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“Mettiamo
ordine nella
nostra vita”
Santa Teresa
ci guida nel
percorso di
Quaresima
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PRESENTAZIONE DEL SUSSIDIO
Santa Teresa ricorda sua mamma
Questo sussidio è articolato secondo due parti: una prima
che presenta il Vangelo di ogni domenica di Quaresima
(secondo una formulazione breve) e la seconda che offre un
brano tratto dal Libro della Vita di Santa Teresa sul tema:
“I momenti difficili della mia vita”.
Ogni Vangelo domenicale è corredato da alcune domande
per avviare la comprensione del testo e, per entrare nella
profondità del suo messaggio spirituale, si offrono alcuni
spunti di riflessione.
Brano tratto da “Libro della vita”, cap. 1,2
Anche mia madre aveva molte virtù, e trascorse la sua vita
in gravi malattie. Grandissima la sua onestà; benché fosse di
singolare bellezza, non diede mai occasione di pensare che
vi facesse caso. Infatti, pur morendo a soli trentatré anni, già
il suo modo di vestire era come quello di una persona
attempata. Molto dolce e di notevole intelligenza. Soffrì
molto nel corso della sua vita. Morì da vera cristiana.
L’INSEGNAMENTO DI SANTA TERESA
(introduzione al percorso)
S. Teresa ci invita a mettere ordine nella nostra vita, a dare
ad ogni cosa il suo giusto valore, a vincere le false
suggestioni del male. Anche lei, nella sua vita, ha affrontato
a volte con coraggio a volte con scoraggiamento, difficoltà e
tentazioni.
Il modo migliore per raggiungere questi traguardi è quello
di mettersi in ascolto della Parola di Dio, convinti che,
mediante la Scrittura, Dio ci parla, ci incoraggia e sostiene.
Gesù ci parla da persona viva a persone vive! Da amico ad
amici! L’amica Santa Teresa ci parla da amica a noi suoi
amici.
La Quaresima che iniziamo, ci offre, ancora una volta,
guidati dall’esempio di Santa Teresa, l’occasione di
rinnovare e rendere più ferma e forte la scelta per Dio nella
nostra vita.
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Lazzaro diventa l’emblema del discepolo che Gesù ama, cioè
di ogni discepolo. E ogni discepolo è chiamato a
riconoscersi malato: “sono venuto per i malati, non per i
sani”. Compito del discepolo è innanzitutto riconoscere la
propria malattia, quella malattia che fa parte del nostro
essere creature, della nostra fragilità. Quella malattia è lo
spazio paradossale in cui Dio entra e ridona vita.
Ogni discepolo è malato. E il peccato più grave è non
riconoscere la propria fragilità. Siamo malati laddove la
relazione con Gesù si inceppa. Malattia è ciò che rende
faticosa o impossibile la relazione con Gesù.
Questa condizione di malattia e fragilità dell’uomo non
porterà alla morte. Gesù è infatti venuto per questo, affinchè
il peccato dell’uomo non lo condanni alla morte.
C’è una morte, che ha luogo dentro la nostra vita, che
equivale a un addormentarsi. E’ prima di tutto da questo
sonno durante la vita che Gesù viene a svegliarci. E’ il sonno
che ci trattiene nel peccato e ci fa rimanere nella schiavitù, è
il sonno che blocca le nostre scelte, è il sonno che non ci fa
vedere la necessità di chi ci sta accanto. Gesù viene a
svegliarci, ci richiama alla vita, alla vita in pienezza.
E il sonno è spesso anche rifiuto di vedere la realtà. Oggi
Gesù ci dice che possiamo guardare questa nostra realtà
senza paura, perché è lui la luce attraverso cui vedere. Gesù
accetta di combattere per te. Gesù ti fa venir fuori dal tuo
sepolcro, da quelle situazioni in cui la vita ti ha rinchiuso, o
da quei sepolcri in cui tu stesso ti sei ritirato. La relazione
con Gesù è liberazione. La vita di fede è una continua
esperienza di salvezza, in cui prendiamo coscienza di essere
risvegliati alla vita, perché l’addormentarsi fa parte
inevitabilmente del nostro essere creature fragili.
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1^ DOMENICA DI QUARESIMA
UNA GOCCIA NEL DESERTO
Dal vangelo di Matteo In quel tempo, Gesù fu condotto
dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo.
Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla
fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu
sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma
egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma
di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».
Domande per la riflessione:
1. Il deserto ti fa paura?
2. Se dovessi rimanerci 40 giorni, cosa porteresti con
te?
3. Qual è la tua tentazione più grande?
4. Cosa fa Gesù per vincere le tentazioni?
5. E tu cosa fai?
Riflessione: Quando ci fermiamo a fare il punto della
nostra vita spirituale, ci possono essere momenti di
scoraggiamento. A volte abbiamo l’impressione di non
essere andati molto avanti, anzi magari ci sembra di aver
fatto qualche passo indietro. Se S. Teresa e altri grandi Santi
ci hanno comunicato la loro percezione di sentirsi peccatori
alla fine della loro vita, vuol dire forse che nella vita
spirituale non ha senso parlare di progresso, ma di continue
conversioni.
La vita spirituale non è un corso di formazione,durante il
quale si passi da un livello più basso a uno più alto, la vita
spirituale è invece fatta di continue occasioni in cui
confrontarsi con il Vangelo, occasioni nelle quali la nostra
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vita è messa di fronte alla possibilità di scegliere il Vangelo
o rifiutarlo.
La tentazione continua infatti a sorprenderci nella nostra
vita: e ciò che fa la differenza è come la tentazione ci trova
nel momento in cui giunge. La differenza non sta nella data
d’inizio del cammino, ma nel modo in cui stiamo coltivando
oggi la relazione con Dio. Si può essere credenti di vecchia
data ma avere il cuore spento.
Tentare vuol dire mettere alla prova, nel senso di verificare,
far venire fuori quello che sei. Gesù ha conosciuto la fatica
di resistere alla sensualità della tentazione.
La reazione di Gesù è chiara: la salvezza passa attraverso la
croce, lo svuotamento, il Calvario. Gesù ha scelto la logica
della croce per salvare il mondo, non ha scelto né la
scorciatoia né la logica del compromesso a fin di bene.
che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto,
ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché
credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a
gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e
le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario.
Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel
che egli aveva compiuto, credettero in lui.
S. Teresa ci racconta la sua vita interiore
Brano tratto da “Libro della vita”, cap. 17.
Questo padre domenicano, che era molto virtuoso e
timorato di Dio, mi fece molto bene, perché, avendolo scelto
anche come mio confessore, si prese a cuore il bene
dell’anima mia, e mi fece capire la rovina in cui mi trovavo.
Mi faceva comunicare ogni quindici giorni; a poco a poco,
trattandolo di più, gli parlai della mia orazione; mi disse di
non abbandonarla mai, che assolutamente non poteva farmi
altro che bene. Cominciai a tornare ad essa, anche se non
evitavo le cattive occasioni, e non l’abbandonai più. Vivevo
una vita piena di sofferenze perché, mediante
l’orazione, vedevo meglio le mie colpe: da una parte mi
chiamava Dio, dall’altra io seguivo il mondo; le cose di
Dio mi davano una grande gioia, quelle del mondo mi
tenevano legata. Sembrava che volessi conciliare questi due
Domande per la riflessione:
1. Perché Gesù piange e si commuove?
2. Come ha cambiato la vita di Maria, Marta e Lazzaro
Gesù?
3. Sei disposto ad aiutare un amico?
4. Come si fa ad uscire dal sepolcro della noia e della
passività?
Riflessione: Il sepolcro diventa immagine dei nostri luoghi
di morte, cioè di peccato, laddove Dio non c’è più. La vita
diventa un sepolcro quando Dio non c’è. Il desiderio di Gesù
è ridare vita.
Ciascuno è chiamato dunque a riconoscere quei luoghi di
non-vita, di lutto e di lamento, in cui si è trovato gettato o in
cui si è gettato con le proprie mani.
Gesù viene a fare luce, viene a rivelare i luoghi in cui stiamo
andando in decomposizione. Perché solo se noi stessi
scopriamo dove stiamo morendo, possiamo permettere a
Dio di svegliarci dal sonno. Gesù non accetta questa
rassegnazione perché lui è la vita.
“Colui che tu ami è malato” sono le parole che portano a
Gesù i messaggeri inviati dalle sorelle di Lazzaro.
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5^ DOMENICA DI QUARESIMA
UNA LACRIMA SUL VISO
Dal Vangelo di Giovanni Era allora malato un certo
Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua
sorella. Maria era quella che aveva cosparso di olio
profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi
capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle
mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è
malato». […]
Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro
giorni nel sepolcro. […] Marta dunque, come seppe che
veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in
casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio
fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque
cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». Gesù le disse:
«Tuo fratello risusciterà». li rispose Marta: «So che
risusciterà nell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la
risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore,
vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno.
Credi tu questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu
sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo».
[…]Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si
gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui,
mio fratello non sarebbe morto!».allora quando la vide
piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei,
si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete
posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù
scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo
amava!». […]
Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al
sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.
Disse Gesù: «Togliete la pietra!». […] Tolsero dunque la
pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio
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opposti – così nemici l’uno dell’altro – come sono la vita e le
gioie spirituali e i piaceri e i passatempi dei sensi.
Nell’orazione provavo grande sofferenza, perché lo spirito
non era padrone, ma schiavo; pertanto non riuscivo a
rinchiudermi nel mio intimo (che era il mio solo modo di
procedere nell’orazione) senza rinchiudervi con me mille
vanità. Trascorsi così molti anni; soltanto ora mi meraviglio
che una creatura umana abbia potuto resistere tanto in
questo stato senza romperla o con Dio o con il mondo:
certo, lasciare l’orazione non era più in mio potere, perché
mi teneva con le sue mani colui che così voleva darmi
maggiori grazie.
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2^ DOMENICA DI QUARESIMA
UNA NUVOLA LUMINOSA
Dal vangelo di Matteo In quel tempo, Gesù prese con sé
Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in
disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro:
il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero
candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia,
che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello
per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te,
una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando,
quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed
ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio
mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento.
Ascoltatelo».
Domande per la riflessione:
1. È facile salire su un monte?
2. È facile obbedire?
3. Ti piace affrontare situazioni difficili o preferisci
evitarle?
4. Chi ti dà coraggio di fronte alle difficoltà?
Riflessione: Domenica scorsa ci siamo trovati in un deserto
roccioso dove il caldo del giorno si fa sentire e il freddo
della notte fa battere i denti: oggi siamo su un monte.
Ancora una volta siamo invitati a salire in alto.
Gesù chiama tre dei suoi discepoli, Pietro,Giacomo e
Giovanni: sono gli apostoli che in genere sceglie quando
deve dire cose importanti.
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Momento di preghiera:
Dopo un momento di silenzio si potrebbero invitare i
bambini/ragazzi a formulare delle preghiere in questo
modo:
“Signore apri i miei occhi perché io possa vedere la tua
presenza in …”
Santa Teresa ci racconta della sua malattia
Brano tratto da “Libro della vita”, cap. 8,11
Nel frattempo, sebbene io non trascurassi di prendere le
mie medicine, il Signore, il cui vivo desiderio di dispormi
allo stato che più a me si conveniva aveva più potere d’ogni
medicina, mi mandò una così grave malattia che dovetti
tornare a casa di mio padre. Quando fui guarita, mi
condussero a far visita a una mia sorella – che abitava in un
borgo – il cui amore per me era così grande che, se avessi
assecondato il suo desiderio, non avrei mai dovuto lasciarla.
Suo marito mi voleva egualmente molto bene, per lo meno
mi circondava di attenzioni, e anche di questo devo essere
molto grata al Signore, perché dappertutto mi ha sempre
fatto trovare affetto, mentre io l’ho ricambiato di tutto da
quella che sono.
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è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai
visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo,
Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È
per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché
coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono,
diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui
udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche
noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun
peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato
rimane».
Saliamo anche noi su questo monte per capire e accogliere il
messaggio della Parola di questa Domenica e farne tesoro
nei giorni che seguono.
Ma, per cogliere quello che avviene sul monte, dobbiamo
fare un passo indietro e scendere in pianura. Qualche
giorno prima, infatti, Gesù aveva annunciato ai suoi
discepoli che doveva andare a Gerusalemme e lì soffrire
molto e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno.
Questa dichiarazione spaventa gli apostoli e Pietro a nome
di tutti gli dice: “Dio ti liberi da questo, non ti accada mai
una cosa così brutta e triste!”.
Gesù lo rimprovera perché Pietro e i suoi compagni non
capiscono ancora che Lui è venuto per donare la sua vita,
per mostrare con il dono di sé quanto ci vuole bene. Anzi,
dice loro che chi vuole essere suo amico è chiamato a vivere
così, a smettere di pensare a se stesso e a impegnarsi, con
tutta la vita, per Dio e per gli altri.
Gli apostoli però non capiscono… un po’ come noi che
facciamo sempre un po’ di fatica a volere bene per primi, a
perdonare quando ci offendono, a rispondere a una parola o
a un gesto cattivo con parole e gesti diversi, gesti buoni. Per
questo Gesù oggi li porta, e porta anche noi, sul monte: per
aiutarci a comprendere.
Sul monte avviene una cosa straordinaria: il volto di Gesù
brilla come il sole e le sue vesti diventano candide come la
luce. Non pensate che sia un miracolo, un qualcosa piovuto
dal cielo! Ciò che cambia il volto e l’aspetto di Gesù, ciò che
lo tras-forma è la sua capacità di amare, la sua decisione di
vivere per noi, di dare la sua vita per me, per te affinché
possiamo trovare la gioia.
La gioia, quella vera, si ha solo quando si sa e si crede che
qualcuno ci vuole davvero bene. Non sono le cose che ci
riempiono il cuore, ma solo l’amore, il bene appunto.
Domande per la riflessione:
1. Perché i farisei non credono in Gesù?
2. Perché tante persone non vogliono convertirsi?
3. Tu cosa fai fatica a veder ogni giorno con il tuo
cuore?
Riflessione: Il cieco nato: in poco tempo passa dal buio
totale alla luce: guarito da Gesù. Ma subito trova ostacoli su
ostacoli davanti a sé: passata la novità, i curiosi non si
interessano più di lui; i suoi genitori non hanno il coraggio
di difenderlo; i giudici lo cacciano. Combatte per la verità
ma viene respinto. In questo buio c’è comunque la luce di
Gesù, che dice all’uomo guarito: “Io ci sono”.
Questo incontro ci porta a scoprire che c’è sempre una
buona notizia per chi apre gli occhi sulla verità, la novità di
Gesù che passa portando guarigione, solidarietà, amicizia,
perdono.
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Pietro, davanti a questo spettacolo, è entusiasta. Gesù gli
appare bellissimo come Dio! Guarda e grida: “Che bello,
restiamo qui per sempre!”
Ma così, ancora una volta, mostra di non capire.
Questa volta interviene Dio, il Padre, che parla da una nube
che avvolge tutti e, come un genitore orgoglioso del figlio,
esprime tutto il suo amore: “Guardatelo, è il mio figlio, colui
che amo!”.
Penso che a tutti voi ragazzi sarà capitato di avere avuto un
elogio dai vostri genitori per un bel voto ricevuto, per
un’attenzione prestata, per un servizio reso ai nonni o ai
fratellini più piccoli. Certamente la gioia sarà stata grande.
Una volta un papà, incontrandomi, mi ha detto: “Questo è
Riccardo, il mio bambino, e sono molto orgoglioso di lui! A
scuola ha ricevuto un premio per la bontà”.
Il papà era orgoglioso, proprio compiaciuto di quel suo
figlio buono e attento verso tutti. Oggi Dio ci parla di suo
figlio e lo fa con lo stesso orgoglio del papà di Riccardo.
Gesù, con la sua vita, sta realizzando il progetto del Padre
che è quello di far rifiorire l’amore, la giustizia, la bontà, la
misericordia sulla terra.
Poi rivolto a noi dice: ASCOLTATELO. Ascoltare: ecco la
parola chiave del Vangelo di oggi. Gesù ascolta il Padre e
realizza il suo progetto di amore. Noi siamo chiamati ad
ascoltare Gesù. Cosa vuol dire ascoltare?
Vuol dire prestare attenzione, vuol dire far scendere nel
cuore quanto abbiamo ascoltato con le orecchie perché
quello che abbiamo capito diventi frutto, diventi vita.
Quando voi ascoltate bene una lezione, i compiti a casa vi
riescono bene! Proprio questo è il segno che avete ascoltato
con attenzione.
La stessa cosa con Gesù: se siamo ascoltatori attenti, la
nostra vita mostra, nelle azioni, che siamo dalla sua parte.
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4^ DOMENICA DI QUARESIMA
LA CONVERSIONE E’ SORGENTE DI VITA
Dal Vangelo di Giovanni In quel tempo, Gesù passando
vide un uomo cieco dalla nascita […], allora sputò per terra,
fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del
cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che
significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci
vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era
un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto
a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri
dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva:
«Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono
stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama
Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi
ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono
lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?».
Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un
sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva
aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo
come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha
messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». […]
Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi
non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi.
Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno
onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è
mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli
occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non
avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto
nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli
disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi
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PREGHIERA: Siamo chiamati ad essere “persone-anfore”
per dare da bere agli altri: a volte l’anfora si trasforma in
una pesante croce, ma è proprio sulla croce, dove, trafitto, il
Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva. Non
lasciamoci rubare la speranza! (EG 86)
Papa Francesco
Scendiamo a valle con Gesù, cioè ritorniamo nella realtà di
tutti i giorni e, con la gioia di aver visto sul volto radioso di
Gesù l’amore che lo trasfigura, cerchiamo anche noi di
imitare il suo amore e il suo bene verso tutti.
Santa Teresa cerca la perfezione dell’anima
Santa Teresa e la sua anima in schiavitù
Brano tratto da “Libro della vita”, cap. 31,17
Il mondo, quando vede qualcuno avviato per tale strada,
esige che sia perfetto e mille miglia lontano scopre in lui
una mancanza, che forse è virtù, ma siccome in chi lo
condanna la stessa cosa proverrebbe da vizio, giudica che
sia così anche nell’altro. Egli non dovrebbe né mangiare né
dormire né, come si dice, respirare; più è tenuto in
considerazione, più si è indotti a dimenticare, sembra, che è
ancora di carne e ossa. Per quanto perfetta abbia l’anima,
vive ancora sulla terra, soggetto alle sue miserie, benché
le tenga sempre più sotto i piedi. È perciò necessario, come
dico, un gran coraggio perché la povera anima non ha
ancora cominciato a camminare e già pretendono che
voli; ancora non ha vinto le passioni e già esigono che in
difficili occasioni resti così salda come leggono che avveniva
ai santi confermati in grazia. È motivo di lode per il Signore
quanto accade in questa circostanza, ed è anche motivo di
gran pena per il nostro cuore perché moltissime anime che,
poverine, non sanno farsi valere, tornano indietro. E così
credo che sarebbe stato anche della mia se il Signore, nella
sua infinita misericordia, non avesse fatto tutto lui: finché
egli non è intervenuto con la sua bontà in mio favore, la
signoria vostra avrà visto che non facevo altro se non
cadere e rialzarmi.
Brano tratto da “Libro della vita”, cap. 3,3
Vorrei saper descrivere la schiavitù in cui era allora la mia
anima, perché ben capivo io di essere schiava, ma non
riuscivo a capire di che cosa, né potevo credere del tutto
che ciò di cui i confessori non mi facevano gran carico fosse
così grave colpa come io la sentivo nel mio intimo. Uno di
essi, al quale avevo manifestato questo scrupolo, mi disse
anzi che, pur raggiungendo uno stato di elevata
contemplazione, tali occasioni e amicizie non mi avrebbero
arrecato alcun danno. Questo avveniva già all’ultimo,
quando io cominciavo, con l’aiuto di Dio, a fuggire i pericoli
più gravi, pur non sottraendomi del tutto alle occasioni.
Sembrava loro che io facessi molto, vedendomi piena di
buoni desideri e dedita all’orazione, ma la mia anima
sentiva che non faceva tutto ciò che era tenuta a fare per
colui a cui tanto doveva. Mi è ora motivo di pena il molto
che essa soffriva e il poco aiuto che da tutti aveva, fuorché
da Dio, e la grande libertà che le concedevano per i suoi
piaceri e passatempi, dicendo che erano leciti.
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3^ DOMENICA DI QUARESIMA
ZAMPILLO IN TE
Dal vangelo di Giovanni In quel tempo, Gesù giunse a una
città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che
Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un
pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio,
sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una
donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù:
«Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a
fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice:
«Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono
una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti
con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è
colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui
ed egli ti avrebbe dato acqua viva». […] «Chiunque beve
di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua
che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che
io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che
zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –,
dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non
continui a venire qui ad attingere acqua».
Domande per la riflessione:
1.
2.
3.
4.
5.
Di che cosa ha sete Gesù?
Di che cosa è pieno il tuo pozzo/cuore?
Cosa dovresti buttare via per essere acqua pura?
Che acqua puoi donare agli “assetati d’amore”?
Ci credi che solo Gesù può darti l’acqua viva che
disseta per la vita eterna?
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Riflessione: La samaritana del pozzo possiamo essere tutti
noi con tutte le nostre cose che ci preoccupano, con la
nostra fretta, con tutti i nostri impegni a volti eccessivi, col
nostro bisogno di essere amati. Pensateci un attimo: sono
certa che tutti voi desiderate che mamma, papà e tutte le
persone che conoscete vi vogliano bene, perché l’amore è la
cosa che tutti cercano! E’ per te, per te, per te… che Gesù è
seduto sul pozzo sotto il sole di mezzogiorno che gli scotta
la pelle: è lì che ti aspetta per volerti bene. Naturalmente,
noi non abbiamo il pozzo di Giacobbe! Il nostro pozzo è
dovunque ci troviamo: in ogni momento della giornata Gesù
è vicino a noi che ci dona la sua acqua viva, il suo amore, e ci
invita a nostra volta a darlo a tutti, più che con le parole, con
la nostra vita.
Un giorno san Francesco, uscendo dal convento, incontrò
frate Ginepro. Era un frate semplice e buono e san
Francesco gli voleva molto bene. Gli disse:”Frate Ginepro,
vieni, andiamo a predicare”. Ginepro rispose:” Padre mio,
sai che io ho poca istruzione. Come potrei parlare alla
gente?”. Ma poiché san Francesco insisteva, frate Ginepro
acconsentì. Girarono per tutta la città pregando in silenzio
per tutti coloro che lavoravano nelle botteghe e negli orti.
Sorrisero ai bambini, specialmente a quelli più poveri.
Scambiarono qualche parola con gli anziani. Accarezzarono
i malati. Aiutarono una donna a portare un pesante
recipiente pieno d’acqua. Dopo avere attraversato più volte
tutta la città, san Francesco disse:”Frate Ginepro, è ora di
tornare al convento”. “E la nostra predica?” disse Ginepro.
“L’abbiamo fatta… L’abbiamo fatta!” rispose sorridendo il
Santo.