Foglio di
informazione
professionale
Nr. 158
28/09/2006
Ferro: un metallo “prezioso”
Il ferro è un metallo prezioso per l’uomo. Viene utilizzato per il trasporto di ossigeno, come veicolo di
elettroni e come catalizzatore di reazioni biochimiche essenziali per la crescita e la proliferazione cellulare.
Fisiologicamente, il ferro è presente quasi sempre come ione ferroso (Fe++) o ferrico (Fe+++). Poiché
entrambi gli ioni sono molto reattivi, il ferro è legato a proteine di trasporto (transferrina), di deposito
(ferritina) o componente di complessi funzionali (ferro-porfirine, metallo-enzimi). Il legame con le proteine
impedisce che il ferro ionizzato intervenga in reazioni che possano danneggiare le strutture cellulari.
Nell’organismo, la quantità di ferro è strettamente controllata per evitare sia una progressiva deplezione dei
depositi intracellulari che può condurre all’anemia sideropenica, sia un accumulo che ecceda le capacità di
immagazzinamento e provochi lesioni irreversibili a carico soprattutto del fegato, del pancreas e del cuore.
Metabolismo
Il midollo osseo e gli eritrociti del sangue circolante o degli spazi extravascolari (es. milza) formano un
complesso funzionale chiamato eritrone. L’eritrone comprende la maggior parte del ferro totale (3,5g nei
maschi; 2,5g nelle femmine) e ne costituisce la principale sede di metabolizzazione. La via metabolica
consiste in un flusso unidirezionale del ferro dalla transferrina all’eritrone e di qui al sistema monocitomacrofagico e di nuovo alla transferrina plasmatica. Una caratteristica del metabolismo marziale è un riciclo
efficiente del ferro dagli eritrociti appena distrutti dai macrofagi a quelli di nuova formazione nel midollo
osseo. Pertanto, solo una piccola parte del ferro corporeo totale viene acquisito o perso ogni giorno. Il
bilancio del ferro è il risultato della differenza tra la quota assorbita e quella eliminata. Poiché l’organismo è
incapace di eliminare attivamente il ferro, il suo bilancio è regolato esclusivamente dal controllo
dell’assorbimento intestinale. I due principali fattori che ne influenzano l’assorbimento sono la quantità di
ferro nei depositi e il livello di attività eritropoietica. Se i depositi del metallo diminuiscono, l’assorbimento
aumenta e viceversa. L’assorbimento aumenta anche con l’aumento dell’attività eritropoietica, sia in
condizioni fisiologiche (es. gravidanza) che patologiche, caratterizzate da eritropoiesi inefficace. In queste
condizioni, l’aumentato assorbimento intestinale deve essere sostenuto da un adeguato apporto alimentare e,
se necessario, farmacologico. In caso contrario, il bilancio marziale diventa negativo, passando da una
iniziale diminuzione del ferro di deposito senza un abbassamento dei livelli di emoglobina (“deplezione di
ferro”), fino all’esaurimento delle riserve marziali e alla ridotta produzione di emoglobina (anemia
sideropenica).
Carenza
La carenza di ferro è la causa più comune di anemia e può dipendere da diversi fattori.
Aumento del fabbisogno. Nei bambini e negli adolescenti, il fabbisogno di ferro per la crescita può superare
l’apporto dagli alimenti o dalle riserve dell’organismo. Alla nascita, la dotazione di ferro è determinata
soprattutto dalla concentrazione di emoglobina e dal peso corporeo. I bambini nati da madri con anemia
sideropenica o quelli prematuri, con un peso più basso alla nascita ed una più rapida velocità di crescita,
presentano un rischio maggiore di carenza marziale. La richiesta di ferro rimane elevata per i primi 2 anni di
vita, per poi ridursi progressivamente e aumentare ancora durante lo scatto di crescita dell’adolescenza. Nei
giovani, anche una moderata carenza di ferro, non ancora tale da indurre anemia, può provocare un deficit
delle funzioni cognitive (riduzione dell’attenzione e dell’apprendimento). I meccanismi non sono noti, ma
alcuni studi in modelli animali e nel bambino hanno evidenziato una associazione tra carenza di ferro e
alterato metabolismo dei neurotrasmettitori. Un’altra condizione fisiologica caratterizzata da una elevata
richiesta di ferro è la gravidanza. In questo periodo, il ferro viene utilizzato per soddisfare le richieste
marziali del feto, è contenuto nel cordone ombelicale e nella placenta ed è presente nel sangue perso al
momento del parto. In totale, in gravidanza, sono richiesti circa 1.000 mg di ferro in più rispetto al normale
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fabbisogno dell’organismo materno. Questa richiesta eccede la riserva marziale di circa 500 mg e spiega
l’elevato rischio di sideropenia in gravidanza. Nelle donne in buona salute non è, comunque, necessaria una
somministrazione sistematica di ferro. Quelle a rischio di anemia (per il fatto di avere mestruazioni
abbondanti o una dieta povera di ferro) devono essere monitorate con regolari controlli dell’emocromo e
della ferritina. Valori di emoglobina <11g/dl e di ferritina <12ng/ml sono indicativi di anemia sideropenica
che richiede un trattamento specifico. Concentrazioni di ferritina <50ng/ml nel primo trimestre, anche con
livelli di emoglobina normali, richiedono una profilassi marziale (50-60 mg di ferro elementare al giorno)
fino al termine della gravidanza e in puerperio. Se la ferritina è >80ng/ml non è necessaria alcuna
integrazione.
Perdite di sangue. Più del 20% delle donne in età fertile presenta una significativa riduzione delle riserve
marziali a causa di mestruazioni molto abbondanti. Le perdite mestruali tendono a diminuire con i
contraccettivi orali, ma possono aumentare con l’uso della spirale. Negli uomini e nelle donne in
postmenopausa, una carenza di ferro è quasi sempre dovuta ad un sanguinamento gastrointestinale. Le
lesioni emorragiche sono più spesso provocate da ernie iatali, varici esofagee o ulcere peptiche, ma un deficit
di ferro può essere il primo segno di una neoplasia gastrointestinale occulta. L’assunzione cronica di alcolici
o di antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’aspirina (anche a basse dosi come antiaggregante
piastrinico) può indurre o peggiorare il sanguinamento.
Dieta povera e scarso assorbimento. Gli alimenti di origine animale, ricchi di emoglobina, come la carne
rossa, il pollame, il pesce, contengono ferro bivalente che viene assorbito tra il 15 e il 35% della quota
ingerita. Nella verdura, nei legumi, nella frutta è presente ferro trivalente che viene assorbito in misura
inferiore (2-20%). Sfatato il mito degli spinaci (l’acido ossalico che contengono riduce l’assimilazione di
Fe+++), va detto che, al di là delle percentuali, una dieta equilibrata è in grado di fornire il necessario
fabbisogno di ferro. Il contenuto marziale di una normale dieta occidentale è funzione delle calorie e pari a 57mg di ferro/1.000 calorie. Diete ipocaloriche, vegetariane o ad alto contenuto di latte sono relativamente
povere di ferro e possono risultare insufficienti nei momenti di aumentata richiesta. Un ridotto assorbimento
intestinale di ferro è poco frequente ed è associato a malattie gastroenteriche come il morbo celiaco o il
morbo di Crohn.
Trattamento
Nei pazienti con anemia sideropenica, il ferro per via orale è il trattamento elettivo per efficacia, sicurezza ed
economicità. La preferenza va data ai sali bivalenti (solfato o gluconato ferroso), meglio assorbiti di quelli
trivalenti (es. ferromaltoso, ferrigluconato). L’assunzione va fatta lontano dai pasti e da antiacidi,
tetracicline, chinolonici, levodopa, in 2 o 3 dosi frazionate, per un totale giornaliero di 100-200mg di ferro
elementare negli adulti e di 3mg/kg nei bambini [60mg di ferro elementare sono contenuti in 300mg di
solfato ferroso (∼20%) e in 500mg di gluconato (∼12%)]. Dopo la normalizzazione dei valori di emoglobina,
la somministrazione di ferro deve continuare per altri 3 mesi sino a ricostituire i depositi, misurabili con una
concentrazione di ferritina >50ng/ml. Nelle forme di deplezione marziale accertata, possono essere
sufficienti 50-60mg di ferro elementare al giorno. Alcuni preparati contengono vitamina C per favorire
l’assorbimento del ferro; il vantaggio terapeutico è, però, minimo a fronte di un incremento dei costi.
L’inclusione di altri principi attivi, come le vitamine del gruppo B, non è giustificata, fatta eccezione per
l’acido folico in gravidanza. Il ferro orale risulta generalmente ben tollerato, ma il 10-20% dei pazienti
lamenta disturbi gastrointestinali. Diarrea e stitichezza possono essere trattate con farmaci sintomatici e non
richiedono una modifica della terapia. Nausea, vomito e dolore epigastrico che insorgono a distanza di circa
1 ora dall’assunzione del ferro sono, invece, correlati alla concentrazione del metallo nello stomaco e nel
duodeno e richiedono un adattamento della posologia. In questi casi, è consigliabile dimezzare le dosi e
assumere il ferro insieme o subito dopo i pasti; dopo un periodo a dosi ridotte, spesso i pazienti sono in
grado di riprendere la terapia a dosaggio pieno.
Per evitare il rischio di pericolose intossicazioni accidentali, una raccomandazione da rivolgere ai pazienti è
quella di tenere i preparati di ferro chiusi ermeticamente e fuori dalla portata dei bambini.
A cura del dott. Mauro Miselli
Bibliografia
- Nutritional agents and vitamins: iron. The Martindale. The Complete Drug Reference. 34th edition. Pharmaceutical Press 2005.
- Sangue e nutrizione. Anemie da carenza di ferro. Guida all’uso dei farmaci. Agenzia Italiana del Farmaco, anno 2005, n. 3.
- Finazzi G. Ferro: a chi, come, quando? IsF 1997; 21:78-82.
- Hoffman R et al. Hematology. Basic Principles and Practice, 3rd ed. ch26. Disorders of iron metabolism: iron deficiency and overload. Churcill
Livingstone, Harcourt Brace & Co, New York 2000.
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