Napoleone Bonaparte La Francia del 1795-96, e in particolare Parigi, fu un luogo molto caotico nel quale si mise in luce il giovane Napoleone Bonaparte, nato ad Ajaccio (Corsica) nel 1769 da una famiglia della piccola nobiltà composta da tredici fratelli. Egli studiò alle accademie militari di Parigi e Brienne e una volta conclusi gli studi, si trasferì nella capitale come ufficiale d’artiglieria: lì sostenne il partito giacobino, riuscendo comunque a mantenere i contatti anche con i salotti girondini, presso i quali conobbe la giovane vedova Giuseppina di Beauharnais (sua futura moglie). Ebbe inoltre modo di conoscere generali ed alti ufficiali, i quali gli affidarono il compito di sventare la congiura degli Eguali promossa da Filippo Buonarroti. LA CAMPAGNA IN ITALIA Una volta divenuto generale, nel 1796 il Direttorio gli affida il comando dell’armata diretta verso l’Italia, detta Armée d’Italie, con l’intento di impegnare l’Austria su due fronti: lungo il confine francese e lungo quello italiano (ovvero nel Lombardo - Veneto). L’obiettivo di Bonaparte era però assai più grande, ossia diventare l’imperatore francese amato dal popolo: non intendeva limitarsi a governare, bensì voleva il potere gli fosse derivato dal popolo. Alcuni storici hanno definito l’esercito originale di Napoleone “una cozzaglia di uomini” (carcerati, contadini …), ma il giovane generale riuscì a renderlo una macchina da guerra disciplinata e competitiva, non limitandosi mai a rimanere nelle retrovie e avanzando sempre in prima linea (per entusiasmare i soldati facendo sentire il proprio sostegno). La prima battaglia fu combattuta e vinta ad Arcole, e sorprendentemente egli veniva sempre più acclamato man mano che marciava trionfalmente per le città: addirittura venivano piantati “gli alberi della libertà” al suo arrivo. Per suggellare il dominio francese, Napoleone creò delle “repubbliche sorelle”, ovvero le Repubbliche cispadana e transpadana (che nel luglio del 1797 si fonderanno nella Repubblica cisalpina): queste, essendo filofrancesi, ricalcheranno quasi totalmente le strutture amministrative, il governo e la Costituzione francesi. Particolare di questa campagna d’Italia fu la scelta del direttorio di incaricare Napoleone di portare in Francia le opere d’arte italiane più belle; inoltre, poiché le finanze francesi erano lacerate per le eccessive spese, fu permesso ai soldati di razziare il Nord di tutto ciò su cui riuscivano a mettere le mani come paga militare. Si trattò di un vero e proprio saccheggio dell’Italia. Dal punto di vista militare Napoleone andò ben oltre: oltrepassò infatti in confini lombardi (il 14 maggio 1796 era entrato a Milano) e si diresse verso Vienna. Ormai vicino alla capitale austriaca, il Direttorio intimò Napoleone di fermarsi poiché i due stati avversari stavano trattando la pace. Il 17 ottobre 1797 fu firmato il trattato di Campoformio: la Repubblica di Venezia cessò di esistere e divenne ufficialmente austriaca (Ugo Foscolo, che prima considerava il francese un liberatore, ora lo considerava un traditore). LA CAMPAGNA IN EGITTO Napoleone tornò in patria acclamato dai francesi e sostenuto dai patrioti italiani stanchi della dominazione straniera (come detto prima, presto rimarranno delusi del fatto che l’Italia fosse considerata uno stato satellite della Francia). Sfruttando il momento favorevole, propose una campagna in Egitto: seppur fosse stata stipulata una pace con l’Austria, continuava a rimanere aperto il conflitto con l’Inghilterra, la quale riusciva con facilità ad attaccare e a difendersi grazie alla propria insularità. Lo scopo del generale della Corsica era ledere gli interessi commerciali inglesi (l’Egitto era un ponte commerciale con l’Oriente). Il Direttorio approvò, soprattutto col fine di allontanare Napoleone da Parigi, città nella quale già riscuoteva una certa fama ed un ampio consenso politico-militare: così nel 1798 la spedizione partì. Se l’Italia era conosciuta per il suo patrimonio artistico di inestimabile valore, dell’Egitto si era conoscenza, da un punto di vista storico-archeologico, solo dei geroglifici: da questo punto di vista la campagna napoleonica fu un momento importassimo grazie al ritrovamento della Stele di Rosetta, sulla quale era riportato uno scritto egizio tradotto in greco e in ebraico. Ciò permise lo sviluppo nei decenni successivi dell’ “egittologia” attraverso la traduzione dei papiri (molte opere egizie vennero rinvenute da Napoleone e oggi sono conservate al Museo del Louvre). Il 21 luglio 1798 presso Il Cairo fu combattuta contro i Mamelucchi (al servizio dei Turchi Ottomani, alleati degli Inglesi) la battaglia delle Piramidi, vinta dai Francesi. Tuttavia il 1 agosto la flotta inglese, guidata dall’ammiraglio Horatio Nelson, annientò presso la foce del Nilo quella di Napoleone, bloccando l’esercito francese in Egitto. LA NASCITA DEL CONSOLATO Intanto in Francia il Direttorio non era più in grado di mantenere il controllo della vita politicoeconomico interna: due membri di esso, Sieyès e Ducos si diressero in Egitto per riportare in patria Napoleone, a patto che organizzasse un colpo di stato instaurando un consolato formato da loro tre. Bonaparte accolse l’offerta, temendo tuttavia che un colpo di stato lo avrebbe messo in cattiva luce allo sguardo del popolo. Grazie al sostegno di alcuni parenti (nel frattempo nominati ufficiali, generali …), nel 1799 l’esercito napoleonico attaccò la sala del Direttorio, i cui membri furono arrestati: Napoleone assunse il titolo di primo console, assegnando a Sieyès e Ducos degli incarichi consultivi (di minor importanza). Voleva in qualsiasi caso che il popolo gli delegasse il potere, e perciò sottopose la Costituzione dell’anno VIII (contenente la struttura e le gerarchie del consolato) a plebiscito: la maggioranza approvò, considerando Napoleone un liberale (non si desiderava tornare ad un uso spropositato della ghigliottina com’era accaduto durante il Grande Terrore giacobino). LE RIFORME E I RAPPORTI CON LA CHIESA Una volta ottenuto un largo consenso, Bonaparte esiliò gli estremisti, abolì ogni forma di privilegio, abolì il diritto di primogenitura, introdusse il matrimonio civile e il divorzio e chiuse i ghetti ebrei: tutte le riforme vennero raccolte nel Codice civile napoleonico. Migliorò i servizi pubblici incentivando l’istruzione pubblica, con lo scopo di far passare dei messaggi educativi in accordo con i propri valori, promosse la sanità pubblica. Intendeva inoltre conferire ai Francesi quella libertà religiosa negata dai giacobini attraverso la scristianizzazione: intrattenne perciò dei colloqui privati con la curia romana e con l’allora papa Pio VII. Nonostante avesse ripristinato il Cattolicesimo, Napoleone era consapevole che l’influenza ecclesiastica era molto sentita soprattutto nelle campagne, e decretò perciò che il clero francese sottostesse alla volontà del governo, il quale avrebbe in cambio provveduto alla paga dei preti: seppur contrariato (soprattutto per l’introduzione del matrimonio civile e del divorzio), il papa accettò consapevole che il Cattolicesimo ritornava ad essere professato in Francia. LA NASCITA DELL’IMPERO Dal punto di vista militare, Napoleone intendeva espandere i domini francesi: riuscì a riprendersi la Lombardia battendo gli Austriaci a Marengo (1800) e con la pace di Lunéville si impossessò anche del Veneto. Con la pace di Amiens del 1802 gli Inglesi riconobbero il Belgio un dominio francese, mentre Napoleone restituiva l’Egitto all’Impero ottomano, permettendo così la ripresa del commercio inglese con l’Oriente. Nonostante avesse dimostrato la propria acutezza e caparbietà, i sovrani stranieri vedevano in Napoleone un avventuriero che aveva preso il potere con un colpo di stato: Napoleone decise così di farsi legittimare da Pio VII e il 2 dicembre 1804 si incoronò Imperatore nella Cattedrale di Notre-Dame a Parigi, sotto gli occhi dei suoi sudditi. Particolare fu la scelta di strappare la corona dalle mani del pontefice ponendosela sul capo, per indicare che non intendeva sottomettersi a nessuno. In seguito lui stesso incoronò sua moglie Giuseppina imperatrice: ora poteva tramandare il trono a suo figlio, il quale non era però ancora nato. Ebbe così inizio la fase imperiale, che andò da 1804 (incoronazione) al 1815 (disfatta di Waterloo). AMPLIAMENTO DELL’IMPERO E NASCITA DEL BLOCCO CONTINENTALE Occorreranno di cinque anni di guerre per far accettare a tutta l’Europa (ma non all’Inghilterra) il nuovo Impero: nell’Europa centrale e orientale un’inarrestabile serie di grandi vittorie militari, ricordiamo battaglia di Austerlitz sugli austro-russi il 2 dicembre 1805, costrinsero alla pace Austria (nel 1806 si sciolse il Sacro Romano Impero), Prussia e Russia, mentre divennero stati satelliti Olanda, Germania e Polonia. Quest’ultima in particolare, con la battaglia di Eylau del 1807, divenne il Granducato di Varsavia affidato a Federico I di Sassonia. Con il giovane zar Alessandro I fu firmata la pace di Tilsit nel 1807, che riconosceva le rispettive zone di influenza di Russia e Francia. In Italia le repubbliche sorelle settentrionali andarono a formare il Regno d’Italia (1805): Napoleone incoronò sé stesso e nominò viceré Eugenio Beauharnais, figlio di Giuseppina. Il Regno di Napoli venne inizialmente affidato al fratello Giuseppe Bonaparte, ma successivamente passò nelle mani del cognato Gioacchino Murat. Nel 1806 Napoleone impose a tutti i paesi continentali sottomessi di non commerciare con l’Inghilterra (blocco continentale): dopo la sconfitta con la flotta inglese a Trafalgar (21 ottobre 1805), era evidente la superiorità navale inglese e dunque non rimaneva altro che danneggiarla commercialmente. Inizialmente la strategia funzionò, ma presto ci si rese conto che all’Inghilterra rimanevano sia i traffici con l’Oriente che con le colonie americane, mentre il resto del continente europeo ne risultava danneggiato. Di conseguenza presto alcuni stati ripresero a commerciare con l’Inghilterra nonostante gli ordini di Napoleone. Nel 1807-1808 Napoleone condusse una campagna in Spagna, la quale si svolse in un contesto insolito: non avvennero delle battaglie su ampie pianure, ma tra le case dei villaggi, provocando così un notevole dispendio di denaro e di energia per contrastare le azioni di guerriglia popolare. Fu la prima volte che Napoleone non si dimostrò imbattibile. LE PRIME RIVOLTE E IL MATRIMONIO CON MARIA LUISA Nel 1809 l’Impero raggiunse la sua massima estensione. Già però nel 1808 si stava formando in un fronte di intellettuali avversi a Napoleone, sia in Francia (del quale faceva parte anche la scrittrice Madame de Staël) sia all’estero (come il filosofo Fitche), con il conseguente moltiplicarsi degli attentati nei suoi confronti. Il principe di Talleyrand gli consigliò di divorziare da Giuseppina e di sposare la Granduchessa Maria Luisa d’Austria, figlia dell’Imperatore, la quale gli avrebbe potuto dare quel legittimo erede maschio non avuto da Giuseppina (Eugenio Beauharnais era figlio di una precedente relazione della donna). Oltretutto i rapporti con gli Austriaci sarebbero stati più solidi e stabili: fu così che la ragion di Stato prevalse sui sentimenti (di Maria Luisa aveva infatti visto solo l’effigie). Napoleone entrò così nella casata asburgica come genero, e suo figlio appena nato sarà incoronato re d’Italia. LA CAMPAGNA IN RUSSIA E L’ESILIO ALL’ISOLA D’ELBA Fu in questo momento favorevole che Napoleone ipotizzò di conquistare l’Impero russo, il ché fu una sorpresa per lo zar Alessandro I visti gli accordi presi a Tilsit (1807). Nel giugno del 1812 partì alla volta di Mosca con un’armata che però non era più la stessa delle campagne d’Italia ed Egitto: si trattava di un esercito eterogeneo composto da soldati che non erano pronti a dare la vita per il comandante, ma che anzi lo consideravano spesso un usurpatore. I Russi impostarono la stessa strategia adottata da Pietro I contro gli Svedesi e da Stalin contro i Nazisti: fecero in modo che la campagna si protraesse per mesi, fino alle porte del rigido inverno russo. I Francesi trovarono tutti i villaggi dati al fuoco ed inospitali, con conseguente diffondersi di nervosismo generale e impossibilità di ripararsi dal freddo glaciale. L’unico scontro fu ingaggiato presso Borodino, conclusosi con una parziale vittoria francese (i Russi propriamente non persero, perché si trattava di una mossa per destabilizzare i Francesi). Giunto a Mosca Napoleone era convinto di poter costringere lo zar ad abdicare, ma trovò la capitale deserta: occupò comunque i palazzi del potere, ma dopo due notti i Russi diedero fuoco alla città costringendo Bonaparte a tornare inseguito dagli avversari. Il 29 novembre 1812 fu combattuta la battaglia presso il fiume Beresina, la quale fu l’emblema della disfatta napoleonica: dei 650.000 uomini che erano partiti ne erano rimasti soli 100.000. Nell’ottobre 1813 Napoleone venne sconfitto a Lipsia da una coalizione antifrancese, che lo costrinse alla rinuncia del titolo imperiale e al ritiro nell’Isola d’Elba per diventarne il re (aveva i caratteri di una pagliacciata) per condurre una vita circondato dai familiari. Rimaneva tuttavia vivo il suo desiderio di tornare al potere. IL BREVE RITORNO, LA DISFATTA E L’ESILIO A SANT’ELENA Mentre si svolgeva il Congresso di Vienna (1814-1815), Napoleone era consapevole che i Francesi, durante il suo governo, avevano assaporato una vita migliore e che una parte dell’esercito gli era ancora fedele: cercò quindi di tornare in Francia e riprendersi il potere. Luigi XVIII, nuovo re di Francia, inviò delle truppe per fermarlo, ma queste lo accolsero come il loro generale: il sovrano fu perciò costretto a scappare prima che Bonaparte entrasse nella capitale. Nonostante il Corso avesse esplicitamente spiegato di non aver intenzione di riprendere la guerra, gli stati europei organizzarono l’VIII Coalizione (antinapoleonica) per cacciarlo: Napoleone dovette perciò mettersi alla guida dell’esercito, convinto di poter vincere. Erano passati solo 100 giorni dal suo insediamento a Parigi quando si scontrò con i nemici sulla piana di Waterloo il 18 giugno 1815: si dice che vi sia stata un’alluvione, comunque sia gli Inglesi massacrano per la prima volta i Francesi su terra e costrinsero Napoleone al definitivo esilio a Sant’Elena, dove scriverà le sue Memorie e manterrà solo qualche stretta amicizia. Morì il 5 maggio 1821.