Corso di Scienza Economica (Economia Politica) prof. G. Di Bartolomeo Fallimenti del mercato: Il monopolio Facoltà di Scienze della Comunicazione Università di Teramo Concorrenza imperfetta La concorrenza perfetta è una forma di mercato identificata dalla presenza dei sei requisiti elencati nei LUCIDI 151 e 152. Quando manca anche uno solo di quei requisiti il mercato acquista caratteristiche di concorrenza imperfetta. Principali esempi di concorrenza imperfetta: 1. Monopolio - una sola (grande) impresa e barriere che impediscono l’ingresso di altre imprese nel mercato. 2. Concorrenza monopolistica - come la concorrenza perfetta ma prodotto non omogeneo (differenziato). 3. Oligopolio - poche grandi imprese (ci possono essere o non essere barriere; il prodotto può non essere omogeneo). Monopolio Nei mercati ci possono essere diversi tipi di barriere di entrata, come, per esempio, le economie di scala (la scala minimia efficiente per operare non permette che vi sia più di un produttore), le barriere legali (licenze, brevetti, ecc.), o merceologiche (acqua minerale). Essendo l’unica a vendere il bene, l’impresa monopolista fronteggia l’intera curva di domanda del mercato. La curva di domanda rappresenta per l’impresa l’insieme delle sue possibilità di scelta : può decidere qualsiasi coppia di quantità e prezzo, purché, appunto, sulla curva di domanda. Ma, quanto maggiore è la quantità, tanto minore deve essere il prezzo. Ricavo marginale e monopolio Abbiamo visto che l’impresa può scegliere qualunque punto (combinazione di y e p) sulla curva di domanda. Quale sceglierà? Sceglierà la quantità y (e di conseguenza il prezzo p) che rende massimo il suo profitto, ossia la quantità identificata dalla solita condizione Rm = Cm . Questa volta, però, il ricavo marginale non coincide col prezzo. Se vuole vendere una unità in più, l’impresa deve vendere tutta la sua produzione a un prezzo più basso. Perciò il ricavo che ottiene da quella unità in più (appunto il ricavo marginale) è dato dal prezzo incassato su quell’ultima unità meno il minor prezzo su tutte le unità precedenti. La formula corrispondente è Rm = p − y(∆p/∆y) La dimensione del minor prezzo dipende dall’inclinazione della curva di domanda, ossia, appunto da ∆p/∆y. Prezzo e ricavo marginale La curva del prezzo, in funzione della quantità prodotta, è decrescente (è la “funzione inversa” della curva di domanda). Considerata dal punto di vista dell’impresa, questa curva rappresenta il ricavo unitario: p = Ru. Anche la curva del ricavo marginale è decrescente (basta guardare la formula): per y = 0 si ha Rm = p; per y > 0 si ha Rm < p, con un divario che aumenta al crescere di y. Supponiamo che la formula del ricavo unitario sia p p = a − by (una retta decrescente). a Allora la formula del ricavo marginale è Rm Rm = p − y(∆p/∆y) = a − by − by. Ru Ossia Rm = a − 2by. (anche Rm è una retta, con lo 2b b stesso termine noto 0 a/2b a/b y e doppio coefficiente angolare) La scelta del monopolista La scelta del monopolista può essere ora identificata con lo stesso procedimento seguito per l’impresa in concorrenza perfetta. Analiticamente, l’equazione Rm = Cm permette di calcolare l’incognita y*, ossia la scelta della quantità prodotta. Sostituendo questo valore di y* nella funzione Ru, ossia nella curva di domanda, si trova il prezzo fissato dall’impresa. Graficamente, l’ascissa del punto di incontro tra la curva Rm e la curva Cm è appunto la quantità prodotta y*. p Il prezzo non è l’ordinata del punto di incontro tra la curva Rm e la curva Cm, ma Cm è appunto l’ordinata di y* sulla curva di p* Cu domanda (Ru). Infine, il profitto può essere calcolato Ru Rm graficamente come area del rettan0 y* y golo, con base y* e altezza p* − Cu. Costo marginale costante Al contrario della concorrenza perfetta (dove la produttività marginale deve essere decrescente) le imprese in monopolio possono avere una produttività marginale costante (e anche crescente). Quando la produttività marginale è costante anche il costo marginale Cm = w/Pm è costante. In questo caso la funzione del costo totale diventa Ct = k + cy Ossia è una retta crescente dove il termine noto k rappresenta il costo fisso e il coefficiente angolare c rappresenta il costo marginale ∆Ct/∆y (controllare che Cm = C(y + 1) − C(y) = m). Si verifica facilmente che, in questo caso, la formula del costo unitario diventa Cu = Ct/y = (k/y) + c Ancora sulla scelta del monopolista Quando la funzione del costo totale è Ct = k + cy il grafico del costo marginale è una retta orizzontale con ordinata c. Il grafico del costo unitario è invece una curva decrescente che si avvicina sempre più a c senza mai raggiungerlo (controllare). Tutto il ragionamento per determinare l’equilibrio rimane lo stesso gia visto. Calcoliamo l’equilibrio assumendo che la curva di domanda (Ru) sia descritta dalla retta p = a − y ; in questo caso p il ricavo marginale è Rm = a − 2y. Dalla condizione Rm = Cm si ottiene l’equazione a − 2y = c p* che ha come soluzione Cu Cm c y* = (a − c)/2. Ru Rm Sostituendo y* in Ru si ottiene 0 y* y p* = (a + c)/2 (controllare). Monopolio e concorrenza Vediamo alcune differenze, per quanto riguarda i risultati, tra monopolio e concorrenza perfetta. (1) In concorrenza il prezzo è uguale al costo marginale ; in monopolio è maggiore: si ha infatti p > Rm = Cm. Lo scarto tra prezzo e costo marginale viene usato come misura del grado di monopolio. Usiamo per quest’ultimo il simbolo µ; abbiamo allora µ = (p − Cm)/p (una percentuale). (2) In concorrenza gli extraprofitti sono destinati ad annullarsi nel lungo periodo (a seguito dell’ingresso nel mercato di altre imprese; in monopolio no (perché le barriere impediscono l’ingresso delle altre imprese). Una espressione alternativa per definire gli extraprofitti in concorrenza è “quasi-rendite” (temporanee); in monopolio si può parlare, invece, di “rendite” (permanenti). Un confronto tra monopolio e concorrenza È meglio il monopolio o la concorrenza perfetta? Si può provare a rispondere seguendo due strade. La prima è quella di immaginare che, da un giorno all’altro, qualcuno compri tutte le imprese di un mercato concorrenziale. Cosa cambierebbe? Innanzitutto cambierebbero i “nomi” delle curve. Poi le scelte. Nel breve periodo il monopolista farebbe produrre meno alle imprese date (in modo da andare nel punto B). Nel lungo periodo chiuderebbe alcune imprese e sceglierebbe il punto L. p p S pc C SL pl pb Cm L B Cu = CmL D 0 yc Rm y 0 yl yb Ru y Monopolio e Pareto-ottimalità La seconda strada per confrontare monopolio e concorrenza è quella di valutare il monopolio col criterio di Pareto. Supponiamo, per semplicità, che non ci siano costi fissi (k = 0) e che il costo marginale sia costante (Cm = c). Si vede subito che l’allocazione non è ottimale, perché nel punto scelto dal monopolista (M) si ha Bms > Cms. Il punto ottimale è C (quello che si avrebbe in concorrenza); p ma è un punto che il monopolista non sceglierebbe mai a spontaneamente, perché non farebbe profitti. pm M Sono confrontabili il punto C e il punto M? Sembra di no (in C il C pc Cm = Cms monopolista sta peggio); ma il confronto è possibile (gli D = Bms Rm acquirenti potrebbero 0 y ym yc indennizzare l’impresa). Fallimento del mercato e mancato indennizzo L’allocazione del monopolio (il punto M) è un tipico esempio di fallimento del mercato (non dal punto di vista dell’impresa, che ottiene il massimo profitto, ma da quello della “società”). Misuriamo il benessere sociale come la somma del surplus dei consumatori (l’area del triangolo aMpm) e del profitto dell’impresa (il rettangolo MYpc pm). Rispetto all’allocazione C (quella Pareto ottimale) si registra p una perdita sociale, misurata dal triangolo CMY. a L’impresa potrebbe accettare di produrre yc in pm M cambio di un indennizzo versato dai consumatori pari al mancato profitto. C Y pc Cm = Cms I consumatori ci guadagnerebbero (una cifra pari alla perdita sociale), D = Bms Rm ma un accordo del genere è vanifi0 y ym yc cato dal fenomeno del free-riding. Due rimedi (e i loro inconvenienti) Per contrastare il fallimento del mercato (ovvero per ottenere l’allocazione C), ci sono due soluzioni principali: (1) Monopolio pubblico, cui viene imposto l’obiettivo di massimizzare il benessere sociale (e quindi il surplus dei consumatori) invece di massimizzare il profitto. (2) Regolamentazione. Per esempio, in cambio della licenza a produrre il bene si impone all’impresa il prezzo pc (prezzo amministrato). Entrambe le soluzioni presentano numerosi inconvenienti. Ne segnaliamo due: (i) se vi sono costi medi decrescenti sia il mo- nopolio pubblico che l’impresa regolamentata lavorerebbero in perdita e andrebbero sussidiate ; (ii) nelle imprese sussidiate (pubbliche o private) si indeboliscono fortemente gli incentivi a tenere comportamenti efficienti.