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Quaderni di dermatologia, Anno 10, n. 2, Dicembre 2005
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CHERATINIZZAZIONE
E CORNEIFICAZIONE CUTANEA
LUCA MECHELLI, DVM - MONICA SFORNA, DVM
Università degli Studi di Perugia
Dipartimento di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni Animali ed Alimentari
06126 Perugia - Via S. Costanzo, 4
INTRODUZIONE
STRATO BASALE E MEMBRANA BASALE
L’epidermide è lo strato più esterno della cute e risulta
costituito da un epitelio pavimentoso stratificato cheratinizzato. I cheratinociti rappresentano la popolazione cellulare principale (85%), accanto alle cellule di Langerhans (3-8%), alle cellule di Merkel (2%) ed ai melanociti (5%).
I cheratinociti soggiacciono ad un complesso fenomeno differenziativo che consente alle cellule dello strato
basale, dotate di attività germinativa, di lasciare le porzioni profonde dell’epidermide per raggiungere quelle
più superficiali sotto forma di elementi cheratinizzati desquamanti. Il tempo necessario all’intero processo di maturazione cheratinocitaria è, per i cani di razza Beagle, di
circa 21 giorni. Durante questo periodo le cellule modificano totalmente gli elementi strutturali e funzionali di
cui sono costituite, per divenire dei corpi desquamanti
anucleati, interamente cheratinizzati, indicati con il termine di corneociti.
Numerosi fattori possono intervenire nel controllo di
questo processo, alcuni accentuando i fenomeni proliferativi del comparto germinativo, altri incrementando quelli
differenziativi degli strati soprabasali.
Lo strato basale rappresenta la porzione germinativa
dell’epidermide ed è costituito per circa il 50% da elementi definiti come transient amplifying cells che, dopo un
certo numero di cicli cellulari, evolvono in uno stato terminale di differenziazione (cheratinizzazione). Di forma cilindrica o cubica, con asse maggiore perpendicolare alla
membrana basale, nucleo rotondeggiante od ovalare piuttosto voluminoso e basofilia marcata, queste cellule appaiono spesso eterogenee e riferibili a tre tipologie fondamentali: cellule staminali (con cicli cellulari lenti), transient amplifying cells (con replicazioni rapide) e cellule terminali differenziate. Per delineare queste tipologie cellulari sono stati utilizzati alcuni markers cellulari tra cui le integrine, glicoproteine transmembranarie eterodimeriche
con due sub-unità di legame α e β.
Le cellule dello strato basale sono saldamente ancorate
alla membrana basale, una struttura interposta tra le cellule epidermiche e lo stroma connettivale del derma alla cui
sintesi partecipano sia i cheratinociti che i fibroblasti. La
membrana basale, oltre a rappresentare un supporto meccanico per l’epidermide, ne modula la crescita e la differenziazione, e ne regola gli scambi metabolici con il derma. Il suo spessore è di circa 40-60 nm ed è visibile al microscopio ottico mediante l’uso di particolari tecniche di
colorazione (P.A.S.). Nell’ambito di questa complessa
struttura vengono descritti un numero considerevole di
costituenti molecolari:
1. Emidesmosomi: ancorano la superficie basale delle
cellule germinative alla membrana basale; sono costituiti da una placca interna ed una esterna. La prima
contiene pectina e BPAG1; la seconda integrina α6-β4
e collagene XVII (BPAG2, BP180).
2. Lamina densa: lamina basale in senso stretto. Composizione: collagene IV; laminino - 5, 6, 10; nidogeno;
perlecano (proteoglicano eparan-solfato); altri proteoglicani (condroitin solfato, eparan solfato); figulina.
3. Filamenti intermedi: connettono la membrana nucleare e gli emidesmosomi dei cheratinociti; questi filamenti sono responsabili dell’integrità morfologica e
funzionale delle cellule basali. La struttura molecolare fondamentale è rappresentata da cheratina-5 e
cheratina-14.
BIO-MORFOLOGIA CUTANEA: EPIDERMIDE
In base alle caratteristiche morfo-funzionali, l’epidermide presenta un compartimento germinativo (strato basale), costituito da circa il 10% di cellule staminali (stem
cells) che si caratterizzano per essere elementi indifferenziati, con un ciclo cellulare lento ed un maggior tempo di sopravvivenza; in questo compartimento non è rara l’osservazione di figure mitotiche. L’Unità Proliferante Epidermica (UPE) è rappresentata da una colonna di
cellule epidermiche costituita da una base di circa 10
cellule basali.
L’altro compartimento, definito di differenziazione o post-mitotico, è costituito dallo strato spinoso, granuloso e
corneo. In alcune regioni del corpo (ad es. i cuscinetti
plantari) è presente anche un quinto strato, strato lucido,
in grado di conferire una certa capacità impermeabilizzante alla struttura epidermica.
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4. Filamenti di ancoraggio: collegano gli emidesmosomi
alle fibrille di ancoraggio attraverso la lamina lucida.
La struttura molecolare è costituita dal dominio extracellulare del collagene XVII (BPAG2, BP180).
5. Fibrille di ancoraggio: costituite da collagene di tipo
VII, che connettono la sub-lamina densa alle placche
di ancoraggio del derma sottostante.
Strutture molecolari della porzione basale
epidermica
Cheratine: la famiglia delle cheratine comprende oltre 30 diverse proteine che si associano a costituire i filamenti intermedi e alla formazione del citoscheletro
delle cellule epidermiche. Alla costituzione del citoscheletro comunque partecipano altre componenti intracitoplasmatiche quali actina (microfilamenti) e tubulina (microtubuli).
La sintesi di cheratina inizia nello strato basale e spinoso (10-15% dell’intera massa cellulare) ma, nelle cellule a fine differenziazione, può raggiungere il 70-80%.
All’interno delle cellule contribuisce alla loro forma ed
al loro ancoraggio attraverso le strutture emi- e desmosomiali.
Le cheratine dello strato basale sono rappresentate
dalla cheratina-5 (K5), basica, e dalla cheratina-14
(K14), acida; negli strati soprabasali prevalgono K1 e
K10 e, per le cellule che ancora conservano la capacità
di proliferare, K6 e 16.
Tutte le cheratine hanno una struttura lineare costituita da un arrangiamento elicoidale con segmenti amino- e carbossi-terminali, in cui si assemblano K5 e K14
per formare eterodimeri di tipo I (piccoli e acidi) e di
tipo II (larghi e basici) che costituiranno protofilamenti, protofibrille e filamenti intermedi.
Localizzazione della cheratina secondo Fitzpatrick
Tipo II
(acida)
Tipo I
(basica)
Localizzazione
K1
K10
Cheratinociti epidermici soprabasali
K1
K9
Cheratinociti soprabasali palmo-plantari (Uomo)
K2
K10
Strato granuloso epidermico
K3
K12
Cornea
K4
K13
Epiteli squamosi stratificati non cheratinizzati
K5
K14
Cheratinociti basali
K5
K15
Cellule basali di epiteli non cheratinizzati
K6a
K16
Guaina della radice esterna follicolare,
cheratinociti iperproliferanti, epitelio cavità orale
K6b
K17
Letto ungueale, mioepitelio.
K7
K8
Variamente presenti in cellule modificate
K18
Epiteli semplici
K19
Cellule staminali (bulge cells) ed epiteli semplici
K20
Cellule di Merkel
K21
Epitelio intestinale
Le cheratine sono spesso legate con ponti disolfuro con
cui acquisiscono una spiccata durezza (unghia, zoccoli e
peli) ed una maggiore capacità impermeabilizzante.
Integrine: molecole di adesione trans-membranarie che
legano l’actina del citoscheletro alle molecole della matrice
extracellulare (fibronectina, collagene e laminina). Queste
molecole giocano un ruolo fondamentale nel controllo delle varie fasi che regolano i diversi processi di proliferazione, differenziazione, apoptosi e migrazione. Nella cute, a
livello degli emidesmosomi, l’integrina α6-β4 connette i filamenti intermedi alla laminina-5, mentre le integrine α2β1, α3-β1 e α5-β1 sono presenti a livello delle giunzioni
focali non desmosomiali (in quest’ultimo caso la laminina5/6 si lega all’actina dei microfilamenti citoplasmatici).
Man mano che i cheratinociti si differenziano passando
dallo strato basale agli strati soprabasali, l’espressione delle integrine viene proporzionalmente ridotta.
Plachine: costituita da una proteina modulare che lega
fra loro gli elementi che costituiscono la rete citoscheletrica (filamenti intermedi, actina e tobulina) e le strutture di
adesione associate alla membrana, quali desmosomi ed
emidesmosomi. Membri di questa famiglia sono considerati BPAG1 (BP230), plectina, desmoplachina I, desmoplachina II, envoplachina, periplachina ed epiplachina-1.
Collagene: la famiglia del collagene comprende 21
membri che si diversificano per la loro struttura molecolare. I principali tipi che costituiscono la membrana basale
sono il collagene XVII (BP180, BPAG2), IV e VII.
Laminine: famiglia di molecole costituite da tre tipologie diverse di catene (α, β, γ). La laminina principale presente nelle strutture basali dell’epidermide è la laminina-5
(α3 β3 γ2), anche indicata come BM600, niceina, calinina
o epiligrina.
Altre famiglie molecolari che possono essere ricordate:
Nidogeno-1 e -2 (entactina), Figulina, Perlecano, Uncina
(antigene 19-DEJ-1), Ladinina, p105, antigene GDA-J/F3,
CD151, ed altri antigeni minori di membrana.
STRATO SPINOSO
Primo degli strati soprabasali in cui si osserva attivazione di geni che mediano la differenziazione terminale con
esaurimento del ciclo cellulare, espressione di nuove cheratine (K1 e K10) e, secondo alcuni autori, con attivazione
della via pro-apoptotica.
È costituito da un numero di piani cellulari variabile
(aree impelate: 2-3 piani; cuscinetti plantari, planum nasale, giunzioni mucocutanee: 20 piani), con cellule poliedriche, leggermente eosinofile e legate le une alle altre da numerosi desmosomi (aspetto “spinoso” all’osservazione microscopica). Il citoplasma appare più voluminoso di quello
delle cellule basali, il contenuto di filamenti è maggiore e
gli organuli citoplasmatici sono più numerosi. Rispetto ai
cheratinociti basali, queste cellule mostrano nel loro citoplasma nuove proteine che saranno coinvolte nella formazione dell’envelope corneificato: l’involucrina, la loricrina
e la cornifina. Si tratta di proteine che verranno polimerizzate nel corso della maturazione epidermica per l’intervento dell’enzima transglutaminasi.
All’interno del loro citoplasma si osservano inoltre
strutture ed organuli in via di organizzazione quali:
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- Corpi lamellari (cheratinosomi, “membrane coating
granules” o “corpi di Odland”): rappresentano organuli
discoidali lamellari sintetizzati negli strati spinoso e granuloso; sono costituiti non solo da lipidi ma anche da enzimi idrolitici (fosfatasi acide, sfingomielasi e glicosidasi)
in grado di trasformare queste sostanze in ulteriori composti. I prodotti lipidici terminali sono costituiti da ceramidi, colesterolo ed acidi grassi liberi. Le ceramidi derivano dai glicosfingolipidi e rappresentano il 50% dei lipidi totali; gli acidi grassi liberi derivano dai fosfolipidi e
rappresentano una quota di lipidi pari al 15% del loro
totale mentre il colesterolo ne rappresenta il 25%; altre
sostanze minori, pari al 10% circa, sono le sfingosine, gli
esteri di colesterolo, il colesterolo solfato ed i trigliceridi.
In particolare, colesterolo solfato rappresenta il lipide
estraibile di maggior rilievo nei tessuti totalmente cheratinizzati (zoccoli e peli).
Una volta estrusi nello spazio intercellulare dello strato
granuloso più superficiale, i corpi lamellari si allineano
nella porzione apicale della superficie esterna delle cellule fondendo la loro membrana con quella cellulare dei
cheratinociti. Questo evento determina il rilascio delle
sostanze contenute nei cheratinosomi e la loro stratificazione lamellare sulla superficie delle cellule in via di cheratinizzazione (complesso lamellare pericellulare). Il
complesso svolgerà un importante ruolo di barriera
idrofobica, antibatterica e di regolazione del processo di
desquamazione nello strato corneo.
Esperimenti che utilizzavano acetone per alterare la barriera lipidica hanno dimostrato una rapida risposta cutanea con ipersecrezione di corpi lamellari a cui faceva seguito un aumento di colesterolo ed acidi grassi ed un incremento dell’attività mitotica delle cellule basali.
- Granuli cheratoialini: sono contenuti nelle cellule spinose e granulose, rappresentando la sede di stoccaggio
della profillagrina, precursore inattivo della fillagrina.
STRATO GRANULOSO
È costituito da un numero variabile di piani cellulari (13), che risultano maggiormente evidenti nelle regioni con
un numero elevato di follicoli piliferi. I cheratinociti che
costituiscono questi strati assumono una forma modicamente appiattita, con asse maggiore parallelo alla superficie epidermica.
Le cellule sono caratterizzate dalla presenza di numerosi
corpi lamellari sottomembranosi e di “granuli cheratoialini
citoplasmatici”. Queste strutture vengono definite impropriamente “granuli”; in realtà il termine “granuli” definisce elementi contenenti varie tipologie di sostanze, comunque delimitati da una struttura membranosa. Nel nostro
caso, il materiale ialino che si osserva nel citoplasma delle
cellule dello strato granuloso non risponde a questa tipologia strutturale, quanto piuttosto ad un precipitato irregolare di materiale proteico; per questo motivo, meglio sarebbe indicare le microstrutture con il termine di “aggregati insolubili” costituiti da loricrina e fillagrina. Vengono
descritti due tipi di “granuli cheratoialini”: granuli F (ricchi di istidina) ed L (ricchi di glutamina). I primi sono tipicamente rilevati nello strato dei granuli, hanno forma allungata, bordi irregolari, dimensioni triple rispetto ai gra-
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nuli L e contengono profilaggrina. I granuli L contengono
loricrina, principale costituente dell’envelope corneificato,
che si dispone in stretta connessione con la membrana plasmatica della cellula.
Il ruolo principale della profillagrina e della fillagrina è
di facilitare l’organizzazione della cheratina in macrofibrille, fungendo da matrice proteica interfilamentosa temporanea. La profillagrina è una grossa fosfo-proteina ricca di
istidina legata al calcio ed è una delle ultime proteine sintetizzate dai cheratinociti in via di differenziazione terminale. Il passaggio dalla profillagrina a fillagrina rappresenta un processo di proteolisi e di fosforilazione calcio dipendente. La fillagrina è considerata una proteina associata ai filamenti intermedi (IFAP) poiché organizza questi
ultimi in strutture macromolecolari legati da ponti disolfuro. Una volta che i filamenti di cheratina sono organizzati,
la fillagrina è degradata ed alcuni dei suoi aminoacidi vengono modificati divenendo elementi fondamentali nell’omeostasi dello strato corneo.
I derivati della glutamina (acido piroglutamico) e l’acido
glutamico svolgono un ruolo fondamentale nel modulare
la presenza di acqua all’interno della superficie delle cellule cornificate mentre l’acido urocanico, derivato dall’istidina, protegge la cute dalle radiazioni attiniche.
STRATO CORNEO
Rappresenta lo strato più superficiale dell’epidermide
ed è costituito da diversi piani di cellule (corneociti) che
possono essere più o meno numerosi a seconda della regione anatomica considerata e che aderiscono reciprocamente mediante i corneodesmosomi e la matrice lipidica
intercellulare.
La transizione fra lo strato granuloso e lo strato corneo
è caratterizzata da una serie di trasformazioni che iniziano
con la lisi dei nuclei e degli organuli citoplasmatici e la costituzione dell’envelope corneificato rappresenta la tappa
finale della differenziazione cheratinocitaria verso la costituzione dei corneociti maturi.
I corneociti sono cellule anucleate, piatte, con un citoplasma occupato da un complesso fibro-amorfo costituito da filamenti di cheratina immersi in una matrice densa
e delimitato da una spessa parete detta envelope corneificato, che ha uno spessore di circa 5-20 nm. Le proteine
reclutate per la sintesi dell’envelope corneificato sono
rappresentate da: loricrina, involucrina, cheratolinina (o
cistatina A), tricoialina, sciellina, proteina di 195 kD,
CREP (Cystin - rich Envelope Protein) e SPRRs (Small
Proline-rich Proteins) quali cornifina e pancornulina. Alla
costituzione dell’envelope prenderebbero parte anche fillagrina, cheratina K10 e, grazie all’intervento della transglutaminasi, alcune proteine derivate dalla lisi di organuli cellulari ed indicate come “dust-bin”. L’envelope
corneificato, disposto lungo la porzione interna della
membrana plasmatica, fornisce al corneocita una notevole resistenza grazie alla formazione di legami covalenti
che si realizzano tra i diversi precursori molecolari per
l’azione di due diverse transglutaminasi (TGasi) e cioè, la
TGasi 1, localizzata in tutti gli strati epidermici e soprattutto in quello granuloso e la TGasi 3, localizzata nello
strato granuloso e sintetizzata in forma proenzimatica.
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FIGURA 1 - Cellule presenti nell’epidermide.
FIGURA 3 - Schema delle strutture molecolari giunzionali epidermiche.
FIGURA 2 - Mitosi presenti a livello basale epidermico.
Per l’attivazione di questi enzimi (in particolare per la
TGasi 3) è indispensabile la presenza di ioni calcio al cui
incremento intracellulare, verosimilmente riconducibile
ad un aumento della permeabilità membranaria, corrisponde un aumento della formazione di ponti ε− (γ−glutamil) - lisina.
L’esterificazione di proteine con i lipidi della porzione
esterna dell’envelope viene a rafforzare la funzione di
barriera svolta dagli strati più superficiali dell’epidermide. In questa sede si determinano una serie di rimodellamenti cellulari fondamentali: la membrana cellulare diviene più permeabile agli ioni, in particolare Ca++, con la
trasformazione della profillagrina in fillagrina, l’eliminazione dei granuli cheratoialini e l’attivazione dell’enzima
transglutaminasi. Le acromolecole di cheratina si allineano parallelamente alla membrana plasmatica e le transglutaminasi ne costituiscono ponti proteici all’interno,
andando così a formare l’envelope corneificato. Negli
strati più profondi, la fillagrina aggrega i filamenti di cheratina in macrofibrille mentre, in quelli più superficiali,
la fillagrina viene degradata e trasformata in aminoacidi
liberi, i quali subiranno l’ultima modificazione in acido
urocanico e acido pirrolidone carbossilico.
FIGURA 4 - Strato spinoso osservato tramite microscopio elettronico
(ME) a trasmissione.
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FIGURA 5 - Filamenti intermedi osservati nel citoplasma di un cheratinocita dello strato spinoso tramite ME.
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FIGURA 7 - Aggregati cheratoialini nello strato granuloso contenenti fillagrina e loricrina.
FIGURA 6 - Conversione della profillagrina in fillagrina e ac. Pirrolidone
carbossilico PCA.
In questo modo, lo strato corneo (SC) costituisce una
barriera selettivamente permeabile regolando il flusso
d’acqua verso l’interno e verso l’esterno dell’organismo. Il
grado d’idratazione dell’epidermide rappresenta uno degli
elementi chiave per lo svolgimento della funzione di barriera. L’acqua, eliminata in superficie dall’organismo, è utilizzata per idratare gli strati esterni dello SC al fine di fornire flessibilità al tessuto e per facilitare le reazioni enzimatiche che ne regolano la maturazione.
Lo SC ha una struttura eterogenea costituita fondamentalmente da due componenti distinte, i corneociti,
che rappresentano la parte povera di lipidi, e la matrice
extracellulare che invece ne è particolarmente ricca. All’interno degli spazi intercellulari, i lipidi si organizzano
in un doppio strato lamellare che circonda i corneociti e
intrappola l’acqua a livello delle regioni idrofile, costituendo così una barriera impermeabile al passaggio dell’acqua. Tali lipidi derivano dalla degradazione delle cellule dello strato granuloso e vengono rilasciati nello spazio extracellulare dai corpi lamellari.
La capacità di trattenere acqua dello SC dipende da
numerosi fattori, in particolare è strettamente correlata
alle caratteristiche fenotipiche dei corneociti, all’arrangiamento e alla disposizione che questi assumono nel
comparto epidermico, alla composizione e alla struttura
FIGURA 8 - Schema riassuntivo delle varie tipologie di cheratine presenti negli strati epidermici.
dei lipidi della matrice extracellulare e alla presenza di
composti altamente igroscopici che si rinvengono all’interno di queste cellule; inoltre, alle caratteristiche sopra
descritte, si aggiunge l’influenza che può avere l’umidità
ambientale.
Uno dei fattori più importanti nel mantenimento di
un livello adeguato d’umidità dello SC è la presenza dei
corpi lamellari intercellulari i quali formano una barriera
al passaggio di acqua nel tessuto. La tortuosità e la lunghezza delle varie porzioni dello SC hanno un’importante azione nel limitare l’ingresso e prevenire la dispersione d’acqua dalla cute. È stato dimostrato, attraverso studi di microscopia elettronica a crio-scansione, un diverso grado d’idratazione ai vari livelli dello SC a motivo di
una diversa capacità dei corneociti, rispetto alla loro sede, di trattenere l’acqua. Questa funzione è svolta soprattutto dal fattore di idratazione naturale (NMF-Natural Moisturing Factor) presente esclusivamente nello SC
ed è rappresentato da una miscela di sostanze idrofile
derivate dalla fillagrina, a basso peso molecolare, che
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FIGURA 9 - Cuscinetto plantare di cane caratterizzato da uno strato corneo rilevante.
FIGURA 12 - Funzioni dello strato corneo.
Film idrolipidico
FIGURA 10 - Cute di bovino con ipercheratosi ortocheratotica diffusa.
Corneociti
Proteine
Lipidi gh. sebacee
Lipidi epidermici
FIGURA 13 - Rappresentazione schematica della produzione del film
idrolipidico di superficie.
FIGURA 11 - Epidermide di cane con ipercheratosi ortocheratosica.
rappresentano oltre il 20-30% del peso secco dello SC.
Il meccanismo della degradazione della fillagrina non è
ancora del tutto chiarito ma è stato dimostrato che lo
stimolo iniziale deriva proprio dal gradiente di concentrazione dell’acqua all’interno dello SC. Altre sostanze
costituiscono il NMF e possono essere, diversamente
dalle precedenti, a localizzazione extracellulare: glucidi,
acido jaluronico, urea e lattato. L’umidità esterna, inol-
tre, è in grado di modificare la permeabilità dello strato
corneo; elevati livelli di umidità (umidità relativa >
85%) diminuiscono enormemente le capacità della barriera cutanea mentre livelli molto bassi (umidità relativa
< 20%) ne incrementano la funzionalità.
In condizioni di basso grado d’idratazione cutanea
(15-25%), i corneociti non appaiono aumentati di volume ed il contenuto di acqua al loro interno non è rilevabile poiché, in tale condizione, nello strato corneo non è
presente acqua libera ma solo legata; con livelli di idratazione superiori (55-85%) si assiste invece ad un aumento di volume di quei corneociti localizzati nelle regioni centrali dello SC, sebbene l’acqua evidenziabile sia
presente solo negli spazi extracellulari, condizione questa in perfetto accordo con la localizzazione del fattore
di idratazione naturale. Con livelli ancora superiori di
idratazione (> 300%), nello spazio extracellulare è possibile riscontrare acqua associata ad un notevole aumen-
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FIGURA 14 - Film idrolipidico di superficie evidenziato in un campione
bioptico non fissato.
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to di volume dei corneociti e soltanto le porzioni più
profonde dello SC non mostrano modificazioni, indicando che in queste zone non vi è acqua libera. Molto probabilmente questo sistema strutturale corneocitario rappresenta un mezzo efficace in grado di limitare enormemente un’eccessiva perdita di acqua dagli strati attivi
dell’epidermide. Il contenuto d’acqua dello SC regola,
inoltre, il processo di desquamazione; l’azione di idrolasi
specifiche che degradano i complessi glicoproteici dei
corneodesmosomi viene attivata ed incrementata con un
buon livello di idratazione, facilitando il distacco delle
cellule dalla superficie cutanea.
Anche il pH dello SC varia in relazione alle condizioni
di umidità dell’ambiente esterno risultando più elevato in
un ambiente molto umido. Le variazioni di pH sono importanti ed influenzano i processi riparativi di questa porzione dell’epidermide che avvengono normalmente a valori di pH acidi, mentre la tendenza alla neutralità ritarda la
riparazione in conseguenza di una minore secrezione di
nuove molecole lipidiche. Inoltre, in conseguenza di un
aumento del pH si può osservare un incremento della corneodesmolisi, a cui si associa spesso una irregolarità nella
coesione dei corneociti.
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