Quaderni dermatologia 2-2005 7-02-2006 15:51 Pagina 7 Quaderni di dermatologia, Anno 10, n. 2, Dicembre 2005 7 CHERATINIZZAZIONE E CORNEIFICAZIONE CUTANEA LUCA MECHELLI, DVM - MONICA SFORNA, DVM Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni Animali ed Alimentari 06126 Perugia - Via S. Costanzo, 4 INTRODUZIONE STRATO BASALE E MEMBRANA BASALE L’epidermide è lo strato più esterno della cute e risulta costituito da un epitelio pavimentoso stratificato cheratinizzato. I cheratinociti rappresentano la popolazione cellulare principale (85%), accanto alle cellule di Langerhans (3-8%), alle cellule di Merkel (2%) ed ai melanociti (5%). I cheratinociti soggiacciono ad un complesso fenomeno differenziativo che consente alle cellule dello strato basale, dotate di attività germinativa, di lasciare le porzioni profonde dell’epidermide per raggiungere quelle più superficiali sotto forma di elementi cheratinizzati desquamanti. Il tempo necessario all’intero processo di maturazione cheratinocitaria è, per i cani di razza Beagle, di circa 21 giorni. Durante questo periodo le cellule modificano totalmente gli elementi strutturali e funzionali di cui sono costituite, per divenire dei corpi desquamanti anucleati, interamente cheratinizzati, indicati con il termine di corneociti. Numerosi fattori possono intervenire nel controllo di questo processo, alcuni accentuando i fenomeni proliferativi del comparto germinativo, altri incrementando quelli differenziativi degli strati soprabasali. Lo strato basale rappresenta la porzione germinativa dell’epidermide ed è costituito per circa il 50% da elementi definiti come transient amplifying cells che, dopo un certo numero di cicli cellulari, evolvono in uno stato terminale di differenziazione (cheratinizzazione). Di forma cilindrica o cubica, con asse maggiore perpendicolare alla membrana basale, nucleo rotondeggiante od ovalare piuttosto voluminoso e basofilia marcata, queste cellule appaiono spesso eterogenee e riferibili a tre tipologie fondamentali: cellule staminali (con cicli cellulari lenti), transient amplifying cells (con replicazioni rapide) e cellule terminali differenziate. Per delineare queste tipologie cellulari sono stati utilizzati alcuni markers cellulari tra cui le integrine, glicoproteine transmembranarie eterodimeriche con due sub-unità di legame α e β. Le cellule dello strato basale sono saldamente ancorate alla membrana basale, una struttura interposta tra le cellule epidermiche e lo stroma connettivale del derma alla cui sintesi partecipano sia i cheratinociti che i fibroblasti. La membrana basale, oltre a rappresentare un supporto meccanico per l’epidermide, ne modula la crescita e la differenziazione, e ne regola gli scambi metabolici con il derma. Il suo spessore è di circa 40-60 nm ed è visibile al microscopio ottico mediante l’uso di particolari tecniche di colorazione (P.A.S.). Nell’ambito di questa complessa struttura vengono descritti un numero considerevole di costituenti molecolari: 1. Emidesmosomi: ancorano la superficie basale delle cellule germinative alla membrana basale; sono costituiti da una placca interna ed una esterna. La prima contiene pectina e BPAG1; la seconda integrina α6-β4 e collagene XVII (BPAG2, BP180). 2. Lamina densa: lamina basale in senso stretto. Composizione: collagene IV; laminino - 5, 6, 10; nidogeno; perlecano (proteoglicano eparan-solfato); altri proteoglicani (condroitin solfato, eparan solfato); figulina. 3. Filamenti intermedi: connettono la membrana nucleare e gli emidesmosomi dei cheratinociti; questi filamenti sono responsabili dell’integrità morfologica e funzionale delle cellule basali. La struttura molecolare fondamentale è rappresentata da cheratina-5 e cheratina-14. BIO-MORFOLOGIA CUTANEA: EPIDERMIDE In base alle caratteristiche morfo-funzionali, l’epidermide presenta un compartimento germinativo (strato basale), costituito da circa il 10% di cellule staminali (stem cells) che si caratterizzano per essere elementi indifferenziati, con un ciclo cellulare lento ed un maggior tempo di sopravvivenza; in questo compartimento non è rara l’osservazione di figure mitotiche. L’Unità Proliferante Epidermica (UPE) è rappresentata da una colonna di cellule epidermiche costituita da una base di circa 10 cellule basali. L’altro compartimento, definito di differenziazione o post-mitotico, è costituito dallo strato spinoso, granuloso e corneo. In alcune regioni del corpo (ad es. i cuscinetti plantari) è presente anche un quinto strato, strato lucido, in grado di conferire una certa capacità impermeabilizzante alla struttura epidermica. Quaderni dermatologia 2-2005 8 7-02-2006 15:51 Pagina 8 Luca Mechelli, Monica Sforna 4. Filamenti di ancoraggio: collegano gli emidesmosomi alle fibrille di ancoraggio attraverso la lamina lucida. La struttura molecolare è costituita dal dominio extracellulare del collagene XVII (BPAG2, BP180). 5. Fibrille di ancoraggio: costituite da collagene di tipo VII, che connettono la sub-lamina densa alle placche di ancoraggio del derma sottostante. Strutture molecolari della porzione basale epidermica Cheratine: la famiglia delle cheratine comprende oltre 30 diverse proteine che si associano a costituire i filamenti intermedi e alla formazione del citoscheletro delle cellule epidermiche. Alla costituzione del citoscheletro comunque partecipano altre componenti intracitoplasmatiche quali actina (microfilamenti) e tubulina (microtubuli). La sintesi di cheratina inizia nello strato basale e spinoso (10-15% dell’intera massa cellulare) ma, nelle cellule a fine differenziazione, può raggiungere il 70-80%. All’interno delle cellule contribuisce alla loro forma ed al loro ancoraggio attraverso le strutture emi- e desmosomiali. Le cheratine dello strato basale sono rappresentate dalla cheratina-5 (K5), basica, e dalla cheratina-14 (K14), acida; negli strati soprabasali prevalgono K1 e K10 e, per le cellule che ancora conservano la capacità di proliferare, K6 e 16. Tutte le cheratine hanno una struttura lineare costituita da un arrangiamento elicoidale con segmenti amino- e carbossi-terminali, in cui si assemblano K5 e K14 per formare eterodimeri di tipo I (piccoli e acidi) e di tipo II (larghi e basici) che costituiranno protofilamenti, protofibrille e filamenti intermedi. Localizzazione della cheratina secondo Fitzpatrick Tipo II (acida) Tipo I (basica) Localizzazione K1 K10 Cheratinociti epidermici soprabasali K1 K9 Cheratinociti soprabasali palmo-plantari (Uomo) K2 K10 Strato granuloso epidermico K3 K12 Cornea K4 K13 Epiteli squamosi stratificati non cheratinizzati K5 K14 Cheratinociti basali K5 K15 Cellule basali di epiteli non cheratinizzati K6a K16 Guaina della radice esterna follicolare, cheratinociti iperproliferanti, epitelio cavità orale K6b K17 Letto ungueale, mioepitelio. K7 K8 Variamente presenti in cellule modificate K18 Epiteli semplici K19 Cellule staminali (bulge cells) ed epiteli semplici K20 Cellule di Merkel K21 Epitelio intestinale Le cheratine sono spesso legate con ponti disolfuro con cui acquisiscono una spiccata durezza (unghia, zoccoli e peli) ed una maggiore capacità impermeabilizzante. Integrine: molecole di adesione trans-membranarie che legano l’actina del citoscheletro alle molecole della matrice extracellulare (fibronectina, collagene e laminina). Queste molecole giocano un ruolo fondamentale nel controllo delle varie fasi che regolano i diversi processi di proliferazione, differenziazione, apoptosi e migrazione. Nella cute, a livello degli emidesmosomi, l’integrina α6-β4 connette i filamenti intermedi alla laminina-5, mentre le integrine α2β1, α3-β1 e α5-β1 sono presenti a livello delle giunzioni focali non desmosomiali (in quest’ultimo caso la laminina5/6 si lega all’actina dei microfilamenti citoplasmatici). Man mano che i cheratinociti si differenziano passando dallo strato basale agli strati soprabasali, l’espressione delle integrine viene proporzionalmente ridotta. Plachine: costituita da una proteina modulare che lega fra loro gli elementi che costituiscono la rete citoscheletrica (filamenti intermedi, actina e tobulina) e le strutture di adesione associate alla membrana, quali desmosomi ed emidesmosomi. Membri di questa famiglia sono considerati BPAG1 (BP230), plectina, desmoplachina I, desmoplachina II, envoplachina, periplachina ed epiplachina-1. Collagene: la famiglia del collagene comprende 21 membri che si diversificano per la loro struttura molecolare. I principali tipi che costituiscono la membrana basale sono il collagene XVII (BP180, BPAG2), IV e VII. Laminine: famiglia di molecole costituite da tre tipologie diverse di catene (α, β, γ). La laminina principale presente nelle strutture basali dell’epidermide è la laminina-5 (α3 β3 γ2), anche indicata come BM600, niceina, calinina o epiligrina. Altre famiglie molecolari che possono essere ricordate: Nidogeno-1 e -2 (entactina), Figulina, Perlecano, Uncina (antigene 19-DEJ-1), Ladinina, p105, antigene GDA-J/F3, CD151, ed altri antigeni minori di membrana. STRATO SPINOSO Primo degli strati soprabasali in cui si osserva attivazione di geni che mediano la differenziazione terminale con esaurimento del ciclo cellulare, espressione di nuove cheratine (K1 e K10) e, secondo alcuni autori, con attivazione della via pro-apoptotica. È costituito da un numero di piani cellulari variabile (aree impelate: 2-3 piani; cuscinetti plantari, planum nasale, giunzioni mucocutanee: 20 piani), con cellule poliedriche, leggermente eosinofile e legate le une alle altre da numerosi desmosomi (aspetto “spinoso” all’osservazione microscopica). Il citoplasma appare più voluminoso di quello delle cellule basali, il contenuto di filamenti è maggiore e gli organuli citoplasmatici sono più numerosi. Rispetto ai cheratinociti basali, queste cellule mostrano nel loro citoplasma nuove proteine che saranno coinvolte nella formazione dell’envelope corneificato: l’involucrina, la loricrina e la cornifina. Si tratta di proteine che verranno polimerizzate nel corso della maturazione epidermica per l’intervento dell’enzima transglutaminasi. All’interno del loro citoplasma si osservano inoltre strutture ed organuli in via di organizzazione quali: Quaderni dermatologia 2-2005 7-02-2006 15:51 Pagina 9 Quaderni di dermatologia, Anno 10, n. 2, Dicembre 2005 - Corpi lamellari (cheratinosomi, “membrane coating granules” o “corpi di Odland”): rappresentano organuli discoidali lamellari sintetizzati negli strati spinoso e granuloso; sono costituiti non solo da lipidi ma anche da enzimi idrolitici (fosfatasi acide, sfingomielasi e glicosidasi) in grado di trasformare queste sostanze in ulteriori composti. I prodotti lipidici terminali sono costituiti da ceramidi, colesterolo ed acidi grassi liberi. Le ceramidi derivano dai glicosfingolipidi e rappresentano il 50% dei lipidi totali; gli acidi grassi liberi derivano dai fosfolipidi e rappresentano una quota di lipidi pari al 15% del loro totale mentre il colesterolo ne rappresenta il 25%; altre sostanze minori, pari al 10% circa, sono le sfingosine, gli esteri di colesterolo, il colesterolo solfato ed i trigliceridi. In particolare, colesterolo solfato rappresenta il lipide estraibile di maggior rilievo nei tessuti totalmente cheratinizzati (zoccoli e peli). Una volta estrusi nello spazio intercellulare dello strato granuloso più superficiale, i corpi lamellari si allineano nella porzione apicale della superficie esterna delle cellule fondendo la loro membrana con quella cellulare dei cheratinociti. Questo evento determina il rilascio delle sostanze contenute nei cheratinosomi e la loro stratificazione lamellare sulla superficie delle cellule in via di cheratinizzazione (complesso lamellare pericellulare). Il complesso svolgerà un importante ruolo di barriera idrofobica, antibatterica e di regolazione del processo di desquamazione nello strato corneo. Esperimenti che utilizzavano acetone per alterare la barriera lipidica hanno dimostrato una rapida risposta cutanea con ipersecrezione di corpi lamellari a cui faceva seguito un aumento di colesterolo ed acidi grassi ed un incremento dell’attività mitotica delle cellule basali. - Granuli cheratoialini: sono contenuti nelle cellule spinose e granulose, rappresentando la sede di stoccaggio della profillagrina, precursore inattivo della fillagrina. STRATO GRANULOSO È costituito da un numero variabile di piani cellulari (13), che risultano maggiormente evidenti nelle regioni con un numero elevato di follicoli piliferi. I cheratinociti che costituiscono questi strati assumono una forma modicamente appiattita, con asse maggiore parallelo alla superficie epidermica. Le cellule sono caratterizzate dalla presenza di numerosi corpi lamellari sottomembranosi e di “granuli cheratoialini citoplasmatici”. Queste strutture vengono definite impropriamente “granuli”; in realtà il termine “granuli” definisce elementi contenenti varie tipologie di sostanze, comunque delimitati da una struttura membranosa. Nel nostro caso, il materiale ialino che si osserva nel citoplasma delle cellule dello strato granuloso non risponde a questa tipologia strutturale, quanto piuttosto ad un precipitato irregolare di materiale proteico; per questo motivo, meglio sarebbe indicare le microstrutture con il termine di “aggregati insolubili” costituiti da loricrina e fillagrina. Vengono descritti due tipi di “granuli cheratoialini”: granuli F (ricchi di istidina) ed L (ricchi di glutamina). I primi sono tipicamente rilevati nello strato dei granuli, hanno forma allungata, bordi irregolari, dimensioni triple rispetto ai gra- 9 nuli L e contengono profilaggrina. I granuli L contengono loricrina, principale costituente dell’envelope corneificato, che si dispone in stretta connessione con la membrana plasmatica della cellula. Il ruolo principale della profillagrina e della fillagrina è di facilitare l’organizzazione della cheratina in macrofibrille, fungendo da matrice proteica interfilamentosa temporanea. La profillagrina è una grossa fosfo-proteina ricca di istidina legata al calcio ed è una delle ultime proteine sintetizzate dai cheratinociti in via di differenziazione terminale. Il passaggio dalla profillagrina a fillagrina rappresenta un processo di proteolisi e di fosforilazione calcio dipendente. La fillagrina è considerata una proteina associata ai filamenti intermedi (IFAP) poiché organizza questi ultimi in strutture macromolecolari legati da ponti disolfuro. Una volta che i filamenti di cheratina sono organizzati, la fillagrina è degradata ed alcuni dei suoi aminoacidi vengono modificati divenendo elementi fondamentali nell’omeostasi dello strato corneo. I derivati della glutamina (acido piroglutamico) e l’acido glutamico svolgono un ruolo fondamentale nel modulare la presenza di acqua all’interno della superficie delle cellule cornificate mentre l’acido urocanico, derivato dall’istidina, protegge la cute dalle radiazioni attiniche. STRATO CORNEO Rappresenta lo strato più superficiale dell’epidermide ed è costituito da diversi piani di cellule (corneociti) che possono essere più o meno numerosi a seconda della regione anatomica considerata e che aderiscono reciprocamente mediante i corneodesmosomi e la matrice lipidica intercellulare. La transizione fra lo strato granuloso e lo strato corneo è caratterizzata da una serie di trasformazioni che iniziano con la lisi dei nuclei e degli organuli citoplasmatici e la costituzione dell’envelope corneificato rappresenta la tappa finale della differenziazione cheratinocitaria verso la costituzione dei corneociti maturi. I corneociti sono cellule anucleate, piatte, con un citoplasma occupato da un complesso fibro-amorfo costituito da filamenti di cheratina immersi in una matrice densa e delimitato da una spessa parete detta envelope corneificato, che ha uno spessore di circa 5-20 nm. Le proteine reclutate per la sintesi dell’envelope corneificato sono rappresentate da: loricrina, involucrina, cheratolinina (o cistatina A), tricoialina, sciellina, proteina di 195 kD, CREP (Cystin - rich Envelope Protein) e SPRRs (Small Proline-rich Proteins) quali cornifina e pancornulina. Alla costituzione dell’envelope prenderebbero parte anche fillagrina, cheratina K10 e, grazie all’intervento della transglutaminasi, alcune proteine derivate dalla lisi di organuli cellulari ed indicate come “dust-bin”. L’envelope corneificato, disposto lungo la porzione interna della membrana plasmatica, fornisce al corneocita una notevole resistenza grazie alla formazione di legami covalenti che si realizzano tra i diversi precursori molecolari per l’azione di due diverse transglutaminasi (TGasi) e cioè, la TGasi 1, localizzata in tutti gli strati epidermici e soprattutto in quello granuloso e la TGasi 3, localizzata nello strato granuloso e sintetizzata in forma proenzimatica. Quaderni dermatologia 2-2005 10 7-02-2006 15:51 Pagina 10 Luca Mechelli, Monica Sforna FIGURA 1 - Cellule presenti nell’epidermide. FIGURA 3 - Schema delle strutture molecolari giunzionali epidermiche. FIGURA 2 - Mitosi presenti a livello basale epidermico. Per l’attivazione di questi enzimi (in particolare per la TGasi 3) è indispensabile la presenza di ioni calcio al cui incremento intracellulare, verosimilmente riconducibile ad un aumento della permeabilità membranaria, corrisponde un aumento della formazione di ponti ε− (γ−glutamil) - lisina. L’esterificazione di proteine con i lipidi della porzione esterna dell’envelope viene a rafforzare la funzione di barriera svolta dagli strati più superficiali dell’epidermide. In questa sede si determinano una serie di rimodellamenti cellulari fondamentali: la membrana cellulare diviene più permeabile agli ioni, in particolare Ca++, con la trasformazione della profillagrina in fillagrina, l’eliminazione dei granuli cheratoialini e l’attivazione dell’enzima transglutaminasi. Le acromolecole di cheratina si allineano parallelamente alla membrana plasmatica e le transglutaminasi ne costituiscono ponti proteici all’interno, andando così a formare l’envelope corneificato. Negli strati più profondi, la fillagrina aggrega i filamenti di cheratina in macrofibrille mentre, in quelli più superficiali, la fillagrina viene degradata e trasformata in aminoacidi liberi, i quali subiranno l’ultima modificazione in acido urocanico e acido pirrolidone carbossilico. FIGURA 4 - Strato spinoso osservato tramite microscopio elettronico (ME) a trasmissione. Quaderni dermatologia 2-2005 7-02-2006 15:51 Pagina 11 Quaderni di dermatologia, Anno 10, n. 2, Dicembre 2005 FIGURA 5 - Filamenti intermedi osservati nel citoplasma di un cheratinocita dello strato spinoso tramite ME. 11 FIGURA 7 - Aggregati cheratoialini nello strato granuloso contenenti fillagrina e loricrina. FIGURA 6 - Conversione della profillagrina in fillagrina e ac. Pirrolidone carbossilico PCA. In questo modo, lo strato corneo (SC) costituisce una barriera selettivamente permeabile regolando il flusso d’acqua verso l’interno e verso l’esterno dell’organismo. Il grado d’idratazione dell’epidermide rappresenta uno degli elementi chiave per lo svolgimento della funzione di barriera. L’acqua, eliminata in superficie dall’organismo, è utilizzata per idratare gli strati esterni dello SC al fine di fornire flessibilità al tessuto e per facilitare le reazioni enzimatiche che ne regolano la maturazione. Lo SC ha una struttura eterogenea costituita fondamentalmente da due componenti distinte, i corneociti, che rappresentano la parte povera di lipidi, e la matrice extracellulare che invece ne è particolarmente ricca. All’interno degli spazi intercellulari, i lipidi si organizzano in un doppio strato lamellare che circonda i corneociti e intrappola l’acqua a livello delle regioni idrofile, costituendo così una barriera impermeabile al passaggio dell’acqua. Tali lipidi derivano dalla degradazione delle cellule dello strato granuloso e vengono rilasciati nello spazio extracellulare dai corpi lamellari. La capacità di trattenere acqua dello SC dipende da numerosi fattori, in particolare è strettamente correlata alle caratteristiche fenotipiche dei corneociti, all’arrangiamento e alla disposizione che questi assumono nel comparto epidermico, alla composizione e alla struttura FIGURA 8 - Schema riassuntivo delle varie tipologie di cheratine presenti negli strati epidermici. dei lipidi della matrice extracellulare e alla presenza di composti altamente igroscopici che si rinvengono all’interno di queste cellule; inoltre, alle caratteristiche sopra descritte, si aggiunge l’influenza che può avere l’umidità ambientale. Uno dei fattori più importanti nel mantenimento di un livello adeguato d’umidità dello SC è la presenza dei corpi lamellari intercellulari i quali formano una barriera al passaggio di acqua nel tessuto. La tortuosità e la lunghezza delle varie porzioni dello SC hanno un’importante azione nel limitare l’ingresso e prevenire la dispersione d’acqua dalla cute. È stato dimostrato, attraverso studi di microscopia elettronica a crio-scansione, un diverso grado d’idratazione ai vari livelli dello SC a motivo di una diversa capacità dei corneociti, rispetto alla loro sede, di trattenere l’acqua. Questa funzione è svolta soprattutto dal fattore di idratazione naturale (NMF-Natural Moisturing Factor) presente esclusivamente nello SC ed è rappresentato da una miscela di sostanze idrofile derivate dalla fillagrina, a basso peso molecolare, che Quaderni dermatologia 2-2005 12 7-02-2006 15:51 Pagina 12 Luca Mechelli, Monica Sforna FIGURA 9 - Cuscinetto plantare di cane caratterizzato da uno strato corneo rilevante. FIGURA 12 - Funzioni dello strato corneo. Film idrolipidico FIGURA 10 - Cute di bovino con ipercheratosi ortocheratotica diffusa. Corneociti Proteine Lipidi gh. sebacee Lipidi epidermici FIGURA 13 - Rappresentazione schematica della produzione del film idrolipidico di superficie. FIGURA 11 - Epidermide di cane con ipercheratosi ortocheratosica. rappresentano oltre il 20-30% del peso secco dello SC. Il meccanismo della degradazione della fillagrina non è ancora del tutto chiarito ma è stato dimostrato che lo stimolo iniziale deriva proprio dal gradiente di concentrazione dell’acqua all’interno dello SC. Altre sostanze costituiscono il NMF e possono essere, diversamente dalle precedenti, a localizzazione extracellulare: glucidi, acido jaluronico, urea e lattato. L’umidità esterna, inol- tre, è in grado di modificare la permeabilità dello strato corneo; elevati livelli di umidità (umidità relativa > 85%) diminuiscono enormemente le capacità della barriera cutanea mentre livelli molto bassi (umidità relativa < 20%) ne incrementano la funzionalità. In condizioni di basso grado d’idratazione cutanea (15-25%), i corneociti non appaiono aumentati di volume ed il contenuto di acqua al loro interno non è rilevabile poiché, in tale condizione, nello strato corneo non è presente acqua libera ma solo legata; con livelli di idratazione superiori (55-85%) si assiste invece ad un aumento di volume di quei corneociti localizzati nelle regioni centrali dello SC, sebbene l’acqua evidenziabile sia presente solo negli spazi extracellulari, condizione questa in perfetto accordo con la localizzazione del fattore di idratazione naturale. Con livelli ancora superiori di idratazione (> 300%), nello spazio extracellulare è possibile riscontrare acqua associata ad un notevole aumen- Quaderni dermatologia 2-2005 7-02-2006 15:51 Pagina 13 Quaderni di dermatologia, Anno 10, n. 2, Dicembre 2005 13 Bibliografia consultata 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. FIGURA 14 - Film idrolipidico di superficie evidenziato in un campione bioptico non fissato. 18. 19. to di volume dei corneociti e soltanto le porzioni più profonde dello SC non mostrano modificazioni, indicando che in queste zone non vi è acqua libera. Molto probabilmente questo sistema strutturale corneocitario rappresenta un mezzo efficace in grado di limitare enormemente un’eccessiva perdita di acqua dagli strati attivi dell’epidermide. Il contenuto d’acqua dello SC regola, inoltre, il processo di desquamazione; l’azione di idrolasi specifiche che degradano i complessi glicoproteici dei corneodesmosomi viene attivata ed incrementata con un buon livello di idratazione, facilitando il distacco delle cellule dalla superficie cutanea. Anche il pH dello SC varia in relazione alle condizioni di umidità dell’ambiente esterno risultando più elevato in un ambiente molto umido. Le variazioni di pH sono importanti ed influenzano i processi riparativi di questa porzione dell’epidermide che avvengono normalmente a valori di pH acidi, mentre la tendenza alla neutralità ritarda la riparazione in conseguenza di una minore secrezione di nuove molecole lipidiche. Inoltre, in conseguenza di un aumento del pH si può osservare un incremento della corneodesmolisi, a cui si associa spesso una irregolarità nella coesione dei corneociti. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. C Griffin - Diseases of keratinization - Part 1. In: Acts of the 1st course in Dermatology of the European School for Advanced Veterinary Studies. Luxembourg, 6-18 Aprile, 1992. P.M. Elias et al. Desmoglein isoform distribution affectes stratum corneum structure and function. J Cell Biol 153 (2) 243; 2001. A Grone - Up-regulation of cytokeratin expression in canine distemper virus-infected canine footpad epidermis. Vet Derm 15 (3):168; 2004. 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