COMUNE DI LIVORNO INDAGINE CONOSCITIVA PER L’AVVIO DEL PROCEDIMENTO DI REVISIONE DEL PIANO STRUTTURALE L’ECONOMIA LIVORNESE A cura dell’Unità Organizzativa Sviluppo Economico e Finanziamenti Europei con il contributo dell’IRPET Indice 1. 1.1 1.2 1.3 1.4 IL QUADRO MACROECONOMICO Uno sguardo alla provincia Un’economia prevalentemente terziaria La modesta apertura verso l’esterno La particolare natura del processo di distribuzione del reddito: le pensioni 2. L’ECONOMIA LIVORNESE NELL’ULTIMO DECENNIO: VERSO LA CONVERGENZA? Lo scenario nazionale e regionale L’economia livornese: uno sguardo ai dati ufficiali e alle stime IRPET Dal 2002 ad oggi: verso la convergenza I riflessi sull’occupazione In sintesi 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 3. LA CRISI FINANZIARIA ED I RIFLESSI LIVORNESE 3.1 Quadro macroeconomico internazionale 3.2 Le ricadute sull’economia livornese SULL’ECONOMIA 4 4.1 4.2 4.3 4.4 LE ATTIVITÀ ALL’INTERNO DEL PORTO DI LIVORNO Trasporti e cantieristica Gli effetti a monte e a valle dell'attività portuale La distribuzione per branca di attività economica degli effetti Conclusioni 5 6 LA NAUTICA E LE SUE RELAZIONI COL SISTEMA LOCALE IL PICCHIANTI 1. Il quadro macroeconomico 1.1 Uno sguardo alla provincia L’economia della provincia livornese è caratterizzata da tempo da un livello del PIL procapite inferiore alla media toscana. Questo risultato è attribuibile soprattutto alle dinamiche precedenti il 2001 dal momento che dal 2001 ad oggi il tasso di crescita risulta essere non solo ben più alto della media regionale, ma tra i più alti a livello nazionale Tabella 1.1 PIL PROCAPITE: LIVELLI E DINAMICA (A PREZZI CORRENTI) NELLE PROVINCE TOSCANE Numero Indice (Anno Iniziale =100) Livello Al 2006 1995-2001 2001-2006 Massa-Carrara 19373.1 131.4% 121.9% Lucca 22831.4 131.5% 115.0% Pistoia 21868.2 137.4% 110.8% Firenze 28052.8 141.6% 110.5% Prato 23996.6 132.1% 99.7% Livorno 23443.5 126.9% 121.4% Pisa 24574.6 137.1% 112.0% Arezzo 23410.1 136.6% 113.7% Siena 24544.9 144.6% 112.4% Grosseto 22019.1 132.1% 134.3% Toscana 24414.4 136.6% 113.3% Fonte: ISTAT Ciò significa che le difficoltà che hanno colpito l’economia nazionale e toscana in questo millennio hanno coinvolto meno le aree della costa e tra questa anche la provincia di Livorno. La spiegazione principale a questi andamenti la si può ritrovare nel fatto che le difficoltà di questo periodo sono legate soprattutto a problemi di competitività che si sono posti sui mercati internazionali; quindi le aree meno aperte hanno finito con il risentirne in misura più ridotta. Quindi la maggiore tenuta dell’area è, in qualche modo, anche il frutto della sua debolezza, in particolare della modesta presenza di attività industriali e quindi, di conseguenza, la minore vulnerabilità in fasi come queste in cui le difficoltà sono provenute proprio dai mercati internazionali ed hanno coinvolto in modo particolare i settori tradizionali della nostra regione. La natura particolare del sistema produttivo livornese ha in qualche misura protetto l’economia dell’area. Tabella 1.2 PIL PROCAPITE E SUE DETERMINANTI NEI DIVERSI SEL DELLA PROVINCIA PIL procapite PIL per unità di lavoro unità di lavoro per 100 Area Livornese 97.6 97.4 42.9 Val di Cecina 84.9 92.0 39.6 Val di Cornia 110.6 102.9 46.0 Arcipelago 128.9 125.7 43.9 PROVINCIA 100.0 100.0 42.8 Fonte: IRPET Questa particolare natura la si può sintetizzare da un lato nella maggiore specializzazione terziaria e, dall’altro, però, in una minore diffusione di attività produttive ben rappresentata dal più basso tasso di occupazione (occupati su popolazione in età 15-64 anni) che con il 58,8% è il più basso tra tutte le province della Toscana ed è appena i linea con la media nazionale. All’interno della provincia i quattro SEL si caratterizzano per avere strutture produttive alquanto diverse. L’area livornese (comprendente oltre il Comune di Livorno anche quello di Collesalvetti) si presenta con un PIL procapite più basso della media provinciale determinato sia dal più basso livello della produttività del lavoro (per unità di lavoro)che dalla più bassa partecipazione al lavoro: quindi il SEL livornese presenta all’interno della provincia le stesse caratteristiche che la provincia presenta nei confronti della Toscana. 1.2 Un’economia prevalentemente terziaria Il settore industriale non solo, come già rilevato, ha un peso modesto all’interno dell’economia livornese, ma presenta anche caratteri affatto particolari rispetto al resto della regione. Mancano, di fatto, tutti i settori tipici dell’economia toscana, quelli cioè legati alla produzione di beni di consumo durevole e semidurevole (moda e dintorni) e l’organizzazione produttiva non assume mai la forma dei distretti industriali: vi è infatti, rispetto al resto della regione, una maggiore incidenza delle imprese più grandi, con relazioni spesso deboli col sistema locale. Anche il settore artigiano, pur presente come ovunque, conferma la sostanziale assenza di produzioni tipiche, come avviene invece nel resto della Toscana. Nel complesso le attività produttive che sono più specifiche dell’area (in termini relativi ovviamente) sono quelle legate alla vicinanza al mare: la nautica, le attività portuali, la pesca, la raffinazione del petrolio, l’energia, cui si aggiungono alcune produzioni meccaniche (l’automotive in particolare) e le attività della pubblica amministrazione, con livelli di specializzazione che, nel corso degli anni, mostrano però alcuni interessanti cambiamenti (Tab. 1.2) che, salvo poche eccezioni, vanno nella direzione di rafforzare le specializzazioni esistenti. Tabella 1.3 INDICI DI SPECIALIZZAZIONE. SEL LIVORNESE. 1995 E 2007 Alta specializzazione 1995 2007 Estrazione di minerali energetici 20,81 Raffinerie di petrolio 12,20 Pesca 3,19 Mezzi di trasporto 1,88 Trasporti e comunicazioni 2,93 Pubblica amministrazione e difesa 1,67 Macchine elettriche e ottiche 1,20 Energia elettrica, gas e acqua calda 1,36 Credito 1,26 Sanità e altri servizi sociali 1,12 Istruzione 1,04 Altri servizi pubblici, sociali e personali 1,01 Informatica, ricerca, altre attività 1,19 23,00 12,73 3,27 2,75 2,53 1,66 1,61 1,60 1,15 1,15 1,08 1,07 1,01 Bassa specializzazione Commercio all'ingrosso e al dettaglio Costruzioni Metallo e prodotti in metallo Articoli in gomma e materie plastiche Alimentari, bevande e tabacco Altre industrie manifatturiere Attività immobiliari e noleggio Carta, stampa ed editoria Lavorazione di minerali non metalliferi Alberghi e ristoranti Macchine e apparecchi meccanici Legno e dei prodotti in legno Chimica e fibre sintetiche e artificiali Estrazione di minerali non energetici Agricoltura, caccia e silvicoltura Tessili e abbigliamento Fonte: IRPET 1995 2007 0,79 0,91 0,85 0,73 0,88 0,33 0,54 0,48 0,43 0,52 0,38 0,31 0,26 0,10 0,12 0,03 0,90 0,83 0,75 0,64 0,56 0,55 0,54 0,50 0,42 0,42 0,39 0,36 0,30 0,12 0,09 0,04 È, infatti, aumentata negli anni la specializzazione nel settore petrolifero, nella pesca, nei diverse comparti della meccanica, nella produzione di energia, ma soprattutto nei mezzi di trasporto, per l’evoluzione registrata dalla cantieristica e da quella, invece, dell’automotive che ha, tuttavia, vissuto alterne vicende. Tra i settori che restano ancora despecializzati vi è, invece, da segnalare il recupero del commercio. Il fatto che la presenza industriale sia complessivamente modesta è confermato dal peso che il manifatturiero ha sul totale dell’economia (15%), peso che, non solo, è largamente inferiore alla media regionale (Graf. 1.3) ma si posiziona anche tra i livelli più bassi tra tutti i SEL toscani. Su questa caratteristica incide molto la natura urbana del SEL, dal momento che in generale nei SEL urbani tendono a prevalere le attività terziarie: se infatti alcuni del SEL urbani della regione mantengono ancora caratteristiche industriali (area lucchese, pratese, aretine e pistoiese) negli altri la presenza industriale non è particolarmente diversa da quelle del SEL livornese. Grafico 1.4 IL PESO DEL MANIFATTURIERO NEI DIVERSI SEL URBANI DELLA TOSCANA A. lucchese A. pratese A. aretina A.pistoiese Media regionale Massa Carrara A. fiorentina A. livornese A. pisana A. senese A. grossetana 0 10 20 30 Fonte: stime IRPET Queste particolarità hanno di fatto attutito gli effetti negativi della recente fase di sviluppo -quella che dal 2001 arriva sino al 2005- in cui le cui difficoltà si sono concentrate sulle produzioni tradizionali della regione. In effetti, dopo alcune difficoltà vissute nella prima parte del millennio, l’economia livornese ha realizzato performances migliori di quelle del resto dell’economia toscana. In tal senso tali migliori prestazioni vanno interpretate con una certa attenzione in quanto non possono essere considerate tout court e come l’espressione di una maggiore competitività dell’area. In questo ambito vale la pena di considerare come una delle conseguenze di una struttura industriale poco presente e molto concentrata in poche produzioni, con alcune presenze industriali importanti, ma non sempre ben radicate sul territorio (nel senso che i rapporti con le imprese dell’area non sono rilevanti), fa sì che il moltiplicatore della domanda finale sia molto basso, ovvero che uno stesso aumento della domanda finale produce effetti sul sistema locale inferiore a quello prodotto in sistemi locali con maggiore presenza industriale. In particolare, la capacità che hanno 1.000 euro di domanda finale di tradursi in valore aggiunto prodotto nell’area è, in generale, molto bassa dal momento che una parte rilevante dell’effetto di attivazione sfugge dal SEL sotto forma di importazioni. Ciò dipende in parte anche da alcune caratteristiche strutturali di alcuni dei settori in cui l’economia livornese è maggiormente specializzata, settori che hanno in generale un più basso livello del moltiplicatore; non si tratta in altre parole solo di una debolezza del sistema produttivo livornese, perché, più o meno ovunque, la produzione di settori come quello petrolifero, della cantieristica e anche di parte della meccanica (anche se in misura minore) genera effetti locali in genere modesti, trovandosi spesso collocata all’interno di filiere lunghe. Questo rafforza quanto più volte sostenuto circa il ruolo delle esportazioni all’estero per l’economia livornese: il fatto che esse siano concentrate in pochi settori e, per di più, in settori a basso effetto moltiplicativo sull’economia locale rende abbastanza indifferenti le sorti dell’economia del SEL all’evoluzione delle vendite all’estero. Ciò non toglie che il progressivo allargamento della presenza livornese anche sui mercati internazionali vada interpretato, perlomeno in alcuni settori, come un positivo segnale di crescita di competitività delle imprese dell’area. Se è vero che il settori maggiormente presenti nell’area hanno una più bassa capacità moltiplicativa è però anche vero che essi sono in generale settori a più alto valore aggiunto. Tuttavia non necessariamente tale valore aggiunto –che va a remunerare lavoro e capitale- confluisce verso le famiglie residenti nell’area: ammortamenti e profitti vanno ai proprietari delle aziende (che nel caso di grandi imprese non risiedono spesso nell’area), e per quel che riguarda il lavoro non è detto alto valore aggiunto per addetto corrisponda anche ad alti salari. In effetti i livelli salariali risultano mediamente più bassi di quelli toscani (già di per sé non particolarmente alti), soprattutto a causa delle più basse remunerazioni presenti in molte attività del terziario. Infatti, con l’unica eccezione dei trasporti, ovunque nel terziario le remunerazioni dei lavoratori livornesi sono più basse (e talvolta anche in modo significativo) rispetto a quelle degli analoghi (per qualifica) lavoratori toscani. Tabella 1.5 I LIVELLI SALARIALI DEI LAVORATORI DIPENDENTI DEL SEL IN RAPPORTO A QUELLI TOSCANI Retribuzioni medie mensili toscane=100 per qualifica Operai Energia, gas e acqua Minerali non energetici; industrie chimiche Trasformazione dei metalli; meccanica Alimentari, moda, legno, mobili e altre Costruzioni e delle istallazioni di impianti Commercio, pubblici esercizi e alberghi Trasporti e comunicazioni Credito e assicurazioni, servizi alle imprese Servizi pubblici e privati TOTALE Impiegati Quadri Dirigenti Apprendisti TOTALE .. 106 101 112 101 .. 100 103 .. 93 98 106 102 .. .. 87 96 .. 116 117 93 99 89 .. 96 84 .. 100 98 95 Fonte: stime IRPET su dati INPS 116 98 0 79 70 111 88 68 .. 0 .. .. .. .. 103 82 123 0 105 104 97 96 101 89 113 79 86 96 89 1.3 La modesta apertura verso l’esterno Un altro dei riflessi di un’economia molto terziaria è la bassa apertura verso l’estero, che è invece tipica delle aree più industrializzate. Tuttavia, sebbene l’economia livornese abbia da sempre manifestato una modesta apertura verso l’estero, specie sul fronte delle esportazioni, da anni questo carattere sta subendo alcuni significativi cambiamenti: oggi le esportazioni all’estero delle imprese del SEL rappresentano, infatti, quasi il 20% del totale delle loro vendite all’esterno dell’area, mentre solo alcuni anni fa (nel 1995) esse erano appena il 14%. Grafico 1.6 IL PESO DEL MERCATO TOSCANO, NAZIONALE ED ESTERO SULLE ESPORTAZIONI. 2007 Estero Toscana ITALIA Fonte: stime IRPET Alla minore apertura verso l’estero corrisponde però una maggiore apertura verso il mercato nazionale causata dalla forte specializzazione in alcune attività di servizio -in particolare le attività portuali- che hanno un bacino di utenza non solo extraprovinciale ma anche extra regionale1. Anche sul fronte turistico l’apertura dell’area è modesta; il fenomeno interessa in modo massiccio soprattutto il resto della provincia, investendo il SEL per i flussi turistici che passano dal porto di Livorno e che sono stati, in questi ultimi anni, in costante espansione. Queste caratteristiche fanno sì che le vicende dell’economia livornese siano meno sensibili, almeno nel breve periodo, a quelle dei mercati internazionali, ed assai di più a quelle del mercato interno -toscano e nazionale- da cui dipende larga parte della domanda di beni e, soprattutto, di servizi dell’area. Ciò non dipende, però, solo da quanto già sottolineato sopra relativamente alle attività portuali, ma anche dalle caratteristiche che hanno alcune importanti produzioni industriali dell’area: da un lato, il settore della raffinazione del petrolio e dall’altro quello della componentistica auto sono infatti rivolti prevalentemente al mercato nazionale, il primo perché fornisce una importante materia prima di base, il secondo perché comprende soprattutto imprese che ruotano largamente attorno all’indotto delle principali imprese automobilistiche italiane. 1.4 La particolare natura del processo di distribuzione del reddito: le pensioni L’attenzione al processo di formazione del valore aggiunto è largamente giustificata dal fatto che è tramite tale processo che si formano i redditi primari (ovvero remunerazione del lavoro e del capitale); non si può tuttavia dimenticare che il . A questo proposito vale la pena di ricordare che quando le merci prodotte in altre parti della regione e del paese vengono trasportate all’estero utilizzando il porto di Livorno contabilmente questo appare come una esportazione di servizi portuali verso le aree produttrici dei beni venduti all’estero. 1 percorso attraverso il quale essi giungono all’interno delle famiglie per formare il loro reddito disponibile è spesso tortuoso per cui, non necessariamente, laddove si produce molto valore aggiunto vi è anche un alto reddito disponibile presso le famiglie (e viceversa). I processi redistributivi spontanei (quelli cioè che derivano dalla proprietà effettiva dei fattori produttivi) e quelli imposti dalle regole istituzionali (prelievo fiscale e trasferimenti vari di reddito alle famiglie) possono anche alterare il rapporto tra le due grandezze. Come, in parte, già osservato sopra nel caso del SEL livornese, nel passaggio da reddito prodotto a reddito effettivamente disponibile per le famiglie residenti nell’area, oltre alla maggiore presenza di grandi imprese, incide anche il maggior peso delle pensioni. La maggiore presenza di grandi imprese di proprietà non livornese fa sì che i profitti vadano a vantaggio di soggetti non residenti; a questo si deve aggiungere anche il fatto, comune a molte aree urbane, che anche i redditi da lavoro vanno spesso a favore di lavoratori non residenti: i movimenti pendolari verso le aree urbane sono spesso rilevanti, anche se nel caso livornese se, da un lato, vi è un chiaro saldo positivo nei confronti degli altri SEL della provincia, non altrettanto si può dire nei confronti del resto della regione. Il maggior peso delle pensioni percepite dai residenti nel SEL livornese fa sì che una maggiore quota del reddito disponibile sia di fatto insensibile all’andamento delle attività produttive che si realizzano nell’area. Ricordiamo, inoltre, come questo maggior peso delle pensioni non dipende tanto dal numero di pensionati, ma piuttosto dal più elevato livello medio della pensione percepita. Tabella 1.7 LE PENSIONI. SEL LIVORNESE Alcuni indicatori caratteristici 2006 Numero pensionati Importo complessivo Importo medio Numero per 100 abitanti Peso % sul PIL 52.048 867.306 16.664 30,3 20,5 Fonte: INPS - Casellario Centrale dei Pensionati al 31.12.2006 A sua volta questo risultato è il frutto di due circostanze: da un lato il maggiore peso delle componenti meglio remunerate (lavoratori maschi); dall’altro, il maggiore importo pensionistico anche a parità di caratteristiche (sesso/età). In sintesi, quindi, l’economia livornese presenta caratteri affatto particolari rispetto a quello che viene considerato il modello tipico dell’economia toscana, quello cioè che fa perno sui sistemi di piccola impresa orientati verso produzioni della moda ed organizzate spesso in distretti industriali. L’economia livornese, nonostante la presenza di alcune grandi imprese, spesso particolarmente visibili sul territorio, ha di fatto una struttura produttiva poco industriale, dominata come è dalle molteplici attività terziarie, operanti in larga misura attorno alle attività portuali. Inoltre anche all’interno dell’industria le differenze col resto dell’economia toscana sono considerevoli, data la pressoché totale assenza delle attività che qualificano il resto della Toscana (moda in particolare) e, invece, la più significativa presenza di attività della meccanica e soprattutto il ruolo del polo petrolchimico che, per dinamiche di prezzo oltre che di quantità, influenza spesso in modo significativo il quadro macroeconomico dell’area, ancor più di quanto incida effettivamente sul tenore di vita dei suoi residenti. 2. L’ECONOMIA LIVORNESE NELL’ULTIMO DECENNIO: VERSO LA CONVERGENZA? 2.1 Lo scenario nazionale e regionale I caratteri sopra descritti rendono l’economia livornese, almeno direttamente, poco aperta agli scambi internazionali ed invece assai più aperta a quelli con il resto del paese: la particolare evoluzione del ciclo economico nel SEL livornese risente, nell’ultimo decennio, in larga misura di questi aspetti. Gli anni che vanno dal 1995 ad oggi rappresentano un periodo particolarmente critico per l’economia del nostro paese, dal momento che è proprio da allora che secondo molti osservatori si fanno evidenti i segni di perdita di competitività rispetto a paesi simili. In realtà i segni di difficoltà si manifestano in tutta la loro evidenza soprattutto a partire dal 2001 quando, per quattro anni di seguito, la crescita del PIL si mantiene su livelli insolitamente bassi, tanto da giustificare le preoccupazioni di un declino strutturale della nostra economia. Tuttavia, è proprio traendo spunto da tali difficoltà che l’analisi si è spinta più addietro nel tempo, sottolineando come i problemi emersi nell’ultimo periodo fossero, in realtà, già presenti prima, anche se mascherati da circostanze internazionali particolarmente favorevoli (soprattutto l’alta quotazione del dollaro, assieme alla lunga espansione dell’economia statunitense). L’economia toscana si colloca in questo scenario complessivo con comportamenti simili a quelli dell’intero paese, ma anche con qualche specificità: in particolare, nel primo periodo -quello che va dal 1995 al 2001- presenta nel complesso risultati non solo buoni in assoluto, ma anche migliori di quelli di regioni a simile stadio di sviluppo, mentre successivamente il quadro si modifica in modo sensibile e anche l’economia toscana entra in una evidente fase di stagnazione (Graf. 9.1). La causa principe di questo cattivo andamento -che di fatto giunge sino alla fine del 2005- va rintracciata nelle gravi difficoltà incontrate sui mercati internazionali: le esportazioni stentano infatti a crescere ed anzi in alcuni anni addirittura diminuiscono tanto che prima della ripresa del 2006 il loro livello era, a prezzi correnti, analogo a quello del 2000. Tra le esportazioni a soffrire di più sono quelle dei settori più tradizionali della regione -moda in particolare- con eccezioni in positivo solo per alcuni particolari segmenti in cui sono rintracciabili produzioni di alta qualità (pelletteria e confezioni). In sintesi si potrebbe sostenere che l’economia toscana è riuscita a mantenere un buon ritmo di espansione nella seconda metà degli anni novanta, quando nel complesso dell’economia italiana si avvertivano alcuni segni di perdita di competitività; mentre negli anni successivi i segni di recessione sono evidenti, anche se non tali da lasciare presupporre l’esistenza di un “caso toscano”, come invece potrebbe desumersi dalla lettura di molte delle analisi fatte su questo periodo. Grafico 2.1 TASSO DI CRESCITA DEL PIL TOSCANO NEGLI ANNI 5,0 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 -1,0 -2,0 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT Tali analisi si soffermano infatti sulla perdita di competitività del nostro paese attribuendola in modo particolare alla presenza di piccole imprese nei settori tradizionali, quelli cioè più esposti alla concorrenza dei paesi emergenti: la Toscana più di altre regioni presenta queste caratteristiche, per cui era logico attendersi comportamenti peggiori di quelli delle altre regioni esportatrici del paese. In realtà, la maggior parte degli indicatori (Tab. 3.2) non sembrerebbero confermare questa ipotesi: se infatti i livelli raggiunti dalle diverse variabili sono effettivamente più bassi di quelli osservati nelle altre regioni, la dinamica degli anni duemila non è certamente peggiore di quella delle altre regioni. Tabella 2.2 ALCUNI CONFRONTI REGIONI RELATIVI AL PERIODO 2000-2007 variazioni a prezzi correnti Piemonte Lombardia Veneto Emilia R. Toscana Italia 2.8 2.8 2.7 2.4 3.1 3.1 PIL ai prezzi di mercato per abitante PIL ai prezzi di mercato per unità di lavoro 2.6 2.5 2.7 2.4 2.8 2.7 Redditi lavoro dipendente procapite 3.5 3.2 3.7 2.8 3.4 3.4 Investimenti 0.6 2.5 2.6 1.4 2.0 1.8 Fonte: ISTAT In realtà entrando più nel dettaglio qualche particolarità negativa della Toscana emerge e si concretizza nella maggiori difficoltà del settore industriale e, di conseguenza, nella perdita di quote sui mercati internazionali anche rispetto alle altre regioni del paese. Quindi se la Toscana a livello aggregato tiene ciò non è attribuibile alla sua capacità esportativa né alla forza propulsiva del settore manifatturiero, anzi proprio sui questo fronte sembrano identificarsi i maggiori problemi di competitività della regione. È piuttosto il terziario a tenere, ma questo potrebbe anche non essere interpretato in termini positivi dal momento che il terziario contiene una larga parte di terziario tradizionale che regge perché sostenuto da una domanda interna per consumi privati e pubblici ancora vivace, ma che non potrà restare tale a lungo se flette la capacità di esportare. In questo contesto generale, l’economia livornese si colloca con le specificità sopra richiamate, ovvero con una economia in cui sono meno presenti quei fattori individuati dalla letteratura corrente come altrettanti elementi di debolezza del sistema produttivo regionale in questa particolare fase recessiva del ciclo economico nazionale. 2.2 L’economia livornese: uno sguardo ai dati ufficiali e alle stime IRPET Nel periodo che va dal 1995 ad oggi l’economia livornese pur con andamenti altalenanti mostra le seguenti caratteristiche: • Negli anni novanta sino al 2001 gli andamenti sono sensibilmente diversi da quelli toscani senza una regola di fondo,ma nel complesso l’andamento è peggiore salvo l’ottimo risultato del 1999; • Negli anni successivi il quadro si ribalta completamente e l’economia livornese realizza regolarmente risultati migliori di quella della regione. In sintesi si potrebbe dire che l’economia livornese sembrerebbe avere un ciclo che è opposto a quello toscano: vive maggiori difficoltà nei periodi di maggiore espansione ma soffre meno in quelli di depressione. Grafico 2.3 PIL DEL SEL LIVORNESE E DELLA TOSCANA Variazione % su anno precedente 5.0 Area livornese Toscana 4.0 3.0 2.0 1.0 0.0 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 -1.0 Fonte: stime IRPET 2.3 Dal 2002 ad oggi: verso la convergenza Quindi, se nel corso del periodo 1995-2001 l’economia livornese aveva avuto andamenti altalenanti, nel periodo successivo il quadro si stabilizza; in particolare: il tasso medio di crescita si abbassa rispetto a quello del periodo precedente, ma la dinamica risulta più regolare; la crescita si mantiene più alta di quella toscana. La conseguenza di questa particolare evoluzione è che, in termini di PIL procapite, la distanza iniziale -quella cioè osservata nel 1995- è stata quasi integralmente recuperata. Quindi la tendenza verso la convergenza sui valori medi regionali appare un processo che, dopo il primo significativo contributo del 1999, prosegue regolarmente dal 2002 ad oggi, ovvero nel periodo di maggiore difficoltà dell’economia toscana e nazionale. Grafico 2.4 PIL PROCAPITE DEL SEL LIVORNESE E DELLA TOSCANA 1995=100 125 Area livornese Toscana 120 115 110 105 100 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Fonte: Stime IRPET La questione che si pone è se il fatto che la convergenza avviene in un periodo di difficoltà dell’economia debba interpretarsi in modo interamente positivo. La spiegazione principale di questo fenomeno sta nella relativa estraneità dell’economia livornese alle sorti dell’economia internazionale, a sua volta conseguenza della particolare struttura economica dell’area. In linea generale è l’industria manifatturiera quella che subisce maggiormente le conseguenze del ciclo internazionale, mostrando andamenti del valore aggiunto prodotto molto meno regolari di quelli degli altri settori, in particolare del terziario. Quindi nelle fasi di maggiore espansione dell’economia (trainate in genere dalle esportazioni) l’industria presenta tassi di crescita del proprio valore aggiunto più elevati di quelli del terziario e viceversa nei periodi di maggiore difficoltà. La conseguenza di tutto ciò è che le aree in cui l’industria è meno presente sono anche quelle che sono meno soggette ad oscillazioni nella loro crescita e quindi crescono meno nei periodi di maggior espansione dell’economia e crescono di più in quelli più recessivi. In particolare (Graf. 9.6) negli ultimi anni di fase recessiva, anche il terziario ha subito un rallentamento della propria crescita, ma in modo molto meno evidente dell’industria e, inoltre, mai vi è stata una sua diminuzione in termini reali (i tassi di crescita sono sempre positivi). Quindi il processo di convergenza sopra segnalato, che vede il costante recupero dell’economia del SEL rispetto al resto della Toscana, è innanzitutto determinato dal fatto che l’area livornese è fortemente terziaria, con un peso del manifatturiero appena del 15% sul totale del valore aggiunto. Quindi più che la competitività delle imprese dell’area ha pesato il suo particolare mix produttivo. Grafico 2.5 LA DIVERSA SENSIBILITÀ AL CICLO DI INDUSTRIA E TERZIARIO Tassi annui di variazione del valore aggiunto nazionale 20 Industria Terziario 15 10 5 0 -5 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 -10 Fonte: ISTAT Non solo, ma l’area ha goduto anche della favorevole evoluzione dei prezzi in quanto, salvo gli ultimissimi anni, i prezzi nel terziario sono cresciuti di più di quelli dell’industria, ed inoltre anche perché all’interno dell’industria livornese sono maggiormente presenti i settori a più alta dinamica di prezzo (il petrolio in modo particolare). Grafico 2.6 LE COMPONENTI DELLA CRESCITA DEL VALORE AGGIUNTO DEL SEL NEL CORSO DEGLI ANNI Fonte: stime IRPET 12 specializzazione competitività 8 4 0 -4 -8 1995-2001 2001-2007 1995-2007 Tenendo conto sia degli aspetti reali che di quelli di prezzo, la particolare struttura produttiva del SEL ha giocato un ruolo decisamente positivo nello spiegare la maggiore crescita dell’area soprattutto in questi ultimi anni e non solo per la maggiore presenza di attività terziarie; sono, infatti, soprattutto le vicende del settore petrolifero, di quello dei metalli e dei mezzi di trasporto che contribuiscono largamente a generare l’alto effetto positivo del mix produttivo; si tratta infatti di settori che, in questi anni, sono stati meno investiti dalla congiuntura sfavorevole, e addirittura talvolta hanno anche realizzato risultati particolarmente positivi soprattutto in termini nominali. Al contrario, la componente legata al comportamento specifico delle imprese livornesi (quindi una sosta di effetto competitività) ha avuto nel corso degli anni un ruolo negativo. In altre parole, se le imprese livornesi avessero seguito gli stessi comportamenti delle imprese toscane dello stesso settore la crescita del SEL sarebbe stata più alta di quella toscana assai più di quanto in realtà è stata. Questi aspetti frenano quindi in parte il giudizio positivo che comunque si deve dare della trasformazione avvenuta nell’apparato produttivo dell’area, nel senso che il recupero rispetto al resto della regione si spiega più con le difficoltà del resto della Toscana che non con il particolare dinamismo del SEL livornese; si conferma dunque una caratteristica comune alle aree più terziarie che, abitualmente, avvertono meno di quelle industriali gli effetti negativi delle fasi recessive, ma risentono meno anche di quelli positivi delle fasi espansive. Sarebbe tuttavia un errore considerare solo questa la causa del recupero dell’economia livornese rispetto a quella del resto della regione. Vi sono infatti altri fatti rilevanti che sono accaduti in questi anni e che sono da interpretarsi come segni evidenti di una qualche vitalità del sistema produttivo dell’area. Tra questi vale la pena di segnalare alcune delle attività che caratterizzano l’economia del mare e che, non solo in questi anni hanno attraversato vicende tutto sommato favorevoli, ma che molti vedono come attività importanti per il prossimo futuro: • la trasformazione subita dal settore dei cantieri navali con l’affermazione della produzione di megayacht, che segue la crisi della cantieristica commerciale, ma che rappresenta oggi una valida alternativa; • la accresciuta rilevanza del porto di Livorno, che in questi anni di difficoltà ha visto, comunque, una continua espansione dei traffici commerciali e di passeggeri; • il turismo, che sebbene non interessi direttamente il SEL (o lo interessi in misura marginale) lo coinvolge indirettamente attraverso i flussi che riguardano il porto sia per le attività dei traghetti che per quelle delle navi da crociera. Si tratta di attività che rappresentano certamente punti di forza dell’economia livornese, anche se non mancano in ciascuno di essi aspetti problematici, sintetizzabili in quanto avevamo sostenuto nel primo capitolo di questa nota ovvero nel basso moltiplicatore della maggior parte delle componenti della domanda finale. Ciò si spiega col fatto che quando viene attivata direttamente la produzione finale di qualcuna delle imprese livornesi l’indotto che esse generano sfugge il larga misura al sistema locale Una conferma di questo veniva anche dalla ricerca condotta dall’IRPET sulle relazioni tra la nautica da diporto e il sistema produttivo locale, la quale metteva appunto in evidenza come i cantieri dell’area avevano bassi rapporti con le altre imprese dell’area livornese. Che il turismo possa essere una importante risorsa per l’economia della costa è evidente, ma, anche in questo caso, c’è da capire quanta parte egli effetti di attivazione di questo fenomeno possano riguardare il sistema locale livornese. Il porto è certamente una delle attività più importanti dell’area e rappresenta un fattore strategico dell’intera competitività regionale, tanto più in una fase in cui molti sostengono un ritorno della centralità del Mediterraneo nei traffici internazionali. Vale inoltre la pena di sottolineare che sebbene l’economia livornese sia poco aperta agli scambi internazionali in questi ultimi anni il peso che l’area assume sul totale delle esportazioni estere toscane è andato aumentando, passando dal 4,4% del 2002 al 5,5% del 2006. (Tab. 9.8). Tabella 2.7 PESO DELLE ESPORTAZIONI LIVORNESI SU QUELLE TOSCANE PER LE PRINCIPALI VOCI 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Prodotti petroliferi raffinati 98,8 Prodotti della pesca e della piscicultura 86,9 98,6 97,9 98,4 98,5 98,9 90,7 83,8 91,1 93,2 Prodotti della metallurgia 35,3 89,5 35,5 31,6 24,4 29,1 25,3 Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi 15,5 19,3 20,9 21,7 18,0 17,0 Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali 12,4 11,0 12,8 12,3 11,8 11,1 Articoli in gomma e materie plastiche Apparecchi radiotelevisivi e per le comunicazioni TOTALE 4,4 5,5 5,4 7,0 7,7 8,5 21,5 6,1 2,5 2,9 5,7 9,6 4,4 4,6 4,5 5,0 5,7 6,0 In realtà si tratta di poche voci rilevanti, per le quali l’area livornese presenta un livello di specializzazione particolarmente elevato e in alcuni casi si tratta dell’operato di singole imprese; resta, tuttavia, il fatto che il ruolo delle esportazioni estere nel determinare l’evoluzione dell’economia livornese, pur restando ridotto, è comunque aumentato raggiungendo nel 2007 il suo massimo storico Le trasformazioni che si sono realizzate nel corso dell’ultimo decennio hanno quindi modificato la struttura produttiva del SEL livornese in linea con quanto accaduto nel resto dell’economia regionale e nazionale (tab. 9.9): si è progressivamente ridotto il peso dell’industria in senso stretto, a favore del terziario; all’interno di quest’ultimo settore inoltre è aumentato soprattutto il peso dei servizi alle imprese, che in realtà comprendono una molteplicità di attività che vanno dall’informatica, ai servizi offerti dai professionisti, dalla ricerca alle attività immobiliari. Tabella 2.8 LA COMPOSIZIONE DEL VALORE AGGIUNTO DEL SEL NEL CORSO DEGLI ANNI 1995 2001 2007 Agricoltura 0.5 0.4 0.3 Industria in senso stretto. 20.8 19.5 16.7 Costruzioni 4.4 4.0 4.8 Commercio e trasporti 33.7 33.4 31.9 Servizi alle imprese 15.7 19.5 21.2 Servizi pubblici 24.9 23.3 25.1 TOTALE 100.0 100.0 100.0 Fonte: stime IRPET 2.4 I riflessi sull’occupazione Pur con questi elementi di cautela resta, tuttavia, il fatto che questo processo ha avuto effetti positivi visibili anche sul mercato de lavoro: a partire dal 2002 infatti la domanda di lavoro tende regolarmente a crescere raggiungendo nel 2006 il suo massimo storico con oltre 72mila unità di lavoro (Graf. 9.10). Questo processo avviene seguendo una tendenza diffusa in tutto il paese: cresce la domanda di lavoro nel terziario -e, nel periodo considerato, anche nelle costruzioni- e diminuisce nell’industria in senso stretto; nel SEL livornese tra il 2002 ed il 2006 la domanda di lavoro è aumentata di quasi 2.000 unità corrispondente al 2,5% dell’occupazione complessiva; questo risultato si è ottenuto attraverso un aumento di quasi 3.500 unità di lavoro nel terziario ed una perdita di quasi mille unità dell’industria (Graf. 9.11). Dietro questo andamento vi sono tutte le note considerazioni sulla flessibilizzazione del lavoro che ha consentito di assorbire un numero crescente di lavoratori anche in un periodo di sostanziale stagnazione dell’economia. Grafico 2.9 LE UNITÀ DI LAVORO NEL SEL LIVORNESE E IN TOSCANA 1995=100 115 Toscana Area liv ornese 110 105 100 95 90 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Fonte: stime IRPET Questo regolare recupero di occupazione lascia tuttavia il tasso di occupazione dell’area su livelli più bassi della media regionale, facendo di questo il principale problema del SEL. Questo della bassa partecipazione al lavoro è una caratteristica del SEL livornese che deriva, oltre che dai problemi dal lato della domanda, anche da quelli dal lato dell’offerta. Dal primo punto di vista la domanda di lavoro espressa in termini di unità di lavoro pur essendo cresciuta in modo significativo resta comunque bassa: 40 unità di lavoro ogni 100 abitanti, contro i 47 che rappresentano la media regionale. Posta in altri termini ciò vorrebbe dire che se la domanda di lavoro si allineasse sulla media regionale vi sarebbero oltre 10 mila unità di lavoro in più. Dal lato dell’offerta, invece, le caratteristiche dell’area sono quelle tipiche di un’area urbana la cui economia ha trascorso un lungo periodo di difficoltà da cui sembrerebbe stare molto lentamente uscendo. Il passato periodo di difficoltà ha depresso le speranze di trovare lavoro nelle fasce della popolazione meno motivate, generando una sorta di effetto scoraggiamento visibile nel basso tasso di attività dell’area soprattutto nella componente femminile. Il carattere urbano dell’area -e soprattutto il più alto costo della vita rispetto alle aree circostanti- ha inoltre spinto una parte della popolazione (in linea di massima la componente più giovane) a trovare alloggio al di fuori dell’area urbana in cui però con buona probabilità si reca per lavorare. Quindi sebbene il saldo dell’area in termini di pendolarismo continui ad essere negativo, vi è comunque una parte della popolazione livornese -molto probabilmente quella più giovane- che sceglie residente esterne al SEL contribuendo con questo a ridurre ulteriormente i già bassi tassi di attività e di occupazione dell’area. Grafico 2.10 VARIAZIONE DELLE UNITÀ DI LAVORO TRA IL 2002 ED IL 2006 4,000 3,000 2,000 1,000 0 -1,000 Agricoltura Industria in s.s. Industria maniofatturiera Costruzioni Terziario TOTALE Fonte: stime IRPET Quindi, nonostante gli evidenti segni di miglioramento di questi ultimi anni, il problema occupazionale resta la più chiara sintesi delle debolezze dell’area livornese. Il problema potrebbe trovare una soluzione solo in presenza di un ritorno a tassi di crescita del PIL che al momento non sembrerebbero praticabili. Del resto l’esigenza di un recupero di competitività della nostra economia richiede anche un ritorno a ritmi di crescita della produttività del lavoro dimenticati oramai da alcuni anni: ciò significherebbe che una parte rilevante della crescita sarebbe comunque assorbita da aumenti di produttività e non anche da aumenti occupazionali. Del resto senza aumenti di produttività è difficile immaginare un ritorno a trassi di crescita rilevanti. Al momento peraltro è difficile prevedere ritmi di aumento del PIL superiori al 2%, se non altro per il fatto che la domanda interna, nella parte pubblica, resterà ancora per anni stagnante: le conseguenze sul piano della domanda di lavoro resterebbero dunque particolarmente esigue. 2.5 In sintesi Nel corso di questi ultimi anni sembrerebbe dunque che il SEL livornese avesse recuperato almeno in termini di PIL procapite le distanze esistenti rispetto alla media regionale; certo le distanze rispetto alle are più produttive della regione (quelle della Toscana centrale) restano, così come resta il fatto che una parte del PIL è realizzato da imprese la cui proprietà sta al di fuori dell’area livornese: è quindi probabile che i profitti eventualmente realizzati sfuggano dall’area. Il concetto di recupero implica, da un lato, che vi era uno stato di partenza più problematico e, dall’altro, che nel corso di questi anni la marcia è stata più veloce. Relativamente al primo punto il riferimento è a difficoltà che derivano spesso da scelte localizzative oramai lontane nel tempo e che hanno avuto il merito di portare nell’area alcune imprese di medio-grandi dimensioni attratte evidentemente dalla vicinanza del porto, ma anche il demerito di avere impedito la nascita di quella imprenditorialità diffusa che in altre parti della Toscana è stata spesso l’arma vincente. Le conseguenze di queste scelte si vedono soprattutto sul piano occupazionale ed assumono la forma di un tasso di attività e di occupazione particolarmente bassi, distanti da quella media regionale essa stessa ancora distante dagli obiettivi posti dall’Europa. Il recupero negli anni recenti è in parte l’altra faccia di questa particolare struttura dell’area: non avendo dentro il SEL presenze significative di quei settori che hanno segnato lo sviluppo della Toscana (le piccole imprese della moda, dell’arredamento, dell’oreficeria), ma che ora soffrono la crescente concorrenza internazionale, l’economia livornese soffre solo in misura ridotta delle conseguenze del negativo ciclo economico che ha interessato il periodo che va dal 2002 al 2005. La crescita del PIL si mantiene infatti significativamente più elevata di quella toscana, tanto che, come dicevamo, il PIL procapite supera oramai il livello medio regionale. La crescita è sostenuta in modo particolare dal terziario, al cui interno le attività portuali sono quelle che maggiormente connotano l’area. L’industria manifatturiera ha un peso modesto ed è composta da imprese talvolta di grande rilievo per presenza fisica e per volume di valore aggiunto prodotto, cosicché le sorti del settore sono talvolta segnate anche da fatti specifici di alcune di queste imprese. In particolare il settore petrolifero che oltre ad avere dinamiche produttive spesso oscillanti presenta come noto anche dinamiche di prezzo molto particolari, che in taluni anni hanno condotto anche a forti aumenti dei profitti del settore. Vi sono poi storie industriali interessanti che mostrano anche la capacità del sistema di reagire a momenti anche di grave difficoltà: il caso della crisi dei cantieri commerciali e lo sviluppo della nautica da diporto è uno di questi. Ma l’economia del SEL non può essere vista isolatamente senza tener conto delle sorti dell’intera economia toscana ed italiana. Non vi è infatti dubbio che molte delle attività che si sono sviluppate in questa area -quelle portuali in modo particolaresiano di supporto all’intera economia toscana e italiana e che pertanto se, da un lato, possono contribuire a sostenere la competitività dell’intero sistema produttivo toscano e italiano, dall’altro, è da questo che ricevono il principale impulso alla loro crescita. In estrema sintesi si potrebbe sostenere che il processo di convergenza che è certamente avvenuto in questi anni -e che potrebbe anche proseguire nei prossimi- ha seguito ritmi di espansione dell’economia talmente blandi da non produrre sostanziali miglioramenti nella situazione occupazionale del SEL, accomunando i comportamenti del SEL livornese a quelli dell’intera costa ponendo quindi al centro dell’attenzione i problemi di quella che viene identificata come l’”economia del mare”. L’importanza dell’economia del mare viene segnalata anche nel libro verde “Verso la futura politica marittima dell’Unione: Oceani e mari nella visione europea” in cui si richiama l’importanza di una industria marittima competitiva, compatibile con gli obiettivi della sostenibilità. Trasporti, cantieristica, turismo, produzione e distribuzione di energia, pesca sono le attività su cui viene posta maggiore attenzione, nell’idea che un loro sviluppo potrebbe fare da traino anche ad altre attività ad esse intimamente connesse. L’ipotesi è che vi possa essere, dietro ciascuna delle suddette attività, una intera filiera che potrebbe coinvolgere non solo imprese localizzate lungo la costa, ma in alcuni casi anche ambiti territoriali ben più vasti. 3. LA CRISI FINANZIARIA ED I RIFLESSI SULL’ECONOMIA LIVORNESE 3.1 Quadro macroeconomico internazionale La attuale crisi finanziaria in cui sta versando l’economia mondiale viene considerata da molti la più grave dopo quella del ’29; questa opinione è largamente condivisa da tutti i governi che, in modo più o meno coordinato, stanno mettendo in atto misure anti-crisi con coinvolgimenti finanziari di notevole dimensione, volti a rilanciare la domanda e, soprattutto, a ricreare un clima di fiducia che i crack finanziari hanno largamente logorato. La gravità della situazione nasce dalla estensione della crisi a tutte le principali regioni del mondo, a differenza di quanto era successo in passato quando crisi di una certa entità si erano già verificate ma non erano mai state così generalizzate. Non è inoltre ancora ben chiaro quale sia la profondità della crisi e quanto tempo sarà necessario per ritornare a crescere. È per questi motivi che le previsioni tendono gradualmente a peggiorare, anche se tutte incorporano l’ipotesi che le azioni congiunte dei diversi governi riusciranno a garantire una uscita abbastanza rapida dalla crisi, talvolta già collocandola nel 2010. L’economia italiana è forse direttamente meno coinvolta dai problemi finanziari alla base della crisi attuale e la stessa bolla immobiliare, pur presente, è stata certamente meno forte che altrove. Tuttavia la natura globale della crisi ed suoi riflessi sulla domanda mondiale non potevano non colpire un paese aperto agli scambi internazionali come è l’Italia. Il peggioramento del ciclo era già evidente verso la fine dello scorso anno e si è via via aggravato nel corso del 2008, peggiorando drasticamente in questi ultimi mesi. Ciò ha portato già nel 2008 ad un calo del PIL valutabile attorno al mezzo punto percentuale. Più incerte appaiono invece le previsioni sul 2009 anche se oramai tutti concordano col fatto che il PIL del paese dovrebbe contrarsi almeno del 2%. Il peggioramento del ciclo è determinato soprattutto dalla evoluzione negativa della domanda interna, sia quella per consumi che quella per investimenti, cui si affiancherebbe nel 2009 anche la caduta delle esportazioni. Si tratta di uno scenario certamente negativo, ma che presenta anche alcuni risultati (almeno apparentemente) contraddittori, sui quali vale la pena di riflettere. In particolare secondo molte previsioni, l’occupazione dopo essere addirittura aumentata nel corso del 2008, subirebbe decurtazioni non particolarmente rilevanti nel corso del 2009, o meglio come già successo in passato in molte delle fasi recessive l’occupazione diminuirebbe meno del valore aggiunto prodotto, incorporando quindi l’ipotesi di una caduta nella produttività del lavoro. Ciò non impedirebbe tuttavia al tasso di disoccupazione di aumentare a causa dell’aumento dell’offerta di lavoro. In effetti perlomeno per quanto riguarda i primi tre trimestri del 2008 le rilevazioni ISTAT confermerebbero quanto sopra sostenuto; l’occupazione nel paese è, infatti, aumentata ed anche in modo significativo, sebbene con caratteristiche particolari: • l’aumento è dovuto al terziario che genera nuovi posti di lavoro in misura superiore al calo dell’industria; • è aumentata ulteriormente l’occupazione di immigrati, segnalando almeno in parte solo fenomeni di emersione di posizioni lavorative già esistenti; • è aumentata la disoccupazione a causa dell’aumento rilevante dell’offerta di lavoro. Pur nel quadro complessivamente positivo, dietro queste dinamiche è possibile leggere già alcuni segnali negativi, frutto dell’inversione del ciclo avvenuta verso la fine del 2007 anche tenendo conto del fatto che vi è, in genere, sempre un certo ritardo con cui le cadute produttive si traducono anche in cadute occupazionali; inoltre, come noto, la crisi colpisce prima l’industria e si riversa sul terziario solo quando risulta essere particolarmente prolungata. È quindi possibile che nella parte restante dell’anno il quadro occupazionale peggiori rispetto a quello del primo semestre, anche se ci pare difficile che vengano completamente annullati gli incrementi realizzati. Perdite occupazionali saranno invece più probabili nel corso del 2009 e lo saranno tanto più quanto più lunga e grave viene ritenuta la fase recessiva. 3.2 Le ricadute sull’economia livornese Le principali ricadute sull’economia livornese derivano, quindi, soprattutto dal calo dei consumi e degli investimenti con effetti che ricadono soprattutto sul settore industriale che, secondo le nostre previsioni, potrebbe assistere ad un calo del valore aggiunto prodotto stimabile attorno allo 0,6% nel 2008, dell’1,8% nel 2009 per ritornare vicino allo zero nel 2010. Risultati questo che pur essendo negativi continuano ad essere migliori di quelli del resto della regione (Graf. 3.1). Grafico 3.1 LE PREVISIONI DI CRESCITA DEL VALORE AGGIUNTO 2008 2009 2010 0 -0.5 -1 -1.5 -2 Area liv ornese Toscana -2.5 Fonte: stime IRPET Le difficoltà, pur estendonsi a tutti i settori produttivi, dovrebbero essere avvertite maggiormente ed in anticipo nel settore industriale cui seguiranno però anche tutti gli altri settori specie se la crisi durasse più a lungo. Quindi ancora una volta la particolare struttura del SEL livornese, in particolare la più spiccata specializzazione nel settore terziario, potrebbe difendere maggiormente l’economia dell’area rispetto a quella del resto della regione. Si tratta tuttavia pur sempre di una fase, probabilmente anche prolungata, di stagnazione dell’economia che segue un lungo periodo di lenta crescita. Vale infatti la pena di ricordare che anche se il SEL aveva realizzato negli ultimi anni performances migliori di quelle del resto della regione, il tasso di crescita realizzato si era comunque mantenuto su livelli molto bassi, tali cioè da lasciare aperto il ragionevole dubbio della presenza di difficoltà strutturali anche per l’area livornese. tabella 3..2 LE PREVISIONI DI CRESCITA DEL VALORE AGGIUNTO PER MACROSETTORI Agricoltura Industria in senso stretto Costruzioni Commercio e trasporti Servizi alle imprese Servizi pubblici Totale 2008 0.4 -3.1 -0.9 -0.3 -0.3 0.6 -0.6 2009 -2.0 -2.8 -4.9 -1.6 -1.6 -1.3 -1.8 2010 -0.8 -0.6 -2.4 -0.1 -0.1 -0.8 -0.4 In questo contesto è facile prevedere ripercussioni preoccupanti su di mercato del lavoro già di per sé stagnante, almeno negli ultimi due anni: si stima infatti per i prossimi due anni un calo della domanda di lavoro che potrebbe condurre ad un significativo aumento del tasso di disoccupazione. Sulla dinamica del tasso di disoccupazione l’uso del condizionale è d’obbligo poiché, al momento, non siamo in grado di valutare in che misura potrà rafforzarsi ulteriormente l’effetto scoraggiamento, che come abbiamo già visto, in qualche modo sembrerebbe aver operato anche nel 2007. In effetti se il clima di sfiducia si rafforzasse ulteriormente non è escluso che si riduca l’offerta di lavoro di quei soggetti che nutrono poche speranze di successo nella loro ricerca di occupazione. Se così fosse, a fronte di una diminuzione della domanda di lavoro, vi sarebbe una diminuzione nell’offerta con ricadute, quindi, molto più attenuate sul tasso di disoccupazione, ma molto più gravi sulle prospettive del mercato del lavoro. È evidente che molte delle previsioni qui fornite sono soggette a possibili cambiamenti perché l’attuale crisi finanziaria è qualcosa di nuovo che, almeno per le dimensioni che ha assunto, non ha molti precedenti; in particolare essendo in forte discussione la fiducia nei confronti delle istituzioni finanziarie e più in generale delle regole di funzionamento del sistema, il rischio del propagarsi di un effetto panico non è peregrino. Non è un caso, infatti, che le azioni dei governi e degli organismi internazionali si siano rivolte in tale direzione, proprio per evitare tale rischio. Ma vi è anche un altro rischio -meno grave, ma importante- che dovremmo evitare ed è quello di pensare che tutti i problemi oggi presenti nella nostra economia derivino dalla crisi finanziaria internazionale, dimenticando le difficoltà di crescita che avevano contrassegnato il nostro sistema economico negli ultimi 10/15 anni. Occorre infatti ricordare che, anche nell’ipotesi migliore di una rapida uscita dalla crisi, la crescita del primo decennio del nuovo millennio rimarrà comunque ben al di sotto dell’1%. Inoltre anche nei territori in cui la dinamica ha assunto dimensioni più rassicuranti -come nel caso dell’economia livornese- ciò è attribuibile soprattutto alla presenza di una struttura produttiva meno aperta ai mercati internazionali e quindi meno vulnerabile, in una fase in cui la perdita di competitività sembrerebbe essere l’elemento più allarmante della nostra economia. Occorre pertanto che tutti gli interventi che oggi si rendono necessari per ristabilire un clima di fiducia negli operatori non trascurino il fatto che, in ogni caso, esiste nelle nostre aree un problema di crescita che perdura oramai da troppi anni: senza incrementi significativi nella produttività i nostri sistemi rischiano di vedere gradualmente peggiorare le condizioni di vita delle persone che vivono al loro interno. Gli incrementi di produttività sono possibili solo con nuovi processi di investimento che in questo momento sono messi in discussione proprio dalla crisi finanziaria in atto, occorre pertanto evitare, nei limiti del possibile, proprio questo circolo vizioso. 4. Le attività all’interno del porto di Livorno 4.1 Trasporti e cantieristica La presenza del porto condiziona fortemente la specializzazione produttiva dell’area, favorendo la localizzazione non solo di quelle attività strettamente inerenti il porto,ma anche di quelle altre attività che traggono evidenti benefici dalla presenza del porto. Tra le prime stanno le attività di trasporto marittimo e quelle ad esse connesse oltre alla cantieristica, tra le seconde il petrolchimico e per molti versi anche il settore automotive. Per quanto riguarda le attività più strettamente portuali, oltre agli addetti nel settore dei trasporti marittimi e costieri (è qui presente oltre il 73% del totale degli addetti al settore in Toscana), sono particolarmente presenti anche quelli che operano nel settore delle attività connesse ai trasporti, le attività delle agenzie di trasporto, quelle legate alla movimentazione di merci e quelle dei corrieri (tab. 4.1) Tabella 4.1 ATTIVITÀ DI TRASPORTI E NAUTICA NEL COMUNE DI LIVORNO ED IN TOSCANA NIMERO DI ADDETTI NEL 2005 Costruzioni navali e riparazioni di navi Costruzione e riparazione di imbarcazioni da diporto e sportive Trasporti ferroviari Altri trasporti terrestri, regolari, di passeggeri Trasporti con taxi Altri trasporti terrestri di passeggeri Trasporto di merci su strada Trasporti marittimi e costieri Movimentazione merci Magazzinaggio e custodia Altre attività connesse ai trasporti terrestri Altre attività connesse ai trasporti per via d’acqua Attività delle agenzie di viaggio e degli operatori turistici Attività delle altre agenzie di trasporto Attività dei corrieri espressi Totale trasporti Livorno Toscana peso su Toscana 167 162 2543 2443 6.6 6.6 609 397 42 19 1303 617 1879 132 201 444 146 1428 74 7290 4535 6239 1474 582 19938 839 9251 1163 5466 1658 3216 4139 675 60112 13.4 6.4 2.8 3.2 6.5 73.5 20.3 11.4 3.7 26.8 4.5 34.5 10.9 12.1 Fonte: ISTAT, 2005 Meno rilevante invece la presenza della cantieristica, specie dopo le difficoltà attraversate in anni passati da quella commerciale (soprattutto per la concorrenza dei paesi asiatici che possono vantare differenziali di costo del lavoro che mettono tutta la cantieristica europea in una situazione difficile), sostituita in parte da quella da diporto che vede anche in quest’area la costruzione di megayatcht di alta qualità e che rappresenta certamente una delle eccellenze produttive della regione. Questa trasformazione nel tempo dell’attività cantieristica è particolarmente evidente nei dati sulle esportazioni che vedono, dopo un lungo periodo di difficoltà che è proseguito per buona parte degli anni novanta, un significativo boom negli anni successivi. Figura 4.2 LE ESPORTAZIONI DI COSTRUZIONI NAVALI NELLA PROVINCIA DI LIVORNO Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT 4.2 Gli effetti a monte dell'attività portuale Al di là delle imprese che operano direttamente nelle attività presenti all’interno del porto è però interessante verificare anche il potere moltiplicativo di tali attività, nel senso che esse attraverso gli acquisti che fanno attivano valore aggiunto ed occupazione su tutto il territorio livornese e non. Gli effetti sono quelli che derivano dal fatto che le imprese presenti nel porto per realizzare la loro produzione debbono acquistare un insieme di beni e servizi attivandone quindi la produzione; a sua volta tale produzione per essere realizzata ha bisogno di altri beni e servizi e quindi attiva ancora produzione e così via,.. L’insieme di questi effetti diretti e indiretti rappresentano il cosiddetto effetto leonteviano. Se oltre a questi effetti si considera il fatto che i redditi distribuiti nel processo sopra descritto vanno in parte presso le famiglie e quindi vendono da loro consumati attivando per questa via produzione di beni e servizi si ottiene un effetto aggiuntivo che può essere identificato come l’effetto keynesiano. Alcune stime condotte in passato (in particolare il riferimento è ad una ricerca IRPET del 2001) e che partivano da un fatturato complessivo del porto attorno ai 1300 milioni di euro, avevano stimato che per ogni 1000 euro di valore aggiunto prodotto nel porto si attivano altri 1400 euro nel territorio livornese ed circa altri 100 in Toscana Vale inoltre la pena di rilevare che, se la dispersione negli altri SEL della Toscana è nel complesso modesta, la dispersione verso l’estero ed il resto d’Italia è, invece, molto alta visto che l’ammontare delle importazioni dall’esterno della regione (estero + altre regioni italiane) è di quasi 1500 euro, ben più, quindi, del PIL attivato all'interno della regione. Del resto, l’economia di un sistema locale è per sua stessa natura molto aperta, per cui una parte rilevante della domanda che vi sorge viene soddisfatta con produzione esterna, come del resto gran parte della produzione che vi si realizza ha una destinazione esterna. Se queste cifre vengono rapportate al complesso dell’economia del SEL livornese il peso dell’attività portuale diviene rilevante, raggiungendo il 19% in termini di PIL ed il 21% in termini di unità di lavoro. Tabella 4.3 EFFETTO MOLTIPLICATIVO PRODOTTO DALLE ATTIVITÀ PORTUALI SULL’ECONOMIA LIVORNESE E TOSCANA PIL Import.dalla Toscana Effetto leonteviano Effetto keynesiano Effetto totale Area livornese Resto Toscana Area livornese Resto Toscana Area livornese Resto Toscana 1414.8 98.1 487.1 111.7 1902.2 209.5 130.0 6.0 80.8 13.6 210.7 19.2 Import. resto del mondo 1479.2 30.3 370.3 47.0 1849.5 77.3 Risorse 3024.0 134.1 938.5 171.9 3962.5 306.3 10.2 2.5 40.0 4.4 Unità di lavoro (per ogni Meuro) 29.8 1.9 Fonte: stime IRPET Infine, se agli effetti suddetti vengono aggiunti anche quelli generati dai consumi effettuati da coloro che ricevono redditi nel corso del processo produttivo sopra descritto (effetto keynesiano), fanno sì che il peso complessivo raggiunga il 23% del PIL del SEL livornese e il 26% in termini di unità di lavoro. Quindi quasi un quarto del valore aggiunto dell’area livornese dipende direttamente o indirettamente da ciò che accade nel porto. 4.3 La distribuzione per branca di attività economica Naturalmente vi sono alcuni settori che, più di altri, sono legati alle vicende del porto, nel senso che il loro valore aggiunto e gli addetti utilizzati dipendono in larga misura dalla evoluzione della attività produttiva che si svolge all’interno del porto. Tabella 10 IL VALORE AGGIUNTO ATTIVATO NELLE DIVERSE BRANCHE PRODUTTIVE leonteviano keynesiano Attività immob., informatica, altre attività 41.2 37.6 Trasporti e comunicazioni 21.3 17.2 Commercio e riparazioni 9.7 14.7 Costruzioni 7.1 5.5 Intermediazione monetaria e finanziaria 3.6 3.5 Altri servizi pubblici, sociali e personali 2.3 3.6 Produzione di prodotti in metallo 2.1 1.7 Alberghi e ristoranti 1.7 2.9 Carta, stampa ed editoria 1.6 1.5 Macchine ed apparecchi meccanici 1.2 1.0 Produzione e distribuzione di energia 1.2 1.7 Coke, raffinerie di petrolio 1.1 1.1 Macchine e apparecchiature elettriche 1.1 0.9 Mezzi di trasporto 1.1 1.0 Altri 3.7 6.1 TOTALE 100.0 100.0 Da questo punto di vista le branche più coinvolte sono quelle fornitrici dei beni e servizi utilizzati dalle imprese portuali e che sono stati precedentemente descritti come “effetti a monte”. Tra questi i più importanti sono il settore dei servizi alle imprese – che da solo raccoglie quasi il 35% degli effetti complessivi- seguito dalle attività commerciali e dalle stesse attività di trasporto (le quali non sono quelle originarie, ma quelle da esse indotte); importanti, infine, anche le branche dei prodotti in metallo utilizzate prevalentemente dai cantieri. Se consideriamo anche gli effetti moltiplicativi di tipo keynesiano acquistano importanza anche tutte quelle attività di sostegno al consumo: dal commercio, ai servizi per le famiglie. Altrettanto interessante la distribuzione all’interno della Toscana di tali effetti: il SEL fiorentino (prevalentemente per le attività di servizio alle imprese), quello versiliese (per alcuni attività cantieristiche), l’area lucchese e della Val di Nievole raccolgono i maggiori effetti di trasmissione anche se si tratta, come abbiamo visto, di effetti assai modesti. Assai più importanti invece gli effetti trasmessi fuori dalla regione –sia in altre regioni italiane che all’estero- tramite le importazioni effettuate. 4.4 Conclusioni L’importanza del porto di Livorno nell’ambito dell’economia toscana e per molti versi anche nazionale non è certamente un fatto nuovo. Il porto livornese offre infatti servizi di trasporto ad un bacino di utenza che travalica i confini regionali. La competitività dell’infrastruttura portuale è quindi una condizione necessaria per la competitività delle aree servite. L’importanza del porto può essere, quindi, vista dal lato dei servizi che esso offre e quindi, per usare una terminologia usata in molte analisi dello sviluppo, produce molti effetti a valle. Ma, come ogni attività imprenditoriale, le attività che si svolgono all’interno del porto producono anche un altro tipo di effetti i quali sono legati al fatto che la produzione di beni e servizi localizzata nel porto non è altro che il punto finale di una lunga filiera che comprende a monte tutte le attività che producono i beni e servizi utilizzati dalle imprese portuali. Quindi, ogni volta che si produce una servizio di trasporto o viene varata una nave, oltre al valore di tale produzione, occorre considerare che la sua realizzazione ha richiesto la produzione di altri beni, i quali a loro volta avranno attivato produzione di altri beni e così via. Non solo ma se consideriamo che nel corso di questo processo i lavoratori hanno ricevuto una remunerazione, che hanno in parte speso per soddisfare le proprie esigenze di consumo, si comprende come, anche per tale via, si sia generata nuova produzione. Pertanto se, per assurdo, cessasse l’attività di tutte le imprese localizzate nel porto a soffrirne sarebbero non solo i lavoratori ed i proprietari delle imprese stesse ma anche tutti quelli che partecipano al processo qui delineato. È in questo senso che è stato valutato il peso dell’attività portuale nel sistema economico livornese, quindi non più il porto come offerta di beni e servizi, ma il porto in quanto domanda di beni e servizi. 1 2 3 4 5 Tabella 15: GLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ DEL PORTO DI LIVORNO peso % sull’economia del SEL livornese PIL Unità di lavoro Porto di Livorno 7.8 8.3 Effetto leonteviano 11.1 13.8 Totale 1+2 18.9 22.1 Effetto keynesiano 3.8 4.7 Totale 3+4 22.7 26.8 Fonte: stime IRPET 5. La nautica e le sue relazioni col sistema locale Il quadro che è emerso dall’indagine condotta dall’IRPET conferma l’esistenza di una debole relazione della nautica con il sistema locale livornese; la sua diffusione è circoscritta ad un numero limitato di imprese. In particolare l’indagine ha presentato alcuni spunti di riflessione interessanti: - La presenza di un potenziale nello sviluppo della relazione tra sistema locale di piccole e medie imprese e settore della nautica; l’indagine svolta mostra che i rapporti tra le imprese del territorio con il settore sono ancora poco sviluppati. Tuttavia, emerge la possibilità di modificare questa situazione, in quanto molte imprese appartenenti al settore legno e mobili, all’informatica ed il più ampio comparto dei servizi dichiarano il loro interesse a lavorare in questo settore, che come mostrato da altre realtà locali costituisce un importante driver economico. Infatti, sebbene 157 imprese sulle 195 intervistate non abbiano nessun tipo di rapporto, ben 87 sarebbero interessate ad averne. Di queste, 30 operano nel settore di attività collegate all’informatica, 21 a quello del legno e mobili, e 17 fanno parte dei servizi alle imprese. - Le difficoltà nel tradurre questo potenziale teorico in realtà diffusa; le motivazioni che impediscono alle imprese di sviluppare relazioni costruttive con il settore nautico riguardano principalmente la scarsità di informazioni circa le reali possibilità di lavoro e le difficoltà a stabilire i contatti con i grandi gruppi che operano nel settore. Si tratta, quindi, di capire quali sono le reali potenzialità delle piccole e medie imprese locali di inserirsi nella filiera nautica e che cosa può essere fatto a livello di interventi locali -formazione, incentivi in favore del trasferimento tecnologico e della collaborazione tra imprese- per supportare questo processo di integrazione del tessuto locale nel comparto nautico. - La presenza di un piccolo ma incoraggiante esempio di imprese locali che lavorano con la nautica; per quanto riguarda i rapporti tra le imprese locali ed il comparto nautico, emerge che sono soltanto 38 su 195 le imprese che dichiarano di lavorare per il settore. Di queste 14 appartengono al settore delle costruzioni navali e riparazioni navi, 8 al comparto dei servizi alle imprese e soltanto 6 a quello del legno e mobili. In effetti, dall’indagine risulta che le imprese che lavorano con il settore della nautica riescono a trarre dei benefici: in termini di fatturato l’analisi evidenzia come la dinamica degli anni 2002-2005 risulta più positiva per le imprese inserite nel settore rispetto a quelle che non lo sono. Nel caso delle imprese che lavorano con il comparto nautico la percentuale di imprese che dichiarano un aumento del fatturato negli ultimi 3 anni sale al 36,8%, contro il 21,6% di coloro che non hanno nessun tipo di rapporto; mentre la percentuale di imprese che registrano una diminuzione del fatturato scende dal 11,5% al 7,9% per le imprese inserite nella filiera. Per cui è possibile ipotizzare che il buon andamento della nautica nell’area livornese possa produrre degli effetti trainanti anche per le imprese locali, nonostante che, al momento, questa relazione positiva risulti ancora poco sviluppata. Andando ad analizzare in dettaglio le caratteristiche delle imprese che lavorano per il settore, è interessante notare come il rapporto che si instaura con le aziende della nautica non risulti essere un rapporto esclusivo, ma al contrario molto spesso le imprese forniscono i loro prodotti e servizi per più di un cantiere. La committenza risulta, quindi diversificata, le imprese rimangono, cioè, legate ad un singolo cliente. I cantieri con i quali lavorano le imprese sono principalmente Azimut Benetti, per il quale lavorano tutte le 24 le imprese che hanno dichiarato di lavorare con i grandi cantieri, Perini Navi (13 imprese) Cantieri di Pisa (10 imprese), Overmarine e Codecasa (9 imprese), Cantieri Arno (6 imprese) e Maiora (5 imprese). - Forte appare la necessità di intervento in termini di politiche locali; l’indagine evidenzia, da una parte il riconoscimento dell’impatto positivo del settore nautico sul complesso delle piccole e medie imprese locali, e dall’altra, sottolinea l’importanza di allargare il numero di imprese ad esso collegate; un numero che al momento risulta ancora troppo basso per le imprese dei servizi e quelle del settore legno e mobili. Se da un lato l’area livornese risulta comunque legata all’economia del mare, questo tipo di rapporto non è ancora sviluppato in modo organico come, invece, accade in altre realtà dove l’interazione tra le imprese ed il comparto nautico riesce ad essere un motore per lo sviluppo dell’intero sistema locale. - Per implementare politiche efficaci, bisogna tenere conto delle elevate e specifiche richieste del settore nautico e trarre insegnamento anche dalle esperienze di altre realtà locali; in quest’ottica è opportuno, quindi, riflettere su che cosa è possibile fare per poter meglio integrare il tessuto locale con la filiera nautica. Abbiamo visto che dall’indagine emerge un certo interesse per la nautica da parte delle imprese del legno e mobilio e dei servizi alle imprese. Bisogna, però, capire anche come queste si possano inserire, quali sono i prodotti ed i servizi maggiormente richiesti dai cantieri nautici. Nell’indagine effettuata dalla Camera di Commercio nella provincia di Lucca, ad esempio, sono state individuate 10 principali aree di intervento in cui è possibile sviluppare attività imprenditoriali. Tra queste è importante sottolineare in particolare, oltre alla costruzione e manutenzione, con riferimento alle attività di lavorazione delle materie prime, i cantieri assemblatori, i costruttori e assemblatori degli interni, le lavorazioni meccaniche, ma anche la riparazione e revisione delle imbarcazioni e impianti, la riparazione dei motori a bordo e in officina, l’area che riguarda il comparto degli accessori. Questi possono essere sia di tipo strumentale, con riferimento alle attività di carpenteria nautica, impiantistica elettromeccanica, attrezzatura per la navigazione e per la sicurezza, sia complementari con riferimento alle attività di complemento d’arredo e di servizio al proprietario, in termini di progettazione degli interni. Un altro settore di potenziale sviluppo può essere individuato nel campo delle competenze specialistiche e “artigianali” nella lavorazione del legno e del ferro -le così dette maestranze-, ma anche, per quanto riguarda il comparto dei servizi, la progettazione del design degli interni e di utilizzo della progettazione CAD. Purtroppo, non è sempre facile, soprattutto per imprese di piccole dimensioni, inserirsi con successo in uno di questi settori, anche perché gli standard richiesti dalla clientela sono sempre più elevati e non sempre le imprese riescono a soddisfare le esigenze che provengono dal fronte della cantieristica. Come abbiamo visto, il tessuto locale è composto essenzialmente da micro-imprese che lavorano su committenza, in assenza di un marchio proprio e di un proprio catalogo, per cui è spesso difficile inserirsi in contesti di alto livello e di grande notorietà. - Un ruolo centrale può essere svolto da interventi sulla formazione tecnica e per il trasferimento delle competenze alle PMI locali; tenendo conto degli alti standard tecnici e qualitativi richiesti dai committenti della cantieristica, appare probabile che interventi sulla formazione e sopratutto sul trasferimento di tecnologia ed anche di competenze organizzative in azienda: da un lato è importante formare figure professionali specifiche richieste dal mercato, altamente competenti, dall’altro è importante formare l’impresa stessa, attraverso una impostazione manageriale diversa, con una tipologia di approccio al mercato più orientata verso le esigenze della clientela, anche in un’ottica di team di lavoro e di collaborazione tra aziende. Quest’ultimo punto risulta abbastanza critico. - Un supporto può consistere anche nel far uscire le imprese dal loro isolamento ed incoraggiarle a collaborare di più e consorziarsi. Come emerge dall’analisi, i piccoli imprenditori e gli artigiani lavorano molto spesso per conto proprio senza particolari collaborazioni tra imprese. Una domanda che era stata proposta nel questionario, ma che non ha avuto particolare successo, riguarda proprio la partecipazione a consorzi da parte delle imprese. Soltanto 6 imprese su 195 dichiarano di far parte di consorzi. Dal punto di vista delle politiche pubbliche sarebbe interessante andare a stimolare lo scambio di informazioni circa le opportunità di sviluppo del settore anche attraverso la creazione di consorzi e/o centri servizi specializzati, in modo tale da poter creare un adeguato sistema di servizi avanzati che possa, da un lato, mettere in comunicazione i fornitori con i potenziali clienti e dall’altro possa garantire alla committenza un elevato standard di qualità. 6. Il Picchianti Nell’anno 2008 è stato ceduto in proprietà l’ultimo lotto di terreno disponibile per insediamenti produttivi nell’ambito della zona per le Piccole e Medie Imprese “Picchianti”. L’area è stata a suo tempo interessata da un P.I.P. (ai sensi della legge n. 865/71) – P.I.P. “Picchianti”, approvato con D.G.R.T. n. 280 del 1978. Il Piano è scaduto, per decorrenza del termine di legge, nel 1988. Al fine di corrispondere alle nuove esigenze emerse nel tempo, con deliberazione consiliare n. 50 del 13 aprile 2005, è stato approvato approvato il Piano Particolareggiato “Picchianti” accompagnato da una specifica “Variante” in grado di facilitare, tra l’altro, l’insediamento di attività di servizio alle imprese. L’area interessata dalla pianificazione urbanistica di dettaglio ha interessato una superficie territoriale di ha 93,2. In tale contesto sono state effettivamente assegnate aree per attività produttive e servizi alle imprese per mq. 616.885.