazione complessiva del rischio
trasfusionale. Effetti collaterali durante o subito dopo il termine della trasfusione si
verificano nell’1-3 % dei casi. L’incidenza di effetti collaterali a lungo termine è più
variabile, poiché molti di questi sono secondari alla trasmissione di malattie, la cui
probabilità di trasmissione dipende dalla prevalenza di tali malattie nella popolazione
donante emocomponenti.
Tabella 1. Reazioni trasfusionali
Immediate o Acute Ritardate
Immunologiche
Reazioni emolitiche acute -Reazioni emolitiche ritardate - Reazioni allergiche - Graft
versus host reaction
Reazioni febbrili non emolitiche - Effetto immunomodulatore - Edema polmonare non
cardiogeno (TRALI) -Porpora post-trasfusionale – Alloimmunizzazioni
Non immunologiche
Reazione da contaminazione batterica - Sovraccarico di ferro - Sovraccarico di circolo Trasmissione di malattie Emolisi non immunologica.
• Ogni paziente sottoposto a terapia trasfusionale con emocomponenti può
presentare una reazione trasfusionale (RT), anche se viene trasfuso per la prima
volta. Il paziente politrasfuso, tuttavia, presenta un rischio maggiore di reazioni
trasfusionali, specialmente di tipo immunologico e infettivo.
• I pazienti politrasfusi e le donne multipare sono particolarmente esposti al rischio
di reazioni acute febbrili. Con l’esperienza queste possono essere gestite in modo da
non dover ritardare o sospendere (senza reale necessità) la terapia trasfusionale.
Dato che le RTs ritardate possono comparire dopo giorni, settimane o mesi dalla
trasfusione, può essere facilmente trascurato il loro rapporto con essa. E’, perciò,
essenziale (oltre che obbligatorio secondo la normativa vigente) che l’evento sia
accuratamente registrato nella cartella clinica del paziente, così da essere preso in
considerazione nella diagnosi differenziale.
L’infusione endovenosa di grandi quantitativi di emocomponenti e di liquidi
(soluzioni cristalloidi e colloidi) può causare deficit emostatici e alterazioni
metaboliche.
Reazioni moderatamente severe
Segni obiettivi
Vampate di caloreOrticaria –
Brividi Febbre –
Agitazione –
Tachicardia-
Sintomi soggettivi
Senso d’ansia –
Prurito –
Palpitazioni
Lieve dispnea
Cefalea
Reazioni Gravissime potenzialmente fatali
Segni obiettivi
Febbre, brividi
Agitazione Ipotensione(- 20 %)
Tachicardia (+ 20%)
Emoglobinuria
Sanguinamento
a
nappo
Oliguria/anuria
Sintomi soggettivi
Stato d’ansia
Dolore toracico e/o lombare
Dolore nel punto di infusione
Fame d’aria e/o dispnea
(CID) Cefalea
CONTAMINAZIONE BATTERICA
La contaminazione batterica degli emocomponenti è verosimilmente sottostimata e
presenta un’incidenza che, a seconda delle varie casistiche, va dallo 0,002 % all’1 %
per i CE e dallo 0,04 % all’1 – 2 % per i CP, a seconda che derivino da aferesi o da
donazione random. Va comunque tenuto presente che l’isolamento in coltura di un
germe non presuppone necessariamente che l’emocomponente trasfuso sia in grado di
causare una sintomatologia clinica nel paziente. La morbilità legata a queste
contaminazioni è sicuramente sottostimata, mentre la mortalità è in rapporto allo
stato clinico del paziente e alla virulenza e carica dei microrganismi presenti nei
prodotti ematici trasfusi.
I microrganismi più frequentemente responsabili delle contaminazioni dei prodotti
ematici sono batteri Gram-positivi (Stafilococchi, Streptococchi, Difteroidi) e, nel 15
– 20 % dei casi, Gram-negativi (Pseudomonas sp., Enterobacteriacee, Yersinia
enterocolitica, Serratia sp.). Sebbene al momento della contaminazione degli
emocomponenti la carica microbica sia il più delle volte molto bassa ( 10 Colony
Forming Unit, CFU, /mL), con la conservazione (fino a 42 giorni a 1 – 6 °C per gli
Eritrociti fino a 5 giorni a temperatura ambiente per le piastrine) alcune specie
microbiche possono proliferare fino a raggiungere livelli pari a 109 CFU/mL.
Le manifestazioni cliniche osservate dopo una trasfusione di prodotti ematici
contaminati variano in rapporto al tipo di microrganismo. RTs meno severe sono
osservate se i microrganismi contaminanti sono Gram-positivi, mentre, in presenza di
Gram-negativi, le reazioni cliniche sono certamente severe (endotossiemia ? brividi,
febbre alta, ipotensione, shock, CID). Tali complicanze sono frequentemente
indistinguibili da quelle dovute ad una reazione emolitica trasfusionale di grave entità.
La sintomatologia appare, di norma, assai rapidamente dopo l’inizio della trasfusione,
ma può ritardare di alcune ore.
REAZIONI ALLERGICHE
Le reazioni allergiche ai prodotti ematici, usualmente in forma di rush cutaneo,
prurito e/o orticaria (reazioni orticarioidi), costituiscono probabilmente il tipo di RT
più comune, manifestandosi nell’1 –3 % delle trasfusioni. Reazioni allergiche
generalizzate con broncospasmo grave ed edema delle vie respiratorie si presentano
con una frequenza di 1 – 2 casi su 1.000, e lo shock anafilattico in 1 – 2 casi su 50.000
trasfusioni.
Le reazioni allergiche sono determinate dalla liberazione di anafilotossine dalle
mastcellule e dai basofili mediata da IgE e sono la conseguenza della esposizione del
ricevente a sostanze estranee presenti nel prodotto ematico verso le quali è
sensibilizzato. Generalmente, non è identificato uno specifico allergene. Studi
pubblicati nella letteratura medica suggeriscono che le cause di reazioni allergiche
includono proteine polimorfiche presenti nel plasma del donatore, cibo (ad esempio,
noci, pomodori, ecc.), o farmaci (ad esempio, penicillina) che il donatore potrebbe aver
assunto subito prima della raccolta del prodotto ematico implicato. Alcune reazioni
generalizzate sono definite anafilattoidi, perché mimano le reazioni di tipo
anafilattico, ma non sono mediate da IgE; sono indicate anche come “reazioni
generalizzate immediate” (IGR).
Reazioni orticarioidi - Se l’unica manifestazione è l’orticaria localizzata, di solito
non è necessario interrompere la trasfusione. L’infusione può essere rallentata o
interrotta mentre si somministra un antistaminico per os o per via parenterale. Dopo
la scomparsa dei sintomi, si può riprendere la trasfusione lentamente. I pazienti che
presentano una storia di reazioni orticarioidi dovrebbero essere premedicati con
antistaminici prima del trattamento.
La trasfusione di emazie lavate o scongelate, e di piastrine lavate, serve a
prevenire la comparsa di reazioni orticarioidi, ma ciò è raramente necessario, a meno
che il paziente non abbia gravi e/o ripetute reazioni. Le reazioni orticarioidi che si
accompagnano ad instabilità cardiovascolare devono essere trattate come
precedentemente descritto per le reazioni anafilattiche, e non come semplici reazioni
di ipersensibilità cutanea.
Reazioni generalizzate (anafilassi, IGR) – Si tratta di complicazioni rare della
trasfusione di emocomponenti e di plasmaderivati. Il rischio di una sua comparsa è
aumentato da una infusione rapida, classicamente quando PFC viene utilizzato come
liquido di scambio nei plasma-exchanges. La presenza di citochine nel plasma potrebbe
essere una delle cause di broncospasmo e di vasocostrizione in alcuni pazienti. La
deficienza congenita di IgA nel ricevente è una rara causa di reazione anafilattica
grave. Questa può essere causata da qualsiasi emocomponente, in quanto la maggior
parte di essi contiene tracce di IgA.
Queste reazioni intervengono entro pochi minuti dall’inizio della trasfusione e sono
caratterizzate da : collasso cardiocircolatorio; dispnea acuta; assenza di febbre.
REAZIONI TRASFUSIONALI FEBBRILI NON EMOLITICHE (RTFnE)
Le RTFnE sono definite come un aumento della temperatura corporea ? 1 °C
accompagnato da brividi, sensazione di freddo e malessere, che compare in
associazione con una trasfusione di emocomponenti ed apparentemente non
attribuibile ad altra causa; è la più comune RT ed ha una frequenza stimata dell’1 %
delle trasfusioni di CE, fino ad arrivare al 20 – 30 % delle trasfusioni di CP. I pazienti
politrasfusi e le donne multipare sono particolarmente esposti al rischio di tali
reazioni. Le RTFnE generalmente si sviluppano quando la maggior parte o tutto
l’emocomponente è stato trasfuso. A volte , l’aumento della temperatura può essere
marcato (avvicinandosi ai 40 °C) e si possono associare brividi scuotenti, “flushing”,
nausea, vomito, ipotensione.
Le RTFnE sono reazioni immunologicamente mediate che coinvolgono anticorpi
antileucocitari
presenti nel plasma del ricevente (stimolati da precedenti trasfusioni o
gravidanze) e antigeni leucocitari del donatore, con conseguente liberazione di
pirogeni endogeni da parte dei leucociti del ricevente. Anche le citochine rilasciate
durante la conservazione degli emocomponenti (CP) sono implicate in queste reazioni.
La febbre è associata a molti tipi di reazioni trasfusionali e può costituire il primo
indizio di una RT emolitica acuta o della somministrazione di un emocomponente
contaminato da batteri. Per quanto detto, la trasfusione dovrebbe essere
immediatamente interrotta e la causa della reazione indagata quando si presenta un
aumento della temperatura ? 1 °C non giustificato da eventi morbosi concomitanti del
paziente. La diagnosi di RTFnE è generalmente una diagnosi di esclusione. Pur non
ponendo il paziente in pericolo di vita, una RTFnE può essere causa di disagio e
malessere del paziente. Esistono pareri discordi sull’opportunità di riprendere la
trasfusione allorquando non si manifesti nessun altro segno di reazione e non ci siano
indicazioni di RT emolitiche acute o di contaminazione batterica.
La febbre tipicamente risponde agli antipiretici, quali l’aspirina o il paracetamolo (10
mg/Kg per via orale o rettale). L’aspirina, comunque, interferisce con la funzione
piastrinica e non deve essere somministrata a pazienti trombocitopenici o con un
disordine della funzionalità piastrinica. In assenza di segni riferibili ad una reazione
allergica, gli antistaminici sono controindicati per il loro effetto sedativo. La
meperidina sottocute o endovena controlla rapidamente i brividi squassanti che
talvolta accompagnano le RTFnE.
La premedicazione usuale per prevenire le RTFnE consiste nella somministrazione di
antipiretici o di emocomponenti leucodepleti. Dato che solo 1 paziente su 8 che abbia
manifestato una tale reazione va incontro alla medesima con le trasfusioni successive,
le misure preventive devono essere riservate ai pazienti che abbiano avuto 2 o più
reazioni di questo tipo. In caso di trasfusioni piastriniche o granulocitarie può essere
utile associare agli antipiretici 4 mg di betametasone in corso di premedicazione.
INSUFFICIENZA RESPIRATORIA ACUTA CORRELATA A TRASFUSIONE
(Transfusion-Related Acute Lung Injury, TRALI)
Questa reazione potenzialmente letale è caratterizzata da un grave edema
polmonare bilaterale non cardiogeno (infiltrati alveolari bilaterali alla radiografia del
torace), ipossiemia ( pO2 40 – 50 ), tachicardia, febbre e ipotensione che si sviluppano
entro 1 – 6 ore dall’inizio della trasfusione di qualunque prodotto ematico contenente
plasma (sangue intero, CE, CP, PFC, crioprecipitato), anche se la maggior parte delle
reazioni è associata alla somministrazione di CE o PFC. L’incidenza riportata di TRALI
è pari allo 0,02 %, con una percentuale di mortalità valutata approssimativamente
intorno al 5 % dei casi.
E’ causata, generalmente, da anticorpi presenti nel plasma del donatore e diretti
contro antigeni leucocitari (HLA o granulocito-specifici) del ricevente. L’attivazione
complementare che ne consegue e l’aggregazione leucocitaria da essa indotta (C5a)
determinano leucostasi polmonare con conseguente occlusione microvascolare e
infiltrazione capillare. Pur essendo determinata nella maggior parte dei casi
dall’infusione passiva di anticorpi anti-leucocitari con gli emocomponenti contenenti
plasma, è possibile che siano coinvolti anche anticorpi anti-leucocitari preformati del
ricevente ad alto titolo, i quali reagirebbero con i leucociti presenti negli
emocomponenti trasfusi (principalmente concentrati granulocitari, ma anche CE e CP).
Non esiste terapia specifica. Il trattamento include un pronto supporto
respiratorio (spesso con intubazione, ventilazione e ossigenoterapia), l’uso di diuretici
(furosemide) e corticosteroidi, e un supporto cardiocircolatorio con farmaci inotropi.
Il trattamento appropriato risolve la sintomatologia in 2-4 giorni.
Se si sospetta un TRALI, deve essere indagata la storia del donatore. Molti studi
confermano la presenza di anticorpi HLA- o neutrofilo-specifici nel siero del 90 % dei
donatori implicati in tali reazioni; molti di questi donatori sono donne multipare.
Sebbene tale reazione sia rara, bisogna immediatamente avvertire il Servizio
Trasfusionale, in modo da bloccare l’utilizzazione di emocomponenti provenienti
dallo stesso donatore. I donatori con leucoagglutinine nel siero devono essere
utilizzati solo per la preparazione di unità di emazie lavate o congelate. Nessuna
precauzione è richiesta per future trasfusioni allo stesso ricevente.
REAZIONI TRASFUSIONALE RITARDATE
REAZIONI TRASFUSIONALI EMOLITICHE RITARDATE
Le RTs emolitiche ritardate sono causate da anticorpi rivolti verso antigeni
eritrocitari appartenenti ai sistemi Rh (E), Kidd (Jka), Kell, Duffy, MNSs, che non
attivano completamente la sequenza complementare ma provocano un’emolisi
extravascolare delle emazie sensibilizzate a livello del sistema reticolo-endoteliale
senza liberazione di sostanze vasoattive. Gli eritrociti trasfusi possono sopravvivere
inizialmente, ma dopo alcuni giorni o settimane vanno incontro ad emolisi. Queste
reazioni costituiscono una risposta anamnestica (secondaria) di un anticorpo non
rilevabile dai test di compatibilità pre-trasfusionali (ad esempio, anticorpi anti-Jka).
In questi casi di emolisi extravascolare si ottiene un TCD positivo ed un aumento di
LDH e bilirubina indiretta nel siero, ma differentemente da quanto avviene nelle
reazioni emolitiche acute intravascolari questi pazienti sono di norma pauci- o
asintomatici a causa della mancata attivazione completa del sistema
complementare. I segni clinici più frequenti sono la febbre, la caduta inspiegabile
dei valori di emoglobina del paziente ( o la non efficacia terapeutica attesa dalla
trasfusione di un CE) ed un ittero lieve (con aumento della bilirubina indiretta), in
assenza di sintomatologia clinica di rilievo. Occasionalmente si può avere
emoglobinuria. L’insufficienza renale acuta è una complicanza rara, mentre la CID è
del tutto eccezionale.
Di norma, non è richiesto alcun trattamento, sebbene il paziente possa richiedere in
seguito ulteriori trasfusioni di CE; in tali casi va comunque monitorata la diuresi e la
funzione renale del paziente. Se compaiono ipotensione e insufficienza renale si deve
intervenire come nelle forme di emolisi intravascolare acuta. Il TCD si
negativizza,quando le emazie incompatibili vengono eliminate dalla circolazione. Spesso
è il SIMT che pone la diagnosi di RT emolitica ritardata, grazie ai risultati sierologici
di pazienti che peraltro non presentano alcuna sintomatologia. Infatti, in occasione di
ulteriori richieste di trasfusioni, il nuovo campione di sangue inviato può presentare
una positività al TCD; inoltre, la ricerca di anticorpi irregolari nel siero può dare esito
positivo, come pure le prove di compatibilità. In relazione a cio’ che e’stato sopra
descritto va sottolineato che il campione di sangue venoso raccolto ed usato per le
prove di compatibilità non dovra’ essere antecedente a 72 ore alla successiva
esecuzione della trasfusione, allo scopo di rilevare la formazione di eventuali
anticorpi, i quali potrebbero causare emolisi in vivo. La prevenzione si basa su un
accurato screening degli anticorpi anti-eritrocitari nel plasma del paziente (non
sempre rilevabili, vedi anti-Jka) e sulla selezione di CE compatibili con tali anticorpi.
PORPORA POST-TRASFUSIONALE (PPT)
La porpora post-trasfusionale è caratterizzata dalla comparsa improvvisa di una
grave piastrinopenia (potenzialmente fatale) in pazienti sensibilizzati da precedenti
trasfusioni o gravidanze alcuni giorni dopo una trasfusione di emocomponenti (in
genere CE). E’ causata da anticorpi diretti verso antigeni piastrino-specifici (nell’85 %
dei casi l’HPA-1°) del donatore che coinvolgono anche le piastrine del ricevente. Non
si conoscono ancora i precisi meccanismi patogenetici di questa singolare RT.
La sintomatologia è caratterizzata da : segni di sanguinamento, piastrinopenia grave
acuta che compare 5 – 10 giorni dopo la trasfusione con conte piastrinche inferiori a
100.000/? L (spesso ? 10.000/? L).
Il paziente in genere recupera spontaneamente; il trattamento e’ necessario
quando la conta piastrinica è inferiore a 50.000/? L, ricordando il pericolo di
sanguinamento occulto con conte di 20.000/? L. L’impiego delle Ig per via endovenosa
(IVIG) ad alte dosi (0,4 – 2 g/Kg/die per 5 giorni) ed il plasma-exchange sono i presidi
terapeutici che hanno consentito di ridurre al 10 % dei casi l’alta mortalità osservata
in passato in questi pazienti. Può essere utile anche la somministrazione di steroidi ad
alte dosi. Inoltre, si consiglia di monitorare la conta piastrinica e di infondere CP (ove
possibile e necessario) privi dell’antigene piastrino-specifico verso il quale sono diretti
gli anticorpi presenti nel ricevente.
La trasfusione di piastrine non compatibili è di solito inefficace. La conta
piastrinica si normalizza, usualmente, entro 2 – 4 settimane.
GRAFT VERSUS HOST DISEASE TRASFUSIONE-ASSOCIATA
(GvHD-TA)
Si tratta di una rara complicanza associata alla trasfusione, il più delle volte (>90%)
fatale. Si sviluppa quando i linfociti di un donatore immunocompetente sono trasfusi
ad un ricevente HLA-incompatibile che è immunologicamente incapace di eliminare le
cellule del donatore. Tra i pazienti immunocompromessi a rischio di GvHD-TA sono
inclusi individui con immunodeficienze congenite dell’immunità cellulo-mediata,
malattia di Hodgkin e/o sottoposti a trapianto di cellule staminali emopoietiche. Anche
pazienti immunocompetenti ma trasfusi con prodotti ematici provenienti da donatori
HLA-compatibili o parenti biologici di I° o II° grado (consanguinei) possono sviluppare
una GvHD-TA.
Le complesse interazioni cellulari che determinano l’attivazione e le lesioni
immunopatologiche della GvHD sono state ricostruite secondo un processo che
prevede una fase afferente ed una efferente. La fase afferente comprende le
presentazione dell’antigene, secondo la regola della restrizione HLA, ai linfociti CD4+
o CD8+ del donatore che si attivano contro gli antigeni HLA e contro antigeni minori di
istocompatibilità dell’ospite. Nella fase efferente, avviene l’attacco da parte dei
linfociti T citotossici (LTC) del donatore ai tessuti dell’ospite ma, secondo recenti
studi, alle lesioni immunopatologiche contribuiscono in modo determinante alcune
citochine secrete dalle cellule attivate. Tali eventi possono essere condizionati da
processi infiammatori che, mediante la produzione di citochine e l’aumento dell’
espressione degli antigeni HLA o minori dell’ istocompatibilità, potenziano
l’immunogenicita’ dei tessuti del ricevente (radiazioni, chemioterapia, infezioni, ecc.).
Come accennato, le citochine hanno un ruolo importante nella patogenesi della GvHDTA,
sia per la capacità di attivare le cellule linfocitarie e monocito-macrofagiche, sia
per il loro effetto citopatico diretto su diversi tessuti.
La sintomatologia è caratterizzata da febbre, rush cutaneo con desquamazione e/o
maculopapulare, diarrea, epatite, pancitopenia e si manifesta generalmente entro 8 –
10 giorni dopo la trasfusione; la morte sopraggiunge usualmente dopo 3 – 4 settimane
nell’80 – 90 % dei casi. La terapia della GvHD-TA risulta ad oggi molto problematica. I
trattamenti con steroidi e/o ciclosporina sembrano essere inefficaci. Negli ultimi
anni, numerosi casi di GvHD-TA sono stati trattati, soprattutto da ricercatori
giapponesi, con l’inibitore delle serin-proteasi (Nafamostat mesilato), con buoni
risultati immediati: regressione della febbre, del rash cutaneo, della pancitopenia e
delle lesioni epatiche. La sostanza è in grado di inibire la citolisi da parte dei LTC
mediante l’azione dei granzimi. Sono stati osservati, d’altra parte, effetti collaterali
seri (eg; iperpotassiemia) che in qualche caso impongono la sospensione del farmaco
con conseguente ricomparsa della malattia. I prodotti implicati in casi di GvHD-TA
includono il sangue intero, le emazie concentrate, le piastrine, i granulociti ed il plasma
fresco non congelato. Le emazie congelate/deglicerolizzate, il plasma fresco congelato
e il crioprecipitato non sono mai
stati implicati in casi di GvHD-TA . Dato che la dose assoluta di linfociti sufficiente a
scatenare una GvHD-TA in un ricevente suscettibile non è nota e che la complicanza è
stata descritta anche con l’uso di emocomponenti leucodepleti, l’irradiazione dei
prodotti ematici con raggi ? è, a tutt’oggi, l’unico metodo diffusamente accettato per
prevenire tale complicanza (la leucodeplezione non si è rivelata efficace).
L’irradiazione delle unità di prodotti ematici da trasfondere è finalizzata
all’inattivazione dei linfociti T, senza compromettere la funzionalità dei globuli rossi e
delle piastrine. La rarità della GvHD-TA e la scarsità di esperienze pubblicate
rendono difficile la definizione dei gruppi a rischio per questa complicanza. Tuttavia,
la crescente consapevolezza di tale temibile complicanza ed il crescente numero di
pazienti in stato d’immunosoppressione per radioterapia e/o chemioterapia, impongono
di rivedere le condizioni cliniche in cui l’irradiazione dei prodotti ematici dovrebbe
essere presa in considerazione per prevenire la GvHD-TA.
SOVRACCARICO MARZIALE
Ciascuna unità di eritrociti contiene approssimativamente 250 mg di ferro. Non
esistendo meccanismi fisiologici atti ad eliminare l’eccesso di ferro, i pazienti che
sono trasfusione dipendenti possono, a lungo termine, accumulare il ferro e
presentare emosiderosi. I segni clinici di tossicità, spesso, diventano evidenti quando
il ferro corporeo totale raggiunge i 400 - 1.000 mg/Kg di peso corporeo, e livelli
superiori sono potenzialmente letali.
Una volta saturati i siti di deposito di ferro del sistema reticoloendoteliale,
aumenta l’accumulo di ferro nei parenchimi e si instaura il danno tessutale. I bersagli
primari dell’emosiderosi sono il fegato, il pancreas ed altri organi endocrini, e il cuore.
L’epatotossicità, inizialmente rappresentata da una fibrosi e in seguito da una cirrosi,
è la manifestazione precoce più comune dell’emosiderosi trasfusionale.
La tossicità cardiaca, che causa cardiomiopatia e aritmie, risulta essere la causa
più frequente di morte nei pazienti in trattamento trasfusionale cronico.
MALATTIE INFETTIVE TRASMESSE CON LA TRASFUSIONE
Sebbene nei paesi più sviluppati siano operativi programmi di screening
infettivologico del sangue donato, il problema della trasmissione di infezioni tramite
emocomponenti o altri tessuti e organi rimane importante. Alcuni agenti virali,
batterici, protozoari e gli stessi prioni possono essere trasmessi mediante
trasfusione; la trasmissione di infezioni fungine non è stata riportata, e la frequenza
di tale trasmissione non è quantificabile. La prevenzione delle infezioni dipende da:
utilizzo di donatori a basso rischio (volontari, periodici, associati; evitare le
cosiddette donazioni “dedicate” e di “reintegro” ); adeguata sensibilizzazione e
informazione del candidato donatore; raccolta accurata della storia clinica del
donatore; possibilità per il donatore di richiedere al personale medico della struttura
trasfusionale o di raccolta di non utilizzare la propria donazione, tramite una
procedura riservata di autoesclusione; attendibilità della ricerca di marcatori
sierologici di infezione nel donatore; uso razionale e giudizioso del sangue ed
emocomponenti per ridurre l’esposizione al sangue omologo; procedure
autotrasfusionali e misure farmacologiche per ridurre il sanguinamento; emovigilanza
del paziente trasfuso, sia per finalità epidemiologiche che per identificare i donatori
pericolosi (immunosilenti, ma infettanti); procedure di prelievo, stoccaggio e
conservazione che devono minimizzare il rischio di contaminazioni esterne; tecniche di
inattivazione virale (per plasma, plasmaderivati ed emocomponenti corpuscolati).
Con la trasfusione di sangue ed emocomponenti si possono trasmettere le seguenti
malattie infettive:
• infezione da HIV - 1/2 (circa 1/450.000 – 1/660.000 unità trasfuse; nel 1997
sono state ottenute in Europa stime ancora più basse ? 1/2.323.778) ;
• infezione da HTLV - I/II ;
• epatite B (1/ 63.000 unità trasfuse), C (1/100.000 unità trasfuse), D, G ;
• sifilide ;
• malattia di Chagas (da Tripanosoma cruzi) ;
• malaria ;
• infezione da citomegalovirus (CMV) ;
• altre rare malattie trasmissibili, quali le infezioni da Parvovirus B19, da virus di
Epstein-Barr, brucellosi, toxoplasmosi, mononucleosi e malattia di Lyme. prioni.
Poiché questo tipo di complicazione trasfusionale può comparire dopo giorni,
settimane o anche mesi dalla trasfusione, la sua relazione con l’emoterapia può
facilmente essere misconosciuta. Risulta, quindi, essenziale registrare accuratamente
tutte le trasfusioni nella cartella clinica del paziente, perché vengano prese in
considerazione nella diagnosi differenziale.
IMMUNOMODULAZIONE
Negli ultimi due decenni si sono accumulate numerose evidenze che indicano come
la trasfusione di sangue allogenico possa associarsi a fenomeni di immunomodulazione
nel ricevente. In rapporto alle diverse categorie di pazienti, l’effetto
immunomodulante può essere benefico o dannoso .
Possibili effetti clinici determinati dalla immunomodulazione
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1 – Effetti sfavorevoli
Aumento di ricadute di neoplasie maligne
Aumento dell’incidenza di infezioni batteriche postoperatorie
2 – Effetti benefici
Aumentata sopravvivenza del rene trapiantato
Minor incidenza di aborti spontanei ricorrenti
Minori ricadute in corso di malattia di Crohn
Effetto immunoterapico nella leucemia mieloide cronica che riduce l’incidenza di
ricadute dopo trapianto di midollo.
Si è ipotizzato che l’immunomodulazione associata alla trasfusione possa interferire
negativamente sull’intero decorso e sui risultati clinici finali, tramite una depressione
dell’immunocompetenza di pazienti sottoposti a trattamento chirurgico per neoplasie
maligne, la quale sarebbe responsabile del mancato controllo o eradicazione della
neoplasia residua. Inoltre, numerose osservazioni hanno correlato l’ effetto
immunomodulante ad un aumento delle infezioni batteriche postoperatorie dopo
interventi di chirurgia addominale, ortopedica o cardiaca (a cuore aperto). Tuttavia,
non ci sono prove assolute che tali effetti sfavorevoli siano realmente associati alla
trasfusione. Al contrario, è stato chiaramente evidenziato che l’immunomodulazione
può avere conseguenze benefiche in alcune, selezionate, categorie di pazienti: più
lunga sopravvivenza dell’innesto in trapiantati renali; minor incidenza del fenomeno in
donne affette da aborti spontanei ricorrenti e, forse, ridotta possibilità di ricadute in
pazienti colpiti da morbo di Crohn. Benché l’intimo meccanismo dell’effetto
immunomodulante della trasfusione di emocomponenti allogenici resti ancora oscuro, si
ammette, generalmente, che tale fenomeno biologico sia mediato dai leucociti presenti
nell’emocomponente cellulare trasfuso.