i quattro mori - Movimento per la Sardegna

I QUATTRO MORI
L’IDENTITÀ DI UN POPOLO
SIMBOLO DI LIBERTA
Lo stemma dei “quattro mori” in realtà è costituito da due elementi distinti ma solidali anche
ideologicamente:
1. la croce rossa in campo bianco;
2. le teste di moro di profilo con benda sulla fronte e inquartate dal precedente emblema.
La croce rossa in campo bianco è un simbolo diffusissimo in Europa: è
la croce di San Giorgio, emblema di molte città e nazioni. San Giorgio,
la cui storicità è tanto discussa quanto la sua fama, divenne
popolarissimo tra i cavalieri crociati, che al loro ritorno in Europa ne
diffusero ulteriormente la gloria accreditandogli il fondamentale aiuto
nella battaglia di Antiochia del 1098. “Secondo la leggenda il martire si
sarebbe mostrato, in una miracolosa apparizione, ai combattenti
cristiani accompagnato da splendide e sfolgoranti creature celesti con
numerose bandiere in cui campeggiavano croci rosse in campo bianco
contro i musulmani.” “L'iconografia classica lo rappresenta a cavallo
nell'atto di trafiggere il drago, armato fino ai denti con asta e scudo crociato. La croce rossa in
campo bianco, adottata anch'essa come insegna al tempo delle crociate, ha lo scopo di ricordare
la passione di Cristo e simboleggiare contestualmente i valori della Vittoria e della Liberazione.”
La croce di San Giorgio divenne quindi l’emblema per eccellenza dei crociati tanto da essere
assunta, leggermente modificata, quale simbolo dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio, i famosi
Templari: secondo la tradizione infatti San Giorgio era un soldato, caratteristica che condivide,
come vedremo, col suo compagno araldico San Maurizio. Entrambi furono martirizzati ma
divennero in questo modo simboli del cristianesimo e della Chiesa militanti e combattenti.
Tra le città e nazioni che elessero San Giorgio come proprio santo protettore basti ricordare
l’Inghilterra, di cui la bandiera con la croce di San Giorgio è simbolo nazionale almeno dal 1277,
unito poi, con le bandiere dei regni di Scozia ed Irlanda, per creare la famosa Union Jack. Fra le
altre innumerevoli sono importanti per la storia della Sardegna la Superba, la Repubblica e la città
di Genova, e la Corona d’Aragona. Ancora oggi, San Giorgio è il Santo protettore dell’Aragona e
della Catalogna e la sua data nel calendario tradizionale (23 aprile) è festa nelle due regioni
spagnole. Il suo emblema è inserito nelle armi della città di Barcellona.
In Sardegna peraltro è attestato un santo medioevale, vissuto presumibilmente intorno all’anno
mille, San Giorgio di Suelli, spesso confuso col San Giorgio Martire, e che veniva festeggiato lo
stesso giorno (9 maggio).
La testa di moro è un simbolo apparentemente più misterioso.
Fino a quando uno studioso messicano, Mario de Valdes y Cocom, avanzò in un suo articolo del
1992 intitolato eloquentemente “Sigillum secretum” , delle nuove ed assai interessanti ipotesi.
Secondo il Valdes y Cocom, che riporta il sospetto di altri specialisti di araldica, il simbolo della
testa di moro “is instead the very opposite of a negative symbol”, cioè è probabilmente l’opposto di
un simbolo negativo, vale a dire la cruenta rappresentazione di teste di capi mori o saraceni
sconfitti e decapitati dai re aragonesi durante la “reconquista” secondo l’interpretazione
tradizionale.
Potrebbe infatti rappresentare un altro santo guerriero della tradizione cristiana: San Maurizio.
Pare accertato peraltro che San Maurizio fosse stato scelto, comprensibilmente, quale santo
patrono del Sacro Romano Impero fin dagli inizi del X secolo. La spada di San Maurizio faceva
effettivamente parte del corredo del trono imperiale, utilizzato durante l'incoronazione degli
imperatori austro-ungarici fino al 1916. E a maggior ragione il suo simbolo, la testa di moro, fu
intensamente riutilizzato, dopo la riforma protestante, nell’ambiente
tedesco rimasto fedele alla Chiesa Cattolica. Ed infatti il simbolo in
questione è presente non solo, come sappiamo, negli stemmi araldici di
Sardegna, Corsica, Aragona, ma lo ritroviamo qua e là in mezza Europa
ed in particolare nell’araldica ecclesiastica, cittadina e nobiliare di area
culturale germanica. L’esempio più eclatante è lo stemma araldico
dell’attuale pontefice, Benedetto XVI, che riporta a sua volta quello della
diocesi in cui ha maggiormente operato, dove la testa di moro compare
coronata, cioè senza benda.
Stemma papale di Pio VII
Anche nello stemma del Papa Pio VII, Barnaba Niccolò Maria Luigi
Chiaramonti (1742 - 1823), compaiono tre teste di Moro.
L'IPOTESI
L’ipotesi che qui viene avanzata, e che il simbolo noto “dei quattro mori”, composto appunto da
quattro teste di moro inquartate dalla Croce di San Giorgio, sia un vero simbolo etnico della
nazione sarda, concesso od elaborato in occasione delle crociate. A sostegno di tale ipotesi non si
avanzano delle vere prove inconfutabili, ma una serie numerosa di indizi qualificanti.
1) il simbolo in questione appare nei sigilli aragonesi prima dell’infeudazione del Regno di
Sardegna e Corsica da parte di Bonifacio VIII ai sovrani catalani, ma dopo le prime richieste tese
ad ottenere tale infeudazioni da parte dei monarchi iberici (Giacomo il Conquistatore) attestate dal
1267 . Nel medioevo non si potevano conquistare terre cristiane
senza avere fondamenti religiosi ed avalli ecclesiastici od imperiali
(per esempio per debellare pericolose eresie) e fondamenti giuridicodinastici, nel solco dell’antica tradizione barbarico-romana, che
considerava lo Stato proprietà personale dei sovrani e pertanto
divisibile tra i suoi eredi. Il fatto che i sovrani Aragonesi chiedessero
l’infeudazione della Sardegna sta a significare che avanzavano una
qualche pretesa dinastica nei confronti della Sardegna. Sarebbe
interessante effettuare delle ricerche storiche più approfondite con
tale taglio sul carteggio tra la Corte Barcellonese e quella Romana.
2) Il fatto che Bonifacio VIII infeudasse il Regno di Sardegna e Corsica, ben sapendo che nell’isola
erano presente un’altra istituzione politica autoctona non esplicitamente nemica o ghibellina, il
Giudicato di Arborea (gli altri tre giudicati erano venuti meno da qualche decennio), significa che
non voleva semplicemente dare agli Aragonesi una “licentia invadendi” contro i domini del
filoimperiale Comune Pisano, ma che intendeva costituire (o reistituire!) un’entità politica che
comprendesse tutta la Sardegna (compreso il Giudicato di Arborea) e la Corsica. Non fu un atto
effettuato dal pontefice esclusivamente “motu proprio”, nell’ambito degli equilibri politici tra le
potenze europee, ma anche nel rispetto delle pensiero e del diritto politico-istituzionale del tempo: i
Giudici, anche se talvolta si paragonavano e si consideravano pari a dei re, non avevano il titolo di
Re, ma quello di appunto di Giudice, di antica tradizione Romano-Bizantina, paragonabile, nella
gerarchia onorifica politica e nobiliare, a quello di un Duca.
3) Ciò è dimostrato anche dal comportamento dei giudici arborensi, che infatti inizialmente non
saranno affatto contrari all’invasione aragonese, ma ne saranno anzi fautori e fiancheggiatori,
anche in base alle relazioni parentali e di vassallaggio (parent e bon amich) sia in terra sarda che
iberica (nella Viscontea di Bas, il cui stemma è all’origine del simbolo dell’albero eradicato
arborense) fino a quando non vedranno limitate le proprie prerogative sostanzialmente sovrane da
molti secoli acclarate.
4) L’idea di un Regno di Sardegna non fu né dei sovrani Aragonesi, né di Bonifacio VIII, ma come
minimo di Barisone I Giudice di Arborea, che comprò il titolo dall’Imperatore coi soldi dei Genovesi,
ma non fu poi in grado di rendere il suo dominio effettivo. Il suo motto, inciso nel suo sigillo “EST
VIS SARDORUM PARITER REGNUM POPULORUM”, che possiamo tradurre con “la forza dei
popoli sardi è nel Regno”, chiarisce che l’idea di un’istituzione politica che unificasse (magari nel
rispetto parziale delle altre antiche istituzioni già presenti, i Giudicati) tutta la Nazione e l’isola
Sarda, aveva una lunga tradizione, forse risalente ad una forma politica di età tardo-bizantina.
Anche Enzo Hohenstaufen di Svevia, figlio dell’Imperatore Federico II, marito di Adelasia di
Giudicessa di Torres, ebbe nel 1238 dal padre il titolo di Re di Sardegna.
5) Lo stemma dei quattro mori compare nello stemmario di Gelre un manoscritto compilativo
conservato a Bruxelles, che riproduce gli stemmi di tutta Europa e riporta per la Sardegna la
bandiera con i quattro mori. E' però possibile che lo stemma sardo sia stato aggiunto qualche
decennio dopo perchè all'epoca della stesura (1370-1386) esisteva il “Regno di Sardegna e di
Corsica” comprendente entrambe le isole .non in riferimento al Regno di Sardegna e Corsica,
come sarebbe stato logico, ma in riferimento alla sola Sardegna, avendo la Corsica il suo proprio
simbolo.
Quindi, poiché non è possibile per ovvie ragioni iconografiche e storico-istituzionali, separare la
storia dello stemma sardo da quello corso (con un unico moro), dobbiamo tenere conto che tale
stemma viene largamente utilizzato solo a partire dal XVI secolo, quando cioè l’intitolazione dello
Stato si riduce a Regno di Sardegna, coincidendo così lo Stato con l’isola e la Nazione Sarda.
6) La forma stessa del simbolo, sfruttando la quadripartizione offerta dalla Croce di San Giorgio,
permetterebbe la rappresentazione paritaria dei quattro Giudicati, necessaria per motivi politici ed
etnico-linguistici, nell’eventuale rappresentanza della Nazione Sarda nelle spedizioni crociate. I
Corsi saranno rappresentati con certezza almeno dal cinquecento dal simbolo con l’unico moro.
Ma il parallelismo delle due bandiere suggerisce una medesima origine, magari nella corte papale
e su designazione da parte delle istituzioni politiche locali dei Santi guerrieri, protettori delle
spedizioni. Anche Sant’Efisio era un Santo guerriero, ma sarebbe stato rappresentativo solo dei
Calaritani e non degli altri Sardi. Comunque, in definitiva, se, come potrebbe sembrare, lo stemma
dei quattro mori fu inventato in Aragona forse come simbolo delle forze cristiane combattenti
contro i mussulmani nella “reconquista”, esso, per ragioni ad oggi sostanzialmente oscure, fu
attribuito alla Sardegna e da allora, la seconda metà del XIV° secolo, continuativamente la
rappresenta in araldica. La sua simbologia appare però a questo punto assai più chiara: è simbolo
della cristianità combattente.
LA PIU ANTICA RAPPRESENTAZIONE
La più antica rappresentazione del simbolo con i quattro mori risale al 1281 ed è costituita da un
sigillo della cancelleria reale di Pietro III d’Aragona, senza però alcuna attinenza con la Sardegna.
Secondo la tradizione spagnola, il simbolo viene creato quando Pietro I d’Aragona, figlio di quel
sancio I Ramàrez che aveva unificato nel 1076 la corona d’Aragona e quella di Navarra, nel 1096
riconquista gli alti Pirenei sconfiggendo nella piana di Alcoraz, di fronte alla città di Huesca, il re
saraceno Abderramen.
Al termine della battaglia, vengono trovate sul campo di battaglia le teste di quattro principi mori
mozzate ed adorne di pietre preziose. Dopo la vittoria viene issata, insieme alle insegne dei conti
di Barcellona con quattro pali rossi in campo d’oro, anche una nuova bandiera che riporta, in
ciascuno dei quattro quarti bianchi formati dalla croce rossa di San Giorgio, che avrebbe favorito la
vittoria intervenendo in battaglia sotto forma di un misterioso guerriero con una croce rossa sul
petto, la testa di un principe moro con la benda sulla fronte simbolo di regalità, per ricordare la
battaglia e la sconfitta del sovrano avversario.
Stemma della Sardegna
Stemma della corona d’Aragona
Stemma Catalano
Alla fine del secolo, quando la Corona d'Aragona e il regno di Castiglia si uniscono nel Regno di
Spagna, fra gli stati della Corona, la Sardegna continua nell'uso dello stemma con i quattro mori
mentre l'Aragona-Catalogna privilegia i pali catalani.
IL PRIMO SIMBOLO DEI TEMPLARI
La bandiera inizialmente era legata alla Corona d'Aragona, e stava a
rappresentare la Reconquista spagnola contro i Mori che occupavano buona
parte della penisola Iberica, infatti è composta dalla croce di San Giorgio,
simbolo pure dei crociati che combattevano gli stessi Mori in Terra Santa, e
le quattro teste mozzate rappresentavano quattro importanti vittorie
conseguite dai catalano-aragonesi in Spagna, rispettivamente la riconquista
di Saragozza, Valencia, Murcia e le Baleari.
La bandiera con i mori nasce forse da un simbolo dei Templari, Leonardo
Melis sostiene che il simbolo dei quattro mori avrebbe avuto un passato templare, per la
precisione è lo stemma del primo Gran Maestro dell’Ordine Hugo de Payns, che aveva tre mori
bendati nel suo stemma già prima della formazione dell’ordine.
Hugo de Payns Partecipò forse alla Prima Crociata (1096-1099), servendo nell'esercito di
Goffredo di Buglione e tornò in Francia nel 1100, ma la prima data sicura è il 1104, anno in cui
accompagna il conte Ugo di Champagne nel suo primo pellegrinaggio in Terrasanta. Nel 1114
riparte di nuovo per la Terrasanta e vi resta diversi anni. L'Ordine dei Templari viene fondato,
secondo lo storico tedesco R. Hiestand, tra il Gennaio e il Settembre del 1120, da lui e da
Goffredo di Saint-Omer e, secondo la tradizione, da altri sette cavalieri, due dei quali fratelli e
tutti parenti per sangue o matrimonio, per un totale di nove. I nomi degli altri cavalieri fondatori
furono Payen de Montdidier, Archambaud de Saint-Amand, André de Montbard, Geoffrey Bison
e due altri riportati solo con i nomi di Rossal e Gondemar. Il nome del nono cavaliere resta
sconosciuto. Si tratta probabilmente di un numero che non va preso alla lettera, di carattere
simbolico. Nel 1126 il suo signore, il conte Ugo di Champagne, compie il suo terzo
pellegrinaggio in Terrasanta ed entra a far parte dei Templari abbandonando le sue proprietà in
Francia, il che fa pensare, dati gli stretti rapporti tra i due, che il conte di Champagne abbia
preso parte alla nascita dell'Ordine. Nel 1127 ritorna in Francia quale inviato del re insieme ad
altri cinque cavalieri Templari e a diversi religiosi per far conoscere l'Ordine, reclutare nuovi
adepti o combattenti per la Terra Santa e dare all'ordine una regola approvata dagli
ecclesiastici; il viaggio è probabilmente finanziato da re Baldovino II che invia una lettera a San
Bernardo incitandolo affinché l'Ordine abbia la protezione della Chiesa.
Il numero dei mori non è importante, esistono rappresentazioni anche con cinque mori: ve né
una in castello a Cagliari, che chiunque può controllare di persona entrando dalla via Manno,
sotto il secondo portico, dopo quello della Porta dei Leoni, sulla sinistra, alla sommità di una
porta.
E sappiamo anche che la benda era sulla fronte e non calata sugli occhi. Una benda che forse
era il cerchio di bronzo che adornava la fronte dei Celti e la stessa benda che portava lo Judex
Ampsicora.
La testa di moro rappresenterebbe il simbolo della conoscenza. La prima rappresentazione del
simbolo nel periodo aragonese.
I GIUDICATI SARDI
I giudicati furono la formazione dello stato indipendente sardo,
l’unione del popolo, che permise di prosperare economicamente e
culturalmente, affrancare la popolazione dalla servitù feudale,
emettere importanti documenti come “sa carta de logu”, codice civile
e penale sardo in vigore fino al 1827, e soprattutto i giudicati erano
avanguardia: simili ai comuni, ma in anticipo di cinquecento anni sulla
storia mondiale.
Considerato l'omogeneità d'intenti con il Partito Sardo d'Azione, pur
non potendo dimostrare l'intenzionalità di Lussu, è facile ritenere che
Antonio Era, non fosse dispiaciuto da tale lettura [senza fonte], la
dimostrazione che la Sardegna aveva ragione d'esistere come stato
indipendente erano proprio i giudicati.
Il motivo per cui queste tematiche fossero, e sono tuttora tanto a
cuore ai sardi, al di là dell'eclatante vittoria sui mori, viene tramandato
dallo stesso Antonio Era, “quand'era (la Sardegna) libera e
indipendente”.

albero sradicato di Arborea
altro esempio di albero sradicato
altro esempio di albero sradicato
esempio araldico di origine francese
Simbolo originale del giudicato di arborea adottato dall’istituto Bancario Banca di Sassari
L'ISTITUZIONE DEL REGNO DI SARDEGNA
Sconfitta l’ultima resistenza del Giudicato di Arborea, con
l’istituzione del regno di Sardegna i catalano Aragonesi
conservano per sè la bandiera con i quattro pali rossi in campo
d’oro e cedono alla Sardegna quella dei quattro mori con le
bende sulla fronte.
Nella seconda metà del XIV secolo troviamo, nello stemmario di
Gerle, più in grande lo stemma con i quattro pali rossi in campo
d’oro, e più piccolo tre stemmi relativi ai regni acquisiti all’interno
della corona d’Aragona, tra i quali i quattro mori per la prima
volta legati alla Sardegna. Dopo di che, il simbolo compare nella
Sardegna spagnola su numerose opere a stampa e monete.
Al tempo di Carlo V l’esercito viene riorganizzato sulla base dei
Tercios, ciascuno costituito da 3000 uomini, per la massima
parte Spagnoli ma costituiti anche da mercenari provenienti
dalle diverse parti dell’Impero. Il simbolo dei quattro mori
compare nel gonfalone dei mercenari provenienti dalla
Sardegna che si distingueranno nella difesa dell’isola e nelle
operazioni contro i Turchi a Tunisi (1535) ed a Lepanto (1571).
SCOPERTA LA PIU’ ANTICA RIPRODUZIONE A STAMPA DEI 4 MORI
Nella magnifica Grande Place a Bruxelles vi è il museo della città, un palazzo neogotico nelle cui
vetrate sono riprodotti gli stemmi dei regni della monarchia ispanica, fra cui quello del Regno di
Sardegna. Ma è una riproduzione ottocentesca. Si poteva già essere contenti di vedere il nostro
simbolo in un vecchio palazzo della capitale europea!
Si tratta della riproduzione di una processione che si tenne a Bruxelles in occasione dei funerali di
Carlo V Re di Spagna. Ogni regno di cui l’imperatore era sovrano è rappresentato da un alfiere
portabandiera e da una cavallo bardato.
E’ uno splendido libro intitolato “La magnifique et somptueuse pompe funebre faite aus obseques
et funerailles du tres grande et tres victorieus empereur Charles cinquieme, celebrees en la ville de
Bruxelles le 29e jour du mois de Dicembre 1558 par Philippes roy catholique d’Espaigne son fils”,
pubblicato ad Anversa dal famoso tipografo Plantin nel 1559.
Fino ad oggi non era conosciuto in Sardegna, il libro è piuttosto raro, esistono poche copie in
Europa e sembra nessuna in Italia.
Il nostro stemma appare infatti in alcuni testi a stampa già nella seconda metà del cinquecento
(“Capitols de Cort del Stament Militar de Sardenya”pubblicato a Cagliari nel 1572 a cura di
Francesco Bellit; “De titulis Philippi Austrii Regis Cattolici Liber” di Iacopo Mainoldi Galerati del
1573 a Bologna, “Le Blason des Armoires” di Hierosme de Bara del 1581 a Lione), con dei
semplici e non particolarmente attraenti disegni.
Questo che qui viene presentato non è soltanto il più bello, ma anche il più antico apparso in un
testo stampato.
La presentazione di questa scoperta è anche occasione per avanzare anche nuove ipotesi sul
significato simbolico e sull’origine del nostro stemma.
Dagli studiosi che negli ultimi anni si erano occupati del nostro stemma (Luisa D’Arienzo, Barbara
Fois, Salvatorangelo Palmerio Spanu, ecc.) sapevamo che i quattro mori appaiono già nella
seconda metà del duecento nei sigilli plumbei della Corona d’Aragona; e il primo disegno a mano
appare in una raccolta di stemmi europei nel cosiddetto “Stemmario di Gelre”, dai più attribuito alla
fine del trecento
Lo stemmario di Gelre, composto pare tra il 1371 e il 1395 (e conservato alla Biblioteca Reale di
Bruxelles), lo indica appunto come emblema della nostra isola nell’ambito degli stati della Corona
d’Aragona. Come sia finito a rappresentare la Sardegna, con continuità, come abbiamo visto,
almeno dal cinquecento , ancora in effetti non è chiaro, ma analizzandone più a fondo gli elementi
forse potremmo avere qualche indizio in più. Occorre chiarire che l’intitolazione del Regno di
Sardegna separata dal Regno di Corsica e piuttosto tarda (dal 1479, unione personale delle
Corone di Castiglia ed Aragona sotto Isabella I e Ferdinando II), e dunque o lo stemmario di Gelre
fu manipolato in epoca successiva oppure i due simboli di Sardegna e Corsica hanno un origine
diversa e sono dei veri simboli “etnici” delle due isole! Infatti lo stemma della Corsica (ma non
identificato come tale) compare a metà del quattrocento negli affreschi di Piero della Francesca
nella chiesa di San Francesco in Arezzo, ciclo della Storia della Vera Croce, sia nella battaglia di
Eraclio e Cosroe, sia nella Battaglia di Costantino e Massenzio.
VIAGGIATORI DELL'OTTOCENTO
Ecco la descrizione della bandiera che l'umanista inglese John Warre Tyndale riporta nel suo libro
"The island of Sardinia", pubblicato nel 1849, in seguito al suo viaggio in Sardegna nella primavera
del 1843
Lo stemma della Sardegna consta di una croce rossa in campo argenteo con quattro teste di Mori
che portano una benda bianca sugli occhi; lo stemma ha subito mutamenti, in particolare per
quanto riguarda le teste che vi sono rappresentate e che, in origine, erano bianche e portavano un
diadema orientale, cioè una corona con benda bianca sula fronte ma, nelle stampe e nelle epigrafi
antiche non sembra che la benda copra gli occhi, bensì che sia un semplice ornamento.
Le notizie antiche su questo stemma risalgono al 1591 ed al 1593 e , secondo talune fonti, fu
l’antico blasone aragonese apparso nel 1150 in occasione delle nozze di Petronilla d’Aragona con
Raimondo Berenger, conte di Barcellona, e giunse probabilmente in Sardegna in occasione della
prima spedizione aragonese. Certi disegnatori, inesperti in araldica, potrebbero, dunque, aver
successivamente rappresentato le teste di colore nero, confondendo i re negri con quelli moreschi.
LA SCELTA DEI QUATTRO MORI
Quindi i sardi combatterono in vari periodi storici un esercito
straniero che portava uno stemma che paradossalmente in futuro
diventerà loro. È da notare però che è stato accettato dalla
collettività in epoca recente, perché rappresentò per molto tempo
l'invasore contro cui combattere, tanto che nei moti nel 1794
Giovanni Maria Angioy e i suoi sostenitori non lo utilizzarono come
stemma della loro lotta antifeudale e indipendentista perché allora
rappresentava il loro nemico, il Regno di Sardegna dei Savoia, e
non dei sardi Quale che sia la sua origine (e come abbiamo visto
potrebbe invece essere stato creato appositamente per la Sardegna
in tempi non sospetti) esso è diventato ed è il nostro simbolo
nazionale e del nostro stato storico, il Regno di Sardegna.
Stato che, sia pure nato da una guerra di conquista (prossima quasi ad un genocidio quale fu la
conquista Aragonese), superata la fase dolorosa dei lutti, e formatasi quella nuova entità meticcia
che è il popolo sardo moderno, in cui convive l’antica tradizione sardo-romana-bizantina con la
nuova sardo-iberica. Un popolo meticcio (come tutti gli altri d’altronde) che frutti splendidi ha dato
nelle tradizioni popolari, specialmente religiose, musicali e del vestiario, nella lingua, nella
letteratura, nelle arti, nell’architettura, nelle scienze umane e naturali, nelle storia delle istituzioni
(se è vero come è vero che il Regno d’Italia altro non era che il Regno di Sardegna ampliato nei
suoi confini), ci ha rappresentato per secoli, e ci rappresenta tutt’oggi che ne siamo cittadini e non
più sudditi. Comunque, al di là di queste disquisizioni sull’origine dei quattro mori, è certo che
rappresentano la Sardegna da almeno 700 anni, e la simboleggiavano in tutte le manifestazioni
ufficiali. I quattro mori hanno seguito questo iter, rappresentando di volta in volta le autorità che
hanno dominato il popolo sardo. I Savoia adotteranno la bandiera del Regno di Sardegna (citato
nella manualistica anche come “Regno sardo-piemontese” o “Regno di Piemonte-Sardegna”), in
fregi, piastre, scudi , bandiere di Stato, quindi nelle insegne mercantili e militari. Lo stesso Carlo
Felice, sesto re di Sardegna di Casa Savoia dal 1821 al 1831, utilizzò i quattro mori bene in vista
nel suo scudo regio. Gli italiani usarono, con sicurezza nel 1848, la bandiera “sarda”, prima
dell’assunzione del Tricolore, come simbolo di lotta per la libertà (come, similmente, fanno oggi
molti sardi) anche nella prima Guerra d’indipendenza, (dal 14° reggimento fanteria) nei comizi e
per acclamare il re Carlo Alberto. Di pertinenza prima aragonese, quindi spagnola, austriaca,
piemontese e italiana, si fa “sarda”, quando la cosiddetta “Regione Autonoma della Sardegna”,
convinta anche dalle parole dei padri della sardità, in specie Emilio Lussu e Camillo Bellieni, decise
di adottarla quale gonfalone istituzionale. Con la fusione della Sardegna al Piemonte (1847-48) e
con la relativa rinuncia all’autonomia da parte degli isolani, cessò di esistere l’antico “Regnum
Sardiniae” e l’emblema dei quattro mori cadde in disuso. Sicuramente i piemontesi non dovevano
avere una grande simpatia per l’emblema dei Quattro mori, prova ne sia che già nella riunione del
primo Parlamento subalpino i deputati sardi non trovarono lo stemma dell’isola tra quelli dipinti
nella sala assembleare. Alle vivaci proteste di Pasquale Tola il ministro si giustificò dicendo che
l’artista involontariamente, l’aveva dimenticato. Con la formazione del Regno d’ Italia (1861) fu
adottato ufficialmente come emblema la croce bianca in campo rosso dei Savoia, mentre l’insegna
sarda non fu più usata. Lo scudo crociato perse il suo significato originario di emblema di un
piccolo regno autonomo e restò in uso come insegna di un’ isola che costituiva solo una parte
geografica del nuovo regno in cui era stata assorbita.
Nel 1921 venne fondato il Partito Sardo d'Azione, che riprese il tema dei quattro mori come proprio
simbolo. Non è dato sapere le intime motivazioni che indusse Emilio Lussu a scegliere il quattro
mori, anziché bandiere più “sarde”, come ad esempio lo stemma dell’albero sradicato del giudicato
d'Arborea. È certo però che essa veniva interpretata dal popolo come l’icona dei quattro giudicati,
di ciò abbiamo prova documentaria, paradossalmente, proprio da uno dei suoi detrattori più
importanti, Antonio Era, professore dell’Università di Sassari e consigliere regionale, che il 19
giugno del 1950 nelle discussioni del consiglio regionale antecedenti le votazioni che decreteranno
i quattro mori bandiera ufficiale della Regione Sardegna, attaccò il vessillo con il famoso discorso:
« Badate che l’emblema dei Quattro Mori non rappresenta, come si dice, i quattro Giudicati in cui
la Sardegna era divisa otto-novecento anni fa, quand’era libera e indipendente: si tratta di un
errore di interpretazione storica, e dunque non è né ovvio né obbligatorio scegliere proprio questo
stemma. Che è, sì, uno stemma popolare e ‘consacra la tradizione plurisecolare della Sardegna ,
come detto nell’ordine del giorno, ma non è quello stemma sardissimo come si è soliti
immaginare»
(Antonio Era, Discorso al consiglio regionale, 1950)
Questo discorso denunciò il fatto che la bandiera non fosse di origini sarde, ma è anche prova
documentaria del sentimento popolare che leggeva in essa la storia giudicale. Del resto la storia
giudicale nata successivamente alla vittoria sui mori saraceni che permise la fondazione dei
quattro giudicati, veniva per coincidenza perfettamente espressa dai quattro mori.
E quando nel 1999 la bandiera assunse la sua definitiva connotazione con la bandana sulla fronte
per esattezza storica, alcune voci fuori dal coro [senza fonte] sollevarono dubbi al riguardo,
ritenendo che la bandiera sarda avesse un proprio significato araldico distante da quello
aragonese, e che forse quella bandana sugli occhi era una personalizzazione, oltre che un
messaggio pieno di significato.
Il 19 luglio 1950, il Consiglio della neonata Regione Autonoma della Sardegna,
sceglieva un emblema nel gonfalone dei quattro mori ed il 5 luglio del 1952, l'allora
presidente della Repubblica Italiana, sanciva come simbolo della stessa regione uno
"stemma d'argento alla croce di rosso accantonata da quattro teste di moro bendate".
Solo nel 1999 la bandiera viene modificata rettificando
l’errore grafico, e riporta la benda sulla fronte dei mori che
sono rivolti verso destra ed hanno riaperto gli occhi «Come
auspicio che i sardi aprano finalmente gli occhi L’emblema
dei quattro mori è indissolubilmente legato alla bandiera
della Regione autonoma Sarda che con LEGGE
REGIONALE del 15 aprile 1999, n 10, all’art. 1 “…adotta
quale sua bandiera quella tradizionale della Sardegna:
campo bianco crociato di rosso con in ciascun quarto una
testa di moro bendata sulla fronte rivolta in direzione
opposta all'inferitura”.