Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri
della provincia di Monza e Brianza
( Ente di Diritto Pubblico D.L.C.P.S. del 13/09/1946 n. 233)
Provider ECM n° 1782
“L’ INSUFFICIENZA RESPIRATORIA”
Giovedì 28 Giugno 2012
Ore 20.15– 23.15
Presso Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di Monza e della Brianza
via Passerini, 6 - MONZA
Responsabile Scientifico:
Prof. Ernesto Pozzi - Professore Ordinario f.r. di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’
Università di Pavia e Coordinatore attività Pneumologiche presso Policlinico di Monza
Docenti:
Prof. Ernesto Pozzi - Professore Ordinario f.r. di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’
Università di Pavia e Coordinatore attività Pneumologiche presso Policlinico di Monza
Dr. Isa Cerveri – Direttore Struttura Semplice “Fisiopatologia Respiratoria” della Fondazione
IRCSS presso Policlinico San Matteo di Pavia
Prof. A. Corsico – Professore Associato di Malattie dell’Apparato Respiratorio presso l’
Università di Pavia
Segreteria Organizzativa:
OMCeO Monza e Brianza tel. 039/322416 - [email protected]. Iscrizioni on line sul sito
www.omceomb.it
Razionale dell’ evento formativo
L’apparato respiratorio si compone di due strutture rappresentate l’una dall’ organo di scambio
dei gas respiratori, il polmone, l’altra dalla pompa ventilatoria, cioè la cassa toracica ed i
muscoli respiratori ad essa annessi.
I danni anatomici e funzionali del polmone comportano in genere il difetto di assunzione
dall’aria ambiente di ossigeno, non disturbi della CO2, mentre difetti di funzione della pompa
ventilatoria inducono ipoventilazione alveolare e di conseguenza anche ritenzione di CO2.
La differente origine fisiopatologica dei disturbi dei gas respiratori rende ragione del verificarsi
di ipossiemie non obbligatoriamente accompagnate da ipercapnie, presenti entrambi nelle sole
fasi avanzate delle malattie polmonari:
D’altra parte le sindrome disventilatorie ostruttive, in particolare la BPCO avanzata,
comportano difetti funzionali polmonari ma contemporaneamente vedono modificarsi la
struttura e la funzione dei muscoli respiratori (diaframma in particolare), così che all’ipossiemia
da danno del polmone si associa nelle fasi avanzate della malattia la ipercapnia da
ipoventilazione alveolare.
Quando la ipossiemia si spinge a valori inferiori ai 60 mmHg si definisce la situazione come
insufficienza respiratoria, parziale se limitata al disturbo dell’ossigeno, globale se
accompagnata anche da ipercapnia.
La grave insufficienza di ossigeno arterioso può risultare incompatibile con la vita, mente
l’aumento della capnia diviene pericoloso solo se induce acidosi, cioè modificazioni del pH al di
sotto di 7.2.
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Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Monza e Brianza
via Passerini 6 – 20900 Monza MB - Tel. 039 322416 - Fax 039 2311075 - [email protected] - [email protected] - www.omceomb.it
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La clinica può far nascere il sospetto dell’esistenza di disturbi dei gas respiratori, ma è alla
disponibilità dell’emogasanalisi di determinare i parametri necessari per comprendere la
fisiopatologia della situazione in atto e consentire una corretta conseguente terapia.
La corretta lettura di una emogasanalisi arteriosa costituisce quindi il fattore determinante
nella strategia terapeutica dei disturbi dei gas respiratori, sia in corso di malattie respiratorie
acute che soprattutto di quelle croniche.
Il Medico di Medicina Generale è chiamato a confrontarsi sempre più frequentemente con le
condizioni di insufficienza respiratoria cronica, nei cui riguardi, oltre che alla correzione della
malattia polmonare, si deve ricorrere alla correzione del difetto degli scambi gassosi.
In particolare a questo proposito è importante conoscere le modalità di impiego
dell’ossigenoterapia, al fine di raggiungere una tensione parziale di ossigeno nel sangue
arterioso sufficiente per il normale funzionamento degli organi, senza peraltro provocare
ritenzione di CO2; nelle forme avanzate di malattie polmonari, quando cioè all’ipossiemia si
associa l’ipercapnia, e quindi si può avverare l’acidosi respiratoria, solo l’impiego della
ventilazione non invasivi è in grado di correggere l’ipercapnia stessa.
Infine viene ricordato al Medico di Medicina Generale quali sono i sintomi ed i segni che
accompagnano i disturbi acuti e cronici dei gas respiratori, così che si individuino
precocemente le condizioni cliniche ad essi correlate e si proceda agli interventi diagnostici e
terapeutici appropriati.
Abstract
Fisiopatologia e clinica dell’insufficienza respiratoria Prof. E. Pozzi (Monza)
I mitocondri delle cellule sono gli organuli deputati all’utilizzo dell’ossigeno per realizzare la
glicolisi aerobia e quindi produrre energia (ATP); per insufficienza respiratoria deve quindi
intendersi l’incapacità del nostro organismo di fornire sufficiente quantità di ossigeno ai tessuti.
Purtroppo non disponiamo di strumenti adatti a valutare ciò e quindi ci si affida ad una
definizione emogasanalitica, definendo insufficienza respiratoria (IR) la pressione parziale di
ossigeno nel sangue arterioso inferiore a 60 mmHg.
Qualsivoglia insulto al polmone può comportare un difetto di ossigeno e la causa fisiopatologica
più frequente risulta l’ alterazione del normale rapporto tra la ventilazione alveolare e la
perfusione capillare, in condizioni fisiologiche uguale a 1. Sindromi disventilatorie ostruttive
(asma, BPCO), polmoniti,
neoplasie modificano tale rapporto riducendo la ventilazione alveolare, le tromboembolie
polmonari modificando la componente perfusoria.
Le malattie interstiziali del polmone, aumentando o spessore del piccolo interstizio, sono
invece responsabili di indurre insufficienza espiratoria comportando un difetto della diffusione
alveolo-capillare dei gas.
L’insufficienza respiratoria non correggibile con l’ossigenoterapia si realizza invece nelle
malattie polmonari responsabili di effetto shunt, quali l’edema polmonare cardiogeno e l’ARDS.
Un quarto meccanismo responsabile di I.R. è l’ ipoventilazione alveolare, secondaria alle
condizioni di affaticamento della muscolatura respiratoria; in questo caso alla ipossia si associa
anche l’ipercapnia, essendo la tensione parziale di CO2 nel sangue arterioso inversamente
proporzionale alla ventilazione alveolare.
Ipercapnia significa acidosi, potenzialmente compensabile solo dalla ritenzione di bicarbonati a
livello renale;
d’altra parte nella IR alla acidosi respiratoria può associarsi anche una
componente metabolica, innescata dalla glicolisi anaerobia, e quindi all’accumulo di acido
lattico, indotta dalla contemporanea carenza di ossigeno.
I.R. solo ipossiemica dei casi avanzati si accompagna clinicamente alla cianosi, l’ipercapnia a
segni generali quali cefalea, asterixi, agitazione motoria, ed a quelli di affaticamento muscolare
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quale l’alternanza toraco-addominale, il reclutamento dei muscoli respiratori accessori, il
respiro rapido e superficiale.
Emogasanalisi arteriosa Dr.ssa I. Cerveri (Pavia)
La determinazione dei gas ematici arteriosi e dell’equilibrio acido- base rappresenta una delle
piu’ rapide e significative trasformazioni avvenute nella pratica clinica degli ultimi 50 anni
grazie all’incredibile lavoro tecnologico che ha messo a disposizione rapidamente
apparecchiature sofisticate, stabili e veloci nella lettura dei risultati . L’emogasanalisi e’
considerata tutt’oggi dall’OMS uno degli esami , in assoluto, dotati del miglior rapporto
costi/benefici. Essa fornisce infatti informazioni sull’efficienza degli scambi gassosi a livello
polmonare e della adeguatezza del trasporto di O2 ai tessuti (insieme alla concentrazione di
emoglobina ed efficienza della pompa cardiaca) ed inoltre definisce lo stato dell’equilibrio
acido base, fondamentale per al sopravvivenza. L’emogasanalisi non e’ sostituibile da
rilevazioni cliniche a causa della scarsa correlazione tra grado di ipossiemia ed ipercapnia e
segni obbiettivi e sintomi. Vi e’ inoltre una scarsa corrispondenza tra grado di ipossiemia ed
ipercapnia e tests funzionali respiratori. E’ un esame di facile esecuzione , di invasivita’ limitata
con complicanze infrequenti e di scarsa entita’ (usualmente puntura dell’arteria radiale). Il
cut-off arbitrario di normalita’ per la Pressione arteriosa di O2 (che rappresenta la pressione
del gas sciolto nel sangue e che e’ proporzionale a quello caricato sull’emoglobina) e’ fissato
intorno agli 80 mmHg. Si definisce insufficienza respiratoria parziale il rilievo di una PaO2 < 60
mmHg e globale con l’aggiunta di una PaCO2 >45 mmHg.L’equilibrio acido base e’ un sistema
di regolazione complesso e sofisticato che regola la concentrazione idrogenionica [H+] nei
liquidi corporei attraverso meccanismi di controllo legati alle copie tampone che intervengono
in modo pressocche’ istantaneo, meccanismi respiratori che si attivano in qualche minuto
(sistema acido carbonico-carbonati) ed infine meccanismi renali che entrano in funzione nel
giro di qualche ora o giorno attraverso il riassorbimento o l’eliminazione dei bicarbonati.
Ossigenoterapia domiciliare a lungo termine Dr. A. Corsico (Pavia)
La somministrazione di ossigeno a lungo termine (LTOT- Long Term Oxygen Therapy) aumenta
la sopravvivenza dei pazienti con BPCO e insufficienza respiratoria con ipossiemia a riposo;
tale effetto è più marcato quanto più la terapia viene condotta in modo regolare e
continuativo, inoltre riduce l’ipertensione polmonare e la policitemia (Ht >55%). Per ottenere il
massimo dei suddetti benefici il paziente deve inalare ossigeno per almeno 20 ore al giorno,
comunque non meno di 15-18 ore/die. La somministrazione di O2 a lungo termine deve essere
presa in considerazione in caso di ipossiemia grave cioè quando la PaO2 ≤55 mmHg e in caso
di PaO2 compresa tra 56 e 59 mmHg in presenza di cuore polmonare, ematocrito (Htc)
>55% o scompenso cardiaco. Può essere prescritto anche in caso di sindrome delle apnee
notturne con desaturazione notturna non corretta da CPAP o in caso di ipossiemia
intermittente durante sforzo (in questi casi l’ossigeno viene somministrato limitatamente a tali
condizioni). Secondo linee guide condivise in caso di ipossiemia continua deve essere
somministrato ossigeno per almeno 15 ore giornaliere distribuite durante l’arco della giornata.
Il flusso di ossigeno deve essere valutato volta per volta in modo da mantenere l’ossigenazione
del sangue arterioso maggiore di 60 mmHg; sotto sforzo e durante il sonno deve essere in
grado di mantenere una SaO2 > 90% (valutazione con saturimetro). Solitamente si inizia con
flussi di 1-2/l min a riposo e poi si incrementa di 0.5 l/min, se necessario, fino a raggiungere il
risultato voluto. La somministrazione dell’O2 avviene con due sistemi: l’ossigeno gassoso
medicinale e l’ossigeno liquido medicinale. Il primo viene usato generalmente per urgenze e
nel caso di malati terminali, è dispensato attraverso le famacie territoriali pubbliche o private.
Il secondo viene usato per l’ossigenoterapia a lungo termine ed è dispensato generalmente
direttamente dalle ASL. Un contenitore criogenico base per O2 liquido, ha una capacità
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