IL MESSAGGIO DELLE STELLE Racconto di Beatrice Matei “Le stelle hanno la loro storia. Che sia bella o brutta, ce l’hanno comunque. E' come per i pianeti: hanno una vita lunghissima e sanno tutto della realtà, dell’Universo. Cose che noi semplici esseri umani, niente al loro confronto, non possiamo neanche immaginare. Noi siamo gli abitanti del pianeta, loro sono gli abitanti dell’Universo. Noi abbiamo i sogni e le speranze, loro invece no, non ne hanno bisogno, hanno l’eternità. Peccato che noi, di questa eternità, non ne faremo mai parte.” Con un colpo secco chiudo il mio diario di astronomia con gli appunti e i pensieri che aggiorno da quasi un anno. Ce l’ho da quando ho scoperto la parola “eternità”, un concetto che non realizzerò mai cosa voglia comunicare. Una vita senza la morte? Giovinezza senza vecchiaia? Un luogo senza confini? Se lo chiedessi a delle persone, tutte mi darebbero una diversa personale interpretazione. Sono seduta alla mia scrivania e fisso la copertina del diario con aria assente. La luce fioca della lampada illumina il mio mappamondo e il portapenne, creando strane ombre sul tavolo. L’orologio comincia a innervosirmi con il suo ticchettio insistente e lo sfrusciare delle tende che danzano davanti alla finestra aperta nell’invisibile brezza serale mi danno una sensazione di ansia. E non riesco a capire perché. Mi alzo lentamente e mi avvicino al mio fedele telescopio professionale di fronte alla finestra. Mi è stato regalato per Natale perché lo desideravo da tempo e adesso non riesco più a staccarmi da esso. Regolo l’obbiettivo per mettere meglio a fuoco il cielo ed ecco: un’enorme mantello scuro illuminato da miliardi di puntini che non si vedrebbero ad occhio nudo a causa dell’inquinamento. Una volta sono andata al Planetario, ma non era niente al confronto a quel spettacolo. È meraviglioso. Prendo il mio registratore tascabile e lo avvicino alla bocca. <<Ore 19.13, stella cadente in vista ad ovest>>. Finito di registrare quel fatto, mia madre entra in camera con un espressione scocciata. Mi spavento per quella irruzione e mi cade il registratore di mano, ma dopo averlo raccolto da terra e premuto il tasto PLAY, mi tranquillizzo. Funziona ancora. <<Vanessa, ti sto chiamando da dieci minuti. E’ pronto in tavola>>., mi sgrida. Posa lo sguardo sul telescopio e sbuffa: <<Dovresti studiare cose più importanti invece che dedicare il tuo tempo a sciocchezze come le stelle>>. Mi sento offesa. <<Le stelle non sono delle sciocchezze, mamma. Sono pianeti…, pia illuminati, con i loro segreti>>. Ritorno a guardare nel telescopio. La mamma si avvicina e si siede sul bordo del letto. <<Non è questo quello che intendo, lo sai bene Vanessa. Vorrei che tu ti dedicassi a qualcosa che ti potrebbe servire in futuro. Studiare le stelle non serve a niente, è solo un semplice passatempo>>. Comincio a maneggiare più intensamente il telescopio. <<Non è un semplice passatempo. E’…>> M’interrompo, sbigottita. Metto meglio a fuoco l’obbiettivo, girato verso est, e rimango senza parole. <<Vanessa? Che succede?>>, mi chiede mia madre, preoccupata. <<Vieni a vedere>>, rispondo soltanto. Sono sicura. Le stelle non erano disposte così prima, lo avrei notato. Invece non riesco a credere ai miei occhi, secondo me sto cominciando a delirare. Un gruppo di stelle hanno formato due lettere, una dopo l’altra: I N. Mia madre si avvicina e la lascio guardare. Resta ferma per qualche secondo poi mi guarda e alza gli occhi al cielo. <<Molto divertente, Vanessa>>. Alzo le sopraciglia, sorpresa. <<Cosa?>> <<Non c’è niente da vedere>>. <<Le stelle, mamma>>. Impossibile non notare il tremito e il panico nella mia voce. <<Le stelle hanno formato due lettere: la I e la N. Non c’erano prima>>. Lo sguardo della mamma si fa subito preoccupato e mi appoggia la mano sulla fronte. <<Non penso che tu abbia la febbre, ma penso che sia meglio che tu ti rilassi. Stenditi sul letto. Vado a prepararti un tè>>. <<Mamma! Sto parlando sul serio. Ci sono>>, insisto. <<Vanessa,>> mi richiama, guardando di nuovo nel telescopio, <<non c’è niente!>> Si sposta ed io ritorno a guardare a est. Mia madre mi raccomanda che mi metta a letto ma io non l’ascolto. L’unica cosa sulla quale mi concentro sono le stelle. Leggo e rileggo quelle due lettere che solo io posso vedere: I N. La confusione si è già impossessata di me e mi rendo conto che forse dovrei smetterla con le stelle. Ma questa storia sta andando avanti ormai da tre sere ed io non ne ho più parlato con mia madre. In seguito alle lettere I e N ne sono apparse altre. Sono apparse la F e la I, la N e di nuovo la I. Perciò continuo a guardare le stelle, non riesco a smettere. Ma questa notte no, me lo sono imposta da sola. Sono le undici e mezza. Il rumore della pioggia che batte contro i vetri della finestra non mi aiuta affatto e sono più sveglia che mai. Sento l’ansia crescermi dentro ogni secondo che passa e la paura, come succedeva quando ero piccola, s’impossessa di me. Un lampo illumina l’intera stanza e un forte tuono fa vibrare i vetri. Mi copro la testa con la coperta e rimango così per qualche minuto. Il temporale sembra non voler smettere. Un rumore assordante mi fa sobbalzare dallo spavento. Mi tolgo la coperta di dosso e vedo che le finestre si sono spalancate, le tende volano impazzite e il telescopio è caduto per terra, saltato via dal suo supporto. Mi alzo subito per andare a chiudere le finestre ma quando guardo fuori, bagnata dalla violenta pioggia che entra in casa, vedo che l’acquazzone inizia ad acquietarsi. Sembra che al mio respiro sconvolto, il temporale cominci ad attenuarsi e il cielo cominci via via ad aprirsi. E quando il mio respiro inizia finalmente a farsi più regolare e il cielo a schiarirsi, allora noto altre due lettere formate dalle stelle, e questa volta le vedevo ad occhio nudo: T e O. Finalmente tutte le tessere del puzzle sono al loro posto. Tremante e bagnata, non riesco a nascondere un sorriso. <<INFINITO>>, sussurro, sbalordita e trionfante. Allora è come se le altre stelle s’illuminino di fronte alle mie parole e io posso leggere perfettamente il loro messaggio: INFINITO. Intanto la pioggia è ritornata, e più forte di prima, e questa volta sembra un diluvio. Eppure le stelle rimangono ben visibili. Sono addirittura diventate più grandi e sembrano così vicine, così grandi e vicine da riuscire a vederle nonostante un cielo tanto carico, denso e scuro, tanto vicine che sembrano che stiano per cadermi addosso… Mi desto di soprassalto. È un tutt’uno lo spalancarsi di colpo della porta e il panico che colgo nella voce di mia madre. <<Vanessa! Vanessa!>>, urla. Ma non riesco a girarmi, sono attratta solo dalle stelle che mi cadono addosso e mi risucchiano. E io ne sono così attratta e sento però pure la voce di mia madre. Ma il problema è che non trovo proprio la forza di girarmi. E mia madre continua a gridare, la sua voce penetra nelle mie orecchie, è forte, lacerante ma è inutile. Sono gli occhi e ciò che vedono che hanno la meglio, mi avvincono, m’incatenano e mi trascinano. Una forza invisibile mi alza dal pavimento bagnato, portandomi su, su, verso le stelle, verso una stella in particolare. Mi sento così leggera. Sento una pace avvolgermi il cuore e sorrido, sorrido. Sto diventando una stella. Mia madre urla il mio nome dalla finestra, la sua voce è disperata ma si fa sempre più lontana: non sa che quello che cercavo l'ho appena trovato. Non sa che noi saremo insieme per l’eternità. Non sa che l’eternità è l’infinito e che l’infinito è l’amore.