L’unione europea è solo un vincolo, uhm … La politica commerciale è oggi di competenza esclusiva dell’Unione Europea e questo rende, di fatto, Bruxelles la nostra capitale economica. Gli accordi bilaterali che si stanno discutendo in questi mesi definiranno le regole del gioco della futura arena competitiva. E’ quindi necessario un forte presidio delle aziende italiane con una corretta azione di lobbying. Questa settimana ho preso l’aereo da Milano a Bruxelles in un giorno feriale e mi sono stupito di trovarlo quasi vuoto: a bordo c’erano meno di 20 passeggeri. Ho naturalmente pensato alle migliaia di persone che ogni giorno si recano a Roma per motivi di lavoro e quante di loro, in realtà, sbaglino destinazione. Mi spiego, il commercio internazionale rappresenta da sempre una delle maggiori fonti di crescita e sviluppo per le imprese italiane. Oltre 200.000 imprese italiane esportano 500 miliardi (30% PIL) ma oltre la metà di queste imprese sono mono mercato o mono prodotto e di conseguenza dipendono in maniera rilevante dalla definizione dei regolamenti del commercio internazionale. [L’Unione Europea è il centro del commercio mondiale: rappresenta solo il 7% della popolazione mondiale ma oltre il 25% della ricchezza ed è il primo importatore, il primo esportatore e il primo investitore del mondo.] Ma oggi queste regole sono definite a Roma, nei ministeri o nei vari enti nazionali? Assolutamente no, oggi la politica commerciale è diventata di esclusiva competenza dell'UE. L’Unione Europea definisce le normative del commercio internazionale: accordi di apertura dei mercati, definizione di standard e misure tariffarie e non tariffarie, quote di import/export, regole sulla visibilità delle indicazioni d’origine, etc.. A livello nazionale invece sono gestiti gli strumenti per la promozione del paese: sostegno all’export, assicurazione al credito, iniziative fieristiche, etc.. In particolare, i trattati internazionali relativi al commercio sono di tre tipi: gli accordi bilaterali che rappresentano la punta più avanzata della globalizzazione, gli accordi plurilaterali (come quello sui green goods, sulla Information Technology e sui servizi) che permettono di ampliare su base settoriale la platea dei paesi interessati a una liberalizzazione degli scambi, e infine, gli accordi multilaterali all’interno del WTO che devono garantire l’accettazione globale degli accordi. Gli ambiti più rilevanti e più d’avanguardia sono certamente gli accordi bilaterali: Giappone, Cina, USA, Marocco, Georgia, Mercosur sono le aree geografiche con cui la UE sta discutendo oggi. [Il TTIP (Trans-Atlantic Trade and Investment Partnership) è il trattato che dovrebbe regolamentare gli accordi commerciali tra UE e Stati Uniti. Nell’accordo saranno comprese non solo le tariffe doganali ma anche, e soprattutto, le barriere non doganali come regolamenti, licenze, certificati etc.] La crescita dell’economia europea e di conseguenza quella dell’Italia dipenderà propri dalla definizione di questi accordi. Ad esempio una definizione del TTIP secondo una visione di forte liberalizzazione potrebbe portare a circa 7-8 punti di crescita nell’economia europea. Ma non tutte i paesi e tutti i settori cresceranno allo stesso modo. La definizione delle regole influenzerà significativamente i vincitori e i vinti dell’accordo. Le aziende degli altri paesi europei l’hanno capito velocemente e stanno presidiando le istituzioni europee con corrette azioni di lobbying mentre le aziende italiane, soprattutto le PMI, mostrano lentezza e indecisione. Luigi Riva è Presidente Strategic Management Partners