2. II Principio della Termodinamica:
Il I Principio della Termodinamica stabilisce una equivalenza metrologica tra
calore e lavoro in un processo ciclico di un sistema chiuso. E’ stato osservato che
tale equivalenza riguarda soltanto la possibilità di trasferire energia ad un
sistema, sia sotto forma di calore che di lavoro. Calore e lavoro non sono tuttavia
“la stessa cosa”. Considerando molteplici applicazioni si osserva che il lavoro è
una forma qualitativamente superiore di energia, poiché è possibile la sua
integrale conversione in calore, mentre non vale il processo inverso e cioè
l’integrale conversione di calore in lavoro. Il II Principio della Termodinamica
evidenzia tale dissimmetria di comportamento e fornisce un criterio per la
valutazione dei processi di conversione energetica che è possibile realizzare.
2.1 Evidenze sperimentali:
Alla luce delle relazioni stabilite dal I Principio sembra perfettamente lecita
l’operazione di convertire l’energia termica (calore) in energia meccanica (lavoro)
ed in maniera integrale. Si potrebbe perciò immaginare di realizzare una
macchina ciclica in grado di convertire direttamente una data quantità di calore
in lavoro, secondo lo schema:
Q
L
Per sapere se l'operazione è realmente possibile faremo ancora riferimento
all'esperienza, alla ricerca di un criterio che indichi in quale direzione procedere
nei riguardi dei processi di conversione dell'energia.
Si consideri nuovamente il processo reale ciclico esaminato per introdurre il
primo principio (Fig. 1) e si analizzino in particolare gli scambi termici. Si
supponga per semplicità che tali scambi avvengano con due sole sorgenti
termiche a temperatura fissata. Indicando con T1 e T2 le temperature assolute
3
delle sorgenti esterne, superiore ed inferiore, con le quali si attuano gli scambi Q1
Q1 Q2
e
.
T1 T2
e Q2 , si valutino le quantità
Figura 1: Schema di un sistema termodinamico chiuso che effettua un processo ciclico.
Effettuando la somma algebrica di tali due termini, si trova che, comunque si
operi, risulta sempre:
Q1 Q2
+
<0
T1 T2
Anche se si invertisse il senso delle trasformazioni termodinamiche, passando ad
esempio da un processo ciclico motore ad uno inverso frigorigeno, la precedente
disuguaglianza ancora risulterebbe verificata. In ogni caso dunque il rapporto tra
il valore assoluto dello scambio termico negativo e la corrispondente temperatura
risulta sempre maggiore dell'altro rapporto tra lo scambio positivo e la
corrispondente temperatura.
Negli impianti reali gli scambi termici non avvengono in genere a temperatura
costante, normalmente si effettua una serie di scambi termici positivi, a diverse
temperature, ed una serie di scambi negativi a temperature ancora differenti. Il
risultato sperimentale è tuttavia sempre:
Qi
∑ Ti
i
<0
ovvero
∫
dQi
<0
Ti
4
Sul valore della disuguaglianza ha influenza il modo con cui si realizzano le
trasformazioni del sistema che costituiscono l'intero processo. Se infatti le
condizioni operative si discostano molto da quelle già definite di "reversibilità"
(attrito nullo, assenza di gradienti di pressione e di temperatura) il risultato è
molto minore di zero, mentre se si avvicinano ad esse la sommatoria tende a zero,
per cui estrapolando al caso limite della reversibilità si può scrivere:
Qi
∑ Ti
≤0
(1)
costituiscono
ovvero
i
Le
diseguaglianze
∫
dQi
≤0
Ti
il
criterio
(1)
ricercato,
in
quanto
sperimentalmente verificate per qualsiasi processo ciclico reale: si possono cioè
ritenere realizzabili soltanto quei processi che soddisfano le disuguaglianze (1).
Tenendo conto delle relazioni sperimentali sopra riportate, si può allora verificare
la possibilità di realizzare una macchina chiusa e ciclica che trasformi
integralmente in lavoro tutto il calore ricevuto. Per ipotesi tale macchina sarà
caratterizzata da Q>O, si avrà dunque:
∫
dQ
>0
T
.
Poiché la (1) è contraddetta, il processo dovrà ritenersi irrealizzabile. L'operazione
inversa, si noti, di convertire lavoro in calore è invece sempre possibile, come
dimostra l'esperienza, In quest'ultimo caso si ha infatti:
∫
dQ
< 0.
T
Queste considerazioni evidenziano una profonda differenza tra le due componenti
di scambio energetico calore Q e lavoro L. Sussiste una dissimmetria operativa
sintetizzabile con lo schema seguente.
Q
L
a) processo impossibile
L
Q
b) processo possibile
L'unico modo di inquadrare il problema, salvaguardando il principio di
conservazione, è quello di ammettere una differenza operativa tra i due termini Q
5
ed L: uno scambio di lavoro non è operativamente equivalente ad uno scambio di
calore. Basti pensare che uno scambio di calore Q, prossimo alla temperatura
ambiente, non consente di ottenere alcun lavoro utile.
2.2 Enunciati del secondo principio:
Il primo principio stabilisce una eguaglianza (puramente metrologica) tra calore e
lavoro: in un processo chiuso e ciclico è infatti
∑
Q=
∑
L. La formulazione più
interessante del II principio è rappresentata dalla seconda delle (1),
∫
dQ
≤0
T
(2)
La (2) è nota come disuguaglianza di Clausius, ed esprime il fatto che, per le
trasformazioni reali (e quindi irreversibili), l'integrale ciclico del differenziale
dQ
T
è negativo, essendo dQ l'effettivo calore scambiato tra sistema ed esterno e T
la temperatura a cui esso si effettua. In base a tale disuguaglianza, le possibilità
di conversione energetica offerte dalla disponibilità di una certa quantità di
calore, come si vedrà meglio in seguito, dipendono in modo essenziale dalla
temperatura a cui esso è disponibile.
In questi fatti consiste gran parte del significato del II principio della
termodinamica che si sintetizza attraverso varie formulazioni. Tra le più
significative vi sono le due seguenti.
Enunciato di Clausius:
"il calore si propaga spontaneamente dai corpi più caldi verso quelli più
freddi; non è tuttavia impossibile provocare il passaggio in senso inverso in un
concreto processo ciclico, purché si effettui sul sistema, durante il ciclo, una
adeguata azione compensatrice";
ovvero, in modo equivalente:
"è impossibile costruire una macchina termica, operante secondo un processo
ciclico, il cui unico effetto sia il trasferimento di calore da un corpo a temperatura
minore ad un altro a temperatura maggiore". L'azione compensatrice può
consistere nell'applicazione di un lavoro meccanico sul sistema ciclico, cioè in
uno scambio di lavoro dall'esterno verso il sistema, oppure in un passaggio di
6
calore in senso spontaneo.
Enunciato di Kelvin Planck:
"E’
impossibile
costruire
un
sistema
chiuso,
ciclico,
motore,
monotermodiabatico (che scambia calore con una sola sorgente); è invece possibile
realizzare un processo inverso monotermodiabatico ".
Per "motore" si deve intendere un sistema che fa lavoro sull' esterno (scambio
positivo) e per "sorgente" un mezzo in grado di scambiare calore a temperatura
costante. Il processo "inverso" è caratterizzato da scambio di lavoro negativo.
Entrambi gli enunciati evidenziano dei vincoli al nostro operare. Il primo indica
l'esistenza di una direzione privilegiata nei processi spontanei. Il secondo esprime
in modo più preciso la dissimmetria tra gli scambi di calore e di lavoro.
Diverse proposizioni sul comportamento di sistemi termodinamici (corollari) sono
state dedotte dalle leggi sopra citate ragionando "per assurdo", assumendo cioè
vera l'affermazione contraria alla proposizione e dimostrando che la logica
conseguenza contraddice la legge di partenza.
L'equivalenza tra i due enunciati può essere dimostrata in modo analogo,
mettendo in evidenza come la violazione di uno di essi implichi la violazione
dell'altro.
Si considerino a tale scopo due macchine termiche entrambe interagenti con due
sorgenti a diversa temperatura T1 e T2 (T1>T2) e si supponga che le stesse
macchine possano operare, l'una o l'altra, in violazione dei precedenti enunciati.
Si può dimostrare che:
Se è violato l'enunciato di Clausius è violato anche quello di Kelvin-Planck:
Si ammetta che la macchina di sinistra nello schema di Fig. 2, possa operare in
contrasto con l'enunciato di Clausius, in modo tale che una quantità di calore Q2
venga trasferita dalla sorgente fredda a quella calda, senza alcuna azione
compensatrice. La macchina di destra invece riceve Q1, cede Q2 alla sorgente
termica inferiore, e compie un lavoro positivo L = Q1-|Q2|, in accordo con
l'enunciato di Kelvin-Planck. Con tali ipotesi, il sistema combinato, costituito
dalle due macchine (racchiuso dalla linea tratteggiata), può essere visto come una
macchina che riceve calore dalla sorgente superiore per un ammontare Q1-|Q2|, e
7
lo converte integralmente in lavoro L = Q1-|Q2|: il sistema combinato viola
dunque l'enunciato di Kelvin-Planck.
Figura 2. Schema per dimostrare che se è violato l'enunciato di Clausius è di conseguenza violato
anche quello di Kelvin-Planck.
Se è violato l'enunciato di Kelvin-Planck è violato anche quello di Clausius:
Si supponga che la macchina di destra nello schema di Fig. 3 operi violando
l'enunciato di Kelvin-Planck: il calore Q1 che essa riceve dalla sorgente calda è
trasformato integralmente in lavoro. La macchina di sinistra, in accordo con
l'enunciato di Clausius, utilizza il lavoro L per sottrarre Q2 alla sorgente fredda,
cedendo alla sorgente calda L + Q2 = Q1 + Q2.
Con tali ipotesi, il sistema combinato (racchiuso dalla linea tratteggiata) risulta
equivalente ad una macchina che, senza alcuna azione compensatrice, trasferisce
il calore Q2 dalla sorgente a temperatura inferiore a quella a temperatura
superiore: il sistema combinato viola l'enunciato di Clausius.
8
Figura 3. Schema per dimostrare che se è violato l'enunciato di Kelvin-Planck è di conseguenza
violato anche quello di Clausius.
2.3 Ordine e disordine:
Quanto discusso in precedenza può anche essere formulato in termini di
ordine e disordine. Se infatti consideriamo una componente energetica esprimibile
sotto due forme distinte, possiamo convenire di dire che è operativamente
ordinata quando può essere trasferita dall'una all'altra forma in tutte le
proporzioni, disordinata quando ciò non si verifica.
Consideriamo un congegno elettromeccanico: in linea di principio il termine
energetico
elettrico
(lavoro
elettrico
fornito
al
sistema)
può
ritrovarsi
integralmente in quello meccanico e viceversa. In un sistema ciclico termomeccanico ovvero termo-elettrico, invece, il termine meccanico o elettrico può
ritrovarsi in quello termico uscente, ma non viceversa, nemmeno in linea di
principio: sulla base del criterio esposto le componenti meccanica ed elettrica
sono "ordinate", quella termica "disordinata". Si esprime tutto questo dicendo
anche che il "rendimento" di conversione di un sistema elettromeccanico è, in
linea di principio, unitario. Non è invece così per una macchina che attua una
conversione termo-meccanica o termo-elettrica, nemmeno in linea di principio. La
componente energetica termica presenta, come meglio vedremo, carattere
evolutivo.
9
Aspetti operativi del II principio:
I diversi enunciati del II principio indicano che alcuni processi sono realizzabili ed
altri no. In questo senso il II principio fornisce precise indicazioni operative
poiché consente di:
•
prevedere la direzione dei processi spontanei,
•
stabilire le condizioni di equilibrio,
•
determinare la migliore prestazione teorica di un processo,
•
valutare quantitativamente i fattori che impediscono il raggiungimento della
migliore prestazione.
2.4 La funzione di stato Entropia:
Il risultato sperimentale descritto in precedenza può essere interpretato
analiticamente per ricavarne importanti conseguenze. La disuguaglianza di
Clausius (2) può essere trasformata in uguaglianza, sommando al primo membro
una opportuna quantità positiva σe in modo tale che risulti:
∑
i
dQi
+σe = 0
Ti
(3)
La quantità σe è un termine, sempre positivo, il cui valore dipende dal grado di
reversibilità del processo. Per definizione è dunque:
σ e = −∑
i
dQi
(≥ 0)
Ti
(4)
dQ
(≥ 0)
T
(5)
e, generalizzando:
σ e = −∫
Ogni volta che viene realizzato un processo ciclico in cui sono presenti scambi
termici
si
origina
dunque
una
σe≥0,
denominata
traccia
termodinamica
sull'esterno.
Ricordando la (1) risulta pertanto che:
10
σe=0
nei processi reversibili,
σe>0
nei processi reali, con irreversibilità,
σe<0
condizione impossibile.
Le diverse irreversibilità forniscono un contributo indipendente alla formazione
della traccia.
Nell'introdurre il primo principio sono stati considerati gli scambi energetici
di calore e di lavoro che intervengono in un processo reale ciclico di un sistema
chiuso. Il risultato dell'osservazione sperimentale è stato poi generalizzato con la
definizione di una nuova proprietà del sistema: l'energia. In modo analogo,
sempre partendo dall'osservazione sperimentale di un processo ciclico concreto,
può definirsi una nuova proprietà del sistema, chiamata da Clausius entropia,
che consente di esprimere il II principio in forma analitica. Indicando con dSs il
contributo elementare alla traccia termodinamica, si può porre:
σ e = − ∫ dS s con dS s ≥ 0
L'equazione (5) è allora esprimibile nella forma:
∫
dQ
+ dS s = 0
T ∫
ovvero
 dQ

+ dS s  = 0
T

∫ 
Anche in questo caso si può affermare che il differenziale integrando è un
differenziale esatto e pertanto che esiste una funzione di stato S definita da:
dS =
dQ
+ dS s
T
(6)
Tale funzione è detta entropia ed è la grandezza fondamentale per esprimere
quantitativamente i significati del II principio. Ovviamente sarà
∫ dS = 0 .
La (6) è nota come uguaglianza di Clausius e il termine dSs è detto anche
produzione entropica.
In una trasformazione elementare, l'entropia di un sistema varierà per effetto di
due contributi: il primo legato all'effettivo scambio termico dQ, con il suo segno, il
secondo, sempre positivo, interpretabile come produzione entropica nel sistema
per effetto delle irreversibilità ivi operanti. Le cause di irreversibilità, responsabili
11
della produzione entropica, vengono dette sorgenti entropiche.
L'entropia, come detto, è una proprietà del sistema e per le sostanze pure può
essere calcolata e tabulata in funzione di due variabili indipendenti. Come
l'energia, anche l'entropia è stata definita attraverso un differenziale e quindi a
meno di una costante. Pertanto, per un sistema di nota costituzione fisicochimica, il valore dell'entropia, in un definito stato termodinamico, può valutarsi
dopo averle attribuito un valore convenzionale arbitrario in uno stato di
riferimento. Infine, l'entropia è una proprietà estensiva e ne viene pertanto
normalmente considerato il valore specifico, in riferimento all'unità di massa.
Poiché come si vedrà nel seguito il processo più efficiente tra due stati definiti è
quello reversibile, porre nulla la produzione entropica è utile per individuare il
massimo risultato ottenibile da un processo termodinamico.
2.5 Rendimenti isoentropici delle macchine:
L’introduzione della funzione entropia permette di stabilire un criterio di
valutazione delle prestazioni di una macchina. Le macchine costituiscono gli
organi in cui nei cicli termodinamici avvengono gli scambi di lavoro con l’esterno
(compressori o pompe, turbine). Queste avranno certamente dei limiti in termini
di bontà della trasformazione che in esse avviene, dettati da caratteristiche
costruttive, attriti, ecc. Per valutare di quanto una macchina reale si discosta dal
comportamento ideale, quello cioè che avrebbe se fosse “perfetta”, si introduce il
concetto di rendimento isoentropico.
Pensiamo ad una turbina: questa macchina ha il compito di produrre lavoro
attraverso l’espansione del fluido che la attraversa (la trasformazione è
considerata adiabatica). Quindi la situazione ideale è quella in cui si produce il
lavoro massimo. In questo caso il rendimento isoentropico confronta il lavoro
realmente prodotto dalla turbina con quello massimo che si otterrebbe se la
turbina lavorasse in maniera perfetta, senza perdite:
ηE =
(h − h 2 )
Lavoro reale
= 1
Lavoro ideale massimo (h 1 − h o )
12
p1
h
p0=p2
1
h1-h2
h1-h0
2
0
S
La trasformazione 1-2 è quella reale che avviene nella turbina; se la turbina
operasse in maniera ideale (ossia reversibile), il punto finale della trasformazione
sarebbe 0, cioè il fluido uscirebbe dalla turbina alla stessa pressione (p0=p2), ma
ad una entalpia inferiore, cioè più freddo: questo in termini pratici significa che
l’energia posseduta dal fluido all’ingresso della turbina sarebbe stata sfruttata
meglio, cioè in maniera più completa; il fluido uscendo più freddo, ha ceduto
tutta l’energia che possedeva, non ne ha tenuta una parte come nel caso reale,
dove invece esce più caldo perché la turbina ha al suo interno degli attriti, delle
irregolarità.
Questo si vede dal fatto che il punto finale della trasformazione reale (punto 2)
possiede una entropia maggiore di quella del punto ideale (punto 0), perché le
irreversibilità hanno generato una produzione entropica ∆Ss .
In altri termini: il salto di pressione tra monte e valle della turbina è fissato p1-p2;
la trasformazione che il fluido farebbe se la macchina fosse perfetta è da 1 a 0; il
fluido però, dato che la macchina ha degli attriti all’interno, esce nel punto 2, cioè
di tutta l’energia che aveva a disposizione una parte è stata trasformata in lavoro,
ed una parte è rimasta intrappolata dentro il fluido, che infatti esce più caldo di
come dovrebbe. Dal punto di vista energetico quindi questa quota di energia che
non si è trasformata in lavoro è persa.
Quindi il rendimento isoentropico confronta le prestazioni di una macchina reale
con le prestazioni di una macchina ideale.
Passiamo ora al compressore e alla pompa, che sono macchine dentro le quali
viene fatto un lavoro sul fluido che le attraversa, per aumentarne la pressione,
13
sempre in maniera considerata adiabatica verso l’esterno.
La situazione ottimale sarebbe quella in cui si ottiene il salto di pressione
desiderato impiegando il minimo lavoro possibile: questa è la trasformazione
ideale. Nella realtà ci sono però una serie di limitazioni pratiche per cui il lavoro
necessario è maggiore.
In questo caso il rendimento isoentropico confronta il lavoro minimo che si
farebbe se la macchina fosse ideale con quello realmente speso nel compressore o
pompa reale:
ηC =
Lavoro ideale minimo (h 0 − h 1 )
=
Lavoro reale
(h 2 − h 1 )
h
p0=p2
2
p1
0
h0- h1
h2- h1
1
S
E’ quindi l’inverso della definizione per la turbina, proprio perché nel caso della
turbina il lavoro è prodotto, nel caso della pompa o compressore è invece speso.
Questa analisi delle prestazioni delle macchine è di tipo energetico; vedremo più
avanti che c’è un altro tipo di analisi che si può condurre per valutare la bontà o
meno delle trasformazioni operate nelle macchine, basata su un’altra grandezza
che introdurremo, cioè l’exergia.
14
2.6
Trasformazioni
irreversibili
secondo
le
diverse
interpretazioni
macroscopica e probabilistica:
Fin qui è stato analizzato il ruolo della funzione entropia nella descrizione delle
trasformazioni termodinamiche “dall’esterno”. Per comprenderne a fondo il
significato osserviamo adesso i sistemi “dall’interno”.
I sistemi possono essere studiati osservandoli da due diverse angolazioni,
continua e microscopica.
La Termodinamica fenomenologica considera i fluidi elastici e continui, senza
porre alcuna ipotesi sulla loro costituzione; vengono definite dunque le grandezze
pressione, temperatura, entropia, ecc. del fluido nel suo insieme.
La visione microscopica della materia analizza il sistema come discontinuo, cioè
composto da un enorme numero di particele elementari.
Analizzando ad esempio i gas da un punto di vista microscopico, si introduce la
teoria cinetica dei gas, che parte dalla caratterizzazione del comportamento ideale
dei gas (gas perfetto). L’astrazione di gas perfetto considera il gas costituito da un
gran numero di particelle di dimensioni sferiche, con diametri molto piccoli
rispetto alla distanza media tra le particelle stesse, e che non esercitano mutua
azione tra di loro se non negli urti (considerati perfettamente sferici).
Il comportamento dei gas reali è assimilabile al modello dei gas perfetti solo in
condizioni
di
sufficiente
rarefazione
(cioè
quando
le
particelle
sono
sufficientemente lontane le une dalle altre).
Se si affrontasse lo studio del movimento delle singole particelle secondo un
approccio meccanico, allora ogni fenomeno ed ogni trasformazione subita da un
gas sarebbe da considerarsi reversibile. Nella realtà però le trasformazioni legate
allo scambio di calore non sono affatto reversibili.
Pensiamo ad esempio a due recipienti separati da un setto, il settore 1 contiene
gas in determinate condizioni, mentre il settore 2 è vuoto.
1
0
2
0
15
Se togliamo il setto di separazione il gas tende ad invadere il settore 2 ed in
particolare la migrazione avrà termine quando le pressioni in entrambi i settori
saranno uguali (tendenza all’equipartizione). Essendo un gas un sistema
costituito da particelle in moto caotico, non si può dare al gas una “volontà”; c’è
però una probabilità che una particella si sposti dall’altra parte, così come dopo
un certo tempo c’è la probabilità che le particelle siano equidistribuite. C’è da
chiedersi: perché le particelle non possono avere la tendenza a riportarsi nel
settore 1? Secondo le leggi reversibili della meccanica potrebbero. Se durante il
processo si bloccassero tutte le particelle e si attribuisse a ciascuna un moto
contrario a quello che le ha animate sino a quel momento, non c’è dubbio che
nello stesso tempo in cui si sono distribuite tornerebbero ad occupare tutte il
settore 1.
La teoria cinetica dei gas non nega la probabilità di realizzare i fenomeni che
contraddicono il II Principio della Termodinamica, ossia non nega che le leggi
elementari che regolano il moto delle particelle siano perfettamente reversibili
(scambio di energia e di quantità di moto). L’irreversibilità nasce dalla visione
globale di un sistema così complesso.
Ecco dunque che il movimento delle particelle di un gas deve essere descritto e
studiato attraverso leggi statistiche e non meccanicistiche.
Secondo questo approccio la funzione entropia viene interpretata in maniera
diversa da quella vista finora, e definita nel modo seguente:
S=K⋅⋅ln(W)
(legge di Stefan - Boltzman)
L’entropia S è una grandezza macroscopica e viene legata al parametro
microscopico W, che rappresenta la probabilità termodinamica che caratterizza un
determinato stato, cioè il numero di tutte le diverse configurazioni microscopiche
in cui un sistema può trovarsi apparendo identico da un punto di vista
macroscopico. Ad esempio, se un determinato stato termodinamico di un sistema
può essere ottenuto in due diversi modi che per un osservatore macroscopico
sono identici, allora W sarà pari a 2. Più un sistema è disordinato, più sarà
rappresentato da un numero elevato di microstati (o complessioni) W.
Facciamo un esempio: consideriamo ancora un setto che divide un recipiente in
due settori, il settore 1 contiene 10 individui senza carattere, cioè con tendenza a
16
fare qualsiasi cosa, tutti individualmente riconoscibili ma uguali in ogni
caratteristica. Questa situazione ha un solo modo di essere rappresentata (W=1).
1
0
2
0
10
0
Se adesso un individuo si sposta nel settore 2:
1
0
2
0
9
1
Da un punto di vista microscopico ci sono 10 possibili configurazioni che possono
realizzare questo stato, perché gli individui sono individuabili, quindi a seconda
di quale dei 10 si è spostato cambia la configurazione. Ma macroscopicamente le
10 configurazioni sono identiche, perché gli individui sono dotati delle medesime
caratteristiche.
Questa seconda situazione è più probabile (W=10) della precedente. Ecco che il
parametro W rappresenta proprio questo preciso significato di probabilità.
La situazione in cui le molecole sono equidistribuite è quella cui corrisponde la
massima probabilità, quindi W=WMAX.
Vediamo quindi di spiegare il significato della definizione di entropia mediante la
legge di Stefan – Boltzman. Abbiamo osservato come ad un fenomeno irreversibile
corrisponda l’aumento di W. In natura infatti i processi tendono a passare da
situazioni meno probabili a situazioni più probabili, e questo è in accordo con la
crescita dell’entropia dei fenomeni spontanei. Esiste quindi una correlazione tra S
e W.
Il legame logaritmico risulta giustificato dal fatto che l’entropia è una grandezza
additiva. Se consideriamo due sistemi ognuno con le proprie caratteristiche, il
sistema costituito dalla somma dei due avrà un’entropia pari alla somma delle
due. Dal punto di vista del numero di configurazioni, le probabilità si
moltiplicano, quindi:
17
W1+2=W1+W2
S1+2=S1+S2=K⋅ln(W1)+ K⋅ln(W2)=K⋅ln(W1×W2)= S1+2
L’andamento del logaritmo naturale è crescente, con maggior ripidità in
corrispondenza di bassi argomenti, e via via che aumenta l’argomento la
pendenza diventa sempre più dolce.
Questa caratteristica risulta adatta alla rappresentazione della funzione entropia
durante i processi con scambio di calore.
Fornire una certa quantità di calore ad alte o basse temperature non è la stessa
cosa dal punto di vista dell’aumento dell’entropia: in particolare, essendo dS
proporzionale a dQ/T, più è alta la temperatura media dello scambio termico e
minore sarà l’incremento di entropia.
Ecco dunque che l’espressione dell’entropia attraverso la legge di StefanBoltzman rispecchia perfettamente il legame che c’è tra fenomeni microscopici
(probabilistici) e fenomenologia macroscopica.
Per completezza aggiungiamo che la costante di proporzionalità K viene definita
come:
K=
R
N
(R= costante universale dei gas; N=Numero di Avogadro)
18