L`economia a colori - Federazione Trentina della Cooperazione

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CULTURA COOPERATIVA | libri
L’economia a colori
di Michele Dorigatti *
Non c’è, paradossalmente, tempo migliore per elaborare
e sperimentare alternative che quello in cui l’umanità è
nel bel mezzo di una selva oscura. Dal crollo dei mercati
del 2008, poco alla volta, assistiamo ad una scoppiettante
emersione di proposte alternative alla crisi profonda
in cui versa il capitalismo virtuale dell’indebitamento
finanziario (ricordate il bel libro di Mauro Magatti
“Libertà immaginaria. Le illusioni del capitalismo tecnonichilista”?), alla ricerca di un orizzonte di futuro. Giorno
dopo giorno, fallimento dopo fallimento, scandalo
dopo scandalo, questo
capitalismo, se non trova
in tempo utile un’uscita
di sicurezza, corre il
ri
rischio di avere non tanto
i secoli – per parafrasare
un
uno degli ultimi saggi del
prof. Giorgio Ruffolo –
ma i giorni contati.
L’autore di questo mese è
il prof. Andrea Segrè, un
economista di campagna,
come ama definirsi. Ci ha
regalato “Economia a
colori”, un libricino bianco,
ed da Einaudi, di appena
edito
125 scorrevolissime pagine
dove la scienza delle scienze,
l’economia matematizzata,
un tempo triste e ora depressa,
vi
viene
ridipinta e colorata
co numerosi aggettivi e
con
do sostantivi e aggettivi
dove
si scambiano di ruolo,
al
alla ricerca di una nuova
combinazione, capace
di dare speranza. Così
in brevi capitoletti, si
tratteggia l’economia
rossa (comunista), grigia,
nera, gialla (cinese), verde,
blu (acqua), trasparente.
La grave colpa del neoliliberismo per il preside della
Facoltà di Agraria di Bologna
sta tutta nell’aver creato un abisso relazionale fra le persone,
portando in primo piano i rapporti astratti e impersonali
di scambio mediati dal contratto (ricordate il bel libro di
Luigino Bruni “La ferita dell’altro. Economia e relazioni
umane”?) e retrocedendo le persone a risorse (umane) e a
vincoli per il profitto.
Segrè, che ha lanciato con il vignettista Altan le campagne
annuali contro lo spreco, attacca fin dalle prime agili
battute la versione contemporanea del modello economico
e sociale. Fondato su un circolo vizioso: “a credito
compriamo e accumuliamo, poi rifiutiamo e sprechiamo
senza sosta. E senza avere finito di pagare”. Come quei
giradischi rotti che continuano a girare su se stessi, come
una macchina che corre a vuoto.
Ma fino a quando continueremo a fidarci di quegli
economisti che esaltano l’alternarsi di fasi cicliche di
crescita e crisi e che impazzano nei salotti televisivi e nei
festival economici? Per Segrè “così non sarà più. Il sistema
si è ingigantito troppo ed è scoppiato”. Il mantra della
crescita infinita è un’infinita stupidaggine.
E ancora “quanto tempo potranno durare queste tanto
crescenti quanto insopportabili disuguaglianze?” Si chiede
l’economista triestino. Non ci potrà essere domani un
futuro di pace se l’1% dell’umanità è alle stelle e il 99% alle
stalle: “questa è la proporzione nella distribuzione della
ricchezza capitalistica”.
L’autore tuttavia non si limita alla denuncia. Si sforza
di proporre un’altra economia. Con al centro non più
l’economia, ma l’ecologia e la persona. Scambiando
insomma il sostantivo “economia” con l’aggettivo
“ecologia”. Eccola la nuova “piccola rivoluzione”, per
ora lessicale: lanciare l’ecologia economica. Perché farlo?
Perché “l’economia è solo una piccola parte di questo ecomondo, la nostra grande casa”. Mentre il mondo, il pianeta
Terra è la casa grande, l’economia è invece la casa piccola.
Si tratta in ultimo di ristabilire le priorità, e non solo di
praticare più giustizia sociale. Al mercato, reso ormai cieco
dall’ossessione utilitarista, qualcuno dovrà pure aprire gli
occhi.
Tempo di lettura: 3’05’’
* Ufficio studi e intercooperazione
Federazione Trentina della Cooperazione
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