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Learning News
Dicembre 2011, anno V - N. 12
Stress da crisi? C’è una nuova risposta
di Alessia Tanzi*
La crisi che sta attraversando la finanza mondiale e gli effetti che questa
produce sulle grandi aziende, hanno, fra le numerose conseguenze, un
risultato immediato: un drammatico aumento della pressione sui
dirigenti. Aumenta il livello della sfida (mercati in rapido e continuo
cambiamento; condizioni ambientali – sia macroeconomiche che di
business – sempre più dure; concorrenza dei paesi emergenti) e
diminuiscono le risorse (tempo, budget, risorse umane).
Il risultato è che aumentano i livelli di stress su coloro le cui condizioni di
equilibrio psico-fisico influenzano quelle di decine – centinaia, in qualche
caso migliaia – di persone nelle aziende. Infatti l’eccesso di stress incide
negativamente sulla leadership, sul carisma, sulla capacità di prendere
decisioni rapidamente, sulla comunicazione e sulla qualità delle relazioni
in azienda e verso gli interlocutori esterni.
Lo stress1 è alla base di numerose disfunzioni fisiche, psicologiche e
sociali, delle quali non immaginiamo possa essere la causa. Contribuisce
infatti alla degenerazione del cervello in quanto induce una produzione
eccessiva di Cortisolo, che priva il cervello della sua unica fonte di
carburante: il glucosio. Parallelamente ad un alto livello di Cortisolo, in
genere si osservano bassi livelli di DHEA (deidroepiandrosterone), un
ormone fondamentale per l’energia e la vitalità e il corretto
funzionamento neurologico.
*Alessia Tanzi è consulente in strategia e organizzazione aziendale in Europa e USA dal 1995, pratica
Yoga dal 1998, dal 2006 è insegnante certificata KRI (Kundalini Research Institute) e oggi è
impegnata per portare lo Yoga Kundalini nelle aziende in Europa.
E-mail: [email protected].
1
Mi riferisco qui al distress, lo “stress negativo” che interviene quando i livelli di stress sono eccessivi
(i.e. le condizioni sfavorevoli superano le capacità e le risorse o sono prolungate nel tempo, l’individuo
diventa pertanto incapace di reagire e offre risposte poco adattative) e non all’eustress, lo stress che
se mantenuto a livelli normali è positivo in quanto produce l’adrenalina che permette alla persona di
reagire positivamente allo stimolo di stress.)
Concretamente, questo processo può portare a effetti fisici
“insospettabili” quali tachicardie, dolori cronici muscolari, rigidità
articolari, peggioramento quantitativo e qualitativo del sonno, pressione
arteriosa con valori fuori norma, stanchezza inspiegabile con cali di
energia durante la giornata, tic e tremori alle mani, emicranie,
predisposizione a influenze, raffreddori, allergie, asma, gastriti, respiro
affannoso. Altri effetti possono essere di tipo emotivo: concentrazione e
attenzione ridotta, memoria meno pronta, nervosismo, ansia e irritabilità,
pessimismo e cattivo umore fino ad arrivare a crisi depressive.
L’Italia ha di recente varato un Decreto Legislativo che richiede alle
aziende di misurare il rischio da stress lavoro-correlato, e nel caso
risulti medio o alto, attuare misure correttive e di prevenzione. Si tratta
del Dlgs 81/2008, attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n.
123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il decreto impone al datore di lavoro - a decorrere dal 31.12.2010 l'analisi di tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, compresi
quelli “particolari”, collegati allo "stress lavoro-correlato”, recependo
quanto previsto dall'accordo europeo dell'8 ottobre 2004. Il decreto in
oggetto pone molta attenzione alla salute del lavoratore, tanto che all’Art.
2, lettera o) per salute s’intende “lo stato di completo benessere fisico,
mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o
d’infermità”.
La normativa però – per come è costruita e applicata - riguarda
principalmente impiegati e operai, non i dirigenti, il cui stress si misura
con parametri diversi.
Questo non significa però che i dirigenti non siano toccati da questo
tema, che compromette la loro integrità mentale con effetti sulla
produttività, l’andamento del business oltre che sulla salute, loro e delle
molte persone che lavorano insieme a loro.
I metodi “tradizionali” e “convenzionali” per ridurre lo stress (a cominciare
dalle c.d. misure di prevenzione primaria, riorganizzazione, ripartizione
dei ruoli e dei carichi, sistemi di incentivazione, ecc) sono fondamentali,
ma non sono più sufficienti: il livello della sfida si è alzato, occorre
lavorare più in profondità, praticando esercizi mirati per il cervello e
l’intero sistema nervoso.
E’ fondamentale ricordare che, mentre un tempo si riteneva che alcuni
effetti degenerativi di ansia e stress sul cervello fossero irreversibili, oggi
2
sappiamo che il cervello può continuare a rigenerarsi. Per decenni e fino
agli anni ’90 si pensava infatti che il cervello dovesse seguire con l’età un
processo degenerativo, e che le sue cellule, i neuroni, una volta
compromessi, non potessero essere recuperati. Oggi sappiamo che
questo non è vero: il cervello è un organo dotato di grande plasticità, si
può rigenerare e può mantenere la giovinezza finché lo desideriamo, se
adeguatamente “esercitato”, proprio come i muscoli del corpo.
La mente è il software, il cervello è l’hardware, un organo fisico che
richiede nutrimento, riposo, esercizio e cure adatte. Spesso questo lo
dimentichiamo e dedichiamo molta attenzione ed esercizio al resto del
corpo, al cuore, ai muscoli, ma nulla o quasi al nostro organo più
importante, il cervello. Con l’esercizio si possono creare nuovi neuroni e
nuove connessioni tra di essi (con conseguente aumento del “potere
pensante” dei neuroni esistenti). Inoltre le informazioni non sono
conservate nei singoli neuroni, ma nei sistemi di neuroni. Quindi se un
neurone muore si crea una nuova connessione con un altro neurone e la
memoria è mantenuta. Con l’avanzare degli anni si formano strutture
sempre più complesse di connessione fra i neuroni ed è perciò che la
“saggezza” è ritenuta il risultato della maturità.
La tradizione dello Yoga – in particolare quel tipo di yoga giunto dall’India
in Occidente e diffuso negli Stati Uniti dalla fine degli anni Sessanta, lo
Yoga Kundalini – ci offre numerosi strumenti per migliorare la nostra
risposta allo stress.
La meditazione, i mantra, il controllo del respiro, le posizioni delle mani,
sono strumenti “alternativi” con cui il mondo manageriale italiano non ha
ancora familiarità, ma che rispondono perfettamente alle esigenze di
presenza, centratura, carisma, chiarezza mentale, equilibrio fra vita
privata e professionale, che sono in questo momento così cruciali per
sostenere le sfide che la grande crisi mondiale impone ai dirigenti. Con
l’esercizio gradualmente si conquista qualche pezzo in più di libertà di
espressione, una maggiore efficacia comunicativa, un nuovo senso di
centralità e di sicurezza, consapevolezza e leadership per se stessi e per
gli altri.
L’esercizio e la meditazione hanno un effetto benefico diretto sul sistema
endocrino, poiché contribuiscono a portare sangue al cervello. Hanno
anche effetti indiretti in quanto proteggono il corpo dagli effetti fisici dello
stress “bruciando” gli ormoni nocivi. Inoltre provocano la secrezione di
sostanze neurologiche ed endocrinologiche positive come la
3
norepinefrina, che agisce come neurotrasmettitore. Infine l’esercizio
mentale e fisico produce buon umore (grazie alle endorfine) e combatte
la depressione che è anch’essa una fonte di degenerazione neurologica.
La meditazione contribuisce a diminuire significativamente il consumo di
ossigeno, la frequenza respiratoria e quella cardiaca, abbassa la
frequenza delle onde cerebrali permettendo una più ampia
consapevolezza e una comprensione più profonda dell’ambiente e delle
relazioni.
Non siamo abituati a pensare in questi termini all’esercizio della
leadership. Ma la concentrazione, la determinazione, l’abilità nel
motivare la squadra dei collaboratori, l’autorevolezza e la capacità di
scegliere presto e bene, in breve ciò che distingue un bravo manager
soprattutto nei momenti di difficoltà, possono essere il risultato di un
percorso che non si limita a utilizzare solo un linguaggio “mentale”.
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