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Studio degli impatti antropici sulla qualità
ambientale di un ambiente di transizione
in Campania.
A.R.P.A.C.: G. La Magna, G. Guarino, N. Riccardi, F. Giovinazzi
Dipartimento Provinciale di Napoli
Dipartimento Tecnico
Unità Operativa Acque Interne e Marino Costiere.
INTRODUZIONE
A Nord di Napoli si estende un tratto di costa bassa e sabbiosa alle cui spalle si sviluppa un
complesso sistema di laghi la cui origine antichissima può essere ricondotta sia al sistema
vulcanico dei Campi Flegrei sia a depressioni formatesi nella pianura costiera intorno alla foce del
fiume Volturno. Dagli anni 50 in poi l’incontrollato sviluppo edilizio ha inglobato tutta questa zona
nel tessuto urbano provocando un crescente impatto antropico sul delicato equilibrio naturale di
questi laghi e focalizzandosi in particolare sulla fascia costiera antistante. Essi sono 5 di cui 4 con
acqua salata-salmastra (Miseno, Patria, Fusaro, Lucrino) e uno di acqua dolce (Averno).
L’Arpa Campania fin dal 2000 ha avviato un sistema di monitoraggio sulla qualità delle acque dei
laghi di transizione focalizzandosi in particolare sul lago Fusaro. Dall’inverno del 2002 si è scelto di
iniziare sul lago Miseno un monitoraggio a più ampio spettro puntando non solo sulle acque ma
analizzando tutto l’ecosistema e la zona urbana che lo circonda.
I LAGHI DI TRANSIZIONE
I laghi di transizione si inseriscono all’interno del cosiddetto piano adlitorale che comprende
essenzialmente tutta la fascia costiera e in particolare tutte le comunità vegetali e animali
direttamente influenzate dalla presenza del mare. Le associazioni vegetali che sono presenti in
questa zona possono essere divise in:
comunità associate a litorali sabbiosi e salati includendo dune e barre
pareti rocciose
macchia mediterranea
gariga
stagni e lagune costieri
Le comunità che si sviluppano al limite della spiaggia sono caratterizzate da rade piante annuali
quali il ravastrello o la lappola, il convolvolo e la santolina e alcune euphorbiacae.
Lungo il retrospiaggia, dove le condizioni fisiche-climatiche lo permettono, si ritrovano le dune di
sabbia su cui è facile osservare piante particolari quali l’ammofila o lo sparto. Procedendo verso
l’entroterra, quando il substrato diventa più ricco di humus e di nutrienti, si sviluppa la classica
associazione di macchia mediterranea. Essa è caratterizzata da specie tipiche (timo, oleandro,
corbezzolo, ginestra, etc.) che in genere mantengono un habitus basso e cespuglioso con foglie
piccole e spesso presenza di spine. Associate alla macchia si ritrovano, a seconda delle condizioni
climatiche, comunità arboree costituite o da Gimnosperme (Pino) o da Angiosperme (Leccio,
Quercia da sughero, Roverella).
1
In questa situazione è possibile, in alcuni casi, che si formino, in depressioni poste alle spalle delle
dune o in presenza di barriere geomorfologiche, laghi o stagni costieri di acqua salata o salmastra.
Questi ambienti di confine che costituiscono il punto di incontro tra le acque dolci e quella marine
vengono classificati in base al ruolo che la marea gioca nella loro formazione e mantenimento. Gli
stagni sono caratterizzati da ridotto scambio di acqua con il mare, dalla assenza di foci e da generali
condizioni di eutrofismo e di anossia. Al contrario nelle lagune si assiste ad un continuo apporto di
ossigeno attraverso la marea entrante e d ad una perdita di nutrienti attraverso la marea uscente dalla
laguna verso il mare. Il corpo lagunare viene, a causa della poca profondità, continuamente
rimescolato anche dalla forza eolica, ma nei periodi in cui prevale la siccità si assiste a processi di
demolizione batterica anaerobica che portano a situazioni anaerobiche e periodicamente distrofiche
causate da fioriture algali.
Le comunità vegetali delle lagune costiere sono caratterizzate da alghe rosse e brune in genere
soffocate da periodico sviluppo ipertrofico di alghe verdi, quali l’Ulva sp..
Per quanto riguarda le piante superiori le comunità sono quanto mai varie e diversificate, ma in
generale è quasi sempre presente una fascia di canneto con diverse specie di giunchi, scirpi e canne.
Le comunità animali presenti sul fondo si riconducono a quelle marine di costa semichiusa, quindi
abbiamo prevalentemente policheti, anfipodi, isopodi, bivalvi, ma non mancano specie opportuniste
che riescono ad adattarsi bene a queste situazioni a stress elevato e ben sopportano le variazioni di
temperatura, ossigeno e salinità (specie eurialine). Mancano forme sessili se non vicino al canneto
immerso o a manufatti antropici dove possono trovare un buon habitat mitili, balanidi alcuni idroidi
e policheti (serpulidi).
Le zone umide rappresentano un ottimo rifugio per molte specie di avifauna (molte delle specie che
si avvistano in queste zone sono protette) ed è facile ritrovare specie stanziali che trovano oltre che
siti facili di nidificazione (i canneti sono un ottimo rifugio protetto per i nidiacei) anche abbondanza
di cibo (pesci, insetti, piante) e specie svernanti e migratorie che fanno di questi ambienti un’ambita
meta. Proprio per questa loro importanza e per l’alto grado di biodiversità intrinseco, le zone umide
sono state protette da un’apposita convenzione della Comunità Europea (Convenzione di Ramsar
sulle zone umide).
IL LAGO MISENO
Descrizione fisica
La sua origine è dovuta ad una depressione creatasi immediatamente alle spalle della costa
sabbiosa, tra la penisola di Miseno e il Monte Grillo, ed è separato dal mare da una barra arenaria
con una larghezza di circa 200m. L’origine geologica dell’intera zona è vulcanica, confermata dalla
presenza di tufo giallo e pomice nonché da rocce magmatiche.
Il lago di forma triangolare è circondato da strade comunali lungo cui si sono espansi gli
agglomerato urbani di Miliscola, Bacoli e Cappella. La superficie del lago è di poco superiore ai 40
h, con un perimetro di 2800m; la profondità massima è di 4 metri e quella media di 2,25. Il lago ha
due foci a mare di cui una si apre in corrispondenza del canale di Procida ed è regolata da una
chiusa, mentre la seconda sfocia in corrispondenza della spiaggia prospiciente la strada che
costeggia il lago ed attualmente è chiusa. Questa scarso ricambio d’acqua, la bassa profondità, le
periodiche crisi distrofiche con conseguente instaurarsi di zone anossiche rendono il lago più simile
ad uno stagno che ad una laguna.
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L’insufficiente ricambio idrico, l’elevata eutrofizzazione e le caratteristiche biogeo-chimiche dei
sedimenti sono la causa primaria dei frequenti episodi di distrofia che si verificano nel lago nei
periodi estivi. La biomassa algale trova nella elevata temperatura e nell’abbondante quantità di
nutrienti presente, condizioni ideali di sviluppo e porta ben presto ad un sovraccarico dei processi di
mineralizzazione della sostanza organica. In questi processi il detrito viene mineralizzato con
l’aiuto di microrganismi aerobici che quindi consumano grandi quantità di ossigeno. La
conseguente diminuzione della quantità di ossigeno disciolto porta all’instaurarsi di processi
anaerobici tra cui la solfato riduzione. Questo processo porta come prodotto finale l’idrogeno
solforato che è altamente tossico per la vita acquatica, inoltre esso si riossida utilizzando una
quantità doppia di ossigeno rispetto alla necessità per il processo aerobico, contribuendo
ulteriormente all’instaurarsi dell’anossia.
L’acqua del lago è salmastra, il valore medio della salinità è pari a 37,5 g/l (ENEA 2000), e gli
unici apporti di acque dolci sono quelle pluviali e fognari provenienti dai vicini abitati. Proprio gli
scarichi civili costituiscono la fonte principale di inquinamento, anche se probabilmente non hanno
un ruolo secondario gli scarichi provenienti dalle zone coltivate lungo le sponde del lago.
Analisi delle acque
Dal 2002 l’ARPAC ha avviato una campagna di monitoraggio della qualità delle acque del lago
Misero, conducendo analisi chimico fisiche e biologiche su campioni di acqua e sedimenti del
fondo prelevati in stazioni di campionamento.
Le stazioni sono state scelte con il preciso scopo di monitorare tutte le differenti situazioni presenti
nel lago. La prima stazione (S1) è stata posta in corrispondenza della foce aperta a Est che mette in
comunicazione le acque del lago con il porto di Capo Misero, qui i campioni sono stati prelevati sia
durante la marea entrante, che durante quella uscente. La seconda stazione (S2) è stata posta in
corrispondenza della foce chiusa a Sud, la terza (S3) vicino ad un scarico civile, presumibilmente
dimesso, lungo la sponda ad est del lago mentre la 4 (S4) è stata collocata in concomitanza con un
altro scarico trovato lungo la sponda Nord del lago.
Fig.1: Cartina lago Miseno con stazioni di campionamento
Stazione 1 Stazione 2
Stazione 3 Stazione 4
3
Le analisi sono state effettuate in conformità con quanto dettato dal DLgs 152/99 e di seguito sono
riportati i risultati relativi ai campioni di acqua e sedimento.
ACQUA
1000000
100000
10000
COL. TOT
1000
COL. FEC.
E. COLI
100
STREP. FEC.
10
1
S1
S2
S3
S4
Grafico 1: Risultato analisi su campioni d’acqua nelle stazioni
SEDIMENTO
1000
100
COL. TOT
COL. FEC.
10
E. COLI
1
S1
S3
S4
Grafico 2: Risultato analisi su sedimenti nelle stazioni
Dall’analisi dei risultati è subito evidente come l’inquinamento sia dovuto a scarichi civili che
portano ad elevate concentrazioni di Coliformi fecali nelle acque del lago.
La zona più inquinata corrisponde alla stazione 3, rafforzando l’ipotesi della presenza in quel punto
di uno scarico fognario abusivo, inoltre alti livelli di inquinamento, anche se probabilmente
attenuati dalla presenza della vicina foce aperta, si hanno nella stazione 2. La zona più “pulita” è
posta in corrispondenza con la foce aperta (S1) dove il continuo scambio con il mare abbassa i
valori degli inquinanti presenti, mentre l’altra foce è caratterizzata da presenza di coliformi fecali e
da uno scarso livello di ossigenazione (5,4 g/L).
4
La biocenosi acquatica
La biocenosi che si ritrova nelle acque del lago è composta principalmente da specie marine che,
trasportante nel lago attraverso le foci, hanno ritrovato un ambiente consono alla loro vita.
Dal punto di vista vegetale si ritrovano comunemente alghe rosse (Gracilaria sp., Polisiphonia sp.,
Hypnea musciformis), alghe brune (Ectocarpus spp., Scytosiphon lomentaria) e alghe verdi (Ulva
sp.) che sono le dirette responsabili delle crisi distrofiche; non sono state rilevate fanerogame
marine. Nelle analisi condotte sul Fitoplancton le specie prevalenti sono Diatomee e
Coccolitoforidi. La presenza fitoplanctonica in questa stagione è piuttosto scarsa e la quantità di
clorofilla a appare costante.
Le comunità animali sono caratterizzate da policheti, anfipodi, crostacei, ascidiacei, mente come
vertebrati sono presenti grossi branchi di cefali.
La biocenosi terrestre
La progressiva antropizzazione della zona, la costruzione di strade, l’impianto di giardini pubblici e
il riutilizzo agricolo di alcune aree naturali, hanno ridotto tutta la fascia di vegetazione riparia. Le
aree naturali sono altamente frammentate e ridotte a poche piccole aree, spesso recintate, non
superiori ai 500 mq. Questo pregiudica necessariamente l’instaurarsi dell’intera successione di
vegetazione che viene interrotta lasciando come unico rappresentante il canneto, formato dalla
cannuccia palustre (Phragmites australis) e dalla Tifa (Typha latifoglia), associato, in poche zone,
sia ad alcune specie riconducibili alla macchia mediterranea (cardo selvatico, lentisco) che a specie
erbacee comuni nelle nostre zone (trifoglio stellato, gramigna stellata). Mancano praticamente del
tutto le specie arboree spontanee, tranne rari esemplari, mentre sono comuni le coltivazioni di
agrumi. La presenza di specie infestanti, come l’ortica e la parietaria, sono un inequivocabile segno
dell’aggressione antropica che l’ecosistema ha subito. Per la classificazione delle piante presenti
nella zona è stato condotto uno studio sistematico con una mappatura delle zone naturali e facendo
riferimento alla nomenclatura proposta da Pignatti (1982).
Tra la fauna terrestre oltre a micromammiferi roditori facilmente ritrovabili nella zona, un ruolo
molto importante lo riveste l’avifauna. Il lago ospita varie specie di uccelli, alcune stanziali che
dovrebbero nidificare nelle zone limitrofe ai laghi, altre migratorie o svernanti che colonizzano il
lago solo in precisi periodi.
Il riconoscimento delle specie è stato effettuato attraverso il metodo dell’osservazione e in alcuni
casi l’ascolto dei canti e nella seguente tabella sono riportate le principali specie di uccelli osservati
nell’area del lago nel periodo Dicembre 2002-Gennaio 2003. La maggioranza di esse sono protette
e inserite nella direttiva 43/92/CEE “habitat” e il Libro Rosso degli Animali d’Italia ne ha
individuato lo stato di conservazione e le principali categorie di minaccia (cfr. legenda tabella).
SPECIE
NOME SCIENTIFICO NICCHIA TROFICA
Cormorano
Ittiofago
Phalacrocorax carbo
Gabbiano comune
Onnivoro
Larus ridibundus
Gabbiano corallino Larus melanocephalus
Onnivoro
Gabbiano reale
Onnivoro
Martin pescatore
Ittiofago
Alcedo atthis
Sterna comune
ittiofaga
Sterna hirundo
Svasso maggiore
Ittiofago
STATO
LR
NV
NV
P
V
CAT. MINACCIA
a2, a4, b7
a1, c1
a1, b1, c1
non protetto
a4, a6
a2, a3
non protetto
5
Legenda
STATO
P
pericolo
V
vulnerabile
LR a più basso rischio
NV
non valutata
CATEGORIE MINACCIA
A1
A2
A3
A4
B1
B7
C1
bonifiche zone umide
modificazioni e trasformazioni habitat
uso pesticidi e inquinamento acque
incendio e taglio boschi
caccia
bracconaggio o pesca illegale
cause naturali
La mancata osservazione della folaga (presente in generale nelle zone umide costiere campane) che
nidifica proprio tra i canneti può essere un importante campanello di allarme per il lago.
CONCLUSIONI
I laghi, e più in generale tutte le zone umide, sono molto importanti per elevato grado di
biodiversità che hanno e sono habitat ideale per molte specie animali e vegetali. Le lagune sono un
habitat in continua evoluzione, i cui popolamenti variano influenzati dall’apporto delle acque, dalle
caratteristiche chimico-fisiche e dall’apporto trofico. Tutti i fattori di pressione esterni, come lo
stress antropico, vanno a modificare e a sbilanciare il delicato equilibrio in cui si trova l’ecosistema
e ne possono causare il collasso.
In questo lavoro si è cercato di dare una prima indicazione sul possibile utilizzo di alcuni indicatori
biologico-naturalistici per monitorare lo stato di salute del lago. Infatti la presenza o assenza di
alcune specie animali e vegetali e l’andamento della loro distribuzione nel corso del tempo sono
importanti indicatori per capire il livello di stress antropico presente. Per poter trarre delle
conclusioni definitive sullo stato di salute del lago Miseno è necessario un lavoro a lungo termine
con monitoraggi che tengano conto delle cadenze di campionamento e dei parametri dettati dal
DLgs 152/99 sulle diverse matrici. A questi deve essere necessariamente affiancata un’analisi
sistematica delle biocenosi presenti.
Dai dati raccolti il Miseno viene dipinto come un ecosistema in forte disequilibrio con una forte
alterazione dei parametri biologici e delle comunità presenti, dovuta essenzialmente
all’antropizzazione dell’intera area.
Dalle analisi condotte e dalla diretta osservazione sul campo la pressione antropica si può
ricondurre a due fattori principali:
1. un uso non sostenibile del suolo che ha portato all’espandersi delle zone edificate e
all’ingrandirsi delle aree a funzione agricola con la conseguente frammentazione delle aree
naturali e abbassamento del grado di biodiversità dell’ecosistema.
2. un inquinamento diretto dovuto sia agli scarichi fognari nel lago che agli sversamenti di
rifiuti solidi non biodegradabili nel lago e lungo tutte le sponde.
Una evidente considerazione da fare è che sicuramente la mancanza di un’adeguata fascia di
vegetazione riparia ha causato un ulteriore aumento dell’inquinamento delle acque del lago. Infatti
un’importante funzione delle piante riparie è proprio quella di filtrare le acque che arrivano al lago,
conducendo un’importantissima opera di depurazione.
Le conseguenze naturali sono abbastanza ovvie e a lungo andare portano al collasso dell’intero
ecosistema e alla scomparsa di un habitat prezioso per molte specie, il cui alto rischio di estinzione
è dovuto proprio all’alterazione del proprio habitat.
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Sulla scorta delle informazioni ottenute si procederà al monitoraggio continuo della zona per poter
avviare un piano di risanamento ambientale dell’intera area.
BIBLIOGRAFIA
AA.VV., Il cratere di Averno, Napoli, 2001.
AA.VV., Risanamento del Lago Miseno, Napoli, 2000.
Bulgarini F. et alii, Il libro rosso degli animali d’Italia, Roma, 1998.
Della Croce N. et alii, Ecologia e protezione dell’ambiente marino costiero, Bologna, 1997.
DLgs 152/99 e successive modifiche
Scebba F., Check List degli uccelli della Campania, Napoli, 1993.
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