GAMMOPATIE MONOCLONALI DI SIGNIFICATO INDETERMINATO (MGUS) INTRODUZIONE Si tratta di una condizione clinica in cui l'unico riscontro anormale è di tipo laboratoristico: la presenza isolata del tutto asintomatica di una componente monoclonale sierica e/o urinaria, in genere di modesta entità e che resta stabile nel tempo. La MGUS è dovuta alla presenza nel midollo osseo di un clone di plasmacellule il cui prodotto di sintesi è appunto la componente monoclonale. La gammopatia è detta "di significato indeterminato" poiché è incerta la sua origine e la sua evoluzione. Infatti, mentre in alcuni casi può evolvere verso una neoplasia ematologica ben definita (il mieloma multiplo o la macroglobulinemia di Waldenstrom), in molti altri casi la gammopatia persiste immodificata per decenni senza influenzare né la qualità di vita né la sopravvivenza. DIAGNOSI Gli esami utili per la diagnosi sono l'immunofissazione sierica: IgA – IgG Emocromo Creatinina Calcemia Elettroforesi Dosaggio Ig B2 microglobulina IF urine Dosaggio proteinuria Elettroforesi proteineurinaria RX scheletro IgMEmocromo Creatinina Elettroforesi Dosaggio Ig LDH-AST-ALT-ALP-GammaGT Viscosimetria Crioagglutinine Test di Coombs diretto HCV Ab SOF RX torace-Eco addome Devono essere presenti tutti e tre i seguenti criteri per la diagnosi di MGUS: proteina sierica monoclonale < 3 g/100 ml plasmacellule clonali midollari < 10% assenza di danni d’organo attribuibili al disordine proliferativi cellulare come ipercalcemia, insufficienza renale, anemia e lesioni ossee (CRAB) (per una consultazione completa si rimanda a “Criteria for dignosis, staging, risk stratificationand response assessmentof multiple myeloma” Leucemia 2009 23, 3-9) È più frequente nell'anziano: l'età media dei pazienti con MGUS è di circa 67 anni. È rara nei soggetti più giovani. Si osserva in entrambi i sessi con una discreta prevalenza negli uomini (M: 60%, F: 40%). Il paziente con MGUS ha un quadro clinico del tutto asintomatico. In particolare, sono assenti tutte le alterazioni che caratterizzano il quadro clinico del mieloma. L'unica alterazione è di laboratorio e cioè la presenza di una componente monoclonale sierica e/o urinaria, di solito riscontrata casualmente nel corso di accertamenti per altri motivi. La MGUS nella maggioranza dei casi resta stabile per parecchi anni, ma vi è un certo rischio di evoluzione in una malattia proliferativa come il mieloma o la macroglobulinemia di Waldenstrom. Il rischio di trasformazione può essere stimato nell'1% per anno. In uno studio a lungo termine su 1384 casi di MGUS diagnosticati e seguiti negli USA dalla Mayo Clinic tra il 1960 ed il 1994, la probabilità di evoluzione neoplastica è stata del 10% a 10 anni, del 21% a 20 anni, del 26% a 25 anni. Tra i fattori predittivi di trasformazione vi è il livello iniziale della componente monoclonale ed il tipo IgA. 1 GESTIONE DEL PAZIENTE Una MGUS non richiede alcun trattamento ma solo periodici esami di follow-up per monitorare una possibile evoluzione. È fondamentale che il paziente comprenda la necessità di effettuare controlli periodici pur in assenza di sintomi. Un possibile schema è: 1-controlli ogni 4 mesi nel primo anno: - elettroforesi sierica - immunofissazione urine 2-poi ogni 6 mesi e quindi, in presenza di stabilità, ogni 6-12 mesi: - controllo radiologico di un segmento osseo se il dolore è persistente ad escludere osteolisi PIASTRINOPENIA IDIOPATICA INTRODUZIONE La piastrinopenia idiopatica è una alterazione di origine autoimmune caratterizzata da una piastrinopenia isolata, definita come un valore di piastrine inferiore a 100000/mm3. La diagnosi è fatta per esclusione dopo aver accertato l’assenza di tutte le altre cause note di piastrinopenia. La sua incidenza è più frequente nel sesso femminile ed è di circa di 6 casi per milione all’anno. DIAGNOSI Per porre la diagnosi di Piastrinopenia idiopatica è necessario eseguire i seguenti esami: Esami ematochimici: emocromo, test di Coombs diretto, ANA, anticorpi anticardiolipina, antifosfolipidi,markers epatite B e c, HIV, LDH, emocromo con sodio citrato come anticoagulante Esami strumentali: eco addome, Rx torace Anamnesi recente, con particolare riguardo all’assunzione di farmaci che possono avere effetto sulla conta piastrinica, alla presenza di epatopatie, anamnesi familiare con attenzione alla presenza di piastrinopenie Valutazione dello striscio di sangue periferico Non è indicata, tranne in pazienti di età superiore a 60 anni, l’esecuzione dell’esame citologico del midollo GESTIONE DEL PAZIENTE La letteratura scientifica è concorde nell’affermare che la terapia non è indicata al di sopra delle 50000 /mm3, tranne necessità di interventi chirurgici, traumi o altri fattori che predispongono a emorragie. Nei casi senza fattori di rischio emorragici non è indicata terapia al di sopra delle 20000 piastrine. Nell’adulto è spesso una malattia cronica , che va controllata periodicamente, ma che in un numero ridotto di casi necessita di decisioni terapeutiche. Devono essere eseguiti periodicamente esami ematochimici, il controllo dell’emocromo va eseguito urgentemente in caso di comparsa di manifestazioni emorragiche muco cutanee. Terapia La terapia è indicata in tutti i pazienti con Plts inferiori a 20000/ mm3, o con piastrine tra le 20000 e le 50000 con manifestazioni emorragiche. La terapia di prima scelta è la terapia steroidea, con schemi e dosaggi variabili. E’ sconsigliato l’uso di FANS per la loro attività antiaggregante. In caso di resistenza alla terapia steroidea o di recidiva della piastrinopenia alla sospensione dello steroide viene valutata la indicazione alla splenectomia. Sono in via di immissione in commercio nuovi farmaci stimolatori della trombopoiesi. Follow up. Il programma di controllo attualmente prevede: esami ematochimici: emocromo con formula periodico ( ogni 6 mesi ), emocromo urgente in caso di comparsa di manifestazioni emorragiche ( epistassi, sanguinamenti gengivali, petecchie, ecchimosi spontanee, … ) LINEE GUIDA La più recente pubblicazione scientifica completa su diagnosi e terapia è: International consensus report on the investigation and mangement of primary immune thrombocytopenia BLOOD, 2010, Jan 14;115:168-86. 2 TROMBOCITEMIA ESSENZIALE INTRODUZIONE La trombocitemia essenziale fa parte delle malattie mieloproliferative croniche Philadelphia negative. E’ un disordine clonale, che si esprime prevalentemente con un incremento del valore delle piastrine dovuto ad un’iperplasia megacariocitaria midollare, talvolta è presente anche una leucocitosi neutrofila, generalmente moderata, e/o splenomegalia. L’incidenza è di 1-2,5 per 100.000 individui per anno, l’eta media è attorno ai 60 anni (con range 4080); rare ma presenti le diagnosi in pazienti con meno di 40 anni. In generale i rischi maggiori per i pazienti affetti da trombocitemia essenziale sono gli eventi trombotici; fanno eccezione i pazienti con piastrine > 1.500.000/mmc, per i quali sono prevalenti i rischi emorragici rispetto a quelli trombotici. Il rischio di evoluzione in leucemia acuta è dell’1% ed in mielofibrosi idiopatica del 20% circa. DIAGNOSI La diagnosi di trombocitemia essenziale prevede: - visita del paziente - esami ematochimici generali - esami ematochimici specifici (ricerca di mutazioni di Jak2) - striscio di sangue periferico - valutazione midollare (aspirato midollare e biopsia ossea) - eco addome, Rx torace I criteri diagnostici vengono sotto riportati (per una consultazione completa si rimanda alla “WHO Classification of Tumor of Haematopoietic and lymphoid tissues, 2008”): numero di piastrine persistentemente maggiori o uguali a 450.000/mmc iperplasia midollare megacariocitaria assenza dei criteri WHO per policitemia vera, mielofibrosi idiopatica, leucemia mieloide cronica BCR-ABL positiva, sindrome mielodisplastica, altre neoplasie mieloidi presenza di mutazione di Jak2 o altri marker di clonalità; in assenza di marker molecolari di clonalità deve essere esclusa una piastrinosi reattiva Per porre diagnosi di trombocitemia essenziale devono essere presenti tutti 4 i criteri diagnostici. GESTIONE DEL PAZIENTE Terapia. Le attuali linee guida prevedono che dopo la diagnosi non tutti i pazienti debbano iniziare terapia CITORIDUTTIVA per ridurre il numero di piastrine. Viene riservata terapia citoriduttiva ai seguenti casi: - pazienti con età > 60 anni - pazienti di qualsiasi età con numero di piastrine > 1.000.000/1.500.000 - pazienti di qualsiasi età con anamnesi positiva per eventi trombotici/emorragici I farmaci utilizzati in prima linea sono idrossiurea per pazienti > 40 anni, r-interferone 2b per pazienti < 40 anni. A tutti i pazienti viene consigliata terapia ANTIAGGREGANTE, con le seguenti eccezioni: - pazienti con valori di piastrine > 1.500.000/mmc (da iniziare quando la conta piastrina < 1.500.000/mmc) - pazienti con intolleranza/allergia a acido acetil salicilico - pazienti con anamnesi di eventi emorragici per valori di piastrine < 1.500.000/mmc Follow up. Il programma di controllo prevede attualmente: anamnesi recente, con attenzione ad eventi ischemici, emorragici, disturbi del microcircolo, episodi infettivi, sintomi secondari ad ingombro splenico, prurito visita medica con attenzione a splenomegalia esami ematochimici: emocromo con formula, LDH, creatinina, AST, ALT, ALP, gammaGT ecografia addominale La frequenza dei controlli prevede: 1) 2) 4) ogni 6 mesi 3) esami ematochimici completi ogni 6mesi, emocromo mensile nei primi 6 mesi e ogni 2 mesi successivamente se stabile con la terapia in atto. LINEE GUIDA. Per una panoramica più completa dei criteri di diagnosi, trattamento si rimanda alla consultazione dei Criteri WHO 2008. 3 LEUCEMIA LINFATICA CRONICA INTRODUZIONE La leucemia linfatica cronica (LLC) è una patologia prevalentemente del soggetto anziano, con picco d’incidenza tra i 60 e 70 anni. DIAGNOSI La diagnosi di LLC si avvale di semplici indagini effettuabili su sangue periferico: emocromo, tipizzazione linfocitaria, esame morfologico. I criteri diagnostici per LLC sono riportati di seguito: Presenza di almeno 5X109/L B-Linfociti clonali nel sangue periferico Tipizzazione linfocitaria positiva per CD5, CD19, CD23, smIg a bassa intensità Presenza all’esame morfologico di linfocitosi caratterizzata da linfociti di aspetto maturo e presenza di ombre nucleari (Ombre di Gumprecht). Esistono due sistemi di stadiazione della malattia: quello di Rai e quello di Binet. Classificazione di Rai Stadio 0 Presenza di sola linfocitosi assoluta. Stadio 1 Presenza di linfocitosi assoluta e adenomegalie, ma con assenza di epatosplenomegalia, anemia o trombocitopenia. Stadio 2 Presenza di linfocitosi assoluta con possibilità di epatomegalia o splenomegalia, linfoadenopatie. Stadio 3 Presenza di linfocitosi assoluta e anemia (Hb<11g/dl) con possibilità di adenomegalie, epato o splenomegalia. Stadio 4 Presenza di linfocitosi assoluta e trombocitopenia (<100.000/ml), con possibilità di linfoadenopatie, epatomegalia, splenomegalia o anemia. Classificazione di Binet Stadio clinico A Vengono rilevate meno di tre aree di ingrandimento linfonodale senza anemia o trombocitopenia (parzialmente sovrapponibile agli stadi 0, 1 e 2 di Rai). Stadio clinico B Vengono rilevate tre o più aree di interessamento linfonodale, senza anemia o trombocitopenia (parzialmente sovrapponibile agli stadi 2 e 3 di Rai). Stadio clinico C Presenza di anemia e/o trombocitopenia, indipendentemente dal numero di aree linfonodali interessate. E’ importante sottolineare che i pazienti in stadio A di Binet o 0 di Rai hanno una sopravvivenza mediana maggiore di 10 anni. Secondo le linee guida internazionali IWCLL/NCI pazienti in stadio 0 di Rai o A di Binet, asintomatici, non necessitano di alcun trattamento terapeutico e devono essere semplicemente monitorati nel tempo. Il trattamento deve essere invece considerato in presenza di segni di malattia attiva. * Linee Guida IWCLL/NCI Malattia Attiva - Sintomi correlati alla malattia - Linfocitosi progressiva con tempo di raddoppiamento linfocitario <6 mesi - Evidenza di ‘insufficienza midollare’ (anemia, piastrinopenia) - Anemia emolitica autoimmune/trombocitopenia non responsive ai corticosteroidi o altra terapia standard - Linfoadenomegalie massive o progressive o sintomatiche - Splenomegalia massiva (>6 cm dall’arcata costale) o progressiva o sintomatica * Almeno uno deve essere presente GESTIONE DEL PAZIENTE Il programma di controllo attualmente prevede: Anamnesi recente, con attenzione a febbre o episodi infettivi recidivanti, calo ponderale, sudorazione notturna profusa, dolori fissi e continui, astenia invalidante Visita medica, con attenzione ad eventuali adenopatie superficiali palpabili (cm di diametro), epatomegalia e splenomegalia (cm dall’arcata costale per il margine inferiore prima e dopo un inspirio profondo) Esami ematochimici: emocromo con formula, LDH, elettroforesi sieroproteica, creatinina, GOT, GPT, ALP, yGT, beta2-microglobulina sierica, dosaggio Ig Esami strumentali: eco addome La frequenza dei controlli prevede: 4 1) 2) 3) ogni tre mesi per il I anno, ogni quattro mesi per il II e III anno, successivamente ogni sei mesi 4) ogni 2 anni LINEE GUIDA Per una panoramica più completa dei criteri di diagnosi, trattamento si rimanda alla consultazione delle linee guida IWCLL/NCI-WG per la diagnosi e il trattamento della leucemia linfatica cronica (Hallek et al, Blood 2009). LINFOMI HODGKIN E NON HODGKIN INTRODUZIONE I linfomi sono neoplasie del tessuto linfatico in cui, nel 90% dei casi la cellula neoplastica è il linfocita B e nel 10% la cellula T. Mentre il linfoma di Hodgkin resta un’entità nosologica ben distinta, i linfomi non Hodgkin rappresentano un gruppo molto eterogeneo di neoplasie con storie naturali molto diverse e diversa risposta alle terapie. La classificazione WHO (ultima versione pubblicata nel 2008; v. allegato 1) identifica numerose entità nosologiche basandosi non solo su criteri istologici, ma avvalendosi di metodiche di citogenetica e biologia molecolare. Tuttavia, ogni singola entità mantiene le caratteristiche di malattia a basso o ad alto grado di malignità, concetto presente in alcune delle vecchie classificazioni. Tale concetto è ancora utile per l’approccio clinico in fase di stadiazione e perchè facilmente recepito dal paziente quindi utilizzabile nel corso del colloquio informativo. I linfomi a basso grado di malignità si caratterizzano per: - progressione indolente della malattia - sintomatologia spesso assente - diagnosi talora occasionale - elevata difficoltà nell’ottenere un’eradicazione della malattia - comportamento simile a quello di una malattia cronica. I linfomi aggressivi si caratterizzano: - per la rapidità nella progressione di malattia - per la sopravvivenza di pochi mesi in assenza di trattamento - per essere guaribili in una buona percentuale di casi, con l’utilizzo di schemi terapeutici a media o elevata intensità. DIAGNOSI La diagnosi di linfoma di Hodgkin o non Hodgkin non può prescindere dall’esame istologico (biopsia chirurgica) Il prelievo va fatto sul linfonodo più grosso, se possibile non inguinale, e deve essere il più ampio possibile (possibilmente l’intero linfonodo) per garantire la possibilità di eseguire tutti gli esami di immunoistochimica o biologia molecolare necessari a formulare una corretta diagnosi secondo i criteri della classificazione WHO L’agobiopsia eco guidata può essere considerata “accettabile” in determinate situazioni (sede profonda della malattia, condizioni cliniche del paziente) in cui non è possibile ottenere un campione chirurgico L’esame citologico su agoaspirato linfonodale può far porre il sospetto di linfoma, ma non è mai diagnostico. E’ pertanto da evitare per non generare dannosi ritardi nella formulazione della diagnosi e per il rischio di falsi negativi Stadiazione Dopo aver ottenuto la diagnosi è necessario procedere all’esecuzione di una serie di esami clinico-strumentali per attribuire uno stadio alla malattia secondo la classificazione di Ann Arbor sotto riportata: Esame obiettivo completo Esami ematochimici ( emocromo, funzionalità epatica e renale, LDH, B2 microglobulina) Ricerca del sangue occulto fecale Visita ORL per valutazione dell’ anello di Waldayer Tac torace addome pelvi con mdc PET BOM/ aspirato midollare EGDS (se SOF positivo o se compromissione anello di Waldayer) Rachicentesi (in casi selezionati) Altri esami strumentali (es. colonscopia, RMN rachide…) se clinicamente indicati Stadiazione secondo Ann Arbor 5 Stadio I Coinvolgimento di una singola regione linfatica (I) o coinvolgimento localizzato di un singolo organo o sede extralinfatica (IE). Stadio II Coinvolgimento di due o più regioni linfonodali localizzate nella stessa parte del diaframma (II), o coinvolgimento localizzato di un singolo organo o sede extralinfatica e una o più regioni linfatiche dalla stessa parte del diaframma (IIE). Stadio III Coinvolgimento di regioni linfonodali da entrambe le parte del diaframma (III), che può essere accompagnato da coinvolgimento localizzato di un organo o sede extralinfatica (IIIE), o coinvolgimentosplenico (IIIS), o da entrambi (IIIE+S). Stadio IV Coinvolgimento diffuso o disseminato di uno o più organi o sedi extralinfatiche con o senza coinvolgimento linfatico associato. Gli organi coinvolti devono essere identificati da una lettera: H per fegato, L per polmone, M per midollo osseo, P per pleura, O per osso, D per cute. GESTIONE DEL PAZIENTE Terapia Nei linfomi di Hodgkin e nei linfomi non Hodgkin aggressivi è sempre necessario un trattamento chemioterapico cui si può associare l’utilizzo di anticorpi monoclonali e/o la radioterapia secondo precise indicazioni. Nei linfomi non Hodgkin indolenti, in casi selezionati, è possibile seguire una strategia di vigile attesa rinviando l’inizio di una terapia specifica alla comparsa di sintomatologia locale o sistemica o all’incremento progressivo del volume o del numero delle sedi di malattia. Valutazione della risposta alla terapia (secondo Revised Response Criteria for Malignant Lymphoma) Cheson BD et alm J Clin Oncol 2007; 25: 579-586. Remissione Completa (RC): assenza di ogni segno clinico e radiologico di malattia con scomparsa di tutte le sedi di malattia presenti in TAC e PET e all'esame obiettivo. Scomparsa dell'infiltrazione midollare. Remissione Parziale: riduzione delle adenopatie superiore al 50% nelle 6 localizzazioni più importanti e stabilità delle restanti masse. Presenza in PET post-terapia di almeno una delle localizzazioni precedentemente rilevate. Ininfluenza della localizzazione midollare. Malattia Stabile: sostanziale stazionarietà delle masse presenti alla diagnosi senza comparsa di nuove lesioni. Progressione: un aumento superiore al 50% delle dimensioni delle lesioni linfomatose presenti all'inizio del trattamento e/o comparsa di nuove localizzazioni. Follow up Dopo il raggiungimento della remissione il follow up prevede i seguenti controlli che sono consigliabili ogni 4 mesi nei primi 2 anni dalla remissione; ogni 6 mesi dal III anno fino al V anno e poi ogni anno fino al X anno: Anamnesi recente: con particolare riferimento alla eventuale presenza di sintomi sistemici (febbricola, calo ponderale, sudorazioni notturne), prurito, episodi infettivi ricorrenti o a lenta risoluzione visita ed esame obiettivo valutando in particolare le stazioni linfonodali superficiali (riportando il diametro linfonodale espresso in cm); eventuale presenza di epato- splenomegalia (riportando i cm dall'arcata costale a riposo e dopo un inspirio profondo) esami ematochimici: emocromo, VES, LDH, AST, ALT, ALP, gGT, uricemia, creatinina, glicemia, elettroforesi sierica, B2 microglobulina Tac torace addome pelvi con mdc Altri esami strumentali mirati al monitoraggio di sedi particolari di localizzazione del linfoma: es. RMN rinofaringe, RMN rachide, EGDS con biopsie random, mammografia e/o eco mammaria… LINEE GUIDA Per una panoramica più completa dei criteri di diagnosi, trattamento si rimanda alla consultazione della Classificazione WHO 2008 6