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Bimestrale Anno XIX - numero 5 autunno 2010 - � 0,52 - Poste Italiane SpA - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Firenze 2
L’UOMO LA TERRA I SUOI FRUTTI
All’interno
LE OFFERTE
per Soci e Amici di Legnaia
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sommario
editoriale
4
Verso la fine dell’anno
con tante iniziative
Orticoltura
Il porro, poco calorico ma ricco
di acqua, vitamine e preziosi minerali
di Alberto Lanzi
6
Oliviticoltura
Vendemmia 2010:
il punto della situazione
Intervista a Ritano Baragli
di Luca Campostrini
8
Tecnica e agricoltura
Elementi di nutrizione
a cura di Paolo Marianini
10
Ambiente
Brevi cenni di potatura
delle piante da frutto
di Simone Tofani
12
Zootecnia
La Limousine del Mugello
di A. Martini, E. Nelli, C. Lotti
14
Cultura
Tra le antiche pievi romaniche
nella Tuscia Etrusca
di Alessandro Masseti
16
Attualità
Celiachia: ogni anno nuove diagnosi
di Elisa Spaghetti
20
Alternaria leaf spot in Tanzania
22
Autumnia 2010, 12ª edizione
24
28
29
30
Rubriche
Notizie dalle Coop. di Legnaia
Alimentazione e salute
Coltivare che passione
Elenco dei prodotti in offerta
dal 28 settembre al 14 ottobre
di E. Turco, M. Galla, A. Ragazzi,
D. Bocciolini, S. Tofani
Direttore responsabile
Simone Tofani
Direttore
David Bocciolini
Condirettore
Stefano Meli
Comitato di redazione
Alberto Lanzi, Guido Monaci, Fabrizio Feci,
Gabriele Maneo, Maurizio Santoni, Patrizia Borgi
Editore
Edimedia S.r.l. via Volturno, 10-12a
50019 Sesto F.no - FI
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commerciali inerenti i nostri prodotti e servizi (periodico
Coltivare Insieme, Newsletter).
Il numero autunnale di Coltivare Insieme coincide con la “forma” a 32
pagine della rivista, all’interno della
quale i nostri lettori potranno trovare
al solito notizie di agricoltura, giardinaggio, attualità, vita all’aria aperta e
del “progetto Tanzania”.
Approfitto per ringraziare fin da ora
coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo numero perché
solo grazie alla presenza di professionisti possiamo continuare ad offrire
una rivista di qualità ai nostri lettori.
In agricoltura i mesi estivi sono stati
caratterizzati da luci ed ombre, come
spesso accade: importanti eventi climatici come la grandine il 17 giugno,
forti temporali a luglio e trombe d’aria
hanno causato in alcuni casi gravi
danni alle colture.
Il mercato dei prodotti agricoli non ha
certamente brillato, basta ricordare
il caso “pomodoro da industria” che
ha interessato alcune settimane fa gli
agricoltori della costa e verso il quale
si sono rivolte subito le amministrazioni interessate per risolverlo.
Il clima in altra parte dell’Europa e gli
incendi che si sono susseguiti hanno
provocato un innalzamento dei prezzi di alcune materie prime, frumento
prima di tutto, che si ripercuoterà
sicuramente anche sul prezzo delle
sementi.
In ascesa anche il prezzo dei fertilizzanti, che certamente non toccheranno i massimi del 2008 con il fosfato
biammonico a quasi 1000 euro la
tonnellata, ma che si ripercuoteranno
3
precedente1
sui costi di produzione delle aziende
agricole.
In questo panorama la vendemmia
delle cultivar (merlot ad esempio) più
precoci è terminata e stanno per iniziare le operazioni anche nelle zone
più alte e delle varietà più tardive.
Per il punto della situazione rimando
all’intervista al Presidente dei “Colli
Fiorentini” all’interno della rivista.
Parlando di vino mi preme solo ricordare il progetto “Fattorie toscane”
che abbiamo cercato di spiegare nel
numero di luglio di Coltivare Insieme e
che ci porterà fra l’altro a Singapore
dal 26 al 28 ottobre al “Wine for
Asia” per parlare e far conoscere i
vini toscani.
Nel settore oleario ad oggi (13 settembre) i dati evidenziano un aumento
dell’attività della mosca, senza peraltro
superare la soglia di intervento. La raccomandazione è quella di continuare
il monitoraggio e, nel caso dovesse
essere necessario intervenire, rispettare
ovviamente il tempo di carenza.
L’ultimo trimestre dell’anno sarà ricco
anche di iniziative alla “Legnaia”,
dalle conferenze, alle degustazioni,
alla presenza alle varie fiere, alle
gite sociali. Il programma dettagliato
in altra parte della rivista alla quale
rimando.
Un ulteriore ringraziamento a quegli
amici di Legnaia e Soci che vorranno
seguirci in questo cammino.
Dr. Simone Tofani
Direttore Responsabile
successiva4
orticoltura
Il porro, poco calorico ma ricco
di acqua, vitamine e preziosi minerali
dr. Agr. Alberto Lanzi
Ufficio tecnico Coop. di Legnaia
Dall’origine incerta, si pensa
che provenga dai territori celtici
dove già 3000 anni fa vi era
coltivato, usato anche dagli
egiziani, fu introdotto
in Europa dai Romani
Il Porro (Allium porrum) è un ortaggio
da foglia; la sua coltivazione è diffusa
in Europa, America e Asia.
Nel comprensorio fiorentino è - assieme
ai cavoli (fiore e nero), bietola e spinaci - quello maggiormente coltivato.
Di questa pianta si utilizza il fusto, costituito dalle guaine fogliari, strettamente
sovrapposte le une alle altre.
Alta dai 40 agli 80 cm, ha un apparato radicale fascicolato formato da numerosissime radici sottili, queste si originano da un fusto ridotto. Anche per
questa coltura le varietà attualmente in
coltivazione permettono una raccolta
che oscilla da luglio a febbraio.
Caratteri botanici
Il porro è una pianta biennale (coltivata a ciclo annuale) derivata da Allium
ampeloprasum L. Originario del Sud
Europa e Nord Africa, spontaneo in
alcune regioni centro-meridionali ed
utilizzato anche per l’alimentazione. È
presente sul mercato specialmente nel
periodo autunno-invernale. È coltivato
in tutte le regioni italiane, specialmente
al Centro-Nord.
Il Porro non si trova allo stato spontaneo. Presenta un bulbo poco sviluppato o assente, foglie allungate (con portamento eretto o ricadente, di colore
da grigio verde a verde bluastro) con
piccioli piegati a doccia ed avvolgenti
alla base, che forma un falso fusto più
o meno allungato (da 15 a 40 cm).
Lo stelo fiorale viene emesso nel secondo anno, in aprile-maggio; è pieno e
termina con un’infiorescenza sferica
(6-8 cm di diametro). I semi sono neri
angolosi e grinzosi (peso 1.000 semi
pari a 2,5-3,3 grammi). La durata della germinabilità è di 2-3 anni.
Esigenze ambientali
Il porro si adatta bene sia ai climi
temperato-caldi che temperato-freddi,
con l’impiego di varietà e cicli colturali
differenti.
I terreni più adatti sono quelli di medio impasto, con buona capacità di
ritenzione idrica, ma senza problemi
di drenaggio e ben dotati di sostanza
organica; il pH deve essere compreso
tra 6 e 7°; scarsa è la tolleranza alle
elevate salinità.
Per quanto riguarda le concimazioni si
consiglia di impiegare 100-200 q/ha
di stallatico, interrato con una lavorazione a 20-30 cm, 80-100 kg/ha di
fosforo e 100-150 kg/ha di potassio;
durante il ciclo si interviene con azoto frazionato in 3-4 volte (100-120 kg/ha).
L’irrigazione è quasi sempre necessaria, ad esclusione del periodo invernale.
Varietà
Le cultivar presenti sul mercato sono
classificate in base all’epoca di produzione in cultivar:
• estive-autunnali
• invernali
A livello aziendale la panoramica varietale del porro, permette di avere una
produzione ben distribuita dal periodo
estivo a quello pienamente invernale.
Fra le prime ricordiamo Striker e Casino e fra le seconde Da Vinci (quest’ultima tipologia tollera bene il freddo e
presenta una colorazione della foglia
più intensa).
Fra le varietà ritroviamo Atal e Riviera
con un periodo di raccolta intermedio.
Tecnica colturale
Il trapianto avviene da metà giugno
a metà luglio, quando le piantine di
porro, in semenzaio, hanno raggiunto
un’altezza di circa 40 cm, tagliandole
a circa 25 cm perché possano mantenersi erette una volta trapiantate, oppure sono trapiantate le piantine (alte
20-25 cm) ottenute in vivaio; la semina
(con seminatrici di precisione) è poco
praticata perché si ottengono porri di
pezzatura non omogenea e per risulta
più difficile il controllo delle infestanti.
L’investimento medio ad ettaro è di circa 150.000-160.000 piante.
Il diserbo viene effettuato subito dopo
il trapianto con Oxyfluorfen (Goal 480
Sc oppure Galigan 500).
Raccolta e produzione
La raccolta comincia quando il diametro dei fusti ha raggiunto i 2-3 cm,
dopo circa 3-4 mesi dal trapianto o
5-7 dalla semina. Dopo l’estirpazione,
vengono tolte le foglie vecchie più
esterne, tagliate a 15 cm sopra la parte bianca, accorciate le radici e lavati.
Una buona produzione varia dai 300
ai 400 quintali ad ettaro.
Avversità e parassiti
I parassiti presenti sono simili a quelli
della cipolla. I danni più gravi provocati da crittogame sono: Fusarium
culmorum e Pyrenochaeta terrestris, le
ruggini (Puccinia porri e Puccinia allii),
la peronospora del porro (Phytophtora
porri) e l’alternariosi (Alternaria porri).
Fra i parassiti animali ritroviamo: la tignola del porro (Acrolepia assectella),
la mosca della cipolla (Hylemia antiqua), il tripide (Trips tabaci) e i nematodi dello stelo (Ditylenchus dipsaci).
Lo scorso anno i tripidi furono presenti
fin dai primi stadi post-trapianto e solo
con un controllo assiduo e con l’impiego di agro-farmaci idonei siamo
riusciti a tamponare il problema. Per
ora la situazione appare di gran lunga
migliore, solo in alcuni casi è presente
un lieve attacco di tignola sulla parte
apicale delle foglie, quindi di facile
controllo.
Per il controllo delle malattie crittogame
sul porro sono registrati diversi prodotti
sia in relazione ai tempi di carenza
che della modalità di azione.
Principali utilizzi
Grazie al suo particolare sapore il porro è un ortaggio che si presta sia per
una cucina rustica e popolare che per
una gastronomia sofisticata e raffinata.
Il porro è usato in cucina come or4
precedente3
taggio e come erba aromatica. Si
impiega crudo, come condimento,
o cotto in svariate preparazioni.
In qualità di ortaggio il porro (più delicato), può sostituire la cipolla, e viene
impiegato per preparare minestre,
brodi, zuppe, risotti, creme e salse,
oppure lo si utilizza con la pasta o la
polenta. Come erba aromatica è usato
per la cottura di carni lesse, zuppe
di pesce e per aromatizzare piatti di
maiale e di agnello; si può usare il
porro come “cartoccio naturale” per
avvolgere i cibi (in special modo il pesce) durante la cottura, poiché migliora
la digeribilità della preparazione.
Il porro va tagliato al momento dell’uso
perché se esposto all’aria tende a ossidarsi molto velocemente.
Curiosità
Il porro è un ortaggio ricco di acqua
(più del 90%), poco calorico e indicato
nelle diete dimagranti; è ricco di vitamina A, ha un buon contenuto di vitamina C e discrete quantità di vitamine
del gruppo B e fornisce all’organismo
elementi minerali preziosi come il ferro,
il magnesio, il sodio, lo zolfo, la silice
(che favorisce l’elasticità delle ossa e
della pelle), il manganese, il potassio
(utile per regolare gli eccessi di grasso), il calcio e l’acido fosforico (tonico
per il sistema nervoso). Al porro vanno
riconosciute, quindi, molte proprietà fra
cui anche quella di pianta medicamentosa (proprietà riconosciutagli già nel
Medioevo).
5
successiva6
oliviticoltura
Vendemmia 2010: il punto della situazione
di Luca Campostrini
Ritano Baragli, presidente
delle cantine sociali “Colli
Fiorentini”, spiega luci e ombre
della produzione vitivinicola
Anche quest’anno la Toscana reciterà un ruolo di primo piano sulla
scena vitivinicola a livello globale,
relativamente alla produzione di
vino d’alta qualità. Che in una parola, ovvero in un marchio, si traduce
con Chianti.
La vendemmia tuttora in corso alla
data in cui scriviamo – circa metà
settembre –, in quanto a numeri mostra segnali chiari che hanno però
segno negativo: «Almeno nelle zone
di nostra pertinenza – spiega Ritano
Baragli, vicepresidente del Consorzio Vino Chianti e presidente delle
cantine sociali “Colli Fiorentini”, i
più grandi produttori di Chianti della
regione con circa settecento soci
- abbiamo una minore produzione,
un calo nell’ordine del 10-15% rispetto alle precedenti stagioni. Per
correttezza va però detto che fin
quando l’uva non viene pesata, reali
certezze di quanto si è prodotto non
ci possono essere».
Riguardo alla qualità, cosa si sente
di anticipare?
«In base ad alcune stime delle settimane passate – ammette Baragli - la
qualità sembrava destinata a non
essere elevatissima, a causa delle
copiose precipitazioni verificatesi
in primavera e nella prima parte
dell’estate. La mancanza di sole ha
effettivamente fatto ritardare la maturazione, ma come sempre il mese
di settembre sarà determinante: bastano infatti venti giorni di tempo favorevole per riequilibrare una situazione che non partiva con premesse
troppo positive. Considerando che,
come detto, non c’è un carico eccessivo di produzione, siamo indotti a
sperare per il meglio». La nostra regione, ricordiamolo, produce circa
tre milioni di ettolitri.
Relativamente al Valvirginio (etichetta si trova alla Coop. Agricola
di Legnaia), cioè il vino prodotto
dalle cantine “Colli Fiorentini”,
Baragli dichiara che «quest’anno
si attesterà sui settantacinquemila
quintali di uve, un po’ meno quindi
degli ottantamila dello scorso anno.
È un vino importante perché legato
al territorio, come del resto tutti i vini
cooperativi; i nostri soci sono difatti
presenti nei comuni di Montespertoli, Gambassi Terme e zone limitrofe
e producono uve perlopiù rosse.
Oltre la metà di esse è Chianti,
dunque principalmente Sangiovese,
cui si aggiungono i complementari
consentiti dal disciplinare».
Questo caratteristico vino è nato nel
1972, parallelamente alla nascita
della cooperativa, ai tempi in cui,
dice il presidente con una certa
nostalgia, «la cooperazione era
considerata uno strumento importante per tentare di aggregare l’offerta
e quindi sorsero molte cooperative
c’è niente da dire, è la concorrenza,
certo però che parliamo di qualità
diverse, deve essere il consumatore
a decidere cosa scegliere».
nella nostra regione. Purtroppo però
l’individualismo continua imperterrito a dominare: l’errore è quello di
pensare al proprio orticello convinti
che “il mio è meglio del tuo” e dunque collaborare è difficile. Facendo
gioco di squadra si recupererebbero
invece risorse che resterebbero nelle
tasche dei produttori e si riuscirebbe
a fare cose impossibili da realizzare
individualmente. In sostanza la cooperazione nel settore vitivinicolo in
Toscana copre solo il 20% scarso a
seconda delle annate e per questo
rappresenta una vera scommessa
per il futuro».
Come vi rapportate al contesto delle
esportazioni?
«Noi “Colli Fiorentini” non ci siamo
mai organizzati per esportare, ci
eravamo concentrati sul mercato
delle vendite dirette nei nostri punti
vendita della Toscana, che assorbi-
precedente5
6
vano la metà della produzione, ma
questi sono in crisi profonda. Noi
vendiamo principalmente in cisterne,
non in bottiglia, e puntavamo alla
produzione di qualità convinti che
l’imbottigliatore finale accettasse di
pagare il vino per quello che costa,
con le giuste quotazioni. Invece la
gran parte di loro non riconosce tutto
questo ma tira a comprare al minor
costo possibile. Stiamo cercando di
aprirci ai mercati esteri, ma recuperare il tempo perso non è facile. È un
errore non riconoscere ai produttori
ciò che serve a far sopravvivere le
aziende, è un danno per tutto il
territorio. Per il Chianti in generale
i principali mercati esteri rimangono
gli Stati Uniti e la Germania, mercati
che fino a pochi anni fa costituivano
un introito interessante; nel momento
in cui si è verificata la crisi, però,
anche là il consumatore si è orientato su altri vini, meno costosi. Non
7
Un appello?
«Il codice della strada criminalizza
la nostra bevanda nazionale. Mi
guardo bene dal dire che si deve
guidare sotto i fumi dell’alcol, ma
bisogna anche precisare che un bicchiere di vino non porta a superare
la soglia di tasso alcolico nel sangue
consentito dal codice. Se andassimo
ad analizzare le statistiche degli incidenti, vedremmo che spesso sono i
superalcolici i veri responsabili. Detto questo, ci auguriamo che i consumatori si rivolgano con fiducia in
generale ai vini della cooperazione,
non solo i nostri. Sarà lanciato entro
breve un marchio che riunisce tutti
i negozi della cooperazione, per
garantire il consumatore di trovare
il prodotto locale. Ciò aiuterà le
aziende a sopravvivere, altrimenti il
nostro territorio – che significa anche
turismo - è destinato all’abbandono
e ad una lenta agonia».
successiva8
tecnica e agricoltura
Elementi di nutrizione
di Paolo Marianini
Agrofertil
Fertilizzanti particolarmente
adatti ai fabbisogni delle realtà
agricole toscane
Agrofertil è una società cooperativa
costituita nel 1989 da un gruppo di
allevatori con l’intento di perseguire la
migliore gestione delle deiezioni zootecniche prodotte nei propri allevamenti e di chiuderne, nell’ambito dell’attività allevatoriale, il ciclo produttivo. La
possibilità di reperimento nell’ambito
del comprensorio di materie prime
ad alto contenuto in composti utili alla
preparazione di fertilizzanti, costituiti
essenzialmente da deiezioni zootecniche, rappresentano un’eccellente fonte
di elementi fito-nutritivi in grado di coniugare l’alto titolo, alle caratteristiche
di basso impatto ambientale.
Le matrici organiche, hanno origine
locale, negli allevamenti dell’appennino Tosco-Romagnolo e delle relative
vallate. Sono pertanto sempre disponibili, selezionabili e certificabili per
genuinità, qualità e provenienza.
Il particolare trattamento di bio-fermentazione aerobica cui sono sottoposti i
letami e le polline, oltre a conferire ai
nostri formulati una qualità agronomica
non riscontrabile negli analoghi fertilizzanti presenti nel mercato garantisce,
grazie alle costanti temperature di
maturazione di circa 75°, la completa
igienizzazione da salmonelle ed enterobacteriacee e l’annientamento di
eventuali semi infestanti potenzialmente presenti nelle deiezioni. Al tempo
stesso questa dinamica preserva la
vivacità dei microrganismi indigeni,
promotori poi nel terreno di quei fondamentali processi di mineralizzazione
cui la sostanza organica è sottoposta
e grazie ai quali sono messi a disposizione della pianta, gli elementi della
fertilità (N-P-K-Ca-S)
La presenza della sostanza organica
nel terreno agrario è di fondamentale
importanza ai fini della sua fertilità in
quanto è in grado di influenzarne profondamente le caratteristiche fisiche,
chimiche e biologiche.
L’humus (prodotto finale nobile della
trasformazione della sostanza organica) legato alle particelle d’argilla, permette di mantenere una buona struttura
del terreno e quindi resistere all’azione
disgregante dell’acqua, riducendo al
minimo la formazione di spesse croste
superficiali.
Questa caratteristica di “agente ce-
mentante” dà stabilità alla struttura
riducendo tenacità ed adesività nei
terreni compatti e fortemente argillosi,
e al tempo stesso aumenta l’aggregazione e la capacità di assorbimento
(proprietà che ha un suolo di trattenere
l’acqua e gli elementi nutritivi indispensabili per la nutrizione delle piante e
dei microrganismi) nei terreni molto
sciolti o sabbiosi.
La gamma Agrofertil è costituita da oltre trenta fertilizzanti, formulati per sopperire al meglio le esigenze nutrizionali
delle diverse situazioni pedologiche e
colturali del territorio nazionale.
In base alle esperienze maturate in
oltre vent’anni di presenza con i nostri
concimi in Toscana abbiamo ritenuto
opportuno non confondere troppo i nostri lettori, evidenziando solo una parte
dei nostri fertilizzanti, secondo noi particolarmente adatti ai fabbisogni delle
realtà agricole toscane.
La Pollina compostata
È costituita da lettiere di pollo da carne
con base vegetale (paglia), sottoposte
ad una lunga maturazione. È il fertilizzante base della gamma Agrofertil ed
il suo utilizzo generalizzato è sicura-
mente una corretta soluzione agronomica alla nutrizione e, a tutt’oggi, fra
le più economiche.
Oltre ad essere ideale per concimazioni di fondo delle erbacee e ortive,
dà ottimi risultati in frutticoltura con
somministrazioni invernali. In particolare risulta molto efficace nell’olivo
dove usata con sistematicità elimina il
fenomeno dell’alternanza e conferisce
al prodotto finale un’elevata qualità in
grado di dare all’olio ottenuto ottime
caratteristiche organolettiche.
POLLINA COMPOSTATA è utilizzabile
in agricoltura biologica.
Eco-Stallatico-Life
Fertilizzante organico di grande pregio
agronomico è costituito da una miscela
di letami selezionati sottoposti ad oltre
100 giorni di maturazione. I sistematici
rivoltamenti cui vengono sottoposte le
masse conferiscono al prodotto finale
un elevato tasso di umificazione ed
una bassa conducibilità elettrica.
Per questo eco-stallatico-life può essere
utilizzato anche in quelle coltivazioni
particolarmente sensibili alla salinità
(ortive).
È consigliato nei frutteti e vigneti sia
per la concimazione d’impianto che
successivamente durante le fasi di
allevamento-produzione, per il man-
precedente7
8
tenimento delle migliori caratteristiche
pedologiche e nutrizionali.
ECO-STALLATICO-LIFE è consentito in
agricoltura biologica
Bionatura 4-9
+ 25% SO3
È un fertilizzante azoto-fosfatico formulato in maniera bilanciata e studiata
su misura prevalentemente per le concimazioni di fondo dei cereali e delle
erbacee in genere.
BIONATURA 4-9 +25% SO3 è costituito da una miscela di deiezioni
zootecniche (letami e polline maturi)
con farina di carne, farina d’ossa e
zolfo elementare. L’azoto organico di
origine proteica e l’anidride fosforica
di estrazione organica, sono disponibili con gradualità per essere ben
assimilati dagli apparati radicali dei
vegetali, non dilavabili e promotori
quindi di un elevato rendimento agronomico.
L’elevato titolo in SO3 contribuisce ad
equilibrare il ph dei terreni calcarei ed
alcalini, grazie all’ossidazione in acido solforico che subisce nel terreno ed
è a sua volta elemento fondamentale
ed indispensabile per la nutrizione
delle piante in quanto concorre alla
formazioni di importanti proteine.
BIONATURA 4-9+25% SO3 è consentito in agricoltura biologica
Bionatura
NPK 5-7-10
Fertilizzante di elevatissima qualità
agronomica, si distingue dai prodotti
con titolazione analoga grazie alle
speciali matrici organiche che lo compongono ed ai minerali puri, aggiunti
in miscela.
L’azoto proteico e l’anidride fosforica
di estrazione organica assieme ad un
elevato titolo di potassio ne fanno un
concime completo, ideale in viticoltura e frutticoltura dove con distribuzioni
invernali si garantisce la migliore copertura nutrizionale.
L’applicazione in orticoltura è consigliata in concimazione di fondo
ed allargata anche alle coltivazioni
cloro sensibili, in quanto il potassio
contenuto in BIONATURA 5-7-10 è
da solfato.
BIONATURA 5-7-10 è consentito in
agricoltura biologica.
9
successiva10
ambiente
un anno), che i rami a legno non vanno raccorciati ma solo diradati quando
risultano fitti e che è necessaria l’asportazione di una parte dei rami di un
anno e lo sfoltimento e rinnovamento
delle branche fruttifere prima che si
esauriscano naturalmente, così come le
piegature ed eventuali tagli di ritorno,
quando le piante “scappano”: in questo caso, poiché si tratta solitamente di
dover asportare grossi rami, ribadiamo
il concetto della disinfezione e cicatrizzazione del taglio.
Brevi cenni di potatura
delle piante da frutto
dr. Simone Tofani
Agronomo, Resp. area tecnica della Coop. Agricola di Legnaia
La potatura è una delle operazioni più
importanti nella gestione del frutteto sia
familiare che professionale e nei prossimi mesi, dalla caduta delle foglie fino
a “gemma rigonfia”, coinvolgerà un
gran numero di persone. I professionist,
sia per studi che per abitudine, sanno
bene che cosa tagliare. Non sempre
però accade la stessa cosa nei frutteti
familiari, quando i dubbi assalgono ed
un taglio mal effettuato può compromettere la produzione futura.
Vediamo in breve sintesi cosa serve
questa determinante ed importante
operazione: In primo luogo a regolare
la forma ed il comportamento delle
piante durante la loro crescita, poi a
mantenere le misure prestabilite, ma
soprattutto a creare le migliori condizioni per la produzione di fiori e frutti,
infine a ringiovanire individui vecchi o
danneggiati.
Se effettuata in maniera scorretta può
Drupacee
Le gemme
Per affrontare i dubbi
in una delle operazioni
più importanti
gemma
provocare ad esempio la perdita della
fioritura, ridurre o alterare la fruttificazione, aumentare il rischio di patologie
fungine, danneggiare la corteccia
con ferite denominate “scosciature”,
favorire la formazione di “scopazzi”
o “succhioni” o alterare per sempre la
forma della pianta.
Affrontando questo argomento non
possiamo esimerci da accennare
brevemente alle gemme, il cui riconoscimento è fondamentale per non
commettere errori nel “taglio”: esistono infatti gemme “a legno”, che
danno origine a nuova vegetazione;
gemme a fiore, che danno origine a
fiori e quindi frutti e gemme miste, che
come dice il nome producono nuovi
germogli vegetali e fiori. In alcuni casi
le gemme possono essere dormienti e
riprendono lo sviluppo sono se stimolate da interventi di taglio particolari:
di solito le gemme a fiore sono più
rotondeggianti di quelle a legno e
solo da queste si svilupperanno fiori
e quindi frutti, da quelle a legno solo
germogli vegetativi Alcune piante
da frutto, come ad esempio il melo,
hanno però gemme cosiddette miste,
dalle quali si svilupperanno germogli
e fiori. Come detto riconoscere le
gemme è determinante per non incorrere in errori che comprometterebbero
la fruttificazione futura.
Strumenti di taglio
Le operazioni di taglio devono essere
effettuate con strumenti idonei, che lascino un taglio netto, in modo da non
comportare rotture della corteccia o
spaccature che potrebbero essere una
via di infezione per numerosi patogeni
vegetali: fra questi ricordiamo le forbici
a doppia lama ed i seghetti che devono far parte del patrimonio del frutticoltore amatoriale.
Raccomando anche di disinfettare
sempre le superfici dei tagli più grossi
con mastici cicatrizzanti per impedire,
anche in questo caso, attacchi fungini.
Le operazioni di potatura
Ecco le operazioni di potatura:
• Raccorciamento dei rami
1.Spuntatura
(limitata al tratto apicale)
2.Speronatura
(raccorciamento energico)
• Diradamento dei rami
• Spollanatura
• Piegatura (inclinazione verso il basso)
• Curvatura (piegatura ad arco)
È importante in questa fase riconoscere le gemme a fiore quelle a legno e
quelle miste.
Le prime regole per una buona potatura di produzione:
1.Iniziare sempre a partire dall’apice delle singole branche primarie.
2.Alleggerire il tratto terminale delle
branche in modo da isolare le cime
ed evitare la loro messa a frutto.
3.Eliminare succhioni e polloni
Ci soffermeremo in questa sede solo
brevemente sulla potatura delle pomacee e delle drupacee rimandando
ad altri interventi, come ad esempio le
conferenze in aula, le spiegazioni sulla
potatura delle altre piante di interesse
agricolo.
Pomacee
È determinante sapere che questo tipo
di piante fruttificano sui rami di due o
più anni (chiamati lamburde fiorifere);
in alcune cv. (Imperatore; pere Coscia
e William) anche su brindilli (i rami di
Pesco: le piante di pesco producono
sui rami misti (detti dardi) di un anno;
è necessario il diradamento dei nuovi
rami con eventuale raccorciamento dei
rami superstiti ed eliminazione dei rami
che hanno prodotto
Susino e albicocco: diradamento rami
di un anno senza raccorciamento
Ciliegio: solo sfoltimento branche ed
eventuali tagli di ritorno
Conclusioni
Pur consapevoli di essere stati obbligatoriamente troppo sintetici per
poter essere esaurienti, ci auguriamo
di aver dato delle indicazioni di
massima che evitino quanto meno di
commettere errori gravi (taglio di rami
a frutto ad esempio al posto di rami a
legno) che si ripercuoterebbero sulla
produzione del 2011.
In altre pagine della rivista sono riportate le date degli incontri che terremo
“in aula” a partire dal 21 ottobre,
alcuni dei quali saranno dedicati specificatamente alla potatura. A questi
rimando per ulteriori spiegazioni e
domande.
La potatura di produzione
Ci soffermeremo in questa sede solo
sulla potatura detta di produzione,
tralasciando al momento la potatura al
trapianto e quella di allevamento, non
perché tecnicamente meno importanti,
ma perché sicuramente di interesse
meno generale.
A cosa serve la potatura
di produzione
• A equilibrare l’attività vegetativa e
quella produttiva;
• A conservare la forma raggiunta
con la potatura di allevamento
precedente9
10
11
successiva12
zootecnia
Le Limousine del Mugello
dr. Andrea Martini, dr.ssa Elena Nelli, dr.ssa Claudia Lotti
DIPSA Università degli Studi di Firenze
Impiegata come razza
da carne, la Limousine
è allevata anche in Italia
da 30-40 anni
La razza bovina Limousine trae le sue
origini dalla Limousin (provincia di
Limoges), una regione ad ovest del
Massiccio Centrale francese. Da qui,
in pochi anni, si è diffusa in tutto il
mondo grazie ad una notevole facilità di adattamento all’ambiente (oggi
risulta allevata in ben 70 Paesi dai
climi più diversi) ed all’ottima qualità
della carne. In Francia era popolare
già nell’ottocento, come dimostrava un
famoso dipinto di Gustave Courbet in
cui è ritratta. Allora era una razza a
duplice attitudine, allevata per soddisfare le esigenze alimentari, ma anche
per la lavorazione dei campi. Successivamente, con la diffusione della
meccanizzazione nelle campagne, è
stata migliorata e selezionata privilegiandone l’attitudine alla produzione
di carne. Oggi in Francia è considerata la seconda razza da carne, dopo
la Charolaise, ed è allevata soprattutto
al pascolo.
Da 30-40 anni la razza Limousine è allevata anche in Italia, dove da sempre
è stata impiegata come razza da carne. Oggi, grazie ad un attento lavoro
di selezione, è divenuta una delle razze
più specializzate in questa produzione,
conseguendo molto successo sia tra i
precedente11
consumatori, per le ottime caratteristiche organolettiche della sua carne, sia
tra gli allevatori. Infatti, ha raggiunto un
effettivo di circa 7.000 vacche iscritte
al Libro Genealogico. Nel 1987 è
stata fondata in Italia l’Associazione
Nazionale Allevatori di Charolaise
e Limousine Italiane (A.N.A.C.L.I.)
nata con l’obiettivo di promuovere ed
attuare tutte le iniziative finalizzate al
miglioramento, alla valorizzazione ed
alla diffusione delle due razze.
In Toscana
Per quanto riguarda l’ambito toscano,
questa razza ha trovato nel Mugello
una particolare area d’espansione soprattutto nei comuni di Firenzuola, Barberino di Mugello, Borgo San Lorenzo
e Dicomano.
Il merito di tutto questo va ricercato sicuramente nel massimo impegno messo nella gestione dell’allevamento, ma
anche nell’attento lavoro di selezione
condotto dagli allevatori. Sono molte le
mostre zootecniche che annualmente si
tengono in Mugello: dalla “Fiera di
Maggio” di Dicomano ed alla “Fiera
Agricola Mugellana” di Borgo San
Lorenzo.
Nel Mugello ci sono 22 allevamenti di
cui (di cui 11 biologici) sui 31 totali
della provincia di Firenze (dati APA).
I soggetti Limousine allevati sono di
grande pregio, e nel 2008 si è svolta in Mugello la V Mostra Nazionale
della Limousine in occasione del XVIII
Congresso Mondiale della razza.
12
Molti allevatori biologici italiani e
toscani, a differenza dei francesi, tengono fuori le vacche con i vitelli, ma di
solito sono restii a mandare nei pascoli
i vitelloni nel periodo di ingrasso, come
sarebbe richiesto dal regolamento EU
sulle produzioni biologiche (834/
2007). Questo a causa della scarsa
produzione dei pascoli nel periodo
estivo ed invernale, ma anche per una
diversa cultura e tradizione dei sistemi
d’allevamento.
Da parte dell’Università di Firenze,
sono state svolte in Mugello diverse
prove di ingrasso di vitelloni di questa
razza che hanno portato ad interessanti risultati.
La ricerca
Si riportano in sintesi i risultati dell’ultima ricerca, effettuata con il supporto
della CM del Mugello, svolta nell’Azienda Valdastra del dr. Borgioli,
sita nel Comune di Borgo San Lorenzo,
dove si pratica l’agricoltura biologica
fin dal 1998 e si alleva la razza Limousine. Gli animali sono stati convertiti al
biologico nel 2001. In azienda è
presente un’ampia superficie di pascoli
collinari.
È stata realizzata una prova di accrescimento su vitelloni all’ingrasso sia in
stalla che al pascolo utilizzando 16
vitelli nati in azienda. Questi, dopo lo
svezzamento, avvenuto a circa 8 mesi
di età, sono stati divisi in due gruppi:
8 sempre in box con paddock esterno
e 8 allevati in un box analogo, ma
mandati al pascolo nel momento della
massima produzione foraggera, dalla
fine di marzo alla fine di giugno. Sugli
animali in vita, con scadenza mensile,
e dopo la macellazione, sono stati
effettuati rilievi ponderali e zoometrici.
La macellazione è stata effettuata per
tutti i soggetti a 19 mesi di età. Sulla
carcassa è stata fatta la valutazione di
conformazione SEUROP ed è stato determinato lo stato di ingrassamento.
Riguardo ai risultati ottenuti, si è osservato che la crescita degli animali al
pascolo si è rallentata rispetto a quelli
allevati in stalla, ma è stata seguita da
un accrescimento compensativo nel
periodo di finissaggio dopo il ritorno
in stalla.
Sono state fatte delle osservazioni per
studiare il comportamento degli animali
per determinarne lo stato di benessere.
Nel complesso gli animali del gruppo
mandato al pascolo, si sono mostrati
significativamente più attivi ed hanno
passato più tempo a pascolare ed a
stare in movimento, anche se l’attività
sociale e di pulizia non ha fatto osservare differenze significative. Una
volta rientrati in stalla, durante il finissaggio, i vitelli hanno ripreso i vecchi
comportamenti, ma hanno conservato
una maggiore attività: ad esempio
passando significativamente più tempo
ad alimentarsi, ad esplorare e meno a
riposarsi.
Riguardo ai dati rilevati dopo la
macellazione non sono state rilevate
differenze significative fra i gruppi ad
esclusione della profondità toracica
apparsa maggiore nei vitelli allevati al
pascolo, il che potrebbe indicare che
la ginnastica funzionale ha determinato
un migliore sviluppo corporeo di questi
animali. Le carcasse hanno fatto rilevare una resa di circa il 64%.
Lo spolpo del taglio campione e le
analisi fisiche non hanno mostrato differenze significative fra i due gruppi. Nel
complesso le analisi chimico fisiche
hanno dimostrato che le carni di questi
animali hanno ottime caratteristiche.
La carne
Le caratteristiche della composizione
acidica della carne di questi animali è risultata molto interessante.
Comparando con i dati riportati il
letteratura, emerge che il contenuto
Limousine
in grassi polinsaturi omega 3, considerati i più utili per la salute, risulta
maggiore di quello delle carne delle
razze Chianina e Calvana.
La qualità organolettica della carne,
valutata da un panel di esperti dell’Università di Potenza, non ha fatto
rilevare differenze fra i due gruppi
sperimentali, neanche per quanto
riguarda la tenerezza, che è uno dei
parametri che dovrebbe diminuire
negli animali tenuti al pascolo.
È stato infine valutato che il pascolamento ha comportato un risparmio
nell’alimentazione degli animali e
quindi una diminuzione del costo
di produzione. Possiamo quindi
dichiarare in sintesi che i vitelloni
Limousine biologici possono essere
convenientemente allevati al pascolo ed essere successivamente
sottoposti a un periodo di finissaggio in stalla come previsto dal
Regolamento UE.
Il pascolo migliora il benessere
degli animali e porta allo stesso
tempo ad un risparmio sull’alimentazione.
13
successiva14
cultura
Tra le antiche pievi
romaniche nella Tuscia Etrusca
Sig. Alessandro Masseti
Socio Coop. Agricola di Legnaia
Qualche anno fa ho avuto il grande
privilegio di svolgere un’indagine geobiologica all’interno del nostro Battistero di
San Giovanni situato nel centro storico di
Firenze di fronte alla Cattedrale di Santa
Maria del Fiore. È stata un’emozione unica per l’intensità del rilievo effettuato ricco
di dettagli storici, archeologici, astronomici (bellissima la raffinata formella quadrata
sul pavimento che raffigura lo zodiaco e
un sole fiammeggiante) e metafico-spirituali. Come se non bastasse l’esperienza di
questa prospezione è andata crescendo
quando da una grata di ferro posta vicino
all’altare sono sceso nel sottosuolo del
sacro edificio. E qui, in ginocchio perché
normalmente non agibile, ho potuto ammirare in tenue luce, ciò che resta di antiche
fondamenta risalenti probabilmente al
quarto secolo dopo Cristo con frammenti
di pavimento a mosaico di rara bellezza,
analoghi a quelli che si possono vedere
nell’antica chiesa paleocristiana di Santa
Reparata – con la quale forse il Battistero
costituiva un complesso bipolare – rinvenuta nel sottosuolo del Duomo.
Partendo dal Battistero di San Giovanni
tanto caro ai fiorentini, da questo luogo di
culto le cui origini si perdono veramente
nel tempo della leggenda, vi segnalo un
itinerario che ci porterà presto fuori dalle
mura medioevali della nostra città per
scoprire quelle antiche pievi romaniche
che costituiscono ancora oggi una rara testimonianza di una conoscenza millenaria
e ancestrale purtroppo andata perduta. In
queste chiese troveremo informazioni fondamentali per la comprensione di quello
stile romanico che a mio parere rappresenta l’ultimo vero anello di congiunzione
tra il nostro tempo moderno e un
tempo atavico ricco di simbologie che si riferiscono
all’alba dell’uomo.
precedente13
In ognuna di queste chiese troveremo la
traccia di una concezione della realtà
sobriamente essenziale che agli occhi di
noi uomini tecnologici resta difficile da
comprendere. Ben celato e custodito nei
secoli nelle spoglie e isolate pievi di campagna intrise di una cultura preistorica
ritroveremo lo spirito arcaico del mondo
contadino e il suo religioso rapporto con
la natura. Un messaggio segreto che si
ricollega alla grande Madre del neolitico
e alla Sofia della Gnosi, ai miti e riti sciamanici e ai culti etruschi degli antenati:
concetti difficili che ci appariranno chiari
poi in questo andar per chiese.
Un po’ di storia
La crisi dell’Impero romano vide l’affermarsi ed il diffondersi del Cristianesimo.
Il termine plebs venne all’inizio usato per
indicare una comunità di credenti con la
chiesa cui faceva capo. Solo più tardi
il termine assunse un significato rurale.
Nell’ordinamento civile ed amministrativo romano il territorio di campagna,
quello cioè situato al di fuori delle mura
cittadine. Era diviso in pagi a loro volta
suddivisi in vici. In un periodo storico che
va all’incirca dal quattrocento al settecento dopo Cristo l’antico pagus romano
diventa plebs perdendo la sua valenza
amministrativa acquistandone una sociale e religiosa impronta al Cristianesimo.
Prende vita allora con un processo
storico che durerà fino al milleduecento
circa, una chiesa, la pieve appunto,
dotata di battistero come sua esclusiva
prerogativa.
Il passaggio da
pagus a plebs
fu profondo e
concreto, perché mentre
il pago
14
Pieve romanica di S. Stefano a Campoli - Mercatale - Val di Pesa (FI)
era stata fondamentalmente un’espressione geografica imposta dalla autorità centrale per l’esazione delle tasse, per garantire l’obbligo delle leve militari e non
ultimo il contingentamento delle derrate
alimentari per approvvigionare i centri urbani, le plebi rappresentarono il frutto di
uno spontaneo moto associativo contadino seguito appunto al crollo del potere
centrale e dell’organizzazione territoriale
romana. Gli abitanti delle campagne
fino ad allora tenuti in una condizione
di disgregata semi-barbarie del pesante
fiscalismo imperiale costituirono queste
comunità dalle profonde connotazioni
religiose più o meno consapevolmente
ispirate al messaggio evangelico.
Questo fenomeno che riguardò principalmente l’Italia centro-settentrionale fu molto
variegato, perché nella religiosità delle
pievi confluirono insieme alla grande
corrente cristiana tutti i rivoli sommersi di
antichi riti agrari e ancor più di credenze
mistreriche di origine remota e già allora
sconosciuta. Con il passare del tempo di
queste comunità rurali e la loro chiesa
rimase solo il nome ormai mutato in pievi
quando nel quindicesimo secolo con
il concilio di Trento furono trasformate
nominalmente e istituzionalmente in parrocchie.
L’importanza dei luoghi
e il significato
dell’architettura sacra
Durante la preistoria gli atti di culto come
offerte e sacrifici venivano compiuti in
luoghi naturali ritenuti sacri; corsi d’acqua, sorgenti, cascate, laghetti, paludi,
boschi, cime di monti e grotte. In età
storica molti di questi antichi luoghi di
culto divennero sedi di templi intesi come
veri e propri osservatori astronomici.
Questi luoghi particolari di chiara natura
mistica ebbero la funzione di collegare
idealmente la terra al cielo nell’osservare
i ritmici cicli eterni del percorso del sole,
della luna, dei pianeti e delle stelle e la
loro relazione con lo scandire del tempo
biologico delle stagioni.
Oggi sappiamo che la griglia magnetica planetaria è costituita da linee o
Sul prossimo numero entreremo
nel vivo di un ideale cammino
visitando le pievi romaniche
più antiche e significative
della Toscana
canali di energia che avvolgono il nostro
pianeta. La terra è dunque percorsa da
correnti energetiche potenti e invisibili
che scorrono lungo un complicato sistema paragonabile a quello di vene ed
arterie. Questa intensa forza vitale di natura anche elettromagnetica può essere
captata e utilizzata dall’uomo attraverso
particolari amplificatori verticali di forma
allungata e appuntita (il menhir, gli obelischi, il totem indiano, il nostro campanile
etc.) con opere architettoniche che costituiscono delle vere e proprie antenne per
collegare il cielo alla terra.
Ecco come in quei luoghi unici dove
culture primitive avevano individuato
queste correnti sotterranee energetiche
e telluriche dagli effetti magici collegati
sempre alla presenza dell’elemento acqua, i costruttori medievali ripeterono e
concepirono edifici sacri meticolosamente orientati al sorgere del sole. Questi
mastri costruttori, mutando anche le pratiche geomantiche dei lucumoni-sacerdoti
etruschi e le tecniche del lituo romano
(bacchetta divinatoria di conoscenza),
riscoprirono il connubio tra architettura
sacra ed astronomia traducendolo in un
simbolismo sacro fatto di geometriche e
miniaturizzazioni cosmiche.
Elettromagnetismo naturale, vocazione
mistica dei luoghi (geografia sacra),
geometrie delle armoniche proporzioni
degli edifici sacri che affondano le loro
radici nella tradizione millenaria dell’architettura, conoscenza profonda dei ritmi
della natura, tutti questi aspetti costituiscono dunque la chiave di comprensione di
quella essenzialità sobria implicita nel
fascino delle pievi romaniche.
Battistero di S. Giovanni (FI) - Particolare della formella sul pavimento
che rappresenta lo zodiaco con al centro il sole fiammeggiante
Il significato nascosto
di alcuni
elementi architettonici
La porta d’ingresso della chiesa romanica contiene a mio dire il mistero del “passaggio”, dove la pietra utilizzata per la
costruzione della soglia, per una sua particolare natura minerale, funge da sottrattore di energia vitale perché nell’edificio
sacro si debba entrare con umiltà tanto
da meritarsi simbolicamente il varco verso
il cielo, una sorta di passaporto spirituale
per l’altrove.
Questo spiega forse la grandissima importanza data alla decorazione delle porte e
soprattutto del portale principale, a sottolineare ancora una volta che il passaggio
della soglia è la rivelazione della verità.
All’ingresso di questo che potremmo definire un percorso iniziatico si trovano due
colonne. Con buona certezza esse avevano in origine una ragione astronomica.
Erano cioè orientate sulle linee solstiziali
del luogo in modo che le rispettive ombre
passassero sul sole orientato ad est ai
rispettivi solstizi d’estate e d’inverno secondo una tradizione antichissima.
Davanti alle due colonne si trovava il
“mare di bronzo” (così definito perché
rifletteva il cielo notturno), immenso recipiente di acqua limpida contornato da
Pieve romanica di S. Appiano con le colonne esterne di un antico battistero
Barberino Val d’Elsa (FI)
figurine animali, con funzione purificatrice
e di battesimo come di un vero e proprio
immergersi nel cielo. Il fonte battesimale
assunse i seguito un significato rituale e
liturgico, ma è chiaro che questo bacile
nasce come meraviglioso strumento di
osservazione astronomica dove si vedeva l’immagine riflessa del cielo ed era
posizionato in modo che la stella polare
fosse al centro. L’osservatore poteva allora, grazie alle figurine dei buoi poste sul
bordo della vasca, conoscere la posizione esatta di stelle e pianeti per formulare
oroscopi e quindi “Divinar responso”. Gli
antichi sacerdoti erano insieme astronomi
e astrologi. Così alle porte degli edifici
sacri il tempo resta la figura principale e
per questo sui timpani delle nostre chiese
figurano ancora chiaramente i dodici
segni dello zodiaco con Cristo in cima,
il vero maestro del tempo, tra sua Madre
Vergine e la sua giustizia, la Bilancia.
Se la porta rappresentava un simbolo
cosmico attraverso la quale nella chiesa
bizantina e romanica si entrava in una
sorta di caverna sacra, la cripta ovvero la
camera segreta sotterranea ove si rivelava
il divino, rappresentava insieme all’altare
il punto focale di questa armonica struttura
consacrata. Essa si riferisce alla grotta matrice, all’ipogeo inviolabile che ci ricorda
l’ancestrale ventre materno come idea primaria di vita. Per questo la santa reliquia
appartenuta a qualche mistico personaggio del passato vissuto in modo di santità
veniva qui quasi sempre conservata a
sottolineare ancora una volta l’assoluta
importanza di questo centro pulsante collegato in un certo modo all’eternità.
Con tutte queste premesse sul prossimo
numero entreremo nel vivo di un ideale
cammino visitando le pievi romaniche
più antiche e significative della Toscana,
comprendendone appieno quella vitale
conoscenza che i nostri predecessori ci
hanno intensamente e sapientemente
voluto tramandare.
(prima parte, segue sul prossimo numero)
15
successiva16
attualità
Celiachia: ogni anno nuove diagnosi
di Elisa Spaghetti
Dietista, Referente AIC Toscana
La quinoa
Attualmente per “curare”
la Malattia occorre escludere
dal regime alimentare alcuni
degli alimenti più comuni:
pane, pasta, biscotti e pizza,
eliminando anche le più piccole
tracce di farina (glutine!)
da ogni piatto.
Ciò implica un forte impegno
di educazione alimentare
perché l’assunzione di glutine,
anche in piccole dosi, può
procurare seri danni
Sorgo
La Celiachia o Malattia Celiaca è
un’intolleranza permanente al glutine,
sostanza “collante” di natura proteica
di scarso potere nutrizionale presente
in frumento, farro, kamut, orzo, segale,
spelta e triticale. L’incidenza di questa
intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone.
I celiaci in Italia potenzialmente sarebbero quindi 500.000, ma ne sono stati diagnosticati ad oggi circa 85.000.
Ogni anno vengono effettuate 5.000
nuove diagnosi e nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di
circa il 10%.
Per “curare” la Malattia Celiaca o
Morbo Celiaco, attualmente, occorre
escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni,
quali pane, pasta, biscotti e pizza,
eliminando anche le più piccole tracce
di farina (glutine!) da ogni piatto.
Questo implica un forte impegno di
educazione alimentare. Infatti l’assunzione di glutine, anche in piccole dosi,
può procurare seri danni. La “dieta senza glutine”, condotta con rigore e scrupolo, è l’unica terapia che garantisce
al celiaco un perfetto stato di salute.
La sfida degli ultimi anni è senza
dubbio quella di arricchire la dieta
facendo leva su “nuovi cereali” ovvero
cereali diversi da riso, mais e grano
saraceno ormai ampiamente conosciuti ed opportunamente sfruttati per le
necessità della dieta rivolta all’utenza
celiaca. Cerchiamo di compiere un
breve viaggio nel mondo di questi ceprecedente15
reali meno conosciuti nel nostro bacino
mediterraneo ma non per questo destinati ad essere trascurati. Anzi...
Il sorgo
È stata una delle prime piante ad essere coltivata: si ritiene che le forme attuali abbiano avuto la loro origine nell’Africa occidentale diverse migliaia di
anni fa. Dall’Africa il sorgo si è esteso
in tutto il mondo: anticamente in Asia e
in Europa, più recentemente in America e in Australia. È il quarto cereale
per importanza nell’economia agricola
mondiale, dopo frumento, riso e mais.
Nelle agricolture di sussistenza del
Terzo Mondo la granella viene utilizzata direttamente per l’alimentazione
umana, non potendo tali paesi permettersi la trasformazione zootecnica.
Le rese sono molto basse, dell’ordine
0,5-1 t/ha, sia per la primitiva tecnica
colturale sia per le condizioni ambientali avverse: il sorgo infatti viene coltivato dove l’ambiente è troppo secco
per il ben altrimenti gradito mais.
Nelle agricolture progredite la granella viene destinata all’alimentazione
animale in concorrenza con quella
di mais di cui ha analogo valore
nutritivo. Negli USA, inoltre, una
certa parte viene destinata a trasformazione industriale in alcool etilico.
L’Italia coltiva appena 29000 ettari
nonostante si possa auspicare l’estensione su ben più ampie superfici.
16
È una pianta erbacea annuale della
famiglia delle Chenopodiaceae come
gli spinaci o la barbabietola. Per il suo
buon apporto proteico costituisce l’alimento base per le popolazioni andine.
Gli Inca chiamano la quinoa “chisiya
mama” che in quechua vuol dire “madre di tutti i semi”.
La quinoa è un alimento particolarmente dotato di proprietà nutritive: contiene
fibre e minerali, come fosforo, magnesio, ferro e zinco ed è anche un’ottima
fonte di proteine vegetali. Contiene
inoltre grassi in prevalenza insaturi.
La quinoa è particolarmente adatta
per i celiaci poichè totalmente priva
di glutine. Esistono oltre 200 varietà
di quinoa. La varietà più utilizzata è
la “quìoa Real” con un basso tenore
di saponine. Altre varietà commercializzate sono: Bear, Cherry Vanilla,
Cochabamba, dave 407, Gossi, Isluga, Kaslala, Kcoito, Linares, Rainbow,
Red faro, Red head (che presenta una
buona adattabilità ai climi piovosi), Temuco. La quinoa è testimone di biodiversità e già venerata dagli Inca come
pianta sacra, viene coltivata da oltre
5000 anni sugli altipiani pietrosi delle
Ande ad altitudini comprese tra 3800
e 4200 metri. È una pianta resistente
che non richiede particolari trattamenti.
Produce una spiga ricca di semi rotondi, simili a quelli del miglio. Le migliori
varietà crescono nei territori salmastri
del Salar, nelle zone di Oruro e Potos
(Quìoa real). La semina della quinoa
avviene tra settembre ed ottobre, a
seconda delle zone e la raccolta si
effettua nei mesi di aprile-giugno. Controllata e privata di eventuali impurità,
viene poi lavata in acqua per eliminare
la saponina, sostanza lievemente
amara contenuta nella pianta, viene
infine essiccata tramite “secadores”
solari. Il ruolo quasi sacro che la quinoa aveva per le popolazioni andine
all’epoca della conquista spagnola
provocò l’ovvio conflitto con la cultura
cattolica che considera invece sacro il
pane di frumento, e quindi il grano. La
coltivazione della quinoa venne quindi
combattuta e scoraggiata e solo in
un secondo tempo, apparve evidente
che la quinoa risultasse maggiormente
adatta all’ambiente andino di quanto
lo fosse il grano. Per contro alla specifica compatibilità e l’adattamento secolare della quinoa a quell’ambiente e la
scarsa adattabilità con altri (la rusticità
sopra descritta può fuorviare),consegue
un prodotto estremamente ricco ma difficilmente esportabile e coltivabile in
altri climi.
Il teff
È un’erba annua. I semi sono particolarmente piccoli (meno di 1 mm
di diametro) tanto che se ne può
tenere in mano un numero sufficiente
a seminare un intero campo. Questa
proprietà rende il teff particolarmente
adatto alla vita seminomade. Il genere Eragrostis - che comprende molte
specie spontanee oltre all’unica specie coltivata E. teff - appartiene alla
famiglia delle Poacee o Graminacee.
All’interno di questa famiglia si colloca nella sottofamiglia delle Cloridoidee, a differenza degli altri cereali
utilizzati per l’alimentazione che vengono attribuiti ad altre sottofamiglie.
Si ritiene che la coltivazione del teff
sia originata in Etiopia tra il 4000
a.C. e il 1000 a.C..
Gli studi genetici indicano come
il più probabile antenato selvatico
Eragrostis pilosa.
Nell’Ottocento, in un sito archeologico egiziano, furono dichiarati
come rinvenuti semi di teff. Oggi,
quella identificazione risulta come
“non adeguatamente documentata” e quindi da non considerare
(Germer, 1985). Come tutti i cereali, il teff fornisce soprattutto un
apporto di carboidrati complessi
(amido), è ricco di fibre, di calcio e di ferro ben assorbibile.
Contiene un’importante percentuale
di proteine e ha un eccellente assortimento di aminoacidi essenziali.
Nella macinazione dei semi, che
sono piccolissimi, è impossibile separare le frazioni di molitura e tutte le
parti contenute nel seme sono sempre
comprese e mescolate nella farina
che quindi è realmente “integrale”.
Il contenuto alimentare proveniente
dalla farina è comunque apprezzabilmente aumentato dalle preparazioni della cucina tradizionale
eritrea, etiopica e somala del “pane
di teff” detto Injera o Enjera: un
pane molto sottile e spugnoso ottenuto da fermentazione batterica
acida e appunto, dal sapore acidulo. La fermentazione diminuisce
leggermente il contenuto in carboidrati ma lo arricchisce, in maniera
sostanziale, in contenuto proteico.
La conservazione delle frazioni corticali ricche in minerali, soprattutto
ferro, è particolarmente preziosa
data la ricorrenza nei paesi di
origine di malattie parassitarie che
inducono carenza di tale elemento.
Tali malattie da anemia sono molto
pericolose soprattutto nella popolazione femminile.
Ai fini della cottura viene considerato paragonabile al miglio, anche
se il seme è molto più piccolo. Il
teff è adattato ad ambienti molto diversi dal punto di vista idrico, dalla
semi-aridità al ristagno di acqua. La
produzione massima si ha ad altitudini comprese tra 1800 e 2100 m
(altipiani etiopico ed eritreo), precipitazioni comprese tra 450 e 550
mm durante la stagione di crescita, e
Quinoa
temperature comprese tra 10 e 27°C.
Il Teff è sensibile alla durata dell’illuminazione diurna e cresce
meglio con una durata della fase
diurna di 12 ore. Tradizionalmente
coltivato in regioni molto ristrette,
soprattutto dell’Etiopia e dell’Eritrea.
è presente in due varietà: la bianca
e la rossa; i nomi derivano dal colore
del seme, più chiaro o più scuro e le
due varietà producono quindi farine di
colore leggermente diverso. La varietà
chiara è più delicata ed ha maggiori
esigenze di coltivazione, è più costosa e di prassi è preferita nel consumo
dalle fasce di popolazione più agiate;
la seconda è cibo di maggiore uso nei
ceti popolari. Le differenze nutrizionali
nei due tipi sono irrilevanti e risulta
invece importantissimo il sistema di
coltivazione. Le produzioni tradizionali di villaggio sono risultate molto
più ricche in contenuto del prodotto di
iniziative di coltivazione estensiva. La
spiegazione è semplice se si considerare la minuziosa attenzione applicata nelle concimazioni e coltivazioni di
villaggio.
La raccolta meccanizzata è agevole
ma, se non perfettamente organizzata ed attrezzata, rischia di produrre
grosse perdite di raccolto, (la dispersione del seme è naturale, perciò
le sottili spighe vanno raccolte con
mosse delicate). Le rese per ettaro,
pur considerando l’elevatissimo
valore nutrizionale, sono molto basse. Il seme di teff è estremamente
resistente a tutti gli eventi: disidratazione, caldo, umidità, muffe, ecc.
(soprattutto il teff rosso). Di norma
si considera che conservi capacità
germinativa per almeno quattro
anni, seppur semine effettuate con
seme anche molto più vecchio
non diano di norma problemi.
La coltivazione è stata moderatamente diffusa anche in India ed
in Australia e recentemente sperimentata anche nei Paesi Bassi.
In Etiopia il teff costituisce circa un
quarto della produzione totale di cereali. La resa media possibile della
coltivazione varia da 7 a 30 q/ha
(in Etiopia è mediamente 9 q/ha).
17
successiva18
Il miglio
È una pianta erbacea annuale
appartenente alla famiglia delle
Poacee (o Graminacee). Rientra
nel raggruppamento dei cereali
minori. La pianta ha un portamento
cespitoso con numerosi culmi lignificati alla base, robusti e di altezza
variabile dai 50 cm ai 150 cm,
talvolta ramificati in alto. Le foglie
sono lineari-lanceolate, guainanti e
con lamina larga fino a 1 cm e pubescente su entrambe le pagine. La
ligula è pelosa, sono fiori riuniti in
infiorescenze a pannocchia terminali, lunghe 15-20 cm, spesso pendenti su un lato. Ogni pannocchia
è composta da racemi di spighette.
La spighetta, lunga circa 4 mm, è
composta da due brevi glume di
1-2 mm e due fiori. Ciascun fiore
è racchiuso da due glume superiori
(lemma e palea), lunghe circa 3
mm e comprende un androceo di
tre stami e un gineceo con stimma
bifido e piumoso. Il frutto è una cariosside ellittica, lucida, di colore
bianco oppure variabile dal grigio
al bruno, al nero. Il peso di 1000
cariossidi è di 5-7 grammi. Coltivata fin dalla preistoria, è una specie
cosmopolita dalle origine alquanto
incerte. Dalla regione di origine la
specie si è diffusa in tutto il Vecchio
Continente e successivamente negli
altri.
Attualmente è ancora coltivato in
diverse regioni dell’Asia e dell’Africa, mentre la coltivazione nei paesi
occidentali è sporadica e marginale. Si trova naturalizzata sui terreni
incolti. È una specie termofila e
xerofila. Particolarmente esigente
per quanto riguarda le temperature, nelle regioni temperate vegeta
con ciclo primaverile-estivo. Ha
una spiccata resistenza alla siccità
e non mostra particolari esigenze
pedologiche, perciò si presta per
la coltivazione in aree aride o
semidesertiche e su suoli poveri.
Secondo le varie ipotesi la specie
avrebbe origini nel Medio Oriente
o nell’Asia centrale, o, tesi più accreditata, in India.
È accertato che la coltivazione del
miglio risalga addirittura ad epoche preistoriche: in Italia ne sono
rinvenute tracce in tombe del Neolitico. Largamente utilizzato per
l’alimentazione umana all’epoca
dei Romani, raggiunse la massima
diffusione nel primo Medioevo durante il quale veniva considerato
un ottimo sostituto della carne nei
precedente17
Miglio
periodi di astinenza prescritti dalla
Chiesa. Successivamente subì un
lento declino perchè sostituito da
altri cereali più produttivi. Caratterizzato da una lunga conservabilità, è grazie a questo cereale
stoccato nei magazzini cittadini
che Venezia, assediata dai Genovesi nel 1378, si salvò dalla morte
per fame.
Per secoli la polenta di miglio fu un
piatto tipico dell’Italia settentrionale
in regioni come Veneto, Lombardia
e Trentino. Nei paesi industrializzati dell’Europa, dell’America,
dell’Oceania, questa specie ha
perso del tutto importanza e ha una
diffusione marginale anche come
cereale foraggero.
L’unico impiego economico è
come componente di mangimi e
becchime per i piccoli uccelli. È
invece ampiamente coltivato in
aree semidesertiche dell’Asia e dell’Africa pur avendo una diffusione
nettamente inferiore a quella dei
principali cereali di questi continenti (sorgo e riso).
La coltivazione del miglio interessa
l’Africa subsahariana, il Medio
Oriente, l’Ucraina, la Russia, il
Kazakistan e soprattutto l’India e la
Cina. Date le sue esigenze termiche, leggermente superiori a quelle
del mais, il miglio si coltiva, nelle
regioni temperate a ciclo primaverile-estivo. La semina si effettua a
partire dalla primavera avanzata
(fine aprile).
Per il ciclo produttivo piuttosto
breve (2-3 mesi), questo cereale
si presta per la semina in secondo
raccolto in estate, dopo la raccolta
di un cereale o di un erbaio autunno-primaverile.
La coltivazione si pratica secondo
gli stessi criteri del sorgo, come
coltura da granella o da foraggio
impiegando nel primo caso 5-15
kg di seme, nel secondo caso
30-40 kg. La semina può essere
18
fatta con seminatrice a righe. Per
la concimazione si può impiegare
un concime fosfoazotato oppure un
ternario con rapporto ottimale di 1:
1,2:1 fra azoto fostoro e potassio.
L’eventuale irrigazione può essere
condotta con interventi di soccorso.
Come cereale da granella il miglio
va raccolto prima della maturazione di morte in quanto la maturazione è scalare e la pannocchia
sgrana facilmente. Va percià mietuto precocemente e trebbiato dopo
la completa essiccazione. Le rese
sono dell’ordine di 1-2 tonnellate
ad ettaro. Come cereale foraggero
va raccolto all’inizio della spigatura
se utilizzato come foraggio verde,
oppure alla maturazione cerosa se
destinato all’insilamento. La produzione di massa verde è dell’ordine
di 15-25 t/ha.
Nell’alimentazione umana occidentale odierna il miglio ha interesse
marginale venendo impiegato per
produrre farine e semole utilizzate
soprattutto dalla cucina macrobiotica.
Il valore dietetico è elevato, per il
discreto tenore in proteine (11% in
peso simile a quello del grano), sali
minerali e fibra grezza. È inoltre
ricco di vitamine A e del gruppo B,
specialmente niacina, B6 e acido
folico, calcio, ferro, potassio, magnesio e zinco. Per il suo elevato
contenuto di acido salicilico è spesso considerato un vero e proprio
prodotto di bellezza per pelle e
capelli, unghie e smalto dei denti.
Il miglio non contiene glutine e la
predisposizione alla panificazione
è quindi minore rispetto alle farine
di orzo, frumento e segale.
Quando viene combinato con il grano (o la gomma arabica nel caso
di prodotti per celiaci), può essere
utilizzato per produrre pane lievitato. Da solo, può venire utilizzato
per “schiacce” non lievitate. Il suo
considerevole contenuto in lecitina
e colina lo rende particolarmente
adatto alle persone sedentarie,
chi è dedito a lavori intellettuali, ai
convalescenti nonchè alle donne in
gravidanza.
Essendo ricco di lipidi, lo stoccaggio sotto forma di fiocchi o farina
è limitato nel tempo, mentre si conserva a lungo in chicco. È quindi
consigliabile macinare i chicchi al
momento dell’uso.
Grano saraceno
Il grano saraceno (Fagopyrum escu-
lentum) è una specie di piante a fiore appartenente alla famiglia delle
Polygonaceae. Il nome scientifico
Fagopyrum deriva dalla combinazione del latino fagus (faggio) per
via degli acheni triangolari affini e
del greco piròs (frumento). È una
pianta erbacea, annuale, compie il
suo ciclo biologico in 80-120 giorni. Raggiunge un’altezza che varia,
a seconda delle specie, dai 60 ai
120 centimetri.
A causa delle sue caratteristiche nutrizionali e dell’impiego alimentare,
questo vegetale viene spesso collocato commercialmente tra i cereali
anche se tale classificazione risulta
scientificamente impropria in quanto non appartenendo alla famiglia
delle Graminacee.
L’apparato radicale è fascicolato
e composto da radici poco sviluppate; il fusto cilindrico, glabro; il
culmo principale presenta diversi
rami con infiorescenza apicale, un
colore che va dal verde all’inizio
del ciclo per poi virare verso il rosso al momento della maturazione e
della morte della pianta.
Il numero di culmi dipende soprattutto dalla fertilità del terreno e dalla densità di semina. Le foglie sono
ovato-triangolari acuminate, alterne, peduncolate alla base e sessili
verso la parte distale della pianta.
Le infiorescenze raccolte in panicoli
laschi hanno fiori bianchi o rosa a
seconda della varietà raccolta con
calice formato da cinque sepali
verdi. Gli stami sono otto, l’avario
è monospermo sormontato da uno
stilo terminale con tre stigmi.
Le piante sono auto sterili e l’impollinazione avviene in entomofilia
o anemofile tra piante della stessa specie o tra piante di specie
diverse. Il frutto è un achenio di
forma triangolare; il pericarpo può
presentare un colore variante dal
bruno al nero, più o meno lucido
con eventuali screziature e avvolge
l’endosperma e l’embrione composto da due cotiledoni.
Tra l’Otto e il Novecento si pensò
che la pianta fosse originaria dell’area siberiana perchè diversi viaggiatori avevano trovato la pianta
allo stato selvatico presso il Bajkal
e sull’Amur. Più recentemente alcuni
ricercatori hanno evidenziato il ruolo dello Himalaya orientale come
probabile centro di addomesticazione primario. Il grano saraceno è
ricco di sali minerali, in particolare
ferro, zinco e selenio.
Si consuma nelle minestre, spe-
Grano saraceno
cialmente di verdure e, in forma
di farina, per la polenta saracena,
per crespelle, per la preparazione
della pasta alimentare (famosi i pizzoccheri della Valtellina, la soba
giapponese, i bliny russi o anche
come porridge come la kasha della
cucina slava) o per la preparazione
di dolci o biscotti.
Amaranto
Considerata pianta sacra, ha le
proprie origini etimologiche dal
greco “amarantos” “che non appassisce”. Da qui il significato
attribuito dai Greci come pianta
dell’amicizia, della stima reciproca
ed espressione di tutti i sentimenti
veri ed immutabili nel tempo, poichè eterni e unici.
Nella mitologia greca si narra che
le Dee amassero essere festeggiate con ghirlande di amaranto che
veniva per questo utilizzato per
ottenere protezione e benevolenza.
I romani attribuivano all’amaranto il
potere di tenere lontano l’invidia e
la sventura.
Nel periodo 1600-1800 si riteneva che donasse benessere fisico e
veniva utilizzato come ornamento
ai vestiti. L’amaranto appartiene
alla famiglia delle Amarantacee
che comprende più di 500 specie.
Originario del centro America, è
l’alimento basilare per l’alimentazione degli Aztechi e degli Inca.
Per molto tempo dimenticato, attorno al 1960 è stato riscoperto negli
USA e coltivato anche in altre parti
del mondo.
La coltivazione viene effettuata
anche a scopo ornamentale. Si
riconosce dal colore rosso cupo
(chiamato proprio rosso amaranto).
Non facendo parte delle Gramina19
cee non è un cereale, come non lo
sono grano saraceno, quinoa, sagù
e manioca. Ricco di proteine fino
al 16%, con elevato valore biologico contiene, rispetto ai cereali, il
doppio di lisina, un amminoacido
essenziale. Ha un elevato contenuto di calcio, fosforo, magnesio e
ferro. Grazie all’elevato contenuto
di fibre, ha un effetto positivo sulla
digestione e sul ricambio.
È convenientemente usato spesso
come base per le pappe dei bambini o come ingrediente pregiato di
minestroni di verdura per convalescenti ed anziani. La coltivazione
dell’amaranto è piuttosto complessa
e non essendo molto diffuso, è di
difficile reperibilità ma sicuramente
disponibile nei negozi di alimentazione biologica o specializzati in
sementi.
Una volta bollito risulta una massa
gelatinosa (lo stesso si può dire per
la tapioca), è quindi preferibile
cucinarlo in abbinamento a cereali
(mais e riso), o con verdure, con
un conseguente miglioramento del
sapore e del valore nutritivo.
Si cuoce, dopo il lavaggio, in due
parti di acqua con un cucchiaino di
sale marino integrale magari assieme ad un’alga kombu.
La cottura impiega 20 minuti in una
pentola a pressione e 30 minuti in
una pentola normale, dopodichè
non va mescolato ma lasciato riposare 10 minuti a pentola coperta
per permettere ai chicchi di finire
di gonfiarsi. Il sapore leggermente
dolciastro.
I grani possono essere soffiati o
subire una tostatura con un filo di
olio: i semi d’amaranto scoppiano,
ottenendo così una sorta di popcorn ideale per muesli, croccanti e
pasticcini.
successiva20
Pangea”�e�“A.d.M.”�e�la�Congregazione�del�Preziosissimo�Sangue.�Nel�2007,�la�Facoltà�di�Agraria�di�Firenze�aderisce�al�
Progetto�con�l’obiettivo�di�migliorare�e�potenziare�il�settore�agro�zootecnico�dei�villaggi�locali.�Negli�anni,�l’attenzione�
si�è�concentrata�su�misure�eco�compatibili�per�eradicare o�controllare�le�malattie�di�origine�funginea,�soprattutto�negli�
orti� familiari.� Un� esempio� è� portato� dalla� coltivazione� di� okra (Abelmoschus esculentus L.),� un� componente�
fondamentale� nella� dieta� delle� popolazioni� locali,� basata� quasi� esclusivamente� su� carboidrati.� Macchie� fogliari� e�
ingiallimenti�causati�da�Alternaria alternata sono�stati�frequentemente�osservati.
Itigi
attualità
Approccio�metodologico
Il� villaggio� di� Itigi (5°42’S,� 34°29’E)� si� trova� nel� distretto� di�
Manyoni,� nella� regione� di� Singida,� all’altitudine� di� 1300� m�
s.l.m.� Il� clima� è� caratterizzato� da� due� stagioni� delle� piogge�
(ottobre�dicembre�e�marzo�– aprile)�e�da�una�stagione�secca�
(maggio�– settembre).
Alternaria leaf spot in Tanzania
20�piante�di�okra di�30�gg di�età�(varietà�locale)
di E. Turco*- **M. Galla, A. Ragazzi - *** D. Bocciolini, S. Tofani
5�foglie�per�pianta
*Istituto per la Protezione delle piante, CNR, via Madonna del Piano, 10, 50019 Sesto F.NO
- **Dipartimento di Biotecnologie Agrarie, Sezione di Protezioni delle Piante, Università
degli Studi di Firenze, piazzale delle Cascine, 28, 50142 Firenze - ***Cooperativo Agricola di Legnaia, via di Sollicciano, 13a, 50142 Firenze
infezione�con�Alternaria�alternata
2�antagonisti:�Thricoderma�viride e�Epicoccum�nigrum
Prospettive per un controllo
biologico in un contesto
di agricoltura sostenibile
8�tempi�di�rilievo
Risultati e conclusioni
Prospectt for biological control
in sustainable agriculture
0=�sana
4�classi�di�necrosi�fogliare�(D) 1=�presenza�macchie�puntiformi
l I valori di DI (disease score index) incre2=�confluenza�macchie
3=�foglie�morte
Disease Score�Index
mentano significativamente a partire dalla
2ª settimana, e in misura maggiore dalla
6ª settimana.
Risultati�e�Conclusioni
Il progetto Tanzania nasce nel 2006 come
collaborazione tra la Cooperativa Agricola
di Legnaia, le Onlus “Associazione Pangea” e “A.d.M.” e la Congregazione del
Preziosissimo Sangue. Nel 2007, la Facoltà di Agraria di Firenze aderisce al Progetto
con l’obiettivo di migliorare e potenziare il
settore agro-zootecnico dei villaggi locali.
Negli anni, l’attenzione si è concentrata
su misure eco-compatibili per eradicare o
controllare le malattie di origine funginea,
soprattutto negli orti familiari. Un esempio
è portato dalla coltivazione di okra (Abelmoschus esculentus L.), un componente
fondamentale nella dieta delle popolazioni
locali, basata quasi elusivamente su carboidrati. Macchie fogliari e ingiallimenti
causati da Alternaria alternata sono stati
frequentemente osservati.
• i� valori�di� DI (disease score� index)� incrementano� significativamente� a�
Sintomi precoci di Alternaria Ieaf spot in
partire�dalla�2°�settimana,�e�in�misura�maggiore�dalla�6°�settimana
campo, varietà locali di okra altamente
sintomi�precoci�di�Alternaria
spot�in�campo
suscettibili
alla malattia, leaf
condizioni
climavarietà�locali�di�okra�altamente�suscettibili�alla�malattia
tiche favorevoli.
condizioni�climatiche�favorevoli
A.�alternata
Il villaggio di Itigi (5º 42’S, 34º 29’E) si
trova nel distretto di Manyoni, nella regione
di Sinigida, all’altitudine di 1300m s.l.m. Il
clima è caratterizzato da due stagioni delle
piogge (ottobre-dicembre e marzo-aprile) e
da una stagione secca (maggio-settembre).
l 20 piante di okra di 30 gg di età (varietà locale)
l 5 foglie per pianta
Infezione con Alternaria alternata
l 2 antagonisti: Thricoderma viride e Epicoccum nigrum
l 8 tempi di rilievo
l 4 classi di necrosi fogliare (D)
0=sana; 1=presenza macchie puntiformi;
2=confluenza macchie; 3=foglie morte
Disease Score Index DI = (D1,5 -1)/1,5
precedente19
2,5
cA
E.�nigrum
bB
2
bB
bA
1,5 DI
bA
1
aA
aA
bA
bA
bA
bA
bA
0,5
bA
0
aA
aA
aA
1
Approccio metodologico
3
dA
cdA
cA
T. viride
dA
cA
cA
cdA
cB
2
3
4
5
6
7
8
tempi�di�rilievo
Indice� di� malattia;� a� lettera� uguale� (minuscola� entro� la� tesi,� maiuscola� lungo� il� tempo)� corrispondono�
medie�statisticamente�simili.�La�freccia�indica�il�momento�di�trattamento�con�gli�antagonisti
l Non sono state osservate differenze statisticamente significative (p>0.001) tra i due
trattamenti con gli antagonisti, e verso A.
alternata dalla 7ª settimana.
I due antagonisti T. viride e E. nigrum
sembrano non avere nessuna influenza sul
controllo della malattia.
Cause imputabili ad una mancata efficacia
del controllo biologico:
• condizioni climatiche (trattamento a stagione secca già iniziata);
• alto DI al momento del trattamento;
• bassa dose di inoculo degli antagonisti.
Necessità di messa a punto di controlli
alternativi nelle condizioni climatiche dell’entroterra della Tanzania.
20
DI�=�(D1,5 – 1)/1,5
The “Progetto Tanzania” was founded in
2006 by Cooperativa Agricola di Legnaia,
•the
non� oldest
sono� state�
statisticamente�
significative���������
andosservate�
largestdifferenze�
agricultural
coopera(p
>�0.001)�tra�i�due�trattamenti�con�gli�antagonisti,�e�verso�A.�alternata
tive
i n Tuscany. On 2007, the Faculty of
dalla�7°�settimana
Agriculture of Florence joined the Project.
i�due�antagonisti�T.
viride e�E.�nigrum
Besides
the humanitarian
andsembrano�non�avere�
economical
nessuna�influenza�sul�controllo�della�malattia
assistance
to “Villaggio della Speranza” in
Dodoma and San Gaspare hospital in Itigi,
the project is involved in improve and upgracause�imputabili�ad�una�mancata�efficacia�del�controllo�biologico:
de livestock and crop plants (mainly vegegarden) of local communities. Okra
�table
condizioni�climatiche�(trattamento�a�stagione�secca�già�iniziata)
(Abelmoschus esculentus L.) ia a traditional
alto�DI�al�momento�del�trattamento
food plant� in
Africa with a high nutritive vabassa�dose�di�inoculo�degli�antagonisti
lue; it is �essential
to the daily diet of local
population, consisting almost exclusively of
carbohyfrates. Eco-compatible measures to
contol anderadicate fungal diseases are therefore
required to manage sustainable agrinecessità�di�messa�a�punto�di�protocolli�alternativi�
nelle�condizioni�climatiche�dell’entroterra�della�
culture
and rural development. Periodical
Tanzania
surveys of health status
of okra plantations
in the area of Itigi (5º42’ S 34º29 E, 1300 m
a.s.l.), Manyoni district, revealed leaf spots
and blight caused by Alternaria alternate.
The biological control of the disease by the application of Trichoderma viride and Epicoccum
nigrum was tha aim of this report. In field experiments were carried out during the rainy season of 2009. Leaf spots and blight, before and
after treatment with the two fungal antagonist,
were scored ad DI (disease score index) using
a three class scale was assessed over 8 weeks.
DI above 2 was observed starting 6 weeks after
pathogen inoculation. Leaf symptoms caused
by A. alternate were not significantly reduced
by the presence of either T. viride or E. nigrum.
The efficacy of fungal antagonist and validity
of the experimental protocol are discussed
in relation to the environmental and climatic
conditions.
21
successiva22
attualità
Autumnia 2010, 12ª edizione
Agricoltura, ambiente, alimentazione
Nel Centro storico
di Figline Valdarno
dal 12 al 14 novembre
l’esposizione con
un delicato viaggio
con degustazioni di vino
e olio
Autumnia è un evento dedicato
all’agricoltura, all’ambiente e all’alimentazione che si svolge il 12,
13, 14 novembre con ingresso
gratuito. Ad ospitare la manifestazione, giunta quest’anno alla dodicesima edizione, è come sempre
il centro storico di Figline Valdarno,
città situata alle pendici del Chianti
nel cuore di una vallata equidistante
da Firenze, Arezzo e Siena.
Nella centrale piazza Marsilio Ficino
sono allestiti stand enogastronomici
incentrati sulle aziende del territorio
e sui prodotti tipici sia delle terre di
Toscana (pollo del Valdarno, fagiolo
zolfino, olio, vino) che di altre regioni. Lungo via Del Puglia si svolge
l’esposizione zootecnica delle razze
bovine, ovine, suine ed avicole allevate nel territorio, un’esposizione di
macchine per l’agricoltura e per il
giardinaggio, con un ampio spazio
anche per un’area gioco per bambini dove è prevista un’esibizione dei
cani della Protezione Civile.
Nella zona di piazza IV Novembre
e via XXIV Maggio sono invece allestiti gli spazi espositivi riservati a
tutti gli Enti, Corpi e Istituzioni che
operano nel mondo dell’ambiente
Da segnalare, inoltre, la presenza
del Salotto di Giancarlo Bini presso le stanze al primo piano del
Circolo Fanin: approfittando della
suggestiva vista su piazza Ficino, i
visitatori sono accompagnati in un
delicato viaggio con degustazioni
di vino e olio.
AUTUMNIA
IN DETTAGLIO
sotto vari profili,
con una particolare attenzione al
coinvolgimento dei bambini grazie
alle attività promosse dai Vigili del
Fuoco, dal Corpo Forestale, dalla
Provincia di Firenze e dal Comune
di Figline Valdarno.
Ma Autumnia significa anche riflessione e programmazione sui temi
relativi all’agricoltura, all’ambiente
e all’alimentazione, per una serie
di convegni organizzati nell’ottocentesco Teatro Garibaldi: quest’anno
particolare attenzione ai temi della
biodiversità e della stagionalità.
Autumnia si pone infatti l’obiettivo di
offrire tre giorni all’insegna del buon
gusto, ma anche momenti di riflessione e spunti per valorizzare quelle
persone che, a vario titolo, sono impegnate quotidianamente nella cura
del territorio e dell’ambiente.
precedente21
22
Dove: Figline Valdarno (FI)
Quando: 12, 13, 14 novembre
2010
Orario di apertura al pubblico:
venerdì dalle ore 15 alle 21,
sabato dalle ore 10 alle 21 e
domenica dalle ore 9 alle 20,
orario continuato.
Ingresso: gratuito
Come arrivare in auto: da nord,
autostrada A1 con uscita al casello di Incisa, a circa 8 km dalla
manifestazione, poi S.S. 69 in
direzione sud; da sud, autostrada A1 con uscita al casello di
Valdarno, a circa 10 km dalla
manifestazione, poi S.S. 69 in
direzione nord.
Come arrivare in treno: stazione
Figline Valdarno a 27 minuti
da Firenze SMN, 35 minuti da
Arezzo.
Parcheggio: per 3.000 posti
auto, gratuito, nelle piazze
adiacenti al centro storico. È
anche possibile parcheggiare,
gratuitamente, presso il parcheggio della Coop per 1.000
posti auto, a 3 chilometri dalla
manifestazione, ove è presente
nei pomeriggi di sabato e domenica un servizio di bus navetta gratuito (andata e ritorno) per
la manifestazione.
Info: Comune di Figline Valdarno
tel. 05591251-0559125213-4.
www.autumnia.it
Facebook: Autumnia Figline
23
successiva24
notizie dalla coop di Legnaia
notizie dalla coop di Legnaia
Analisi del progetto Tanzania
Ancora uno spicchio
d’estate a Legnaia
dr. Gabriele Maneo
ufficio tecnico Coop. Agricola di Legnaia
Abbiamo più volte trattato
le nostre attività in Tanzania
per tenere costantemente
aggiornati i nostri lettori
sull’impegno volontario
in Africa. Su questo numero
le analizziamo e sottoponiamo,
voce per voce, rispetto
la situazione attuale
Le attività svolte
presso l’Ospedale
L’agrumeto è stato completamente ripristi-
nato tramite interventi di potatura. È stato
attuato un piano di difesa fitosanitaria per
contenere i numerosi insetti fitofagi che
erano ampiamente presenti nell’agrumeto. In futuro continuerà la gestione con
potature di produzione, concimazioni e
interventi di difesa fitosanitaria.
Nell’oliveto è stata effettuata la potatura
di allevamento e, tramite il monitoraggio
dello sviluppo vegetativo, sono state individuate due varietà che meglio si sono
adattate. Continuerà il monitoraggio per
meglio comprendere il ciclo vitale dell’olivo nella zona.
Sono state individuate le varietà di Jatropha più produttive. È in corso l’impianto
in pieno campo per ottenere produzioni di
olio vegetale a fini energetici.
Sono state impiantate tre specie di alberi
da frutto: peschi, albicocchi e ciliegie,
vengono seguite le potature, la difesa e
le concimazioni. Le piante saranno monitorati per meglio comprendere, come
per l’olivo, il ciclo vitale nelle condizioni
climatico-ambientali della zona.
Sono state impiantate delle specie con lo
scopo di fornire alimenti per il bestiame.
Le specie sono: Opuntia (una varietà senza spine), Gelso e Leucena. Tali piante
possono fornire anche durante la stagione
secca materiale vegetale utile per integrare la dieta del bestiame.
Negli orti preesistenti è stata svolta attività
di consulenza riguardo difesa fitosanitaria
e gestione colturale. Sono stati forniti
semi, concimi e agrofarmaci. Per il prossimo anno è prevista anche la fornitura
di piantine da orto allevate in contenitori
alveolati.
È stato realizzato un orto ex novo dove
vengono coltivate le specie maggiormente consumate nell’Ospedale, tale orto
fornisce buone produzioni e garantisce
un’elevata autosufficienza alimentare per
le strutture dell’Ospedale, inoltre si tratta
di un orto modello che fornisce soluzioni
utili e spunti per la popolazione locale e
gli altri orti.
Nella stalla stiamo lavorando per incrementare le produzioni di latte, è stato acquistato un torello con buona genealogia
e stiamo portando avanti un programma
di miglioramento genetico; è stata introdotta una nuova razione alimentare, viene
tenuto un libro di stalla e stiamo cambiando il sistema di allevamento passando
dalle poste alla stabulazione libera. Una
volta che il torello sarà pronto per le monte potrà essere messo a disposizione agli
allevatori locali che potranno migliorare le
proprie razze.
Nei campi sperimentali sono state testate
varie colture da pieno campo e abbiamo
ricavato indicazioni interessanti paragonando i risultati ottenuti tra le diverse colture, varietà e pratiche agronomiche.
Un breve riassunto
delle considerazioni
ricavate ad oggi
dalle prove
Fagiolo: identificata una varietà locale
più produttiva rispetto alle altre (3.66
q/ha anziché 2.12 q/ha delle altre),
le rese sono state basse, ma sono stati
ipotizzati ampi margini di miglioramento
agendo sulla tecnica agronomica (sesti di
impianto, letamazioni ecc.)
Girasole: la varietà locale non si è dimostrata molto produttiva, ma ha mostrato
rese costanti, in diverse condizioni di
terreno attestandosi su una media di 10.6
q/ha. È stata individuata una varietà
selezionata che ha raggiunto ottime rese
di 15.5 q/ha nelle parcelle più letamate,
ma laddove le letamazioni sono state più
scarse la resa della varietà selezionata è
scesa al di sotto rispetto a quella della
varietà locale (8.5 q/ha).
Sorgo: abbiamo riscontrato differenze
poco significanti tra la varietà locale e
quella selezionata, le produzioni non sono
state molto alte e, considerando il basso
valore del prodotto, la coltura risulterebbe
in perdita anche con rese migliori.
Manioca: la raccolta non è ancora stata effettuata, sono però già state identificate varietà che sono state meno soggette ad attacchi
da parte del Virus Africano del Mosaico.
Mais: è stata identificata una varietà selezionata più produttiva rispetto alle altre
24
precedente23
che ha raggiunto nelle parcelle migliori
rese di 35.4 q/ha, mentre la parcella
migliore della varietà locale si è attestata
a 26 q/ha. È stata però riscontrata un’influenza di gran lunga maggiore da parte
della fertilità del suolo rispetto alle altre
colture. Le parcelle più letamate hanno fornito una media, indipendentemente dalle
varietà, di 30.5 q/ha, mentre le parcelle
con bassi apporti di letame hanno fornito
rese di appena 6 q/ha di media indipendentemente dalle varietà.
Riso: le varietà testate sono risultate
troppo tardive entrando in fioritura solo
dopo la conclusione della stagione delle
piogge, le piante hanno quindi subito forti
stress idrici in fase di fioritura e abbiamo
avuto una totale perdita di produzione per
mancanza di allegagione.
Cajano: le raccolte sono in corso in questo periodo. Saranno confrontate le rese
ottenute da parcelle gestite con diverse
pratiche agronomiche (pacciamatura
e consociazioni) e che hanno ricevuto
differenti trattamenti in modo da determinare quello più efficace nel controllo del
fitofago chiave: il pod borer. Da tagli nel
periodo estivo sarà ottenuto materiale da
destinare ad alimentazione animale.
Le sperimentazioni nelle prossime stagioni
continueranno con 2 fini principali: 1) testare tecniche agronomiche a basso costo
e di semplice realizzazione che potranno
essere adottate facilmente e in tempi brevi
nella comunità locale; 2) trovare tecniche
che permettano di ottenere le migliori
produzioni possibili in termini qualitativi
e quantitativi per incrementare l’autosufficienza alimentare dell’Ospedale e delle
strutture ad esso legate.
Sono state programmate per la prossima
stagione attività volte ad ottenere un
sempre maggiore coinvolgimento della
comunità locale; verranno effettuati seminari formativi e saranno forniti servizi di
consulenza e di distribuzione di semente
e agrofarmaci ai coltivatori della zona.
Durante questa stagione è iniziata la
collaborazione per la realizzazione della
cantina di Miyuji ed è stata effettuata attività di assistenza tecnica per la cantina e
i vigneti. Nella prossima stagione saranno
rafforzate le attività presso Miyuji; continuerà la collaborazione nell’allestimento della
cantina e sarà incrementata l’assistenza
tecnica riguardo la cantina e i vigneti.
“Ancora uno spicchio d’estate a Legnaia”, la festa che si è svolta il 5
settembre ha visto la partecipazione di
oltre 1000 visitatori. Oltre alla finale
del trofeo “Bubbolo d’oro” organizzato
dal gruppo femminile della Federcaccia Fiorentina, c’è stata una grande
esposizione di frutta di stagione, i
visitatori hanno potuto apprezzare così
varietà di mele, susine, pesche, uva sia
da tavola che da vino. Oltre a vederle
hanno potuto gustarle grazie ad assaggi abilmente offerti dalla Cooperativa
di Legnaia.
“La stagionalità in Primo Piano” - ha
affermato Simone Tofani più volte
parlando di questa festa -, infatti la
Cooperativa di pescatori “La Ricciola”
ha fatto degustare un pesce di stagione, il pesce spada cucinato secondo
un’antica ricetta marinara. All’esposizione canina della mattina, tappa per
la finale del Trofeo, hanno partecipato
circa 60 soggetti di razza e meticci e
il “Bubbolo d’oro” (veramente placcato
in oro) è stato vinto da un bassotto veramente eccezionale. I posti di onore
invece a due razze da caccia: Pointer
e Epagneul Breton.
La Cooperativa Agricola Legnaia
ha iniziato un progetto di invio mails a cadenze regolari
per informare i lettori sulla stagionalità delle produzioni,
sulle varie fasi fenologiche delle piante, sugli eventuali
interventi da effettuare, sulle iniziative in corso e tanto altro.
Chi fosse interessato può iscriversi alla nostra mailing list
inviando il proprio indirizzo e-mail a [email protected]
oppure direttamente iscrivendosi sul nostro sito www.legnaia.it
25
successiva26
notizie dalla coop di Legnaia
Innsbruck e Bressanone
18-19 dicembre 2010
MERCATINI DI NATALE
Programma
1º giorno Firenze-Innsbruck
Ore 5.30 ritrovo dei partecipanti nel
parcheggio a lisca di pesce in via di
Sollicciano, 13 Firenze. Sistemazione in
pullman riservato e partenza via autostrada per Bolzano-Innsbruck. Breve sosta in
percorso. Pranzo in ristorante. Dopo pranzo incontro con la guida per la visita della
cittadina e dei mercatini.
In serata trasferimento in Hotel *** nei
pressi di Innsbruck, cena e pernottamento.
2º giorno
Innsbruck-Bressanone-Firenze
Prima colazione. Partenza per continuare
la visita ai mercatini di Innsbruck.
Ore 10.30 partenza per Bressanone.
Pranzo in ristorante. Dopo pranzo breve
visita ai suoi mercatini.
Ore 17.30 partenza per Firenze, brevi
soste in percorso. Arrivo previsto in tarda
serata.
Quota di partecipazione
minimo 35 persone, euro 230,00
La quota comprende: viaggio in pullman
GT e pedaggi esterni inclusi; sistemazione
in Hotel *** con trattamento di mezza
pensione, bevande incluse; pranzo in ristorante con bevande; pranzo in ristorante
a Bressanone con bevande. Assistenza di
un nostro accompagnatore.
Supplemento camera singola 35 euro.
Documenti occorrenti: carta d’identità
valida.
La gita verrà confermata al raggiungimento del numero minimo di 35 partecipanti.
Prenotazioni presso il centralino della
Coop. Agricola di Legnaia, via Baccio
da Montelupo, 180 tel. 05573581.
entro domenica 21 novembre.
GITA - A NAPOLI DELL’11 E 12 SETTEMBRE
Sabato 11 e domenica 12 settembre si è
svolta la gita a Napoli organizzata per
Soci e Amici. Lo splendido sole ha accompagnato la visita di sabato alla “Solfatara”,
luogo caratteristico per i vapori sulfurei che
sprigiona il sottosuolo e la panoramica in
pullman attraverso la zona dei Campi Flegrei, Pozzuoli, il porto di Mergellina e la
suggestiva veduta sul golfo di Napoli dalla
collina di Posillipo.
Domenica, dopo aver visitato il Duomo
con la cripta dedicata a S. Gennaro e la
stupenda statua in marmo del “Cristo Velato”, ancora una passeggiata attraverso
Spaccanapoli per via s. Gregorio Armeno
(la via dei presepi) e il meraviglioso Chiostro maiolicato di S. Chiara. Per finire con la
visita alle maestose stanze del Palazzo reale
che hanno lasciato stupefatti i partecipanti.
La gita è stata arricchita dalla bravura e
dalla simpatia di due Guide turistiche napoletane veraci: Imma e Valeria che si sono
meritate l’applauso dell’intero gruppo. Dopo
qualche provvista a base di babà e sfogliatelle, la partenza per Firenze con tante
splendide immagini della città partenopea
e il ricordo di due giornate passate insieme
in allegria.
Calendario
cene
A Sollicciano
prenotazione presso il centralino
05573581
sabato 9 ottobre
Cena del mare
Menu
Cozze alla marinara
Pennette al pesce spada,
lasagne al profumo di mare
Baccalà alla livornese con ceci lessi
venerdì 22 ottobre
Cena d’autunno
Menu
Involtini di ricotta e castagne,
sedano al gorgonzola,
prosciutto salato di fattoria
Risotto castagne e taleggio,
tortelli di patate all’aglione
Peposo all’imprunetina
con insalata di campo
Castagne
Acqua, vino
A persona: 23,00 euro
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a partire dalle 16.00
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presso il Centro Agro-Co
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successiva28
Coltivare che passione!
alimentazione e salute
Verdura e frutta
di stagione
a cura Ufficio tecnico Cooperativa Agricola di Legnaia
Orto
e frutteto
a cura Ufficio tecnico Cooperativa Agricola di Legnaia
Il tempo delle primizie
ricetta
Settembre ed ottobre, almeno fino alle prime gelate, rimangono il
periodo di maggior abbondanza di raccolti perché nei nostri campi
si trovano in contemporanea gli ortaggi estivi, anche se ormai a fine
ciclo (pomodori, melanzane, peperoni, zucchine, cetrioli, fagioli,
fagiolini, ravanelli, insalate, radicchi a taglio, basilico, erbe aromatiche) e quelle di inizio autunno (cavolfiori e broccoli, spinaci,
finocchi, porri, bietola, cavoli verza e cappuccio); fra la frutta è in
raccolta quella più gustosa, che ha in incamerato tutto il sole estivo
ed impiegato tutta l’estate per maturare: le pesche tardive (tra cui
le famose e ottime cotogne a polpa gialla e la “regina di Londa” a
polpa bianca); le susine President e le Stanley (prugne); i fichi (che
“spariranno” appena incomincerà a piovere più intensamente); le
pere (abate, kaiser); tutti i tipi di mele e le noci.
Ma la regina del periodo è certamente l’uva, sia da mensa che da
vino. Come ormai sappiamo la produzione locale di uva da tavola
è praticamente assente, ma a “Legnaia” possiamo trovare l’uva dei
soci dell’Italia meridionale, già presente da alcune settimane. Le varietà più precoci dell’uva da vino sono ormai raccolte, mentre le tradizionali (Sangiovese e Trebbiano) lo saranno ai primi di ottobre.
Ad ottobre fra la frutta, ormai terminate anche le ultime pesche
tardive ed i fichi troviamo inoltre diosperi, melagrane, mele (stark,
golden, fuji) e pere (abate, conference e kaiser), che ci accompagneranno anche nei prossimi mesi invernali.
S.T.
Cavolfiore al velluto
Ingredienti per 4 persone
1 cavolfiore
4 patate
50 g di burro
1 tazza di brodo di carne
formaggio parmigiano grattugiato
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
sale
Preparazione
Lessare le patate, pelarle, passarle al passaverdura e
metterle sul fuoco con metà burro, lavorandole con il
mestolo e aggiungendo il brodo, in modo da ottenere
una salsa sul tipo della besciamella.
Unire 1 cucchiaiata di prezzemolo tritato.
Far lessare il cavolfiore in acqua salata in ebollizione
e ritirarlo piuttosto al dente.
Metterlo in 1 pirofila imburrata e coprirlo con la salsa.
Aggiungere il resto del burro a fiocchetti, il parmigiano e far gratinare in forno.
In offerta per Soci e Amici di Legnaia
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28
S
Nei mesi di
settembre ed ottobre e fino alle
prime gelate
sono ancora
in
raccolta
moltissimi ortaggi estivi e, stanno
per iniziare le raccolte
di ortaggi tipicamente autunnali,
in modo particolare porri, cavolo fiore
precoce, cavolo verza, cavolo broccolo
e bietola. In questo periodo si possono
ancora trapiantare gli ultimi radicchi (di
Chioggia, di Verona, Pan di zucchero)
ed insalate invernali e seminare gli spinaci e le bietole di varietà invernali, che
riescono a crescere anche con basse
temperature e giorno corto, per raccoglierli a durante la stagione fredda.
In posizione riparata o in struttura protetta
si possono iniziare a trapiantare le prime
lattughe da serra, da raccogliere fra novembre e dicembre.
È il momento giusto per iniziare a preparare il terreno per le prime semine di fave
e piselli che faremo nei prossimi mesi,
concimandolo abbondantemente con
sostanza organica utilizzando stallatici
o pollina.
Le patologie più frequenti nei mesi autunnali riguardano generalmente i porri,
con probabili attacchi di peronospora e
tignola, i cavoli con attacchi di batteriosi
e le lattughe, soprattutto quelle di serra,
con attacchi di bremia (peronospora) e
sclerotinia.
A tal proposito si raccomanda di consultare sempre i tecnici della Cooperativa
per poter utilizzare i farmaci più adatti
alla loro prevenzione.
Nel frutteto sono in raccolta le ultime
susine delle varietà europee e sta per
iniziare la fase fenologica cosiddetta di
“caduta foglie”. Si ricorda a tal proposito
come sia necessario, in quello stadio, effettuare i primi trattamenti per le piante di
pesco con prodotti a base di rame o di
bitertanolo+dodina (proclaim combi)
Sono anche i mesi dei trapianti di nuove
piante, sia fruttiferi che olivi e viti e delle
prime operazioni di potatura.
Casa
e terrazza
Tulipano
Giardino
In giardino il mese di settembre è il periodo di passaggio fra fioriture estive,
ormai alla fine e quelle autunnali, che
stanno per iniziare; nei primi giorni di
ottobre si possono iniziare i trapianti
delle bulbose
autunnali (tulipani,
giacinti, amarillis) che fioriranno nella
prossima primavera (2011) e quelli
di molte essenze arbustive come alloro, lauroceraso, photinia e viburno:
ricordiamo infatti che, se la stagione
lo consente, il trapianto autunnale offre
ampie garanzie di successo, a volte
maggiori di quello primaverile. È anche il periodo giusto per trapiantare le
classiche viole del pensiero (pansé) e
le pratoline, che ci accompagneranno
invece per tutto l’inverno.
Prima di effettuare i trapianti o le semine è buona norma concimare sempre
con sostanza organica e preparare
un drenaggio adeguato in fondo alla
buca per evitare i ristagni idrici, che
comprometterebbero la vita futura delle
piante.
A fine ottobre le piante di agrumi presenti vanno riposte in luogo riparato
dal freddo (serra o limonaia) per evitare danni a volte irreparabili non solo ai
frutti presenti, ma alla pianta stessa.
I mesi di tarda estate ed inizio autunno
sono un periodo più di mantenimento
che di interventi. Se vogliamo, però,
continuare a goderci ancora le nostre
piante in terrazza ed in appartamento
è necessario continuare a concimarle e
seguirle con attenzione. Le regole per le
irrigazioni, che con le temperature più
basse dovranno ridursi, sono le stesse: i
terricci devono rimanere umidi, ma deve
essere sempre evitato il ristagno di acqua
nei sottovasi, per evitare gli ormai arcinoti
marciumi radicali. È importante anche
ripulire regolarmente le piante da foglie
e fiori secchi.
Le patologie più temibili in questo periodo
sono le fisiopatie, che non sono vere e
proprie malattie derivanti da attacchi di
patogeni animali o vegetali, ma problemi
che derivano da piccoli errori agronomici, quali ad esempio il cattivo posizionamento delle piante in ambiente chiuso (ad
esempio al buio o vicino ad una corrente
d’aria) ed il già ricordato ristagno idrico,
che possono provocare cadute di foglie
(tipiche quelle del ficus benjamin e del
ficus elastica) e macchie nerastre sulle
foglie stesse (particolarmente presenti su
pothos e kentia).
I concimi da utilizzare devono essere ricchi di azoto, fosforo e potassio per ridare
nuovo slancio alle piante e per preparare
l’apparato radicale per i mesi invernali.
In questo mese si possono “travasare” le
piante che mostrano segni di insofferenza
perché costrette in recipienti troppo piccoli, raccomandando di utilizzare a questo
scopo vasi soltanto di una misura (2 cm)
superiore al vecchio contenitore.
A fine ottobre è necessario predisporre
le strutture (piccole serre in polietilene ad
esempio) per il ricovero invernale delle
piante “estive” da terrazzo come gerani,
solanum e surfinie.
S.T.
29
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precedente29
30
31
successiva32
FIRENZE
via Baccio da Montelupo, 180 - tel. 05573581
via Villamagna, 146 - tel. 0556530330
via Lippi e Macia, 49 - tel. 055416160
via della Mattonaia, 5r - tel. 055243114
Mercato Ortofrutticolo di Novoli
tel. 055435812
BORGO SAN LORENZO
viale della Resistenza, 50 - tel. 0558494014
SEDE CENTRALE
Firenze
via di Sollicciano, 13a - tel. 0557358214
PUNTO VENDITA E OFFICINA
Serravalle P.se
loc. Pontestella
via del Redolone
tel. 0573528473
precedente31
FIGLINE VALDARNO
via Roma, 169 - tel. 055 9154157
PRATO
viale Marconi, 16 Mezzana - tel. 0574593787
AREA TECNICA
via di Sollicciano 13 - tel. 0557358204
MECCANICA AGRARIA PROFESSIONALE
via di Sollicciano, 13 - tel. 0557358241
SEDE CENTRALE
Firenze
via Baccio da Montelupo, 180
tel. 0557358261
SEDE CENTRALE
Firenze
via Baccio da Montelupo, 180
tel. 0557358415
CENTRO ORTOFLOROVIVAISTICO
Scandicci
via della Pieve
tel. 0557358232
PUNTI VENDITA
Pontassieve (FI)
via F.lli Cervi, 43/45
tel. 0558368684
Figline Valdarno (FI)
corso Matteotti, 28/32 - tel. 0559155774
Loc. Matassino
via F.lli Rosselli, 35/37 - tel. 055958799
San Giovanni Valdarno (FI)
piazza della Libertà, 22 - tel. 0559122706
Incisa Valdarno
piazza Santa Lucia, 1 - tel. 0558336883
successiva1
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