2010 Linee guida per la gestione integrata delle emopatie croniche

GAMMOPATIE MONOCLONALI DI SIGNIFICATO INDETERMINATO (MGUS)
INTRODUZIONE
Si tratta di una condizione clinica in cui l'unico riscontro anormale è di tipo laboratoristico: la presenza isolata del tutto
asintomatica di una componente monoclonale sierica e/o urinaria, in genere di modesta entità e che resta stabile nel
tempo.
La MGUS è dovuta alla presenza nel midollo osseo di un clone di plasmacellule il cui prodotto di sintesi è appunto la
componente monoclonale. La gammopatia è detta "di significato indeterminato" poiché è incerta la sua origine e la sua
evoluzione. Infatti, mentre in alcuni casi può evolvere verso una neoplasia ematologica ben definita (il mieloma
multiplo o la macroglobulinemia di Waldenstrom), in molti altri casi la gammopatia persiste immodificata per decenni
senza influenzare né la qualità di vita né la sopravvivenza.
DIAGNOSI
Gli esami utili per la diagnosi sono l'immunofissazione sierica:











IgA – IgG
Emocromo
Creatinina
Calcemia
Elettroforesi
Dosaggio Ig
B2 microglobulina
IF urine
Dosaggio proteinuria
Elettroforesi proteineurinaria
RX scheletro











IgMEmocromo
Creatinina
Elettroforesi
Dosaggio Ig
LDH-AST-ALT-ALP-GammaGT
Viscosimetria
Crioagglutinine
Test di Coombs diretto
HCV Ab
SOF
RX torace-Eco addome
Devono essere presenti tutti e tre i seguenti criteri per la diagnosi di MGUS:



proteina sierica monoclonale < 3 g/100 ml
plasmacellule clonali midollari < 10%
assenza di danni d’organo attribuibili al disordine proliferativi cellulare come ipercalcemia, insufficienza renale,
anemia e lesioni ossee (CRAB) (per una consultazione completa si rimanda a “Criteria for dignosis, staging, risk
stratificationand response assessmentof multiple myeloma” Leucemia 2009 23, 3-9)
È più frequente nell'anziano: l'età media dei pazienti con MGUS è di circa 67 anni. È rara nei soggetti più giovani. Si
osserva in entrambi i sessi con una discreta prevalenza negli uomini (M: 60%, F: 40%).
Il paziente con MGUS ha un quadro clinico del tutto asintomatico. In particolare, sono assenti tutte le alterazioni che
caratterizzano il quadro clinico del mieloma. L'unica alterazione è di laboratorio e cioè la presenza di una componente
monoclonale sierica e/o urinaria, di solito riscontrata casualmente nel corso di accertamenti per altri motivi.
La MGUS nella maggioranza dei casi resta stabile per parecchi anni, ma vi è un certo rischio di evoluzione in una
malattia proliferativa come il mieloma o la macroglobulinemia di Waldenstrom. Il rischio di trasformazione può essere
stimato nell'1% per anno. In uno studio a lungo termine su 1384 casi di MGUS diagnosticati e seguiti negli USA dalla
Mayo Clinic tra il 1960 ed il 1994, la probabilità di evoluzione neoplastica è stata del 10% a 10 anni, del 21% a 20 anni,
del 26% a 25 anni. Tra i fattori predittivi di trasformazione vi è il livello iniziale della componente monoclonale ed il
tipo IgA.
1
GESTIONE DEL PAZIENTE
Una MGUS non richiede alcun trattamento ma solo periodici esami di follow-up per monitorare una possibile
evoluzione. È fondamentale che il paziente comprenda la necessità di effettuare controlli periodici pur in assenza di
sintomi. Un possibile schema è:
1-controlli ogni 4 mesi nel primo anno:
- elettroforesi sierica
- immunofissazione urine
2-poi ogni 6 mesi e quindi, in presenza di stabilità, ogni 6-12 mesi:
- controllo radiologico di un segmento osseo se il dolore è persistente ad escludere osteolisi
PIASTRINOPENIA IDIOPATICA
INTRODUZIONE
La piastrinopenia idiopatica è una alterazione di origine autoimmune caratterizzata da una piastrinopenia isolata,
definita come un valore di piastrine inferiore a 100000/mm3. La diagnosi è fatta per esclusione dopo aver accertato
l’assenza di tutte le altre cause note di piastrinopenia.
La sua incidenza è più frequente nel sesso femminile ed è di circa di 6 casi per milione all’anno.
DIAGNOSI
Per porre la diagnosi di Piastrinopenia idiopatica è necessario eseguire i seguenti esami:





Esami ematochimici: emocromo, test di Coombs diretto, ANA, anticorpi anticardiolipina, antifosfolipidi,markers
epatite B e c, HIV, LDH, emocromo con sodio citrato come anticoagulante
Esami strumentali: eco addome, Rx torace
Anamnesi recente, con particolare riguardo all’assunzione di farmaci che possono avere effetto sulla conta
piastrinica, alla presenza di epatopatie, anamnesi familiare con attenzione alla presenza di piastrinopenie
Valutazione dello striscio di sangue periferico
Non è indicata, tranne in pazienti di età superiore a 60 anni, l’esecuzione dell’esame citologico del midollo
GESTIONE DEL PAZIENTE
La letteratura scientifica è concorde nell’affermare che la terapia non è indicata al di sopra delle 50000 /mm3, tranne
necessità di interventi chirurgici, traumi o altri fattori che predispongono a emorragie.
Nei casi senza fattori di rischio emorragici non è indicata terapia al di sopra delle 20000 piastrine.
Nell’adulto è spesso una malattia cronica , che va controllata periodicamente, ma che in un numero ridotto di casi
necessita di decisioni terapeutiche. Devono essere eseguiti periodicamente esami ematochimici, il controllo
dell’emocromo va eseguito urgentemente in caso di comparsa di manifestazioni emorragiche muco cutanee.
Terapia
La terapia è indicata in tutti i pazienti con Plts inferiori a 20000/ mm3, o con piastrine tra le 20000 e le 50000 con
manifestazioni emorragiche.
La terapia di prima scelta è la terapia steroidea, con schemi e dosaggi variabili.
E’ sconsigliato l’uso di FANS per la loro attività antiaggregante.
In caso di resistenza alla terapia steroidea o di recidiva della piastrinopenia alla sospensione dello steroide viene
valutata la indicazione alla splenectomia.
Sono in via di immissione in commercio nuovi farmaci stimolatori della trombopoiesi.
Follow up. Il programma di controllo attualmente prevede:
 esami ematochimici: emocromo con formula periodico ( ogni 6 mesi ), emocromo urgente in caso di comparsa di
manifestazioni emorragiche ( epistassi, sanguinamenti gengivali, petecchie, ecchimosi spontanee, … )
LINEE GUIDA
La più recente pubblicazione scientifica completa su diagnosi e terapia è: International consensus report on the
investigation and mangement of primary immune thrombocytopenia BLOOD, 2010, Jan 14;115:168-86.
2
TROMBOCITEMIA ESSENZIALE
INTRODUZIONE
La trombocitemia essenziale fa parte delle malattie mieloproliferative croniche Philadelphia negative. E’ un disordine
clonale, che si esprime prevalentemente con un incremento del valore delle piastrine dovuto ad un’iperplasia
megacariocitaria midollare, talvolta è presente anche una leucocitosi neutrofila, generalmente moderata, e/o
splenomegalia. L’incidenza è di 1-2,5 per 100.000 individui per anno, l’eta media è attorno ai 60 anni (con range 4080); rare ma presenti le diagnosi in pazienti con meno di 40 anni. In generale i rischi maggiori per i pazienti affetti da
trombocitemia essenziale sono gli eventi trombotici; fanno eccezione i pazienti con piastrine > 1.500.000/mmc, per i
quali sono prevalenti i rischi emorragici rispetto a quelli trombotici. Il rischio di evoluzione in leucemia acuta è dell’1%
ed in mielofibrosi idiopatica del 20% circa.
DIAGNOSI
La diagnosi di trombocitemia essenziale prevede:
- visita del paziente
- esami ematochimici generali
- esami ematochimici specifici (ricerca di mutazioni di Jak2)
- striscio di sangue periferico
- valutazione midollare (aspirato midollare e biopsia ossea)
- eco addome, Rx torace
I criteri diagnostici vengono sotto riportati (per una consultazione completa si rimanda alla “WHO Classification of
Tumor of Haematopoietic and lymphoid tissues, 2008”):
 numero di piastrine persistentemente maggiori o uguali a 450.000/mmc
 iperplasia midollare megacariocitaria
 assenza dei criteri WHO per policitemia vera, mielofibrosi idiopatica, leucemia mieloide cronica BCR-ABL
positiva, sindrome mielodisplastica, altre neoplasie mieloidi
 presenza di mutazione di Jak2 o altri marker di clonalità; in assenza di marker molecolari di clonalità deve essere
esclusa una piastrinosi reattiva
Per porre diagnosi di trombocitemia essenziale devono essere presenti tutti 4 i criteri diagnostici.
GESTIONE DEL PAZIENTE
Terapia. Le attuali linee guida prevedono che dopo la diagnosi non tutti i pazienti debbano iniziare terapia
CITORIDUTTIVA per ridurre il numero di piastrine. Viene riservata terapia citoriduttiva ai seguenti casi:
- pazienti con età > 60 anni
- pazienti di qualsiasi età con numero di piastrine > 1.000.000/1.500.000
- pazienti di qualsiasi età con anamnesi positiva per eventi trombotici/emorragici
I farmaci utilizzati in prima linea sono idrossiurea per pazienti > 40 anni, r-interferone 2b per pazienti < 40 anni.
A tutti i pazienti viene consigliata terapia ANTIAGGREGANTE, con le seguenti eccezioni:
- pazienti con valori di piastrine > 1.500.000/mmc (da iniziare quando la conta piastrina < 1.500.000/mmc)
- pazienti con intolleranza/allergia a acido acetil salicilico
- pazienti con anamnesi di eventi emorragici per valori di piastrine < 1.500.000/mmc
Follow up. Il programma di controllo prevede attualmente:
 anamnesi recente, con attenzione ad eventi ischemici, emorragici, disturbi del microcircolo, episodi infettivi,
sintomi secondari ad ingombro splenico, prurito
 visita medica con attenzione a splenomegalia
 esami ematochimici: emocromo con formula, LDH, creatinina, AST, ALT, ALP, gammaGT
 ecografia addominale
La frequenza dei controlli prevede:
1) 2) 4) ogni 6 mesi
3) esami ematochimici completi ogni 6mesi, emocromo mensile nei primi 6 mesi e ogni 2 mesi successivamente se
stabile con la terapia in atto.
LINEE GUIDA. Per una panoramica più completa dei criteri di diagnosi, trattamento si rimanda alla consultazione dei
Criteri WHO 2008.
3
LEUCEMIA LINFATICA CRONICA
INTRODUZIONE
La leucemia linfatica cronica (LLC) è una patologia prevalentemente del soggetto anziano, con picco d’incidenza tra i
60 e 70 anni.
DIAGNOSI
La diagnosi di LLC si avvale di semplici indagini effettuabili su sangue periferico: emocromo, tipizzazione linfocitaria,
esame morfologico. I criteri diagnostici per LLC sono riportati di seguito:
 Presenza di almeno 5X109/L B-Linfociti clonali nel sangue periferico
 Tipizzazione linfocitaria positiva per CD5, CD19, CD23, smIg a bassa intensità
 Presenza all’esame morfologico di linfocitosi caratterizzata da linfociti di aspetto maturo e presenza di ombre
nucleari (Ombre di Gumprecht).
Esistono due sistemi di stadiazione della malattia: quello di Rai e quello di Binet.
Classificazione di Rai
 Stadio 0
Presenza di sola linfocitosi assoluta.
 Stadio 1
Presenza di linfocitosi assoluta e adenomegalie, ma con assenza di epatosplenomegalia, anemia o
trombocitopenia.
 Stadio 2
Presenza di linfocitosi assoluta con possibilità di epatomegalia o splenomegalia, linfoadenopatie.
 Stadio 3
Presenza di linfocitosi assoluta e anemia (Hb<11g/dl) con possibilità di adenomegalie, epato o
splenomegalia.
 Stadio 4
Presenza di linfocitosi assoluta e trombocitopenia (<100.000/ml), con possibilità di linfoadenopatie,
epatomegalia, splenomegalia o anemia.
Classificazione di Binet
 Stadio clinico A
Vengono rilevate meno di tre aree di ingrandimento linfonodale senza anemia o
trombocitopenia (parzialmente sovrapponibile agli stadi 0, 1 e 2 di Rai).
 Stadio clinico B
Vengono rilevate tre o più aree di interessamento linfonodale, senza anemia o
trombocitopenia (parzialmente sovrapponibile agli stadi 2 e 3 di Rai).
 Stadio clinico C
Presenza di anemia e/o trombocitopenia, indipendentemente dal numero di aree linfonodali
interessate.
 E’ importante sottolineare che i pazienti in stadio A di Binet o 0 di Rai hanno una sopravvivenza mediana maggiore
di 10 anni. Secondo le linee guida internazionali IWCLL/NCI pazienti in stadio 0 di Rai o A di Binet, asintomatici,
non necessitano di alcun trattamento terapeutico e devono essere semplicemente monitorati nel tempo. Il
trattamento deve essere invece considerato in presenza di segni di malattia attiva.
* Linee Guida IWCLL/NCI Malattia Attiva
- Sintomi correlati alla malattia
- Linfocitosi progressiva con tempo di raddoppiamento linfocitario <6 mesi
- Evidenza di ‘insufficienza midollare’ (anemia, piastrinopenia)
- Anemia emolitica autoimmune/trombocitopenia non responsive ai corticosteroidi o altra terapia standard
- Linfoadenomegalie massive o progressive o sintomatiche
- Splenomegalia massiva (>6 cm dall’arcata costale) o progressiva o sintomatica
* Almeno uno deve essere presente
GESTIONE DEL PAZIENTE
Il programma di controllo attualmente prevede:

Anamnesi recente, con attenzione a febbre o episodi infettivi recidivanti, calo ponderale, sudorazione notturna
profusa, dolori fissi e continui, astenia invalidante
 Visita medica, con attenzione ad eventuali adenopatie superficiali palpabili (cm di diametro), epatomegalia e
splenomegalia (cm dall’arcata costale per il margine inferiore prima e dopo un inspirio profondo)
 Esami ematochimici: emocromo con formula, LDH, elettroforesi sieroproteica, creatinina, GOT, GPT, ALP, yGT,
beta2-microglobulina sierica, dosaggio Ig
Esami strumentali: eco addome
La frequenza dei controlli prevede:
4
1) 2) 3) ogni tre mesi per il I anno, ogni quattro mesi per il II e III anno, successivamente ogni sei mesi
4) ogni 2 anni
LINEE GUIDA
Per una panoramica più completa dei criteri di diagnosi, trattamento si rimanda alla consultazione delle linee guida
IWCLL/NCI-WG per la diagnosi e il trattamento della leucemia linfatica cronica (Hallek et al, Blood 2009).
LINFOMI HODGKIN E NON HODGKIN
INTRODUZIONE
I linfomi sono neoplasie del tessuto linfatico in cui, nel 90% dei casi la cellula neoplastica è il linfocita B e nel 10% la
cellula T. Mentre il linfoma di Hodgkin resta un’entità nosologica ben distinta, i linfomi non Hodgkin rappresentano un
gruppo molto eterogeneo di neoplasie con storie naturali molto diverse e diversa risposta alle terapie. La classificazione
WHO (ultima versione pubblicata nel 2008; v. allegato 1) identifica numerose entità nosologiche basandosi non solo su
criteri istologici, ma avvalendosi di metodiche di citogenetica e biologia molecolare. Tuttavia, ogni singola entità
mantiene le caratteristiche di malattia a basso o ad alto grado di malignità, concetto presente in alcune delle vecchie
classificazioni. Tale concetto è ancora utile per l’approccio clinico in fase di stadiazione e perchè facilmente recepito
dal paziente quindi utilizzabile nel corso del colloquio informativo.
I linfomi a basso grado di malignità si caratterizzano per:
- progressione indolente della malattia
- sintomatologia spesso assente
- diagnosi talora occasionale
- elevata difficoltà nell’ottenere un’eradicazione della malattia
- comportamento simile a quello di una malattia cronica.
I linfomi aggressivi si caratterizzano:
- per la rapidità nella progressione di malattia
- per la sopravvivenza di pochi mesi in assenza di trattamento
- per essere guaribili in una buona percentuale di casi, con l’utilizzo di schemi terapeutici a media o elevata intensità.
DIAGNOSI
La diagnosi di linfoma di Hodgkin o non Hodgkin non può prescindere dall’esame istologico (biopsia chirurgica)
Il prelievo va fatto sul linfonodo più grosso, se possibile non inguinale, e deve essere il più ampio possibile
(possibilmente l’intero linfonodo) per garantire la possibilità di eseguire tutti gli esami di immunoistochimica o biologia
molecolare necessari a formulare una corretta diagnosi secondo i criteri della classificazione WHO
L’agobiopsia eco guidata può essere considerata “accettabile” in determinate situazioni (sede profonda della malattia,
condizioni cliniche del paziente) in cui non è possibile ottenere un campione chirurgico
L’esame citologico su agoaspirato linfonodale può far porre il sospetto di linfoma, ma non è mai diagnostico. E’
pertanto da evitare per non generare dannosi ritardi nella formulazione della diagnosi e per il rischio di falsi negativi
Stadiazione
Dopo aver ottenuto la diagnosi è necessario procedere all’esecuzione di una serie di esami clinico-strumentali per
attribuire uno stadio alla malattia secondo la classificazione di Ann Arbor sotto riportata:










Esame obiettivo completo
Esami ematochimici ( emocromo, funzionalità epatica e renale, LDH, B2 microglobulina)
Ricerca del sangue occulto fecale
Visita ORL per valutazione dell’ anello di Waldayer
Tac torace addome pelvi con mdc
PET
BOM/ aspirato midollare
EGDS (se SOF positivo o se compromissione anello di Waldayer)
Rachicentesi (in casi selezionati)
Altri esami strumentali (es. colonscopia, RMN rachide…) se clinicamente indicati
Stadiazione secondo Ann Arbor
5




Stadio I
Coinvolgimento di una singola regione linfatica (I) o coinvolgimento localizzato di un singolo organo
o sede extralinfatica (IE).
Stadio II
Coinvolgimento di due o più regioni linfonodali localizzate nella stessa parte del diaframma (II), o
coinvolgimento localizzato di un singolo organo o sede extralinfatica e una o più regioni linfatiche dalla stessa
parte del diaframma (IIE).
Stadio III Coinvolgimento di regioni linfonodali da entrambe le parte del diaframma (III), che può essere
accompagnato da coinvolgimento localizzato di un organo o sede extralinfatica (IIIE), o coinvolgimentosplenico
(IIIS), o da entrambi (IIIE+S).
Stadio IV Coinvolgimento diffuso o disseminato di uno o più organi o sedi extralinfatiche con o senza
coinvolgimento linfatico associato. Gli organi coinvolti devono essere identificati da una lettera: H per fegato, L
per polmone, M per midollo osseo, P per pleura, O per osso, D per cute.
GESTIONE DEL PAZIENTE
Terapia
Nei linfomi di Hodgkin e nei linfomi non Hodgkin aggressivi è sempre necessario un trattamento chemioterapico cui si
può associare l’utilizzo di anticorpi monoclonali e/o la radioterapia secondo precise indicazioni.
Nei linfomi non Hodgkin indolenti, in casi selezionati, è possibile seguire una strategia di vigile attesa rinviando l’inizio
di una terapia specifica alla comparsa di sintomatologia locale o sistemica o all’incremento progressivo del volume o
del numero delle sedi di malattia.
Valutazione della risposta alla terapia
(secondo Revised Response Criteria for Malignant Lymphoma) Cheson BD et alm J Clin Oncol 2007; 25: 579-586.





Remissione Completa (RC): assenza di ogni segno clinico e radiologico di malattia con scomparsa di tutte le sedi di
malattia presenti in TAC e PET e all'esame obiettivo. Scomparsa dell'infiltrazione midollare.
Remissione Parziale: riduzione delle adenopatie superiore al 50% nelle 6 localizzazioni più importanti e stabilità
delle restanti masse. Presenza in PET post-terapia di almeno una delle localizzazioni precedentemente rilevate.
Ininfluenza della localizzazione midollare.
Malattia Stabile: sostanziale stazionarietà delle masse presenti alla diagnosi senza comparsa di nuove lesioni.
Progressione: un aumento superiore al 50% delle dimensioni delle lesioni linfomatose presenti all'inizio del
trattamento e/o comparsa di nuove localizzazioni.
Follow up
Dopo il raggiungimento della remissione il follow up prevede i seguenti controlli che sono consigliabili ogni 4 mesi nei
primi 2 anni dalla remissione; ogni 6 mesi dal III anno fino al V anno e poi ogni anno fino al X anno:
Anamnesi recente: con particolare riferimento alla eventuale presenza di sintomi sistemici (febbricola, calo ponderale,
sudorazioni notturne), prurito, episodi infettivi ricorrenti o a lenta risoluzione
 visita ed esame obiettivo valutando in particolare le stazioni linfonodali superficiali (riportando il diametro
linfonodale espresso in cm); eventuale presenza di epato- splenomegalia (riportando i cm dall'arcata costale a
riposo e dopo un inspirio profondo)
 esami ematochimici: emocromo, VES, LDH, AST, ALT, ALP, gGT, uricemia, creatinina, glicemia, elettroforesi
sierica, B2 microglobulina
 Tac torace addome pelvi con mdc
 Altri esami strumentali mirati al monitoraggio di sedi particolari di localizzazione del linfoma: es. RMN
rinofaringe, RMN rachide, EGDS con biopsie random, mammografia e/o eco mammaria…
LINEE GUIDA
Per una panoramica più completa dei criteri di diagnosi, trattamento si rimanda alla consultazione della Classificazione
WHO 2008
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