Corso di laurea triennale in Scienze dell’educazione e della formazione (L-19) Corso di Sociologia generale (8 CFU) (Prof. Sebastiano Porcu) MATERIALE DIDATTICO - prima e seconda parte - anno accademico 2015/2016 1 INDICE • Istruzioni per l’uso • Parte prima • 1.1. Premessa • 1.2. Due questioni fondamentali dell’analisi sociologica • Parte seconda - Le principali «parole chiave» per l’analisi del testo di Alexander e Thompson 2 Istruzioni per l’uso Il materiale didattico presentato nella pagine che seguono è articolato in due parti: a) la prima parte presenta una premessa (che introduce alcuni concetti di base della sociologia) ed espone, sinteticamente, alcuni dei principali temi/nodi teorici che la sociologia ha affrontato nel corso dello sviluppo delle sue analisi e che costituiscono alcuni dei principali aspetti della differenziazione dei principali paradigmi sociologici; 3 b) la seconda parte presenta i principali aspetti concettuali di cui lo studente dovrà curare la comprensione e la capacità espositiva con particolare riferimento al testo di Alexander e Thompson, Piuttosto che una mera sintesi dei capitoli del testo già indicati nel programma della prima prova, le pagine che seguono propongono alcune «parole chiave» trasversali che meglio possono aiutare a cogliere gli elementi essenziali dell’analisi dei principali fenomeni e strutture della società, in particolare colti nella loro recente o attuale trasformazione. 4 Ad es: il concetto di «differenziazione» (sia socio-culturale che strutturale) serve a individuare il «filo rosso» che lega la più parte delle trasformazioni in atto, sia a livello dei modelli culturali ai tempi della globalizzazione sia delle articolazioni strutturali (la stratificazione sociale, lo sviluppo delle società multietniche, le strutture matrimoniali ed il pluralismo delle forme familiari, ecc.), sia, ancora, dei processi di riproduzione sociale (gli attori della socializzazione, le traiettorie di vita, ecc.). 5 Si ricorda che, come già chiarito nel programma del corso, il testo di Alexander e Thompson è provvisto di un vasto apparato di dati statistici e di supporti d’approfondimento – tabelle, figure, quadri - che può essere omesso nello studio del testo stesso. 6 PARTE PRIMA 1.1. Premessa Al di là delle differenze di oggetto e di ordine epistemologico, c’è un dato comune tra la sociologia ed altre discipline che, tra Ottocento e primi decenni del XX secolo, hanno radicalmente trasformato le conoscenze della vita nelle sue varie dimensioni e manifestazioni (dall’ambiente naturale alla materia organica e non, dai fatti biologici ai fatti sociali ed alla dimensione psichica): come la microbiologia ha messo in luce tipologie e ruoli dei microrganismi, come la fisica ha progressivamente ampliato la conoscenza delle particelle elementari della materia, come la ricerca freudiana ha messo in luce l’esistenza dell’inconscio, così la sociologia - nello “scoprire” (grazie a Comte tra gli anni ’20 e ’30 dell’Ottocento) la società come livello di realtà “oggettiva”, “altra” in quanto diversa da un mero insieme di individui perché dotata di caratteristiche e dinamiche specifiche – contribuì a documentare come “le cose non sono quello che appaiono” neanche a livello di realtà sociale (P.L. Berger, Invito alla sociologia, Marsilio, Padova, 1967). 7 Al di là del ruolo di “padre fondatore” che la sociologia riconosce a Comte (1798-1857), nello sviluppo disciplinare della sociologia e nella definizione di assunti e metodi della ricerca sociologica un ruolo fondamentale è stato svolto da E- Durkheim (18581917), cui si devono, tra l’altro: la prima esplicita definizione della società come “realtà oggettiva”, non riconducibile a sommatoria di individui; l’individuazione dell’oggetto della sociologia nello studio dei “fatti sociali” (“maniere d’agire, di pensare e di sentire che presentano questa rimarchevole proprietà: esse esistono al di fuori delle coscienze individuali” e “dotati di una potenza imperativa e coercitiva in virtù della quale s’impongono a lui, lo voglia o non lo voglia”) (E. Durkheim, Breviario di sociologia, Newton Compton, Roma, 1971). 8 A Durkheim, peraltro, non a caso considerato dai più “precursore” del funzionalismo in sociologia, si deve la prima, pur parziale, messa a punto di quell’orientamento teorico-metodologico il funzionalismo, appunto - che, grazie allo sviluppo che ha poi trovato grazie all’opera di T. Parsons (19021979), ha costituito il “paradigma” (modello di riferimento teorico-metodologico diffuso e condiviso entro una determinata disciplina. Si presenta come un sistema coerente e complessivo d’integrazione fra oggetti, assunti e metodi conoscitivi) largamente più diffuso in sociologia sino alla seconda metà del Novecento ed alla ripresa di vigore od alla sviluppo di altri orientamenti (in senso generale microsociologici, critici soprattutto rispetto al determinismo macrosociologico del funzionalismo). 9 Le stesse definizioni, ancora generali (che, qui sono anticipate e che, nelle pagine successive, saranno meglio specificate ed articolate), dei principali oggetti della sociologia e, dunque, del glossario della sociologia (oltre a società: sistemi culturali e sistemi sociali; azione sociale, relazione sociale e struttura sociale; soggetto ed attore sociale; valori e norme sociali) sono largamente debitrici nei confronti delle stesse concettualizzazioni di Durkheim e - come nei casi di M. Weber (1864-1920) e di T. Parsons – degli sviluppi della teoria sociologica che la ricerca di Durkheim ha successivamente consentito. 10 Cultura Sistema di: valori condivisi in un dato gruppo sociale; norme codificate/attese; beni materiali (dimensione materiale della cultura). Sistema coerente delle credenze, delle rappresentazioni, dei valori, delle norme e delle istituzioni che, all’interno del sistema sociale, grazie anche alle norme sociali collegate ai valori, producono consenso, controllando “le spinte disordinate dell’agire individuale”. 11 Valori Insieme ordinato e coerente di sistemi simbolici (linguaggio, credenze religiose, forme artistiche, ecc.). “Sono criteri simbolici di valutazione dell’azione sociale e in quanto tali influenzano il comportamento, le modalità e le finalità dell’azione sociale stessa” (V. Cesareo, 2000). 12 Norme sociali Prescrizioni di comportamenti cui attenersi in una determinata situazione (norme prescrittive) o divieti di determinate azioni (norme proscrittive), anche a costo di eventuali costi o sacrifici per l’attore (V. Cesareo, 2000). Si articolano in più tipologie (norme d’uso e di costume; norme morali; norme giuridiche; ecc.). Hanno lo scopo di regolare i comportamenti in vista dell’attuazione dei valori di riferimento (previsti dalla cultura) di una società/di un sistema sociale. 13 Subcultura Modello culturale specifico di un gruppo sociale. Differenzia il gruppo, in modo significativo, dagli altri gruppi all’interno di una determinata società sotto il profilo di valori, credenze, stili di vita e modelli normativi. Le subculture possono avere carattere deviante/conflittuale rispetto alla cultura prevalente all’interno della società (in tal caso sono spesso definite «controculture»). L’appartenenza ad una subcultura espone un attore sociale a «imperativi contraddittori» (attese sociali di comportamento contraddittorie che provengono dai modelli normativi differenziati della cultura e della subcultura) e a un inevitabile esito di «devianza». 14 Devianza La devianza può essere definita come «non conformità a una norma o complesso di norme accettate da un numero significativo di individui all'interno di una collettività». Tutte le norme sociali sono accompagnate da sanzioni che promuovono il conformismo e proteggono dal non conformismo. Una sanzione è qualsiasi reazione al comportamento di un individuo o di un gruppo volta ad assicurare l'osservanza di una data norma. «Devianza» e «criminalità» non sono sinonimi, anche se in molti casi possono coincidere. Rispetto a quello di criminalità, riferito specificamente a un comportamento che viola la legge, il concetto di «devianza» è assai più ampio. Molte forme di devianza non sono sanzionate dalla legge. (A. Giddens, 2014). 15 Devianza e innovazione Riprendendo il concetto di anomia dalla sociologia di Durkheim (indebolimento della coesione sociale e degli orientamenti normativi di una società: a) nelle fasi di disorganizzazione sociale che accompagnano il mutamento sociale; b) nella società moderna dove prevale l’individualismo a seguito del passaggio dalla «solidarietà meccanica» alla «solidarietà organica», basata sulla sempre maggiore differenziazione funzionale dei ruoli sociali), Robert Merton ha interpretato la criminalità e la devianza «come risultati della tensione causata dall’insufficienza dei mezzi legittimi per raggiungere obiettivi socialmente approvati» (J.C.Alexander, K.Thompson, 2010). Merton ha classificato, tra le «cinque principali risposte a tale tensione», e come forma particolare di devianza, la «innovazione», che consiste in un comportamento che combina l’accettazione degli scopi culturali della società e l’uso di mezzi trasgressivi per conseguirli. I fenomeni di innovazione svolgono un ruolo fondamentale nell’evoluzione culturale e sociale. 16 Azione sociale Ogni tipo di agire dotato di senso in quanto tiene conto dell’agire altrui. Il senso (F. Crespi, 1985) “può essere inteso come ogni significato (rappresentazione, valore, norma, sentimento, ecc.) elaborato dal soggetto cosciente, che orienta l’agire di quest’ultimo”. 17 Azione sociale: i «tipi ideali» di Max Weber «Rispetto all'agire sociale,Max Weber distingue quattro tipi ideali fondamentali di determinazione dell'agire: a) in modo razionale rispetto allo scopo (Zweckrational), quando l'agire è determinato prevalentemente da aspettative nei confronti di oggetti del mondo esterno o di altri uomini, in relazione a scopi perseguiti razionalmente, secondo il modello mezzi-fini (ad esempio l'agire economico o tecnico); b) in modo razionale rispetto al valore (Wertrational), quando l'agire è determinato prevalentemente da credenze consapevoli nell'incondizionato valore in sé di un determinato comportamento in quanto tale, prescindendo dalle sue conseguenze (ad esempio, il comportamento di un martire della fede); c) affettivo (Affektuell), quando l'agire è determinato prevalentemente da affetti, emozioni, stati attuali del sentire (ad esempio, il comportamento di un innamorato); d) tradizionale (Traditional), quando 1'agire è determinato , prevalentemente da abitudini acquisite (ad esempio, le regole della «buona educazione»). E’ importante sottolineare subito il significato che assume, nella definizione dei quattro tipi ideali, il riconoscimento della presenza di una dimensione di razionalità non solo nell'agire strumentale, che si orienta in vista del raggiungimento di uno scopo concreto, ma anche nell'agire che si determina in base a valori etici, estetici, politici o religiosi». (F. Crespi, 1985). 18 Rel-azione sociale “Un comportamento di più individui instaurato reciprocamente secondo il suo contenuto di senso e orientato in conformità” (M. Weber). “L’elemento della reciprocità mette in evidenza che la dinamica delle interrelazioni sociali è fondata su un insieme di aspettative reciproche e su possibilità calcolate soggettivamente circa le conseguenze del proprio agire” (F. Crespi, 1985). 19 Società Sistema determinato di relazioni sociali coordinato in base a norme sociali e codici di comunicazione che assicurano la prevedibilità dell’azione e la differenziazione/integrazione dei ruoli sociali (divisione sociale del lavoro) Sistema determinato di relazioni sociali, mediate simbolicamente, fra soggetti dotati di autocoscienza “Ogni società presenta quattro caratteristiche essenziali: a) possiede una cultura più o meno omogenea; b) è un insieme di rapporti sociali formali e informali; c) evidenzia al suo interno differenze socialmente rilevanti in termini di potere, reddito, prestigio; d) è direttamente o indirettamente riferibile a un contesto spazio temporale” (V. Cesareo, 2000). E’ un sistema di sistemi sociali ed il sistema sociale più ampio e più complesso. 20 Sistema sociale “Complesso di posizioni o ruoli, occupati o svolti da soggetti individuali o collettivi i quali interagiscono mediante comportamenti, azioni, attività di natura specifica (economica, politica, educativa, religiosa, sportiva, ecc.), nel quadro di norme regolative e di altri tipi di vincolo che limitano la varietà degli atti consentiti a ciascun soggetto nei confronti degli altri. La trama dei rapporti e delle relazioni relativamente stabili - indipendenti dall’identità degli individui o collettività coinvolti nel sistema sociale a un dato momento - che derivano da tali norme costituisce la struttura del sistema” (L. Coser, 1987). 21 Istituzione sociale Modello di comportamento cogente. In alcuni casi, ma non sempre (come, ad es., nell’istituzione tradizionale del “fidanzamento”), “si materializza” in un’organizzazione. 22 Ruolo sociale Insieme coerente di modelli di comportamento (socialmente attesi sulla base di norme sociali) orientati all’espletamento di una funzione. Il ruolo può essere anche definito (L. Gallino, 1993) come “l’insieme delle norme/aspettative che convergono su un attore in quanto occupa una determinata posizione in una più o meno strutturata rete di relazioni sociali, ovvero in un sistema sociale”. Dunque il ruolo è un “comportamento socialmente atteso”. Il ruolo è l’aspetto prescrittivo di una posizione sociale. Ha la funzione di regolare/rendere prevedibile – e integrabile con altri – il comportamento dell’attore. Il processo (regolato da norme sociali) di distribuzione del ruoli sociali (relativi alle diverse funzioni, non solo di tipo economico), entro una società, costituisce la divisione sociale del lavoro. 23 Status sociale Lo status è l’aspetto allocativo di una posizione sociale. Le risorse che vengono allocate (distribuite) tra i diversi status sono - in mix variabili tra le diverse società/situazioni storiche – risorse materiali (denaro ed altri beni), potere, prestigio ed altre risorse socialmente scarse. Se il ruolo è relativo agli “obblighi” di un attore, lo status è relativo ai “diritti” di un attore in relazione al ruolo che svolge. Lo squilibrio tra le diverse dimensioni/risorse assegnate ad uno status (ad es.: tra quantità di prestigio e di ricchezza; tra potere e prestigio, ecc.) è definito incongruenza di status. Può essere, ad es, il risultato di una mobilità sociale discendente che crea incoerenza tra lo status che si modifica «in peggio» e le aspettative di chi svolge il ruolo connesso allo status). 24 Posizione sociale Una posizione sociale comprende due parti: ruolo e status. Una posizione sociale è, dunque, uno status-ruolo. 25 Mediazione simbolica Le diverse forme espressive che, attraverso il linguaggio, si configurano come rappresentazioni della realtà (racconto mitologico; religione; arte; tecniche; sapere scientifico; filosofia; sistemi di diritto; regole di comportamento; ecc.) costituiscono altrettanti modi in cui il soggetto riesce a mediare simbolicamente il rapporto con se stesso, con gli altri, con le cose (F. Crespi, 1985). 26 Funzionalismo “L’analisi di fenomeni culturali e sociali nei termini delle funzioni che essi svolgono in un sistema socioculturale. Nel funzionalismo la società è concepita come un insieme di parti interconnesse, nel quale nessuna parte può essere compresa se isolata dalle altre. Un qualsiasi mutamento in una delle parti è considerato causa di un certo grado di squilibrio, che produce, a sua volta, ulteriori cambiamenti in altre parti del sistema e addirittura una riorganizzazione del sistema stesso. Lo sviluppo del funzionalismo è basato sul modello del sistema organico che troviamo nelle scienze biologiche” (G.A. e A.S. Theodorson, 1969). 27 Morfostasi e morfogenesi Allo squilibrio i sistemi reagiscono attivando i propri meccanismi di omeostasi, che tendono a ripristinare lo stato iniziale del sistema. Solo i sistemi sociali hanno la capacità di attivare (nel corso del loro specifico ciclo di vita) la morfogenesi, ovvero mutamenti della struttura del sistema allo scopo di mantenere la capacità del sistema stesso di perseguire i suoi scopi. Anche i sistemi biologici hanno capacità morfogenetiche ma tali capacità possono operare solo attraverso i lunghi processi di evoluzione della specie. Ai processi morfogenetici è collegato il fenomeno della differenziazione sociale («processo attraverso cui le parti di una società o di un sistema sociale più circoscritto acquisiscono gradatamente una identità distinta in termini di funzione, attività, struttura, cultura, autorità, potere, o altre caratteristiche socialmente significative e rilevanti». N.J.Smelser, 1987). 28 Soggetto “Il soggetto cosciente è pensato in Weber (…) come centro relativamente autonomo, dotato di autoconsapevolezza e di razionalità, mosso da motivazioni e capace di scelta e decisione” (F. Crespi, 1985). E’ il “risultato” di un processo di socializzazione/educazione efficace. 29 1.2. Due questioni fondamentali dell’analisi sociologica Per entrare nella prospettiva sociologica dell’analisi dei fatti sociali, oltre il senso comune del “parlare” dei fatti sociali, occorre partire da due delle principali questioni fondamentali cui la sociologia s’è progressivamente applicata a partire dalla sua “nascita” e che costituiscono anche discriminanti della differenziazione dei paradigmi sociologici: 1. il rapporto fra dimensione biologica (naturale) e socio-culturale (artificiale) della vita; 2. il rapporto fra dimensione individuale e dimensione collettiva dell’azione sociale. 30 1. Il rapporto circolare tra biologia (natura) e cultura. Tre esempi: a) l’aumento (o la diminuzione) della durata media della vita, b) la rappresentazione sociale della malattia (mentale; epidemica; cronicodegenerativa) e della disabilità, c) il pregiudizio etnico 31 documentano come le due dimensioni di vita (biologica e socio-culturale) siano strettamente interdipendenti e si influenzino reciprocamente, contribuendo l’una al cambiamento dell’altra. 32 Tale rapporto è però cambiato, sino a divenire sempre più asimmetrico, nel corso dell’evoluzione delle società umane, che si è tradotta in una «artificializzazione» crescente delle organizzazioni e delle relazioni sociali. 33 Nel corso dell’evoluzione sociale, infatti, la crescita delle capacità di «adattamento» delle società umane all’ambiente fisiconaturale e lo sviluppo della «differenziazione sociale» hanno accresciuto progressivamente, entro un lungo percorso, l’autonomia delle società dai vincoli ambientali (in particolare climatici e di risorse) ed ampliato il ruolo della dimensione simbolico-culturale. 34 La «conquista» socio-culturale della terra, che ne è progressivamente derivata, ha portato, insieme, alla «antropizzazione» dell’ambiente naturale ed ad una crescente «autopoiesi» della società (la capacità della società di cambiare e ridefinirsi sulla base dei propri sistemi di significato, riducendo progressivamente il peso dei fattori/limiti ambientali). 35 La crescita della «metabolizzazione» dell’ambiente naturale (mediante lo sviluppo della tecnologia e della scienza applicate, in particolare, all’economia) è andata di pari passo con lo sviluppo e la differenziazione dei sistemi culturali che hanno concorso all’autonomia delle società rispetto alla varietà e variabilità dei fattori ambientali. Tale processo di «autonomizzazione» si è accelerato/approfondito, in particolare, con la transizione alla modernità. 36 Le fasi più recenti dell’evoluzione sociale, tuttavia, mostrano come l’incorporazione dell’ambiente fisico-naturale da parte delle società umane abbia prodotto e produca «effetti perversi» (come danni ambientali crescenti) che, attraverso l’interdipendenza tra sistemi sociali ed ecosistemi, costituiscono veri e propri boomerang nei confronti del processo di adattamento (economia) e di tutta l’organizzazione sociale. 37 Dalle «magnifiche sorti e progressive» si passa così ad una diffusa e crescente consapevolezza di come il processo di «metabolizzazione» sociale dell’ambiente fisico naturale abbia delle soglie oltre cui può diventare disfunzionale all’ulteriore sviluppo delle società umane. Il rapporto tra società ed ambiente fisico-naturale, quindi, è sempre più assimilato al rapporto tra società ed ambiente umano «interno»: in entrambi i casi, oltre certe soglie d’incorporazione di tali ambienti da parte della società, prevalgono gli aspetti negativi. 38 2. Il rapporto fra dimensione individuale e dimensione collettiva dell’azione sociale Anche il rapporto tra la dimensione collettiva/sistemica dell’azione sociale e la dimensione del soggetto/attore sociale è di stretta interdipendenza. Tale prospettiva sì è sviluppata, nella sociologia, contestualmente al superamento delle teorie ottocentesche ed anche del successivo strutturalfunzionalismo che consideravano il soggetto/attore sociale come mero «prodotto» ad opera della società intesa come realtà oggettiva («sui generis»), non riconducibile all’insieme degli individui presenti nel contesto storico-sociale. 39 La prospettiva dell’interdipendenza porta allo studio: 1. dei processi di «riproduzione socio-culturale» che, attraverso i processi di educazione/socializzazione, assicurano la continuità dell’organizzazione sociale «di generazione in generazione»; 2. della «società nell’uomo»: la trasmissione dei «sistemi culturali» propri della società di riferimento dentro il nuovo nato, mediante l’educazione e la socializzazione; i diversi processi e strutture sociali che hanno la funzione di «integrazione» garantendo i diversi livelli e tipi di «controllo sociale» (ovvero il rispetto delle norme sociali («aspettative sociali di comportamento») nell’ambito dei ruoli sociali e sanzionando la trasgressione («devianza) di tali norme; 40 3. dell’ «uomo nella società»: i processi che – come altra e contestuale faccia del processo di socializzazione che porta la società dentro l’uomo – determinano la costruzione dell’identità individuale. Tali processi – in particolare attraverso la «interiorizzazione» – sono diretti a consentire all’individuo che cresce: il raggiungimento dell’autodirezione e dell’autonomia in un contesto, tuttavia, socialmente normato e regolato; la capacità di «parlare e di agire» (Habermas) e di «lavorare e di amare» (Freud), ossia di agire, in relazioni sociali, sia nella dimensione tecnica e razionale, sia nella dimensione affettiva; in ultima analisi, ad attualizzare compiutamente la dimensione della «coscienza» individuale (consapevolezza di sé e capacità di negazione/distanziamento); 41 4. il processo di «mediazione simbolica» che svolge un ruolo fondamentale nello strutturare il rapporto tra dimensione individuale e dimensione sistemicosociale. La dimensione simbolica assicura la mediazione dell’esperienza immediata e diretta ed il passaggio all’esperienza riflessa e consapevole. 42 Essa (Crespi, 1985) è costituita dalle diverse forme espressive che, attraverso il linguaggio, si configurano come rappresentazioni della realtà (racconto mitologico; religione; arte; tecniche; sapere scientifico; filosofia; sistemi di diritto; regole di comportamento; ecc.) che costituiscono altrettanti modi in cui il soggetto riesce a mediare simbolicamente il rapporto con se stesso, con gli altri, con le cose. 43 La condivisione della dimensione simbolica di un gruppo/una comunità/una società, appresa ed interiorizzata nel corso del processo di socializzazione, permette la prevedibilità dell’azione sociale e, dunque, la stabilizzazione di un sistema di relazioni sociali. 44 Ciò è possibile attraverso la definizione di un ordine normativo comune agli attori sociali (norme sociali=aspettative sociali di comportamento) che consentono, sulla base dei ruoli sociali («l’insieme delle norme e delle aspettative che convergono su un individuo in quanto occupa una determinata posizione», ovvero svolge una certa funzione entro la divisione sociale del lavoro: Gallino, 1993), di «comprendere ed interpretare le azioni degli altri su una base di reciprocità» (Crespi, 1985). 45 N.B. Il ruolo sociale può essere anche definito come «comportamento/sistema di comportamenti» socialmente attesi da un attore che svolga una determinata funzione socialmente regolata entro una divisione sociale del lavoro. Al ruolo sociale è collegato lo status sociale che rappresenta l’insieme delle risorse (economiche, di prestigio e potere, ecc.) che vengono riconosciute all’attore sociale sulla base del ruolo/dei ruoli che esso svolge. La composizione, oltre che la quantità, di tali risorse è determinata culturalmente e storicamente ed incide sulla stratificazione sociale. Il ruolo e lo status, insieme, definiscono la posizione sociale dell’attore sociale. 46 In particolare nelle sue componenti di «immagini del mondo», soprattutto – com’è stato per la più parte del processo evolutivo delle società – di carattere religioso, la dimensione simbolica svolge anche una funzione sociale importante (per molti essenziale): Essa tende ad assicurare conferimento di senso (e così ad assicurare la «latenza», nel termine parsonsiano che verrà affrontato a suo tempo) a due esperienze che ricorrono nel ciclo di vita: la «esperienza del limite» e la «esperienza del caso». 47 L’esperienza del limite (Bagnasco, Barbagli, Cavalli, 1979): è collegata alla consapevolezza (particolarmente enfatizzata da alcune vicende biografiche) del limite della durata della vita, delle capacità individuali, delle possibilità stesse di spiegazione di eventi che evidenziano tali limiti. Nel ricorso ad una realtà trascendente (la dimensione storica ed umana) e sovrannaturale - la sfera del sacro – si trova la possibilità di affidarsi ad «ente onnisciente al quale ricondurre in modo unitario l’ordine delle cose naturali ed umane». 48 Ciò, soprattutto nell’esperienza del caso, fornisce gli strumenti simbolici che permettono quella «elaborazione del lutto» che è necessaria alla continuità dell’azione sociale intenzionale ed alla stabilità del modello culturale di riferimento dell’attore sociale e dell’ordine normativo entro cui si muove l’attore sociale stesso. 49 Anche l’ordine morale è strettamente collegato alle funzioni della dimensione simbolica: il modello culturale, in particolare se strettamente collegato ad un sistema di credenze religiose, fonda - e «giustifica», in modo più efficace se rimandandoli alla volontà di un ente sovrannaturale, al loro carattere «universale» e «naturale» e quindi astorico, cioè sottratto all’arbitrarietà e provvisorietà delle decisioni sociali – gli assunti e le basi etico-morali dell’ordine normativo (e dunque anche dell’organizzazione, delle disuguaglianze sociali, dei rapporti di potere, ecc.) di un gruppo/una comunità/una società. 50 Il ruolo che i modelli/sistemi culturali svolgono nel legittimare l’ordine sociale è al centro della teoria parsonsiana dell’azione e dei sistemi sociali: «L’esigenza funzionale centrale delle interrelazioni tra una società e un sistema culturale è la legittimazione dell’ordine normativo della società. I sistemi di legittimazione definiscono le ragioni dei diritti posseduti dai membri e delle proibizioni che incombono su di essi. Soprattutto l’uso del potere (…) richiede la legittimazione.» Il concetto di legittimazione implica «che sia in qualche modo “giusto” che le cose si facciano in conformità con l’ordine istituzionalizzato. (…) I modelli culturali di valore forniscono il legame più diretto tra i sistemi sociali e quelli culturali nel legittimare l’ordine normativo della società.» (T. Parsons, 1966). 51 Il tema della legittimazione del potere politico è stato invece introdotto, in modo compiuto, in sociologia da Max Weber. Il concetto weberiano di potere legittimo è stato efficacemente ripreso e chiarito da N. Bobbio: «Un potere può dirsi legittimo quando chi lo detiene lo esercita a giusto titolo, e lo esercita a giusto titolo in quanto è autorizzato da una norma o da un insieme di norme generali che stabiliscono chi in una determinata comunità ha il diritto di comandare e di ricevere obbedienza ai suoi comandi.» (N. Bobbio, 1987) 52 I tre tipi ideali di potere politico legittimo secondo M. Weber Tre sono i tipi puri (o ideali) di potere politico legittimo. La validità della sua legittimità può essere infatti, in primo luogo: a) di carattere tradizionale, quando poggia sulla credenza quotidiana nel carattere sacro delle tradizioni valide da sempre, e nella legittimità di coloro che sono chiamati a rivestire un'autorità (potere tradizionale); b) di carattere carismatico, quando poggia sulla dedizione straordinaria al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona e degli ordinamenti rivelati o creati da essa (potere carismatico); c) di carattere razionale, quando poggia sulla credenza nella legalità di ordinamenti statuiti e del diritto di comando di coloro che sono chiamati ad esercitare il potere (potere legale) in base ad essi. (F. Crespi, 1985). 53 A riguardo della teoria weberiana del potere legittimo è opportuno sottolineare due aspetti: a) la distinzione tra autorità e potere. Se il potere rappresenta la «capacità di imporre comunque una volontà anche se l'altro vi resiste», il potere è legittimo quando è esercitato sulla base di un’autorità conferita a chi esercita il potere (l'autorità della tradizione, del capo carismatico, della legge). A sua volta l’autorità è conferita (ad una dinastia regnante, a un capo carismatico, ad un leader/ceto politico in una società moderna) sulla base di valori e norme che, come chiarito da Bobbio, definiscono «chi ha diritto a comandare»; 54 b) la distinzione tra legittimazione del potere e consenso: «In quanto adesione a un valore morale che si crede impersonato nel dominatore, la legittimazione ha una connotazione etica, metarazionale, pure nei casi in cui si riferisce ad una struttura razionale quale il diritto moderno. il consenso è sovente adesione a un comportamento o ad un corso di azione del soggetto dominante, cui non è estrinseco un elemento di interesse strumentale o di calcolo» (L. Gallino, 1993). 55 5. il ruolo delle «rappresentazioni sociali» (Durkheim; Thomas) nella «produzione» di realtà sociali attraverso sistemi socialmente condivisi di significato. Il “teorema di Thomas” delle rappresentazioni sociali: secondo la rielaborazione del pensiero di Thomas ad opera di Merton, se un soggetto individuale/un gruppo definisce una situazione, una circostanza come reale, i suoi comportamenti, indipendentemente dalla effettiva realtà di quella situazione, saranno conseguenti alla sua valutazione della situazione stessa e, attraverso l’interazione sociale, concorreranno alla produzione di realtà. 56 Tale «teorema» può essere applicato alla spiegazione di innumerevoli fenomeni sociali che evocano, ad es., il pregiudizio a riguardo della malattia mentale (cfr. la Storia della follia di Foucault), della disabilità fisica, del pregiudizio etnico, religioso o sessuale, ecc. e delle conseguenze che ne sono derivate sul piano delle relazioni sociali, del sistema di disuguaglianze e del riconoscimento dei diritti di cittadinanza o, peggio, di fenomeni di «pulizia etnica» o sterminio (come nel caso della Shoah) a causa delle limitazioni o della negazione dell’inclusione sociale dei soggetti o dei gruppi colpiti da tali rappresentazioni sociali. 57 Il pregiudizio scaturito da rappresentazioni sociali e gli effetti che sono derivati come negli esempi appena citati sono peraltro da leggere come fatti sociali (secondo la definizione di Durkheim: «maniere di agire, pensare e di sentire, esterne all’individuo, e che sono dotate di un potere di coercizione in virtù del quale si impongono a lui») che rispondono a precise funzioni sociali, manifeste o latenti (secondo la distinzione di Merton. In tale caso si può ricordare, ad es., la funzione di capro espiatorio (cfr. il concetto freudiano di esportazione del lutto). 58 6. il ruolo della cultura come strumento di «riduzione della complessità», ovvero di codificazione simbolica condivisa e di rappresentazione sociale della realtà nelle sue varie dimensioni. «Il concetto di riduzione di complessità svolge un ruolo centrale in tutta la teorizzazione luhmanniana e va compreso all'interno del rapporto sistema-ambientemondo. (…) 59 «Per mondo Luhmann intende la complessità indeterminabile, l'insieme delle illimitate possibilità, che come tale non può mai essere circoscritto. Il mondo comprende sia l'ambiente, ovvero l'insieme delle possibilità determinabili presenti in una situazione concreta, che il sistema, in quanto prodotto determinato, costituitosi in base alla effettiva selezione di alcune delle possibilità determinabili dell'ambiente e alla negazione di tutte le altre. Tanto l'ambiente che il sistema sono quindi già livelli progressivi di riduzione di complessità del mondo.» (Crespi, 1985) 60 «La riduzione di complessità operata dal senso è, nella sua selettività, in sé assolutamente arbitraria, in quanto non è possibile ricondurre il senso a nessun criterio oggettivo di realtà o di verità». «Anche per Luhmann, come per Weber e Schutz, resta rilevante nella produzione del senso la dimensione intersoggettiva e sociale, in quanto il senso, come principio convenzionale di identificazione dei soggetti e dei sistemi sociali, e come garanzia di stabilizzazione dell'universo dell'esperienza vissuta e dell'azione, si costituisce sempre all'interno dei processi di interazione. Tali processi sono caratterizzati dalla doppia contingenza, un concetto già usato da Parsons». (Crespi, 1985) 61 La doppia contingenza: «Ogni esperienza vissuta e ogni agire, riferito ad altri uomini, è doppiamente contingente, per il fatto che dipende non solamente da me, ma anche dall'altro, il quale deve essere concepito da me come alter ego, cioè come altrettanto libero e mutevole quanto lo sono io» (Luhmann 1971). 62 «A differenza dei sistemi fisici o biologici, i cui confini possono essere definiti empiricamente, i sistemi sociali sono definibili solo sulla base del senso partecipato (…) Dato che le forme determinate del senso possono variare continuamente nel tempo e nello spazio, perché si dia un sistema sociale è necessario che sussistano forme codificate sufficientemente stabili del senso, tali da garantire la prevedibilità delle reciproche aspettative di comportamento, sulla base di regole condivise nel tempo (tradizione, ripetitività dell'esperienza) e nel sociale (consenso fondato sulla presenza di norme o sui comandi di un'autorità riconosciuta). Tale stabilizzazione infatti non si realizza, secondo Luhmann, nella forma di relazioni di invarianza fra determinate cause e determinati effetti, ma sulla base di aspettative socialmente condivise». (Crespi, 1985) 63 Due proprietà dei sistemi sociali I sistemi esistono solo in quanto autoreferenziali: «Un sistema può essere definito come autoreferenziale se costituisce in proprio, quali unità funzionali gli elementi di cui è composto, e se attiva in tutte le relazioni fra questi ultimi un rinvio a tale autocostituzione, che viene quindi in questo modo continuamente riprodotta». (Luhmann, 2001) Il carattere autoreferenziale dei sistemi è alla base della loro ulteriore proprietà: l’autopoiesi "Un sistema autopoietico è organizzato come una rete di processi di produzione di componenti che produce le componenti che: attraverso le loro interazioni e trasformazioni rigenerano continuamente e realizzano la rete di processi che le producono e la costituiscono come un'unità concreta nello spazio in cui esse esistono, specificando il dominio topologico della sua realizzazione in quanto tale rete«. (Maturana, Varela, 1985). 64 7.Il «relativismo culturale» e la cultura come «inganno funzionalmente necessario». Nella società moderna ed ancora di più in quella contemporanea, per effetto della crescita delle interdipendenze sistemiche a livello globale e delle relazioni interculturali, «ciò che era apparso per secoli come un ordine immutabile fondato sulla stessa natura degli uomini e sulla legge divina, viene ora visto come il prodotto storico dell’agire collettivo. Non vi è un’unica forma di società, né i valori sono dappertutto gli stessi: possono darsi anzi forme molto diverse di cultura e di società a secondo delle epoche, della collocazione geografica, delle caratteristiche climatiche e territoriali, delle forme economiche e delle vicissitudini storiche» (Crespi, 1985). 65 La consapevolezza del relativismo culturale, se da una parte alimenta lo spirito critico nei confronti dell’ordine sociale entro alcuni strati sociali, convive, tuttavia, con la persistenza diffusa, a livello generale degli attori sociali, di processi di rimozione del carattere storicamente determinato del modello culturale di riferimento della società in cui gli attori vivono. Ogni modello culturale, in altri termini, tende funzionalmente ad assolutizzarsi e a «naturalizzarsi». «La formazione di strutture richiede (…) la presenza di due condizioni essenziali: da un lato una certa misura di latenza funzionale, che impedisca una ri-problematizzazione della struttura, dall’altro lato l’approntamento di meccanismi che regolino la gestione delle inevitabili delusioni» (Luhmann, 1983). 66 8. il problema di «modelli educativi» adeguati in quanto diretti allo sviluppo di un io equilibrato tra pulsioni individuali ed aspettative normative ed alla capacità di agire nelle relazioni sociali nella prospettiva della reciprocità e dell’altro generalizzato; 67 Parte seconda - Le principali «parole chiave» per l’analisi del testo di Alexander e Thompson 2.1. Differenziazione 2.2. Disuguaglianze 2.3. Denaturalizzazione 68 2.1. La differenziazione La pluralizzazione - entro una società, un sistema sociale, un gruppo sociale - dei modelli culturali di riferimento, delle funzioni, delle attività, dei livelli di potere e di risorse, degli stili di vita e delle altre caratteristiche socialmente rilevanti. La d. rappresenta - assieme alla crescita (o riqualificazione) adattiva, alla generalizzazione dei valori e all’inclusione – una delle componenti/processi fondamentali dell’evoluzione sociale (T.Parsons, 1967). 69 I concetti di evoluzione sociale e di mutamento sociale Pur frequente, è del tutto impropria l’assimilazione dei concetti di evoluzione sociale e di mutamento sociale, che invece rappresentano dimensioni ben distinte, per ampiezza e profondità, delle trasformazioni sociali. Se l’evoluzione sociale rappresenta la «curva di trasformazione intorno alla quale si distribuiscono tutti i mutamenti sociali verificatisi sino ad oggi nel complesso delle società umane», il mutamento sociale consiste in una «variazione o differenza o alterazione relativamente ampia e non temporanea, anche se non irreversibile, nelle proprietà, nello stato o nella struttura, dell’organizzazione di una determinata società, ovvero nei rapporti fra i principali sistemi sociali che la compongono – ad es, nella sfera dell’economia, della politica, dello stato, della religione, della famiglia – oppure entro uno di tali sistemi» (L.Gallino, 1973). 70 Tre principali significati: a) d. come incremento della complessità organizzativa (cfr., più sotto, i 4 tipi); b) d. come crescita della divisione sociale del lavoro (Durkheim); c) d. come aumento delle disuguaglianze. 71 Quattro tipi di d.: a) b) c) d) La d. segmentaria La d. centro/periferia La d. stratificata La d. funzionale (o specializzazione funzionale). N.B. Spesso solo i tipi di d. da 2 a 4 sono considerati propriamente differenziazione, intesa come (L. Gallino) processo con cui «un’unità sotto-sistema, o categoria di unità o sotto-sistemi, avente nella società un unico posto, relativamente ben definito, si divide in unità o sotto-sistemi (di solito due) che differiscono fra di loro tanto nella struttura quanto nella rilevanza funzionale per il sistema più ampio». 72 La differenziazione segmentaria • Tipica delle società meno sviluppate, consiste nella divisione di una società in parti autonome tra loro simili se non identiche (società nomadi di caccia e raccolta). • Assomiglia al processo di «gemmazione» degli organismi biologici più semplici. • Entro le singole parti le differenze di ruolo/status e di potere sono di tipo «naturale» (sesso, età). 73 La differenziazione centro/periferia • Dopo la d. segmentaria, con il progressivo sviluppo delle società sedentarie (sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento degli animali) comincia un lungo processo di sviluppo di forme «gerarchiche» di d., ovvero tra parti della società diverse per importanza, potere, ricchezza, ecc. • Sulla base della separazione tra «campagna» e prime strutture «urbane», si sviluppa una differenziazione tra «centro» (sede delle più importanti attività e del «comando») e le «periferie». 74 Compaiono: la prima importante d.orizzontale: articolazione della società in sotto-sistemi distinti per funzione (economica, politica militare, religiosa, ecc.) e la d. verticale/gerarchia sociale (tra gruppi/etnie/dinastie dominanti legittimati dalla cultura, in particolare religiosa) (cfr. le grandi società/imperi tradizionali). 75 La differenziazione stratificata • Lo sviluppo socio-culturale ed economico è alla base della comparsa della strutturazione delle disuguaglianze in struttura di classi/ceti (su base ascrittiva) gerarchicamente ordinati (per livello di potere, ricchezza e prestigio) e tendenzialmente «chiusi». • Es.: società medievali e società premoderne. 76 La differenziazione funzionale (o specializzazione funzionale) • Crescita della numerosità delle parti, che si «specializzano» progressivamente secondo la funzione svolta (spesso «scindendosi» da una parte che svolge una funzione più generale e meno specifica. • Il ruolo dello sviluppo scientifico. • Esempi: sistema sociale della scienza; sistema sanitario; sistema formativo; imprese. 77 Altri aspetti/dimensioni della d. nella società contemporanea La società contemporanea, anche per effetto della maggiore complessità sistemica associata alla d. funzionale, presenta un livello maggiore di d. sociale per l’effetto combinato di una pluralità di fattori (cfr. slide seguente) che portano ad una stratificazione crescente di posizioni sociali, stili di vita ed orientamenti di valore. 78 I principali fattori della d. nella società contemporanea • Le norme giuridiche (decidono sui livelli differenziati di inclusione sociale, ad es. di diritti di cittadinanza civili, politici e sociali). • La posizione nel mercato (attività professionale) e le risorse economiche (differenziano gli status). • Il potere (politico ed economico) (il potere politico incide sull’allocazione/distribuzione sociale delle risorse; il potere economico incide anch’esso sulla mobilità sociale, sulla distribuzione delle risorse, e quindi sugli stili di vita, e sulle condizioni di lavoro). 79 • La struttura demografica (in particolare la composizione per età della popolazione incide sulla differenziazione delle diverse fasi della vita Corso della vita.pdf ; altra ricaduta sulla differenziazione viene, ad es., dalla distribuzione territoriale della popolazione tra grandi centri urbani e piccoli centri). • La tecnologia (esposizione alla tecnologia; competenza tecnologica) (l’accesso e l’uso delle tecnologie – ad es. di quelle digitali – differenziano una pluralità di aspetti delle relazioni sociali, della vita economica, culturale e politica, incidendo su stili di vita, partecipazione sociale ed anche reddito). 80 • Le appartenenze subculturali (etniche, ecc.) (il carattere multietnico delle società contemporanee – spesso associato a pluralismo religioso – è un fattore importante di differenziazione sociale; altro fattore è il rinascente localismo che può riattualizzare differenze subculturali che parevano scomparse; un altro aspetto, anche collegato a quanto sopra, è il fenomeno del «fondamentalismo» culturale di chi si oppone all’innovazione ed alla crescita della inclusione). 81 La differenziazione come crescita della divisione sociale del lavoro (Durkheim) E. Durkheim individua nell’evoluzione della divisione sociale del lavoro il principale fattore di d. ed il motivo del crescente individualismo della società moderna. In questa società si passa dalla solidarietà meccanica delle società tradizionali (scarsa differenziazione dei ruoli; forte «vincolo sociale» e forte senso di appartenenza; prevalenza del sentimento di «uguaglianza») alla solidarietà organica della società moderna (interdipendenza funzionale tra ruoli sempre più distinti; crescente individualismo ed indebolimento del senso di appartenenza; prevalenza della percezione della «differenza»; presenza di anomia «cronica»). 82 2.2. Le disuguaglianze Se la differenziazione significa e comporta, in generale, la crescita delle differenze - culturali e strutturali - entro una società/un sistema sociale/un gruppo, una dimensione centrale delle differenze è quella delle disuguaglianze sotto il profilo della distribuzione sociale delle risorse socialmente più rilevanti (ricchezza, potere, prestigio). L’articolazione complessiva di tali diseguaglianze costituisce la stratificazione sociale. 83 La stratificazione sociale La pluralità delle teorie sociologiche della s.s. è alla base della spiccata eterogeneità delle definizioni del fenomeno. Tre recenti definizioni: 1) la distribuzione delle unità di una popolazione (individui o famiglie) in fasce contigue e sovraordinate (strati sociali), distinte fra di loro per quantità posseduta delle risorse socialmente disponibili (ricchezza, potere, prestigio, ecc.); 2) distribuzione, in dimensione verticale, dei membri della società in ordine decrescente - dall’alto verso il basso - di ricchezza, potere, prestigio, stile di vita, ecc.; 3) lo strato sociale è l’insieme dei soggetti (individui/famiglie) che dispongono di tali attributi in quantità uguali/simili. 84 L’analisi sociologica della s.s. Due questioni preliminari: a) la s.s. è un fenomeno universale? b) stratificazione sociale e struttura di classe: sono sinonimi? a) la s.s. è un fenomeno universale? Tutte le società, anche quelle più semplici/meno differenziate, hanno conosciuto diseguaglianze strutturate per sesso o per età quanto, ad es., al potere, ma non dal punto di vista delle risorse materiali (l’eccezione è costituita dalle prime società nomadi). 85 La s.s., in senso proprio, si manifesta a partire dalle società agricole, in cui inizia a strutturarsi la relazione tra surplus economico, diseguale distribuzione della ricchezza e concentrazione del potere (G.Lensky, 1966). b) Stratificazione sociale e struttura di classe: sono sinonimi? Solo per la teoria marxista. La sociologia considera la struttura di classe (cfr. ad es. M. Weber) come una delle forme/dei sistemi di stratificazione sociale 86 Principali sistemi di s.s. nella storia • • • • Schiavitù Caste (india) Ceti Classi 87 Schiavitù - in società con economie poco sviluppate, con la forza lavoro come principale mezzo di produzione. Caste (India) - differenziazione e segregazione per diritto - secondo i testi sacri: rapporto con l’immagine del mondo (la purezza e l’origine delle caste dalle diverse parti del corpo - testa, spalle, coscia, piedi – dell’uomo primigenio; in più i paria, gli intoccabili) - in realtà, la struttura delle caste è molto più articolata (molte migliaia di caste), anche se - sino ad epoche recenti - ha conservato i caratteri distintivi: - ascrittività/chiusura - endogamia (raramente: ipergamia). 88 Ceti nella società tradizionale: • stratificazione di fatto e di diritto; • ascrittività ; • divisione dei ruoli (manuali e non) ; • rapporto tra ricchezza e prestigio; • ceti e potere politico. 89 Classi • Prodotte dal mercato/dal capitalismo secondo Weber e, in generale, dalla sociologia. • Articolazioni universali della stratificazione sociale (Marx): prodotte dai rapporti di produzione 90 La sociologia contemporanea ha sviluppato anche l’analisi delle relazioni tra s.s. e razza e genere che sono colti come ulteriori dimensioni delle disuguaglianze sociali e come fattori di differenziazione interne alle classi/ai ceti/agli strati sociali. Cfr., in particolare, l’analisi della «sottoclasse razziale in America». 91 Teorie della s.s. a) Teoria funzionalista (Davis-Moore) • la distribuzione diseguale delle risorse socialmente disponibili è in funzione della rilevanza funzionale dei ruoli, della quantità (scarsa) dei talenti e della lunghezza/onerosità del training necessario ad acquisire le competenze di ruolo, • ha lo scopo di motivare alle posizioni sociali socialmente più rilevanti e • produce una struttura molto articolata di strati sovrapposti (con ridotte disuguaglianze tra strati contigui). 92 Teorie della s.s. b) Teoria di K. Marx • Le classi trovano il loro fondamento nei rapporti di produzione e presentano un’omogeneità di fondo degli attributi dei singoli (reddito, istruzione, sistemi valoriali e comportamentali). • Ogni fase evolutiva esprime una struttura di classe specifica del modo di produzione. - Le classi (il loro conflitto) sono il motore dell’evoluzione, che comporta/richiede la trasformazione delle classi in sè in classi per sé (sviluppo della coscienza di classe). La trasformazione – che avvia l’evoluzione sociale attraverso discontinuità rivoluzionarie - è in relazione con la omogeneità/stratificazione interna delle classi. 93 Teorie della s.s. c) La teoria multidimensionale di M.Weber • La s.s. ha origine da: - economia (classi) - cultura (ceti) - potere (partiti). • Economia=situazione di mercato: - del lavoro (imprenditori/classe operaia) - del credito (creditori/debitori) - delle merci (consumatori/venditori). 94 • Cultura=ceto: • Stile di vita/senso di appartenenza; • ricchezza e prestigio; • confini e chiusura dei ceti • Potere=partito • Il ruolo dei partiti di massa nelle decisioni politiche e nell’allocazione delle risorse nella società moderna. 95 La misurazione delle disuguaglianze • L’indice di Gini o Misura la distribuzione della ricchezza o Varia tra 0, in presenza di minima concentrazione, e 1, nel caso di massima concentrazione del fenomeno. 96 La misurazione delle disuguaglianze (fonte delle definizioni: ISTAT) • La povertà: • assoluta • relativa • La povertà assoluta o La soglia di povertà assoluta rappresenta il valore monetario, a prezzi correnti, della spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta. La soglia di povertà assoluta varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza. o Una famiglia è assolutamente povera se sostiene una spesa mensile per consumi pari o inferiore a tale valore monetario. 97 o Paniere di povertà assoluta: rappresenta l’insieme dei beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati essenziali per una determinata famiglia per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile. o Scala di equivalenza: insieme dei coefficienti di correzione utilizzati per determinare la soglia di povertà quando le famiglie hanno un numero di componenti diverso da due. Ad esempio, la soglia di povertà per una famiglia di quattro persone è pari a 1,63 volte quella per due componenti (1.585,21 euro), la soglia per una famiglia di sei persone è di 2,16 volte (2.100,64 euro). o Spesa equivalente: è calcolata dividendo il valore familiare della spesa per il coefficiente della scala di equivalenza e permette di rendere direttamente confrontabili i livelli di spesa di famiglie di ampiezza diversa. 98 o Incidenza della povertà: si ottiene dal rapporto tra il numero di famiglie con spesa media mensile per consumi pari o al di sotto della soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti. o Intensità della povertà: misura di quanto in percentuale la spesa media delle famiglie definite povere è al di sotto della soglia di povertà. 99 • La povertà relativa o Soglia di povertà relativa: per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media procapite nel Paese. Nel 2013 questa spesa è risultata pari a 972,52 euro mensili. o Spesa media per persona (procapite): si ottiene dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti. o Scala di equivalenza: insieme dei coefficienti di correzione utilizzati per determinare la soglia di povertà quando le famiglie hanno un numero di componenti diverso da due. Ad esempio, la soglia di povertà per una famiglia di quattro persone è pari a 1,63 volte quella per due componenti (1.585,21 euro), la soglia per una famiglia di sei persone è di 2,16 volte (2.100,64 euro). 100 La mobilità sociale Definizione Il passaggio di posizione di unità di una popolazione (individui o famiglie) da una ad un’altra classe/un altro ceto/un altro strato sociale Tipi di mobilità sociale • orizzontale passaggio da una classe/da un ceto/ da uno strato all’altro senza salire/scendere di livello gerarchico • verticale (individuale/collettiva): passaggio da uno strato all’altro: a) salendo di livello gerarchico (mobilità verticale ascendente); b) scendendo di livello gerarchico (mobilità verticale discendente); 101 La mobilità sociale • di lungo raggio quando la classe/il ceto/lo strato di destinazione è lontano da quello di provenienza • di breve raggio quando la classe/il ceto/lo strato di destinazione è contiguo a quello di provenienza • intergenerazionale quando il passaggio riguarda una famiglia (posizione dei figli rispetto a quella dei genitori) • intragenerazionale quando il passaggio riguarda uno stesso individuo nell’arco della sua vita 102 La mobilità sociale • assoluta numero di spostamenti in senso ascendente/discendente • relativa grado di uguaglianza di opportunità di mobilità sociale fra le diverse classi/i diversi ceti/i diversi strati. Indica grado di fluidità/apertura di una società 103 La mobilità sociale • assoluta numero di spostamenti in senso ascendente/discendente • relativa grado di uguaglianza di opportunità di mobilità sociale fra le diverse classi/i diversi ceti/i diversi strati. Indica grado di fluidità/apertura di una società 104 2.3. La denaturalizzazione Alexander e Thompson definiscono la d. come il «processo attraverso il quale qualcosa che si suppone sia normale, universale e da tutti condiviso viene rimesso in discussione o modificato e dunque non sembra più ovvio o naturale». Il concetto, indica, dunque mutamenti sociali che possono essere tuttavia di vario tipo e motivazioni (e tra di loro interrelati): - un cambiamento delle rappresentazioni sociali (cfr. il «teorema di Thomas») a riguardo di qualche fenomeno; 105 - un mutamento del modello culturale di valori che porta a ridefinire le norme sociali (dunque le aspettative sociali di comportamento) e a nuove regolazioni sociali (sostituendo la «tradizione» e il «dato per scontato» con nuove istituzioni sociali); - la diffusione, entro alcuni gruppi sociali, di un orientamento al relativismo culturale, anche per effetto del carattere multietnico di molte società contemporanee. 106