MELCHIORRE DE FILIPPIS DELFICO

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PERSONAGGI ILLUSTRI IN TERRA D’ABRUZZO
MELCHIORRE DE FILIPPIS DELFICO
(1825 – 1895)
caricaturista musicista poeta
Melchiorre De Filippis Delfico, terzo di nove
figli: Troiano, Bernardino, Melchiorre, Filippo,
Aurora, Ludovico, Margherita, Michele e
Rosa, nasce a Teramo nel 1825 da Gregorio,
conte di Longano, e dalla marchesa Marina
Delfico, figlia unica di Orazio e ultima
rappresentante dell’antichissima famiglia
Delfico che tanto lustro aveva dato
all’Abruzzo con i tre illustri fratelli Melchiorre,
Giamberardino e Gianfilippo. Quando
Melchiorre nasce, è ancora vivo l’illustre
prozio Melchiorre Delfico che morirà nel
1835.
De Filippis Delfico è ancora oggi considerato
uno dei più geniali ed eclettici artisti
dell’Ottocento abruzzese, avendo distribuito i
suoi interessi, con risultati degni di nota, fra la musica, la poesia, la pittura e
soprattutto la caricatura, nella quale è divenuto un autentico caposcuola, fino ad
essere considerato uno dei personaggi più rappresentativi della produzione
caricaturale del Regno nel XIX secolo. Nato in una delle più importanti famiglie
dell’aristocrazia teramana, trascorre la gioventù coltivando le Arti liberali; dopo
essersi avvicinato bambino alla musica, scopre, all’età di soli 10 anni, una
particolare propensione per la caricatura. Frequenta nel 1839 la Pubblica Scuola di
Disegno di Teramo, diretta dall’artista Pasquale Della Monica per trasferirsi dopo
due anni a Napoli per frequentare gli studi umanistici sotto la guida del noto
latinista mons. Antonio Mirabelli che lo seguirà per quattro anni di studio severo.
A Napoli viene affidato alle cure dello zio, il barone Giovanni Genovese, che
diverrà una figura fondamentale per il Delfico che lo accompagnerà in tutte le fasi
più importanti della sua vita.
Nella capitale, il giovane Melchiorre non disdegna le lettere, tutt’altro, si diletta a
scrivere versi, dipinge ma il suo vero grande amore è la musica. Nel 1844 comincia
a comporre e a soli 20 anni, nel 1845, mette in scena al Teatro Nuovo la sua prima
opera: “il carceriere del 1783”, un melodramma su libretto di Domenico
Bolognese. Da questo momento si apre però un periodo piuttosto difficile della
sua vita, alla morte del padre, nel 1847, si aggiungono la precaria situazione dei
due fratelli rivoluzionari Troiano e Filippo, costretti all’esilio, e le difficoltà
economiche alle quali Melchiorre a stento riesce a far fronte con il suo lavoro da
Melchiorre De Filippis Delfico (1825-1895) – caricaturista musicista poeta
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PERSONAGGI ILLUSTRI IN TERRA D’ABRUZZO
impiegato al Ministero dell’Interno come “alunno d’ordine”, ottenuto grazie
all’interessamento dello zio barone Genovese. Ciò nondimeno continua a coltivare
la sua passione per la musica e per le caricature, che cominciano ad avere un certo
riscontro sul mercato, pur restando ancora un’attività per lui marginale, lontana
dalla trasformazione in un’occasione di sistematico guadagno, nonostante le
pesanti deficienze economiche che la vita mondana napoletana comportava per un
giovane cadetto.
Intanto, in quegli anni, la metropoli partenopea, l’unica capitale europea presente
in Italia, conosceva una straordinaria vivacità musicale ed un grande fervore
compositivo, grazie alla presenza, in città, del maestro Giuseppe Verdi, presente
una prima volta nel 1845, poi ancora nel 1848-49, e poi ancora nel 1857, sempre in
relazione ad un contratto con il Teatro di San Carlo, ora per la messa in scena di
sue opere, ora per la commissione di nuove opere. Il giovane Delfico respira
intensamente questa temperie musicale, e compone e mette in scena altre due
commedie: “Il marito di un'ora”, del 1850 e “Il consiglio di reclutazione”, del
1853.
Nel 1855 la svolta, il critico e giornalista Vincenzo Torelli fonda il giornale,
“Omnibus pittoresco” che, sull’onda della felice fioritura in quegli anni di giornali
umoristici, inserisce nella sua pubblicazione una pagina satirica e l’affida a
Melchiorre De Filippis Delfico il quale debutta così nel mondo dell’editoria. La
sua capacità caricaturale esce dalla dimensione di puro passatempo per
trasformarsi in vera attività lavorativa. Si divide quindi fra l’impiego, il giornale,
l’animazione di serate mondane e la musica.
Nel 1856 per la sua città natale scrive la partitura musicale per una “Azione sacra”
dal titolo “Barac”, da eseguirsi in occasione della festa teramana della Madonna
delle Grazie e del Santo Patrono. Quest’opera, assieme al carteggio intercorso con
la madre e con i fratelli, conferma la forza e la persistenza del legame con
l’Abruzzo, e tale esso rimarrà anche negli anni a venire.
La sua passione di musicista e compositore si intreccia inevitabilmente con quella
di caricaturista, sia per le tematiche comiche delle sue opere musicali sia perché tra
le “vittime” predilette delle sue caricature un posto preminente lo occupano
proprio i personaggi dello spettacolo: cantanti, librettisti, compositori, attori e
musicisti.
Grazie ai continui rapporti lavorativi con il Teatro San Carlo e grazie all’intervento
dello zio, il barone Genovese, a sua volta cantante e grande amico di Giuseppe
Verdi, Delfico ha la possibilità, nel 1857, di conoscere il celebre Maestro, recatosi
a Napoli per la messa in scena del Simon Boccanegra. Tra i due nascerà un
sentimento di stima reciproca, presupposto di un profonda amicizia che li legherà
per tutta la vita.
Delfico seguirà, direttamente o indirettamente, il grande Maestro in tutte le sue
vicende artistiche e di ognuna realizzerà una propria interpretazione caricaturale,
tanto da divenire noto come il caricaturista di Giuseppe Verdi.
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Nel 1858 realizza la prima serie di caricature, costituita da 64 tavole e 20 bozzetti
pieni di brio; nel 1862 è la volta di un album con 12 caricature sul viaggio di Verdi
in Russia; del 1888 è una particolarissima
lettera che Delfico indirizza al Maestro di
Busseto, contenente immagini caricaturali
sull’ultima opera di Verdi, l’Otello. Ciascuna
delle argute caricature viene enormemente
apprezzato dal grande musicista, il quale,
commosso, non risparmierà mai sincere
parole di apprezzamento.
A partire dagli anni ’60 dell’Ottocento i
disegni satirici di Melchiorre si propagano
con grande successo e coinvolgono tutti i
personaggi del suo ambiente contemporaneo:
imperatori, nobili e prelati, artisti e critici del
mondo lirico e teatrale, importanti figure
della politica risorgimentale e postunitaria.
Dal 1860 inizia la pubblicazione, che in
seguito diventerà una consuetudine fino al
1891, di un Album annuale o di una Strenna
di caricature, di argomento vario ma sempre
molto attesi. Dal 1867 al 1883 a molti di
questi appuntamenti annuali darà il titolo de
“Il caos”. Dal 1882, per vari anni, pubblicherà una strenna annuale dal titolo
“Delf”; Sempre nel 1860, in società con l’amico Enrico Colonna, dà alle stampe
le sue 48 caricature aristocratiche, oggi rarissime. Come operazione commerciale,
però, si rivela fallimentare.
Alla fine del 1860 inizia la collaborazione con il giornale l'Arlecchino, Giornale - caos
di tutti i colori, che gli riserverà per vari anni l’illustrazione della terza pagina;
Fra il 1862 e il ‘63 un Delfico attivissimo avvia una collaborazione con altri 2
giornali satirici: l'Arca di Noè ed il Pulcinella.
Il 17 settembre del 1862 contrae matrimonio con Concetta Esposito da questa
unione nasceranno ben 10 figli: Giovan Battista, Amalia, Carlo, Marina, Rosa,
Tomaso, Bianca, Celeste, Olga e Riccardo.
Lo scrittore napoletano Amilcare Lauria nel suo lavoro su Melchiorre Delfico del
1906, riferisce che alla metà degli anni ’60, Delfico avrebbe compiuto un viaggio a
Londra per una collaborazione col prestigioso giornale satirico londinese “Punch”,
ma Fabia Borroni, nella sua monografia del 1957, ha dimostrato l’infondatezza di
questa notizia.
Negli anni ‘70 la sua attività caricaturale diminuisce, mentre la musica torna ad
essere la sua occupazione principale: compone, fa il direttore d’orchestra, torna
persino a cantare in qualità di tenore per salvare una stagione lirica che minaccia di
naufragare.
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Le opere di questi anni sono le migliori della sua produzione musicale: scrive
libretto e partitura di due opere buffe, “Il Maestro Bombardone” del 1870, e “Il
ritorno a Parigi dopo la guerra” del 1872, e 2 commedie musicali, “La fiera”, e
“Il parafulmine” del 1876, la sua ultima opera musicale.
Tutte queste opere furono messe in scena al Teatro della Società Filarmonica con
apprezzabile successo; “La fiera” fu proposta anche su altri palcoscenici italiani,
mentre “Il parafulmine” fu replicata al Teatro Comunale di Teramo in occasione del
Carnevale del 1877. Dal 1881 alla fine degli anni ’80, Delfico collabora in qualità di
caricaturista con il settimanale umoristico “Caporal terribile”. Dal 1884, accanto
alle sue caricature, compaiono sul settimanale quelle di Solatium, pseudonimo del
caricaturista Mario Buonsollazzi, altro ingegno notevole della caricatura di fine
secolo, e questi gli succederà definitivamente nel 1890, quando il grave colpo della
perdita della moglie, Concetta Eposito, ed il progredire dei problemi circolatori lo
costringono ad abbandonare il lavoro. Trascorre gli ultimi anni a Portici, dove
aveva abitato con la famiglia, fra i ricordi e il tormento per la malattia e qui muore
il 22 dicembre 1895 all’età di 70 anni.
Melchiorre De Filippis Delfico è stato un eclettico che ha distribuito il suo
impegno tra varie attività: musica e caricatura su tutte, ma anche palcoscenico,
canto, poesia e pittura.
Genio istrionico e versatile, Delfico non è mai uscito dalla sua dimensione
dilettantistica nemmeno nei momenti più felici ove dilettante è da intendersi
nell’accezione etimologica del termine. Delfico faceva le cose per diletto e non
sempre i risultati sono stati degni di nota. Nella caricatura, però, sarà un grande,
apprezzato e riconosciuto a livello nazionale come “principe della caricatura
napoletana”. Nelle sue caricature l’attenzione è concentrata sul personaggio e
soprattutto sulla situazione nella quale il personaggio viene collocato.
L’ambientazione è quasi completamente assente, se c’è, rimane in secondo piano,
sfocata. Elementi ambientali vengono rappresentati, e comunque mai in modo
particolareggiato, solo quando sono essenziali alla lettura della situazione.
I disegni di Delfico si caratterizzano per una straordinaria capacità di espressione,
che egli affida al dettaglio, quale può essere una mano, un sorriso o uno sguardo.
La sua è una caricatura “situazionale”, concentrata non tanto sulle particolarità
fisionomiche del personaggio quanto sulla sua impronta caratteriale e sugli
atteggiamenti di quest’ultima rispetto al mondo esterno. L’arte di Delfico è
dinamica non contemplativa, inoltre dimostra una straordinaria capacità di rendere
plausibile ogni tipo di stravolgimento di proporzioni, anzi, spesso per questa via
crea una sorta di graduatoria di importanza dei vari personaggi e questo giocare
con lo stravolgimento delle proporzioni lo porterà negli ultimi anni a creare i
prototipi delle moderne strisce.
Carlo Maria d’Este
(Centro reg.le Beni Culturali)
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BIBLIOGRAFIA E FONTI:
Maria Paola Fabiocchi, L’800 napoletano di Melchiorre Delfico, in “Oggi e
Domani”, a.XXIV, nn.1-2, gennaio febbraio 1996
Felice De Filippis, Il caricaturista di Verdi, in “Cento anni di vita del Teatro di San
Carlo 1848-1948”, Napoli, Edizioni Politica Popolare, 1950
Carlo Alberto Petrucci, La caricatura italiana dell’Ottocento, Roma, De Luca
editore, 1954
Fabia Borroni, Melchiorre Delfico caricaturista, Firenze, Sansoni Antiquariato, 1957
Felice De Filippis, Il caricaturista di Verdi, in “Cronache e profili napoletani”,
Napoli, 1968
SITOGRAFIA:
www.defilippis-delfico.it
aggiunto in Sulmona il 13 gennaio 2015
Melchiorre De Filippis Delfico (1825-1895) – caricaturista musicista poeta
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