Restauro e conservazione delle reliquie di San Timoteo

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RELAZIONE SCIENTIFICA
Studio antropologico,
restauro e conservazione
delle Reliquie di San Timoteo
conservate nella Cattedrale di Termoli
Prof. Luigi Capasso
Dr. Ruggero D’Anastasio
Introduzione
Durante la ricognizione delle reliquie di San Timoteo effettuata il 10 ottobre del 2008, il Prof. Luigi
Capasso e il Dr. Ruggero D’Anastasio dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di ChietiPescara hanno registrato il degrado del precedente intervento di restauro. L’urna in vetro, nella
quale erano conservate le reliquie di San Timoteo, era rotta in più punti, esponendo di conseguenza
i frammenti ossei dello scheletro all’azione degradante dei fattori microclimatici (quali l’elevato
tasso di umidità relativa e l’escursione termica stagionale) e biologici (insetti xilovori, funghi,
batteri).
Le reliquie del Santo consistono in frammenti ossei incompleti pertinenti alla colonna vertebrale,
alla gabbia toracica, alle ossa lunghe degli arti superiori ed inferiori, alle regioni anatomiche della
mano e del piede. Inoltre è preservato il calvario completo.
L’esame macroscopico e microscopico delle reliquie, pur non evidenziando la presenza di
alterazioni ossee dovute all’azione degli insetti xilovori (dei quali oltretutto non sono state rinvenute
parti anatomiche, come frequentemente accade in altri contesti simili), ha mostrato la presenza di
aree ben delimitate di colore chiaro sulla superficie di vari elementi ossei, in parte conseguenza del
degrado delle sostanze utilizzate nel precedente intervento di restauro, in parte legate all’attività
biologica di funghi e batteri.
L’esame antropologico ha inoltre evidenziato la presenza di aree di colore bruno, superficiali, su
numerosi elementi ossei, che ad un primo esame sono stati interpretati come segni di bruciature.
Anche il calvario mostra segni di bruciatura, che interessano le arcate sopraciliari e le bozze
frontali, nonché parte degli zigomi.
Insieme agli elementi ossei dimensionalmente più grandi e meglio conservati, è stata rilevata la
presenza di numerosi minuti frammenti ossei, molti dei quali non ben classificabili e non
inutilizzabili per il restauro.
La ricognizione delle reliquie di San Timoteo ha quindi evidenziato le seguenti problematiche:
- parziale degrado del precedente intervento di restauro;
- l’inquinamento batterico e fungino degli elementi ossei e del calvario;
- condizioni microambientali non idonee alla conservazione delle suddette reliquie.
L’intervento di restauro e conservazione delle reliquie è consistito:
- nel consolidamento degli elementi ossei;
- nella loro disinfezione e disinfestazione;
- nella creazione di un ambiente chiuso, ad atmosfera controllata, in grado di evitare nuovi
inquinamenti dall’esterno da parte di agenti chimico-fisici e biologici.
La ricognizione inoltre ha fornito l’occasione per effettuare uno studio antropologico e
paleopatologico delle reliquie di San Timoteo al fine di ricostruirne i principali parametri biologici
e, per quanto possibile, lo stile di vita e lo stato di salute.
Antropologia
Le reliquie di San Timoteo consistono in elementi ossei frammentari ed incompleti, attribuibili ad
un unico individuo scheletrico (Fig. 1). In particolare è stata rilevata la presenza di:
- un calvario;
- emibacino destro e sinistro incompleti, più altri tre frammenti attribuibili alla cresta
iliaca;
- framenti di entrambe le scapole;
- due frammenti dello sterno;
- venti costole incomplete;
- la quinta vertebra cervicale (relativamente completa), otto vertebre toraciche e quattro
vertebre lombari incomplete, due frammenti di osso sacro;
- due frammenti dell’omero destro;
-
un frammento di radio;
l’ulna destra completa;
il femore sinistro completo più frammenti del femore destro;
frammenti di entrambe le tibie;
due frammenti del perone destro ed un frammento del perone sinistro;
la rotula sinistra;
l’osso navicolare ed il calcagno del piede destro;
l’astragalo del piede sinistro;
un frammento di osso metatarsale.
Fig. 1 Elementi ossei dello scheletro post-craniale di San Timoteo.
Mancano completamente i denti, l’omero e l’ulna di sinistra e lo scheletro delle mani.
Un contenitore in vetro, rinvenuto all’interno della vecchia teca, conteneva altri trentaquattro
frammenti ossei attribuibili a coste e vertebre.
L’indagine antropologica ha evidenziato che i resti scheletrici appartengono ad un individuo di
sesso maschile (Ferembach et al., 1979; White, 2000). La diagnosi di sesso, effettuata sulla base dei
reperti cranici, ha permesso di calcolare un Indice di Sessuazione del Cranio pari a 1,18; la diagnosi
di sesso sulla base dei reperti ossei riferiti al bacino ha prodotto un Indice di Sessuazione del Bacino
di 1,38. La valutazione del grado di riassorbimento delle suture craniche (Ferembach et al., 1979;
White, 2000) indica per San Timoteo un’età alla morte pari a 47, 8 anni (± 8,8 anni).
La statura in vita, calcolata sulla base della lunghezza massima dell’ulna destra e del femore sinistro
(Trotter & Gleser, 1952; 1958; Sjǿvold, 1990) si attesta sul valore di 171,58 cm, inquadrabile nella
Classe IV delle stature definite “alte” da Biasutti (1967).
L’Indice di Broca (Indice Cranico Orizzontale) assume il valore di 74,74, corrispondente al limite
inferiore della mesocrania. In Italia valori medi di dolico-mesocefalia si registrano in modo
particolare nelle regioni meridionali ed insulari.
L’Indice Diafisario dell’Ulna è pari a 76,47, condizione nota come platolenia, particolare
conformazione dell’estremità ulnare superiore che si presenta appiattita trasversalmente più del
normale. L’Indice di Robustezza dell’ulna assume un valore (13,87) inferiore al valore medio
registrato nelle popolazioni europee (Olivier, 1960), contrariamente a quanto osservato per il
femore, il cui Indice di Robustezza assume un valore (13,35) leggermente superiore a quello medio
degli europei (Olivier, 1960). L’Indice Pilastrico femorale è pari a 103,57, valore classificato come
“medio” da Olivier (1960). L’indice Platimetrico relativo allo stesso elemento osseo assume il
valore di 88,24, valore inquadrabile all’interno della eurimeria.
Sul calvario e gran parte dei resti ossei sono visibili segni di bruciatura, di colore nero-bruno
compatibile con una breve esposizione a temperature di circa 350-400 °C (Bondioli et al., 1994;
Birkby, 1976) (Fig. 2).
Fig. 2 Distribuzione delle bruciature sulle reliquie di San Timoteo.
Le aree bruciate del cranio sono di colore nero-bruno, ben delimitate e superficiali; esse
compenetrano solo il tavolato esterno dell’osso frontale, il corpo e le parti condiloidee dell’osso
occipitale, le ossa nasali ed i processi mastoidei. Inoltre sul tavolato interno del neurocranio, visibile
attraverso il forame magno, si nota una patina di fuligine, che può essere penetrata attraverso la
suddetta apertura alla base del cranio. La distribuzione delle aree bruciate lascia supporre che il
calore abbia agito prevalentemente sulle ossa della base cranica, cioè che la sorgente di calore sia
stata prossima od in direzione della base cranica stessa.
Leggere bruciature sono visibili sullo sterno, sulle coste (in particolare sul tratto mediale) e su gran
parte delle ossa lunghe, particolarmente evidenti sull’epifisi prossimale della tibia destra (Fig. 3).
Gran parte delle vertebre dorsali e lombari mostra segni di bruciatura sulla faccia anteriore del
corpo vertebrale (Fig. 4). Ridotte tracce di bruciatura si riscontrano a carico del calcagno destro. Le
bruciature si distribuiscono prevalentemente sulla faccia ventrale e lungo il piano sagittale mediano
dello scheletro di San Timoteo immaginato in connessione anatomica ed in posizione supina.
Fig. 3 Epifisi prossimale della tibia destra con segni di bruciatura di colore nero-bruno.
Fig. 4 Faccia anteriore del corpo di una vertebra dorsale con segni di bruciatura di colore nerobruno.
Tuttavia, ad una più attenta indagine delle ossa dello scheletro post-craniale, i presunti segni di
bruciatura potrebbero essere interpretati come la conseguenza dell’azione della cera fusa, con la
quale gran parte dei frammenti ossei furono consolidati per impregnazione nel precedente restauro.
Infatti le aree interessate sono presenti solo in corrispondenza delle strutture ossee particolarmente
fragili (come ad esempio, il tessuto osseo spugnoso dei corpi vertebrale e delle epifisi delle ossa
lunghe). Inoltre, durante il lavoro di fissaggio delle ossa con cera fusa sul piano di vetro della nuova
teca, sono stati riprodotti segni di bruciatura del tutto simili a quelli osservati, che quindi
suggeriscono ulteriore cautela nella loro interpretazione.
Paleopatologia
Lo studio paleopatologico delle reliquie di San Timoteo è stato effettuato in loco ed ha rilevato la
presenza di alcune alterazioni ossee degne di nota.
Sul calvario è stata riscontrata la presenza di una esostosi bottoniforme al di sopra della regione
dell’inion, in prossimità della sutura parietale ed in corrispondenza del forame nutritizio, che risulta
asimmetrico, essendo presente solo sul parietale sinistro. Tra le varianti anatomiche si registra
inoltre la presenza di forami sopraorbitari doppi sia a destra che a sinistra.
Si nota l’entesopatia a carico delle aree d’inserzione dei muscoli della regione posteriore del collo
(torus occipitalis), ed in particolare del muscolo trapezio, il cui sovraccarico funzionale è
generalmente conseguente al trasporto di pesi tenendo le braccia distese ai lati del tronco.
Sul tavolato interno di entrambe le ossa parietali sono visibili granulazioni del Pacchioni.
Per quanto riguarda la colonna vertebrale, un visibile orletto osseo circonda la faccia ventrale del
dente dell’epistrofeo, segno di una possibile artrosi atlo-odontale. Osteofiti angolo-somatici sono
presenti sulla quinta vertebra cervicale (quasi ad indicare una artrosi generalizzata del tratto
cervicale), sulle vertebre toraciche e lombari.
Si registra l’ossificazione delle cartilagini costali, sia sul margine costale che sternale. L’artrosi
dell’articolazione acromio-clavicolare è dimostrata dall’alterazione della faccetta articolare
dell’estremità laterale delle clavicole, che si articolano all’estremità dell’acromion della scapola.
Questa condizione patologica può essere indicativa di una sofferenza del cingolo scapolare.
L’omero destro mostra un’ipertrofia dell’area d’inserzione del muscolo deltoide, generalmente
conseguente ad un sovraccarico funzionale, monotono e costante, del braccio destro quando
impiegato in movimenti di sollevamento verso l’alto.
Sull’emibacino destro si notano segni atrofici di lieve entità a carico della faccetta auricolare.
Il calcagno destro presenta la metaplasia ossea del tratto distale del tendine di Achille (cosiddetto
calcar achilleo); si tratta di una entesopatia generalmente legata alla sofferenza da sovraccarico del
suddetto tendine.
L’indagine paleopatologica ha rilevato alterazioni scheletriche, quali le granulazioni del Pacchioni,
l’ossificazione delle cartilagini costali e l’artrosi della colonna vertebrale, correlabili all’età matura
di San Timoteo. Tuttavia quest’ultima patologia potrebbe essere la conseguenza anche di uno stile
di vita “dinamico”, contraddistinto da attività fisiche che sovraccaricano in particolare le spalle e le
braccia.
Restauro e conservazione
Il calvario e gli elementi ossei dello scheletro post-craniale sono stati impregnati con paraloid al
3%, che, penetrando in profondità all’interno del tessuto osseo spugnoso, ha permesso di
consolidare anche i frammenti ossei più fragili e delicati.
La disinfezione delle reliquie è stata effettuata mediante formaldeide al 40%, sostanza antibatterica
ed antifungina, in grado di bloccare anche l’attività degli insetti xilovori.
La disidratazione delle ossa è stata realizzata ponendole in forno a 37°C per 24 ore.
Dopo i trattamenti di consolidamento, disinfezione e disidratazione il cranio è stato ricollocato
all’interno della originaria urna in argento. L’urna, con il calvario al suo interno, è quindi stata
collocata all’interno di una piccola cassa in vetro (Fig. 5), a tenuta stagna ed atmosfera controllata,
all’interno della quale è stata realizzata un’atmosfera controllata composta da azoto e caratterizzata
da ridotta umidità relativa (inferiore al 40%) e bassa pressione parziale di ossigeno. Il gas anidro di
azoto è stato introdotto nella teca attraverso dei rubinetti in vetro fissati alla sua base. In questo
modo, all’interno della teca è stato realizzato un ambiente in grado di bloccare ogni forma di attività
biologica di tipo aerobico.
Fig. 5 Teca in vetro contenente l’originaria urna in argento con il calvario di san Timoteo al suo
interno.
Gli elementi ossei dello scheletro post-craniale sono stati conservati in una teca in vetro diversa,
separatamente da quella nella quale è stato posto il calvario.
Gli elementi ossei dello scheletro post-craniale sono stati fissati su un piano in vetro mediante
paraffina ad alta fusione (70°C). Il piano è stato quindi introdotto e fissato con silicone all’interno di
una teca in vetro a tenuta stagna, appositamente realizzata (Fig. 6).
Fig. 6 Teca in vetro contenente i resti post-craniali di san Timoteo, vista dal lato nel quale sono stati
inseriti i rubinetti in vetro per l’immisssione di gas di azoto anidro.
In un angolo della teca è stato inoltre posizionato un piccolo contenitore in vetro nel quale sono
state conservati tutti i minuti frammenti ossei, che non è stato possibile riposizionare durante lavoro
di restauro degli elementi ossei più grandi (Fig. 7).
Fig. 7 Piccolo contenitore in vetro con i resti frammentari di san Timoteo, all’interno della nuova
teca.
Così come per il calvario, all’interno della teca è stato fatto circolare gas anidro di azoto, in modo
da ridurre la pressione parziale di ossigeno e l’umidità relativa, creando condizioni ambientali non
idonee alle forme di vita aerobiche in grado di attaccare e degradare le reliquie (Fig. 8).
Fig. 8 Fase di immissione del gas di azoto anidro all’interno della teca in vetro.
La teca in vetro è stata imbricata con un telaio in alluminio (Fig. 9), per poi essere calata all’interno
di una seconda e più ampia teca in legno e vetro. Il telaio in alluminio è stato fissato al fondo in
legno mediante bulloni. Infine la teca esterna è stata chiusa con un coperchio alla cui sommità vi è
la statua di San Timoteo in posizione supina (Fig. 10).
Fig. 9 La teca in vetro con il telaio in alluminio.
Fig 10. Teca esterna in legno e vetro con al suo interno la nuova teca a tenuta stagna con le reliquie
(A) ed il coperchio con la statua di di San Timoteo (B).
La teca con i resti post-craniali è attualmente conservata all’interno dela Cattedrale di Termoli,
mentre la teca contenente il cranio è stata collocata all’interno di una nicchia nella dimora vescovile
annessa alla Cattedrale stessa.
Bibliografia
Biasutti R. (1967): Le razze e i popoli della Terra. – vol. I, UTET, Torino.
Bondioli, L. Formenti, D & Salvadei L. (1994): Metodologie di analisis quantitativa di resti umani
combusti. Bullettino di Paletmìnologia Italiana 85, 385-398.
Birkby W.H. (1976): Cremated Human Remains. In: E.W. Haury (Ed.): The Hohokam: Desert
farmers and Craftsmen, pp. 380-384. University of Arizona Press, Tucson, AZ.
Ferembach, D. Schwidetzky, I. & Stloukal, M. (1979): Recommandations pour determiner l’age et
le sexe sur le squelette. - Bulletin et Mémoires de la Société d’Anthropologie de Paris. 6, 7-45.
Meindel, R.S. & Lovejoy, C.O. (1985): Ectocranial suture closure a revised method for the
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68, 57-66.
Olivier G. (1960): Pratique anthropologique. - Vigot Fréres, Paris.
Sjǿvold, T. (1990): Estimation of stature from long bones utilizing the line of organic correlation. Hum Evol. 5, 431-447.
Trotter, M. & Gleser, G.C. (1952): Estimation of stature from long bones of American whites and
Negroes. - Amer J Physical Anthropology. 10, 463-514.
Trotter, M. & Gleser, G.C. (1958): A re-valuation of estimation based on measurements of stature
taken during life and of long bones after death. Amer J Physical Anthropology. 16, 79-123.
White, T.D. (2000): Human Osteology. - Academic Press, San Diego.
Chieti, 18 luglio 2009
Prof. Luigi Capasso
Prof. Ruggero D’Anastasio
Centro Museale di Ateneo
Sezione di Antropologia
Piazza Trento e Trieste, 1
66100 Chieti
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