AMBIENTE / Biodiversità IL BATTITO D’ALI DI UNA FARFALLA MILLENARIA Cinquantenario della scoperta nella Riserva Naturale Statale di Grotticelle dell’Acanthobrahmaea europaea di Giovanni Adinolfi orreva l’anno 1963 quando, il conte Friedrich Hartig, giunse in Basilicata, ospite del Corpo forestale dello Stato nella foresteria di Monticchio Laghi, lungo le pendici del Monte Vulture. Profondo conoscitore dei lepidotteri, aveva sviluppato in tenera età la passione per questo fantastico mondo popolato da creature affascinanti e misteriose al tempo stesso. Nato nel 1900 e scomparso nel 1980, rimane una delle figure più interessanti nel panorama dell’entomologia europea, per la notevole opera svolta circa lo studio dei cicli vitali e delle peculiarità di differenti generi di farfalle e per la scoperta di numerose specie tra le quali, sicuramente la più interessante è la Bramea europea (Acanthobrahmaea europaea), avvenuta proprio la sera del 18 aprile del 1963. C 22 - Il Forestale n. 75 Durante una delle sue solite ricognizioni notturne, caratterizzate da ore di appostamenti in bosco accanto ad una lampada e un telo bianco, disteso per rifletterne la luce e catturare l’attenzione delle falene di passaggio, come in un sogno, vide atterrare, in prossimità del lume, una farfalla notturna di dimensioni ragguardevoli. Avvicinandosi con tutta la cautela del caso, raccolse l’esemplare. Bastarono pochi attimi agli occhi esperti del profondo conoscitore di questi insetti alati per comprendere che si trattava di una specie mai osservata e descritta in Italia ma, la cosa che immediatamente colpì lo studioso fu che le particolari figure, disegnate dalla natura sulle ali e sull’esile corpo della falena, ricordavano quelle tipiche di alcuni esemplari della famiglia Brahmaeidae, presenti nella lontana Asia. Al fortuito incontro di quella notte seguirono numerosi altri avvistamenti, in località Grotticelle di Monticchio e successivi studi di approfondimento e verifica sugli esemplari catturati, svolti all’interno del laboratorio entomologico, che gli era stato concesso di realizzare presso la foresteria che lo ospitava. La divulgazione della scoperta suscitò un notevole interesse nel mondo scientifico con pubblicazioni sul Bollettino dell’Associazione Romana di Entomologia e un susseguirsi di richieste da parte di musei e studiosi collezionisti di esemplari, pervenute al conte Hartig da tutta l’Europa e successivamente da tutto il mondo. L’importanza dell’evento e la voglia di tutelare una specie tanto bella nel suo genere quanto rara, indussero il conte a chiedere, nel 1970, all’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali l’istituzione della Riserva di Grotticelle, per la protezione della Bramea. La richiesta ebbe riscontro positivo l’anno dopo quando, il Ministero dell’agricoltura e delle foreste decretò, per la prima volta nella storia, l’istituzione di una Riserva Naturale per la protezione di un lepidottero. Un’antica foresta Nel promemoria inviato da Hartig si legge, in merito alla località di Grotticelle che trattasi di un’area ospitante una “formazione silvo-botanica di antichissima data, contenendo oltre alla nostra flora, piante di estremo interesse scientifico e pratico per il patrimonio boschivo. Tutti gli intervenuti alle ricerche sono concordi nel ritenere che detta zona rappresenta un residuo di quelle foreste immense che una volta coprirono l’intera regione calabro-lucana e che sarebbe necessario, per non dire doveroso, di proteggere la zona contro l’attività dell’uomo, formando un’isola a carattere continuo rappresentante oggi la formazione originaria di una vegetazione millenaria”. Vegetazione in grado di fornire asilo e cibo utile al completamento del ciclo vitale della Acanthobrahmea europea Hartig, in particolare per quello che concerne la pianta nutrice principale che è il Fraxinus angustifolia Vahl ovvero il Frassino meridionale o ossifillo, specie appartenente alla famiglia delle Oleacee. Così come la Phillyrea latifolia L. anch’essa ospitante i bruchi della farfalla (Spicciarelli R. 1997). Vario il panorama delle piante nutrici supplenti della principale, che rimane il frassino ma artico- lato anche il ciclo della Bramea che si svolge con il passaggio attraverso sette progressivi stadi, dalla schiusa delle ovature, localizzate dalla femmina nelle zone apicali delle piante di frassino, sino al raggiungimento delle dimensioni maggiori del bruco che successivamente si incrisalida, immergendosi nel terreno, da dove poi fuoriusciranno i lepidotteri adulti. I piccoli esemplari, appena fuoriusciti dalle uova, di colore grigio perlaceo perfettamente mimetico con la corteccia della pianta, hanno dimensioni millimetriche e comportamento gregario, sono dotati dalla nascita, di una notevole voracità, quasi avessero contezza di dover svolgere tutto in un breve lasso di tempo: dalla tarda primavera all’inizio dell’estate. In pochi giorni, le larve raggiungono dimensioni apprezzabili, ben nascoste tra le fronde della pianta nutrice, dove alternano quasi costantemente durante l’intero arco della giornata, momenti in cui si cibano, con brevi pause di immobilità. Nell’arco di poche settimane, i bruchi portano a termine lo sviluppo attraverso quattro mute, durante le quali, le caratteristiche protuberanze, tipiche della specie vanno progressivamente scomparendo dal corpo per annullarsi del tutto alla fine dell’ultima muta. A maturità, le larve migrano dalle fronde delle piante nutrici verso il terreno sottostante dove, dal luogo di caduta si allontanano rapidamente sino a immergersi completamente nel sottobosco tra suolo e residui vegetali. Protette dalla natura, si incrisalidano e rimangono in sospensione vitale sino alla successiva primavera, quando riemergono come adulti sprovvisti di apparati boccali, infatti in questa fase non si nutrono più, e danno vita a spettacolari voli nuziali crepuscolari che permettono la formazione delle coppie e la deposizione delle uova. Le dimensioni degli adulti sono notevoli infatti, il maschio presenta un’apertura alare di circa 6,5 cm mentre la femmina di circa 7,5 cm. Anche il disegno delle ali, variabile tra i vari esemplari ha dei caratteri tali da far definire la bramea “farfalla lupo” per la particolarità delle variazioni cromatiche che lo caratterizzano. Conclusa la fase riproduttiva con l’affidamento delle proprie ovature alla protezione di madre natura, stremati, gli adulti da migliaia di anni, cedono le proprie spoglie alla terra rientrando in questo modo nel ciclo dell’ecosistema naturale. Il Forestale n. 75 - 23