PREMESSA Penso che tutti gli appartenenti alla Società di Cultura Metodologica-Operativa convengano sul fatto che l’attività della mente si realizzi attraverso un processo che coinvolge l’attenzione. Questa è stata la più importante “intuizione” di Silvio Ceccato e partendo da essa Vaccarino ha costruito il suo sistema. Vaccarino, però, nell’ipotizzare i meccanismi di base dell’operare attenzionale ha tenuto in poco conto le scoperte che gli studiosi avevano fatto e continuavano a fare nel campo delle neuroscienze. Queste ricerche avrebbero dovuto essere un campo per verificare le proprie ipotesi. Quando ho cominciato (più di dieci anni fa) a studiare neuroscienze cercavo una conferma al sistema di Vaccarino. Col tempo mi sono convinto che il modo di funzionare della mente doveva essere diverso. A portarmi a questa convinzione sono stati soprattutto lo spazio ed il tempo. Per Vaccarino si tratta di categorie come le altre; per il cervello non è così. Tutti i neuroni dai recettori periferici alle aree primarie sono organizzati spazialmente e temporalmente. Il cervello conferma l’ipotesi di Kant che vedeva nello spazio e nel tempo delle “appercezioni pure” Vaccarino, inoltre, nel suo sistema tiene in pochissimo conto il movimento. Eppure, per poterci muovere nell’ambiente esterno, è necessario che il cervello costruisca in tempo reale una mappa del nostro corpo, nonché dell’ambiente esterno. Queste mappe devono potersi modificare istante dopo istante, altrimenti non si capirebbe come facciamo ad afferrare una pallina al volo. Se ciò è vero, se quindi la mente dispone di queste mappe spaziali, temporali e spazio/temporali perché non dovrebbe utilizzarle per la costruzione di categorie come “sopra”, “sotto”, “vicino”, “lontano”, …? Partendo da questa consapevolezza e da alcune basilari funzioni attenzionali quali “tenere insieme” “percorrere una mappa”, “selezionare”, “scartare” ed: “effettuare riferimenti” (la più usata) ho elaborato un’ipotesi alternativa a quella di Vaccarino. Per semplificare il discorso, analizzando le diverse aree funzionali dell’encefalo, ho omesso quelle subcorticali ed il cervelletto, fondamentali per il movimento. I riferimenti riguarderanno, quindi, soprattutto, la corteccia cerebrale. MAPPE, CONCETTI E CORRELAZIONI FUNZIONI ATTENZIONALE, PREATTENZINALE E POSTATTENZIONALE Tutte le attività mentali riguardanti le varie modalità e submodalità percettive e mnestiche si realizzano per mezzo di specifici circuiti. Ciascun circuito è costituito da aree corticali e subcorticali. Inoltre tutti i circuiti funzionano in modo analogo La percezione visiva e i processi mnestici ad essa legata, per esempio, sono ripartiti in circuiti che concernono diverse submodalità. Per la percezione ed il ricordo di oggetti fermi la mente utilizza un circuito diverso rispetto alla percezione ed al ricordo di oggetti in moto. Anche la visione dei colori avviene tramite un apposito circuito che agisce indipendentemente dagli altri. Ogni circuito svolge due fondamentali funzioni: funzione inattenzionale (preattenzionale e postattenzionale) e funzione attenzionale La funzione attenzionale avviene attraverso un’attività mentale consapevole; la funzione preattenzionale e quella postattenzionale avvengono tramite meccanismi automatici. La funzione attenzionale e preattenzionale Per capire come la mente espleta la funzione attenzionale e quella preattenzionale, partiamo da un esempio. Supponiamo di avere uno scanner e di voler effettuare la scansione di alcune figure della pagina di un libro. Per fare ciò mettiamo sul vetro dello scanner la pagina in oggetto e selezioniamo la prima figura, quindi effettuiamo la scansione. Analogamente facciamo con la seconda figura. Le due immagini scannerizzate sono quindi inserite nella memoria del computer e possono essere “associate” ad una pagina scritta o ad altri “oggetti” già memorizzati. Ebbene, la funzione attenzionale è simile all’attività che svolgiamo quando effettuiamo la scansione di un “oggetto” e associamo questo “oggetto” con un altro. La funzione preattenzionale consiste nella preparazione, tramite automatismi, di materiale da scansionare. Durante la fase preattenzionale la mente costruisce le pagine del libro con immagini, suoni, su cui effettuare la scansione prima e l’associazione e correlazione poi. Piuttosto che di un libro è meglio parlare di un enorme foglio elettronico contenente suoni, figure, sensazioni tattili, odori, sapori, … Questo foglio elettronico è preparato istante per istante dai vari sistemi sensoriali, attraverso l’elaborazione automatica delle informazioni provenienti dai recettori sensoriali. Su questo foglio elettronico, o meglio sulle sue proiezioni si concretizza la scansione dei vari “oggetti” effettuata dalla funzione attenzionale. Ovviamente il sistema nervoso è più complesso di quanto questo semplice modello fa supporre. Innanzi tutto è necessario che la costruzione del foglio elettronico sia in qualche modo “organizzata” altrimenti l’attività di scansione sarebbe difficoltosa. A questo proposito, c’è da dire che il foglio elettronico è ripartito in aree diverse, una per ogni sistema sensoriale. Anche le proiezioni degli “oggetti” presenti sul foglio si raggruppano per modalità sensoriale. Gli “oggetti” del foglio elettronico, oltre che per modalità sensoriale, si raggruppano organizzandosi secondo tipologie particolari che dipendono dalle “informazioni” che i neuroni possono trasmettere. E’ opportuno, quindi, occuparci dell’organizzazione dei sistemi sensoriali La trattazione che segue e tratta dal testo “Principi di neuroscienze” di E.R.Kandel, J.H.Schwartz, T.M.Jessell I SISTEMI SENSORIALI “Weber e Fechner scoprirono che sistemi sensoriali mediano quattro attributi dello stimolo: la modalità (o qualità), l’intensità, la durata e la sede, che sono fuse insieme nelle sensazioni. Modalità Forme diverse di energia sono trasformate dal sistema nervoso in modalità sensoriali differenti. Sono state identificate cinque principali modalità sensoriali: la visione, l’udito, il gusto, il tatto e l’olfatto. Nell’ambito di ciascuna modalità si distinguono qualità diverse o submodalità. Per esempio nel gusto si distingue il dolce, l’acido, il salato e l’amaro; il colore e la percezione del movimento degli oggetti sono submodalità della visione. La modalità è una proprietà delle fibre nervose sensoriali.Ogni fibra nervosa è attivata da un certo tipo di stimolo in quanto stimoli diversi attivano fibre nervose diverse. A loro volta le fibre nervose stabiliscono connessioni specifiche a livello del sistema nervoso centrale e sono proprio queste connessioni ad essere responsabili della specificità della sensazione. Intensità L’intensità della sensazione dipende dall’intensità dello stimolo. L’intensità dello stimolo è codificata dalla frequenza di scarica e dalle dimensioni della popolazione neuronale attivata. Durata La durata della sensazione di uno stimolo è definita dalla relazione tra l’intensità dello stimolo e l’intensità percepita dello stimolo. In generale, quando uno stimolo persiste per un certo tempo, l’intensità della sensazione diminuisce e a volte finisce. Localizzazione La localizzazione della sensazione si può definire come la consapevolezza delle proprietà spaziali della sensazione. Essa dipende dal fatto che i recettori e i neuroni sensoriali del sistema nervoso centrale hanno campi recettivi. Ogni recettore sensoriale ha un campo recettivo, che è costituito dallo spazio recettivo entro cui esso si trova e del quale provvede alla trasduzione degli stimoli. Per esempio il campo recettivo di un meccanocettore somatosensitivo (per il tatto) è quella parte di cute innervata direttamente dalle terminazioni del recettore alla quale bisogna aggiungere anche quella parte di tessuto adiacente attraverso la quale lo stimolo tattile può propagarsi fino alle terminazioni del recettore stesso. Il campo recettivo di un fotorecettore è quella parte della retina in cui il recettore è situato. I neuroni che fungono da recettori convergono su neuroni di secondo ordine che a loro volta entrano in contatto con neuroni di terzo ordine e questi poi con neuroni di ordine superiore. I campi recettivi di ordine superiore sono di dimensioni maggiori rispetto a quelli che fungono da recettori. Essi, infatti, ricevono afferenze convergenti da centinaia di recettori. I campi recettivi dei neuroni centrali sono più complessi, in quanto alloro interno possono essere sensibili a caratteristiche specifiche dello stimolo, come il movimento dello stimolo in una particolare direzione del campo visivo. Inoltre, a differenza dei campi recettivi dei neuroni sensoriali che sono semplici e solo eccitatori, quelli dei neuroni sensoriali di ordine superiore possiedono di norma zone eccitatorie e zone inibitorie. L’aggiunta di una zona inibitoria al campo recettivo costituisce un importante meccanismo per aumentare il contrasto tra gli stimoli e quindi fornisce ai sistemi sensoriali l’opportunità di aumentare il loro potere di risoluzione spaziale. Non tutti i recettori sono direttamente implicati nel processo di localizzazione spaziale dello stimolo. Per esempio i recettori uditivi sono sensibili alla frequenza dei suoni e non alla sede da cui si originano: la localizzazione spaziale è una proprietà dei neuroni uditivi centrali. Mentre i neuroni delle strutture acustiche periferiche codificano la frequenza degli stimoli, i recettori gustativi ed olfattivi codificano la chemospecificità delle sostanze.” L’organizzazione topografica La caratteristica che più colpisce dei sistemi sensoriali è costituita dal fatto che le relazioni spaziali esistenti a livello della superficie recettoriale periferica, sia essa la retina, la coclea o la cute, sono conservate ai vari livelli del sistema nervoso centrale. Per esempio, gruppi di cellule retiniche vicine proiettano a gruppi di cellule talamiche contigue, che a loro volta proiettano a regioni contigue della corteccia visiva. Esiste dunque, a livello di ogni stazione sinaptica delle vie visive, una mappa visuotopica di natura nervosa. Non tutte le parti del campo visivo possiedono però un’eguale rappresentazione a livello di questa mappa. La regione centrale della retina, che è l'area di maggiore acuità visiva, è rappresentata in un'area enormemente più grande rispetto alla sua estensione, perché le informazioni provenienti da questa regione vengono ritrasmesse da un elevato numero di neuroni che stabiliscono contatti sinaptici con un numero ancora più elevato di neuroni centrali. Anche la superficie corporea è rappresentata in una mappa somatotopica a livello della corteccia somatosensitiva. Anche questa mappa non è una semplice rappresentazione dei recettori cutanei secondo un rapporto di uno ad uno. Le regioni che sono particolarmente importanti per la discriminazione sensitiva, come la punta delle dita e le labbra, possiedono connessioni più sviluppate con la corteccia e quindi le loro rappresentazioni occupano, nella mappa corticale, aree proporzionalmente più vaste della loro estensione. Stimolazioni acustiche con toni di frequenze diverse eccitano regioni distinte di ritrasmissione interposti lungo la via uditiva, per cui, tutto lo spettro acustico, al quale l'orecchio è sensibile, è rappresentato in una mappa tonotopica. Nelle vie motorie i neuroni che controllano specifiche regioni corporee sono raggruppati insieme e nel complesso formano una mappa motoria, che è particolarmente evidente a livello della corteccia motrice primaria. La mappa motoria, al pari di quelle sensoriali, non è uniforme, in quanto l'estensione della rappresentazione centrale è in relazione con la finezza del controllo dei movimenti delle varie parti del corpo. Ogni sistema contiene vie diverse Nei sistemi sensoriali, (unitamente a quelli motori e motivazionali) si distinguono, sia dal punto di vista anatomico che da quello funzionale, diversi subsistemi, ciascuno dei quali svolge compiti specifici. Per esempio, ogni modalità sensoriale (udito, visione, tatto, ecc.) è mediata da un particolare sistema. All'interno di ogni sistema specifico si distinguono vie ancora più specializzate. Il sistema visivo, per esempio, possiede vie distinte per la percezione di oggetti immobili rispetto all'osservatore e per la percezione del movimento di oggetti seguiti con lo sguardo dall'osservatore. Queste vie lavorano di concerto per la percezione del movimento degli oggetti. Allo stesso modo, vie somatosensitive anatomicamente distinte, come quelle per il tatto e il dolore, ritrasmettono alla corteccia cerebrale informazioni provenienti da recettori cutanei diversi. Anche il sistema motorio è costituito da diverse vie specifiche, che decorrono dai centri cerebrali superiori di elaborazione al midollo spinale. Per esempio, il tratto piramidale controlla i movimenti volontari fini delle dita e della mano, mentre altre vie motorie controllano la postura e regolano i riflessi spinali.”i I PROCESSI PREATTENZIONALI RELATIVI ALLE MAPPE Nel prosieguo della trattazione parleremo dapprima dei processi preattenzionali, successivamente di quelli attenzionali. I processi preattenzionali riguardano tanto il sistema che si occupa delle mappe, quanto i sistemi modale e motivazionale Le aree primarie costruiscono mappe tridimensionali statiche e dinamiche. Le mappe corporee sono costruite dalla corteccia somatosensitiva primaria e dalla corteccia motrice primaria. Le mappe del mondo esterno sono costruite dalla corteccia visiva e dalla corteccia uditiva. . Le mappe corporee tridimensionali dinamiche. Il movimento consiste di due fondamentali componenti il tempo e lo spazio. Il tempo è dato dalla durata di un singolo movimento e dalla successione temporale (prima/dopo) di più movimenti. Lo spazio è costituito dall’organizzazione dei neuroni motori. Essi sono raggruppati in rapporto alle specifiche regioni corporee che controllano. La corteccia motrice primaria è costituita, infatti, da una mappa motoria del nostro corpo. Quando passeggiamo, ad ogni passo tutto il corpo si sposta nell’ambiente esterno. Istante per istante si modifica la posizione relativa di ciascun distretto corporeo sia nei confronti del mondo esterno sia ciascun distretto rispetto all’altro. Per poterci muovere, è necessario quindi che il cervello conosca queste due componenti in tempo reale. Per conoscere in tempo reale la posizione relativa di ciascun distretto corporeo, la corteccia motrice primaria costruisce in tempo reale una mappa dinamica tridimensionale con funzioni motorie. Quando si effettua un movimento essa modifica istante per istante tale mappa utilizzando, per la componente spaziale l’organizzazione somatotopica, per la componente temporale le proprietà relative al tempo dei motoneuroni attivati. Immediatamente dopo il movimento, i propriocettori dei muscoli, delle articolazioni e dell’apparato vestibolare nonché i recettori periferici della cute forniscono le informazioni necessarie affinché la corteccia motrice primaria possa, in tempo reale, ricostruire la nuova posizione del corpo per modificarla ed effettuare un nuovo movimento. Anche la corteccia somatosensitiva primaria costruisce microsecondo per microsecondo una mappa corporea dinamica tridimensionale. Lo fa, però, con funzioni percettive. Essa, inoltre, rappresenta in ciascun punto di questa mappa le sensazioni somatiche (caldo/freddo, liscio/ruvido, leggero/pesante…). Le mappe corporee sono quindi due. Ciò accade negli animali superiori, dove i complessi movimenti necessitano di strutture ad hoc. Per quanto riguarda la mappa percettiva essa riceve informazioni dalla periferia tramite i fusi neuromuscolari ed i recettori cutanei sulla posizione istante per istante dei distretti corporei. La sua organizzazione somatotopica e la successione temporale delle informazioni fanno il resto. C’è da dire che la corteccia motrice primaria acquisisce buona parte delle sue informazioni sulla posizione del corpo dopo il movimento proprio da parte della corteccia somatosensitiva primaria. Le due mappe però, ai fini del movimento da sole non bastano. Esse, infatti, danno al cervello la consapevolezza della posizione di ciascun distretto corporeo l’uno rispetto all’altro. Per eseguire un movimento è necessario che qualche altra area primaria costruisca una mappa tridimensionale dinamica del mondo esterno E’ quanto fanno la corteccia visiva primaria e la corteccia uditiva primaria. Ambedue, oltre a questa importante funzione hanno anche funzioni cognitive analogamente alla corteccia somatosensitiva (sistema modale). Le mappe dinamiche tridimensionali del mondo esterno Le mappe del mondo esterno sono costruite dalla corteccia occipitale per la visione e dalla corteccia uditiva primaria per l’udito. La corteccia occipitale (area V1, V2, V3, V4, MT, MST), attraverso meccanismi ben analizzati costruisce istante per istante il mondo esterno, utilizzando quattro vie che si occupano rispettivamente: 1) della forma, 2) del colore 3) dello spazio, 4) del movimento. Le prime due vie costituiscono il sistema parvicellulare; le seconde due vie costituiscono il sistema magnocellulare. Il sistema magnocellulare si occupa della costruzione della mappa dinamica tridimensionale degli oggetti esterni a livello visivo. La costruzione della mappa dinamica tridimensionale avviene tramite le due proprietà fondamentali dei neuroni che consentono di codificare la sede ( o meglio lo spazio) e il tempo dello stimolo. La struttura retinotopica della corteccia visiva primaria fa sì che l’organizzazione spaziale del mondo esterno si riconfiguri a livello cerebrale. Mentre ci muoviamo nel mondo esterno, istante per istante, il sistema magnocellulare costruisce le mappe spaziali, dinamiche e temporali del mondo che ci circonda e che noi percepiamo con la vista. La mappa dinamica ci consente di cogliere in tempo reale i mutamenti di forma degli oggetti (si ingrandiscono se ci avviciniamo a loro…) e i loro movimenti nello spazio. Quella spaziale in virtù dell’organizzazione visuotopica dell’intero sistema, registra la posizione nello spazio degli oggetti; quella temporale memorizza gli eventi del mondo esterno a livello visivo nella loro successione temporale. Mappe analoghe sono costruite dalla corteccia uditiva primaria. Si tratta di mappe che istante per istante forniscono informazioni sulla localizzazione di qualsiasi sorgente sonora presente nello spazio circostante e sulla durata e successione temporale di ciascun suono proveniente da sorgente fissa o da sorgente in movimento. Abbiamo già detto che la corteccia uditiva primaria ha un’organizzazione tonotopica, la cui funzione è di differenziare e riconoscere i suoni in base alla loro frequenza (funzione modale). Per costruire la mappa spaziale fondamentale per localizzare nello spazio circostante le sorgenti sonore, il cervello utilizza una particolare strategia. Le afferente provenienti dalle due orecchie sono combinate insieme da vie ascendenti che attraversano a diverse riprese la via mediana, formando estese connessioni binaurali. Le vie uditive operano la separazione delle informazioni che riguardano il tempo d’arrivo dei segnali e la loro intensità relativa che sono gli elementi binaurali su cui si basa il sistema che analizza la provenienza dei suoni nello spazio. A livello della corteccia cerebrale le cellule binaurali tendono a raggrupparsi in due tipi diversi di colonne, a disposizione alternata dette rispettivamente: colonne di sommazione e colonne di soppressione. Nelle colonne di sommazione la risposta binaurale di ciascuna cellula è maggiore della risposta monoaurale; nelle colonne di soppressione si osserva la dominanza delle afferente che provengono da una delle due orecchie: le risposte cellulari alle afferente dell’orecchio dominante sono sempre maggiori delle risposte alle afferente monoaurali. Le colonne di questo tipo potrebbero essere in relazione con mappe corticali che codificano la localizzazione dei suoni nello spazio.ii I PROCESSI PREATTENZIONALI DEL SISTEMA MODALE Compito delle aree primarie non è soltanto quello di costruire mappe dinamiche spaziali e temporali del corpo e del mondo esterno. Esse raccolgono e organizzano informazioni. Hanno funzione cognitiva. Abbiamo detto che tutti i sistemi sensitivi sono organizzati in modo analogo. In particolare nel sistema nervoso centrale si ha un’organizzazione colonnare. Le sensazioni somatiche La seconda funzione espletata dalla corteccia somatosensitiva primaria è, come abbiamo detto, quella di costruire le sensazioni somatiche Sappiamo che le afferenze alla corteccia somatosensitiva sono organizzate in colonne devolute a submodalità diverse. Le cellule di alcune colonne sono attivate da recettori cutanei di Meissner a rapido adattamento, quelli di altre colonne da recettori cutanei di Merkel a lento adattamento o da recettori sensibili al movimento dei peli e quelle di altre colonne, infine, da recettori sottocutanei del Pacini a rapido adattamento. Tutti i neuroni di una colonna ricevono inoltre afferenze dalla medesima zona cutanea. iii La corteccia somatosensitiva primaria (area SI) è ripartita in quattro aree somatotopiche: 3a, 3b, 1 e 2 di Brodmann. Ciascuna di queste aree riceve afferenze da tutti i tipi di recettori sensoriali. In ciascuna di esse, però, prevale uno specifico recettore. L’area 3a è innervata soprattutto dai recettori da stiramento muscolare; l’area 3b da recettori cutanei; nell’area 2 prevalgono i recettori da pressione profonda, nell’area 1, infine sono presenti in consistente numero i recettori cutanei a rapido adattamento. Queste quattro aree proiettano a due aree associative la SII e la corteccia parietale posteriore.iv La nostra ipotesi è che ciascun tipo di colonna o la combinazione di due o più tipi di colonne determina le sensazioni di: caldo/freddo, liscio/ruvido, leggero/pesante, asciutto/bagnato, … Per ogni distretto corporeo è possibile quindi elaborare qualsivoglia sensazione somatica. La corteccia somatosensitiva primaria, quindi, costruisce istante per istante la posizione dei vari distretti corporei e le “informazioni cognitive” somatiche di ciascun distretto. Queste informazioni sono quindi organizzate a livello spazio/temporale. Questo processo avviene automaticamente in modo indipendente dalla nostra volontà. Le sensazioni visive Il sistema parvicellulare è ripartito in due vie: parvicellulare interblob (forme e senso della profondità), parvicellulare blob (colori) Le cellule blob sono sensibili al colore e proiettano alle strisce sottili di V2 e da qui all’area V4 (giro fusiforme). Le cellule interblob si connettono con le strisce pallide di V2 che sono sensibili all’orientamento delle linee e sono connesse con V3. Il colore è quindi analizzato dal sistema parvo ed ha stazione terminale in V4. Cellule sensibili alla direzione e quindi impegnate nella percezione della forma sono presenti in più aree ma particolarmente in quelle V2, V3 e V4.v Possiamo affermare che il sistema parvicellulare costruisce gli “oggetti esterni” con la loro forma ed il loro colore. Istante per istante volgendo gli occhi al mondo esterno la corteccia visiva primaria costruisce una mappa spaziale del mondo circostante nonché la forma ed il colore degli oggetti esterni. Esegue questa importante funzione in modo automatico La percezione visiva si sviluppa a livello filogenetico come percezione di oggetti in movimento e successivamente di oggetti fermi. Ricordiamo che, per esempio, le rane non vedono gli insetti immobili. Per potersi cibare una rana, quindi, ha bisogno che un insetto si muova davanti al suo campo visivo. La percezione e riconoscimento di oggetti tramite il movimento è più semplice rispetto al riconoscimento tramite la forma. Se osserviamo volare una zanzara ed un moscerino possiamo differenziarli tramite la tecnica di volo che altro non è che il percorso compiuto. La difficoltà nel percepire un oggetto immobile deriva dal fatto che non è possibile con movimenti oculari volontari rappresentarsi la forma dell’oggetto. Se noi disegnassimo con gli occhi la forma di un oggetto che guardiamo, per esempio una bottiglia, dovremmo, istante per istante, ridisegnarla se ci avviciniamo, allontaniamo da essa oppure ci giriamo intorno. Non potremmo, inoltre, seguire con gli occhi un oggetto in movimento. Esso, infatti, essendo percepito da distanze e prospettive diverse cambierebbe continuamente forma e gli occhi sarebbero impossibilitati a svolgere la funzione di inseguimento, poiché sarebbero costretti al gravoso compito di ridisegnare continuamente la forma mutante dell’oggetto. Percepire gli oggetti immobili è possibile se e solo se, la loro “forma” sia costruita a monte cioè con un processo automatico e preattenzionale. E’ inoltre necessario che questo processo riesca istante per istante a fornire le informazioni sulle continue trasformazioni della forma dell’oggetto percepito.. Le sensazioni uditive L’organizzazione tonotopica della corteccia uditiva primaria consente la costruzione di suoni che variano nel tempo in funzione della frequenza. La teoria più accreditata per spiegare come il cervello differenzi i suoni sulla base delle loro frequenze è la teoria della localizzazione Questa teoria mette alla base del riconoscimento di una vasta gamma di frequenze acustiche la presenza di connessioni ordinate fra nervo acustico e strutture cerebrali. Se la fibra innerva una cellula ciliata posta nei pressi della base della coclea, dove vengono trasdotte le frequenze acustiche elevate, l'attività della fibra stessa sarà interpretata dal sistema nervoso centrale come uno stimolo di frequenza elevata, mentre l'attività di fibre che innervano l'apice della coclea segnalerà l'arrivo di stimoli acustici di bassa frequenza. Le fibre che innervano zone intermedie della coclea forniranno le informazioni relative a un largo spettro di frequenze intermedie. Il riconoscimento dei suoni del linguaggio pone grossi problemi al sistema uditivo. Infatti, i suoni del linguaggio sono prodotti da vibrazioni di alta frequenza delle corde vocali che evocano effetti risonanti nel tratto vocale, sopratutto per opera della bocca e della lingua. In effetti, la bocca e la lingua sono sede di vibrazioni di frequenza relativamente bassa che modulano le onde di alta frequenza, prodotte dalle corde vocali. Sarebbe quasi impossibile riconoscere direttamente i suoni prodotti dalle vibrazioni della bocca e della lingua, in quanto hanno frequenze dell'ordine di 10 Hz, vale a dire frequenze inferiori a quelle che costituiscono il limite inferiore dei suoni udibili. Tuttavia, se tali suoni sono modulati, l'orecchio può, in effetti, decodificarli. In primo luogo, la sintonia selettiva dei recettori e delle fibre del nervo acustico permette al sistema di funzionare come un analizzatore di frequenze in modo tale che gli elementi formativi del linguaggio, che sono i picchi delle frequenze spettrali che caratterizzano i suoni prodotti dalle diverse vocali, siano rappresentati, nelle singole fibre nervose, sotto forma di scariche di potenziali d'azione aventi proprietà temporali e spaziali caratteristiche. In secondo luogo, le singole fibre dell'VIII N. finiscono con l'avere frequenze di scarica che riflettono sia le frequenze elevate, originate dalle vibrazioni delle corde vocali, che le frequenze più basse, che il linguaggio produce per via delle vibrazioni della bocca e della lingua. In tal modo l’orecchio finisce col funzionare come un demodulatore radio capace di estrarre informazioni significative di bassa frequenza da un’onda portante di frequenza elevatavi. La corteccia uditiva primaria costruisce, quindi, in modo automatico tutti i suoni percepibili, localizzandoli nei vari punti dello spazio extracorporeo. Si tratta di un continuum sonoro spazio/temporale costruito istante per istante. La corteccia prefrontale A livello preattenzionale la mente costruisce un continuum spaziale (oggetti immobili), spazio/temporale (oggetti in moto) e temporale per la visione; un continuum spaziale (sorgente sonora immobile), spazio/temporale (sorgente sonora in movimento) e temporale per quanto riguarda l’udito. Anche per quanto concerne il sistema somatosensitivo la mente costruisce tre continuum (spaziale, spazio/temporale e temporale) Queste mappe hanno la funzione di trasferire in modo organizzato l’ordine spaziale, temporale e spazio/temporale, così come determinato dalle sensazioni. Si tratta di un’organizzazione che configura l’ordine temporale con cui le varie sensazioni giungono nelle aree primarie nonché l’ordine spaziale e spazio/temporale della “realtà” che ci circonda. L’organizzazione dello spazio e del tempo, però ha anche una dimensione sovraordinata rispetto a questa. Si tratta del frazionamento di questi continuum preattenzionali. Supponiamo di camminare in una via trafficata di una città. Dallo spazio che ci circonda giungono suoni ( e silenzi). Essi sono organizzati all’interno di un continuum spaziale. Noi possiamo volontariamente con un atto attenzionale “selezionare” una sorgente sonora. In questo caso frammentiamo il continuum spaziale, delimitandone una porzione che corrisponde alla posizione della sorgente sonora. Questo atto attenzionale è realizzato dalla “corteccia prefrontale”. Con un secondo atto attenzionale possiamo selezionare una seconda sorgente sonora e con ulteriori processi attentivi determinare la “distanza” tra le due sorgenti. Lo spostamento dell’attenzione avviene nelle mappe della corteccia parietale. La selezione dello spazio avviene con l’utilizzo del sistema modale. Quando l’attenzione percorre le mappe, i neuroni del sistema modale i cui campi recettivi cadono all’interno dello spazio percorso dall’attenzione, si attivano. Se il suono che è percepito è significativo, esso è selezionato e, nella corteccia parietale automaticamente sarà selezionato lo “spazio virtuale” che corrisponde all’oggetto modale Si tratta di una strutturazione dello spazio che avviene a livello sovraordinato rispetto alle mappe spaziali. Realizzare questa strutturazione è compito della corteccia prefrontale. In modo analogo possiamo frazionare il continuum temporale. Supponiamo di ascoltare una persona che parla. I suoni e i silenzi che provengono da quella sorgente sonora costituiscono un continuum temporale. La nostra attenzione può selezionare le sillabe delle parole, le parole o le frasi. Possiamo prestare attenzione all’intervallo di tempo tra una frase e l’altra o tra una parola e l’altra. Anche in questo caso è la corteccia prefrontale che si occupa di questa strutturazione temporale. Ovviamente le aree della corteccia prefrontale che si occupano di “percorrere” le mappe sono diverse rispetto a quelle che si occupano degli oggetti.. I PROCESSI ATTENZIONALI Il funzionamento attenzionale è analogo per ogni sistema sensoriale. Per tale motivo, utilizzeremo come modello esplicativo il sistema sensoriale visivo, che è quello più studiato. Supponiamo di guardare una scena per individuare un oggetto.Tramite la corteccia prefrontale spostiamo l’attenzione lungo la mappa percettiva parietale. Automaticamente a livello “postattenzionale” nella corteccia visiva primaria si attivano tutti i neuroni i cui campi recettivi confluiscono nel “percorso” attenzionale. La componente modale visiva (colori e forma) costruisce le immagini e noi “vediamo”, tramite essa, gli oggetti percorsi dall’attenzione. Selezioniamo un oggetto, tramite l’attenzione, nella corteccia occipito/temporale. Esso è un “percetto”. Automaticamente, in seguito a questa selezione attenzionale, nella corteccia parietale si accendono i neuroni i cui campi recettivi coincidono con lo spazio formale occipito/temporale. Questi neuroni parietali agiscono all’interno delle mappe e lo spazio selezionato lo chiamiamo “spazio virtuale” Se indichiamo con una freccia la funzione attenzionale e con un tratto la funzione postattenzionale avremo: Corteccia frontale → corteccia parietale ▬ corteccia occipitale ▬ corteccia occipito/temporale. Corteccia frontale → corteccia occipito/temporale ▬ corteccia occipitale ▬ corteccia parietale Fino a questo momento i processi attenzionali sono due ed interdipendenti. Il primo parietale (dinamico), il secondo occipito/temporale (selezione). La funzione attenzionale parietale sposta l’attenzione lungo un percorso spaziale. Ad essa segue un processo postattenzionale di percezione delle immagini. La seconda funzione attenzionale avviene quando una delle immagini intraviste viene selezionata. Ad essa segue un processo postattenzionale nel quale lo spazio virtuale si attiva nelle mappe parietali. Il “percetto”, come già detto, è l’oggetto selezionato. Esso deve essere distinto dal “concetto”. Il percetto è ciò che viene percepito in una determinata circostanza. Il concetto è la memorizzazione del “percetto”. Il percetto è unico. Il concetto è la sintesi mnestica di più percetti. Concetto e percetto stanno nella relazione riferimento/riferito. Quando vediamo qualcosa e la riconosciamo, il processo di riconoscimento avviene riferendo il “percetto” al “concetto” depositato in memoria. Anche spazio virtuale e percetto stanno nella relazione riferimento/riferito. Siamo di fronte ad un’ulteriore attività attenzionale (la terza), quella di effettuare riferimenti. Dalla duplice relazione del percetto con concetto e mappa, si origina l’esperienza. Tutto ciò che vediamo contribuisce a costruire i due sistemi di riferimento: quello mappale e quello concettuale. Nello stesso tempo ogni oggetto nuovo percepito si inserisce e viene valutato sulla base dei riferimenti concettuali e mappali. L’insieme degli spazi, dei tempi e dei dinamismi virtuali che si originano dall’esperienza e dalla selezione di percetti fermi ed in moto, organizza l’esperienza su base spazio-temporale. Se, per esempio, entriamo in una stanza ed osserviamo la posizione di vari oggetti, dopo la selezione fronto/occipito/temporale si formerà nella corteccia parietale la mappa della stanza ed all’interno di essa verrà memorizzata la disposizione degli oggetti osservati (spazi virtuali). Con un successivo atto attenzionale la mente riferisce i vari percetti ai molteplici spazi virtuali. In tal modo la conoscenza si organizza su basi spaziali. Nella corteccia inferotemporale, intanto la mente provvede alla costruzione di concetti ai quali riferire i percetti. In tal modo l’esperienza si organizza su basi concettuali. Il doppio riferimento (concettuale e mappale) consente di costruire l’esperienza ordinandola secondo due diverse strutture organizzative. Concetto ← percetto → mappa La formazione dei concetti Il processo di concettualizzazione avviene anche passando dal generale al particolare, tramite confronti. Supponiamo di avere il concetto di “lattuga” e di essere davanti a due tipi di lattuga diversi. Osserviamo i due percetti ed analizziamo, tramite confronto, le differenze tra l’uno e l’altro. Queste differenze possono essere di tipo modale (colore e forma) o di tipo spaziale/posizionale (grandezza, posizione relativa tra le foglie). I due percetti, di volta in volta, vengono riferiti al “concetto” di lattuga depositato in memoria. Dopo reiterate osservazioni, il concetto di lattuga si differenzia in due concetti più specifici “lattuga romana” e “lattuga brasiliana”.. Questo processo di concettualizzazione avviene in modo quasi automatico attraverso un duplice operare attenzionale: attività di confronto e attività di riferimento. Nei primi stadi di apprendimento si passa da concetti molto generici a concetti sempre più specifici. Il bambino per imparare i suoni dell’alfabeto della propria lingua madre, effettua concettualizzazioni che racchiudono più suoni (rispetto alla concettualizzazione di un adulto). Con l’esperienza impara a differenziare sempre più suoni fino a quando anche quelli che si distinguono per un solo tratto distintivo (per esempio: p e t) sono memorizzati. La concettualizzazione, come si evince da quanto detto, dipende dall’esperienza. Vi sono popolazioni che distinguono soltanto cinque colori. Un pittore ne differenzia un centinaio. Un musicista può riconosce un “do” suonato sulla tastiera del pianoforte. Una persona comune “sente” una “nota”. Il processo di concettualizzazione può avvenire anche in assenza di confronti. Se stiamo per molto tempo davanti ad una sola persona le numerose osservazioni ci consentono di memorizzarla. In questo caso ad agire è l’operare attenzionale del “riferimento” e del “tenere insieme”. Quando guardiamo la persona per la prima volta riconosciamo un volto. L’immagine percepita, però proietta nell’area della concettualizzazione. Una seconda osservazione genera un “percetto” che viene riferito all’immagine concettualizzata. Ogni ulteriore percezione genera questo riferimento, fino a quando l’immagine in memoria si rafforza e diviene traccia stabile. Il volto, però è un percetto o concetto complesso in quanto costituito da più concetti o percetti “tenuti insieme”. (occhi, naso, bocca, …) Se osserviamo il flocculo, cioè la parte relativa ai due occhi, e poi osserviamo il volto nel suo complesso, il flocculo viene inserito all’interno del volto, con un processo di riferimento; analogamente possiamo fare col naso, con la bocca, le labbra osservandole dettagliatamente. In tal modo con l’osservazione dettagliata e con il “tenere insieme” il concetto che si forma diviene più specifico. Abbiamo detto che l’attività di confronto indica un ulteriore processo attenzionale. Il confronto, però, altro non è che una serie di riferimenti Se confrontiamo due oggetti riferiamo più volte l’uno all’altro. Per questo motivo consideriamo questa attività attenzionale come secondaria rispetto alle precedenti, che sono attività attenzionali primarie. Abbiamo detto che “percetti” ed i “concetti” possono essere semplici o complessi. Il colore rosso è un percetto o concetto semplice. Un’autovettura è un percetto o concetto complesso. Il “percetto” semplice è costituito dalla sola componente modale; il percetto complesso è costituito da componenti modali e mappali. La memorizzazione dei percetti non riguarda solo la componente modale (concetto) ma anche la componente “mappale”. Supponiamo di voler memorizzare i due volti di Giovanni e Francesco. Effettuiamo una serie di confronti delle componenti modali. Notiamo che Francesco ha gli occhi castani e Giovanni ha gli occhi verdi. Osserviamo la forma del viso, del naso del “flocculo”, delle orecchie, …Questa serie di confronti seguite da riferimenti contribuiscono alla concettualizzazione. I volti di Giovanni e Francesco, però, si differenziano anche per la “posizione” dei componenti e per la loro grandezza. Queste sono informazioni che riguardano le mappe. Le ripetute osservazioni mi fanno notare le differenze tra la grandezza del naso di Francesco rispetto a quello di Giovanni; oppure che Giovanni ha la bocca più vicina al naso rispetto a Francesco. Indichiamo col termine di “mappa concettuale” la memorizzazione delle relazioni mappali di un “concetto complesso” Il riconoscimento di Giovanni avviene attraverso il suo concetto e la sua mappa concettuale Anche le “mappe concettuali” analogamente ai concetti si formano attraverso un processo che va dal generale al particolare. Il volto umano è concettualizzato attraverso una mappa concettuale generica. Il volto di una persona cara ha una propria rappresentazione mappale. Anche la costruzione delle mappe concettuali avviene tramite confronti e riferimenti. La mappa percettiva è riferito rispetto alla mappa concettuale che è riferimento. Se incontriamo un amico, la corteccia frontale riferisce il “percetto” al concetto; riferisce pure la mappa percettiva (le relazioni mappali percepite in quel momento) alla mappa concettuale. Perché la grandezza di un oggetto è concettualizzata nelle mappe? Se guardiamo un oggetto, per comprenderne la grandezza, dobbiamo rapportarlo al nostro corpo onde valutare la distanza dal punto di osservazione. Questa valutazione è impossibile senza mappe. Si può supporre, però che la grandezza di un concetto possa essere valutata anche attraverso un confronto con un altro concetto. Se non altro possiamo riconoscere quale tra i due è più grande. La mente potrebbe quindi tenere insieme nella memoria di lavoro due “concetti” spazialmente strutturati e confrontarne la grandezza. Anche questa attività mentale è impossibile. Infatti, i due “concetti” devono essere inseriti all’interno dello stesso sistema di riferimento, che altro non è che una mappa spaziale. Senza le mappe spaziali, spazio/temporali e temporali non è possibile memorizzare le distanze le grandezze, il prima ed il dopo, … Possiamo però valutare le differenze di colore e di forma. Infatti, la differenza tra un quadrato ed un triangolo è concettuale poiché non dipende da una mappa. Paradossalmente, per avendo il “concetto” di quadrato, non possiamo riconoscere la differenza di grandezza tra due quadrati se non utilizziamo una “mappa spaziale”. Chiamiamo “oggetti fisici” i “percetti” inseriti all’interno delle “mappe percettive”. Chiamiamo “concetti semantici” i “concetti” inseriti all’interno delle “mappe semantiche”. Le “mappe semantiche” sono “mappe mnestiche” che memorizzano le strutture e le relazioni spaziali, temporali e spazio/temporali dei “concetti”. Il volto di Giovanni, che vedo per la prima volta è quindi è un “percetto”. Anche la bocca, il naso, gli occhi sono “percetti”. Inseriti all’interno della mappa percettiva, tutti questi percetti diventano “oggetti fisici”. In tal modo acquisiscono relazioni spaziali gli uni con gli altri. Dopo reiterate osservazioni i “percetti” sono inseriti in memoria, diventano quindi “concetti”. Analogamente anche la “mappa percettiva” viene inserita in memoria e diviene “mappa concettuale”. I “concetti” all’interno delle “mappe concettuali” costituiscono “concetti semantici”. Per la costruzione dei “concetti” il cervello si serve dell’intermediazione dell’ippocampo. L’utilizzo di questa struttura che media tra le attività della corteccia è dovuta ad una precisa esigenza. La “concettualizzazione” è un processo mnestico. Il cervello, mentre impara le relazioni spaziali, spazio/temporali e temporali tra percetti che formano un concetto, le memorizza. Così può facilmente riconoscere l’oggetto “concettualizzato”. C’è il problema, però, che, non tutto ciò che viene percepito può essere immagazzinato in memoria, pena l’implosione del sistema. E’ bene quindi che solo alcuni eventi importanti siano ricordati. Attraverso la mediazione dell’ippocampo vengono immagazzinate in memoria sotto forma di concetti le esperienze emotivamente importanti, nonché quelle frutto di reiterate osservazioni. Sistema operativo e sistema semantico Chiamiamo “sistema operativo” il sistema attenzionale che agisce sulle “mappe percettive” e quindi sugli “oggetti fisici”. Chiamiamo “sistema semantico” il sistema attenzionale che agisce sui “concetti” e sulle “mappe concettuali”. Il “sistema operativo” si occupa della “percezione” e del movimento. Il “sistema semantico” si occupa della memoria degli oggetti e delle azioni. Anche la percezione dei colori, rientra nel sistema operativo. Infatti, anche se i colori non hanno strutture spaziali o temporali, essi sono associati direttamente alla forma dell’oggetto percepito. Questo avviene grazie all’organizzazione retinotopica, colonnare della corteccia visiva primaria. Infatti, il percetto selezionato a livello occipito/temporale, costituito da neuroni con specifici campi recettivi, attiva automaticamente nella F4 (area preposta alla costruzione dei colori) quei neuroni che hanno gli stessi campi recettivi dei neuroni visivi selezionati dall’attenzione. Per questo motivo noi non possiamo non vedere i colori di un oggetto selezionato dall’attenzione. Anche per quanto riguarda i colori vi sono due aree preposte alla “percezione” ed alla “concettualizzazione”. La distruzione della prima area ha come conseguenza l’acromatopsia. I soggetti affetti da tale patologia non vedono i colori. La distruzione dell’area concettuale genera “amnesia per i colori”: si percepiscono i colori ma non si riconoscono.vii Finora abbiamo riscontrato cinque funzioni attenzionali: dinamica, selettiva, di confronto, di riferimento, di “tenere insieme”. La mente, in qualche modo, espleta a livello attenzionale un’ulteriore fondamentale funzione. Essa è quella di costruire un “oggetto fisico” partendo dai concetti e dalle mappe concettuali. Tutti noi siamo in grado, dopo aver visto un oggetto ed averlo memorizzato di immaginarlo. L’oggetto immaginato è un “percetto” inserito nelle “mappe percettive”. Si tratta, infatti, di un oggetto fisico specifico, con precise dimensioni visto da una certa prospettiva. Anche quando parliamo i suoni che emettiamo sono “oggetti fisici” con la loro specifica intonazione, intensità, posizione nel tempo e nello spazio. Essi sono ricavati dai suoni depositati in memoria e quindi dai concetti. E’ probabile che in questo caso, il procedimento sia inverso al quanto abbiamo visto per la concettualizzazione. Quando richiamiamo alla mente qualcosa effettuiamo un riferimento inverso. Il concetto viene riferito al percetto. Supponiamo di voler immaginare il colore verde nelle sue sfumature. Noi non riusciamo ad immaginare le innumerevoli sfumature di verde che possiamo percepire. Immaginiamo soltanto quelle che abbiamo concettualizzato. Analogamente se pensiamo ad una persona conosciuta non riusciamo ad immaginarla in tutte le innumerevoli posizioni e prospettive con cui possiamo percepirla dal vero. La immaginiamo in alcune posizione, mentre cammina in un alcuni modi. In altri termini, utilizziamo i concetti e le mappe concettuali depositate in memoria. Da esse tramite riferimento attiviamo specifiche mappe percettive e percetti e l’immagine si forma nella sua completezza.. Si potrebbe supporre che per la rappresentazione mentale non sia necessario l’intervento delle aree percettive. Il fatto che non è così è dimostrato dall’acromatopsia. Distrutta l’area f4 funzionale alla percezione dei colori, non si riesce nemmeno ad immaginarliviii. Ricordare, però, non vuol dire soltanto richiamare alla mente scene ed azioni. E’ un processo più complesso che coinvolge un ulteriore processo attenzionale, cioè “la correlazione”. Di ciò ci occuperemo più avanti. Salvatore Leonardi (fine prima parte – ndr) John H. Martin (1994) Codificazione ed elaborazione delle informazioni sensoriali in Principi di neuroscienze di E. Kandel, J. H. Schwartz, T. M. Jessell seconda edizione C.E. Ambrosiana Milano ii James P. Kelly: (1994) La funzione uditiva in Principi di neuroscienze di E. Kandel, J. H. Schwartz, T. M. Jessell seconda edizione C.E. Ambrosiana Milano iii Jonh H. Martin, Thomas M. Jessel (1994): Codificazione ed elaborazione delle modalità nel sistema somatosensitivo in Principi di neuroscienze di E. Kandel, J. H. Schwartz, T. M. Jessell seconda edizione C.E. Ambrosiana Milano iv Eric R Kandel Thomas M. Jessel (1994): Il tatto in Principi di neuroscienze di E. Kandel, J. H. Schwartz, T. M. Jessell seconda edizione C.E. Ambrosiana Milano v Ennio De Renzi(1996) Le Agnosie in Manuale di neuropsicologia a cura di Gianfranco Denes e Luigi Pizzamiglio seconda edizione C. E. Zanichelli Bologna vi James P. Kelly: (1994) La funzione uditiva in Principi di neuroscienze di E. Kandel, J. H. Schwartz, T. M. Jessell seconda edizione C.E. Ambrosiana Milano vii Ennio De Renzi(1996) Le Agnosie in Manuale di neuropsicologia a cura di Gianfranco Denes e Luigi Pizzamiglio seconda edizione C. E. Zanichelli Bologna viii Antonio H. Damasco e Hanna Damasco: Cervello e linguaggio (2002) in LE SCIENZE Quaderni n127 pp 18-25 i