Le attività economiche

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COMUNE DI LIVORNO
INDAGINE CONOSCITIVA PER L’AVVIO DEL
PROCEDIMENTO DI REVISIONE DEL PIANO STRUTTURALE
L’ECONOMIA LIVORNESE
A cura dell’Unità Organizzativa Sviluppo Economico e Finanziamenti Europei con il
contributo dell’IRPET
Indice
1.
1.1
1.2
1.3
1.4
IL QUADRO MACROECONOMICO
Uno sguardo alla provincia
Un’economia prevalentemente terziaria
La modesta apertura verso l’esterno
La particolare natura del processo di distribuzione del reddito: le
pensioni
2.
L’ECONOMIA LIVORNESE NELL’ULTIMO DECENNIO: VERSO LA
CONVERGENZA?
Lo scenario nazionale e regionale
L’economia livornese: uno sguardo ai dati ufficiali e alle stime IRPET
Dal 2002 ad oggi: verso la convergenza
I riflessi sull’occupazione
In sintesi
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
3. LA CRISI FINANZIARIA ED I RIFLESSI
LIVORNESE
3.1 Quadro macroeconomico internazionale
3.2 Le ricadute sull’economia livornese
SULL’ECONOMIA
4
4.1
4.2
4.3
4.4
LE ATTIVITÀ ALL’INTERNO DEL PORTO DI LIVORNO
Trasporti e cantieristica
Gli effetti a monte e a valle dell'attività portuale
La distribuzione per branca di attività economica degli effetti
Conclusioni
5
6
LA NAUTICA E LE SUE RELAZIONI COL SISTEMA LOCALE
IL PICCHIANTI
1. Il quadro macroeconomico
1.1 Uno sguardo alla provincia
L’economia della provincia livornese è caratterizzata da tempo da un livello del PIL
procapite inferiore alla media toscana. Questo risultato è attribuibile soprattutto alle
dinamiche precedenti il 2001 dal momento che dal 2001 ad oggi il tasso di crescita
risulta essere non solo ben più alto della media regionale, ma tra i più alti a livello
nazionale
Tabella 1.1
PIL PROCAPITE: LIVELLI E DINAMICA (A PREZZI CORRENTI) NELLE PROVINCE TOSCANE
Numero Indice (Anno Iniziale =100)
Livello Al 2006
1995-2001
2001-2006
Massa-Carrara
19373.1
131.4%
121.9%
Lucca
22831.4
131.5%
115.0%
Pistoia
21868.2
137.4%
110.8%
Firenze
28052.8
141.6%
110.5%
Prato
23996.6
132.1%
99.7%
Livorno
23443.5
126.9%
121.4%
Pisa
24574.6
137.1%
112.0%
Arezzo
23410.1
136.6%
113.7%
Siena
24544.9
144.6%
112.4%
Grosseto
22019.1
132.1%
134.3%
Toscana
24414.4
136.6%
113.3%
Fonte: ISTAT
Ciò significa che le difficoltà che hanno colpito l’economia nazionale e toscana in
questo millennio hanno coinvolto meno le aree della costa e tra questa anche la
provincia di Livorno. La spiegazione principale a questi andamenti la si può ritrovare
nel fatto che le difficoltà di questo periodo sono legate soprattutto a problemi di
competitività che si sono posti sui mercati internazionali; quindi le aree meno aperte
hanno finito con il risentirne in misura più ridotta.
Quindi la maggiore tenuta dell’area è, in qualche modo, anche il frutto della sua
debolezza, in particolare della modesta presenza di attività industriali e quindi, di
conseguenza, la minore vulnerabilità in fasi come queste in cui le difficoltà sono
provenute proprio dai mercati internazionali ed hanno coinvolto in modo particolare i
settori tradizionali della nostra regione.
La natura particolare del sistema produttivo livornese ha in qualche misura protetto
l’economia dell’area.
Tabella 1.2
PIL PROCAPITE E SUE DETERMINANTI NEI DIVERSI SEL DELLA PROVINCIA
PIL procapite
PIL per unità di lavoro unità di lavoro per 100
Area Livornese
97.6
97.4
42.9
Val di Cecina
84.9
92.0
39.6
Val di Cornia
110.6
102.9
46.0
Arcipelago
128.9
125.7
43.9
PROVINCIA
100.0
100.0
42.8
Fonte: IRPET
Questa particolare natura la si può sintetizzare da un lato nella maggiore
specializzazione terziaria e, dall’altro, però, in una minore diffusione di attività
produttive ben rappresentata dal più basso tasso di occupazione (occupati su
popolazione in età 15-64 anni) che con il 58,8% è il più basso tra tutte le province
della Toscana ed è appena i linea con la media nazionale.
All’interno della provincia i quattro SEL si caratterizzano per avere strutture
produttive alquanto diverse. L’area livornese (comprendente oltre il Comune di
Livorno anche quello di Collesalvetti) si presenta con un PIL procapite più basso
della media provinciale determinato sia dal più basso livello della produttività del
lavoro (per unità di lavoro)che dalla più bassa partecipazione al lavoro: quindi il SEL
livornese presenta all’interno della provincia le stesse caratteristiche che la provincia
presenta nei confronti della Toscana.
1.2 Un’economia prevalentemente terziaria
Il settore industriale non solo, come già rilevato, ha un peso modesto all’interno
dell’economia livornese, ma presenta anche caratteri affatto particolari rispetto al
resto della regione. Mancano, di fatto, tutti i settori tipici dell’economia toscana,
quelli cioè legati alla produzione di beni di consumo durevole e semidurevole (moda
e dintorni) e l’organizzazione produttiva non assume mai la forma dei distretti
industriali: vi è infatti, rispetto al resto della regione, una maggiore incidenza delle
imprese più grandi, con relazioni spesso deboli col sistema locale. Anche il settore
artigiano, pur presente come ovunque, conferma la sostanziale assenza di produzioni
tipiche, come avviene invece nel resto della Toscana.
Nel complesso le attività produttive che sono più specifiche dell’area (in termini
relativi ovviamente) sono quelle legate alla vicinanza al mare: la nautica, le attività
portuali, la pesca, la raffinazione del petrolio, l’energia, cui si aggiungono alcune
produzioni meccaniche (l’automotive in particolare) e le attività della pubblica
amministrazione, con livelli di specializzazione che, nel corso degli anni, mostrano
però alcuni interessanti cambiamenti (Tab. 1.2) che, salvo poche eccezioni, vanno
nella direzione di rafforzare le specializzazioni esistenti.
Tabella 1.3
INDICI DI SPECIALIZZAZIONE. SEL LIVORNESE. 1995 E 2007
Alta specializzazione
1995
2007
Estrazione di minerali energetici
20,81
Raffinerie di petrolio
12,20
Pesca
3,19
Mezzi di trasporto
1,88
Trasporti e comunicazioni
2,93
Pubblica amministrazione e difesa
1,67
Macchine elettriche e ottiche
1,20
Energia elettrica, gas e acqua calda
1,36
Credito
1,26
Sanità e altri servizi sociali
1,12
Istruzione
1,04
Altri servizi pubblici, sociali e personali 1,01
Informatica, ricerca, altre attività
1,19
23,00
12,73
3,27
2,75
2,53
1,66
1,61
1,60
1,15
1,15
1,08
1,07
1,01
Bassa specializzazione
Commercio all'ingrosso e al dettaglio
Costruzioni
Metallo e prodotti in metallo
Articoli in gomma e materie plastiche
Alimentari, bevande e tabacco
Altre industrie manifatturiere
Attività immobiliari e noleggio
Carta, stampa ed editoria
Lavorazione di minerali non metalliferi
Alberghi e ristoranti
Macchine e apparecchi meccanici
Legno e dei prodotti in legno
Chimica e fibre sintetiche e artificiali
Estrazione di minerali non energetici
Agricoltura, caccia e silvicoltura
Tessili e abbigliamento
Fonte: IRPET
1995
2007
0,79
0,91
0,85
0,73
0,88
0,33
0,54
0,48
0,43
0,52
0,38
0,31
0,26
0,10
0,12
0,03
0,90
0,83
0,75
0,64
0,56
0,55
0,54
0,50
0,42
0,42
0,39
0,36
0,30
0,12
0,09
0,04
È, infatti, aumentata negli anni la specializzazione nel settore petrolifero, nella
pesca, nei diverse comparti della meccanica, nella produzione di energia, ma
soprattutto nei mezzi di trasporto, per l’evoluzione registrata dalla cantieristica e da
quella, invece, dell’automotive che ha, tuttavia, vissuto alterne vicende. Tra i settori
che restano ancora despecializzati vi è, invece, da segnalare il recupero del
commercio.
Il fatto che la presenza industriale sia complessivamente modesta è confermato
dal peso che il manifatturiero ha sul totale dell’economia (15%), peso che, non solo,
è largamente inferiore alla media regionale (Graf. 1.3) ma si posiziona anche tra i
livelli più bassi tra tutti i SEL toscani. Su questa caratteristica incide molto la natura
urbana del SEL, dal momento che in generale nei SEL urbani tendono a prevalere le
attività terziarie: se infatti alcuni del SEL urbani della regione mantengono ancora
caratteristiche industriali (area lucchese, pratese, aretine e pistoiese) negli altri la
presenza industriale non è particolarmente diversa da quelle del SEL livornese.
Grafico 1.4
IL PESO DEL MANIFATTURIERO NEI DIVERSI SEL URBANI DELLA TOSCANA
A. lucchese
A. pratese
A. aretina
A.pistoiese
Media regionale
Massa Carrara
A. fiorentina
A. livornese
A. pisana
A. senese
A. grossetana
0
10
20
30
Fonte: stime IRPET
Queste particolarità hanno di fatto attutito gli effetti negativi della recente fase di
sviluppo -quella che dal 2001 arriva sino al 2005- in cui le cui difficoltà si sono
concentrate sulle produzioni tradizionali della regione. In effetti, dopo alcune
difficoltà vissute nella prima parte del millennio, l’economia livornese ha realizzato
performances migliori di quelle del resto dell’economia toscana. In tal senso tali
migliori prestazioni vanno interpretate con una certa attenzione in quanto non
possono essere considerate tout court e come l’espressione di una maggiore
competitività dell’area.
In questo ambito vale la pena di considerare come una delle conseguenze di una
struttura industriale poco presente e molto concentrata in poche produzioni, con
alcune presenze industriali importanti, ma non sempre ben radicate sul territorio (nel
senso che i rapporti con le imprese dell’area non sono rilevanti), fa sì che il
moltiplicatore della domanda finale sia molto basso, ovvero che uno stesso aumento
della domanda finale produce effetti sul sistema locale inferiore a quello prodotto in
sistemi locali con maggiore presenza industriale. In particolare, la capacità che hanno
1.000 euro di domanda finale di tradursi in valore aggiunto prodotto nell’area è, in
generale, molto bassa dal momento che una parte rilevante dell’effetto di attivazione
sfugge dal SEL sotto forma di importazioni.
Ciò dipende in parte anche da alcune caratteristiche strutturali di alcuni dei settori
in cui l’economia livornese è maggiormente specializzata, settori che hanno in
generale un più basso livello del moltiplicatore; non si tratta in altre parole solo di
una debolezza del sistema produttivo livornese, perché, più o meno ovunque, la
produzione di settori come quello petrolifero, della cantieristica e anche di parte della
meccanica (anche se in misura minore) genera effetti locali in genere modesti,
trovandosi spesso collocata all’interno di filiere lunghe.
Questo rafforza quanto più volte sostenuto circa il ruolo delle esportazioni
all’estero per l’economia livornese: il fatto che esse siano concentrate in pochi settori
e, per di più, in settori a basso effetto moltiplicativo sull’economia locale rende
abbastanza indifferenti le sorti dell’economia del SEL all’evoluzione delle vendite
all’estero. Ciò non toglie che il progressivo allargamento della presenza livornese
anche sui mercati internazionali vada interpretato, perlomeno in alcuni settori, come
un positivo segnale di crescita di competitività delle imprese dell’area.
Se è vero che il settori maggiormente presenti nell’area hanno una più bassa
capacità moltiplicativa è però anche vero che essi sono in generale settori a più alto
valore aggiunto. Tuttavia non necessariamente tale valore aggiunto –che va a
remunerare lavoro e capitale- confluisce verso le famiglie residenti nell’area:
ammortamenti e profitti vanno ai proprietari delle aziende (che nel caso di grandi
imprese non risiedono spesso nell’area), e per quel che riguarda il lavoro non è detto
alto valore aggiunto per addetto corrisponda anche ad alti salari.
In effetti i livelli salariali risultano mediamente più bassi di quelli toscani (già di
per sé non particolarmente alti), soprattutto a causa delle più basse remunerazioni
presenti in molte attività del terziario. Infatti, con l’unica eccezione dei trasporti,
ovunque nel terziario le remunerazioni dei lavoratori livornesi sono più basse (e
talvolta anche in modo significativo) rispetto a quelle degli analoghi (per qualifica)
lavoratori toscani.
Tabella 1.5
I LIVELLI SALARIALI DEI LAVORATORI DIPENDENTI DEL SEL IN RAPPORTO A QUELLI TOSCANI
Retribuzioni medie mensili toscane=100 per qualifica
Operai
Energia, gas e acqua
Minerali non energetici; industrie chimiche
Trasformazione dei metalli; meccanica
Alimentari, moda, legno, mobili e altre
Costruzioni e delle istallazioni di impianti
Commercio, pubblici esercizi e alberghi
Trasporti e comunicazioni
Credito e assicurazioni, servizi alle imprese
Servizi pubblici e privati
TOTALE
Impiegati
Quadri
Dirigenti
Apprendisti
TOTALE
..
106
101
112
101
..
100
103
..
93
98
106
102
..
..
87
96
..
116
117
93
99
89
..
96
84
..
100
98
95
Fonte: stime IRPET su dati INPS
116
98
0
79
70
111
88
68
..
0
..
..
..
..
103
82
123
0
105
104
97
96
101
89
113
79
86
96
89
1.3 La modesta apertura verso l’esterno
Un altro dei riflessi di un’economia molto terziaria è la bassa apertura verso l’estero,
che è invece tipica delle aree più industrializzate. Tuttavia, sebbene l’economia
livornese abbia da sempre manifestato una modesta apertura verso l’estero, specie sul
fronte delle esportazioni, da anni questo carattere sta subendo alcuni significativi
cambiamenti: oggi le esportazioni all’estero delle imprese del SEL rappresentano,
infatti, quasi il 20% del totale delle loro vendite all’esterno dell’area, mentre solo
alcuni anni fa (nel 1995) esse erano appena il 14%.
Grafico 1.6
IL PESO DEL MERCATO TOSCANO, NAZIONALE ED ESTERO SULLE ESPORTAZIONI. 2007
Estero
Toscana
ITALIA
Fonte: stime IRPET
Alla minore apertura verso l’estero corrisponde però una maggiore apertura verso
il mercato nazionale causata dalla forte specializzazione in alcune attività di servizio
-in particolare le attività portuali- che hanno un bacino di utenza non solo
extraprovinciale ma anche extra regionale1.
Anche sul fronte turistico l’apertura dell’area è modesta; il fenomeno interessa in
modo massiccio soprattutto il resto della provincia, investendo il SEL per i flussi
turistici che passano dal porto di Livorno e che sono stati, in questi ultimi anni, in
costante espansione.
Queste caratteristiche fanno sì che le vicende dell’economia livornese siano meno
sensibili, almeno nel breve periodo, a quelle dei mercati internazionali, ed assai di
più a quelle del mercato interno -toscano e nazionale- da cui dipende larga parte della
domanda di beni e, soprattutto, di servizi dell’area.
Ciò non dipende, però, solo da quanto già sottolineato sopra relativamente alle
attività portuali, ma anche dalle caratteristiche che hanno alcune importanti
produzioni industriali dell’area: da un lato, il settore della raffinazione del petrolio e
dall’altro quello della componentistica auto sono infatti rivolti prevalentemente al
mercato nazionale, il primo perché fornisce una importante materia prima di base, il
secondo perché comprende soprattutto imprese che ruotano largamente attorno
all’indotto delle principali imprese automobilistiche italiane.
1.4 La particolare natura del processo di distribuzione del reddito: le pensioni
L’attenzione al processo di formazione del valore aggiunto è largamente giustificata
dal fatto che è tramite tale processo che si formano i redditi primari (ovvero
remunerazione del lavoro e del capitale); non si può tuttavia dimenticare che il
. A questo proposito vale la pena di ricordare che quando le merci prodotte in altre parti della regione e del
paese vengono trasportate all’estero utilizzando il porto di Livorno contabilmente questo appare come una
esportazione di servizi portuali verso le aree produttrici dei beni venduti all’estero.
1
percorso attraverso il quale essi giungono all’interno delle famiglie per formare il
loro reddito disponibile è spesso tortuoso per cui, non necessariamente, laddove si
produce molto valore aggiunto vi è anche un alto reddito disponibile presso le
famiglie (e viceversa). I processi redistributivi spontanei (quelli cioè che derivano
dalla proprietà effettiva dei fattori produttivi) e quelli imposti dalle regole
istituzionali (prelievo fiscale e trasferimenti vari di reddito alle famiglie) possono
anche alterare il rapporto tra le due grandezze.
Come, in parte, già osservato sopra nel caso del SEL livornese, nel passaggio da
reddito prodotto a reddito effettivamente disponibile per le famiglie residenti
nell’area, oltre alla maggiore presenza di grandi imprese, incide anche il maggior
peso delle pensioni.
La maggiore presenza di grandi imprese di proprietà non livornese fa sì che i
profitti vadano a vantaggio di soggetti non residenti; a questo si deve aggiungere
anche il fatto, comune a molte aree urbane, che anche i redditi da lavoro vanno
spesso a favore di lavoratori non residenti: i movimenti pendolari verso le aree
urbane sono spesso rilevanti, anche se nel caso livornese se, da un lato, vi è un chiaro
saldo positivo nei confronti degli altri SEL della provincia, non altrettanto si può dire
nei confronti del resto della regione.
Il maggior peso delle pensioni percepite dai residenti nel SEL livornese fa sì che
una maggiore quota del reddito disponibile sia di fatto insensibile all’andamento
delle attività produttive che si realizzano nell’area. Ricordiamo, inoltre, come questo
maggior peso delle pensioni non dipende tanto dal numero di pensionati, ma
piuttosto dal più elevato livello medio della pensione percepita.
Tabella 1.7
LE PENSIONI. SEL LIVORNESE
Alcuni indicatori caratteristici
2006
Numero pensionati
Importo complessivo
Importo medio
Numero per 100 abitanti
Peso % sul PIL
52.048
867.306
16.664
30,3
20,5
Fonte: INPS - Casellario Centrale dei Pensionati al 31.12.2006
A sua volta questo risultato è il frutto di due circostanze: da un lato il maggiore
peso delle componenti meglio remunerate (lavoratori maschi); dall’altro, il maggiore
importo pensionistico anche a parità di caratteristiche (sesso/età).
In sintesi, quindi, l’economia livornese presenta caratteri affatto particolari rispetto a
quello che viene considerato il modello tipico dell’economia toscana, quello cioè che
fa perno sui sistemi di piccola impresa orientati verso produzioni della moda ed
organizzate spesso in distretti industriali.
L’economia livornese, nonostante la presenza di alcune grandi imprese, spesso
particolarmente visibili sul territorio, ha di fatto una struttura produttiva poco
industriale, dominata come è dalle molteplici attività terziarie, operanti in larga
misura attorno alle attività portuali. Inoltre anche all’interno dell’industria le
differenze col resto dell’economia toscana sono considerevoli, data la pressoché
totale assenza delle attività che qualificano il resto della Toscana (moda in
particolare) e, invece, la più significativa presenza di attività della meccanica e
soprattutto il ruolo del polo petrolchimico che, per dinamiche di prezzo oltre che di
quantità, influenza spesso in modo significativo il quadro macroeconomico dell’area,
ancor più di quanto incida effettivamente sul tenore di vita dei suoi residenti.
2. L’ECONOMIA LIVORNESE NELL’ULTIMO DECENNIO:
VERSO LA CONVERGENZA?
2.1 Lo scenario nazionale e regionale
I caratteri sopra descritti rendono l’economia livornese, almeno direttamente, poco
aperta agli scambi internazionali ed invece assai più aperta a quelli con il resto del
paese: la particolare evoluzione del ciclo economico nel SEL livornese risente,
nell’ultimo decennio, in larga misura di questi aspetti.
Gli anni che vanno dal 1995 ad oggi rappresentano un periodo particolarmente
critico per l’economia del nostro paese, dal momento che è proprio da allora che
secondo molti osservatori si fanno evidenti i segni di perdita di competitività rispetto
a paesi simili. In realtà i segni di difficoltà si manifestano in tutta la loro evidenza
soprattutto a partire dal 2001 quando, per quattro anni di seguito, la crescita del PIL
si mantiene su livelli insolitamente bassi, tanto da giustificare le preoccupazioni di un
declino strutturale della nostra economia. Tuttavia, è proprio traendo spunto da tali
difficoltà che l’analisi si è spinta più addietro nel tempo, sottolineando come i
problemi emersi nell’ultimo periodo fossero, in realtà, già presenti prima, anche se
mascherati da circostanze internazionali particolarmente favorevoli (soprattutto l’alta
quotazione del dollaro, assieme alla lunga espansione dell’economia statunitense).
L’economia toscana si colloca in questo scenario complessivo con comportamenti
simili a quelli dell’intero paese, ma anche con qualche specificità: in particolare, nel
primo periodo -quello che va dal 1995 al 2001- presenta nel complesso risultati non
solo buoni in assoluto, ma anche migliori di quelli di regioni a simile stadio di
sviluppo, mentre successivamente il quadro si modifica in modo sensibile e anche
l’economia toscana entra in una evidente fase di stagnazione (Graf. 9.1).
La causa principe di questo cattivo andamento -che di fatto giunge sino alla fine
del 2005- va rintracciata nelle gravi difficoltà incontrate sui mercati internazionali: le
esportazioni stentano infatti a crescere ed anzi in alcuni anni addirittura diminuiscono
tanto che prima della ripresa del 2006 il loro livello era, a prezzi correnti, analogo a
quello del 2000. Tra le esportazioni a soffrire di più sono quelle dei settori più
tradizionali della regione -moda in particolare- con eccezioni in positivo solo per
alcuni particolari segmenti in cui sono rintracciabili produzioni di alta qualità
(pelletteria e confezioni).
In sintesi si potrebbe sostenere che l’economia toscana è riuscita a mantenere un
buon ritmo di espansione nella seconda metà degli anni novanta, quando nel
complesso dell’economia italiana si avvertivano alcuni segni di perdita di
competitività; mentre negli anni successivi i segni di recessione sono evidenti, anche
se non tali da lasciare presupporre l’esistenza di un “caso toscano”, come invece
potrebbe desumersi dalla lettura di molte delle analisi fatte su questo periodo.
Grafico 2.1
TASSO DI CRESCITA DEL PIL TOSCANO NEGLI ANNI
5,0
4,0
3,0
2,0
1,0
0,0
-1,0
-2,0
81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06
Fonte: elaborazioni IRPET su dati ISTAT
Tali analisi si soffermano infatti sulla perdita di competitività del nostro paese
attribuendola in modo particolare alla presenza di piccole imprese nei settori
tradizionali, quelli cioè più esposti alla concorrenza dei paesi emergenti: la Toscana
più di altre regioni presenta queste caratteristiche, per cui era logico attendersi
comportamenti peggiori di quelli delle altre regioni esportatrici del paese.
In realtà, la maggior parte degli indicatori (Tab. 3.2) non sembrerebbero
confermare questa ipotesi: se infatti i livelli raggiunti dalle diverse variabili sono
effettivamente più bassi di quelli osservati nelle altre regioni, la dinamica degli anni
duemila non è certamente peggiore di quella delle altre regioni.
Tabella 2.2
ALCUNI CONFRONTI REGIONI RELATIVI AL PERIODO 2000-2007
variazioni a prezzi correnti
Piemonte
Lombardia
Veneto
Emilia R.
Toscana
Italia
2.8
2.8
2.7
2.4
3.1
3.1
PIL ai prezzi di mercato per abitante
PIL ai prezzi di mercato per unità di
lavoro
2.6
2.5
2.7
2.4
2.8
2.7
Redditi lavoro dipendente procapite
3.5
3.2
3.7
2.8
3.4
3.4
Investimenti
0.6
2.5
2.6
1.4
2.0
1.8
Fonte: ISTAT
In realtà entrando più nel dettaglio qualche particolarità negativa della Toscana
emerge e si concretizza nella maggiori difficoltà del settore industriale e, di
conseguenza, nella perdita di quote sui mercati internazionali anche rispetto alle altre
regioni del paese.
Quindi se la Toscana a livello aggregato tiene ciò non è attribuibile alla sua capacità
esportativa né alla forza propulsiva del settore manifatturiero, anzi proprio sui questo
fronte sembrano identificarsi i maggiori problemi di competitività della regione. È
piuttosto il terziario a tenere, ma questo potrebbe anche non essere interpretato in
termini positivi dal momento che il terziario contiene una larga parte di terziario
tradizionale che regge perché sostenuto da una domanda interna per consumi privati
e pubblici ancora vivace, ma che non potrà restare tale a lungo se flette la capacità di
esportare.
In questo contesto generale, l’economia livornese si colloca con le specificità
sopra richiamate, ovvero con una economia in cui sono meno presenti quei fattori
individuati dalla letteratura corrente come altrettanti elementi di debolezza del
sistema produttivo regionale in questa particolare fase recessiva del ciclo economico
nazionale.
2.2 L’economia livornese: uno sguardo ai dati ufficiali e alle stime IRPET
Nel periodo che va dal 1995 ad oggi l’economia livornese pur con andamenti
altalenanti mostra le seguenti caratteristiche:
• Negli anni novanta sino al 2001 gli andamenti sono sensibilmente diversi da
quelli toscani senza una regola di fondo,ma nel complesso l’andamento è
peggiore salvo l’ottimo risultato del 1999;
• Negli anni successivi il quadro si ribalta completamente e l’economia
livornese realizza regolarmente risultati migliori di quella della regione.
In sintesi si potrebbe dire che l’economia livornese sembrerebbe avere un ciclo
che è opposto a quello toscano: vive maggiori difficoltà nei periodi di maggiore
espansione ma soffre meno in quelli di depressione.
Grafico 2.3
PIL DEL SEL LIVORNESE E DELLA TOSCANA
Variazione % su anno precedente
5.0
Area livornese
Toscana
4.0
3.0
2.0
1.0
0.0
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
-1.0
Fonte: stime IRPET
2.3 Dal 2002 ad oggi: verso la convergenza
Quindi, se nel corso del periodo 1995-2001 l’economia livornese aveva avuto
andamenti altalenanti, nel periodo successivo il quadro si stabilizza; in particolare:
il tasso medio di crescita si abbassa rispetto a quello del periodo precedente, ma
la dinamica risulta più regolare;
la crescita si mantiene più alta di quella toscana.
La conseguenza di questa particolare evoluzione è che, in termini di PIL
procapite, la distanza iniziale -quella cioè osservata nel 1995- è stata quasi
integralmente recuperata. Quindi la tendenza verso la convergenza sui valori medi
regionali appare un processo che, dopo il primo significativo contributo del 1999,
prosegue regolarmente dal 2002 ad oggi, ovvero nel periodo di maggiore difficoltà
dell’economia toscana e nazionale.
Grafico 2.4
PIL PROCAPITE DEL SEL LIVORNESE E DELLA TOSCANA
1995=100
125
Area livornese
Toscana
120
115
110
105
100
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Fonte: Stime IRPET
La questione che si pone è se il fatto che la convergenza avviene in un periodo di
difficoltà dell’economia debba interpretarsi in modo interamente positivo.
La spiegazione principale di questo fenomeno sta nella relativa estraneità
dell’economia livornese alle sorti dell’economia internazionale, a sua volta
conseguenza della particolare struttura economica dell’area. In linea generale è
l’industria manifatturiera quella che subisce maggiormente le conseguenze del ciclo
internazionale, mostrando andamenti del valore aggiunto prodotto molto meno
regolari di quelli degli altri settori, in particolare del terziario. Quindi nelle fasi di
maggiore espansione dell’economia (trainate in genere dalle esportazioni) l’industria
presenta tassi di crescita del proprio valore aggiunto più elevati di quelli del terziario
e viceversa nei periodi di maggiore difficoltà.
La conseguenza di tutto ciò è che le aree in cui l’industria è meno presente sono
anche quelle che sono meno soggette ad oscillazioni nella loro crescita e quindi
crescono meno nei periodi di maggior espansione dell’economia e crescono di più in
quelli più recessivi. In particolare (Graf. 9.6) negli ultimi anni di fase recessiva,
anche il terziario ha subito un rallentamento della propria crescita, ma in modo molto
meno evidente dell’industria e, inoltre, mai vi è stata una sua diminuzione in termini
reali (i tassi di crescita sono sempre positivi).
Quindi il processo di convergenza sopra segnalato, che vede il costante recupero
dell’economia del SEL rispetto al resto della Toscana, è innanzitutto determinato dal
fatto che l’area livornese è fortemente terziaria, con un peso del manifatturiero
appena del 15% sul totale del valore aggiunto. Quindi più che la competitività delle
imprese dell’area ha pesato il suo particolare mix produttivo.
Grafico 2.5
LA DIVERSA SENSIBILITÀ AL CICLO DI INDUSTRIA E TERZIARIO
Tassi annui di variazione del valore aggiunto nazionale
20
Industria
Terziario
15
10
5
0
-5
1971
1972
1973
1974
1975
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
-10
Fonte: ISTAT
Non solo, ma l’area ha goduto anche della favorevole evoluzione dei prezzi in
quanto, salvo gli ultimissimi anni, i prezzi nel terziario sono cresciuti di più di quelli
dell’industria, ed inoltre anche perché all’interno dell’industria livornese sono
maggiormente presenti i settori a più alta dinamica di prezzo (il petrolio in modo
particolare).
Grafico 2.6
LE COMPONENTI DELLA CRESCITA DEL VALORE AGGIUNTO DEL SEL NEL CORSO DEGLI ANNI
Fonte: stime IRPET
12
specializzazione
competitività
8
4
0
-4
-8
1995-2001
2001-2007
1995-2007
Tenendo conto sia degli aspetti reali che di quelli di prezzo, la particolare struttura
produttiva del SEL ha giocato un ruolo decisamente positivo nello spiegare la
maggiore crescita dell’area soprattutto in questi ultimi anni e non solo per la
maggiore presenza di attività terziarie; sono, infatti, soprattutto le vicende del settore
petrolifero, di quello dei metalli e dei mezzi di trasporto che contribuiscono
largamente a generare l’alto effetto positivo del mix produttivo; si tratta infatti di
settori che, in questi anni, sono stati meno investiti dalla congiuntura sfavorevole, e
addirittura talvolta hanno anche realizzato risultati particolarmente positivi
soprattutto in termini nominali.
Al contrario, la componente legata al comportamento specifico delle imprese
livornesi (quindi una sosta di effetto competitività) ha avuto nel corso degli anni un
ruolo negativo. In altre parole, se le imprese livornesi avessero seguito gli stessi
comportamenti delle imprese toscane dello stesso settore la crescita del SEL sarebbe
stata più alta di quella toscana assai più di quanto in realtà è stata.
Questi aspetti frenano quindi in parte il giudizio positivo che comunque si deve
dare della trasformazione avvenuta nell’apparato produttivo dell’area, nel senso che
il recupero rispetto al resto della regione si spiega più con le difficoltà del resto della
Toscana che non con il particolare dinamismo del SEL livornese; si conferma
dunque una caratteristica comune alle aree più terziarie che, abitualmente, avvertono
meno di quelle industriali gli effetti negativi delle fasi recessive, ma risentono meno
anche di quelli positivi delle fasi espansive.
Sarebbe tuttavia un errore considerare solo questa la causa del recupero
dell’economia livornese rispetto a quella del resto della regione. Vi sono infatti altri
fatti rilevanti che sono accaduti in questi anni e che sono da interpretarsi come segni
evidenti di una qualche vitalità del sistema produttivo dell’area. Tra questi vale la
pena di segnalare alcune delle attività che caratterizzano l’economia del mare e che,
non solo in questi anni hanno attraversato vicende tutto sommato favorevoli, ma che
molti vedono come attività importanti per il prossimo futuro:
• la trasformazione subita dal settore dei cantieri navali con l’affermazione
della produzione di megayacht, che segue la crisi della cantieristica
commerciale, ma che rappresenta oggi una valida alternativa;
• la accresciuta rilevanza del porto di Livorno, che in questi anni di difficoltà
ha visto, comunque, una continua espansione dei traffici commerciali e di
passeggeri;
• il turismo, che sebbene non interessi direttamente il SEL (o lo interessi in
misura marginale) lo coinvolge indirettamente attraverso i flussi che
riguardano il porto sia per le attività dei traghetti che per quelle delle navi da
crociera.
Si tratta di attività che rappresentano certamente punti di forza dell’economia
livornese, anche se non mancano in ciascuno di essi aspetti problematici,
sintetizzabili in quanto avevamo sostenuto nel primo capitolo di questa nota ovvero
nel basso moltiplicatore della maggior parte delle componenti della domanda finale.
Ciò si spiega col fatto che quando viene attivata direttamente la produzione finale di
qualcuna delle imprese livornesi l’indotto che esse generano sfugge il larga misura al
sistema locale
Una conferma di questo veniva anche dalla ricerca condotta dall’IRPET sulle
relazioni tra la nautica da diporto e il sistema produttivo locale, la quale metteva
appunto in evidenza come i cantieri dell’area avevano bassi rapporti con le altre
imprese dell’area livornese.
Che il turismo possa essere una importante risorsa per l’economia della costa è
evidente, ma, anche in questo caso, c’è da capire quanta parte egli effetti di
attivazione di questo fenomeno possano riguardare il sistema locale livornese.
Il porto è certamente una delle attività più importanti dell’area e rappresenta un
fattore strategico dell’intera competitività regionale, tanto più in una fase in cui molti
sostengono un ritorno della centralità del Mediterraneo nei traffici internazionali.
Vale inoltre la pena di sottolineare che sebbene l’economia livornese sia poco
aperta agli scambi internazionali in questi ultimi anni il peso che l’area assume sul
totale delle esportazioni estere toscane è andato aumentando, passando dal 4,4% del
2002 al 5,5% del 2006. (Tab. 9.8).
Tabella 2.7
PESO DELLE ESPORTAZIONI LIVORNESI SU QUELLE TOSCANE PER LE PRINCIPALI VOCI
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Prodotti petroliferi raffinati
98,8
Prodotti della pesca e della piscicultura
86,9
98,6
97,9
98,4
98,5
98,9
90,7
83,8
91,1
93,2
Prodotti della metallurgia
35,3
89,5
35,5
31,6
24,4
29,1
25,3
Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi
15,5
19,3
20,9
21,7
18,0
17,0
Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali
12,4
11,0
12,8
12,3
11,8
11,1
Articoli in gomma e materie plastiche
Apparecchi radiotelevisivi e per le comunicazioni
TOTALE
4,4
5,5
5,4
7,0
7,7
8,5
21,5
6,1
2,5
2,9
5,7
9,6
4,4
4,6
4,5
5,0
5,7
6,0
In realtà si tratta di poche voci rilevanti, per le quali l’area livornese presenta un
livello di specializzazione particolarmente elevato e in alcuni casi si tratta
dell’operato di singole imprese; resta, tuttavia, il fatto che il ruolo delle esportazioni
estere nel determinare l’evoluzione dell’economia livornese, pur restando ridotto, è
comunque aumentato raggiungendo nel 2007 il suo massimo storico
Le trasformazioni che si sono realizzate nel corso dell’ultimo decennio hanno
quindi modificato la struttura produttiva del SEL livornese in linea con quanto
accaduto nel resto dell’economia regionale e nazionale (tab. 9.9): si è
progressivamente ridotto il peso dell’industria in senso stretto, a favore del terziario;
all’interno di quest’ultimo settore inoltre è aumentato soprattutto il peso dei servizi
alle imprese, che in realtà comprendono una molteplicità di attività che vanno
dall’informatica, ai servizi offerti dai professionisti, dalla ricerca alle attività
immobiliari.
Tabella 2.8
LA COMPOSIZIONE DEL VALORE AGGIUNTO DEL SEL NEL CORSO DEGLI ANNI
1995
2001
2007
Agricoltura
0.5
0.4
0.3
Industria in senso stretto.
20.8
19.5
16.7
Costruzioni
4.4
4.0
4.8
Commercio e trasporti
33.7
33.4
31.9
Servizi alle imprese
15.7
19.5
21.2
Servizi pubblici
24.9
23.3
25.1
TOTALE
100.0
100.0
100.0
Fonte: stime IRPET
2.4 I riflessi sull’occupazione
Pur con questi elementi di cautela resta, tuttavia, il fatto che questo processo ha avuto
effetti positivi visibili anche sul mercato de lavoro: a partire dal 2002 infatti la
domanda di lavoro tende regolarmente a crescere raggiungendo nel 2006 il suo
massimo storico con oltre 72mila unità di lavoro (Graf. 9.10).
Questo processo avviene seguendo una tendenza diffusa in tutto il paese: cresce la
domanda di lavoro nel terziario -e, nel periodo considerato, anche nelle costruzioni- e
diminuisce nell’industria in senso stretto; nel SEL livornese tra il 2002 ed il 2006 la
domanda di lavoro è aumentata di quasi 2.000 unità corrispondente al 2,5%
dell’occupazione complessiva; questo risultato si è ottenuto attraverso un aumento di
quasi 3.500 unità di lavoro nel terziario ed una perdita di quasi mille unità
dell’industria (Graf. 9.11).
Dietro questo andamento vi sono tutte le note considerazioni sulla
flessibilizzazione del lavoro che ha consentito di assorbire un numero crescente di
lavoratori anche in un periodo di sostanziale stagnazione dell’economia.
Grafico 2.9
LE UNITÀ DI LAVORO NEL SEL LIVORNESE E IN TOSCANA
1995=100
115
Toscana
Area liv ornese
110
105
100
95
90
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
Fonte: stime IRPET
Questo regolare recupero di occupazione lascia tuttavia il tasso di occupazione
dell’area su livelli più bassi della media regionale, facendo di questo il principale
problema del SEL.
Questo della bassa partecipazione al lavoro è una caratteristica del SEL livornese
che deriva, oltre che dai problemi dal lato della domanda, anche da quelli dal lato
dell’offerta.
Dal primo punto di vista la domanda di lavoro espressa in termini di unità di
lavoro pur essendo cresciuta in modo significativo resta comunque bassa: 40 unità di
lavoro ogni 100 abitanti, contro i 47 che rappresentano la media regionale. Posta in
altri termini ciò vorrebbe dire che se la domanda di lavoro si allineasse sulla media
regionale vi sarebbero oltre 10 mila unità di lavoro in più.
Dal lato dell’offerta, invece, le caratteristiche dell’area sono quelle tipiche di
un’area urbana la cui economia ha trascorso un lungo periodo di difficoltà da cui
sembrerebbe stare molto lentamente uscendo. Il passato periodo di difficoltà ha
depresso le speranze di trovare lavoro nelle fasce della popolazione meno motivate,
generando una sorta di effetto scoraggiamento visibile nel basso tasso di attività
dell’area soprattutto nella componente femminile. Il carattere urbano dell’area -e
soprattutto il più alto costo della vita rispetto alle aree circostanti- ha inoltre spinto
una parte della popolazione (in linea di massima la componente più giovane) a
trovare alloggio al di fuori dell’area urbana in cui però con buona probabilità si reca
per lavorare. Quindi sebbene il saldo dell’area in termini di pendolarismo continui ad
essere negativo, vi è comunque una parte della popolazione livornese -molto
probabilmente quella più giovane- che sceglie residente esterne al SEL contribuendo
con questo a ridurre ulteriormente i già bassi tassi di attività e di occupazione
dell’area.
Grafico 2.10
VARIAZIONE DELLE UNITÀ DI LAVORO TRA IL 2002 ED IL 2006
4,000
3,000
2,000
1,000
0
-1,000
Agricoltura
Industria in s.s.
Industria
maniofatturiera
Costruzioni
Terziario
TOTALE
Fonte: stime IRPET
Quindi, nonostante gli evidenti segni di miglioramento di questi ultimi anni, il
problema occupazionale resta la più chiara sintesi delle debolezze dell’area livornese.
Il problema potrebbe trovare una soluzione solo in presenza di un ritorno a tassi di
crescita del PIL che al momento non sembrerebbero praticabili. Del resto l’esigenza
di un recupero di competitività della nostra economia richiede anche un ritorno a
ritmi di crescita della produttività del lavoro dimenticati oramai da alcuni anni: ciò
significherebbe che una parte rilevante della crescita sarebbe comunque assorbita da
aumenti di produttività e non anche da aumenti occupazionali. Del resto senza
aumenti di produttività è difficile immaginare un ritorno a trassi di crescita rilevanti.
Al momento peraltro è difficile prevedere ritmi di aumento del PIL superiori al
2%, se non altro per il fatto che la domanda interna, nella parte pubblica, resterà
ancora per anni stagnante: le conseguenze sul piano della domanda di lavoro
resterebbero dunque particolarmente esigue.
2.5 In sintesi
Nel corso di questi ultimi anni sembrerebbe dunque che il SEL livornese avesse
recuperato almeno in termini di PIL procapite le distanze esistenti rispetto alla media
regionale; certo le distanze rispetto alle are più produttive della regione (quelle della
Toscana centrale) restano, così come resta il fatto che una parte del PIL è realizzato
da imprese la cui proprietà sta al di fuori dell’area livornese: è quindi probabile che i
profitti eventualmente realizzati sfuggano dall’area.
Il concetto di recupero implica, da un lato, che vi era uno stato di partenza più
problematico e, dall’altro, che nel corso di questi anni la marcia è stata più veloce.
Relativamente al primo punto il riferimento è a difficoltà che derivano spesso da
scelte localizzative oramai lontane nel tempo e che hanno avuto il merito di portare
nell’area alcune imprese di medio-grandi dimensioni attratte evidentemente dalla
vicinanza del porto, ma anche il demerito di avere impedito la nascita di quella
imprenditorialità diffusa che in altre parti della Toscana è stata spesso l’arma
vincente. Le conseguenze di queste scelte si vedono soprattutto sul piano
occupazionale ed assumono la forma di un tasso di attività e di occupazione
particolarmente bassi, distanti da quella media regionale essa stessa ancora distante
dagli obiettivi posti dall’Europa.
Il recupero negli anni recenti è in parte l’altra faccia di questa particolare struttura
dell’area: non avendo dentro il SEL presenze significative di quei settori che hanno
segnato lo sviluppo della Toscana (le piccole imprese della moda, dell’arredamento,
dell’oreficeria), ma che ora soffrono la crescente concorrenza internazionale,
l’economia livornese soffre solo in misura ridotta delle conseguenze del negativo
ciclo economico che ha interessato il periodo che va dal 2002 al 2005. La crescita del
PIL si mantiene infatti significativamente più elevata di quella toscana, tanto che,
come dicevamo, il PIL procapite supera oramai il livello medio regionale.
La crescita è sostenuta in modo particolare dal terziario, al cui interno le attività
portuali sono quelle che maggiormente connotano l’area. L’industria manifatturiera
ha un peso modesto ed è composta da imprese talvolta di grande rilievo per presenza
fisica e per volume di valore aggiunto prodotto, cosicché le sorti del settore sono
talvolta segnate anche da fatti specifici di alcune di queste imprese. In particolare il
settore petrolifero che oltre ad avere dinamiche produttive spesso oscillanti presenta
come noto anche dinamiche di prezzo molto particolari, che in taluni anni hanno
condotto anche a forti aumenti dei profitti del settore. Vi sono poi storie industriali
interessanti che mostrano anche la capacità del sistema di reagire a momenti anche di
grave difficoltà: il caso della crisi dei cantieri commerciali e lo sviluppo della nautica
da diporto è uno di questi.
Ma l’economia del SEL non può essere vista isolatamente senza tener conto delle
sorti dell’intera economia toscana ed italiana. Non vi è infatti dubbio che molte delle
attività che si sono sviluppate in questa area -quelle portuali in modo particolaresiano di supporto all’intera economia toscana e italiana e che pertanto se, da un lato,
possono contribuire a sostenere la competitività dell’intero sistema produttivo
toscano e italiano, dall’altro, è da questo che ricevono il principale impulso alla loro
crescita.
In estrema sintesi si potrebbe sostenere che il processo di convergenza che è
certamente avvenuto in questi anni -e che potrebbe anche proseguire nei prossimi- ha
seguito ritmi di espansione dell’economia talmente blandi da non produrre
sostanziali miglioramenti nella situazione occupazionale del SEL, accomunando i
comportamenti del SEL livornese a quelli dell’intera costa ponendo quindi al centro
dell’attenzione i problemi di quella che viene identificata come l’”economia del
mare”.
L’importanza dell’economia del mare viene segnalata anche nel libro verde “Verso la
futura politica marittima dell’Unione: Oceani e mari nella visione europea” in cui si
richiama l’importanza di una industria marittima competitiva, compatibile con gli
obiettivi della sostenibilità. Trasporti, cantieristica, turismo, produzione e
distribuzione di energia, pesca sono le attività su cui viene posta maggiore
attenzione, nell’idea che un loro sviluppo potrebbe fare da traino anche ad altre
attività ad esse intimamente connesse. L’ipotesi è che vi possa essere, dietro ciascuna
delle suddette attività, una intera filiera che potrebbe coinvolgere non solo imprese
localizzate lungo la costa, ma in alcuni casi anche ambiti territoriali ben più vasti.
3. LA CRISI FINANZIARIA ED I RIFLESSI SULL’ECONOMIA
LIVORNESE
3.1 Quadro macroeconomico internazionale
La attuale crisi finanziaria in cui sta versando l’economia mondiale viene considerata
da molti la più grave dopo quella del ’29; questa opinione è largamente condivisa da
tutti i governi che, in modo più o meno coordinato, stanno mettendo in atto misure
anti-crisi con coinvolgimenti finanziari di notevole dimensione, volti a rilanciare la
domanda e, soprattutto, a ricreare un clima di fiducia che i crack finanziari hanno
largamente logorato.
La gravità della situazione nasce dalla estensione della crisi a tutte le principali
regioni del mondo, a differenza di quanto era successo in passato quando crisi di una
certa entità si erano già verificate ma non erano mai state così generalizzate. Non è
inoltre ancora ben chiaro quale sia la profondità della crisi e quanto tempo sarà
necessario per ritornare a crescere. È per questi motivi che le previsioni tendono
gradualmente a peggiorare, anche se tutte incorporano l’ipotesi che le azioni
congiunte dei diversi governi riusciranno a garantire una uscita abbastanza rapida
dalla crisi, talvolta già collocandola nel 2010.
L’economia italiana è forse direttamente meno coinvolta dai problemi finanziari
alla base della crisi attuale e la stessa bolla immobiliare, pur presente, è stata
certamente meno forte che altrove. Tuttavia la natura globale della crisi ed suoi
riflessi sulla domanda mondiale non potevano non colpire un paese aperto agli
scambi internazionali come è l’Italia. Il peggioramento del ciclo era già evidente
verso la fine dello scorso anno e si è via via aggravato nel corso del 2008,
peggiorando drasticamente in questi ultimi mesi. Ciò ha portato già nel 2008 ad un
calo del PIL valutabile attorno al mezzo punto percentuale. Più incerte appaiono
invece le previsioni sul 2009 anche se oramai tutti concordano col fatto che il PIL del
paese dovrebbe contrarsi almeno del 2%.
Il peggioramento del ciclo è determinato soprattutto dalla evoluzione negativa
della domanda interna, sia quella per consumi che quella per investimenti, cui si
affiancherebbe nel 2009 anche la caduta delle esportazioni. Si tratta di uno scenario
certamente negativo, ma che presenta anche alcuni risultati (almeno apparentemente)
contraddittori, sui quali vale la pena di riflettere. In particolare secondo molte
previsioni, l’occupazione dopo essere addirittura aumentata nel corso del 2008,
subirebbe decurtazioni non particolarmente rilevanti nel corso del 2009, o meglio
come già successo in passato in molte delle fasi recessive l’occupazione
diminuirebbe meno del valore aggiunto prodotto, incorporando quindi l’ipotesi di
una caduta nella produttività del lavoro.
Ciò non impedirebbe tuttavia al tasso di disoccupazione di aumentare a causa
dell’aumento dell’offerta di lavoro. In effetti perlomeno per quanto riguarda i primi
tre trimestri del 2008 le rilevazioni ISTAT confermerebbero quanto sopra sostenuto;
l’occupazione nel paese è, infatti, aumentata ed anche in modo significativo, sebbene
con caratteristiche particolari:
• l’aumento è dovuto al terziario che genera nuovi posti di lavoro in misura
superiore al calo dell’industria;
• è aumentata ulteriormente l’occupazione di immigrati, segnalando almeno
in parte solo fenomeni di emersione di posizioni lavorative già esistenti;
• è aumentata la disoccupazione a causa dell’aumento rilevante dell’offerta
di lavoro.
Pur nel quadro complessivamente positivo, dietro queste dinamiche è possibile
leggere già alcuni segnali negativi, frutto dell’inversione del ciclo avvenuta verso la
fine del 2007 anche tenendo conto del fatto che vi è, in genere, sempre un certo
ritardo con cui le cadute produttive si traducono anche in cadute occupazionali;
inoltre, come noto, la crisi colpisce prima l’industria e si riversa sul terziario solo
quando risulta essere particolarmente prolungata. È quindi possibile che nella parte
restante dell’anno il quadro occupazionale peggiori rispetto a quello del primo
semestre, anche se ci pare difficile che vengano completamente annullati gli
incrementi realizzati.
Perdite occupazionali saranno invece più probabili nel corso del 2009 e lo saranno
tanto più quanto più lunga e grave viene ritenuta la fase recessiva.
3.2 Le ricadute sull’economia livornese
Le principali ricadute sull’economia livornese derivano, quindi, soprattutto dal
calo dei consumi e degli investimenti con effetti che ricadono soprattutto sul settore
industriale che, secondo le nostre previsioni, potrebbe assistere ad un calo del valore
aggiunto prodotto stimabile attorno allo 0,6% nel 2008, dell’1,8% nel 2009 per
ritornare vicino allo zero nel 2010. Risultati questo che pur essendo negativi
continuano ad essere migliori di quelli del resto della regione (Graf. 3.1).
Grafico 3.1
LE PREVISIONI DI CRESCITA DEL VALORE AGGIUNTO
2008
2009
2010
0
-0.5
-1
-1.5
-2
Area liv ornese
Toscana
-2.5
Fonte: stime IRPET
Le difficoltà, pur estendonsi a tutti i settori produttivi, dovrebbero essere
avvertite maggiormente ed in anticipo nel settore industriale cui seguiranno però
anche tutti gli altri settori specie se la crisi durasse più a lungo.
Quindi ancora una volta la particolare struttura del SEL livornese, in particolare
la più spiccata specializzazione nel settore terziario, potrebbe difendere
maggiormente l’economia dell’area rispetto a quella del resto della regione. Si tratta
tuttavia pur sempre di una fase, probabilmente anche prolungata, di stagnazione
dell’economia che segue un lungo periodo di lenta crescita. Vale infatti la pena di
ricordare che anche se il SEL aveva realizzato negli ultimi anni performances
migliori di quelle del resto della regione, il tasso di crescita realizzato si era
comunque mantenuto su livelli molto bassi, tali cioè da lasciare aperto il ragionevole
dubbio della presenza di difficoltà strutturali anche per l’area livornese.
tabella 3..2
LE PREVISIONI DI CRESCITA DEL VALORE AGGIUNTO PER MACROSETTORI
Agricoltura
Industria in senso stretto
Costruzioni
Commercio e trasporti
Servizi alle imprese
Servizi pubblici
Totale
2008
0.4
-3.1
-0.9
-0.3
-0.3
0.6
-0.6
2009
-2.0
-2.8
-4.9
-1.6
-1.6
-1.3
-1.8
2010
-0.8
-0.6
-2.4
-0.1
-0.1
-0.8
-0.4
In questo contesto è facile prevedere ripercussioni preoccupanti su di mercato del
lavoro già di per sé stagnante, almeno negli ultimi due anni: si stima infatti per i
prossimi due anni un calo della domanda di lavoro che potrebbe condurre ad un
significativo aumento del tasso di disoccupazione. Sulla dinamica del tasso di
disoccupazione l’uso del condizionale è d’obbligo poiché, al momento, non siamo in
grado di valutare in che misura potrà rafforzarsi ulteriormente l’effetto
scoraggiamento, che come abbiamo già visto, in qualche modo sembrerebbe aver
operato anche nel 2007. In effetti se il clima di sfiducia si rafforzasse ulteriormente
non è escluso che si riduca l’offerta di lavoro di quei soggetti che nutrono poche
speranze di successo nella loro ricerca di occupazione. Se così fosse, a fronte di una
diminuzione della domanda di lavoro, vi sarebbe una diminuzione nell’offerta con
ricadute, quindi, molto più attenuate sul tasso di disoccupazione, ma molto più gravi
sulle prospettive del mercato del lavoro.
È evidente che molte delle previsioni qui fornite sono soggette a possibili
cambiamenti perché l’attuale crisi finanziaria è qualcosa di nuovo che, almeno per le
dimensioni che ha assunto, non ha molti precedenti; in particolare essendo in forte
discussione la fiducia nei confronti delle istituzioni finanziarie e più in generale delle
regole di funzionamento del sistema, il rischio del propagarsi di un effetto panico
non è peregrino. Non è un caso, infatti, che le azioni dei governi e degli organismi
internazionali si siano rivolte in tale direzione, proprio per evitare tale rischio.
Ma vi è anche un altro rischio -meno grave, ma importante- che dovremmo
evitare ed è quello di pensare che tutti i problemi oggi presenti nella nostra economia
derivino dalla crisi finanziaria internazionale, dimenticando le difficoltà di crescita
che avevano contrassegnato il nostro sistema economico negli ultimi 10/15 anni.
Occorre infatti ricordare che, anche nell’ipotesi migliore di una rapida uscita dalla
crisi, la crescita del primo decennio del nuovo millennio rimarrà comunque ben al di
sotto dell’1%. Inoltre anche nei territori in cui la dinamica ha assunto dimensioni più
rassicuranti -come nel caso dell’economia livornese- ciò è attribuibile soprattutto alla
presenza di una struttura produttiva meno aperta ai mercati internazionali e quindi
meno vulnerabile, in una fase in cui la perdita di competitività sembrerebbe essere
l’elemento più allarmante della nostra economia.
Occorre pertanto che tutti gli interventi che oggi si rendono necessari per
ristabilire un clima di fiducia negli operatori non trascurino il fatto che, in ogni caso,
esiste nelle nostre aree un problema di crescita che perdura oramai da troppi anni:
senza incrementi significativi nella produttività i nostri sistemi rischiano di vedere
gradualmente peggiorare le condizioni di vita delle persone che vivono al loro
interno. Gli incrementi di produttività sono possibili solo con nuovi processi di
investimento che in questo momento sono messi in discussione proprio dalla crisi
finanziaria in atto, occorre pertanto evitare, nei limiti del possibile, proprio questo
circolo vizioso.
4. Le attività all’interno del porto di Livorno
4.1 Trasporti e cantieristica
La presenza del porto condiziona fortemente la specializzazione produttiva dell’area,
favorendo la localizzazione non solo di quelle attività strettamente inerenti il
porto,ma anche di quelle altre attività che traggono evidenti benefici dalla presenza
del porto. Tra le prime stanno le attività di trasporto marittimo e quelle ad esse
connesse oltre alla cantieristica, tra le seconde il petrolchimico e per molti versi
anche il settore automotive.
Per quanto riguarda le attività più strettamente portuali, oltre agli addetti nel
settore dei trasporti marittimi e costieri (è qui presente oltre il 73% del totale degli
addetti al settore in Toscana), sono particolarmente presenti anche quelli che operano
nel settore delle attività connesse ai trasporti, le attività delle agenzie di trasporto,
quelle legate alla movimentazione di merci e quelle dei corrieri (tab. 4.1)
Tabella 4.1
ATTIVITÀ DI TRASPORTI E NAUTICA NEL COMUNE DI LIVORNO ED IN TOSCANA
NIMERO DI ADDETTI NEL 2005
Costruzioni navali e riparazioni di navi
Costruzione e riparazione di imbarcazioni da diporto e sportive
Trasporti ferroviari
Altri trasporti terrestri, regolari, di passeggeri
Trasporti con taxi
Altri trasporti terrestri di passeggeri
Trasporto di merci su strada
Trasporti marittimi e costieri
Movimentazione merci
Magazzinaggio e custodia
Altre attività connesse ai trasporti terrestri
Altre attività connesse ai trasporti per via d’acqua
Attività delle agenzie di viaggio e degli operatori turistici
Attività delle altre agenzie di trasporto
Attività dei corrieri espressi
Totale trasporti
Livorno
Toscana
peso su Toscana
167
162
2543
2443
6.6
6.6
609
397
42
19
1303
617
1879
132
201
444
146
1428
74
7290
4535
6239
1474
582
19938
839
9251
1163
5466
1658
3216
4139
675
60112
13.4
6.4
2.8
3.2
6.5
73.5
20.3
11.4
3.7
26.8
4.5
34.5
10.9
12.1
Fonte: ISTAT, 2005
Meno rilevante invece la presenza della cantieristica, specie dopo le difficoltà
attraversate in anni passati da quella commerciale (soprattutto per la concorrenza dei
paesi asiatici che possono vantare differenziali di costo del lavoro che mettono tutta
la cantieristica europea in una situazione difficile), sostituita in parte da quella da
diporto che vede anche in quest’area la costruzione di megayatcht di alta qualità e
che rappresenta certamente una delle eccellenze produttive della regione.
Questa trasformazione nel tempo dell’attività cantieristica è particolarmente
evidente nei dati sulle esportazioni che vedono, dopo un lungo periodo di difficoltà
che è proseguito per buona parte degli anni novanta, un significativo boom negli anni
successivi.
Figura 4.2
LE ESPORTAZIONI DI COSTRUZIONI NAVALI NELLA PROVINCIA DI LIVORNO
Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT
4.2 Gli effetti a monte dell'attività portuale
Al di là delle imprese che operano direttamente nelle attività presenti all’interno del
porto è però interessante verificare anche il potere moltiplicativo di tali attività, nel
senso che esse attraverso gli acquisti che fanno attivano valore aggiunto ed
occupazione su tutto il territorio livornese e non. Gli effetti sono quelli che derivano
dal fatto che le imprese presenti nel porto per realizzare la loro produzione debbono
acquistare un insieme di beni e servizi attivandone quindi la produzione; a sua volta
tale produzione per essere realizzata ha bisogno di altri beni e servizi e quindi attiva
ancora produzione e così via,.. L’insieme di questi effetti diretti e indiretti
rappresentano il cosiddetto effetto leonteviano. Se oltre a questi effetti si considera il
fatto che i redditi distribuiti nel processo sopra descritto vanno in parte presso le
famiglie e quindi vendono da loro consumati attivando per questa via produzione di
beni e servizi si ottiene un effetto aggiuntivo che può essere identificato come
l’effetto keynesiano.
Alcune stime condotte in passato (in particolare il riferimento è ad una ricerca
IRPET del 2001) e che partivano da un fatturato complessivo del porto attorno ai
1300 milioni di euro, avevano stimato che per ogni 1000 euro di valore aggiunto
prodotto nel porto si attivano altri 1400 euro nel territorio livornese ed circa altri 100
in Toscana
Vale inoltre la pena di rilevare che, se la dispersione negli altri SEL della
Toscana è nel complesso modesta, la dispersione verso l’estero ed il resto d’Italia è,
invece, molto alta visto che l’ammontare delle importazioni dall’esterno della
regione (estero + altre regioni italiane) è di quasi 1500 euro, ben più, quindi, del PIL
attivato all'interno della regione. Del resto, l’economia di un sistema locale è per sua
stessa natura molto aperta, per cui una parte rilevante della domanda che vi sorge
viene soddisfatta con produzione esterna, come del resto gran parte della produzione
che vi si realizza ha una destinazione esterna.
Se queste cifre vengono rapportate al complesso dell’economia del SEL
livornese il peso dell’attività portuale diviene rilevante, raggiungendo il 19% in
termini di PIL ed il 21% in termini di unità di lavoro.
Tabella 4.3
EFFETTO MOLTIPLICATIVO PRODOTTO DALLE ATTIVITÀ PORTUALI SULL’ECONOMIA LIVORNESE E
TOSCANA
PIL
Import.dalla Toscana
Effetto leonteviano
Effetto keynesiano
Effetto totale
Area
livornese
Resto
Toscana
Area
livornese
Resto
Toscana
Area
livornese
Resto
Toscana
1414.8
98.1
487.1
111.7
1902.2
209.5
130.0
6.0
80.8
13.6
210.7
19.2
Import. resto del mondo
1479.2
30.3
370.3
47.0
1849.5
77.3
Risorse
3024.0
134.1
938.5
171.9
3962.5
306.3
10.2
2.5
40.0
4.4
Unità di lavoro (per ogni Meuro)
29.8
1.9
Fonte: stime IRPET
Infine, se agli effetti suddetti vengono aggiunti anche quelli generati dai consumi
effettuati da coloro che ricevono redditi nel corso del processo produttivo sopra
descritto (effetto keynesiano), fanno sì che il peso complessivo raggiunga il 23% del
PIL del SEL livornese e il 26% in termini di unità di lavoro. Quindi quasi un quarto
del valore aggiunto dell’area livornese dipende direttamente o indirettamente da ciò
che accade nel porto.
4.3 La distribuzione per branca di attività economica
Naturalmente vi sono alcuni settori che, più di altri, sono legati alle vicende del
porto, nel senso che il loro valore aggiunto e gli addetti utilizzati dipendono in larga
misura dalla evoluzione della attività produttiva che si svolge all’interno del porto.
Tabella 10
IL VALORE AGGIUNTO ATTIVATO NELLE DIVERSE BRANCHE PRODUTTIVE
leonteviano
keynesiano
Attività immob., informatica, altre attività
41.2
37.6
Trasporti e comunicazioni
21.3
17.2
Commercio e riparazioni
9.7
14.7
Costruzioni
7.1
5.5
Intermediazione monetaria e finanziaria
3.6
3.5
Altri servizi pubblici, sociali e personali
2.3
3.6
Produzione di prodotti in metallo
2.1
1.7
Alberghi e ristoranti
1.7
2.9
Carta, stampa ed editoria
1.6
1.5
Macchine ed apparecchi meccanici
1.2
1.0
Produzione e distribuzione di energia
1.2
1.7
Coke, raffinerie di petrolio
1.1
1.1
Macchine e apparecchiature elettriche
1.1
0.9
Mezzi di trasporto
1.1
1.0
Altri
3.7
6.1
TOTALE
100.0
100.0
Da questo punto di vista le branche più coinvolte sono quelle fornitrici dei beni e
servizi utilizzati dalle imprese portuali e che sono stati precedentemente descritti
come “effetti a monte”. Tra questi i più importanti sono il settore dei servizi alle
imprese – che da solo raccoglie quasi il 35% degli effetti complessivi- seguito dalle
attività commerciali e dalle stesse attività di trasporto (le quali non sono quelle
originarie, ma quelle da esse indotte); importanti, infine, anche le branche dei
prodotti in metallo utilizzate prevalentemente dai cantieri.
Se consideriamo anche gli effetti moltiplicativi di tipo keynesiano acquistano
importanza anche tutte quelle attività di sostegno al consumo: dal commercio, ai
servizi per le famiglie.
Altrettanto interessante la distribuzione all’interno della Toscana di tali effetti: il
SEL fiorentino (prevalentemente per le attività di servizio alle imprese), quello
versiliese (per alcuni attività cantieristiche), l’area lucchese e della Val di Nievole
raccolgono i maggiori effetti di trasmissione anche se si tratta, come abbiamo visto,
di effetti assai modesti. Assai più importanti invece gli effetti trasmessi fuori dalla
regione –sia in altre regioni italiane che all’estero- tramite le importazioni effettuate.
4.4 Conclusioni
L’importanza del porto di Livorno nell’ambito dell’economia toscana e per molti
versi anche nazionale non è certamente un fatto nuovo. Il porto livornese offre infatti
servizi di trasporto ad un bacino di utenza che travalica i confini regionali. La
competitività dell’infrastruttura portuale è quindi una condizione necessaria per la
competitività delle aree servite.
L’importanza del porto può essere, quindi, vista dal lato dei servizi che esso
offre e quindi, per usare una terminologia usata in molte analisi dello sviluppo,
produce molti effetti a valle. Ma, come ogni attività imprenditoriale, le attività che si
svolgono all’interno del porto producono anche un altro tipo di effetti i quali sono
legati al fatto che la produzione di beni e servizi localizzata nel porto non è altro che
il punto finale di una lunga filiera che comprende a monte tutte le attività che
producono i beni e servizi utilizzati dalle imprese portuali. Quindi, ogni volta che si
produce una servizio di trasporto o viene varata una nave, oltre al valore di tale
produzione, occorre considerare che la sua realizzazione ha richiesto la produzione di
altri beni, i quali a loro volta avranno attivato produzione di altri beni e così via.
Non solo ma se consideriamo che nel corso di questo processo i lavoratori hanno
ricevuto una remunerazione, che hanno in parte speso per soddisfare le proprie
esigenze di consumo, si comprende come, anche per tale via, si sia generata nuova
produzione.
Pertanto se, per assurdo, cessasse l’attività di tutte le imprese localizzate nel
porto a soffrirne sarebbero non solo i lavoratori ed i proprietari delle imprese stesse
ma anche tutti quelli che partecipano al processo qui delineato.
È in questo senso che è stato valutato il peso dell’attività portuale nel sistema
economico livornese, quindi non più il porto come offerta di beni e servizi, ma il
porto in quanto domanda di beni e servizi.
1
2
3
4
5
Tabella 15:
GLI EFFETTI DELL’ATTIVITÀ DEL PORTO DI LIVORNO
peso % sull’economia del SEL livornese
PIL
Unità di lavoro
Porto di Livorno
7.8
8.3
Effetto leonteviano
11.1
13.8
Totale 1+2
18.9
22.1
Effetto keynesiano
3.8
4.7
Totale 3+4
22.7
26.8
Fonte: stime IRPET
5. La nautica e le sue relazioni col sistema locale
Il quadro che è emerso dall’indagine condotta dall’IRPET conferma l’esistenza di
una debole relazione della nautica con il sistema locale livornese; la sua diffusione è
circoscritta ad un numero limitato di imprese.
In particolare l’indagine ha presentato alcuni spunti di riflessione interessanti:
- La presenza di un potenziale nello sviluppo della relazione tra sistema locale di
piccole e medie imprese e settore della nautica; l’indagine svolta mostra che i
rapporti tra le imprese del territorio con il settore sono ancora poco sviluppati.
Tuttavia, emerge la possibilità di modificare questa situazione, in quanto molte
imprese appartenenti al settore legno e mobili, all’informatica ed il più ampio
comparto dei servizi dichiarano il loro interesse a lavorare in questo settore, che
come mostrato da altre realtà locali costituisce un importante driver economico.
Infatti, sebbene 157 imprese sulle 195 intervistate non abbiano nessun tipo di
rapporto, ben 87 sarebbero interessate ad averne. Di queste, 30 operano nel settore
di attività collegate all’informatica, 21 a quello del legno e mobili, e 17 fanno
parte dei servizi alle imprese.
- Le difficoltà nel tradurre questo potenziale teorico in realtà diffusa; le motivazioni
che impediscono alle imprese di sviluppare relazioni costruttive con il settore
nautico riguardano principalmente la scarsità di informazioni circa le reali
possibilità di lavoro e le difficoltà a stabilire i contatti con i grandi gruppi che
operano nel settore. Si tratta, quindi, di capire quali sono le reali potenzialità delle
piccole e medie imprese locali di inserirsi nella filiera nautica e che cosa può
essere fatto a livello di interventi locali -formazione, incentivi in favore del
trasferimento tecnologico e della collaborazione tra imprese- per supportare
questo processo di integrazione del tessuto locale nel comparto nautico.
- La presenza di un piccolo ma incoraggiante esempio di imprese locali che
lavorano con la nautica; per quanto riguarda i rapporti tra le imprese locali ed il
comparto nautico, emerge che sono soltanto 38 su 195 le imprese che dichiarano
di lavorare per il settore. Di queste 14 appartengono al settore delle costruzioni
navali e riparazioni navi, 8 al comparto dei servizi alle imprese e soltanto 6 a
quello del legno e mobili. In effetti, dall’indagine risulta che le imprese che
lavorano con il settore della nautica riescono a trarre dei benefici: in termini di
fatturato l’analisi evidenzia come la dinamica degli anni 2002-2005 risulta più
positiva per le imprese inserite nel settore rispetto a quelle che non lo sono. Nel
caso delle imprese che lavorano con il comparto nautico la percentuale di imprese
che dichiarano un aumento del fatturato negli ultimi 3 anni sale al 36,8%, contro il
21,6% di coloro che non hanno nessun tipo di rapporto; mentre la percentuale di
imprese che registrano una diminuzione del fatturato scende dal 11,5% al 7,9%
per le imprese inserite nella filiera. Per cui è possibile ipotizzare che il buon
andamento della nautica nell’area livornese possa produrre degli effetti trainanti
anche per le imprese locali, nonostante che, al momento, questa relazione positiva
risulti ancora poco sviluppata. Andando ad analizzare in dettaglio le
caratteristiche delle imprese che lavorano per il settore, è interessante notare come
il rapporto che si instaura con le aziende della nautica non risulti essere un
rapporto esclusivo, ma al contrario molto spesso le imprese forniscono i loro
prodotti e servizi per più di un cantiere. La committenza risulta, quindi
diversificata, le imprese rimangono, cioè, legate ad un singolo cliente. I cantieri
con i quali lavorano le imprese sono principalmente Azimut Benetti, per il quale
lavorano tutte le 24 le imprese che hanno dichiarato di lavorare con i grandi
cantieri, Perini Navi (13 imprese) Cantieri di Pisa (10 imprese), Overmarine e
Codecasa (9 imprese), Cantieri Arno (6 imprese) e Maiora (5 imprese).
- Forte appare la necessità di intervento in termini di politiche locali; l’indagine
evidenzia, da una parte il riconoscimento dell’impatto positivo del settore nautico
sul complesso delle piccole e medie imprese locali, e dall’altra, sottolinea
l’importanza di allargare il numero di imprese ad esso collegate; un numero che al
momento risulta ancora troppo basso per le imprese dei servizi e quelle del settore
legno e mobili. Se da un lato l’area livornese risulta comunque legata
all’economia del mare, questo tipo di rapporto non è ancora sviluppato in modo
organico come, invece, accade in altre realtà dove l’interazione tra le imprese ed il
comparto nautico riesce ad essere un motore per lo sviluppo dell’intero sistema
locale.
- Per implementare politiche efficaci, bisogna tenere conto delle elevate e
specifiche richieste del settore nautico e trarre insegnamento anche dalle
esperienze di altre realtà locali; in quest’ottica è opportuno, quindi, riflettere su
che cosa è possibile fare per poter meglio integrare il tessuto locale con la filiera
nautica. Abbiamo visto che dall’indagine emerge un certo interesse per la nautica
da parte delle imprese del legno e mobilio e dei servizi alle imprese. Bisogna,
però, capire anche come queste si possano inserire, quali sono i prodotti ed i
servizi maggiormente richiesti dai cantieri nautici. Nell’indagine effettuata dalla
Camera di Commercio nella provincia di Lucca, ad esempio, sono state
individuate 10 principali aree di intervento in cui è possibile sviluppare attività
imprenditoriali. Tra queste è importante sottolineare in particolare, oltre alla
costruzione e manutenzione, con riferimento alle attività di lavorazione delle
materie prime, i cantieri assemblatori, i costruttori e assemblatori degli interni, le
lavorazioni meccaniche, ma anche la riparazione e revisione delle imbarcazioni e
impianti, la riparazione dei motori a bordo e in officina, l’area che riguarda il
comparto degli accessori. Questi possono essere sia di tipo strumentale, con
riferimento alle attività di carpenteria nautica, impiantistica elettromeccanica,
attrezzatura per la navigazione e per la sicurezza, sia complementari con
riferimento alle attività di complemento d’arredo e di servizio al proprietario, in
termini di progettazione degli interni. Un altro settore di potenziale sviluppo può
essere individuato nel campo delle competenze specialistiche e “artigianali” nella
lavorazione del legno e del ferro -le così dette maestranze-, ma anche, per quanto
riguarda il comparto dei servizi, la progettazione del design degli interni e di
utilizzo della progettazione CAD. Purtroppo, non è sempre facile, soprattutto per
imprese di piccole dimensioni, inserirsi con successo in uno di questi settori,
anche perché gli standard richiesti dalla clientela sono sempre più elevati e non
sempre le imprese riescono a soddisfare le esigenze che provengono dal fronte
della cantieristica. Come abbiamo visto, il tessuto locale è composto
essenzialmente da micro-imprese che lavorano su committenza, in assenza di un
marchio proprio e di un proprio catalogo, per cui è spesso difficile inserirsi in
contesti di alto livello e di grande notorietà.
- Un ruolo centrale può essere svolto da interventi sulla formazione tecnica e per il
trasferimento delle competenze alle PMI locali; tenendo conto degli alti standard
tecnici e qualitativi richiesti dai committenti della cantieristica, appare probabile
che interventi sulla formazione e sopratutto sul trasferimento di tecnologia ed
anche di competenze organizzative in azienda: da un lato è importante formare
figure professionali specifiche richieste dal mercato, altamente competenti,
dall’altro è importante formare l’impresa stessa, attraverso una impostazione
manageriale diversa, con una tipologia di approccio al mercato più orientata verso
le esigenze della clientela, anche in un’ottica di team di lavoro e di collaborazione
tra aziende. Quest’ultimo punto risulta abbastanza critico.
- Un supporto può consistere anche nel far uscire le imprese dal loro isolamento ed
incoraggiarle a collaborare di più e consorziarsi. Come emerge dall’analisi, i
piccoli imprenditori e gli artigiani lavorano molto spesso per conto proprio senza
particolari collaborazioni tra imprese. Una domanda che era stata proposta nel
questionario, ma che non ha avuto particolare successo, riguarda proprio la
partecipazione a consorzi da parte delle imprese. Soltanto 6 imprese su 195
dichiarano di far parte di consorzi. Dal punto di vista delle politiche pubbliche
sarebbe interessante andare a stimolare lo scambio di informazioni circa le
opportunità di sviluppo del settore anche attraverso la creazione di consorzi e/o
centri servizi specializzati, in modo tale da poter creare un adeguato sistema di
servizi avanzati che possa, da un lato, mettere in comunicazione i fornitori con i
potenziali clienti e dall’altro possa garantire alla committenza un elevato standard
di qualità.
6. Il Picchianti
Nell’anno 2008 è stato ceduto in proprietà l’ultimo lotto di terreno disponibile per
insediamenti produttivi nell’ambito della zona per le Piccole e Medie Imprese
“Picchianti”.
L’area è stata a suo tempo interessata da un P.I.P. (ai sensi della legge n. 865/71) –
P.I.P. “Picchianti”, approvato con D.G.R.T. n. 280 del 1978. Il Piano è scaduto, per
decorrenza del termine di legge, nel 1988.
Al fine di corrispondere alle nuove esigenze emerse nel tempo, con deliberazione
consiliare n. 50 del 13 aprile 2005, è stato approvato approvato il Piano
Particolareggiato “Picchianti” accompagnato da una specifica “Variante” in grado di
facilitare, tra l’altro, l’insediamento di attività di servizio alle imprese.
L’area interessata dalla pianificazione urbanistica di dettaglio ha interessato una
superficie territoriale di ha 93,2. In tale contesto sono state effettivamente assegnate
aree per attività produttive e servizi alle imprese per mq. 616.885.
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