LOREN DALLE STELLE DEI SOGNI di Massimo Antonio Prisco Lontano nel cielo In un mondo lontano, situato tra le galassie di Andromeda e del Triangolo, vive da molto tempo un popolo speciale, gli amilieni. Questi esseri speciali sono simili a noi e convivono nel loro mondo con animali incredibili come il liope e la bumella. Gli amilieni vivono in casupole sferiche sulle stelle Leno, Mera e Favilla e si narra che abitino questi luoghi già dal tempo del ‘grande miscuglio stellare’. Il piccolo Loren Loren passeggiava allegro per i canali di rame, incurante del divieto imposto dal Generale di Leno, nonché suo padre, Mavio. Indossava un casco in cui rimbombava una musica assordante e teneva stretto tra le mani qualcosa di simile ad un frisbee dorato. Erano ore che girovagava senza meta e più si allontanava più la Torre di Neon si faceva piccola alle sue spalle, ma nonostante questo proseguiva spensierato. Dopo aver svolto i suoi compiti di studente ed apprendista polveriere era uscito senza dare troppo ascolto alle consuete, noiose ed amorevoli raccomandazioni di sua madre Polina, una donna dai lunghi capelli di un viola mai visto prima. Il giovane Loren aveva 105 anni Andrini, corrispondenti a 15 terrestri, degli occhi blu freddi come il ghiaccio e dei lunghi fili dai riflessi metallici che fuoriuscivano appena dal suo casco argentato. A parte questo insolito particolare nient'altro a prima vista lo avrebbe distinto da un suo coetaneo del nostro pianeta. Ciò che invece distingue gli amilieni dai terrestri è, oltre alla loro storia, il modo di comunicare. Hanno una bocca come noi, ma la usano raramente, preferendo ed essendo per loro più naturale scambiarsi pensieri e dialogare attraverso lo sguardo; noi la chiameremmo telepatia, per loro è semplicemente il "legame". Se due esseri amilieni sono interessati a sapere o a far sapere qualcosa ad un altro, la semplice volontà permette loro di farlo senza sovrastrutture o codici particolari. Ma fate attenzione: ho detto esseri non persone, perché gli amilieni comunicano tra loro così come fanno con gli animali che popolano le stelle della loro galassia. Loren viveva con la sua famiglia su Leno, vi si erano trasferiti dopo che il capofamiglia Mavio era stato nominato Generale, con grande gioia ed orgoglio sia della moglie Polina che dei figli Loren, appunto, e Devin, il più giovane della casa. Prima di questo cambiamento la sua famiglia aveva vissuto per diverse generazioni su Mera, la più grande delle tre stelle abitate dagli amilieni. Con Leno e Favilla queste tre bellissime stelle luccicanti formano un mondo fantastico all'interno di galassie lontane da noi più di due milioni di anni luce. Quando il vento fresco dell'autunno inizia a farsi sentire liberando il cielo dalle nubi, la si può osservare sia dall'emisfero australe che boreale del nostro pianeta. Appare come un piccolo sospiro luminoso e pieno di mistero, è l’oggetto celeste più lontano visibile ad occhio nudo; in nessun altro punto del cielo l’occhio umano, privo di strumenti, riesce infatti a penetrare così in profondità. Per questo e per essere la galassia più simile a quella in cui si trova la Terra è sempre stata motivo di osservazione e legata a noi in modo particolare, ma nessuno sa in realtà quale sia il segreto più grande che ad essa la unisce. Fin dalla loro nascita queste tre stelle hanno svolto un compito fantastico ed importantissimo, che riguarda noi tutti senza che nemmeno lo immaginiamo, e che più avanti andremo a scoprire. Ma ora torniamo a Loren e la sua passeggiata solitaria. Teneva quello strano oggetto dorato tra le mani stando bene attento a non farlo cadere, sembrava ciò che di più prezioso possedesse. Come ho detto prima somigliava ad un comune frisbee, simile a quelli che avrete visto planare nei parchi, inseguiti da qualche cane felice e voglioso di acchiapparlo al volo, ma questo aveva qualcosa di particolare. Poteva essere impugnato come un volante ed al centro aveva uno schermo luminoso che attirava continuamente l'attenzione di Loren, rischiando tra l'altro di farlo inciampare in uno dei tanti sassi presenti nel canale. Questi erano profondi alcuni metri e riempivano quasi tutta la superficie di Leno. Servivano a trasportare materiale da una parte all'altra della stella ed anche per questo era pericoloso e quindi vietato percorrerli senza autorizzazione. Avevano la forma di un tubo tagliato a metà, come quelli usati sul nostro pianeta dagli skater e dagli snowboarder, ma invece di essere di cemento o ghiacciati erano rivestiti di uno strato di rame che gli donava un colore rossastro, simile a quello delle vecchie pentole in cui magari la vostra nonnina vi preparava qualche delizia. Il canale che stava percorrendo Loren pareva interminabile e la desolazione che lo circondava contribuiva a rendere lo scenario tanto fantastico quanto inquietante. Il giovane amilieno però lo conosceva bene, così come ricordava a memoria tutti i cunicoli e le scorciatoie di Leno, per questo proseguiva indisturbato senza timore. Si girò solamente quando sullo schermo del suo frisbee un segnale rosso iniziò a lampeggiare senza sosta, allora si diresse verso il lato del cunicolo e attese qualche istante. Il silenzio regnava sovrano e il cielo sopra di lui brillava di colori fantastici; le stelle vicine, le nebulose e il Sole Andrino catturavano lo sguardo e riempivano il cuore di emozione, era uno spettacolo affascinante. Seduto su una pietra con quel suo strano oggetto in mano Loren sembrava in attesa di qualcosa, che infatti non tardò ad arrivare. D'improvviso e senza il minimo rumore una specie di gigantesca palla da tennis gli passò davanti ad una velocità impressionante. Loren la guardò senza la minima preoccupazione allontanarsi e perdersi all'orizzonte. Rimase immobile, voltandosi in direzione della Torre di Neon e una dietro l'altra ne passarono delle altre, alcune di colore diverso ma sempre della stessa grandezza e alla stessa velocità. Queste sfere non toccavano il suolo, erano sospese a pochi centimetri da esso e col loro passaggio spostavano ed a volte urtavano alcune pietre cadute nel canale, senza però minimamente deviare o rallentare la loro corsa. Erano il mezzo con cui gli amilieni spostavano i loro carichi di materiale, le cosiddette "sfere di congiunzione", che a seconda di ciò che trasportavano luccicavano di un colore diverso. Avevano tutte una sorta di taglio a metà che permetteva di aprirle in modo automatico e riempirle a seconda della necessità. In realtà più che una sfera erano dunque due semisfere chiuse e sovrapposte, grandi quanto una casa e capaci di correre a grande velocità in quei canali studiati e creati appositamente per loro. Loren diede un' ennesima occhiata allo schermo, l'assenza di segnali indicava che la strada era tornata libera e sicura, quindi guardò la Torre di Neon brillare in lontananza, gli voltò le spalle e riprese indifferente il suo cammino. Vicino a noi Nel frattempo sulla Terra, mentre l'ultima neve si scioglieva aprendo le porte alla primavera, Jack pensava al suo piccolo Lucky scomparso ormai da qualche giorno. Era un cucciolo di cocker dal manto dorato e le caratteristiche orecchie allungate simili a due cotolette. Il piccolo Jack Foster era il suo padroncino ormai da due anni e aveva passato le ultimi notti insonni nel tentativo di ritrovarlo. Come d’abitudine erano andati a passeggio nel parco vicino alla loro casetta sotto la montagna, quando a un certo punto Lucky, incuriosito da un movimento dietro ad una siepe, era partito di gran carriera all'inseguimento di quello che pensava fosse un gatto, ma che in realtà era una lepre. Jack era abituato a gestire le scorribande di Lucky, ma questa volta lo perse di vista quasi subito, non riuscendo a ritrovarlo. Lo cercò disperatamente fino a che fece buio ed allora sconsolato tornò a casa e raccontò tutto ai suoi genitori. Mary e Carl lo confortarono e cercarono di alimentare le speranze del piccolo, dicendogli che probabilmente sarebbe tornato a casa da solo il giorno seguente, come già era successo altre volte; ma così purtroppo non avvenne. Il timore di Carl era che Lucky potesse essere caduto nel fiume che attraversava tortuosamente il parco, ed ogni giorno che passava questa ipotesi diveniva tristemente più reale. Lo cercarono insieme da mattino a sera senza risultato, Jack arrivava a casa stremato e prima di mettersi a letto guardava fuori dalla finestra, sperando di sentirlo abbaiare e di veder splendere il suo pelo illuminato dal chiarore della Luna; non riusciva proprio a perdonarsi e a pensare di stare senza il suo amico del cuore. Allora come d'abitudine prendeva il suo telescopio per guardare le stelle che tanto amava per cercare un po' di compagnia. Sentendosi triste e solo piangeva alzando la testa tentando di fermare le lacrime che gli riempivano gli occhi: nella vista buia del cielo ed offuscata da quel velo bagnato l'unica luce era quella delle stelle che brillavano vibrando sopra di lui. Voleva riabbracciare Lucky, era il suo unico desiderio. Cercando Loren Intanto su Leno Polina, sempre più arrabbiata, si chiedeva dove fosse finito Loren. Aveva provato a cercarlo sul suo Bin, il ricevitore multiuso che il giovane teneva sempre con sè e che ultimamente teneva disattivato per non farsi trovare e disturbare. Polina ormai era abituata alle bravate di Loren, ma ogni volta la preoccupazione la assaliva, rendendola nervosa e facendola ovviamente arrabbiare, così chiamò Devin e insieme salirono sulla loro capsula di viaggio per andare a cercarlo. Devin era l'ultimo arrivato in famiglia, aveva quasi 70 anni andrini e somigliava molto a suo fratello nell'aspetto, meno, per fortuna dei suoi genitori, nel carattere. Al contrario di Loren infatti era molto più tranquillo e pensava solo a dormire, mangiare e studiare per diventare un giorno Generale come il suo amato papà. La capsula di viaggio su cui salirono sembrava un uovo gigantesco in cui potevano sedere una decina di persone. Era fatta quasi interamente di un materiale simile al vetro che permetteva di avere una visuale quasi completa dello spazio circostante, così da risultare molto comoda in occasioni come questa. Polina la indirizzò rapidamente verso la Torre di Neon, punto di riferimento per ogni amilieno di Leno e tappa tra le preferite di Loren nelle sue uscite solitarie. La Torre sembrava una gigantesca vite bianca conficcata in profondità nel terreno, era molto alta e questa sua strana forma la rendeva morbida alla vista; il suo disco in cima era illuminato da un fascio di luce azzurra che la rendeva visibile alla distanza come fosse un faro in mare aperto. Ma di Loren non c'era traccia, Polina nonostante sapesse che il ragazzo conosceva la stella come le sue tasche era preoccupata; le sfere di congiunzione ed alcuni esseri presenti su Leno non la lasciavano tranquilla, in particolare le bumelle. Queste strane creature simili a dei pipistrelli abitavano tutte le stelle della Galassia e potevano spostarsi ad una velocità incredibile. Erano grandi come un libro, scure e con un occhio rosso che fungeva da radar, permettendogli di volare ovunque con rapidità. Non erano cattive ma per gioco potevano aggrapparsi a te e portarti ovunque volessero, il rischio era che ti prendessero e ti portassero su un'altra stella, per loro era uno scherzo ma per una madre era un incubo che Polina aveva già vissuto una volta e non voleva rivivere. Anni prima Loren era stato preso da alcune di queste bumelle e portato sulla vicina stella Favilla. Qui fortunatamente aveva trovato degli amilieni gentili che dopo averlo accolto in casa si erano adoperati per informare la sua famiglia di dove fosse. Così il Generale Mavio insieme alla moglie Polina lo avevano raggiunto e riportato a casa, ringraziando di cuore la famiglia favillina che era stata così gentile. Per un po' di tempo Loren venne messo in punizione e gli furono vietate le sue uscite solitarie. La cosa lo aveva rattristato parecchio ma era la giusta punizione per aver disobbedito alla madre. Suo padre lo aveva inoltre introdotto alla Fabbrica delle stelle, dove cominciò suo malgrado a lavorare senza retribuzione come aiutante. Inizialmente il giovane Loren prese malissimo questa decisione, lamentandosi del fatto che così tra lo studio ed il lavoro non avrebbe più avuto tempo per i suoi divertimenti, ma il Generale gli fece capire che quello era il modo migliore per crescere e comprendere i valori che rendono una persona dignitosa. Dopo qualche mese lenino Loren era passato da semplice aiutante ad apprendista polveriere ed a scuola i suoi risultati erano migliorati, ma nonostante questo un velo di tristezza era sempre presente sul suo volto, tanto da preoccupare la dolce e premurosa Polina. Il giovane apprendista ben si comportava sia a lavoro che a scuola ed aveva ricevuto l'autorizzazione dal Generale ad essere retribuito. Loren sembrava però chiuso in se stesso e pensieroso; la madre cercò di capirne il motivo senza risultati, solo lui ed il suo fedele amico Qwerty conoscevano la causa del suo malessere. Qwerty era il nome che Loren aveva dato al suo Bin, quello strano oggetto tuttofare a forma di frisbee che teneva sempre con sè. Lo aveva acquistato con la sua prima paga da apprendista polveriere come meritato premio per il suo impegno nel lavoro e il Generale Mavio aveva acconsentito alla sua scelta non senza prima avergli spiegato il giusto valore dei soldi. Su Leno la moneta usata era il Loin, tutti avevano un loro compito sulla stella ed in base al loro impegno ed ai loro risultati venivano ripagati in modo che potessero vivere degnamente e fossero stimolati ad impegnarsi sempre di più. Il Generale pensò di dare un prezioso consiglio al suo primogenito quando questo ricevette la sua prima paga. Insegnò a Loren un trucco per non spendere inutilmente ciò che avrebbe guadagnato. Prima di comprare una cosa gli disse di contare tanti secondi quanti fossero i Loin necessari ad acquistare l'oggetto in questione, così da sfruttare quel lasso di tempo per ragionare se ciò che voleva prendere gli fosse veramente necessario. Loren prima di acquistare il suo bin contò quindi novanta secondi nei quali riflettendo pensò che sarebbe stato utile in futuro sia per aiutarlo a studiare che per rintracciare i suoi genitori e farsi trovare in qualsiasi momento. Dopo averci pensato comunicò quindi la sua scelta ai genitori che acconsentirono felici pensando le medesime cose. Su Qwerty Loren imprimeva spesso i suoi pensieri come se fosse un diario. Lo teneva con sè sia a scuola che a lavoro ed iniziò a portarselo dietro anche quando Mavio e Polina, avendo osservato i miglioramenti del giovane, gli permisero di ritornare a fare le sue passeggiate per Leno; sapendo che aveva con sè proprio il ricevitore si sentivano infatti più tranquilli. Questa volta però Loren aveva spento il localizzatore, e non era la prima volta. Ma era assorto nei suoi pensieri e non voleva farsi trovare. Qwerty sapeva che quei pensieri erano rivolti a Favilla; da quando era stato preso dalle bumelle Loren non faceva altro che pensare a Leila, l'amiliena che lo aveva trovato e portato a casa sua per aiutarlo. I genitori della giovane favillina si erano interessati subito a lui e gli avevano chiesto da dove venisse e cosa fosse successo, una volta chiarita la situazione avevano informato le autorità della stella dopodichè lo lasciarono giocare con la loro piccola per fargli passare la paura. Loren trascorse così dei bellissimi momenti in sua compagnia e fu quasi dispiaciuto quando arrivarono il Generale e sua madre per riportarlo a casa, da quel giorno non faceva altro che pensare a lei. Era alta come lui, aveva degli occhi verdi che luccicavano e lo incantavano facendosi spazio tra i lunghi fili fini e dorati che le coprivano la fronte. I due erano in piena sintonia e si scambiarono pensieri per tutto il tempo che ebbero a disposizione, era la prima volta che Loren si trovava così bene con qualcun altro. 2016 ~ © Massimo Antonio Prisco ~ Tutti i diritti riservati ®