ANCI LOMBARDIA – FONDAZIONE CARIPLO – PROGETTO AGENDA 190
APPUNTI PER UNA TASSONOMIA DELLA CORRUZIONE (versione 28_5_2015)
1.
COSA INTENDIAMO PER TASSONOMIA? .......................................................................................... 1
2.
L’ORGANISMO DA “DESCRIVERE”: MODELLI DI RAPPRESENTAZIONE DELLA CORRUZIONE ................ 1
2.1. COMINCIAMO DA KLITGAARD ......................................................................................................... 1
2.2. IL MODELLO PRINCIPALE – AGENTE ................................................................................................. 2
2.3. TRIANGOLO DELLA CORRUZIONE..................................................................................................... 3
2.4. L’ETICA DEL “DONO INTERESSATO” ................................................................................................. 4
3.
UN PRIMO TENTATIVO DI TASSONOMIA ......................................................................................... 5
1. COSA INTENDIAMO PER TASSONOMIA?
Non credo che un fenomeno come la corruzione possa essere facilmente “classificato” nel modo in cui si
classificano gli organismi viventi. Ciascun organismo vivente, oltre a poter essere classificato in base alle
sue caratteristiche morfologiche, è classificato anche in base alla sua appartenenza a insiemi che includono
altri individui (specie, genere, famiglia … classe … regno, ecc …).
Anche la corruzione può essere assimilata ad altre tipologie di reato (ha, per esempio, dei tratti in comune
con l’estorsione e con il furto). Tuttavia, la corruzione è un fenomeno molto complesso, che dipende da
fattori individuali, culturali, economici, organizzativi, legislativi. E quindi, la prima cosa da fare è capire
“cosa c’è dentro” la corruzione. Solo in secondo tempo, si potrà eventualmente cercare di inserire le
diverse tipologie di reato in classi “tassonomiche” omogenee.
Quindi “tassonomia” è un termine che potremmo (associato alla corruzione) per indicare il tentativo di
individuare gli elementi costitutivi dei comportamenti orientati alla corruzione e di descrivere il modo in cui
questi elementi sono connessi fra loro.
2. L’ORGANISMO DA “DESCRIVERE”: MODELLI DI RAPPRESENTAZIONE DELLA
CORRUZIONE
Il nostro tentativo dovrebbe essere questo: “smembrare” la complessità della corruzione in una serie di
elementi minimi, che la caratterizzano e la differenziano (o la avvicinano) ad altri fenomeni. Tuttavia, prima
di cominciare a “smontare” la corruzione, dobbiamo sapere esattamente COSA dobbiamo smontare. Nel
caso degli organismi viventi, l’oggetto di studio è sempre abbastanza definito (se si dispone di un campione
sufficientemente amplio di individui da analizzare): è facile capire dove “comincia” e dove “finisce” un
uccello. Ma dove “comincia” e “finisce” la corruzione? In pratica, abbiamo bisogno di scegliere dei modello,
per descrivere questo fenomeno.
2.1. COMINCIAMO DA KLITGAARD
Tutte le volte in cui si parla di corruzione, si cita la famosa “equazione di Klitgaard”:

C = M + D –A
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Questa formula, però, non ci dice “di cosa è fatta” la corruzione. C, infatti, indica il “livello di corruzione” di
un sistema e stabilisce che tale livello è aumenta in presenza di monopoli (attività che vengono svolte
esclusivamente dallo stato) e di discrezionalità (possibilità di decidere senza vincoli), mentre diminuisce se
vi è Accountability (cioè alla necessità di dover “rendere conto” delle proprie scelte e del proprio operato; il
concetto di Accountability mi sembra riassuma i concetti di “trasparenza” e “controllo”). La formula di
Klitgaard pone un vincolo ai modelli descrittivi della corruzione: tali modelli devono essere coerenti con le
previsioni della formula, devono cioè descrivere la corruzione come un qualcosa che cresce al crescere di M
e D e diminuisce, quando A aumenta.
2.2. IL MODELLO PRINCIPALE – AGENTE
Questo modello è certamente compatibile con la formula di Klitgaard, perché (banalmente) Klitgaard ha
sviluppato la sua formula proprio avendo in mente il modo in la corruzione è rappresentata in tale modello.
E’ un modello di tipo economico, che studia cosa succede quando un soggetto (il Principale) deve delegare
delle attività ad un secondo soggetto (l’Agente). Il modello è nato per studiare i “costi di agenzia” (cioè i
costi che una azienda deve sostenere, quando decide di affidarsi ad un agente), ma può essere applicato
anche allo studio dei rapporti fra Pubblica Amministrazione e dipendente pubblico
Figura 1 - Il Modello Principale - Agente
Il Principale (la pubblica amministrazione), seleziona e delega un Agente (cioè il dipendente pubblico) alla
gestione di una parte delle proprie attività. La relazione Principale – Agente è caratterizzato da asimmetrie
informative, sfavorevoli per il principale:
•
il Principale non è in grado di valutare tutte le capacità e l’onestà dell’Agente, prima di averlo
delegato ad agire;
•
il Principale non può controllare puntualmente tutte le azioni e le decisioni dell’Agente
Le asimmetrie informative non possono essere eliminate (ma solo attenuate) e possono condurre a:
•
Selezione Avversa: il Principale affida il ruolo di Agente alla persona sbagliata;
•
Azzardo Morale: L’Agente sfrutta il vantaggio informativo, per massimizzare il proprio guadagno a
discapito degli interessi del Principale.
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Il modello permette di descrivere la corruzione come un azzardo morale, in cui l’Agente, sfruttando il
vantaggio informativo, il potere e la discrezionalità di cui dispone, favorisce gli interessi di un terzo soggetto
(a discapito dell’interesse del Principale), per ricavarne un beneficio economico.
Questo modello spiega bene il ruolo del dipendente pubblico, ma non spiega particolarmente bene:
1. cosa distingue l’azzardo morale “corruzione” da altri azzardi morali (ad esempio dall’azzardo
morale di un dipendente che “vende” informazioni riservate alla concorrenza);
2. Il rapporto che intercorre fra l’Agente (il dipendente pubblico) e il corruttore (nell’ambito della
teoria, tale rapporto è rappresentato in due modi diversi: il corruttore è un “secondo principale”,
oppure il corruttore è un “cliente”).
Questi aspetti possono essere spiegati meglio, attraverso ulteriori modelli
2.3. TRIANGOLO DELLA CORRUZIONE
Ho elaborato questo semplice modello scrivendo le Linee Guida di ANCI Lombardia per la prevenzione della
corruzione nei Comuni, per facilitare la tenuta sotto controllo delle diverse aree di impatto degli eventi
corruttivi. E’ un modello che si ispira non all’economia, ma alla gestione del rischio. In particolare, alla
prevenzione degli incendi. Un incendio è una reazione chimica che scatenata dalla presenza simultanea di
tre fattori:
1. Un combustibile (qualcosa che può prendere fuoco)
2. Un Comburente,(qualcosa che alimenta il fuoco
3. Un innesco (qualcosa che accende il fuoco)
Anche la corruzione, al pari degli incendi, può essere rappresentata come la somma di tre elementi:
persone, processi e interessi privati, come proposto dalla tabella seguente:
INCENDIO
CORRUZIONE
Reazione chimica, tra:
Evento che coinvolge
Un combustibile (es. legno, carta, gas…), che può
bruciare
Persone («fatte»
comportamenti)
Un comburente (aria), «dentro cui» si può
sviluppare l’incendio.
Un processo di interesse pubblico «dentro il quale»
può avere luogo la corruzione
di
bisogni,
valori,
scelte,
In presenza di ….
Un innesco (es. una fiamma)
Interessi privati (=non pubblici)
La corruzione,quindi, è un certo modo di scegliere e di agire all’interno dei processi pubblici, per favorire
degli interessi privati. Gli elementi costitutivi della corruzione possono essere rappresentati visivamente
attraverso un “triangolo della corruzione”, anch’esso affine al “triangolo della combustione”:
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Questo modello è compatibile con la formula di Klitgaard: infatti, se M è elevato, la presenza di processi
gestiti in monopolio “attira” gli interessi privati; se D è elevata, è più facile scegliere di “deviare” i processi
pubblici verso gli interessi privati; mentre livelli elevati di Accountability consentono di individuare gli
interessi privati che rischiano di interferire con gli interessi pubblici e di sanzionare gli abusi commessi nella
gestione die processi
2.4. L’ETICA DEL “DONO INTERESSATO”
E’ un modello che potremmo sviluppare, per spiegare che tipo di relazione intercorre fra corrotto e
corruttore. Il corruttore non è un “Secondo Principale”, altrimenti il corrotto sarebbe tentato di tradirlo, per
massimizzare i propri guadagni. Invece, il corrotto e il corruttore devono essere (uno verso l’altro) dei
partners affidabili, per ricavare il maggior guadagno possibile dalla corruzione. Il ruolo del corrotto sembra
essere più simile al ruolo del cliente: il corrotto “acquista”, pagando una tangente (denaro o altre utilità), la
garanzia che il dipendente pubblico corrotto gestirà i processi per favorirlo. Ma che funzione hanno le
tangenti date o promesse dal corruttore?
Per certi aspetti, la "tangente"sembra avere la stessa funzione e lo stresso valore della "caparra" nelle
compravendite immobiliari: serve per rendere visibile l'interesse verso un bene detenuto da un terzo e
vincolarne la libertà di scelta. Con la "caparra" il possibile acquirente dimostra il proprio interesse ad
acquistare un bene e il venditore, accettando la caparra, non è più libero di vendere il proprio bene ad altri.
Anche il dipendente pubblico, accettando la tangente è vincolato ad agire favorendo gli interessi del
corruttore. Tuttavia, se si guarda meglio, una tangente è molto diversa da una caparra e la corruzione è
molto diversa dalle compravendite immobiliari. Infatti, nel caso delle compravendite, gli agenti razionali,
dopo il versamento della caparra, definiscono di norma un preliminare di vendita (o qualche altro
contratto), che stabilisce delle penali in caso di mancato acquisto o mancata vendita, al fine di rendere per
entrambe le parti economicamente più vantaggioso concludere la compravendita e disincentivare le scelte
non cooperative. Nella corruzione questo non accade. Anche se corrotto e corruttore devono "cooperare"
per realizzare una attività di tipo illecito, nessun contratto può essere stipulato. In che modo, allora, i
partecipanti al "gioco della corruzione" possono garantirsi da eventuali "defezioni"?
Alla base degli accordi corruttivi ci potrebbe essere un vincolo che non è finalizzato a massimizzare gli utili,
ma a "pareggiare le perdite". Questo vincolo si basa sulla logica del "dono interessato". Il dono interessato
è un ricatto: chi lo riceve sa che dovrà ricambiare. Il dono crea un "debito", che dovrà essere ripagato.
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L'etica del dono interessato è vincolante e garantisce la buona riuscita dell’accordo corruttivo: se il
dipendente pubblico chiede o accetta il dono, allora "deve" anche ricambiare al dono (favorendo il
corruttore), per non avere debiti.
Anche questo modello mi sembra compatibile con la formula di Klitgaard: in presenza di monopoli e
discrezionalità, il “dono interessato” è il sistema più sicuro per ricavare il massimo profitto dai processi
pubblici, mentre un aumento dell’Accountability rende il dono rischioso (il dipendente pubblico potrebbe
essere scoperto e non riuscire a “ripagare” il proprio debito)
3. UN PRIMO TENTATIVO DI TASSONOMIA
I modelli che abbiamo considerato (Principale Agente, Triangolo della Corruzione e Dono Interessato), ci
permettono di individuare alcuni elementi costitutivi della corruzione: scelte, processi, interessi privati,
dono, ecc … Di seguito un primo elenco di tali elementi:
•
DONO = la corruzione si basa sulla logica del “dono interessato”
•
SCAMBIO = nella corruzione, corrotto e corruttore si scambiano utilità: tangente (dono interessato)
in cambio di un “trattamento di favore”
•
FIDUCIA = se corrotto e corruttore non si fidano uno dell’altro, non ci può essere accordo corruttivo
•
REGOLE = la corruzione è violazione o raggiro delle regole.
•
SCELTA = la corruzione interferisce con le scelte compiute dall’agente pubblico
•
ASSETTO ORGANIZZATIVO = la corruzione può essere favorita dal modo in cui, in una pubblica
amministrazione, sono distribuite le responsabilità e i poteri, dai rapporti fra componente politica e
componente amministrativa, dalla qualità e quantità delle risorse (umane, finanziarie,
tecnologiche), ecc …
•
PROCESSO = la corruzione si concretizza dentro i processi pubblici
•
INTERESSI = nella corruzione gli interessi privati influenzano la gestione dei processi pubblici e
quindi il perseguimento dell’interesse pubblico
•
RELAZIONI = la corruzione non è solo un “reato di calcolo”. E’ anche un reato di relazione. Il
“motore” della corruzione è la relazione personale che si instaura fra un dipendente pubblico e un
soggetto privato.
•
COMPETENZE = le competenze (intese come sapere – conoscenza leggi e del ruolo – saper fare –
capacità e competenze tecniche – e saper essere (caratteristiche personali) sono indubbiamente
una risorsa per le organizzazione; ma possono essere anche una fonte di rischio, perché per
realizzare qualsiasi condotta corruttiva è necessaria una profonda conoscenza dei meccanismi di
conduzione dei processi e, conseguentemente, delle “zone d’ombra” in cui operare per poter
operare un qualsivoglia “abuso del potere pubblico teso a favorire interessi privati”;
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•
MEDIAZIONE = la mediazione, intesa come necessità di dover considerare, nella gestione
dei processi/procedimenti, le esigenze di soggetti interni ed esterni all’amministrazione, non è, in
se stessa, un fattore negativo. Tuttavia se la mediazione diventa la regola che una organizzazione si
da per condurre i processi, allora l’organizzazione potrebbe perdere di vista l’interesse pubblico,
non riconoscere più i “conflitti di interesse” e favorire interessi privati (un esempio tipico di
“mediazione rischiosa” è l’interferenza dei rappresentanti degli organi di indirizzo politico nella
gestione dei procedimenti)
Tutti gli elementi di base sopra descritti non sono in se stessi dannosi dal punto di vista economico, e
nemmeno negativi sotto il profilo etico. Cosa c’è i male nella fiducia, nel dono, nelle competenze oppure
nelle relazioni? Tuttavia, tutti questi elementi diventano negativi, quando si combinano nel contesto
specifico della corruzione.
Potremmo avanzare l’ipotesi che la negatività della corruzione non dipenda tanto dai suoi elementi di base,
ma dal contesto in cui tali elementi si combinano tra loro. In pratica, se tali elementi ricorrono in una
organizzazione che ha certe caratteristiche, allora producono corruzione. Potremmo cercare di elencare le
caratteristiche facilitanti, che, se presenti in una pubblica amministrazione, facilitano la crescita della
corruzione a partire dai suoi elementi di base. Metaforicamente, gli elementi di base sono come i semi di
una pianta (la corruzione), che può crescere soltanto se gli elementi di base poggiano su un terreno fertile
(che ha caratteristiche facilitanti). Di seguito un primo elenco di caratteristiche facilitanti:

Inerzia (intesa come mancanza di interesse per il miglioramento continuo dei processi e dei servizi)
•
Eccesso di burocrazia (intesa come insieme di regole, procedure, prassi non utili alla buona
gestione dei processi/procedimenti)
•
Modelli di gestione informali di matrice privatistica (anche in riferimento ai rapporti con gli
stakeholder)
•
Monopoli (che si possono verificare quando un solo soggetto, all’interno di un ente, dispone in via
esclusiva delle competenze e dell’autorità per gestire certe attività)
•
Arbitrarietà delle scelte (causata dalla poca incisività o dall’assenza di regole e controlli)
•
Carenza di etica pubblica (intesa come insieme di valori condiviso dalla comunità professionale dei
dipendenti pubblici)
•
Eccessiva enfasi sul prodotto (servizi erogati dalla pubblica amministrazione) a discapito del
processo (regole che devono essere seguite e procedimenti che devono essere correttamente
gestiti, per erogare il servizio pubblico)
•
Squilibrio fra bisogni del territorio e risorse pubbliche (questo elemento vale soprattutto nei
rapporti con le associazioni e le imprese del territorio)
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•
scarsa percezione del valore della legalità e/o diffusione di una cultura di tipo “tribale” (nella quale
tutte le attenzioni sono rivolte verso l’appartenenza ad un gruppo e nella quale l’interesse pubblico
diventa l’interesse di un gruppo)
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