Corriere degli Italiani Mercoledi 27 novembre 2013 10 CULTURA INTERVISTA A colloquio con il prof. Rocco Ronchi, ordinario di filosofia teoretica all’Università dell’Aquila La filosofia e le situazioni limite dell’esistenza di Chiara Marcon Il Professor Rocco Ronchi è professore ordinario di Filosofia Teoretica presso l’Università dell’Aquila. Collabora alle pagine culturali del quotidiano "Il Manifesto" e dirige la collana “Filosofia al presente” della Textus edizioni di L’Aquila. Si è lungamente occupato del pensiero francese contemporaneo, specializzandosi negli scritti di Henri Bergson. La sua formazione fenomenologica, sotto la guida del grande filosofo Carlo Sini, l’ha portato a dedicarsi a numerosi studi sul tema della comunicazione, e la nostra percezione della realtà. La nozione di “vivente” è al centro delle sue ricerche, nelle quali confluiscono suggestioni che provengono da ambiti disciplinari diversi: dalla filosofia teoretica all’epistemologia della complessità, dalla linguistica alla biologia evolutiva e alla psicanalisi. Proprio quest’ultimo tema è stato portato, dal professore, ospite dell’ASRI all’Università di Zurigo, introdotto in conferenza dall’Avvocato Paolo Solari Bozzi, Presidente dell’ASRI, al pubblico italofono elvetico. “Che cos’è un corpo vivo? E che cos’è un corpo morto?” Domande alle quali la scienza, l’etica, la religione, la filosofia, cercano di dare una risposta da secoli, “Come si definisce l’intervallo tra la vita e la morte?”, secondo Ronchi la scienza e il suo progresso hanno dato modo di tenere in vita un corpo in una sorta di sospensione, in un presente che non passa, siamo arrivati ad avere una “zona grigia”, che continuamente si ripete non dando la possibilità di un trapasso. Con un excursus storico, filosofico, teoretico, Ronchi ha portato il pubblico in sala a riflettere su alcuni aspetti, contemporanei di attualità, senza dare soluzioni, ma solo spunti di pensiero. Ronchi con sapiente capacità di linguaggio, è riuscito a trattare un tema inquietante che a volta per scaramanzia allontaniamo anche da noi stessi, il passaggio tra la vita e morte. Verso la fine della conferenza, è arrivato al pubblico l’esempio della,“ vita nuda”, un concetto di Giorgio Agamber, filosofo italiano, che sostiene con il suo Homo Sacer, che la vita nuda non è altro che una vita spogliata del mondo che le appartiene, la vita nuda, non è vita, ma neppure morte. Dalla vita nuda, al morto vivente, celebre personaggio cinematografico, ci si arriva con un ragionamento, sostenuto dal professore che lo zombie è una vita e una non vita perenne, una situazione limite dell’esistenza, resa possibile oggi dalla scienza. Dopo l’intervento, il professore, si è gentilmente intrattenuto con il pubblico, dove ha risposto a domande in sala ed autografato i suoi libri. Prima del suo intervento all’Università il Professor Ronchi ci ha rilasciato la seguente intervista, all’Hotel Savoy di Zurigo. Quando ha incontrato la filosofia? In realtà non saprei dirle quando ho incontrato la filosofia, mi sembra di averla avuta da sempre, di essere nato con lei. Non ho mai avuto dubbi su quello che dovevo fare nella vita, la filosofia non è stata per me una scelta, ma in modo un po’ ambizioso posso rispondere che la filosofia è sempre stata la mia vocazione. Quali sono i suoi maestri di riferimento? Ho avuto una grande fortuna, ho fatto i miei studi a Bologna che è un’ottima università. Poi, per una serie di combinazioni incontrai quello che per me è stato un grande maestro, il Professor Carlo Sini do- Il corpo tra la vita e la morte tiliana che aveva pensato al reale, a ciò che la scienza poteva scoprire. Quali sono le situazioni limite dell’esistenza umana filosoficamente parlando? Le situazioni limite, sono quelle in assoluto e la filosofia le incontra perché occupa una parte rilevante del nostro vivere. La tecnica ha reso possibile un prolungamento della vita, ma questo prolungamento ha prodotto una forma di vita che è molto difficile da identificare e riconoscerla ancora come vita qui ci troviamo difronte a situazioni limite dell’esistenza, che cos’è un corpo che vive appeso alle macchine e che può sopravvivere oltre a quello che sarebbe la sua fine naturale che le macchine gli permettono di sopravvivere ma che tipo di vita è? In che rapporto è con la morte? Lo possiamo chiamare corpo vivente o è un corpo tra la vita e la morte, è un corpo che suscita problemi… con il quale non sappiamo rapportaci e io credo che la filosofia deve pensare il reale che la scienza rende possibile può produrre un concetto adeguato alle situazioni limite dell’esistenza e può anche orientare con il suo pensiero le decisioni di carattere politico etico che riguardano questa situazione. cente di filosofia teoretica di Milano, e con lui ho conosciuto un periodo della filosofia che è stato straordinariamente ricco di stimoli tra la fine degli anni ottanta, in Italia, dove, ci fu una grande ricchezza di dibattito filosofico con dei protagonisti di grande valore Massimo Cacciari, Gianni Vattimo, Massimo Cacciari, Emanuele Severino. In quegli anni c’era un dibattito vero, intorno a temi veri, e io giovanissimo ho avuto la fortuna di crescere all’interno di questo dibattito che ha segnato una svolta nella cultura italiana. Sembra che la filosofia sia un po’ dimenticata oggi. Sotto un certo aspetto direi di no, molte iniziative legate alla filosofia, hanno un grande successo di pubblico. I festival della filosofia raccolgono decine di migliaia di persone, apparentemente c’è un grande bisogno di filosofia e a questa dimensione spettacolare della filosofia talvolta molto chiacchierata non corrisponde un autentico interesse filosofico. La filosofia,è entrata nei media, ha guadagnato visibilità, ma la pratica filosofica in senso stretto la ricerca, non ha conosciuto un analogo successo e si è sperimentata una sorta di atrofia della ricerca. A dispetto del successo mediatico si riconosce uno stallo nel senso di dibattito e ricerca. Lei è docente e scrittore, quale tra le due attività preferisce ? A differenza del mio maestro Carlo Sini che era scrittore perché docente, e i suoi libri nascevano con i suoi corsi, in me queste due attività sono separate. La mia attività di scrittore si svolge in modo abbastanza autonomo rispetto alla mia attività di docente e direi che se a livello di docenza, ne traggo un grande giovamento, visto il mio contatto diretto con gli studenti, per me si tratta di provare dei pensieri, vedere se funzionano o no, che tipo di ricaduta hanno sulle nuove generazioni mentre quando scrivo, ho la sensazione di produrre in modo autonomo di produrre concetti. La scrittura è veramente un ambito nel quale io riesco forse a sentirmi più a mio agio come produttore di concetti, e credo che poi la filosofia sia questo: la produzione di concetti adeguati alla realtà che ci circonda. Lei è stato definito il “ Professore che tutti vorrebbe avere”…come se lo spiega? Forse questo lo devo al fatto che ho iniziato a insegnare all’università dopo tanti anni d’insegnamento nei licei,e ho acquisito una certa familiarità con l’attività didattica. Poi un’altra ragione può essere questa: io quando insegno ho la sensazione di dover seguire sostanzialmente una tradizione, un discorso già nato. Io credo che gli studenti quando si trovano difronte ad un professore che non mira a sedurre un auditorio che non è concentrato sul proprio ego, ma sta cercando di fare bene il suo compito, di fare bene per quello che è pagato, di insegnare bene quello che deve insegnare. Credo che gli studenti poi riconoscano il valore. Secondo lei la formazione culturale porta ad un disadattamento? Io credo di si, io non credo che la filosofia come si suol dire un’introduzione a questa società, io credo che la filosofia porti, in qualche modo ad una forma di fecondo disadattamento, se non altro perché è un’educazione sul pensiero critico, e il pensiero critico è un pensiero destrutturante, perché problematizza ciò che per la maggioranza è ovvio. Problematizzare l’ovvio è disturbante nei confronti degli altri ma soprattutto verso se stessi. Il filosofo a differenza di altre figure professionali non ha posto, è caratterizzato da una sua atopia strutturale e la comunica anche a chi segue la sua parola, e a chi vuole imparare dalle cose che lui dice. Il filosofo ha una funzione di contagio. Non è un caso che fin dall’origine la filosofia è stata legata a un’idea di corruzione, operata sulla gioventù, il filoso è un corruttore, fecondo propositivo, ma produce disadattamento. Anche Socrate è stato portato in tribunale perché l’accusa che gli era stata rivolta era quella di non credere agli dei della città, di avere un atteggiamento contrario a quello che era lo spirito della tradizione, e al tempo stesso di corrompere i giovani. Perché secondo lei è importante chiedersi oltre al perché delle cose, anche il come ? Chiedersi il come, è importante perché riguarda una diversa postura da parte del filosofo. Se il filosofo si rapporta al mondo con la domanda “ che cosa è ?” si pone a una distanza abissale rispetto ad esso, come se lo potesse giudicare. Il filosofo che si chiede “come”, parte da una posizione di impegno di coinvolgimento della vita è coinvolto è dentro determinate pratiche che sono quelle di tutti , e all’interno di queste pratiche pone la domanda sul come, perché ponendo questa domanda vuole sondare possibilità di esistenze alter- native rispetto al modo in cui si svolgono queste pratiche. Secondo lei il filosofo prova a pensare nella testa degli altri? Io ritengo la scrittura saggistica sia questo. Quando un filosofo si misura con pensatori del passato o prova a rapportarsi alla storia della filosofia, si trova di fronte a due possibilità, da un alto di assumere l’atteggiamento del tutto giustificato dello storico, cioè costruire un pensiero contestualizzarlo, dall’altro è quello di entrare in dialogo fecondo con altri pensatori che vuol dire impadronirsi mimeticamente del loro pensiero, per arrivare a quello che non è pensato da questi pensatori. Distorcere il pensiero per far emergere l’ impensato. Pensiamo a Martin Heidegger a come si rapporta alla storia della filosofia, si ha a che fare con un filosofo che pensa nella testa degli altri. Utilizza i concetti di altri, per far emergere qualcosa che è assolutamente comune. Lei pensa che la filosofia debba iniziare a dialogare con la scienza… Io penso che sia verificata nella modernità una pericolosa scissione tra filosofia e scienza, che questi due cammini si siano separati, e che da questa separazione siano sorti molti problemi della modernità”. La scienza è diventata sempre più tecnica, e sempre meno pensiero e la filosofia è diventata sempre più chiacchiera letteraria qualche cosa di legato all’esperienza personale, e ha perso il rapporto con il soggetto, con la verità, e quindi penso che se c’è un futuro per la filosofia e io credo ci sia, sia quello di far incrociare questi due cammini Il compito della filosofia sia quello di provare a produrre concetti adeguati, a ciò che la scienza mostra e tende, produrre una filosofia all’altezza del pensiero scientifico contemporaneo di pensare veramente la scienza e non lasciarla andare, per la propria strada come se fosse una tecnica persa. Ci sono dei filosofi formati per questo? Credo ci sia una tradizione del pensiero del novecento che è stata sostanzialmente minoritaria, la quale si è mossa verso questa direzione, che è stata quella delle interrogazioni sui fondamenti della scienza e la problematizzazione dei fondamenti della scienza, penso ad esempio ad una serie di autori importanti ma che nella storia non hanno goduto della fama che avrebbero meritato come, Bergson, e da recuperare sarebbe anche la stessa filosofia gen- In questo momento che libro sta leggendo? Chi fa il mio lavoro legge sempre molti libri allo stesso tempo, una delle caratteristiche della ricerca è di lavorare su molti libri. Un libro che ho da poco richiuso è quello di Stefano Catucci “Imparare dalla luna”, un libro sulla luna, sul suo lato oscuro, e sul tipo di oggetto estetico che è diventata dopo la sua scoperta. Mentre un altro testo che sto leggendo in parallelo è quello di Le François che è un giovane storico della filosofia francese che ha scritto un libro sulla filosofia della salute sul concetto di salute che è uno dei concetti più ardui del nostro secolo, che cosa vuol dire essere in salute? Che rapporto c’è tra la salute e la malattia? Un’università dove le piacerebbe insegnare o svolgere un semestre? Ho da poco insegnato in Giappone all’università di Hosei a Tokio. Ne ho avuto una buona impressione e tratto un grande beneficio, quindi direi che mi piacerebbe tornarci. La sua prossima fatica letteraria? Io ho due lavori in corso d’opera, uno è un lungo saggio che congiunga la mia passione di filosofo a quella di cinefilo, dedicato ad un soggetto cinematografico minore lo zombie , il morto vivente, si intitola “ Gli zombi come eroi democratici”, ed è un tentativo di riflettere su questa figura, sulla storia e sulla condizione degli zombie mettendo insieme sia il cinema, quindi una produzione minore sia la riflessione speculativa filosofica, sulle situazioni limite dell’esistenza. Lo zombie fotografa una situazione limite dell’esistenza, un presente che non passa. Mentre l’altro testo al quale sto lavorando è prettamente filosofico speculativo, cerco di vedere la storia del pensiero novecentesco alla luce di quello che erroneamente è chiamato paradigma minore. Leggere i filosofi del novecento che sono stati un po’ marginali cercando di individuare un filo rosso che li lega, che può essere l’esperienza non trascendibile, quindi un realismo forte. L’ultima domanda… quale maestro del passato vorrebbe avere avuto come professore? La mia grande passione è per Nicola Cusano che è stato un grande filosofo del tredicesimo secolo, lui ha provato a pensare in modo radicale due cose: l’infinito e il suo primato e la convivenza radicale di tutti i credi religiosi in un unico fondamento filosofico. Opere di Rocco Ronchi: Teoria critica della comunicazione (Bruno Mondadori, Milano 2003); Filosofia della comunicazione (Bollati Boringhieri, Torino 2008), la cura del volume Filosofia Teoretica (Utet, Torino 2009); Bergson. Una sintesi (Christian Marinotti Edizioni, Milano 2011); Come fare. Per una resistenza filosofica (Feltrinelli, Milano, 2012); Brecht. Introduzione alla filosofia, et. al., (Milano 2013). Numerosi i suoi contributi ad una ridefinizione del pensiero di Jean-Paul Sartre, tra i quali si segnala la cura e la traduzione de La trascendenza de l’Ego (Christian Marinotti Edizioni, Milano 2011). Prossime conferenze ASRI www.asri.ch