colatedidetrito

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Dispense del corso di "Sistemazione idraulica dei bacini montani" AA 2007-2008
Redatte dagli studenti S. Chiaradonna, G. Valentino e G. Gemma e revisionate dal prof. R. Martino.
Ultimo aggiornamento 14 dicembre 2007
COLATE DI DETRITO
I debris flows o colate detritiche sono fenomeni naturali che prendono origine dalla mobilitazione di
ammassi sedimentari presenti nei bacini montani, dando luogo alla formazione di “piene di
sedimenti” (flusso di misture di acqua e di materiale solido) che si propagano verso valle, sfruttando
eventuali vie preferenziali, come per esempio le incisioni topografiche, e aumentando il loro
volume lungo il percorso per effetto dell’erosione delle masse di sedimenti eventualmente presenti
sul fondo del flusso stesso. Esse possono essere inquadrate come fenomeni intermedi tra le frane e
le alluvioni. Analogamente alle frane, le colate sono caratterizzate da elevate velocità (anche 15-20
m/s), assenza di visibili indizi premonitori, mentre come le alluvioni possono interessare anche tratti
di diversi chilometri.
Le colate di detriti si differenziano dal trasporto solido ordinario per la significativa differenza nella
concentrazione di sedimenti in movimento con il fluido che nelle colate può raggiungere valori
prossimi alla concentrazione di massimo impaccamento.
A causa di queste caratteristiche e dell’intensa urbanizzazione che molto spesso si riscontra ai piedi
dei versanti montani, le colate di detriti rappresentano un notevole rischio per la vita umana e per le
infrastrutture.
I debris flow sono fenomeni fortemente non stazionari e, spesso, danno luogo ad “ondate”
successive, rapidissime e improvvise. La generica “ondata”, schematicamente indicata in Figura 1,
si può suddividere in:
•
un fronte, parzialmente saturo, dove si concentrano i sedimenti con granulometria maggiore;
•
un corpo, generalmente saturo, caratterizzato da una superficie libera pressoché parallela al
fondo dell’alveo e quindi in condizioni di quasi uniformità del moto;
•
infine si ha la coda, formata dal materiale più fine, e nella quale il tirante si assottiglia
rispetto a quello del fronte e del corpo.
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Figura 1
Ovviamente la densità della mistura coinvolta in una colata sarà pari a
 m   s c   1  c 
(1)
dove s è la densità delle particelle solide,  è la densità dell’acqua e c la concentrazione
volumetrica solida pari a:
c
Vs
Vt
(2)
con Vs volume occupato dal solido e Vt volume totale.
Il comportamento costitutivo di una colata risulta del tipo:
 dv 
 c  f  
 dn 
(3)
dove c rappresenta il cosiddetto sforzo plastico o “yield stress”. Se lo sforzo tangenziale non supera
il valore di c non è possibile alcuna deformazione (dv/dn=0).
Il secondo addendo della relazione (3), rappresenta l’aliquota di sforzo tangenziale “rate dependent”
ovvero la parte di resistenza funzione del gradiente dv/dn, mentre la prima è quella “rate
independent” poiché non risulta dipendente dal gradiente di velocità. La presenza di uno sforzo
plastico fa sì che il flusso del materiale possa non avvenire anche in presenza di pendenze del fondo
diverse da zero. Questo comportamento non è ammissibile per fluidi senza “yield stress” (come ad
esempio l’acqua): se infatti si considera una lamina di acqua di spessore uniforme disposta su di un
piano inclinato, una qualsiasi pendenza diversa da zero determinerà uno flusso.
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LEGGE DI RESISTENZA PER UN FLUIDO TIPO BINGHAM
Si vuole ora determinare la legge del moto uniforme per un fluido Bingham, ovvero un fluido (ad
esempio il dentifricio) con comportamento costitutivo particolare del tipo
  c  k
dv
dn
(4)
Nel grafico in Figura 2, è riportata la legge di Bingham e, a titolo di esempio, la legge reologica
valida per l’acqua (comportamento newtoniano).
Figura 2
Nell’ipotesi semplificativa di un moto uniforme infinitamente largo, è possibile scrivere
un’equazione di equilibrio delle forze agenti nel verso del moto sul volume di controllo di
profondità B e lunghezza ds, in Figura 3 ottenendo:
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Figura 3
Bds   (h  y )iBds
(5)
Semplificando si ottiene
   (h  y )i
(6)
L’equazione (6) permette di ricostruire l’andamento delle τ lungo la y.
Figura 4
Assegnato un valore dello sforzo di soglia, c, possono aversi due casi (Figura 5):
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Figura 5
1) Gli sforzi  risultano minori in ogni punto dell’yield stress (caso di sinistra). All’interno
dell’ammasso pertanto il gradiente di velocità risulta nullo in tutto il campo dio moto e così anche la
velocità.. Lo strato risulterà quindi fermo.
2) Gli sforzi  risultano minori dell’yield stress solo in una zona posta sul fondo (caso di destra).
Esiste una zona in cui gli sforzi agenti risultano maggiori di quello plastico; in questa zona è
presente un gradiente di velocità e di conseguenza un flusso.
Figura 6
La quota yP, in corrispondenza della quale lo sforzo agente risulta uguale a quello plastico, permette
di dividere l’ammasso in due zone: quella superiore, detta plug, di spessore h-yP, caratterizzata da
sforzi tangenziali minori di c con gradiente di velocità nullo; quella inferiore, di spessore yP, in cui
il gradiente di velocità risulta positivo essendo gli sforzi  maggiori di c.
Per determinare yP, è sufficiente scrivere la relazione:
 c   (h  y P )i
(7)
e quindi
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h  yP 
c
i
(8)
Il plug quindi si muove in modo rigido con una velocità pari a quella del punto a quota yP.
Nello strato in cui y è minore di yP, si può scrivere:
c  k
dv
  (h  y )i
dy
(9)
ottenendo che il gradiente di velocità vale
dv 

 (h  y )i  c
dy k
k
(10)
Per avere l’andamento delle velocità all’interno dello strato è sufficiente quindi integrare la
relazione (10) lungo y:
v y  
y2  
 hy    c y  cos t
k
2  k
i 
(11)
Imponendo la condizione al contorno (v=0 quando y=0) si ottiene la relazione:
y2  c

 y
v y    hy 
k
2  k
i 
(12)
Il plug sarà caratterizzato da una velocità costante pari a quella della del punto dello strato inferiore
con y=yP
i 
2
yp  c
 y
vp  v 
hy p 
p
k 
2  k
(13)
Figura 7
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Integrando ulteriormente lungo y la relazione delle velocità, è possibile ricavare la portata per unità
di larghezza q:
h
y P  i 
y2  
q   v y dy     hy    c
0
0
2  k
k 
h

y dy   v p dy
yp

(14)
ovvero
2
 i 3
yp 
q  
y p   c  ih 
  v p h  y p 
2k 
 6k
(15)
che rappresenta una formula di moto uniforme in cui la portata risulta proporzionale alla perdita di
carico per unità di larghezza.
COMPORTAMENTO COSTITUTIVO DI UNA COLATA
Il comportamento costitutivo di una colata è in generale del tipo:
   c  k1
dv
 dv 
 k2  
dn
 dn 
2
(16)
Il termine quadratico tiene conto dei fenomeni dissipativi che avvengono per effetto delle collisioni
tra i granuli all’interno dell’ammasso come mostrato da Bagnold.
Esprimendo inoltre lo sforzo plastico con un approccio alla Mohr-Coulomb in cui
 c  c  p  tg
(17)
dove c è la coesione, p è lo sforzo normale (pressione efficace) agente tra i granuli e  è l’angolo di
attrito interno dell’ammasso.
Otteniamo così la seguente legge reologica di carattere generale:
dv
 dv 
  c  p  tg  k1  k2  
dn
 dn 
2
(18)
Nelle colate in cui la frazione a grana fine risulta prevalente (colate di fango o mud flow) è possibile
trascurare gli effetti dovuti agli sforzi collisionali e la coesione risulta prevalente rispetto allo sforzo
plastico di tipo attritivo; nelle colate con frazione prevalente a grana grossa (colate granulari o
granular debris flow) è, invece, possibile trascurare gli effetti dovuti agli sforzi viscosi e quelli
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dovuti alla coesione1. In Figura 8 è riportato il diagramma del comportamento costitutivo per un
materiale granulare con e senza sforzo plastico.
Figura 8
La pressione efficace è un valore variabile nello spazio (da sezione a sezione per effetto della
variabilità dei tiranti ma anche all’interno di una stessa sezione trasversale), così come i valori di c,
k1 e k2 per effetto della variabilità della concentrazione nello spazio. A rigore pertanto non è
possibile considerare un’unica legge reologica cosi come fatto nell’integrazione del paragrafo
precedente. Ciò complica ulteriormente il problema della determinazione della formula di resistenza
per una colata di detriti, se non si opera con ipotesi semplificative.
VALUTAZIONE DEI PARAMETRI REOLOGICI
Gli strumenti per la determinazione del comportamento reologico di un materiale vengono realizzati
in modo tale da riuscire a misurare, direttamente o indirettamente, i valori degli sforzi tangenziali
applicati e le velocità di deformazione che ne conseguono.
Si descrive qui uno degli strumenti più utilizzati nel caso di misture acqua-sedimenti: il reometro a
cilindri coassiali. Il fluido viene disposto tra due cilindri verticali e viene imposta una velocità di
1
Ovviamente se il materiale coinvolto dalla colata ha entrambe le frazioni (fina e grossolana) presenti colate non
possono essere schematizzate come mud flow o granular debris flow ma come intermedie e non è possibile trascurare
alcun termine della (18), complicando notevolmente il problema delle resistenze al moto.
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rotazione nota ad uno dei due cilindri. Una volta valutata, tramite uno strumento esterno, la forza F
che bisogna opporre all’altro cilindro per non farlo ruotare, lo sforzo tangenziale si può valutare
come:

F
A
(19)
dove A è la superficie di contatto tra il miscuglio e il cilindro fermo.
La differenza di velocità tra i due cilindri rapportata alla loro distanza permette di valutare il
gradiente di velocità. Si può pertanto diagrammare l’andamento dello sforzo tangenziale in funzione
del gradiente di velocità, e quindi per interpolazione ottenere la legge reologica per il miscuglio in
esame.
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