Siberia - Osservatorio Città Sostenibili

Osservatorio Città Sostenibili
Dipartimento Interateneo Territorio
Politecnico e Università di Torino
TAPPETO VOLANTE
Siberia
Maggio 2008
Siberia
(Carlo Socco)
“Ho imparato più tardi come le pur brevi apparizioni di una città, di una regione o di una cultura,
esercitino utilmente l’attenzione e permettano inoltre, qualche volta, – data l’intensa concentrazione di
cui si dispone – di intuire alcune proprietà dell’oggetto che avrebbero potuto, in altre circostanze,
restare a lungo nascoste.” (Claude Lévi-Strauss, Tristi Tropici, p. 60).
Il primo dei nostri viaggi nel mappamondo virtuale di Google Earth è stato dedicato all’Amazzonia. Quel
breve viaggio ci ha rivelato le strutture territoriali attraverso cui l’uomo colonizza la foresta equatoriale,
cancellando dalla faccia della Terra il bioma che custodisce in massimo grado il patrimonio della diversità
biologica.
Questo secondo viaggio è dedicato alla Siberia, dove esiste la più ampia e continua estensione di foresta: la
taiga. Anche in questo caso, rispetteremo la regola di non uscire dall’atlante di immagini di Google Earth e
dal reticolo di siti web cui l’atlante è connesso.
Fiumi, laghi e ghiacci
Siberia è un nome troppo piccolo per designare un territorio che si estende al di là dell’immaginabile.
Limiteremo, pertanto, il nostro sguardo al Bassopiano Siberiano Occidentale, che, partendo dalla catena
degli Urali, giunge fino all’Altopiano della Siberia Centrale e lambisce a sud il Kazakistan.
Il paesaggio di questa grande depressione – la più vasta pianura al mondo – non ha eguali. Innanzitutto i
fiumi. Ma qui la parola fiume non è appropriata per indicare ciò che, in mancanza di meglio potremmo
chiamare un megafiume di fiumi come l’Ob.
L’Ob si getta nel golfo omonimo, tra le penisole di Jamal e di Gyda, sfociando nel Mare di Kara, dopo aver
percorso da sud a nord tutto il Bassopiano. Nella parte terminale, per una lunghezza di circa 850 km, il suo
letto si allarga raggiungendo ampiezze di 60 km (fig. 1). Dentro questa massa d’acqua scorrono dei fiumi
che si aggrovigliano gli uni con gli altri sfrangiandosi in una infinità di diramazioni minori. Si crea così nel
megafiume un reticolo idrografico dentro il quale però l’acqua scorre al contrario, dal corso principale verso il
corso minore e così fino a quella che nella normalità sarebbe la sorgente. Questi fiumi dentro il megafiume
sono privi di nome anche perché mutevoli ad ogni disgelo. Dov’è l’Ob?
In questa vasta pianura esistono solo fiumi in piena libertà che, con il movimento dei loro meandri, hanno
tracciato il più straordinario dei disegni, fatto di acqua e di terra. Luoghi impenetrabili, ostili e meravigliosi al
tempo stesso (fig. 2).
Figura 1. Tratti del fiume Ob. In un fiume, il cui letto raggiunge una larghezza di 50-60 km, scorrono diversi fiumi.
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Figura 2. Alcuni tratti dei grandi fiumi del Bassopiano Siberiano Occidentale.
Questa sembra una terra che l’acqua ha fatto per sé. Non vi è solamente la vistosa presenza di fiumi
improbabili, ma anche la più vasta disseminazione di laghi. Anche qui, però, la parola lago non è adeguata
ad evocare il paesaggio, il quale non è costituito – come sarebbe normale – di valli o di piane in cui si
incastonano specchi d’acqua. Qui il rapporto terra/acqua è invertito. La superficie dell’acqua supera quella
della terra, la quale sembra fatta solo per ospitare la massima quantità di laghi e stagni, delle più svariate
forme e dimensioni (fig. 3). Questa terra si presenta come la più sterminata distesa di zone umide.
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Figura 3. Nel Bassopiano Siberiano Occidentale esiste il più vasto sistema di zone umide, dove i fiumi scorrono
nella porosità di una fitta disseminazione di laghi e stagni.
Per gran parte dell’anno questa vasta depressione, con i suoi fiumi e laghi, si immobilizza nella morsa del
ghiaccio (fig. 4), che, con la stagione calda, si scioglie gradualmente da sud verso nord. Così, enormi masse
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d’acqua provenienti dalle zone meridionali, trattenute dalle dighe di ghiaccio del nord, si espandono nella
pianura sommergendola.
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Figura 4. Le tracce dei fiumi e dei laghi nella morsa dei ghiacci.
Steppa, taiga e tundra
Se il dominio incontrastato dell’acqua allo stato liquido e solido è ciò che più colpisce di questa vasta e ostile
terra, va tuttavia considerato che il Bassopiano Siberiano Occidentale, estendendosi dai rilievi del
Kazakistan – cioè da un parallelo che è all’incirca lo stesso di città come Londra o Berlino – fino all’estremo
nord del Mare Glaciale Artico, presenta condizioni climatiche ed ecologiche tra loro molto diverse.
Nella fascia più meridionale, che è quella più abitata e coltivata, predomina il paesaggio della steppa
disseminata di depressioni saline (solonetz) e di paludi (fig. 5). La fascia centrale è occupata dalla più vasta
foresta di conifere del pianeta: la taiga, impenetrabile e accidentata da forre pericolose (ourmany) (fig. 6). La
parte più settentrionale, infine, è coperta dal mantello della tundra, che poggia sul suolo permanentemente
gelato del permafrost (fig. 7).
La taiga è divisa dalla tundra dalla cosiddetta linea degli alberi, a nord della quale la luce e il calore estivi
sono insufficienti per la crescita della vegetazione arborea. La tundra si estende fino alla linea costiera artica,
la quale anch’essa sovverte ogni idea che ci possiamo essere fatti del limite che divide la terra dal mare.
Essa, infatti, è un ambiente indefinito e variabile, costituito spesso da accumuli di fango che formano una
specie di zona "anfibia" (fig. 8).
Figura 5. Paesaggi della steppa siberiana.
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Figura 6. Paesaggi della taiga.
Figura 7. Paesaggi della tundra
Figura 8. Tratti di costa lungo il Mare di Kara.
Come ci si può attendere, anche la taiga è sottoposta ad una imponente opera di deforestazione. Si calcola
che dal 1996 al 2006, a causa di 104.687 incendi, siano stati distrutti 988.891 chilometri quadrati di
vegetazione. Nell'ottobre del 2002, in Jakuzia, furono inghiottiti dalle fiamme 6 milioni di ettari. Nel 2003, è
bruciato un territorio vasto come la Romania.
La deforestazione della taiga sembra però essere dovuta non solo agli incendi (fig. 9), ma anche alla
normale attività di sfruttamento forestale (figg. 10 e 11). Nelle zone più meridionali, dove il clima è meno
rigido, la deforestazione sembra anche alimentata dalla spinta alla colonizzazione agricola (fig. 12).
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Figura 9. Vaste porzioni di taiga distrutta dal fuoco.
Figura 10. Disboscamento con la tecnica a scacchiera.
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Figura 11. Sequenza temporale di immagini satellitari: 1973, in alto a destra la foresta è pressoché intatta; 1987,
si notano i vasti tagli a scacchiera; 2000, la foresta è praticamente scomparsa. (Immagini tratte dai siti dell’UNEP
nella serie “consapevolezza globale” di Google Earth).
Figura 12. Disboscamento e colonizzazione agricola nel cuore della taiga.
Nella taiga la colonizzazione agricola sembra avvenire sulla base di strutture territoriali più complesse ed
irregolari rispetto a quelle tipiche dell’Amazzonia e, in generale, di tutte le foreste equatoriali. Anche là dove
– come nella parte meridionale del Bassopiano – l’agricoltura si è maggiormente sviluppata, il mosaico
agricolo è raramente regolare (fig. 13). La presenza di laghi e fiumi sembra essere il principale fattore
deformante del mosaico e, al tempo stesso, un elemento attrattore dell’attività agricola (fig. 14).
Questa vasta pianura sembra fatta apposta per distendervi la razionale maglia quadrata della colonizzazione
agricola su grande scala. Ma ciò è reso impossibile dal dominio dell’acqua che rimane la vera forza
modellatrice del paesaggio.
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Figura 13. Mosaici agricoli ricavati dalla erosione della foresta.
Figura 14. Laghi e fiumi sembrano costituire fattori determinanti nel condizionare la forma del mosaico agricolo,
sia là dove questo si sostituisce alla foresta, sia là dove interessa le aree di steppa.
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Metano e petrolio
Si è vista la portata del fenomeno della deforestazione. Risalendo verso il nord, tuttavia, l’ostilità del clima
finisce per costituire una invalicabile difesa della selvatichezza della natura; infatti, gran parte della
deforestazione si colloca nella fascia più meridionale della taiga. La gelida Siberia del nord continua ad
apparire come l’impenetrabile e misteriosa “Terra addormentata”, di cui favoleggiavano le antiche tribù
tartare.1
Nella realtà, però, questo allontanamento della presenza umana si dimostra illusorio. Questa terra di acque,
foreste e ghiacci è coricata sul più imponente giacimento di gas naturale e di petrolio. Così, acuendo lo
sguardo sulle mappe di Google Earth, emerge un vistoso disegno che l’uomo sta tracciando e infittendo: una
sorta di ragnatela, che sovrappone il proprio grafo di linee rette, di fasci, di ramificazioni e di nodi alla caotica
e fantastica estetica dei fiumi e dei laghi (figg. 15 e 16).
Quel territorio così ostile, impenetrabile, invivibile si rivela in realtà permeabile e vulnerabile anche là dove la
natura sembra aver per sempre precluso all’uomo una parte di sé. Nessun ostacolo della natura sembra in
grado di opporsi al dominio dell’uomo unito alla forza del denaro.
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Questa sensazione di trovarsi di fronte ad una terra preclusa all’uomo ha ispirato antiche leggende tra cui quella
secondo la quale Dio, creando la Siberia, decise di sorvolarla in tutta la sua ampiezza; ma il viaggio fu talmente lungo
che dalle mani rattrappite per il freddo caddero inestimabili ricchezze; per impedire che gli uomini ne approfittassero, le
ricoprì con un altissimo strato di ghiaccio.
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Figura 15. Fasci di metanodotti e di oleodotti, reticoli dei campi di estrazione e snodi delle stazioni di pompaggio
costituiscono la fitta ragnatela che ha ricoperto il territorio del Bassopiano Siberiano Occidentale.
Figura 16. Pipeline e impianti nella tundra e nella taiga.
Città e paesaggi
Anche per la Siberia le foto, depositate dagli internauti sulle mappe di Google Earth, si addensano nei luoghi
abitati, rivelando così ciò che di nuovo la ricca industria estrattiva sta immettendo nell’architettura delle città
e delle loro infrastrutture (fig. 17).
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Figura 17. Nuove architetture e infrastrutture seguono lo sviluppo dell’industria estrattiva.
Alle immagini che rappresentano la nuova urbanizzazione si accompagnano quelle, più rare, dell’intatto
paesaggio di una natura di grandi fiumi e di sterminati orizzonti (fig. 18).
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Figura 18. Paesaggi di fiumi, di steppe e di tundre.
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