La strategia statunitense per il Pakistan e l`Afghanistan

La strategia
statunitense
per il Pakistan
e l’Afghanistan
U.S. Council on Foreign Relations
Independent Task Force Report No. 65
Richard L. Armitage and Samuel R. Berger, Chairs
Daniel S. Markey, Project Director
SPECIALE
Indice
Introduzione
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La minaccia
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24
Gli obiettivi strategici statunitensi
Pag
33
Una valutazione sulle politiche
Pag
39
Pag
47
Pag
57
Pag
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e sulle strategie statunitensi
Opzioni e raccomandazioni politiche:
il Pakistan
Opzioni e raccomandazioni politiche:
l’Afghanistan
Conclusioni
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Introduzione
L’attacco che al-Qaeda ha compiuto l’undici settembre 2001 è stato il peggiore assalto terroristico a danno degli Stati Uniti della storia. Nelle ore e
nei giorni che sono seguiti, gli americani hanno appreso molto sui responsabili e sui loro collegamenti con le basi e le reti in Afghanistan e in
Pakistan. Meno di un mese più tardi, l’allora Presidente George W. Bush
avrebbe lanciato l’operazione Enduring Freedom. Molto cambiò, praticamente dall’oggi al domani, quando gli Stati Uniti focalizzarono l’attenzione
militare, economica e diplomatica, direttamente sulla regione, per la prima
volta dalla fine della Guerra Fredda. In Afghanistan, il regime dei Talebani
– l’ospite simpatizzante di al-Qaeda – è stato rovesciato. In Pakistan, il regime di Pervez Musharraf è stato trascinato dentro la guerra globale al terrore di Washington.
Ad ogni modo, la guerra in Iraq ha attratto le attenzioni e le risorse statunitensi troppo velocemente. Negli anni successivi, i Talebani si sono riorganizzati, i leaders supremi di al-Qaeda hanno fatto in modo di sfuggire alla
giustizia e le violenze terroristiche in Afghanistan e in Pakistan sono
aumentate. Ora, dopo nove anni di guerra in Afghanistan, molti americani e
loro alleati sono sempre più stanchi del conflitto, insicuri degli obiettivi statunitensi e incerti sulle possibilità di successo dell’America.
La Task Force condivide queste preoccupazioni. Gli americani hanno già
pagato un prezzo altissimo: più di mille fra uomini e donne statunitensi,
che hanno servito la patria in Pakistan e Afghanistan, hanno perso la propria vita e altre diverse migliaia di loro hanno sofferto di traumi e ferite che
ora stanno cercando di guarire. Le speranze di provocare un cambio di
direzione immediato in Afghanistan meridionale non si sono realizzate. Le
dinamiche alla base della questione afgana restano impossibili da modificare – la corruzione diffusa che alimenta l’insurrezione; la governance debole
che crea un vuoto; la capacità di ripresa talebana che contribuisce a un’atmosfera di intimidazione; e un leader imprevedibile la cui agenda potrebbe
non coincidere con quella degli Stati Uniti. In Pakistan, l’alluvione devastante esercita un nuovo ed enorme peso sullo stato – già messo a dura
prova da problemi politici, economici e di sicurezza – aumentando la sfiducia nella popolazione e indebolendo la capacità dello stato di combattere gli
estremisti nei suoi territori.
I risultati di queste lotte sono ancora incerti. Ma la posta in palio è alta. Quel
che succede in Afghanistan e in Pakistan interessa anche gli americani.
Gli americani saranno meno al sicuro se una simile rete di gruppi
terroristici, inclusa al-Qaeda, sarà in grado di operare liberamente
in ampie aree dell’Afghanistan e del Pakistan. Questi gruppi hanno
ripetutamente dimostrato la loro volontà e la loro capacità di condurre
attacchi mortali sugli Stati Uniti, sull’India e sugli alleati statunitensi. Il loro
fervore anti-americano non accenna a diminuire.
Gli americani saranno meno al sicuro se le sommosse – e forse anche
una guerra civile – in Afghanistan riusciranno a compromettere
anche la stabilità del Pakistan e della regione, aumentando di conseguenza le tensioni fra l’India e il Pakistan. Agitazioni di una certa forza,
in Afghanistan, potrebbero causare una guerra per procura se le potenze
regionali dovessero cercare di garantirsi i propri interessi.
Gli americani si troveranno ad affrontare un rischio ancora più
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grande se gli estremisti in Pakistan dovessero sfruttare la tremenda
alluvione, le fragili istituzioni e il conflitto interno per indebolire lo
stato pachistano. Questi rischi sono aumentati dalla presenza in Pakistan
di un arsenale nucleare e dall’eventualità che del materiale nucleare cada
in mani pericolose.
Negli ultimi diciotto mesi la NATO e gli Stati Uniti hanno pianificato una
strategia per affrontare questi pericoli. Questa strategia prevede di indebolire i Talebani sufficientemente da permettere alla popolazione afgana di
combatterli senza pericolo; di sviluppare delle forze di sicurezza afgane di
modo che la popolazione possa difendersi autonomamente quando le truppe statunitensi se ne andranno; e, attraverso uno sforzo civile potenziato,
aiutare il governo afgano a sostenere il proprio popolo attraverso la fornitura dei servizi primari. È più probabile che, se sottoposti a pressione, gli
insorti talebani abbandonino le armi e un talebano indebolito è più probabile negozi su termini accettabili – un risultato che gli Stati Uniti dovrebbero
incoraggiare. La riconciliazione con leaders talebani anziani a determinate
condizioni deve obbligatoriamente far parte della strategia globale statunitense. È raro che dei conflitti irregolari
finiscano con un atto di resa ufficiale.
L’aumento di forze – militari e civili –
per portare a compimento tale strategia si è completato nell’agosto del
2010. Esistono segnali di progresso che
fanno ben sperare, come l’addestramento delle forze di sicurezza afgane e
la ricerca delle reti talebane. Ma in
zone diverse i risultati sono meno incoraggianti.
Il quadro fosco e gli alti costi sollevano
un dubbio, se gli Stati Uniti debbano
ora diminuire le proprie ambizioni e
ridurre la presenza militare in
Afghanistan. Tale cambiamento non è
Hamid Karzai e Stanley A. McChrystal
del tutto privo di rischi significativi. Le
forze statunitensi si troverebbero ad operare in un ambiente di sicurezza in
via di deterioramento. Il ritiro delle truppe potrebbe rendere più difficile
muoversi nel paese per le attività d’intelligence e di contrasto al nemico;
complicare l’addestramento delle Forze di Sicurezza Nazionale Afgane
(ANSF), molto migliorate grazie alla partnership con le Forze NATO;
aumentare la possibilità che i Talebani consolidino il proprio controllo su
zone importanti dell’Afghanistan; e provocare conflitti etnici e regionali.
Detto questo, l’attuale approccio statunitense è a un punto critico. Il
Presidente Barack Obama effettuerà una revisione nel dicembre 2010 con
l’idea di iniziare a diminuire le truppe nel luglio 2011. Questa revisione
dovrebbe comprendere qualcosa in più di una semplice valutazione su
quali province e distretti siano oggi in grado di garantire la guida della sicurezza afgana. Dovrebbe segnare l’inizio di un’analisi lungimirante sul progresso globale fatto, per capire se la strategia stia funzionando o meno.
Dovrebbe dare risposta a delle domande fondamentali: c’è stato un miglioramento significativo nelle capacità dell’ANSF? Sta cambiando l’impegno
contro l’insurrezione nelle aree in lotta? Quando le operazioni NATO avranno avuto luogo si potrà tornare a una vita normale? Sono stati fatti dei pro12
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gressi nella costruzione del potenziale civile e di sicurezza locali? Il governo di Kabul ha intrapreso iniziative serie a contrasto della corruzione?
Se fosse necessario più tempo per effettuare una valutazione completa, la
revisione verrebbe estesa fino al 2011. Il Presidente ha affermato che gli
Stati Uniti continueranno l’aumento di truppe fino a luglio 2011. Se ci sarà
la sicurezza che l’attuale strategia funzioni, allora gli Stati Uniti dovrebbero
essere messi nella condizione di diminuire le truppe velocemente già da
luglio, in base alle condizioni sul campo, come ha annunciato il Presidente.
Se così non fosse, comunque, si garantirà una diminuzione più significativa
fino ad arrivare a una missione militare di minore portata. Gli Stati Uniti
non sono, in ogni modo, in grado di giustificare l’intensità dello sforzo che
stanno compiendo oggi se non hanno il pieno sostegno del governo afgano.
Washington dovrebbe perseguire una strategia politica che continui a fare
pressioni sul Presidente afgano Hamid Karzai affinché effettui le riforme
necessarie, con un occhio alla questione del contrasto alla corruzione, ma
cercando contemporaneamente di amplificare le voci dei leaders afgani,
locali e provinciali, dei partiti politici e del parlamento.
La strategia in Pakistan dell’Amministrazione Obama, ha generato una
partnership più forte con le autorità militari e civili, aiuti più mirati e
sostanziali e un’incessante sequenza di attacchi da parte dei droni aerei
sulle reti di milizie che operano nelle FATA, Federally Administered Tribal
Areas, le aree tribali ad Amministrazione federale. L’impegno statunitense
a una partnership strategica a lungo termine con il Pakistan è una mossa
critica nel tentativo di garantire l’azione pachistana contro i gruppi di milizie presenti all’interno dei territori pachistani. La tragica alluvione di agosto ha avuto l’effetto sia di dimostrare l’impegno statunitense nell’assicurare un benessere stabile alle popolazioni pachistane che di compromettere
molto del lavoro che gli Stati Uniti hanno fatto. Per impedire che il
Pakistan venga travolto da un crollo economico e politico è necessario che
si continui a garantire una risposta concreta.
Scriviamo questo resoconto nel rispetto del sacrificio che gli americani
stanno già facendo in Afghanistan. Noi rispettiamo l’impegno del
Presidente in una guerra faticosa e le decisioni che egli ha preso con lo
scopo di proteggere la sicurezza nazionale statunitense. Siamo ben consapevoli della reale minaccia che abbiamo davanti. Ma siamo anche consci dei
costi della strategia attuale. Non possiamo accettare di pagare un prezzo
simile a meno che la strategia non cominci a dar segni di successo.
La minaccia
I militanti che operano in Afghanistan e Pakistan costituiscono una minaccia diretta per gli Stati Uniti e i loro alleati. Essi mettono a rischio la stabilità del Pakistan, una potenza nucleare che vive una pace non facile con il
proprio rivale, l’India.
Le operazioni militari condotte dagli Stati Uniti e dalla NATO hanno smantellato la maggior parte dei campi di addestramento internazionali dei terroristi in Afghanistan. Ma i leaders supremi di al-Qaeda e gli altri terroristi
internazionali sono fuggiti in Pakistan da dove continuano a programmare
attacchi contro l’America e i suoi alleati.
Dall’undici settembre c’è stata almeno una dozzina di seri tentativi – alcuni
di successo, altri sventati – di attaccare gli Stati Uniti e gli alleati americani, progettati o supportati da gruppi che stanziano sul confine afgano-pakistano. Fra questi ci sono l’autobomba a Times Square del 2010; il complotAcque & Terre 6-2010
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to per colpire la metropolitana di New York nel 2009; il progetto di attaccare il sistema metropolitano di Barcellona nel 2008; il progetto di attentati
su linee aeree transatlantiche del 2006; l’attacco alla metropolitana di
Londra che costò la vita a 52 civili nel 2005; l’attacco di Madrid nel 2004
con la strage di 191 civili; le esplosioni a Bali nel 2002 che uccisero 202
civili, e altri complotti noti e non al grande pubblico.
Le operazioni militari compiute in Afghanistan e gli attacchi missilistici
effettuati sulla parte pachistana del confine hanno esercitato un’intensa
pressione su al-Qaeda e sulle altre milizie. Ma gli Stati Uniti non potranno
sradicare la minaccia costituita da al-Qaeda senza indebolire gli altri gruppi
estremisti presenti nella regione, che le offrono risorse e un riparo scuro,
tra questi ci sono i Talebani afgani. Una parte dei Talebani afgani può essere introdotta nella discussione politica in Afghanistan, non sono la stessa
cosa di al-Qaeda. Ma altri elementi talebani hanno stabilito profonde connessioni ideologiche ed operative con al-Qaeda. Alcuni di questi, che comprendono i miliziani della rete Haqqani e i gruppi alleati come Lashkar-eTaiba (LeT), sono già attivi in Afghanistan e le loro ambizioni non si limitano alle aree tribali pachistane. Gli Stati Uniti non possono permettersi di
sottostimare la minaccia che questi elementi sarebbero in grado di rappresentare per la sicurezza americana se riuscissero a guadagnare uno spazio
operativo maggiore in Afghanistan. E gli Stati Uniti non possono nemmeno
trascurare il fatto che i terribili metodi dei talebani li abbiano resi terroristi
a casa propria. E non v’è ragione alcuna di aspettarsi che tutto ciò sia cambiato. Un consolidamento dei talebani comporterebbe oltraggi brutali contro la cittadinanza afgana, le donne in particolar modo.
Mentre il radicalismo di al-Qaeda ha guadagnato dei punti d’appoggio insidiosi un po’ ovunque, anche nello Yemen e in Somalia, le regioni di confine
fra l’Afghanistan e il Pakistan continuano ad essere un rifugio e il quartier
generale dei massimi leaders di al-Qaeda. Al-Qaeda e i suoi affiliati hanno
profondi legami con questa regione il che la rende una casa base piuttosto
pericolosa. Lo stesso Afghanistan rappresenta una chiamata alle armi per i
jihadisti internazionali che sono convinti di aver rovesciato l’Unione
Sovietica proprio in quelle terre.
Un rifugio talebano che crei spazio ai terroristi non è l’unico scenario
potenzialmente pericoloso. Le sommosse in quei luoghi – forse anche una
sanguinosa guerra civile – potrebbero causare una crisi di rifugiati, attrarre
gli avversari regionali e destabilizzare il Pakistan e tutta la regione.
L’aumento della militanza afgana potrebbe diffondersi nel Pakistan che è
già alle prese sia con una pericolosa guerriglia che con sfide economiche e
politiche.
Il problema della lotta alle reti terroristiche regionali si combina col fatto
che il Pakistan attribuisce delle differenze sostanziali a questi gruppi.
Agisce con fare aggressivo contro quelli che hanno sferrato attacchi allo
stato, come i Talebani pachistani, mentre gli elementi dei servizi di sicurezza forniscono sostegno attivo e passivo a quei gruppi che colpiscono
l’Afghanistan, l’India e gli altri. I leaders dei Talebani afgani hanno operato
da dentro il Pakistan sin da quando sono stati rovesciati dagli Stati Uniti e
molti dei loro elementi di spicco fanno la spola da lì alla guerra afgana portando rifornimenti dai santuari pachistani.
La rete Haqqani – affiliata ai Talebani afgani che operano all’interno delle
FATA pachistane – è responsabile di una serie di attacchi su obiettivi statunitensi, afgani e indiani in Afghanistan. Le altre organizzazioni paramili14
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tari, come il LeT, colpevole del mortale attacco a Mumbai nel novembre
2008, vengono virtualmente considerate intoccabile dalle autorità pachistane. Un altro attentato terroristico della stessa potenza potrebbe provocare una crisi disastrosa fra il Pakistan e l’India. Anche il LeT è uno di
quei gruppi terroristici che reclutano seguaci fra i cittadini degli Stati
Uniti, cercando di estendere la propria portata ed evitare di essere scoperti. Lasciati senza controllo, il LeT e i suoi affiliati potrebbero alla fine
superare al-Qaeda come organizzazione terroristica più sofisticata e pericolosa al mondo.
Nonostante l’impegno di più di centoquarantamila soldati pachistani – e la
perdita di duemila di loro – usati per contrastare i Talebani pachistani, i
terroristi hanno continuato a perpetrare audaci attacchi nelle principali
città del Pakistan. L’esistenza di estese reti di milizie che prendono di mira
il Pakistan e il suo governo, sono particolarmente pericolose alla luce dell’espansione del programma nucleare pachistano che conta un numero di
testate che va da ottanta a cento. Pur essendo l’esercito pachistano quello
che ha attualmente il controllo dell’arsenale nucleare, potrebbero verificarsi delle circostanze nelle quali l’instabilità pachistana alla fine arrivi a provocare una diversione del materiale nucleare in mani pericolose.
L’estremismo e il terrorismo in Pakistan si nutrono delle sfide che questo
paese si trova ad affrontare. Le devastanti inondazioni del 2010, così come
il terremoto dell’ottobre 2005, hanno messo in evidenza la tragica vulnerabilità di decine di milioni di cittadini pachistani. Il rapido incremento nella
popolazione, la diminuzione delle risorse naturali e le deboli prospettive
economiche aprono la porta all’alienazione pubblica e alle violenze interne.
Le istituzioni pachistane, pubbliche e private, non sono preparate per
affrontare queste sfide senza un’intensa assistenza che proviene da fuori.
Questo periodo, così pieno di necessità, fornisce l’opportunità ai gruppi
militanti, molti dei quali sono armati anche con la beneficenza, di ottenere
un vantaggio dal vuoto di potere e di espandere le proprie reti.
Quest’ultima tragedia potrebbe risultare schiacciante per un governo, quello del Pakistan, che non è in grado nemmeno in circostanze normali, di fornire sostegno al proprio popolo.
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Gli obiettivi strategici statunitensi
In Pakistan l’obiettivo degli Stati Uniti è quello di compromettere e sconfiggere i gruppi terroristici che minacciano, da lì, gli interessi americani e di
impedire dei tumulti che mettano in pericolo lo stato pachistano e a rischio
la sicurezza del programma nucleare pachistano. Questi obiettivi richiedono la stabilità del partner pachistano. Pur nel mezzo della crisi dovuta
all’alluvione e del conseguente tentativo di ripresa, Washington dovrebbe
provare ad incoraggiare il Pakistan a rafforzare i suoi sforzi per combattere, senza equivoci, il terrorismo e l’estremismo. Un passo avanti nella
cooperazione bilaterale e nel contributo alla stabilità economica, politica e
militare del Pakistan sono elementi essenziali di questo sforzo. Comunque
sia, Washington non può essere l’unica a impegnarsi nella partnership. Per
mantenere lo slancio verso il futuro, il Pakistan dovrà anche dimostrare di
poter produrre una cooperazione più stretta su questioni di sostanziale
interesse per gli Stati Uniti.
In Afghanistan gli Stati Uniti cercano di impedire che il paese si trasformi in una base per i gruppi terroristi che prendono di mira l’America e i
suoi alleati e di diminuire le probabilità che l’Afghanistan ritorni a una
guerra civile che destabilizzerebbe la regione. Dopo nove anni di guerra
gli Stati Uniti devono impegnarsi per raggiungere questi obiettivi a un
costo che necessiterà del continuo sostegno dell’opinione pubblica statunitense. Condizione che si potrà raggiungere più facilmente mettendo gli
afgani in condizione di prendersi a carico una responsabilità maggiore
per la loro stessa sicurezza e lavorando con gli altri stati regionali per
migliorare la stabilità dell’area di modo che la presenza delle truppe statunitensi possa diminuire. In Afghanistan una condizione accettabile, che
si verifichi alla fine di tutto, potrebbe essere quella in cui la popolazione
afgana sia sicura e forte abbastanza da impedire che nascano nuove cellule sicure per i terroristi dentro il territorio afgano e che si eviti di ricadere nella guerra civile senza fare affidamento sulle forze militari statunitensi e internazionali.
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Le strategie e le politiche attuali degli Stati Uniti
In Pakistan gli Stati Uniti si sono pubblicamente impegnati in una relazione
concreta e stabile con i leaders militari e civili, considerandola il metodo
migliore per raggiungere gli obiettivi di sicurezza statunitensi. Nei frequenti dialoghi ad alto livello, l’Amministrazione Obama ha cercato di influenzare le considerazioni strategiche dei leaders pachistani, convincendoli che
per il Pakistan la
soluzione migliore
sarebbe quella di
espandere le proprie
operazioni contro il
terrorismo e le
insurrezioni, rafforzare la capacità del
governo di essere
utile alla propria
gente e potenziare
la salvaguardia del
programma nucleare
pachistano.
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Washington, contemporaneamente, ha esteso e intensificato l’uso degli
attacchi coi droni contro i terroristi che si trovano lungo il confine afgano,
agendo in autonomia dove Islamabad non è stata in grado di agire o non ha
voluto.
Gli sforzi di Washington mirano a rinsaldare la stabilità pachistana contro le
molteplici minacce che questa deve affrontare, dall’estremismo e la militanza, all’instabilità economica e politica e la pressione che l’assistenza e la
ricostruzione su vasta scala del dopo alluvione stanno esercitando sull’esercito e sul governo civile. Negli ultimi anni il Congresso statunitense ha dato
il consenso a triplicare l’assistenza non-militare al Pakistan, fino a raggiungere la cifra di un miliardo e mezzo di dollari l’anno. Washington provvede
anche ai rimborsi e all’assistenza militare al Pakistan che nell’anno fiscale
2010 hanno totalizzato quasi due miliardi di dollari.
In Afghanistan la strategia corrente degli Stati Uniti cerca di indebolire gli
insorti talebani sul campo; fornisce addestramenti sulla sicurezza e assistenza alla popolazione afgana di modo che possa difendersi da sola; e assiste il governo afgano nel fornire i servizi primari, per privare l’insurrezione
del sostegno popolare creando le condizioni grazie alle quali si arrivi a una
situazione stabile e sicura nel momento in cui le forze della NATO lasceranno il paese. Il Presidente Obama ha investito in un aumento di truppe,
con l’aumento corollario delle risorse civili, in grado di dare a questa strategia un nuovo slancio.
Per la prima volta le forze statunitensi hanno preso di mira le fortezze dell’insurrezione in Afghanistan meridionale con operazioni imponenti, contendendo territori dove l’influenza dei talebani, virtualmente, non ha avuto
concorrenti per anni.
Per indebolire i Talebani, gli Stati Uniti hanno esteso le operazioni convenzionali, potenziato di molto le attività delle forze speciali che prendono di
mira i leaders talebani di importanza secondaria e aumentato la raccolta
d’intelligence. L’esercito statunitense si è impegnato a rafforzare l’ANA,
l’Esercito Nazionale Afgano e la Polizia Nazionale Afgana, ANP, ma anche
le unità difensive locali attraverso operazioni di addestramento, equipaggiamento, affiancamento, e partnership. Esercitando delle pressioni sui
Talebani ha iniziato a porre le condizioni per una soluzione politica a livello
radicale, incoraggiando il reintegro dei combattenti talebani che hanno
abbandonato l’insurrezione. A livello più alto, ha supportato la riconciliazione con il leaders talebani nel caso in cui essi si adeguino a determinate
condizioni.
Sul fronte civile gli Stati Uniti stanno lavorando coi funzionari afgani, nazionali e locali, per diminuire la corruzione e rendere il governo più responsabile delle necessità della popolazione. Washington ha fatto una serie di tentativi per assicurarsi la piena collaborazione del Presidente Karzai e del suo
governo. Altra assistenza statunitense, specialmente nel settore agricolo, è
stata devoluta a potenziare le opportunità economiche in modo tale che gli
afgani abbiano alternative alla insurrezione e alle attività illecite come il
traffico di stupefacenti.
Le sfide sul campo
Quando ha assunto il suo incarico, in Afghanistan e Pakistan, il Presidente
Obama ha ereditato una situazione difficile e deteriorante. La leadership di
al-Qaeda è rimasta arroccata lungo la minacciosa landa delle regioni tribali
di confine. I militanti estremisti hanno minacciato di espandere la propria
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influenza sui territori del Pakistan nord-occidentale, l’economia nazionale
pachistana è crollata e il nuovo governo civile di Islamabad ha cercato di
affermarsi dopo quasi un decennio di regime militare. Gli sforzi pachistani
di affrontare l’estremismo e l’insurrezione sono rimasti deboli e sono stati
profusi incoerentemente. L’eco degli attacchi terroristici di Mumbai del
2008 viene ancora percepita e si concretizza nell’aumento di tensioni fra
India e Pakistan.
In Afghanistan, l’influenza talebana era in aumento e l’attacco si è spostato
contro la coalizione internazionale e il governo di Kabul. Le violenze, causa
fra le altre cose di morti fra i civili afgani, hanno raggiunto livelli mai visti
da dopo l’invasione iniziale statunitense post undici settembre. La debolezza e la corruzione del governo di Kabul hanno contribuito alla rinascita
talebana e l’ANSF non ha avuto le risorse necessarie a potenziare il reclutamento, l’addestramento e le capacità operative.
A quasi due anni dall’inizio dell’Amministrazione Obama, persistono molte
delle sfide fondamentali della regione. Le aggressive operazioni antiterrore
hanno compromesso la leadership di al-Qaeda e quella talebana ma la maggior parte dei membri anziani dell’organizzazione è ancora in libertà e il
gruppo costituisce ancora un pericolo. Le sfide militari, politiche ed economiche dell’Afghanistan sono state ostinatamente inestricabili.
In Afghanistan meridionale sono state effettuate operazioni critiche di
contro-guerriglia ma si sono svolte più lentamente e a un costo maggiore
di quanto fosse stato pronosticato inizialmente. Gli sforzi alleati di costruire l’ANSF sono stati alimentati da nuove risorse e da una struttura di leadership, ma restano lavori in corso. Le elezioni presidenziali in
Afghanistan, nell’autunno 2009, si sono svolte in modo profondamente
irregolare, hanno infangato il governo Karzai e inciso su una già difficile
relazione fra Washington e Kabul. La nuvola nera della corruzione pubblica e la debolezza delle istituzioni statali afgane continuano ad alimentare
la causa talebana. Il Presidente Karzai è un partner incerto. E in tutto il
periodo, il numero di vittime correlate alla guerra, sia statunitensi che
alleate, è cresciuto.
Il Pakistan ha intrapreso passi costosi e lodevoli per contrastare i combattenti scelti lungo il confine afgano, ma i suoi sforzi contro i gruppi terroristi
che minacciano Afghanistan, India e Stati Uniti – specialmente i Talebani
afgani e il LeT – fino ad ora sono stati vani. Alcuni elementi dell’apparato
di sicurezza pachistano continuano a fare distinzioni fra gruppi militanti,
ritenendo che alcuni di questi siano un vantaggio strategico sull’India, mentre altri una protezione contro i tumulti afgani. Il rapporto tra Islamabad e
Nuova Nuova Delhi è migliorato ma le scintille fra Pakistan e India potrebbero tutte riaccendersi con troppa facilità. L’economia e la stabilità politica
del Pakistan continuano ad essere praticate in condizioni pesanti.
L’alluvione devastante ha acuito i problemi che Islamabad deve affrontare.
A breve molta dell’energia pachistana sarà esaurita nel tentativo di rispondere alle necessità alimentari, di fornire un tetto e l’assistenza medica agli
sfollati interni. L’esercito pachistano dovrà dedicarsi alla gestione del disastro, pertanto sarà improbabile che possa concentrarsi sulle operazioni di
lotta al terrorismo e di contro-insurrezione con la stessa intensità degli
anni passati. Perché la popolazione pachistana, numerosa e in crescita, raggiunga la stabilità, è necessario che gli sforzi post-alluvione vadano ben
oltre il riparare o ricostruire le infrastrutture in rovina che esistevano
prima del disastro.
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Giudicare i progressi
Per proseguire con l’attuale corso in Pakistan e Afghanistan, e con i sacrifici che questo comporta, i progressi devono essere tangibili e tempestivi.
In assenza di un progresso sostenuto, costi e benefici relativi all’attuale
approccio dovranno essere ricalcolati e dimensionati su una missione
ridotta. La questione cruciale è come l’America deve valutare i progressi.
Nel breve/medio termine, l’alluvione del Pakistan porterà la capacità dello
stato al limite. Le priorità di Islamabad dovranno necessariamente iniziare
dalla ripresa dal disastro e dalla ricostruzione. Gli Stati Uniti devono continuare a guidare la risposta mondiale. Se Islamabad è impantanata nel
disastro allora è probabile che abbandoni gli sforzi nell’ambito della sicurezza.
Anche se Islamabad lotta con l’alluvione e le sue conseguenze, si ritroverà
ancora a dover prendere delle decisioni per le rivolte nei suoi territori e
su come gestire i militanti che minacciano gli interessi statunitensi, tra
loro i LeT e gli esponenti dei Talebani afgani responsabili degli attacchi
alle forze statunitensi. Sarà difficile giustificare un’assistenza militare continua se Islamabad scegliesse di continuare ad
alimentare o ospitare
questi gruppi. Le zone
più colpite dall’alluvione
sono focolai storici di
militanza. Sarà importante come Islamabad
gestirà l’assistenza alle
popolazioni delle zone
alluvionate nord-occidentali del Pakistan e
della cinta tribale lungo
il confine afgano, di
recente distrutta da un
disastro per mano dell’uomo, l’insurrezione.
L’America dovrà anche
preoccuparsi di come il
governo gestisce la zona centrale del Punjabi, dove il ruolo degli affiliati
al LeT e dei suoi simpatizzanti pone una minaccia al Pakistan, all’India e
sempre più anche agli Stati Uniti. Deve essere ben chiaro, sia agli americani che ai pachistani, che un attacco compiuto sul suolo statunitense da
uno di questi gruppi contribuirebbe ad indebolire la partnership tra
l’America e il Pakistan. Gli Stati Uniti hanno la necessità di aiutare il
Pakistan a rispondere alla crisi causata dall’alluvione in un modo che conquisti la fiducia della popolazione e non giochi a vantaggio dei gruppi di
milizie.
Per quanto riguarda l’Afghanistan, la prossima revisione della strategia
americana è in agenda per il mese di dicembre 2010. Tale strumento
dovrà essere una valutazione minuziosa che indichi se siano stati fatti sufficienti progressi globali per concludere che la strategia sia efficace. I progressi saranno difficili da misurare, ma sarà necessario valutarli.
L’Amministrazione Obama deve valutare questioni come la capacità
dell’ANSF; la forza dei Talebani nelle zone contese; fino a che punto la
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vita è tornata a livelli di normalità nei territori messi in sicurezza di
recente; i progressi nella costruzione della sicurezza locale e del potenziale civile; e la serietà con la quale il governo di Kabul sta combattendo la
corruzione fra i suoi ranghi.
Il Presidente Obama ha detto che gli Stati Uniti continueranno l’aumento
delle truppe fino al prossimo luglio. Se la revisione dovesse accertare che
sono stati fatti dei progressi, allora gli Stati Uniti dovrebbero ritirare l’esercito prontamente di distretto in distretto a seconda delle condizioni, in
linea con le intenzioni espresse dal Presidente. Comunque, se la revisione
accertasse che l’attuale strategia non funziona, verrebbe comunque
garantito il passaggio a una missione più limitata con una sostanziale
diminuzione delle forze. La revisione dovrebbe estendersi anche al 2011
se fosse necessario più tempo per arrivare a una valutazione chiara.
Le opzioni strategiche
Esistono diverse opzioni strategiche disponibili agli Stati Uniti se
l’Amministrazione dovesse ritenere che la strategia in atto oggi non sta
funzionando. In Pakistan, Washington potrebbe cambiare propensione
rispetto alla sua tendenza attuale di gratificare ed incoraggiare la cooperazione bilaterale a lungo termine. Si potrebbe ritrovare, invece, a intraprendere attacchi militari unilaterali sempre più aggressivi contro i terroristi che agiscono dal territorio pachistano, ad applicare sanzioni e diplomazia coercitiva o una serie di restrizioni finanziarie, legali e diplomatiche
per controllare il flusso di popolazione, di beni, di denaro e di informazioni da e per il Pakistan. Alla strategia di contenimento e coercizione
potrebbe venire affiancata una chiara inclinazione diplomatica verso
l’India, con Nuova Delhi principale partner strategico e nelle operazioni
anti-terrorismo della regione.
In Afghanistan un’alternativa all’attuale strategia contro-insurrezonale
potrebbe essere il passaggio a unità contro-terroristiche più piccole,
altamente mobili, coadiuvate da una sorveglianza estesa e da attività
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aeree. Washington potrebbe fornire assistenza a una serie di alleati afgani, incluso quel che resta del governo di Kabul e a una serie di diversi
partners locali, in cambio di operazioni anti-terroristiche. Ciò potrebbe
rivelarsi una spinta in avanti nei negoziati coi talebani. Una simile strategia ridurrebbe i costi della guerra. L’impegno di Washington sarebbe
devoluto più a gestire la minaccia terroristica che a cercare un’opzione
afgana sostenibile.
Queste alternative portano con sé dei rischi. In Pakistan, cambiare e
cominciare a dare il bastone senza dare anche la carota è probabile che
arrivi a provocare una reazione molto dura e difficilmente incoraggerà
un aumento di cooperazione fra il Pakistan e gli Stati Uniti nella tutela
degli interessi americani. È probabile che una linea dura destabilizzi il
Pakistan, consolidi il sentimento antiamericano nella popolazione e alimenti il conflitto tra Stati Uniti e Pakistan sul lungo termine. Impegno,
partnership e investimenti – con dei markers di progresso – sono più
adatti ad incoraggiare risultati opportuni a sostegno degli obiettivi congiunti.
In Afghanistan, una strategia a basso impatto ha qualche svantaggio significativo. Gli Stati Uniti si troverebbero ad operare in un ambiente di sicurezza deteriorato con dei partners afgani sempre meno comprensivi. Ci
sarebbero meno forze in grado di affiancare le truppe afgane, il modo
migliore per potenziare le loro capacità. Le forze statunitensi potrebbero
trovare più difficile muoversi nel paese per la raccolta d’intelligence e l’attacco al nemico. Un impatto morbido potrebbe aumentare il rischio che si
rinnovi la guerra civile in Afghanistan, una guerra che porta con sé la
potenzialità di evolvere fino a causare una guerra regionale per procura,
mettendo sotto scacco un Pakistan già eccessivamente oberato.
Un’impronta leggera chiederebbe comunque che migliaia di soldati statunitensi restino in Afghanistan in condizioni sempre più ostili.
Tenendo a mente queste considerazioni dovranno venire effettuate scelte
strategiche basate su una valutazione rigorosa di costi e benefici relativi.
Gli Stati Uniti dovranno essere preparati a considerare altre opzioni se gli
sforzi attuali non dovessero riuscire a raggiungere abbastanza progressi
da giustificare il loro alto costo.
Raccomandazioni
Il primo punto all’ordine del giorno di Washington in Pakistan dovrà essere quello di affrontare le estreme emergenze umanitarie e i disordini causati dall’alluvione di quest’estate. Se il Pakistan non riuscirà ad affrontare
la crisi, non potrà sperare di contrastare le altre minacce alla sicurezza
interna, regionale o internazionale. In generale il modo migliore per gli
Stati Uniti di affrontare la sfida che il terrorismo e la sicurezza nucleare
pongono in Pakistan è lavorare fianco a fianco con un partner stabile a
Islamabad.
Per rafforzare il legame che tiene uniti gli Stati Uniti al Pakistan e contribuire alla stabilità economica di quest ultimo nel periodo successivo a un
disastro naturale spaventoso, l’Amministrazione Obama dovrebbe considerare prioritario – e il Congresso dovrebbe approvarlo – un accordo che
garantisca un accesso preferenziale al mercato al tessile pachistano.
Questo accordo contribuirebbe a ravvivare la devastata industria pachistana e tutti i settori economici connessi incluso quello del cotone coltivato in Pakistan. Per rafforzare ulteriormente la stabilità pachistana gli
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SPECIALE
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The U.S.
U.S. Army
Army
Stati Uniti dovranno mantenere gli attuali livelli di assistenza economica
e tecnica per aiutare i leaders civili e militari a ricostituire e stabilire il
controllo sulle zone più colpite dall’alluvione, anche in quelle contese
militarmente. L’assistenza americana dovrebbe anche incoraggiare gli
investimenti del settore privato nelle regioni coinvolte nel conflitto e
devastate dall’alluvione. Per forgiare il sostegno pachistano a un rapporto Stati Uniti-Pakistan l’America deve muoversi rapidamente per implementare progetti d’assistenza ad alto profilo e dovrebbe anche avvicinarsi, su basi sostenibili, ad alleati non tradizionali nella società pachistana,
inclusi gli interessi nel campo del business, gli educatori, i media locali e
le ONG.
Pur coltivando una collaborazione più stretta con Islamabad e contribuendo a rialzare lo stato e l’economia pachistani, gli Stati Uniti hanno
ancora la necessità di perseguire una rettifica dei calcoli strategici del
Pakistan sull’uso della militanza come strumento di politica estera.
Washington dovrebbe continuare a far capire chiaramente a Islamabad
che, in generale, l’assistenza e la partnership statunitense dipendono
dalle azioni intraprese contro il LeT, i Talebani afgani, la rete Haqqani in
particolar modo e i gruppi collegati al terrorismo internazionale. Queste
sono richieste sostanziali per una partnership e un’assistenza statunitense a lungo termine.
Con la dimostrazione della generosità americana e l’assistenza in un
momento pericoloso per il Pakistan gli Stati Uniti apporteranno un beneficio strategico alla propria partnership. Il governo degli Stati Uniti dovrebbe simultaneamente continuare a rafforzare la propria capacità di raccogliere informazioni sensibili su questi gruppi e operare per ridurre la loro
capacità di compromettere gli interessi americani, afgani e indiani.
Washington dovrebbe aumentare la sua cooperazione con gli altri stati
regionali influenti, la Cina e l’Arabia saudita in particolar modo, per coordinare con loro il proprio messaggio a Islamabad su queste questioni.
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SPECIALE
Per ridurre le tensioni regionali che distolgono l’attenzione dalle operazioni anti-terroristiche e pregiudicano la stabilità del Pakistan, gli Stati Uniti
dovrebbero incoraggiare un progresso nei rapporti indo-pachistani.
Washington non dovrebbe tentare di imporsi nei negoziati fra i due stati.
È meglio un approccio indiretto. Gli Stati Uniti dovrebbero aiutare a
costruire un nuovo consenso per la pace aiutando a finanziare degli schemi internazionali per lo sviluppo che siano a beneficio sia del business che
delle popolazioni su entrambi i lati del confine indo-pachistano.
In Afghanistan il nucleo degli obiettivi di sicurezza americani può essere
raggiunto in modo migliore e più economico, facendo in modo di assegnare ai partners afgani un fardello maggiore. L’attuale campagna statunitense richiede una base più ampia di sostegno politico, locale e nazionale, di
quello che il governo Karzai e le sue istituzioni sono in grado di fornire.
Ancora peggio, il risentimento popolare contro le istituzioni di governo,
percepite come inefficienti, corrotte o addirittura predatorie, alimenta la
rinascita talebana. Per affrontare questo grosso ostacolo alla stabilità gli
Stati Uniti dovrebbero incoraggiare un’iniziativa con tre elementi complementari: una riforma politica, una riconciliazione nazionale e una diplomazia regionale.
Le riforme politiche dovrebbero mirare a garantire una voce più autorevole a una serie di parti afgane come i leaders locali e provinciali, i partiti
politici e il parlamento. Le riforme andrebbero ad integrare gli sforzi
attuali per combattere la corruzione e migliorare la capacita del governo
afgano. In particolare queste riforme dovrebbero costituire le basi per
gestire efficacemente i rapporti col Presidente Karzai. Il processo di riforma incontrerà una resistenza politica, non ultimo dal Presidente Karzai
ma gli Stati Uniti dovrebbero usare come strumento di scambio la propria
assistenza e la presenza militare per aiutare a guidare le riforme attraverso il sistema politico afgano. Allo stesso tempo Washington dovrebbe
sfruttare la propria influenza per far sì che i leaders d’opposizione e gli
importanti protagonisti minori afgani rivestano un ruolo negli attuali sforzi di riconciliazione con gli insorti. Questi gruppi condivideranno gli interessi principali di Washington nell’evitare un ritorno al terrorismo internazionale o allo spietato regime talebano del passato. Piuttosto che lasciare
il processo di riconciliazione al Presidente Karzai e alla sua ristretta base
di consenso Washington dovrebbe svolgere un ruolo attivo nel guidare un
ampio processo inclusivo con la consapevolezza che è improbabile si verifichi rapidamente uno spiraglio nei negoziati. La riforma e la riconciliazione afgane dovrebbero dunque venir supportate da un accordo diplomatico
regionale promosso dagli Stati Uniti.
Per promuovere l’affidabilità dell’Afghanistan come partner di sicurezza
gli Stati Uniti devono continuare a costruire delle forze di sicurezza afgana con un rapporto costo-efficacia appropriato al potenziale necessario a
proteggere la popolazione. Questo richiederà più addestratori sia dell’esercito che delle forze di polizia e anche un’espansione delle forze di stabilizzazione che operano nella comunità.
L’Afghanistan necessita di una base che si autosostenga per generare
entrate e posti di lavoro che riducano la dipendenza dall’assistenza internazionale. Per soddisfare questo bisogno gli Stati Uniti dovrebbero incoraggiare l’investimento nel settore privato nelle considerevoli risorse
minerarie ed energetiche dell’Afghanistan, nel settore agricolo e nelle
infrastrutture necessarie ad espandere il commercio nel paese.
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SPECIALE
La minaccia
Per valutare gli obiettivi statunitensi in Afghanistan e Pakistan è necessario
conoscere i reali problemi sul campo nella regione. Fra questi ci sono il terrorismo, l’estremismo, governi deboli e corrotti, povertà, armi atomiche e
rivalità regionali profondamente radicate. È probabile che nel corso del
tempo molte delle tendenze attuali peggiorino. In questo report ognuna di
queste sfide è esplorata nei dettagli.
Molte – ma non tutte – delle sfide più pericolose che provengono da
Pakistan e dall’Afghanistan sono interconnesse. In particolare la minaccia
della guerriglia è stata esportata in entrambe le direzioni lungo i loro confini condivisi per decenni. Membri dei Talebani pachistani ora cercano santuari in Afghanistan così come i Talebani afgani hanno stabilito i propri
santuari in Pakistan. Ognuna delle parti ha sofferto già a causa dell’insicurezza dell’altra, alimentando tensioni e sospetti reciproci. Se l’Afghanistan
dovesse ricadere nella guerra civile potrebbe trasformarsi nel terreno di
battaglia delle rivalità regionali, specialmente fra India e Pakistan. Se i disordini interni del Pakistan dovessero aumentare, la violenza si diffonderebbe in Afghanistan pregiudicando le sue prospettive di pace e sviluppo.
Pertanto, la posta in palio per la sicurezza globale e regionale è straordinariamente alta.
Il Pakistan
Che il Pakistan abbia, negli anni recenti, fatto progressi positivi spesso
non è riconosciuto. I media e la società civile hanno dimostrato una
straordinaria capacità di attivismo politico e sociale, ben evidenziato nelle
proteste degli avvocati che hanno spronato il ritorno ad un governo civile
ad Islamabad nel 2008. Sono stati fatti dei progressi anche nella lotta all’estremismo. Una maggioranza schiacciante di pachistani ha finito con l’apprezzare le operazioni dell’esercito contro i Talebani pachistani presenti
lungo il confine occidentale con l’Afghanistan. È estremamente facile
dimenticare quanto improbabile sembrasse questo cambiamento solo
pochissimi anni fa.
Nonostante questo, nel momento in cui scriviamo il Pakistan sta affrontando un inimmaginabile disastro naturale con implicazioni immediate e
dirette per decine di milioni di cittadini. La sofferenza umanitaria immediata causata dalle ultime alluvioni darà gradualmente il via a sfide sul
lungo periodo nel campo del recupero e della ricostruzione. Come il
Pakistan riuscirà a sobbarcarsi questo fardello, influenzerà il suo potenziale anche in molti altri ambiti, incluso quello della lotta all’estremismo e
alla guerriglia. Una simile fragilità in un paese delle dimensioni del
Pakistan è una sfida di proporzioni globali.
Il terrorismo
Il Pakistan è già una delle basi principali del terrorismo internazionale. Gli
sforzi dell’esercito e dell’intelligence statunitensi hanno già causato danni
sostanziali al potenziale di comando e controllo di al-Qaeda, soprattutto
nell’anno passato. Molte di queste operazioni sono state coordinate con i
funzionari pachistani. Al-Qaeda e i gruppi collegati si nascondono in zone
remote e quasi irraggiungibili, specialmente lungo il confine montuoso con
l’Afghanistan. Altri cercano rifugio nelle popolose città del Pakistan, come
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SPECIALE
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Karachi, che ospita quasi diciotto milioni di abitanti. I tre milioni di
Pashtun che si stima vivano a Karachi la rendono la comunità di quell’etnia più popolosa al mondo. Questi baluardi di terroristi spesso sono difficili da penetrare pur non essendo isolati. Le reti di comunicazione, trasporto e finanziamento del Pakistan forniscono ai terroristi la possibilità di
raggiungere tutto il mondo. Queste reti rendono anche difficoltoso impedire l’accesso alle risorse finanziarie e al reclutamento.
Il Pakistan è uno snodo attraente per i terroristi per almeno altre tre
ragioni. Primo, in Pakistan, i terroristi trovano una base di simpatizzanti
tra un’opinione pubblica che, per decenni, è stata inondata di retorica
estremista e ideologia. I partiti islamici e i gruppi settari sono attivi nelle
città e nelle istituzioni d’educazione superiore. Le tribù lungo il confine
hanno offerto riparo e sostegno ai terroristi per ragioni di antipatia condivisa verso gli Stati Uniti e i loro alleati, un consueto senso dell’ospitalità,
interessi finanziari e paura. L’anti-americanismo comunque dilaga. Oggi il
clima politico avvelenato offre pochi incentivi ai leaders del Pakistan,
anche quando questi riconoscono la minaccia che l’estremismo comporta,
per collaborare apertamente con gli americani.
Secondo, il Pakistan ha una lunga storia di sponsorizzazione ufficiale alla
guerriglia. Negli anni ottanta questa strategia è stata utile agli obiettivi a
breve termine degli Stati Uniti. Durante la jihad anti-sovietica degli anni
ottanta i servizi segreti pachistani erano il collegamento principale tra la
CIA americana e i combattenti mujaheddin afgani. Molti pachistani continuano a considerare il passato sostegno statunitense a questi gruppi come
la causa dell’attuale instabilità del loro paese.
Ma oggi le visioni statunitensi e pachistane sulla militanza divergono in
modo radicale. La connessione tra lo stato pachistano e i militanti estremisti è esistita a lungo dopo che l’Unione Sovietica è crollata e gli statunitensi hanno abbandonato la scena. Il Pakistan fa delle differenze tra i gruppi
militanti, oggi combatte vigorosamente contro i pachistani talebani – che
minacciano lo stato – mentre offre supporto, o chiude un occhio davanti
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SPECIALE
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alle loro azioni, a quei gruppi che rivolgono le loro violenze contro India,
Afghanistan, Stati Uniti e altri obiettivi che non siano il Pakistan.
Le ragioni di questa politica sembrano essere diverse. Alcuni elementi dell’esercito e dei servizi d’intelligence pachistani condividono ideologie
estreme. È difficile, se non impossibile, per uno spettatore esterno, capire
quanto siano significativi questi circoli di funzionari radicali. Altri funzionari pachistani credono ancora che le milizie possano essere controllate e
sfruttate per promuovere gli interessi strategici pachistani nella regione.
Essi in particolare ritengono che la guerriglia sia uno strumento necessario a gestire il rapporto con l’India, il più grande e sempre più importante
vicino del Pakistan. Per essi l’Afghanistan è un campo di battaglia critico
per gli interessi indo-pachistani in conflitto. Fornendo un santuario ai
miliziani afgani, credono di poter influenzare gli eventi in Afghanistan specialmente dopo il ritiro delle forze internazionali.
Quale che sia il fondamento logico, l’apparente strategia pachistana di fare
una distinzione fra le diverse organizzazioni militari è pericolosa. Va contro gli sforzi regionali e globali di sicurezza di Washington. Gli attacchi
oltre confine contro le forze statunitensi che hanno base in Afghanistan
(perpetrati dalla rete Haqqani, da Hizb-i Islami Gulbuddin e dai talebani di
Quetta Shura) potrebbero essere notevolmente ridotti se l’esercito pachistano chiudesse le basi di questi gruppi nel Pakistan.
La crescente dimensione globale e le ambizioni del LeT, un gruppo composto principalmente da pachistani di etnia Punjabi con forti legami storici
alla comunità d’intelligence pachistana
e ad al-Qaeda, fan sì che questo gruppo sia particolarmente minaccioso.
LeT sta diventando una rete del terrore globale. Gli hubs e gli operativi di
tutta l’Asia meridionale sono collegati
alle reti logistiche, di finanziamento e
reclutamento del Golfo Persico e
hanno trovato sostenitori e simpatizzanti in paesi occidentali come la Gran
Bretagna, il Canada e gli Stati Uniti. Il
direttore dell’intelligence nazionale
statunitense ha testimoniato affermando che il LeT «sta diventando ben più
di una minaccia diretta e ha in mente
obiettivi occidentali in Europa».
Lasciati liberi di agire, LeT e i gruppi
affiliati potrebbero alla fine rivaleggiare con al-Qaeda in quanto organizzazione terroristica più sofisticata e pericolosa.
Gli attacchi del Let del novembre 2008
a Mumbai offrono un esempio recente
di come i terroristi che hanno base in
Pakistan siano in grado di minacciare i
cittadini statunitensi e di innescare
una pericolosa guerra tra due potenze
nucleari, l’India e il Pakistan. Esistono
diversi gruppi in Pakistan che sono
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SPECIALE
intenzionati e perfettamente in grado di colpire ancora una volta obiettivi
indiani. Il contenimento militare indiano non può essere preso per certo
nel caso di un altro attacco. Un’escalation di tensioni tra Islamabad e
Nuova Delhi comprometterebbe gli obiettivi statunitensi, deviando le
risorse e le attenzioni di Islamabad dalle operazioni contro le milizie lungo
il confine occidentale alla difesa dei confini orientali in caso di rappresaglia indiana. Un conflitto indo-pachistano potrebbe anche interrompere gli
sforzi statunitensi in Afghanistan, compromettendo i fondamentali corridoi di forniture del Pakistan attraverso i quali viaggiano circa tre quarti di
tutte le forniture NATO.
L’ultimo motivo per cui il Pakistan rimane un porto sicuro per i terroristi è
che lo stato ha lottato per imporre la sua autorità anche quando i suoi leaders avevano deciso di opporsi a terroristi e insorgenti. Fra il 2001 e il
2010 il Pakistan ha sofferto la perdita di quasi 2300 soldati principalmente
nelle operazioni lungo il confine afgano. Negli anni passati, l’esercito e le
pattuglie di frontiera hanno migliorato la propria capacità di liberare i fortini militari ben protetti, ma hanno avuto un lavoro ben più difficile a mantenere questi traguardi senza istituzioni civili efficienti che intervenissero
e amministrassero l’ordine e la legge o fornissero l’accesso ai servizi di
base. Le forze di polizia, deboli o inesistenti, e le limitate strutture giudiziarie possono aver contribuito al problema, riportato, di uccisioni illegali
da parte delle truppe pachistane in zone che una volta erano controllate
dai talebani. In queste condizioni c’è motivo di temere che le pesanti operazioni dell’esercito pachistano è probabile causino nuove lagnanze locali
ma anche che estirpino reti militari fisse.
Le istituzioni deboli
Quando ci si ritrova a valutare il futuro del Pakistan, queste sfide militari
immediate svaniscono se paragonate all’enorme impresa di mantenere la
presa contro l’estremismo e la guerrglia all’interno della società pachistana.
Le istituzioni civili del Pakistan, specialmente le forze giudiziarie e di polizia, sono troppo spesso deboli e corrotte. Per la maggior parte dei pachistani la sopravvivenza economica è una sfida, la sicurezza è poca e la giustizia è lenta. Questi fallimenti statali alienano il pubblico e alimentano l’estremismo. Ancor peggio, i FATA del Pakistan lungo il confine afgano sono
governati tramite un sistema di autonomia tribale limitata, ereditato
dall’Impero britannico, che non è mai stato inteso per fornire le caratteristiche amministrative di uno stato moderno. Le strutture che esistono sono
state compromesse da decenni di conflitto. Le milizie hanno sfruttato questo vuoto di potere spesso anche eliminando fisicamente gli anziani capi
tribali e imponendo la propria autorità.
La debolezza delle istituzioni pubbliche del Pakistan pone serie questioni
sulla stabilità a lungo termine del paese. L’alluvione del Pakistan peggiorerà
le sfide che questo paese deve affrontare, deviando le già scarse risorse
dagli investimenti sulle necessarie infrastrutture alla risposta umanitaria,
alla ripresa e alla riabilitazione. Invece di progredire il Pakistan ora si trova
a dover lottare duramente per smettere di retrocedere ulteriormente. Un
rapido incremento della popolazione – che secondo le stime di crescita raggiungerà i trecento milioni di individui entro la metà del secolo – porrà un
ulteriore aggravio sulle risorse nazionali. Oggi due terzi dei pachistani vivono con meno di due dollari al giorno. Acqua potabile, cibo, energia e terra
cominceranno a scarseggiare. Le città del Pakistan pongono delle sfide parAcque & Terre 6-2010
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SPECIALE
ticolari. Ad esempio, Karachi – che contribuisce all’economia nazionale per
un buon 60% – è messa a dura prova da una rapida crescita della popolazione e spaccata in due dalla frammentazione etnica e politica. Istituzioni
civili inefficienti non saranno in grado di educare la popolazione pachistana, costruire infrastrutture pubbliche o mantenere la pace.
Senza il contributo dell’assistenza estera o una crescita economica molto
più rapida di ora, il Pakistan non sarà in grado di creare i due milioni di
posti di lavoro l’anno che si stima siano necessari a limitare la disoccupazione. In queste condizioni l’enorme popolazione giovane (oggi quasi sessanta pachistani su cento hanno meno di ventiquattro anni) sarà più esposta all’estremismo ideologico e alla violenza contro lo stato.
Le tumultuose politiche del Pakistan e il continuo passaggio dalla gestione
militare a quella civile e viceversa sono parzialmente da biasimare per la
debole performance di leaders e amministratori. Anche l’incertezza e lo
scompiglio politici hanno ridotto la crescita economica scoraggiando l’investimento privato. L’ultima transizione politica del Pakistan, iniziata con le
elezioni nazionali nel febbraio 2008, non ha ancora generato un pieno consolidamento democratico. Dopo le dimissioni del Presidente Musharraf, l’esercito si è velocemente ritirato dalla ribalta delle politiche pachistane ma
un’analisi più ravvicinata rivela che continua a esercitare autorità su tutte
le questioni importanti di difesa nazionale e politica estera. La classe politica del Pakistan è stata troppo compromessa da scaramucce partigiane e
dalle enormi sfide del settore civile per costituire una seria minaccia all’autorità militare. Ad oggi l’esercito del Pakistan sembra soddisfatto della propria autonomia e dimostra un’inclinazione debole a rientrare formalmente
nel ring politico.
Le armi nucleari
In fine, l’arsenale nucleare del Pakistan si stima conti tra le ottanta e le
cento testate, rendendolo distinguibile da tutti gli altri stati che si confrontano con un’insurrezione islamica attiva. Il Pakistan e gli Stati Uniti non si
sono mai confrontati faccia a faccia sul programma nucleare pachistano.
Queste differenze hanno forzato una rottura nei rapporti in tutto il decennio degli anni novanta quando le sanzioni su mandato del Congresso hanno
interrotto le vendite e l’assistenza militari al Pakistan. Subito dopo, l’impegnativa cornice del contrabbando nucleare, guidato dal cosiddetto padre
del programma nucleare pachistano, Abdul Qadeer Khan, ha generato
nuove paure a Washington. Contemplando la terribile prospettiva del caso
in cui del materiale nucleare cada nelle mani di un sofisticato nucleo di terroristi come al-Qaeda, l’Amministrazione Bush ha segretamente istituito un
programma di assistenza per la sicurezza nucleare col Pakistan che continua ancora. Il Presidente Obama ha pubblicamente espresso la sua fiducia
sul fatto che il programma nucleare del Pakistan sia sicuro, ma la Task
Force è profondamente preoccupata a causa della combinazione unica nel
suo genere, in Pakistan, fra i gruppi terroristici più sofisticati al mondo e
quello che sembra essere il programma nucleare con la crescita più veloce
a cui si sia mai assistito.
Da parte sua, la maggioranza del pubblico pachistano considera l’arsenale
nucleare come una protezione necessaria contro l’India. Il Pakistan cerca
l’assenso internazionale al suo status nucleare ma, come l’India, resta
escluso dal regime del Trattato di non-proliferazione. Il Pakistan continua
ad espandere il suo programma nucleare nel tentativo di trovare un equi28
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librio con la superiorità militare convenzionale indiana. Islamabad ha
ripetutamente espresso il suo disaccordo sul recente affare tra India e
Stati Uniti in campo nucleare e ha chiesto di ottenere uno status speciale
simile. Il Pakistan tende a dedurre che la politica nucleare statunitense
rifletta un doppio standard e un tentativo di protendersi verso l’India. Le
differenze sulle questioni nucleari continuano a intaccare la cooperazione
tra Pakistan e Stati Uniti e contribuiscono alla mancanza di fiducia tra le
due parti.
L’Afghanistan
Nei primi anni successivi all’undici settembre le operazioni militari e quelle
segrete sono riuscite ad espellere al-Qaeda e numerose altre organizzazioni
terroristiche fuori dall’Afghanistan. Il repressivo regime talebano a Kabul è
stato rovesciato e moltissimi afgani, specialmente a nord e a ovest sono
stati felici di accogliere l’assistenza internazionale e una nuova opportunità
di pace e crescita.
Sin dal 2006, comunque, si è verificata una crescita dell’ondata di violenza
talebana.
La capacità dell’Afghanistan di creare le condizioni per una sicurezza
sostenibile – senza una sostanziale presenza straniera – rimarrà la sfida
principale degli obiettivi statunitensi nella regione. La vittoria militare da
parte talebana nell’Afghanistan meridionale e orientale potrebbe incoraggiare i terroristi internazionali lungo il confine tra Afghanistan e Pakistan.
Benché qualche leader talebano dell’Afghanistan sembra volersi distanziare
da al-Qaeda e dagli altri terroristi internazionali, altri elementi – specialmente la rete Haqqani che trova rifugio nel Waziristan del nord – hanno
abbracciato l’ideologia, la retorica e le tattiche della jihad globale di alQaeda. La lontananza geografica, il terreno ostico e la storia militare
dell’Afghanistan lo rendono una destinazione particolarmente attraente per
questi gruppi. La consapevolezza della vittoria degli estremisti in
Afghanistan potrebbe dare una sferzata d’energia ai movimenti radicali di
tutto il mondo.
L’Afghanistan non è ancora capace di camminare sulle proprie gambe. Il
processo di ricostruzione post talebano è partito da un livello estremamente basso. Decenni di guerre hanno distrutto le istituzioni militari e civili,
privato i giovani afgani dell’istruzione e mandato all’esilio quasi tutta la
popolazione più talentuosa del paese. Oggi la spesa del governo afgano in
programmi di sviluppo e sicurezza supera di gran lunga le entrate interne. I
donors internazionali distribuiscono circa il 70% del budget amministrato
del governo afgano. Anche il debole coordinamento internazionale dal 2002
ha ostacolato la ricostruzione. L’incapacità della comunità internazionale –
specialmente quella delle Nazioni Unite – di armonizzare gli sforzi politici e
di sviluppo fra i donatori internazionali ha sperperato risorse preziose e alimentato la frustrazione nella popolazione.
Il fallimento della NATO nel condividere il fardello dell’Afghanistan con i
suoi membri ha limitato l’efficienza delle sue forze. Nei nove anni trascorsi,
molti dei paesi che forniscono soldati alla NATO hanno limitato le regole
d’ingaggio dei propri soldati. Molti stanno cercando di ridurre, non espandere il ruolo attivo.
Gli sforzi precedenti di addestrare ed equipaggiare l’ANSF hanno dovuto
affrontare la consueta ristrettezza di risorse e addestratori qualificati. A
diversi livelli queste forze hanno sofferto di alti tassi di logoramento e praAcque & Terre 6-2010
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SPECIALE
tiche corrotte. In molti casi, le forze di polizia sotto retribuite, senza supervisione e scarsamente addestrate, hanno depredato la popolazione più di
quanto non l’abbiano aiutata. La NATO ora sta attuando una politica d’espansione dell’ANSF a un costo molto alto. I resoconti recenti suggeriscono
che il tasso di logoramento dell’ANA, l’Esercito Nazionale Afgano, è in calo
e l’addestramento alle armi è sempre più efficiente. Dal novembre 2009 al
giugno 2010 il tasso mensile di logoramento dell’ANA è sceso dal 3%
all’1.2%. Il numero di soldati afgani che ha passato l’addestramento di base
NATO per l’uso dell’arma primaria è aumentato dal 35% al 65%. Polizia
nazionale ed esercito afgani hanno soddisfatto i propri obiettivi per l’ottobre 2010 arrivando a essere composti la prima da centonovemila soldati e il
secondo da centotrentaquattromila. Per aiutare a gestire le necessità
urgenti di sicurezza dell’Afghanistan la NATO ha anche lavorato per vincere le obiezioni ufficiali afgane ed arrivare a organizzare e assistere le forze
di difesa locali.
La debolezza politica ed economica
Sul fronte politico, le debolezze dell’Afghanistan sono anche più evidenti.
In molti angoli del paese lo stato è disperso sul campo. Gli insorti e i promotori del potere locale hanno approfittato del vuoto di potere affermando
la propria autorità e cercando misure di legittimazione pubblica. In altri
ambiti, specialmente in Afghanistan meridionale, il governo di Kabul è esso
stesso percepito come causa di insicurezza. La diffusa corruzione pubblica
e le pratiche predatorie hanno fatto esplodere la rivolta di molti afgani contro il proprio governo e creato l’opportunità per una resurrezione talebana.
Se gli Stati Uniti assicurano il proprio sostegno alle autorità statali senza
prima chiedere una governance più efficace rischiano di alienarsi le comunità locali e far esplodere una reazione violenta.
Benché le prime elezioni presidenziali nell’ottobre 2004 siano state un’esperienza nazionale importante, il secondo tentativo cinque anni più tardi è
stato un fiasco che ha indebolito la legittimità del Presidente Karzai e del
suo governo e ha eroso la fiducia in Kabul della comunità internazionale.
Dopo quattro serie di elezioni nazionali è chiaro che l’Afghanistan difetta
ancora degli strumenti di base – come un sistema credibile per la registrazione del voto – necessarie a sostenere il suo processo democratico a un
costo ragionevole sul lungo termine.
La qualità dei ministeri nazionali afgani varia notevolmente, ma tutti soffrono della mancanza di funzionari onesti e qualificati disponibili a lavorare in condizioni difficili e per il basso stipendio offerto loro. I governi provinciali e distrettuali sono retti da funzionari che non sono stati eletti,
inclusi i governatori e i capi di polizia, nominati dal Presidente Karzai. La
dipendenza di Karzai dai grossi intermediari del potere, incluso suo fratello, alimenta un sistema politico che è formalmente democratico ma, in
pratica, inaffidabile per quanto riguarda le necessità locali. Le strutture
costituzionali ed elettorali dell’Afghanistan hanno impedito che si formassero organizzazioni politiche di partito efficienti. Senza partiti politici il
parlamento manca di disciplina ed è meno efficiente del necessario. Dove
il governo fallisce i Talebani offrono un’alternativa e ottengono le legittimizzazione del popolo. A livello locale il talebano è in particolar modo efficiente nello sfruttare le debolezze del sistema di giustizia formale. A differenza delle corti governative il talebano dispensa regole veloci ed efficaci
sorretto dall’uso della forza.
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SPECIALE
© Isafmedia
Senza un partner politico afgano e una sostanziale accettazione nazionale
del governo di Kabul gli Stati Uniti non possono sperare di portare una stabilità durevole in Afghanistan. Comunque, le debolezze politiche
dell’Afghanistan non sono intrinseche. Le elezioni presidenziali dello scorso
anno hanno dimostrato che l’Afghanistan può godere di un certo numero di
politici energici e dotati. Decenni di guerra e di intervento esterno non
devono mettere in secondo piano il fatto che dal 1929 fino all’invasione
sovietica del 1979 il paese è stato in pace. Molte comunità locali in tutto il
paese aderiscono a forme tradizionali di governance rappresentativa. Ben
lungi dal favorire la disgregazione del paese in enclaves etniche, la stragrande maggioranza degli afgani favorisce l’unità nazionale e accetta il
principio base di un governo pluralistico.
Oggi, comunque, l’Afghanistan difetta di una crescita economica in grado
di permettergli di sostenere le entrate del governo e ridurre l’attrattiva
delle attività illecite come il contrabbando e gli stupefacenti. Gli alti livelli
di violenza scoraggiano l’investimento estero e il commercio di beni leciti.
Benché i recenti annunci della scoperta di enormi depositi minerari e energetici possano offrire opportunità di crescita, l’esperienza di altri stati
deboli dotati di risorse preziose fornisce la morale della favola; una simile
ricchezza può troppo facilmente alimentare il conflitto interno e lo sfruttamento da fuori. L’unico grande investimento estero in Afghanistan – la
quota della Cina nella miniera di rame a sud di Kabul, l’Aynak – è ben
lungi, in termini di tempo, dal creare entrate o posti di lavoro. Gli sforzi
statunitensi di sostenere il settore agricolo afgano potrebbero aiutare
milioni di afgani a piantare raccolti alimentari e non papaveri da oppio ma i
coltivatori ambiziosi vorranno anche avere un maggiore accesso ai mercati
regionali. Per troppo tempo le barriere pachistane al commercio e al transito hanno impedito le esportazioni afgane verso l’India. Islamabad ha concluso solo di recente un accordo che permette l’entrata dei TIR afgani sulla
rotta per l’India. Simili conflitti politici e preoccupazioni sull’instabilità
vanificano le proposte per le pipelines energetiche dall’Iran o dall’Asia
Centrale verso il Pakistan e l’India.
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SPECIALE
La riconciliazione
Partendo dal presupposto che molti leader della rivolta afgana siano meno
motivati dall’estremismo ideologico di quanto non lo siano dagli obiettivi
politici o dal risentimento personale, il governo Karzai persegue quello
che definisce un dialogo di riconciliazione con i principali comandanti
talebani nel tentativo di porre fine al conflitto civile senza la forza militare. Di fronte a una relazione con Washington a volte tesa e il sostegno
incerto che proviene dal suo stesso elettorato Pashtun, il Presidente
Karzai potrebbe considerare la riconciliazione come il mezzo migliore per
mantenere le proprie fortune politiche. Questa Task Force è preoccupata
che la “riconciliazione” non sia perseguita in modo da comporre una più
stretta unità afgana. I negoziati hanno già dimostrato le divergenze all’interno del governo di Kabul le minoranze afgane e la rappresentanza femminile saranno particolarmente preoccupate dell’accordo che potrebbe
consentire agli estremisti di riottenere posizioni di autorità. Un processo
di negoziati gestito con poco impegno potrebbe anche creare divisioni tra
Kabul e Washington e fra gli alleati NATO.
Quali che siano le sue prospettive il processo di riconciliazione sarà controllato strettamente dai vicini dell’Afghanistan, tutti coloro i quali credono di essere profondamente coinvolti dagli sviluppi a Kabul. Sembra che il
Pakistan usi già le sue connessioni coi Talebani afgani per intervenire nel
processo e ridurre l’influenza indiana. In cambio, l’India e gli altri attori
regionali sono particolarmente sensibili ai giochi di potere pachistani. Una
nuova competizione per l’influenza in Afghanistan ha il potenziale di lacerare il paese, nonostante il fatto che ogni stato della regione potrebbe
beneficiare molto di più in un periodo di pace e stabilità. Gli afgani
potrebbero ancora soffrire moltissimo con milioni di rifugiati in cammino
attraverso i confini col Pakistan, con l’Iran e ovunque. Il Pakistan e le
repubbliche dell’Asia Centrale, già fragili, risulterebbero in particolar
modo minacciate dai tumulti di una nuova guerra per procura in
Afghanistan. Inoltre il mondo potrebbe soffrire se il conflitto interno
dell’Afghanistan permettesse il ritorno di al-Qaeda e di altri terroristi
internazionali.
Sfortunatamente i poteri regionali, come l’Iran, la Cina e la Russia, hanno
sempre considerato l’Afghanistan più come un problema di Washington
che non uno proprio. Sono stati di vedute ristrette nel percepire le minacce alla propria sicurezza. Ad esempio, Pechino sottolinea il problema dei
separatisti Uiguri, la Russia dirige il suo sguardo ai terroristi del Caucaso
e dell’Asia Centrale e l’Iran è molto preoccupato dal traffico di stupefacenti. Piuttosto che apportare un contributo significativo alla globale stabilità afgana ognuna di queste potenze tende a perseguire minimaliste
agende politiche ed economiche.
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SPECIALE
Gli obiettivi strategici statunitensi
Le aspirazioni generali degli Stati Uniti per il Pakistan e l’Afghanistan nel
lungo periodo sono incontrovertibili e facili da elencare: stabilità, prosperità e una buona governance. La sfida più importante – e anche la più difficile – è quella di identificare quali obiettivi statunitensi siano realisticamente
raggiungibili in un segmento di tempo ragionevole, tenendo conto delle
immani sfide nella regione e dei limiti del potere statunitense. La questione
centrale non è tanto l’obiettivo che gli Stati Uniti potrebbero voler raggiungere, ma quale sviluppo dovrebbero mirare a conseguire.
Sin dall’undici settembre gli obiettivi in Pakistan e Afghanistan sono cambiati in modo importante, anche se questo non è stato apprezzato a sufficienza. In questo periodo gli Stati Uniti non sono sempre stati abbastanza
chiari sui propri obiettivi specifici e sul calendario delle azioni. È necessario essere realistici su cosa precisamente Washington debba cercare di
ottenere, con quali risorse e per quanto tempo.
Modificare gli obiettivi degli Stati Uniti in Pakistan
Gli obiettivi statunitensi in Pakistan sono cambiati negli ultimi dieci anni.
Gli Stati Uniti considerarono i propri obiettivi in termini più definiti subito dopo l’undici settembre: il Pakistan era un elemento necessario della
campagna militare e anti-terrorismo in Afghanistan. Washington chiese
che Islamabad interrompesse i suoi legami con i Talebani alleati di alQaeda in Afghanistan e mettesse a disposizione dell’America spazi e uno
snodo logistico. Quando divenne sempre più ovvio all’Amministrazione
Bush che i la minaccia terrorista aveva salde radici nelle città e nelle aree
tribali pachistane, gli Stati Uniti adottarono una definizione più ampia dei
propri obiettivi. Hanno fatto sforzi significativi per favorire l’economia
pachistana e rafforzare i legami con l’esercito e l’intelligence. Iniziarono
dunque un pacato dialogo e un programma di assistenza per affrontare le
questioni di sicurezza nucleare del Pakistan. Poi, dal 2005, i leaders americani hanno iniziato a porre un’enfasi maggiore sulle politiche interne
pachistane, ampliando il proprio focus dalle connessioni del Pakistan
all’Afghanistan e dalla propria missione anti-terrorismo. L’obiettivo di
supportare una transizione pachistana verso un governo civile è stato
ampiamente dibattuto. Sono emerse dure questioni su come far quadrare
gli obiettivi di sicurezza degli Stati Uniti con il loro impegno alla promozione democratica.
Quando si è insediata l’Amministrazione Obama, il Pakistan stava attraversando un difficile momento di transizione verso il governo civile. Nello
stesso momento si è verificata un’impennata della guerriglia e della violenza terroristica che ha scosso il popolo pachistano e dato luogo a nuove
paure sulla capacità dello stato di esercitare il controllo sui propri territori. Insieme, questi sviluppi hanno portato i funzionari
dell’Amministrazione Obama e del Congresso a perseguire un impegno
ancora più esteso di partnership con il Pakistan. Lontana oramai dall’agenda ristretta del 2001, Washington ha manifestato di avere obiettivi
politici economici e di sicurezza ben più ampi, che vanno dal consolidamento democratico e dal tentativo di alleviare la povertà, alla stabilità
regionale e a una rafforzata capacità di contrasto alle insurrezioni.
Rispettando quest’agenda, l’Amministrazione Obama ha intrapreso un
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SPECIALE
impegno energico e più ampio con il governo e l’esercito pachistani,
incarnato in un “dialogo strategico” che supera i limiti posti dalle burocrazie di entrambi i governi.
© UK Prime Minister’s Office
Modificare gli obiettivi degli Stati Uniti in Afghanistan
Anche in Afghanistan gli obiettivi statunitensi si sono modificati nel
tempo. Gli Stati Uniti non hanno fatto la scelta premeditata di focalizzare
la propria attenzione e le proprie risorse su di un piccolo stato privo di
sbocco sul mare. Gli attacchi di al-Qaeda all’America hanno spronato questo cambiamento. L’obiettivo iniziale delle operazioni militari statunitensi
in Afghanistan era concepito abbastanza limitatamente: eliminare la
minaccia costituita da al-Qaeda. La missione era urgente e non era stata
preceduta da una pianificazione estesa a lungo termine. È possibile che se
i leader principali di al-Qaeda fossero stati catturati e consegnati alla giustizia nelle settimane o nei mesi immediatamente successivi all’attacco
alle Twin Towers, le forze statunitensi sarebbero state ritirate
dall’Afghanistan, soprattutto perché l’Amministrazione Bush si stava preparando alla guerra in Iraq.
Benché gli sforzi americani non abbiano prodotto risultati apprezzabili
nella caccia a Osama Bin Laden sono stati abbastanza veloci con il regime dei talebani a Kabul. Più gli americani sono rimasti in Afghanistan,
più la linea tra la specifica missione anti-terrorismo e un più ambizioso
sforzo di costruire uno stato afgano post-Talebano si è rarefatta. I leaders afgani e la comunità internazionale hanno creato una road map per
la nascita di nuove istituzioni democratiche, l’assistenza statunitense ha
aiutato ad espandere il sistema d’istruzione afgano e sono stati fatti
notevoli investimenti nelle strade e nelle altre infrastrutture fisiche.
David Cameron e Hamid Karzai
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SPECIALE
Ognuno di questi sforzi ha suggerito aspirazioni molto più ampie della
semplice lotta al terrorismo.
Nemmeno il tempo, per il Presidente Obama, di entrare alla Casa Bianca
e iniziare la sua prima revisione strategica, che la guerra in Afghanistan
ha iniziato a prendere una brutta piega. L’euforia conseguente alle prime
elezioni afgane ha ceduto il posto alle delusioni e all’inasprimento dell’insurrezione talebana. In risposta, l’Amministrazione Obama ha cercato di
limitare le aspettative pubbliche. Il Segretario alla Difesa, Robert M.
Gates ha testimoniato di fronte al Comitato del Senato sui Servizi Armati,
nel gennaio 2009, affermando che gli obiettivi statunitensi in Afghanistan
dovrebbero essere “modesti” e “realistici”. Ha aggiunto che «se ci poniamo come obiettivo quello di creare una specie di Valhalla centro asiatico
perderemo, perché nessuno al mondo ha una simile riserva di tempo,
pazienza e denaro».
All’Accademia militare di West Point nel dicembre 2009, dopo la seconda
revisione politica dell’Amministrazione Obama, il Presidente ha ancora
una volta riaffermato l’obiettivo primario che aveva articolato nel corso
dell’anno di «disgregare, smantellare e sconfiggere» al-Qaeda e impedire
che sia in grado di minacciare l’America e i suoi alleati partendo da un
santuario nella regione. L’Amministrazione Obama ha comunque riconosciuto che sarà difficile negare ad al-Qaeda e alle organizzazioni terroristiche collegate l’opportunità di restaurare ed espandere la base in
Afghanistan a meno che i Talebani siano indeboliti e sia nel contempo
rafforzata la capacità del governo afgano di garantire la sicurezza e i servizi di base. La retorica della Casa Bianca, comunque, spesso pone la
questione da un punto di vista piuttosto ristretto – sconfiggere al-Qaeda
– senza spiegare alla popolazione americana come combattere i Talebani
e costruire una capacity locale a sostegno dell’Afghanistan e della missione contro i terroristi e giustificare la strategia dell’aumento di truppe.
Questo causa confusione e riduce il sostegno pubblico allo sforzo.
Scopi, mezzi e un calendario realistici per il Pakistan
Questa Task Force crede che gli Stati Uniti abbiano in Pakistan due
obiettivi vitali per la sicurezza nazionale: indebolire e sconfiggere i gruppi terroristici che, dal Pakistan, minacciano gli interessi statunitensi e
impedire sommosse che potrebbero mettere in pericolo lo stato pachistano e la sicurezza del suo programma nucleare. Sarà particolarmente
difficile raggiungere entrambi questi obiettivi senza la collaborazione
dello stato pachistano; richiederà di migliorare la qualità delle relazioni
tra gli Stati Uniti e il Pakistan. Di conseguenza Washington ha un interesse nella stabilità del suo partner pachistano, che include la sicurezza
della popolazione pachistana, la forza della sua economia, la capacità
delle istituzioni di governo e il carattere delle sue relazioni con gli altri
stati regionali.
Secondo stime realistiche, il Pakistan affronta sfide a lungo termine eccezionalmente difficili per la sua stabilità. Finché sussistono le problematiche dinamiche sociali, politiche ed economiche che abbiamo evidenziato
precedentemente in questo report, la porta del Pakistan sarà spalancata
al terrorismo e all’insurrezione. Promuovere le condizioni per la sicurezza, una governance democratica più efficiente e la prosperità, richiederà
lo sforzo di milioni di pachistani. Un simile processo non può essere
imposto dall’esterno, sebbene anche da una superpotenza, ma può e deve
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SPECIALE
essere supportato dall’assistenza statunitense diretta ad alleati pachistani
impegnati.
Nel breve termine Washington dovrebbe impegnarsi ad aiutare il Pakistan
in questa terribile tragedia nazionale. L’assistenza statunitense sarà
essenziale al Pakistan per affrontare i costi economici e umani dell’alluvione. Se il Pakistan riuscirà a passare attraverso la crisi senza dover
anche soffrire un ulteriore crollo politico o sociale, ecco, questo sarà un
successo. Supportando pienamente tale processo Washington ha la possibilità di dimostrare ai pachistani i benefici materiali di una partnership
con l’America ma anche la generosità del popolo americano.
Ma per aver successo sul lungo termine il rapporto tra Stati Uniti e
Pakistan dovrà essere una strada a doppio senso. Washington dovrebbe
pazientemente offrire incentivi per costruire la fiducia e la lealtà con
Islamabad. Ma questa assistenza non è semplice carità. È un investimento
nel futuro del Pakistan e nel futuro della sua partnership con gli Stati
Uniti. Per essere un investimento solido deve continuare a dimostrare un
realistico potenziale di crescita in termini di una rafforzata cooperazione
pachistana su questioni importanti per gli Stati Uniti – cioè un chiaro
sforzo a dimostrare la sua ferma volontà di liberarsi di tutti i gruppi terroristici presenti nel suo territorio.
Gli investimenti di Washington in Pakistan potrebbero non arrivare mai a
influenzare la visione di fondo di Islamabad. In quel caso gli Stati Uniti
dovrebbero mirare a cambiare il metodo attraverso il quale il Pakistan
persegue i suoi interessi. Ad esempio, piuttosto che suggerire che il
Pakistan non debba più percepire l’India come una minaccia alla propria
sicurezza, o tentare di influenzare l’Afghanistan, Washington dovrebbe
incoraggiarlo a perseguire strategie diplomatiche ed economiche (e metterlo nelle condizioni di poterlo fare) al posto di un approccio militare.
Questo approccio dovrà essere integrato da un elemento più duro: un
sostenuto sforzo statunitense per indebolire i gruppi terroristici del
Pakistan e i loro simpatizzanti, fra i quali troviamo esponenti dei
Talebani afgani, di al-Qaeda e del LeT. Poiché questi gruppi si sono
ridotti, porranno una minaccia diretta minore agli interessi statunitensi,
indiani o afgani. Diventeranno meno rilevanti nei calcoli strategici regionali dello stesso Pakistan e saranno smantellati più facilmente. Nello
stesso tempo gli Stati Uniti dovrebbero calibrare la propria assistenza
militare al Pakistan finalizzata al sostegno degli sforzi di contro-insurrezione del Pakistan nel proprio territorio, nel modo più efficace possibile.
Coltivare una relazione efficace e reciprocamente benefica col Pakistan
è un mezzo per raggiungere obiettivi di sicurezza fondamentali.
Washington deve sempre assegnare la massima priorità alla protezione
della sicurezza dei propri cittadini piuttosto che al miglioramento delle
relazioni bilaterali a suo esclusivo vantaggio. Se si verificasse un attacco
mortale contro gli americani che possa essere ricondotto al Pakistan, o
se i politici statunitensi si dovessero sempre più risentire dell’inadeguatezza degli sforzi pachistani nell’affrontare questioni critiche di sicurezza, la partnership potrebbe affondare. In un simile caso (ipotesi che
verrà affrontata di seguito nel report) gli Stati Uniti potrebbero esser
costretti a diminuire la portata dei propri obiettivi, focalizzandosi invece
sulla gestione e sul contenimento delle minacce immediate alla sicurezza
statunitense, specialmente quelle costituite da organizzazioni terroristiche internazionali come al-Qaeda.
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Acque & Terre 6-2010
SPECIALE
Ad oggi, comunque, questa Task Force crede che una partnership rafforzata tra Stati Uniti e Pakistan sia auspicabile oltre che possibile, anche se
sicuramente non semplice. Le raccomandazioni politiche in questo report
sono pensate per migliorare le prospettive di raggiungere questi obiettivi
con tempestività.
Acque & Terre 6-2010
© United States Marine Corps Official Page
Scopi, mezzi e un calendario
realistici per l’Afghanistan
Per gli Stati Uniti, gli obiettivi
da perseguire in Afghanistan
dovrebbero essere principalmente tre. Il primo è proseguire
la guerra ad al-Qaeda e alle
altre organizzazioni terroristiche internazionali concentrate
sul confine tra Pakistan e
Afghanistan, assieme al
Pakistan dove possibile e dove
non lo è unilateralmente. La
rete tossica dei gruppi estremisti – che include numerosi
esponenti dei Talebani afgani,
dei Talebani pachistani e del
LeT – è difficile da smantellare
e offusca la distinzione tra terrorismo e insurrezione. Le
agende specifiche di questi
gruppi possono differire, ma
sono sempre più unite da legami operativi e ideali jihadisti.
Nello stesso tempo, gli Stati
Uniti hanno la necessità di
impedire che l’Afghanistan
diventi ancora una volta un santuario per questi gruppi. AlQaeda ora è sulla difensiva nelle
regioni di confine come risultato degli attacchi senza tregua e
molto efficaci dei droni statunitensi. Ma se i Talebani consolidassero la propria posizione in vaste aree dell’Afghanistan potrebbero
creare un nuovo spazio grazie al quale questi gruppi pericolosi potrebbero essere in grado di pianificare attacchi contro gli Stati Uniti e destabilizzare la regione. Se una combinazione di questi gruppi dovesse riuscire
a sopraffare gli Stati Uniti in Afghanistan, patria della prima vittoria jihadista sull’Unione Sovietica, sarebbe un punto di partenza per gli altri
gruppi estremisti dello scenario mondiale.
Secondo, gli Stati Uniti dovrebbero lavorare per impedire che
l’Afghanistan cada nella spirale di una guerra civile che potrebbe avere
un effetto destabilizzante sul Pakistan e sulle regioni vicine. Una guerra
simile sarebbe una grave minaccia per le già fragili regioni dell’Asia
Centrale e quasi sicuramente esacerberebbe ulteriormente le tensioni
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SPECIALE
indo-pachistane. Poiché Washington cerca di migliorare la partnership sia
con Nuova Delhi che con Islamabad, la ripresa di una guerra per procura,
aspra e violenta, tra i due rappresenterebbe un ostacolo significativo.
I decenni di occupazione sovietica e guerra civile in Afghanistan sono già
stati onerosi per il Pakistan. Una guerra civile afgana rinnovata andrebbe
ad appesantire il problema. L’economia di guerra relativa al contrabbando
d’armi e di stupefacenti e la guerriglia hanno contribuito alla destabilizzazione interna pachistana. La guerra afgana ha compromesso la stabilità
del Pakistan anche in altri e più insidiosi modi. L’esperienza del Pakistan
in Afghanistan negli anni ottanta è stata formativa. Il sostegno di
Islamabad ai guerriglieri mujaheddin afgani ha dato luogo a una grande
espansione della regia pachistana dell’ISI (Inter-Services Intelligence). Ha
anche rafforzato l’opzione del Pakistan di fomentare l’insurrezione come
mezzo per promuovere i propri interessi regionali. Una vittoria dell’attuale insurrezione talebana rafforzerebbe questa lezione. Nonostante ciò
questi stessi gruppi propagano ideali jihadisti che mettono a repentaglio
la stabilità dello stesso Pakistan. I Talebani pachistani – un agglomerato
di gruppi che ha preso possesso di Islamabad e sfidato l’autorità dello
stato – sono un primissimo esempio di questo problema di contraccolpo
strategico.
Terzo, gli Stati Uniti dovrebbero sviluppare una forza di sicurezza afgana
che sia in grado di difendere la popolazione afgana nel momento in cui gli
Stati Uniti riducono la propria presenza e modificano la propria missione.
Cercare di impedire gli attacchi degli estremisti e una guerra civile destabilizzante, non deve significare un impegno militare degli Stati Uniti sanguinoso e senza fine – una “guerra eterna”. In Pakistan e Afghanistan, per
proseguire con le modalità attuali, e col sacrificio che questo comporta, il
progresso dovrà essere tangibile e tempestivo. In assenza di progressi
sostenibili, i costi e i benefici relativi all’approccio attuale, confrontati
con una missione meno impegnativa, dovranno essere ricalcolati e
Washington dovrebbe essere preparata ad aggiustare la propria strategia
e le proprie politiche senza indugio. Questo scenario verrà esaminato con
molta attenzione nel corso del report.
Le implicazioni di queste limitazioni sono chiare: perché gli Stati Uniti
possano raggiungere i propri obiettivi in Afghanistan a un costo sostenibile, dovranno incoraggiare l’Afghanistan e metterlo nelle condizioni
adatte, assieme agli altri stati regionali, per sopportare responsabilità
maggiori. Questo significa garantire il proprio sostegno al tentativo di
indebolire la minaccia che oggi pongono al-Qaeda e i gruppi militari afgani a essa collegati, come la rete Haqqani; sostenere i partners afgani che
sono in grado di fare qualcosa in più nel costruire e mantenere la sicurezza con un impegno militare statunitense minore; e lavorare per forgiare le
soluzioni politiche e diplomatiche in Afghanistan che siano in grado di
ridurre le tensioni regionali e quelle interne.
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SPECIALE
Una valutazione sulle politiche
e sulle strategie statunitensi
Sin dall’entrata in carica il Presidente Obama ha modificato le strategie statunitensi e fortemente espanso l’impegno civile e militare vero il Pakistan e
l’Afghanistan. La nostra Task Force è a favore di questo cambiamento con
alcuni suggerimenti e preoccupazioni importanti.
L’attuale politica statunitense in Pakistan
L’Amministrazione Obama ha esercitato un approccio globale per definire
una partnership più efficace con il Pakistan. Questa comporta una strategia
anti-terrorismo aggressiva e un generoso programma di aiuti. Nell’ottobre
2009, il Congresso con il consenso presidenziale, ha approvato l’Enhanced
Partnership with Pakistan Act (Kerry-Lugar-Berman) che ha devoluto
sette miliardi e mezzo di dollari in assistenza civile per i prossimi cinque
anni. Questa cifra ammonta a tre volte tanto quella destinata precedentemente all’assistenza. Nel luglio 2010, durante una visita ad Islamabad, il
Segretario di Stato statunitense Hillary Clinton ha tra l’altro annunciato un
progetto per devolvere i fondi di assistenza statunitensi ai progetti di ricostruzione energetica, idrica, sanitaria, finanziaria e alla ricostruzione postconflitto. È probabile che come conseguenza dell’alluvione, questi progetti
vengano rivisti. Washington, per rispondere ai bisogni umanitari urgenti ha
già consegnato forniture di cibo e di primo soccorso in aggiunta a centocinquanta milioni di dollari in assistenza diretta.
Nel marzo 2010 al primo incontro del Dialogo strategico USA-Pakistan a
Washington hanno partecipato numerosi gruppi di lavoro che si sono occupati di un’ampia gamma di questioni. Tra queste la parte pachistana ha
avanzato delle richieste per un accordo nucleare civile simile a quello in
vigore fra Stati Uniti e India. Washington ha correttamente glissato sulla
questione nucleare spostando invece l’attenzione sulla necessità del
Pakistan di aumentare la propria produzione energetica e migliorare la rete
di distribuzione elettrica. Sul fronte nucleare gli Stati Uniti si sono impegnati per anni in una cooperazione silenziosa e limitata con la Strategic
Plan Division del Pakistan, l’unità dell’esercito responsabile della manutenzione dell’arsenale nucleare. Nonostante in molti americani continuino ad
albergare timori sulla minaccia posta dai terroristi agli scienziati, alle tecnologie e ai materiali nucleari pachistani, il paese ha intrapreso passi
importanti nel miglioramento dei controlli di sicurezza.
Contemporaneamente, sembra che il programma nucleare pachistano si sia
sviluppato rapidamente, uno sviluppo che aumenta le potenzialità di incidenti e di tensioni con l’India. Gli Stati Uniti hanno pubblicamente espresso
le proprie preoccupazioni in merito ai recenti piani cinesi di incrementare
l’assistenza al programma nucleare del Pakistan, azione che sembra violare
l’obbligo volontariamente assunto da Pechino quale membro del Nuclear
Suppliers Group.
Gli Stati Uniti sostengono la sempre più aggressiva campagna pachistana
contro i guerriglieri anti-stato. L’assistenza alle forze di sicurezza pachistane offerta dagli Stati Uniti nell’ultimo anno, che supera il miliardo e duecento milioni di dollari, è pari a quella fornita alle forze di sicurezza egiziane e il Pakistan è tra i primi cinque destinatari degli aiuti militari di
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© The U.S. Army
Army
SPECIALE
Robert M. Gates, Segretario della Difesa degli Stati Uniti
Washington. Comprende sia una combinazione di sistemi utili alle operazioni di contro-insurrezione che un significativo potenziale militare convenzionale. Dopo aver perso l’accesso a un’intera generazione di leaders militari
pachistani a causa della loro esclusione dai programmi di addestramento
militare statunitensi, gli sforzi del Pentagono per costruire la cooperazione
con l’esercito e i servizi si intelligence pachistani hanno raccolto qualche
risultato incoraggiante. L’addestramento e l’assistenza al corpo di frontiera
hanno fatto la differenza in modo particolarmente apprezzabile. Ciò detto, i
progressi nel costruire il rapporto fra gli eserciti è spesso lento, costoso e
pieno di frustrazioni.
Gli Stati Uniti hanno anche intensificato molto le operazioni militari dirette
contro i campi terroristi in Pakistan. Il tasso mensile di attacchi effettuati
coi droni nel 2010 e rivelati al pubblico è duplicato rispetto a quello del
2009. La capacità di centrare l’obiettivo è migliorata riducendo le morti collaterali fra i civili. Gli attacchi lungo il confine afgano hanno colpito militanti di al-Qaeda, i Talebani afgani, i Talebani pachistani e la rete Haqqani. I
droni statunitensi hanno eliminato numerosi leaders fra i principali sin dal
gennaio 2009, fra questi ci sono anche il capo dei Talebani pachistani e il
capo delle operazioni di al-Qaeda. Il successo tattico di questi attacchi è
avvenuto a volte a spese del sentimento dell’opinione pubblica pachistana.
Il dibattito surriscaldato sulle morti civili e sulla sovranità territoriale pulsa
alla radio. Ma il governo e l’esercito pachistani chiedono la tecnologia dei
droni da impiegare per il proprio tornaconto più di quanto non protestino
per gli attacchi. Tranquillamente, molti pachistani dalle regioni di confine
con l’Afghanistan, hanno espresso il proprio sostegno qualificato agli attacchi dei droni, notando che essi sono più accurati che nel passato ma sono
ancora contrariati dal fatto che siano effettuati dagli Stati Uniti e non dallo
stesso Pakistan.
Nel bel mezzo di un persistente dinamismo politico, incluso il dibattito e la
finale approvazione del diciottesimo emendamento costituzionale pachista40
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SPECIALE
no, che ha privato il Presidente Asif Ali Zardari di molti dei suoi poteri formali, gli Stati Uniti hanno saggiamente tentato di coltivare una posizione
neutrale piuttosto che sostenere un leader in particolare o uno specifico
partito. Questa posizione è stata mantenuta attraverso i numerosi periodi
di disordini in Pakistan. Ma l’ultimo esperimento pachistano di gestione
civile ha vacillato in aspetti importanti, non ultimo nel suo inefficace tentativo di esercitare un controllo civile maggiore sull’esercito e sui servizi
segreti. Accettando la realtà del ruolo militare dominante,
l’Amministrazione Obama ha fatto ampio uso dei propri ottimi rapporti con
il capo dell’esercito pachistano per gestire delicate questioni strategiche. In
apparente considerazione della sua importanza personale, e forse per i suoi
stretti legami con gli Stati Uniti, il termine dell’incarico del capo dell’esercito pachistano il generale Ashfaq Parvez Kayani è stato prolungato di tre
anni; ora è previsto che scada nel 2013.
La Task Force appoggia pienamente questi nuovi aspetti della politica statunitense con il Pakistan. Guardando avanti, numerose sfide importanti
minacciano gli obiettivi statunitensi e la partnership col Pakistan in generale, specialmente quelle di seguito elencate:
- Soccorso post alluvione e ricostruzione. A meno che la leadership
civile e militare pachistana non si impegni ad alleviare i danni di questo
disastro naturale, ci sarà ben poco da sperare per raggiungere gli altri
obiettivi politici, economici o di sicurezza.
- Implementazione dell’assistenza statunitense. Perché gli Stati Uniti
aiutino il Pakistan a soddisfare le proprie necessità in modi che contribuiscano al perdurare della partnership, dovranno venire urgentemente
redatti nuovi progetti di assistenza, integrati da un efficace pubblicità. I
piani per i progetti concepiti prima dell’alluvione dovranno essere rivisti
immediatamente e revisionati per rispondere alle reali contingenze.
- Le barriere al commercio. L’assistenza statunitense, di per sé stessa,
non può cambiare il fatto che se le tendenze attuali perdureranno nei
decenni a venire la maggior parte dei pachistani rimarrà giovane, povera,
ignorante e traboccante di anti-americanismo. I dazi molto alti che gli
Stati Uniti applicano sui principali prodotti pachistani destinati all’export,
limitano il potenziale dei legami commerciali fra i due paesi. I dazi statunitensi sugli export principali, come il tessile, sono in media circa quattro
volte più alti di quelli che gli stessi Stati Uniti applicano su prodotti di
altri paesi. Siccome circa il 40% dell’impiego industriale in Pakistan è nel
ramo tessile, è probabile che milioni di pachistani possano trarre benefici
da un accesso maggiore al mercato statunitense di questi beni. I coltivatori di cotone pachistani potrebbero anche riguadagnare la spinta necessaria a favorire il tentativo di riprendersi dall’alluvione.
- Il legami con le milizie. Il Pakistan non ha effettuato una rottura decisiva con tutte le milizie dei suoi territori, specialmente con quelli attivi
contro l’India e l’Afghanistan. Il LeT ed esponenti dei Talebani afgani,
inclusa la rete Haqqani, operano ancora con l’assistenza, passiva o attiva, dello stato pachistano e pongono una sfida urgente agli sforzi statunitensi in Afghanistan e a quelli del anti-terrorismo nel mondo. Il comportamento del Pakistan sembra essere motivato almeno in parte dai
suoi interessi nel mantenere influenza in un Afghanistan post-NATO
attraverso i collegamenti coi Talebani.
- Le preoccupazioni sul nucleare. Tra Washington e Islamabad persiste
una profonda mancanza di fiducia sulla questione nucleare. Gli sforzi
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americani di assistere il Pakistan nel proteggere le proprie armi sono
limitati dalle leggi americane e dalle preoccupazioni che il Pakistan
nutre in merito al fatto che Washington possa tentare di ridurre il suo
programma. L’assistenza nucleare della Cina al Pakistan mina alla base
l’agenda di non-proliferazione americana ma, fino ad oggi le preoccupazioni di Washington sono state ignorate.
La rivalità indo-pachistana. La continua rivalità tra India e Pakistan
depaupera l’Afghanistan e annulla gli sforzi di incoraggiare il commercio, gli investimenti e la sicurezza regionali. I recenti incontri fra i due
stati, incluso quello tra i Ministri degli Esteri sono stati, nella migliore
delle ipotesi, polemici.
La capacità post-conflitto. La stabilità pachistana rimane minacciata
dalla limitata capacità dell’esercito, della polizia, del corpo di frontiera e
degli altri amministratori civili di mantenere e gestire con successo le
operazioni di pulizia della contro-insurrezione nelle FATA e nella provincia Khyber-Pakhtunkhwa. Queste stesse aree sono state colpite dalle
alluvioni in modo particolarmente duro, annullando completamente i
recenti investimenti nelle infrastrutture e nello sviluppo.
Le relazioni fra civili e militari. Il recente periodo di relativa calma
politica maschera tensioni ben più profonde tra l’esercito del Pakistan e
i suoi politici. In merito a questo, l’ultimo tentativo di consolidare la
democrazia è ancora in corso, con implicazioni incerte per la sicurezza
nazionale.
L’opinione pubblica. Le percezioni negative pachistane avvelenano la
cooperazione a tutti i livelli. Le critiche anti-americane dominano le
radio del Pakistan.
L’attuale politica statunitense in Afghanistan
Sin dal suo debutto il Presidente Obama ha condotto due importanti revisioni strategiche sull’Afghanistan. Insieme, queste revisioni intendevano
tracciare le linee per contrastare, smantellare e sconfiggere al-Qaeda e i
gruppi alleati nella regione e impedire sia all’Afghanistan che al Pakistan
di fornire un rifugio sicuro ai terroristi internazionali in futuro. Il
Presidente Obama ha ripetutamente dichiarato le sue intenzioni a compensare gli anni di sottovalutazione statunitense circa l’Afghanistan ed ha
annunciato nuovi grossi dispiegamenti di truppe, di funzionari civili e di
altre risorse.
L’attuale strategia statunitense è fondata sulla convinzione di non potersi
fidare che i Talebani, nel caso in cui riconquistino il potere, desiderino
realmente o siano in grado di impedire che al-Qaeda ritorni. La Task
Force è d’accordo sul fatto che gli Stati Uniti non possano rischiare di
sottostimare il fatto che elementi dei talebani afgani con forti collegamenti ad al-Qaeda, come la rete Haqqani e i gruppi associati come il LeT,
siano già attivi dentro l’Afghanistan e siano in grado di costituire una
minaccia più grande se guadagnassero più spazio operativo in zona.
Piuttosto che una guerra d’attrito, Washington cerca di indebolire i
Talebani privando l’insurrezione dell’accesso al proprio sostentamento:
uomini, denaro, e rifugio fra la popolazione simpatizzante. Questi sono
obiettivi possibili, poiché i Talebani non sono particolarmente popolari tra
la popolazione afgana. Essi si sono dimostrati principalmente adatti a
trarre vantaggi dagli scontri etnici e tribali all’interno della società afgana,
dal malcontento popolare contro lo stato e dalla frustrazione nazionalisti42
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ca nata dalla presenza militare internazionale. I Talebani sono anche spietati nei propri sforzi di eliminare o intimidire gli oppositori e in quelli di
mettere a tacere la popolazione. Migliorando la sicurezza pubblica, creando nuove opportunità economiche e rafforzando la qualità della governance afgana, gli Stati Uniti e i loro partners cercano di diminuire il potere e
l’influenza dei talebani.
La Task Force crede che la strategia dell’Amministrazione Obama per
l’Afghanistan possa operare per cambiare il contesto dell’insurrezione
talebana e ridurre il rischio di terrorismo internazionale. Mantiene la prospettiva di costruire un Afghanistan stabile senza forze di sicurezza permanenti statunitensi o internazionali. Comunque, questi risultati auspicabili saranno difficili da raggiungere pur avendo a disposizione risorse ulteriori. La strategia di Washington in Afghanistan richiederà sacrifici più
grossi e alla fine vincerà o fallirà se la popolazione o i leaders
dell’Afghanistan si allineeranno o meno dietro di essa.
A partire dalla primavera del 2009 la strategia di Washington è stata supportata da un aumento delle forze statunitensi, arrivate a centomila unità
alla fine dell’estate 2010. In un lasso di tempo simile le forze operative
speciali statunitensi hanno triplicato il proprio potenziale. La missione
primaria della NATO è addestrare l’esercito nazionale afgano e la polizia,
ma la NATO è stata capace di mettere in campo solo una risicata metà
degli addestratori internazionali necessari. Fino ad ora gli Stati Uniti
hanno speso oltre ventisei miliardi di dollari per comporre l’ANSF e i
piani attuali prevedono una spesa annua di sei miliardi fino al 2015. Nel
luglio 2010, come parte dello sforzo a breve termine di espandere le forze
anti-talebane, la NATO ha convinto il governo di Kabul a permettere l’equipaggiamento, l’addestramento e l’organizzazione di forze a difesa della
comunità, sotto l’autorità del Ministro degli Interni.
Anche un rinnovato sforzo civile è a sostegno dell’aumento di truppe. Sin
dal gennaio 2009 la presenza civile statunitense globale è triplicata e ora
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conta mille unità mentre i dispiegamenti fuori Kabul sono quadruplicati.
L’Amministrazione Obama ha rifocalizzato l’assistenza economica (oltre
due miliardi e seicento milioni di dollari nel corso dell’anno fiscale
2009/2010) al settore agricolo al quale circa l’ottanta percento degli afgani si affidano per la propria sopravvivenza. In una rinnovata politica contro gli stupefacenti, l’Amministrazione Obama ha enfatizzato il contrasto e
i programmi di sostentamento alternativi mirati a colpire i punti strategici
senza mandare in collera i coltivatori. Il nuovo approccio è supportato da
un aumento del personale e del materiale nella Drug Enforcement
Administration statunitense ma anche dell’assistenza tecnica agli agricoltori.
Pur avendo annunciato questi nuovi impegni, il Presidente Obama ha
anche promesso che l’aumentato impegno militare degli Stati Uniti non
avrà un limite indefinito. Gli Stati Uniti inizieranno il passaggio delle
responsabilità sulla sicurezza alle forze afgane nel luglio 2011, benché la
cadenza precisa di questo processo sarà determinata dalle condizioni sul
campo in Afghanistan. Alla conferenza di Kabul dello scorso luglio i partiti
hanno espresso il proprio sostegno all’obiettivo del Presidente Karzai
«l’ANSF dovrebbe guidare e condurre operazioni militari in tutte le province entro la fine del 2014».
Il focus geografico del recente aumento di truppe statunitense è il sud
dell’Afghanistan, Pashtun, bastione del movimento talebano e terra in cui
esso è nato. Nel tentativo, della primavera del 2010, fatto dalla NATO, di
mettere in sicurezza la valle del fiume Helmand, i combattenti talebani
sono stati scacciati dai propri rifugi nel distretto di Marjah, dove sono
stati insediati nuovi funzionari locali. Mesi più tardi, le intimidazioni talebane sono ancora diffuse. Marjah ha dimostrato i difetti critici della capacità dello stato afgano e la difficoltà di “mantenere”, “costruire” e “trasferire”, subito dopo il completamento delle operazioni militari iniziali. Allo
George W Casey Jr. Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Americano
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stesso tempo gli Stati Uniti hanno anche ottenuto qualche successo con il
proprio approccio, anche a Nawa, a sole quindici miglia di distanza da
Marjah, dove i Talebani sono stati scacciati, le condizioni sono sicure e i
programmi statunitensi di sviluppo stanno prendendo piede. Risultati così
differenti dimostrano il carattere altamente variabile delle comunità – e
della stessa insurrezione – in tutto l’Afghanistan.
Gli sforzi della NATO di mettere in sicurezza Kandahar, una città dalla
grande importanza strategica e simbolica, si sono dimostrati difficili. Di
fronte allo scetticismo locale e a una calcolata campagna di omicidi, i
comandanti ISAF hanno limitato l’attività militare dentro a Kandahar e si
sono concentrati sui distretti isolati. Lì essi hanno dispiegato truppe
aggiuntive spesso assieme alle forze afgane di sicurezza nazionale. Vale la
pena notare che nonostante i pesanti combattimenti – e alcune fra le più
consistenti perdite NATO di tutta la guerra – le morti fra i civili afgani
siano scese del 30% nell’anno passato. Nello stesso periodo, l’aumento da
parte talebana dell’uso di IED, ordigni esplosivi improvvisati, ha causato
l’aumento di quasi un terzo delle morti totali fra i civili.
Sul fronte politico, le relazioni dell’Amministrazione Obama con il
Presidente Karzai sono state traballanti e soggette ad attacchi di pubblico
dissenso. Hanno raggiunto il punto più basso nell’autunno del 2009,
durante e immediatamente dopo le elezioni presidenziali afgane fortemente scorrette. La visita di Karzai a Washington nel maggio del 2010 si è
concentrata sul miglioramento delle relazioni con il governo di Kabul, uno
sforzo che si è protratto durante i successivi incontri ad alto livello. Non
ci sono indizi che tutto questo si sia traslato in una fiducia maggiore o in
una partnership di lavoro più efficiente. Le dimissioni di due importanti
funzionari di gabinetto, entrambi ritenuti partners costruttivi degli Stati
Uniti, ha alzato un’altra bandiera rossa sulla direzione politica verso cui si
è assestata Kabul. Nel corso dell’estate, Washington ha litigato con Karzai
sugli sforzi contro la corruzione e sulla sua decisione di bandire i contractors privati di sicurezza dall’Afghanistan. Il processo di riconciliazione è
stato forse la questione politica più contestata in Afghanistan nei mesi
recenti. Distinta dall’obiettivo a lungo termine di reintegrare i soldati
semplici talebani e i leaders minori nella società afgana, la riconciliazione
è focalizzata sui talebani anziani e ha creato domande sensibili su quali
concessioni il governo afgano e la comunità internazionale dovrebbero
essere intenzionati a fare, quali linee invalicabili dovrebbero segnare e
fino a che punto i negoziati possano offrire la prospettiva realistica di portare la guerra a compimento. Il Presidente Karzai nel giugno 2010 ha
preso parte al National Consultative Peace Jirga per guadagnare il sostegno pubblico al processo di riconciliazione ma i leaders d’opposizione
afgani – ma anche gli osservatori regionali con forti inclinazioni anti-talebane come l’India – sono preoccupati che un accordo possa concedere
troppo ai talebani. Washington si è dichiarata aperta alla possibilità di
risolvere il conflitto attraverso i negoziati ed ha rivolto le sue attenzioni a
definire il suo approccio con Karzai. Comunque, i funzionari anziani
dell’Amministrazione Obama hanno espresso diversi gradi di scetticismo
in merito alla possibilità di un accordo.
La decisione dell’Amministrazione Obama nell’autunno 2009 di devolvere
un maggiore ammontare di risorse militari e civili alla guerra afgana è
stata compiuta nel corso di un anno particolarmente denso di sfide.
Contrattempi politici e militari hanno fatto sorgere il dubbio se gli Stati
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Uniti abbiano la capacità di raggiungere gli obiettivi principali per mezzo
della strategia attuale. Le seguenti importanti sfide politiche devono essere affrontate per poter riuscire a migliorare le prospettive di progresso.
Se non si faranno progressi in tempo, sarà obbligatoria una nuova radicale
valutazione della strategia statunitense.
- La debolezza politica, la corruzione e la divisione nazionale.
Washington ha bisogno di partners politici afgani per raggiungere il successo della propria missione. Il governo afgano resta debole. È troppo
spesso corrotto e predatorio. Le deficienze fondamentali del sistema
politico afgano dividono l’opinione pubblica del paese e potrebbero rivelarsi fatali per gli sforzi statunitensi. Alla presidenza è affidata una
responsabilità sproporzionata. Questo squilibrio si nota anche dalla
debolezza del parlamento, dall’assenza di partiti politici credibili e dal
controllo presidenziale sulle nomine dei funzionari di governo che mancano in tutta la nazione. Washington dovrebbe cercare di forgiare la
forza delle autorità locali afgane come mezzo per ridurre il pubblico
risentimento contro il governo centrale ma non come mezzo per costruire centri di potere alternativi che minaccino l’unità nazionale.
- La riconciliazione. L’attuale processo di riconciliazione guidato da
Karzai non è abbastanza rappresentativo dell’ampia gamma di interessi
nazionali afgani. Sta facendo emergere in molti gruppi la paura e diffonde preoccupazioni a livello regionale, nell’India in particolar modo. Il
processo richiede una guida statunitense rafforzata e una costruzione
migliore del consenso regionale.
- La stima dei progressi. La prossima revisione strategica statunitense è
programmata per dicembre 2010. Dovrebbe essere una valutazione comprensiva dell’effettivo successo della strategia attuale. Per centrare questo obiettivo l’Amministrazione Obama necessiterà di criteri per valutare
i progressi, con dei dati a sostegno, o perderà la fiducia del Congresso
statunitense e del pubblico americano.
- Le forze di sicurezza nazionale afgane. In molti casi, le forze di
sicurezza nazionale afgane – esercito, polizia e le unità di difesa delle
comunità locali – non sono in grado di essere all’altezza nell’immediato.
L’ANSF si è espanso rapidamente a un costo molto alto, ma la riduzione degli addestratori internazionali impedisce la loro professionalizzazione. Le proiezioni per le future necessità finanziarie è probabile debbano affrontare resistenze circa il budget sempre più aspre nel
Congresso USA.
- La crescita economica. La diffusa povertà e la mancanza di infrastrutture minacciano uno sviluppo economico auto-sostenuto. Senza un
aumento dell’investimento privato e dell’integrazione economica regionale, le enormi risorse dell’Afghanistan, siano esse depositi minerali o
prodotti agricoli, rimarranno sotto-utilizzate e la nazione si troverà a
dipendere dai donors internazionali per sostenere il proprio governo e la
popolazione.
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Opzioni e raccomandazioni
politiche: il Pakistan
La Task Force approva gli forzi dell’Amministrazione Obama di coltivare la
cooperazione col Pakistan come metodo migliore per garantire gli interessi
statunitensi vitali nel breve, medio e lungo termine. Questo approccio
dovrebbe includere investimenti significativi nella stabilità dello stesso
Pakistan in particolare dopo l’alluvione di questa estate. Ma perché l’assistenza americana sia efficace sul lungo termine, Washington deve mettere
bene in chiaro di aspettarsi dal Pakistan uno sforzo sostenuto per contrastare le organizzazioni terroristiche che trovano asilo nei suoi territori e i
loro simpatizzanti.
Le raccomandazioni in questo capitolo sono intese a sottolineare e completare gli attuali sforzi statunitensi. Comunque sia la Task Force è preoccupata che anche gli sforzi più intensi degli Stati Uniti in Pakistan non abbiano successo. Due scenari realistici sono in grado di indurre una rivalutazione fondamentale delle strategie e delle politiche statunitensi.
Primo, è possibile che i terroristi che hanno base in Pakistan conducano un
attacco su vasta scala sugli Stati Uniti e che il governo pachistano – per
tutta una serie di ragioni – si rifiuti di intraprendere contro i responsabili le
azioni più adeguate. Nella fase successiva a un traumatico attacco terroristico, sarebbe impossibile per gli Stati Uniti accettare l’inerzia pachistana.
Molto probabilmente gli Stati Uniti si troverebbero a condurre attacchi su
obiettivi specifici nel territorio pachistano effettuati con raids delle forze
speciali o attacchi aerei su sospetti
avamposti terroristi. Anche un’azione
militare limitata svolta dagli Stati
Uniti provocherebbe una forte reazione fra i pachistani. Il pubblico livore
in entrambe le nazioni aprirebbe una
crepa tra Washington e Islamabad.
In un secondo scenario, Washington
potrebbe arrivare alla conclusione
che il Pakistan non abbia la volontà
di approfondire il livello della sua collaborazione nelle priorità anti-terrorismo statunitensi. L’odierno consenso
politico statunitense a favore dell’impegno e dell’assistenza al Pakistan è
basato principalmente sulla convinzione che siano gli incentivi e non le
coercizioni a fornire il metodo migliore per ottenere la collaborazione
della popolazione, del governo e dell’esercito pachistani. Ma questo consenso richiede che venga tempestivamente dimostrato almeno un progresso incrementale.
La frustrazione causata dal sussistere
dei rapporti del Pakistan con gruppi
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come il LeT e i Talebani afgani, erode questo consenso. A un certo punto
questa frustrazione potrebbe causare una modifica dell’approccio col
Pakistan da parte degli Stati Uniti.
Nel caso in cui vengano considerati cambiamenti strategici fondamentali,
sia Washington che Islamabad dovrebbero arrivare a una chiara comprensione dei costi e dei benefici di un approccio alternativo. Il cambiamento
di direzione più probabile per gli Stati Uniti potrebbe essere quello di discostarsi dall’attuale strategia nella quale, si tenta di costruire una partnership attraverso incentivi e risultati (la carota), per procedere verso la
coercizione e il contenimento (il bastone). Washington ha una serie di
strumenti di pressione sul Pakistan. Potrebbe tagliare l’assistenza militare
e civile. Potrebbe anche lavorare bilateralmente e attraverso le istituzioni
internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale (IMF) e l’ONU per
sanzionare e isolare il Pakistan. Le operazioni statunitensi contro i gruppi
di terroristi che hanno base in Pakistan potrebbero venire allargate e
intensificate. Gli Stati Uniti potrebbero, nella regione, perseguire un legame più stretto con l’India a spese del Pakistan.
Per esser chiari, esistono già aspetti coercitivi nella politica statunitense,
ma l’obiettivo di fondo è quello di lavorare con Islamabad e attraverso di
lei, non contro di lei. Tutto ciò cambierebbe se Washington giungesse alla
conclusione che il Pakistan non è preparato ad agire contro i gruppi militanti che minacciano gli interessi statunitensi. “Il bastone” verrebbe abbattuto sui i terroristi che hanno base in Pakistan, ma anche contro lo stato
pachistano nel tentativo di modificare le sue politiche. La relazione fra
l’America e il Pakistan diventerebbe manifestamente ostile.
Gli americani e i pachistani devono capire che queste opzioni portano con
sé costi e rischi altissimi. Entrambe le parti hanno molto da perdere.
Contenere la minaccia terrorista dal Pakistan sarebbe veramente difficile
se il governo pachistano e quello statunitense fossero ai ferri corti, la condivisione delle informazioni sarebbe ridotta, e i funzionari statunitensi
sarebbero costretti ad operare da paesi confinanti. La presenza della NATO
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in Afghanistan sarebbe messa a rischio senza una rotta logistica sicura che
passi attraverso il Pakistan. Allo stesso tempo la fragile stabilità economica
e politica del Pakistan sarebbe compromessa da maggiori tensioni con gli
Stati Uniti. L’esercito pachistano si troverebbe a soffrire della perdita dell’assistenza statunitense e da un accesso ristretto all’addestramento, alla
tecnologia e ai pezzi di ricambio delle armi prodotte negli USA e dei veicoli. In generale, coercizione e contenimento, in Pakistan, da parte degli statunitensi, potrebbero accelerare trend pericolosi, economici, politici e
sociali, dentro il territorio. Gli americani devono riconoscere che per quanto frustrante e difficoltosa possa essere oggi la situazione del Pakistan, ha il
potenziale di diventare addirittura peggiore.
Per tute queste ragioni, la soluzione preferibile è costruire una partnership
più efficiente con il Pakistan. Per migliorare le prospettive di raggiungere il
nucleo degli obiettivi statunitensi, la Task Force espone le seguenti raccomandazioni.
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Potenziare l’implementazione dell’assistenza degli Stati Uniti nel
Pakistan del dopo alluvione
Washington deve identificare le necessità più urgenti del Pakistan e deve
assegnare loro un livello di priorità, come indicato nelle modifiche ai piani
di assistenza statunitensi revisionati dopo l’alluvione di questa estate. Per
riuscire a fare l’uso migliore dell’assistenza statunitense alla ricostruzione e
dei fondi autorizzati dall’Enhanced Parnership with Pakistan Act per i
prossimi cinque anni, Washington dovrebbe:
- Soddisfare le necessità del Pakistan. Nel momento in cui Washington
cerca di allocare maggiori risorse, deve anche mantenere un approccio
guidato dalla domanda. È necessaria una collaborazione più stretta per
creare e implementare progetti sostenibili che colmino le lacune nella
ripresa post-alluvione del Pakistan e negli sforzi di ricostruzione, migliorino la vita della popolazione e godano del sostegno di istituzioni in grado
di applicarli al meglio.
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- Accelerare l’implementazione di progetti di alto livello. LA Task
Force appoggia i piani statunitensi di creare progetti di alto livello specifici per settori strategici come l’acqua, l’energia e il lavoro. Dovrebbero
supportare il recupero post-alluvione e specialmente in questo ambito
non c’è tanto tempo per dimostrare progressi tangibili. La normale tempistica statunitense per i grandi progetti di sviluppo ha il potenziale di frustrare i pachistani bisognosi. Questa frustrazione darà vigore ai detrattori
dell’America e potrebbe essere un grosso passo indietro strategico.
Procedure fluide, inclusi l’impiego e lo sviluppo di maggiori competenze
dell’USAID, dovrebbero essere prioritarie. Se implementati efficacemente, questo tipo di progetti miglioreranno la vita di milioni di pachistani nei
decenni a venire e potranno rivelarsi l’utile testamento del valore di una
partnership a lungo termine con gli Stati Uniti.
- Comunicare le intenzioni americane. Nonostante i programmi di
assistenza, passati e attuali, degli Stati Uniti siano stati radicali, troppo
spesso sono sfuggiti all’attenzione dell’opinione pubblica pachistana.
Washington dovrebbe lanciare una campagna mediatica sofisticata e
intensa che sfrutti il potere dei trascinanti media elettronici del
Pakistan e si muova oltre i soliti tagli di nastro, le visite ufficiali e i
comunicati stampa.
- Potenziare la legge e l’ordine e combattere la corruzione. In partnership con i governi nazionale e provinciali del Pakistan, Washington
dovrebbe continuare a finanziare i programmi di addestramento, le
strutture e l’equipaggiamento per la polizia e dovrebbe permettere uno
scambio fra le magistrature dei due paesi. Queste istituzioni sono spesso sul fronte nel combattere la guerriglia, ma mancano di competenza e
delle risorse necessarie a compiere molti dei propri doveri di base.
- Forgiare il partner pachistano. Gli interessi e le priorità di importanti segmenti di popolazione pachistana sono fondamentalmente allineati
con quelli degli Stati Uniti. I membri della comunità del business del
Pakistan, ad esempio, cercano condizioni stabili per la crescita e
potrebbero beneficiare da iniziative a sostegno dell’investimento nel
settore privato. I principali leaders religiosi cercano una risoluzione
non violenta dei conflitti. Insegnanti, artisti e gli altri membri della
società civile cercano la libertà d’espressione e di parola. Comunque
sia, questi gruppi tendono ad avere un contatto diretto minimo col
governo degli Stati Uniti. L’ambasciata statunitense ad Islamabad e i
consolati a Lahore, Karachi e Peshawar dovrebbero essere dotati di
risorse più ampie e flessibili per raggiungere un vasto numero di leaders della comunità, che spesso hanno una grande influenza, e coordinarsi con loro.
- Rafforzare la responsabilità e la supervisone. Per proteggere i finanziamenti americani da corruzione e sperpero, l’Amministrazione Obama
dovrebbe implementare dei meccanismi di monitoraggio chiari e trasparenti. Questi controlli daranno luogo a un maggiore impiego dei contractors pachistani. Il Government Accountability Office e le altre agenzie di governo USA dovrebbero lavorare per il governo pachistano per
individuare congiuntamente degli obiettivi e misurare i progressi annuali. Gli Stati Uniti e il Pakistan dovrebbero anche creare un tavolo di
supervisione congiunto, che lavori attraverso i ministeri e i governi
locali, monitorando non solo i contributi ma anche i risultati, come la
creazione di posti di lavoro.
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Espandere le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Pakistan
L’assistenza economica statunitense non potrà mai essere sufficiente a
rispondere alle enormi sfide di disoccupazione, povertà e analfabetismo
del Pakistan. Queste saranno rese più difficili dalla devastazione causata
dall’alluvione di quest’estate. E saranno integrate nel corso dei decenni a
venire con un rapido incremento della popolazione.
Problemi di una simile portata rendono ben chiara la necessità di misure
più drastiche. L’Amministrazione Obama potrebbe proporre – e il
Congresso statunitense dovrebbe adottarle – delle misure che liberalizzino i dazi sulle importazioni di prodotti tessili
dal Pakistan. Questo
aiuterebbe a stimolare
l’economia pachistana e
a rafforzare la partnership tra la popolazione
americana e quella
pachistana. I leaders
pachistani hanno cercato a lungo di entrare
più facilmente nei mercati occidentali. Per il
Pakistan, gli Stati Uniti
sono il principale mercato d’esportazione.
Oggi un terzo delle
esportazioni pachistane
è diretto agli Stati Uniti
e un terzo dell’investimento estero proviene da investitori statunitensi. Ma il Pakistan si trova
tuttora a dover affrontare barriere sostanziali ai mercati statunitensi.
Poiché l’industria tessile pachistana conta il 38% dell’impiego industriale
pachistano, un simile accordo potrebbe fornire un’opportunità d’impiego
a milioni di giovani pachistani che sarebbero così scoraggiati dall’intraprendere il cammino che porta alla guerriglia. Anche le industrie correlate che hanno subito un contraccolpo tremendo dall’alluvione, come la
coltivazione del cotone, riuscirebbero a beneficiare dall’espansione del
settore tessile. Di conseguenza l’accordo contribuirebbe a mettere più
soldi nelle tasche dei consumatori pachistani. È l’unico passo efficace che
gli Stati Uniti possano effettuare per stimolare l’economia pachistana.
Ammorbidire i dazi sul tessile applicati alle importazioni dal Pakistan non
metterebbe i produttori statunitensi a rischio. Le importazioni statunitensi dal Pakistan contano una quota veramente bassa (il 3%) del totale
delle importazioni americane; ad esempio, le importazioni di maglie e
pantaloni di cotone dal Pakistan sono, negli Stati Uniti, il 3.3% del totale
delle importazioni di questi prodotti in particolare. Invece, un accordo
commerciale potrebbe ridelineare la proporzione dell’import americano
dalla Cina e dagli altri esportatori economici che oggi dominano questo
settore di mercato.
La programmazione dell’assistenza statunitense dovrebbe essere usata
per massimizzare i benefici di tale accordo nelle regioni che sono più
minacciate dai movimenti estremisti. Supportare i progetti di infrastrut51
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ture e addestramento potrebbe aiutare a dare una fisionomia alle zone
dove si trovano le industrie tessili. Le regioni pachistane che producono
cotone, compreso il Punjab meridionale, sarebbero le prime a beneficiare
ampiamente da un simile accordo.
La recente esperienza con una legislazione statunitense pensata per facilitare un potenziamento del commercio e dell’investimento in Pakistan,
inclusa l’iniziativa della Reconstruction Opportunity Zone, ha evidenziato
l’ostacolo che compromette gli sforzi di liberalizzare il commercio tessile
col Pakistan. Sul mercato interno, i leaders sindacali, l’industria tessile
statunitense e i membri del Congresso che provengono dalle regioni dove
si produce il cotone, potrebbero aver bisogno di essere rassicurati sul
fatto che le loro preoccupazioni possano trovare risposta. Conscia di queste sfide la Task Force chiede
con urgenza
all’Amministrazione Obama e
al Congresso di considerare
questa legislazione come una
priorità di sicurezza nazionale
e come parte della generosa
risposta americana agli sforzi
di recupero post-alluvionali
pachistani. Su un binario
parallelo Washington avrà
anche il bisogno di una campagna diplomatica per affrontare le inevitabili obiezioni
degli altri stati produttori di
cotone, incluse la Cina e
l’India.
Costruire la capacità pachistana di contrastare il terrorismo
e le milizie
L’efficacia dei servizi di sicurezza pachistani nel combattere il terrorismo
contro altri è questione di impegno e capacità. Gli Stati Uniti devono dirigere le proprie energie a entrambi gli sforzi statunitensi di potenziare la
cooperazione nel combattere il terrorismo con l’esercito e con i servizi d’intelligence del Pakistan se tale situazione persistesse. Washington dovrebbe
spiegare chiaramente che tutti i violenti gruppi estremisti che hanno base
nel Pakistan minacciano la sicurezza degli Stati Uniti, del Pakistan e di tutta
la regione. Ci sono stati progressi conto i gruppi che minacciano lo stato
pachistano ma un impegno insufficiente contro quei gruppi che da dentro il
Pakistan minacciano gli interessi statunitensi, afgani o indiani. La condivisione delle informazioni d’intelligence e il coordinamento tra le agenzie statunitensi e pachistane sono una componente essenziale di questo sforzo.
La Task Force raccomanda un addestramento, un equipaggiamento e strutture per la polizia, i paramilitari e l’esercito continui e potenziati. La mobilità aerea, la visione notturna, i cecchini, il potenziale di sorveglianza, tutti
richiedono un miglioramento. Il Pakistan ha bisogno di elicotteri e di aviotrasportatori per dispiegare le proprie forze con rapidità in terreni remoti e
impervi. Migliorare la capacità pachistana di effettuare attacchi rapidi e
selettivi contro i gruppi di guerriglieri senza alienarsi il sostegno delle comunità locali, potrà aiutare a mantenere la sicurezza nei settori così che gli
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sforzi di stabilizzazione e sviluppo possano aver luogo dopo che le iniziali
operazioni di militari di bonifica sono concluse. Gli sforzi di assistenza e
addestramento statunitensi devono sottolineare l’importanza critica del
rispetto dei diritti umani e della limitazione nelle perdite fra i civili. Le forniture e l’assistenza statunitense dovrebbero mettere al primo posto la missione di contro-insurrezione. Le richieste pachistane dovrebbero essere priorizzate secondo il grado in cui esse sono coerenti con tale missione.
L’assistenza militare statunitense al Pakistan dovrebbe dipendere da progressi tangibili verso la cooperazione. Comunque sia, scrivere le condizioni
nella legislazione statunitense potrebbe creare severe sfide diplomatiche e
produrre, com’è stato il caso delle sanzioni statunitensi degli anni novanta,
politiche rigide che potrebbero, alla fine, rivelarsi controproducenti.
Invece i leaders del Congresso dovrebbero lavorare con l’Amministrazione
Obama per individuare obiettivi per l’America che possano essere condivisi col Pakistan attraverso i canali diplomatici. I progressi lungo questa
linea dovrebbero forgiare le future decisioni di Washington sui programmi
d’assistenza.
Accelerare le modifiche delle strategie regionali del Pakistan
Le crescenti ambizioni e capacità del LeT e dei suoi affiliati (e i loro collegamenti con al-Qaeda) li rendono una bomba ad orologeria in Asia meridionale. Washington dovrebbe esercitare una pressione maggiore su Islamabad
perché contrasti il potenziale del LeT e contenga i suoi simpatizzanti,
tenendo a mente che un certo numero di questi gruppi gode di un diffuso
sostegno popolare grazie agli sforzi di assistenza umanitaria da essi profusi.
L’alluvione potrebbe addirittura essersi rivelata un vantaggio per le organizzazioni estremiste che si sono mobilitate per rispondere ai bisogni della
comunità che lo stato non ha affrontato. A differenza dei gruppi di terroristi stranieri che operano dal Pakistan, come al-Qaeda, il LeT è interamente
indigeno. Sradicare questo cancro dalle istituzioni politiche pachistane è
un proposito difficoltoso e potenzialmente mortale che deve essere gestito
con cura e precisione. Washington dovrebbe cercare di individuare modi
per sostenere i leaders pachistani negli interventi post alluvione in zone del
paese dove la competizione per il sostegno locale è particolarmente importante per l’autorità e la stabilità future dello stato.
Il dialogo sul LeT dovrebbe ricevere la priorità assieme a quello su alQaeda e i Talebani nelle discussioni politiche, militari e di intelligence tra
Stati Uniti e Pakistan. Le più dure contestazioni statunitensi dovrebbero
essere supportate da prove schiaccianti. Inoltre gli Stati Uniti dovrebbero
rafforzare il proprio potenziale d’intelligence e interdizione, per bloccare
le operazioni del LeT fuori dal Pakistan e le sue attività di reclutamento
in America ed Europa. Condividendo le informazioni d’intelligence con
l’India e contribuendo al suo potenziale di difesa contro i terroristi che
hanno base in Pakistan, gli Stati Uniti potrebbero diminuire l’importanza
di chiunque in Pakistan ancora considera di valore strategico favorire le
milizie.
Gli Stati Uniti dovrebbero anche proseguire negli sforzi contro quei gruppi
che in Pakistan cercano di destabilizzare l’Afghanistan, come i Talebani di
Qetta Shura e la rete Haqqani. La Task Force condivide il fatto che la rete
Haqqani sia stata inserita ufficialmente fra le organizzazioni terroristiche.
Indebolendo e sanzionando questi gruppi gli Stati Uniti potranno dimostrare al Pakistan che non meritano una continua assistenza, attiva o passiva
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che sia. Per rispondere alla riluttanza apparente del Pakistan ad attaccare
questi gruppi, gli sforzi statunitensi e della NATO di smantellarli devono
rimanere una componente centrale delle operazioni militari in Afghanistan
e lungo il confine pachistano. Esse dovrnno includere l’uso selettivo di
droni armati. Rendere questi gruppi impotenti dovrebbe incoraggiare una
modifica nell’approccio di Islamabad all’Afghanistan – lontana dai gruppi
armati e vicina a partners politici legittimi.
Promuovere il dialogo nucleare e l’assistenza energetica non-nucleare
Gli Stati Uniti dovrebbero perseguire col Pakistan un dialogo sulla sicurezza nucleare che sia migliorato, sostenuto e proiettato verso il futuro, che si
basi sulle precedenti indicazioni strategiche e lavori per favorire la fiducia
reciproca tra Washington e Islamabad. Nel contesto di quel dialogo
Washington dovrebbe esplorare le possibilità di infondere fiducia e promuovere misure di riduzione del rischio nucleare. Il dialogo dovrebbe fornire a Washington l’opportunità di porre delle domande sull’arsenale nucleare pachistano in espansione ma anche sulla sicurezza delle armi e dei
materiali nucleari. Istituendo dei contatti regolari e potenziando il flusso
delle informazioni tra i due governi, discussioni più approfondite su questioni di dottrina e strategia potranno divenire possibili.
Gli Stati Uniti non dovrebbero fare a Islamabad la promessa non realistica
di un accordo tra Pakistan e Stati Uniti sul nucleare civile. Questo non
gode del sostegno del Congresso statunitense o della comunità internazionale, pertanto la prospettiva che sia approvato è scarsa. Una simile promessa contribuirebbe solo ad innalzare la frustrazione di entrambe le parti,
generando false speranze e distogliendo l’attenzione da altre pressanti questioni. Ma l’Amministrazione Obama dovrebbe fare qualcosa in più per aiutare a soddisfare le serie necessità energetiche del Pakistan con mezzi non
nucleari. La crisi energetica del Pakistan è molto più grave di una semplice
scarsità di forniture: il cammino del settore energetico è ostacolato da problemi di debito, regolamenti inefficienti, corruzione, furti e da una distribuzione insufficiente. Gli Stati Uniti dovrebbero lavorare col Pakistan per
affrontare la serie di riforme politiche e istituzionali necessarie ad attrarre
un investimento privato maggiore.
Supportare un governo efficiente e democratico
Gli Stati Uniti dovrebbero supportare in Pakistan un processo democratico
e dei rapporti responsabili tra esercito e ambito civile. Washington dovrebbe continuare ad impegnarsi con il numero maggiore possibile di partiti
politici pachistani senza sposare la causa di uno in particolare. Deve anche
riconoscere i limiti dell’influenza e della capacità di fare leva degli Stati
Uniti. Gli Stati Uniti non sono in grado di aggiustare lo squilibrio di poteri,
fra militare e civile, che affligge lo stato pachistano. Possono, in ogni modo,
reiterare con regolarità le proprie preferenze per una gestione democratica
e lottare faticosamente per coinvolgere i leaders civili pachistani in tutti i
principali dialoghi bilaterali. Gli sforzi statunitensi di enunciare condizioni
politiche specifiche sull’assistenza non sono solitamente mai riusciti a
influenzare l’azione pachistana. Washington dovrebbe invece donare il suo
sostegno a partners e istituzioni che condividano i medesimi obiettivi. Ad
esempio gli Stati Uniti dovrebbero incoraggiare una governance più efficace, convogliando una parte della propria assistenza attraverso quei ministeri e quelle agenzie governative locali che siano in grado di dimostrare tra54
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SPECIALE
sparenza ed efficienza. Questo potrebbe rafforzare i partners meritevoli e
dimostrare che gli Stati Uniti non sono complici della corruzione e dell’assegnazione degli aiuti americani a contractors stranieri.
Nelle zone del Pakistan dove di recente le forze di sicurezza hanno cacciato i Talebani e gli altri gruppi armati è di particolare importanza che gli
Stati Uniti offrano assistenza e addestramento alle istituzioni civili locali.
Una limitata capacità amministrativa in queste zone minaccia di mettere a
rischio le vittorie militari conseguite duramente. Viste le minacce alla sicurezza e le sensibilità politiche locali, i funzionari statunitensi potrebbero
aver bisogno di operare in stretto coordinamento con l’esercito pachistano
o i corpi di frontiera o condurre le loro operazioni indirettamente attraverso cittadini pachistani.
© Defense Video & Imagery Distrubution System – DVIDSHUB
Incoraggiare il commercio e il dialogo indo-pachistani
Gli Stati Uniti dovrebbero continuare a incoraggiare il dialogo tra India e
Pakistan per ridurre la possibilità di una crisi o una guerra. Ma Washington
dovrebbe farlo informalmente. Nessuna delle due parti risponderebbe bene
a una pressione pubblica statunitense. I leaders responsabili a Islamabad e
Nuova Delhi già riconoscono i benefici potenziali di una relazione normalizzata ma si trovano a dover affrontare oppositori interni molto radicati e in
grado di farsi sentire.
Washington dovrebbe, in maniera creativa, cercare nuovi modi di incoraggiare gli investimenti e il commercio indo-pachistani, inclusa l’assistenza
tecnica statunitense allo sviluppo di infrastrutture lungo i confini internazionali e nella linea di frontiera costituita dal Kashmir. Nello specifico gli
Stati Uniti dovrebbero promuovere con l’India e il Pakistan, ma anche con
istituzioni multilaterali come la Banca Mondiale, l’idea di un fondo destinato esclusivamente alla rete stradale e ferroviaria tra India e Pakistan.
Questo permetterebbe di ammodernare i servizi e di dare impiego a molte
persone in entrambi i lati del confine. Ciò dimostrerebbe i vantaggi del
miglioramento delle relazioni bilaterali. Nel tempo, questo sforzo potrebbe
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SPECIALE
essere esteso alle reti elettriche e ai gasdotti dimostrando ancora una volta
l’interesse di entrambi i paesi nel progresso economico della regione.
La visita in India del Presidente Obama nel novembre 2010 ha offerto
un’importante opportunità di promuovere questo ed altri sforzi di stabilizzazione regionale.
Evidenziare la priorità del Pakistan negli altri dialoghi diplomatici
La Cina e l’Arabia Saudita godono di una speciale influenza in Pakistan.
Rivestono un ruolo particolarmente importante nel promuovere un’economia pachistana stabile e in crescita e hanno la capacità di aggiungere al
coro una voce chiara e forte sul contro-terrorismo e su altre questioni
sensibili. Benché gli Stati Uniti abbiano molte altre priorità nei loro rapporti con questi due paesi, la Task Force si raccomanda che Washington
elevi la discussione sul Pakistan ad aspetto centrale nei dialoghi con i leaders cinesi e sauditi.
Gli Stati Uniti dovrebbero anche fornire il proprio sostegno agli sforzi
multilaterali di coordinare le politiche sul Pakistan. Benché molte questioni sensibili, sia politiche che militari, non siano affrontate al meglio
nelle decisioni multilaterali, possono fornire una piattaforma per migliorare la cooperazione fra i donors che offrono la loro assistenza. Si dovrebbero controllare fermamente le aspettative. Il gruppo Amici di un
Pakistan Democratico ha raggiunto dei successi solo marginali e ha creato frustrazioni in entrambi i lati del tavolo. Detto ciò, meeting regolari
possono aiutare a generare un propellente per i lenti processi burocratici
e rafforzare la condivisione delle informazioni tra il Pakistan e i diversi
donors. Washington dovrebbe anche cercare la membership del Pakistan
– o almeno lo status di osservatore – nei forums internazionali principali
come il G20, per collegarlo a nuove strutture di potere e aiutarlo a familiarizzare con le nuove norme e con un comportamento responsabile nell’arena internazionale.
Aprire le porte dell’America ai visitatori pachistani
Una delle sfide più grandi che compromette il miglioramento dei rapporti
tra la popolazione del Pakistan e quella degli Stati Uniti è la percezione
che l’America non dia il suo benvenuto ai visitatori pachistani. Questa
percezione è stata rafforzata dalle pesanti politiche statunitensi sulla
sicurezza dei confini e dalla loro implementazione maldestra. Ad esempio, dopo il fallito attentato aereo di Detroit del natale 2009, gli Stati
Uniti hanno chiesto a cittadini di quaranta paesi, il Pakistan incluso, di
passare attraverso controlli separati agli aeroporti. Il Pakistan ha perlopiù
interpretato queste richieste come inique e discriminatorie, compromettendo gli sforzi statunitensi di coltivare un’immagine più positiva. Altri
problemi di comunicazione e precauzioni per garantire la sicurezza hanno
complicato anche i viaggi ufficiali all’interno degli USA di alcuni funzionari pachistani. Benché il governo statunitense debba fare ciò che è necessario per garantire la sicurezza dei propri confini, le decisioni future sulle
restrizioni di viaggio e la sicurezza aeroportuale dovrebbero essere attente a tenere in considerazione la sensibilità pachistana ma anche le implicazioni diplomatiche delle nuove regolamentazioni. Come soluzione pratica, si dovrebbe istituire un team che regoli i rapporti fra le agenzie ed
eviti e gestisca gli incidenti diplomatici collegati alle procedure di sicurezza negli aeroporti americani.
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SPECIALE
Opzioni e raccomandazioni
politiche: l’Afghanistan
L’attuale strategia statunitense in Afghanistan è a un punto critico. Per
rafforzare il sostegno dell’opinione pubblica statunitense,
l’Amministrazione Obama ha bisogno di capire se siano stati fatti dei progressi globali, se tali progressi siano tali da giustificare il costo dell’approccio attuale e se il loro effetto possa essere duraturo. Questo processo
di valutazione dovrebbe iniziare nel contesto della revisione strategica
che il presidente Obama ha in agenda per dicembre. I criteri di giudizio
degli elementi cardine dell’attuale strategia contro-insurrezionale dovrebbero essere basati sulle risposte ad alcune domande critiche, quali:
- C’è stato un miglioramento significativo nell’efficienza dell’ANSF?
- Sta cambiando in positivo lo slancio contro l’insurrezione nelle aree contese?
- Una volta che hanno avuto luogo le operazioni NATO, si inizierà il ritorno
a una vita normale?
- Sono stati fatti dei progressi nella costruzione del sistema di sicurezza
locale e nelle potenzialità civili?
- Il governo di Kabul ha intrapreso seri passi per combattere la corruzione?
Nel momento di rendere pubblica la valutazione, l’Amministrazione
Obama dovrebbe condividere col Congresso le sue risposte a queste
domande e accompagnarle da dati a sostegno. Nessuna singola
misura definirà il progresso. Il presidente ha
detto che gli Stati Uniti
continueranno l’attuale
aumento di truppe fino
a luglio 2011, a seconda
delle condizioni sul
campo. Comunque, se
gli sforzi statunitensi
non dovessero funzionare, sarà garantito un
ridimensionamento
significativo arrivando a
una missione meno
impegnativa che enfatizzi gli obiettivi dell’antiterrorismo con un
numero minore di soldati statunitensi. Con l’entrata della guerra nel
suo decimo anno, l’opposizione comincia a
farsi sentire. I critici
dell’aumento di truppe e
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SPECIALE
©
© UK
UK Ministry
Ministry of
of Defence's
Defence's Official
Official Flickr
Flickr Channel
Channel
dello sforzo di contro-insurezione mettono in discussione la strategia, la
sua applicazione e l’eventualità che possa o meno avere successo.
Credono che l’opinione pubblica americana non sopporterà ancora a
lungo il costo della guerra in Afghanistan; che lo stato afgano rimarrà
predatorio e corrotto e le sue neonate forze di sicurezza dipendenti dalle
truppe straniere; e che la serie di minacce alla sicurezza che ora
l’Afghanistan si trova d affrontare renderanno la guerra impossibile da
vincere. Essi promuovono una serie di alternative strategiche alla campagna attuale di contro-insurrezione statunitense. Nessuna di esse è
comunque priva di costi o rischi significativi.
Un’alternativa all’attuale strategia statunitense auspica che gli Stati Uniti
affrontino la minaccia del terrorismo internazionale in Afghanistan con un
impegno militare e civile che sia significativamente minore, più facilmente
sostenibile e meno vulnerabile. Un’impronta leggera – c’è chi ipotizza si
possa trattare di un numero di truppe che va dalle diecimila alle ventimila
– guidata da forze operative speciali armate di denaro, armi, sorveglianza e
dalla capacità di chiamare in causa le forze aeree statunitensi, che potrebbe affiancare elementi dello stato
afgano e potentati non statali per
proseguire con la
missione anti-terrore anche dopo
che il grosso delle
forze NATO se ne
sarà andato.
Anche se il governo di Kabul è
incapace di mantenere il controllo
su larghe porzioni
del suo territorio
una forza di questo genere
potrebbe provare
a sostenere abbastanza partners
da mantenere
una base sufficiente in Afghanistan. Washington potrebbe anche proseguire la partnership con Islamabad dall’altra parte del confine. Una forza militare più snella
sarebbe anche meno dipendente dalle linee di rifornimento pachistane
creando il beneficio aggiunto di ridurre l’influenza di Islamabad sulle operazioni statunitensi.
Dimostrando che gli Stati Uniti sono principalmente concentrati a combattere il terrorismo internazionale, Washington potrebbe trovare nuove
opportunità di negoziato con alcuni Talebani afgani, sottraendoli all’influenza di al-Qaeda e degli altri gruppi terroristici che hanno ambizioni
globali più estreme. Il ridotto impegno della NATO in Afghanistan
potrebbe portare stati come la Cina, l’Iran e la Russia – che contribuiscono ben poco agli sforzi di sicurezza ma perseguono piuttosto la pro58
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SPECIALE
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© UK Ministry of Defence's Official Flickr Channel
pria agenda – per pensare più seriamente alle questioni di sicurezza
regionale. Potrebbe innescare un nuovo giro di diplomazia regionale
capace di creare un accordo di pace afgano disordinato ma concreto.
Per rafforzare la stabilità pachistana, le forze americane potrebbero provare ad assistere Islamabad contro le minacce di guerriglia che emergono sulla parte afgana del confine mentre Washington continua a lavorare
contro le altre reti terroristiche che fanno base in Pakistan, come il LeT.
Tutti questi sono scenari ipotizzabili ma partono da assunti ottimistici.
Passare a un’impronta più leggera comporta dei rischi significativi. Una
campagna contro-terrorismo limitata, quasi sicuramente è in grado di
offrire agli Americani una protezione minore contro il terrorismo internazionale rispetto alla strategia attuale. Questo perché le forze speciali
americane si troverebbero ad agire in un ambiente di sicurezza compromesso e con dei partners afgani sempre meno comprensivi. Troverebbero
maggiori difficoltà a muoversi all’interno del paese per raccogliere informazioni o attaccare i nemici. Con meno personale e meno centri di addestramento, le forze statunitensi dovranno affrontare sfide più difficili nell’addestrare truppe afgane capaci
o unità di sicurezza locale.
Un contingente
più leggero
avrebbe anche
delle difficoltà a
gestire il fatto
che negli anni
recenti al-Qaeda
ha forgiato
alleanze più
salde con esponenti dei
Talebani afgani,
specialmente con
la rete Haqqani.
Questa nuova
generazione di
combattenti talebani è più facile
condivida la
visione della Jihad globale di al-Qaeda. È ipotizzabile che i Talebani ritornino alle pratiche passate, espandendo la loro partnership con i terroristi
internazionali come mezzo per disfarsi degli oppositori afgani. Se ci
riuscissero, ciò renderebbe addirittura più difficile per gli Stati Uniti trovare partners afgani capaci e volenterosi.
In queste circostanze l’Afghanistan potrebbe lacerarsi facilmente in una
guerra civile vera e propria. Una guerra simile sarebbe amara e devastante come i conflitti afgani precedenti, creerebbe milioni di rifugiati e
una diffusissima tragedia umanitaria. Una eventuale decisione statunitense di concentrarsi su una missione contro-terroristica più leggera,
porterebbe agli Stati il biasimo per le sofferenze, spingendo un numero
maggiore di afgani a essere meno disponibili a fornire il proprio appog59
SPECIALE
gio alle operazioni americane. Un impatto minore potrebbe allontanare
l’Afghanistan da una stabilità, politica o economica, durevole. Potrebbe
contribuire poco a un piano realistico di ritiro militare americano pieno
e responsabile. Gli Stati Uniti potrebbero ritrovarsi intrappolati in un
pantano lungo e sanguinoso con prospettive peggiori di quelle che si trovano ad affrontare oggi.
La Task Force crede che se l’Afghanistan sprofondasse nuovamente in
una guerra civile, sarebbe più probabile che i paesi vicini possano prendere le parti di qualcuno piuttosto che stare in disparte o cercare di
stemperare il conflitto. La competizione indo-pachistana in Afghanistan
potrebbe essere particolarmente feroce e arrivare ad intaccare i loro rapporti bilaterali in generale. Gli Stati Uniti si ritroverebbero quasi sicuramente in contrasto con la scelta pachistana di un impegno militare per
procura in Afghanistan mediante i Talebani e i loro affiliati. Queste differenze potrebbero esacerbare le tensioni che già esistono tra Islamabad e
Washington. Tutte queste dinamiche costringerebbero uno stato pachistano già messo a dura prova a pagare un ulteriore pedaggio mettendo in
pericolo la sua stabilità.
Basandosi sulle minacce incombenti e sui costi a lungo termine, la Task
Force ritiene che l’alternativa di una missione meno impegnativa ponga
rischi significativi agli interessi statunitensi. Anche così gli Stati Uniti
dovrebbero considerare delle alternative di questo genere se dovessero
credere che con la strategia attuale non siano fatti progressi dimostrabili
e tempestivi. Qualsiasi cosa succeda, gli Stati Uniti dovranno fare dei
passi urgenti per affrontare le serie sfide identificate dagli scettici nell’approccio attuale che non hanno trovato risposta. Tre elementi evidenti.
Primo, gli Stati Uniti devono individuare e rafforzare i partners politici
afgani in grado di rivestire un ruolo costruttivo nell’impegno di controinsurrezione. Secondo, devono avere fiducia sulle capacità delle forze di
sicurezza afgane di iniziare ad assumersi delle responsabilità nella tutela
della sicurezza a un costo accettabile. Terzo hanno bisogno di identificare
gli strumenti economici attraverso i quali l’Afghanistan possa sostenere la
sua popolazione e il suo governo, offrendo opportunità diverse dalla violenza e dalle attività illecite.
La Task Force raccomanda i seguenti passi che la strategia e la politica
statunitensi dovrebbero compiere per affrontare al meglio queste sfide.
Accettare l’opzione politica
La soluzione all’insurrezione afgana dovrà essere politica e non militare.
Gli insorti irriducibili dovranno essere uccisi o catturati ma una stabilità
durevole sarà raggiunta solo se la stragrande maggioranza della popolazione afgana raggiungerà un minimo accordo con lo stato. Un simile
accordo politico, sostenuto da forze di sicurezza afgane più capaci, dallo
sviluppo economico e dalla diplomazia regionale offre agli Stati Uniti la
strada più breve per pervenire a un ritiro permanente dall’Afghanistan in
una situazione in cui il rischio di un ritorno al terrorismo o alla guerra
civile risulti ridotto.
I termini precisi dell’accordo politico in Afghanistan sono meno importanti del fatto che questo governo non generi il dissenso dell’opinione pubblica, insicurezze e divisioni. Lo stato afgano, inefficiente, corrotto e a
volte predatorio, oggi ha qualche responsabilità dell’insurrezione talebana. Gli Stati Uniti dovrebbero continuare a cercare strumenti di influenza
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SPECIALE
© United States Marine Corps Official Page
sul governo Karzai, usando tutto ciò che è possibile, dalla coercizione
mirata agli incentivi all’assistenza, per diminuire la corruzione, nominare
funzionari più capaci a livello nazionale e locale e governare e dirigere
importanti componenti della missione di contro-insurrezione.
Comunque, il problema è ben più grande di Karzai, dei suoi alleati o di
chi ha nominato. Le elezioni presidenziali del 2009 hanno evidenziato i
difetti del sistema politico afgano ed esacerbato le divisioni fra i principali leaders del paese. I partners naturali degli Stati Uniti – nel parlamento, nel business e nella società civile afgana – sono stati emarginati
dai pesanti investimenti fatti da Washington sulla presidenza. Il nuovo
processo di riconciliazione che Karzai ha ripreso, non è riuscito sino ad
oggi a creare niente più che il fantasma di un consenso nazionale. Anche
la coalizione regionale che ha supportato il processo post-talebano di
costruzione di un nuovo stato afgano è caduta in rovina. In risposta, gli
Stati Uniti necessitano di un approccio che combini tre grandi iniziative:
una riforma politica, una riconciliazione nazionale e una diplomazia
regionale.
I funzionari statunitensi dovrebbero incoraggiare una riforma politica che
permetta una condivisione dei poteri e una fiducia maggiori mentre incoraggia l’unità nazionale. Riforme efficaci possono presentarsi in varie
forme e dimensioni. Le modifiche alla legge elettorale, ad esempio,
potrebbero aiutare i partiti politici e permettere loro di rafforzare il parlamento afgano. Le riforme al processo di nomina dei governatori, dei
capi di polizia ecc. potrebbero attribuire a questi funzionari una responsabilità più diretta nelle comunità locali.
Karzai e gli altri beneficiari dell’attuale sistema si opporranno a tali cambiamenti ma questi individui non sono immuni dalle pressioni interne o
internazionali. Washington dovrebbe identificare diverse iniziative di
riforma ad alta priorità per poi individuare le possibilità di influenzarle o
sostenerle quando queste emergono. In questo sforzo, gli Stati Uniti
potrebbero sfruttare lo scontento popolare piuttosto che – come è spesso
il caso – soffrire del fatto che vengono associati allo status quo.
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SPECIALE
Impazienti e capaci, i partner politici afgani potrebbero essere rapidi a
unirsi allo sforzo riformatore guidato dagli americani se risultasse chiaro
che Washington è seria quando persegue il cambiamento.
Il processo di riconciliazione nazionale offre anche una potenziale apertura su una riforma costituzionale. I leaders degli insorti hanno esplicitamente rifiutato l’attuale costituzione ed è improbabile che rientrino nella
politica afgana senza qualche modifica. Le due iniziative politiche – riforma e riconciliazione – coinvolgono numerosi gruppi a parte il circolo
ristretto del presidente Karzai. Mettendo sul tavolo più interessi afgani, è
anche più probabile che gli Stati Uniti vedano i propri interessi assecondati, ad esempio la garanzia che le milizie scelgano una rottura netta con
al-Qaeda. È difficile che il processo produca risultati immediati, ma
dovrebbe comunque far parte di un più ampio approccio americano.
Attraverso diverse soluzioni, inclusi i negoziati, la maggior parte degli
insorti afgani attuali dovrebbe, alla fine di tutto, essere riportata nel flusso sociale, politico ed economico dell’Afghanistan.
Col dispiegarsi di un qualsiasi processo di riconciliazione, gli Stati Uniti
dovrebbero operare per far leva sugli interessi dei poteri regionali di
modo che questi supportino una soluzione stabile. Un accordo che non
soddisfi i fondamenti degli interessi regionali non riuscirà a durare. Il
Pakistan avrà un ruolo particolarmente importante da rivestire ma
Washington dovrebbe agire velocemente per assicurarsi la partecipazione
anche dell’India, della Cina, degli Stati Arabi del Golfo, della Russia e
delle Repubbliche dell’Asia Centrale. Anche l’Iran dovrà naturalmente
essere presente. Un piccolo gruppo di contatto potrebbe offrire il migliore meccanismo possibile per elaborare una sintonia regionale in termini
generali per un accordo sull’Afghanistan.
Un realistico rafforzamento delle forze di sicurezza afgane
L’ANSF è un pilastro centrale dell’exit strategy dell’amministrazione
Obama per l’Afghanistan. Nel tempo, queste forze – assieme alle unità
difensive locali delle comunità – devono assumersi una maggiore responsabilità nel garantire la sicurezza per fare in modo che gli Stati Uniti e le
altre forze della coalizione possano ritirarsi. Ma la NATO non deve formare un esercito afgano a sua immagine e somiglianza. La missione principale dell’ANSF dovrebbe essere quella di supportare le missioni condotte
dalla NATO per mantenere la sicurezza dopo che gli insorti saranno stati
eliminati e, infine, per garantire la sicurezza della popolazione. Missioni
simili possono essere difficoltose ma non richiedono la creazione di un
esercito in grado di effettuare operazioni ad alto potenziale. Pur
costruendo l’esercito afgano, la NATO dovrebbe continuare a devolvere
le sue principali risorse alla formazione di forze di fanteria leggera. Non è
abbastanza chiaro, ad esempio che i piani attuali di finanziare l’aviazione
e l’addestramento per il corpo aereo dell’esercito afgano sono elementi
critici per le missioni più imminenti. Con in mente un’aspettativa minore,
l’obiettivo di una rapida espansione dell’ANSF per incoraggiare la sicurezza della popolazione diventa più ipotizzabile da raggiungere nonostante sia comunque estremamente difficile.
Gli Stati Uniti stanno devolvendo risorse senza precedenti all’espansione
dell’ANSF con budget difficili da accettare sul lungo periodo per il
Congresso e che saranno anche troppo grandi perché il governo di Kabul
possa gestirli. Dal 2008 il governo afgano può permettersi di dare solo
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SPECIALE
© U.S. National Guard
320 milioni di dollari per il costo dell’ANSF, una cifra che recentemente è
schizzata da 6 a 7 miliardi di dollari. Anche un programma di assistenza
considerevolmente ridotto richiederebbe comunque un sostegno forte e
consistente da parte della comunità internazionale per un futuro prevedibile. Un impegno maggiore da parte degli alleati e del settore privato
potrebbe aiutare a ridurre i costi sul lungo periodo per gli Stati Uniti. In
particolare, dovrebbe essere potenziato il Fondo Law and Order Trust,
amministrato dall’ONU, che fornisce l’attrezzatura, la corresponsione
degli stipendi e le altre forme di sostegno alla polizia afgana.
Nonostante le massicce spese statunitensi e la chiara priorità strategica
dell’ANSF, sono necessari centinaia di addestratori in più per fornire il
personale necessario alle missioni di addestramento NATO dell’ANSF.
Washington dovrebbe premere sui suoi alleati e sui suoi partners affinché
adempiano le promesse per ciò che concerne gli addestratori e gli insegnanti istituzionali ed embedded per l’ANA e L’ANP Afghan National
Police.
Il reclutamento e l’addestramento per l’ANP, una forza indispensabile a
una strategia di contro-insurrezione concentrata sulla popolazione, sono
indietro di anni rispetto a quelli dell’Esercito. L’ANP dovrebbe mescolare
polizie comunitarie, competenze paramilitari e capacità investigativa. Per
accrescere la professionalità e ridurre la corruzione, è necessario preparare e coadiuvare, a livello locale, gli addestratori di polizia. Gli insegnanti migliori hanno un’esperienza professionale appropriata; le unità militari regolari non sono abbastanza equipaggiate per questo compito. Anche
una campagna di istruzione pubblica pensata per informare gli afgani sull’esatto ruolo della polizia e sui modi che la popolazione può impiegare
per denunciare pratiche predatorie abusive potrebbe aiutare ad accelerare il processo di riforma dell’ANP.
Dovrebbero essere considerate nuove opportunità per mettere sul campo
le forze afgane di sicurezza. La recente iniziativa NATO di espandere le
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© Isafmedia
SPECIALE
forze di difesa della comunità è valida. Anche se il potenziale combattente delle forze di polizia delle comunità locali non è ancora chiaro, e senza
dubbio ci saranno degli abusi del sistema, la minaccia che questi gruppi
possono costituire per il governo di Kabul impallidisce di fronte alla
necessità immediata di opporsi all’avanzata talebana e costruire un sistema di sicurezza pubblica. Per istituire alla fine l’autorità legale e politica
del governo afgano queste forze sono state messe in modo appropriato
sotto la responsabilità del Ministero dell’Interno afgano.
Promuovere la crescita economica del settore privato
L’aiuto internazionale all’Afghanistan ha svolto un ruolo positivo e concreto nella vita di milioni di persone. In accordo con altri donors, USAID
ha con successo condotto lo sforzo di aumentare la percentuale di afgani
a cui è permesso l’accesso a una forma di base di servizio sanitario, dal
9% del 2002 a oltre l’85% del 2010. Per facilitare i mezzi di comunicazione e trasporto per gli afgani, l’agenzia ha ripristinato oltre 1.677 chilometri di strade e ha lavorato per istituire quattro compagnie telefoniche che
servono più di sei milioni e mezzi di abbonati.
Ciò detto, c’è qualcosa in più che può venir fatto per favorire una crescita economica che sia sostenibile e offra delle opportunità ai molti afgani
che sono intrappolati nell’economia di guerra o nel traffico di stupefacenti. Uno degli scopi primari dell’assistenza statunitense dovrebbe essere quello di migliorare le condizioni per l’investimento privato e il commercio regionale. Lo sforzo diplomatico in Cina, India e fra gli altri
potenziali investitori, dovrebbe sottolineare la loro centrale importanza
per la stabilità afgana e anche il reale potenziale di profitto. Fintanto che
gli uomini d’affari afgani e internazionali non avranno interessi di lunga
durata in Afghanistan, Kabul non aumenterà mai le sue risorse economiche e non ci saranno mai abbastanza posti di lavoro per gli ex membri
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Acque & Terre 6-2010
SPECIALE
delle milizie. In quel caso, qualsiasi tipo di stabilità l’aumento di truppe
sarà in grado di garantire sarebbe ben presto spazzato via dal rinnovarsi
della violenza.
Le seguenti raccomandazioni politiche sono intese ad aiutare una crescita economica afgana sostenibile, riconoscendo che non ci sono soluzioni
immediate ai problemi:
- Fare leva sulle industrie estrattive. I recenti studi stimano che il
valore di mercato delle risorse naturali afgane potrebbero valere trilioni
di dollari statunitensi. L’Afghanistan potrebbe beneficiare dall’assistenza tecnica e progettuale nell’importantissimo processo della contrattazione con i governi e le aziende stranieri ma anche nel prendere decisioni politiche sensibili su come allocare le entrate. Washington dovrebbe supportare una continua partecipazione afgana all’Iniziativa di
Trasparenza delle Industrie Estrattive come mezzo per evitare i peggiori abusi – corruzione, concussione ecc – spesso associati alla scoperta
di grosse risorse naturali.
- Accelerare il transito e il commercio regionali. Le minacce alla
sicurezza e le tensioni politiche ostacolano il commercio e il transito in
tutta la regione. Le prospettive economiche pachistane e afgane, dal
medio al lungo termine, comunque, dipenderanno largamente dalla
capacità dei due paesi di collegarsi ai mercati regionali. Trarre un vantaggio dalla posizione afgana all’incrocio delle rotte di terra del traffico
potrebbe fornire al paese sostanziali entrate doganali. Aprire dei percorsi ai principali importatori regionali potrebbe aumentare enormemente le opportunità d’affari degli esportatori afgani. Gli Stati Uniti
dovrebbero aiutare a gettare le basi per l’integrazione economica futura creando degli incentivi per l’investimento regionale e dei corridoi
commerciali in Afghanistan e attraverso di esso. Washington dovrebbe
esercitare il suo peso sulle iniziative che hanno lo scopo di potenziare
il commercio di confine attraverso progetti infrastrutturali come i collegamenti ferroviari e autostradali. Gli Stati Uniti dovrebbero anche
lavorare con Kabul e Islamabad per garantire la rapida implementazione del recente Accordo sul Transito Commerciale fra Pakistan e
Afghanistan che dovrebbe permettere ai prodotti afgani di viaggiare su
ruote attraverso il Pakistan per raggiungere l’India.
- Comprare afgano. Poiché la coalizione internazionale spende milioni
di dollari per sostenere le sue operazioni in Afghanistan dovrebbe essere esplorata ogni opportunità di creare beni dal business afgano che
siano soggetti alla salvaguardia da corruzione e abusi. Ogni dollaro
speso produrrà un doppio risultato, primo fornirà servizi e beni necessari e secondo aiuterà a sviluppare il settore privato afgano.
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SPECIALE
Conclusioni
© The U.S. Army
La Task Force approva le strategie per Pakistan e Afghanistan che fanno
pesanti richieste al popolo americano. Decine di migliaia di soldati statunitensi sono già coinvolti in sanguinosi ed estenuanti combattimenti;
migliaia di civili statunitensi operano, nella regione, in condizioni difficili
e incerte; e miliardi di dollari pagati dai contribuenti americani confluiscono nella regione ogni mese. La Task Force lo fa pur sapendo che,
nella migliore delle ipotesi, il margine per una vittoria statunitense sarà
probabilmente esiguo. E lo fa in un modo legato alle tempistiche: se la
revisione strategica di dicembre del presidente Obama dimostrerà l’assenza di progressi, gli Stati Uniti dovranno velocemente ricalcolare la
propria presenza militare in Afghanistan.
In Pakistan e Afghanistan gli Stati Uniti affrontano pericoli reali che
meritano un’attenzione considerevole, non conta quale sia la strategia
che Washington implementa. Un’insurrezione collegata al terrorismo
internazionale è una minaccia pericolosa alla sicurezza globale e regionale. I persistenti legami di un Pakistan nucleare ad alcuni di questi gruppi,
in particolare al LeT e agli esponenti dei Talebani afgani, impediscono
una cooperazione più stretta con gli americani e minano alla base la stabilità a lungo termine del secondo stato più grande al mondo a maggioranza musulmana.
L’instabilità dell’Afghanistan potrebbe trascinare il paese in una guerra
per procura che sarebbe in grado di esercitare sul Pakistan uno stress
maggiore, indebolire i fragili stati dell’Asia Centrale ricchi di risorse
energetiche ed esacerbare le tensioni tra Nuova Delhi e Islamabad. La
Task Force prende sul serio l’ipotesi secondo la quale il rapido ritiro
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SPECIALE
delle forze statunitensi da un Afghanistan instabile potrebbe ricreare dei
rifugi sicuri per il terrorismo internazionale.
In Pakistan, se le pericolose tendenze sociali, politiche ed economiche
non venissero affrontate immediatamente, metterebbero a repentaglio la
sicurezza mondiale e le risorse collettive delle prossime generazioni.
Nella peggiore delle ipotesi, un Pakistan radicale e atomico, popolato, nel
2050, da trecento milioni di persone sarebbe una minaccia inimmaginabile all’ordine globale.
Ad oggi gli Stati Uniti puntano ad affrontare queste minacce costruendo
delle partnership con alleati afgani e pachistani che trasformino i corposi
investimenti di oggi in scelte sostenibili, economiche e più solide per un
futuro. Queste partnership sono essenziali. Senza di esse gli Stati Uniti
non raggiungeranno i propri obiettivi. Nella lotta al terrorismo e all’insurrezione i progressi dovrebbero essere misurati quantificando cosa
l’America è riuscita a costruire e non chi ha catturato o ucciso. Un
miglioramento nella cooperazione col Pakistan, il rafforzamento delle
forze di sicurezza afgane e l’espansione dei territori tolti dal controllo
talebano costituiscono dei successi lungo il cammino. Gli sforzi di riforme politiche e sviluppo economico devono proseguire perché la regione
possa raggiungere una stabilità durevole. Una vittoria finale statunitense
nella regione non avverrà attraverso la resa formale del nemico; avverrà
quando i partners statunitensi in Pakistan e Afghanistan saranno impegnati e stabili abbastanza da garantire la sicurezza nei propri territori e
consentire il ritiro totale delle forze statunitensi.
La Task Force è ben consapevole del duro compromesso economico tra
le lotte all’estero e le priorità a casa. L’attuale strategia statunitense
pone delle pressioni sul budget statunitense nello stesso esatto momento in cui la congiuntura economica americana e globale sta costringendo
gli altri a compromessi dolorosi. La gestione del budget richiede di promuovere l’approccio che la Task Force indica e che non può essere trascurato. È innegabile, ad esempio, che fornire assistenza civile per un
miliardo e mezzo di dollari l’anno al Pakistan, sostenere le truppe in
Afghanistan a un costo che varia dai sei ai sette miliardi l’anno e costruire la capacità interna dell’USAID di formulare, implementare e monitorare i programmi in Afghanistan, verrà fatto a spese degli altri progetti
interni. Per questo è essenziale determinare se il presente sforzo consegue risultati rapidi. Se così non fosse dovranno essere considerate altre
opzioni meno costose.
Un’America consapevole del proprio budget non dovrebbe comunque
paragonare i programmi di assistenza in Pakistan e Afghanistan – per
progetti come strade, scuole o irrigazione – alla carità. Tutto questo è
fatto con uno scopo sì umanitario ma anche strategico: aiutare a costruire società più stabili e sicure che siano meno inclini a esportare la violenza e l’estremismo. Gli sforzi di aprire il mercato statunitense a un aumento dell’import di prodotti tessili dal Pakistan farà emergere l’opposizione
dei gruppi di lavoro e di produttori tessili statunitensi, anche se – come
indica uno studio preliminare – nessuno avrà realmente da perdere in
questo affare. Per avere una qualsiasi speranza di successo,
l’Amministrazione Obama deve considerare il coordinamento col
Congresso come una componente della sua missione oltremare.
Senza una forte leadership statunitense gli altri si sono dimostrati incapaci o non intenzionati a affrontare le sfide poste dal Pakistan o
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SPECIALE
dall’Afghanistan. La regione ha storicamente dimostrato un’enorme inclinazione alla competizione e alla guerra. Troppe fra le potenze mondiali
preferirebbero voltarsi dall’altra parte piuttosto che assumersi maggiori
responsabilità. Per ora gli Stati Uniti dovrebbero assumere il comando
con l’obiettivo di incoraggiare e mettere in grado i partners afgani e
pachistani a costruirsi un futuro più sicuro. Comunque, anche gli Stati
Uniti non possono permettersi di proseguire lungo questo percorso
costoso a meno che non si intraveda un consolidamento dei risultati.
Dopo nove anni di guerra americana nella regione è comprensibile che il
tempo e la pazienza stiano finendo.
Tradotto e pubblicato con il permesso del Council on Foreign Relations,
New York – USA, www.cfr.org
Il testo completo, che include le valutazioni contrarie espresse da alcuni membri della Task Force e i ringraziamenti del direttore, può essere reperito su
http://www.cfr.org/publication/23253/us_strategy_for_pakistan_and_afghanistan.html
Le foto di questo articolo sono state tratte da www.flickr.com
(traduzione dall’inglese di Tessa Toffanello)
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