PATHOLOGICA 2005;97:73-77 ARTICOLO DI AGGIORNAMENTO Cellule staminali tumorali: la malattia neoplastica da un altro punto di vista Cancer stem cells: the neoplastic disease from a different view point P.G. NUCIFORO, F. FRAGGETTA1 Molecular Pathology Unit IFOM, Istituto FIRC di Oncologia Molecolare, Milano; 1 Anatomia Patologica, Ospedale Cannizzaro, Catania Parole chiave Cellula staminale • Cellula staminale tumorale Introduzione Gran parte del dibattito sulle cellule staminali (CS) si concentra sugli aspetti più o meno etici dell’origine embrionale di tali elementi e sulle possibilità di manipolazione degli stessi per la riparazione di tessuti danneggiati. Tuttavia, di recente, particolare attenzione è stata dedicata all’applicazione dei principi biologici di staminalità in campo oncologico 1-6. Ad oggi uno dei principali obiettivi del mondo scientifico è rappresentato dall’identificazione del tipo cellulare responsabile delle malattie neoplastiche, della loro crescita nel tempo, della progressione e metastatizzazione. Le CS, in virtù della loro illimitata capacità replicativa e della loro “lunga” vita, potrebbero rappresentare il candidato ideale come cellula di origine delle neoplasie e, di conseguenza, il bersaglio terapeutico per l’eradicazione del tumore. In questa breve review verranno rapidamente trattate le caratteristiche biologiche delle CS, verrà discussa l’esistenza di una CS tumorale, la “cancer stem cell theory” e l’eventuale ruolo del patologo in questo nuovo scenario. La cellula staminale: definizione e caratteristiche biologiche Le CS, come classicamente definite, sono cellule dotate di due caratteristiche principali: sono capaci di autogenerarsi (caratteristica nota come “self-renew”) e di generare cellule figlie, o cellule progenitrici (CP o cellule transit), destinate a differenziarsi verso svariati tipi cellulari e quindi a dar vita a tessuti e organi, come i muscoli, il cuore, il fegato, le ossa ecc. 7 8. Tale capacità Key words Stem cell • Cancer stem cell differenziativa può essere totipotente (cellule staminali embrionali), quando un’unica cellula è in grado di dare origine a tutti i tipi di tessuto; multipotente (per es. le cellule progenitrici della linea ematopoietica), quando da origine ad alcuni tipi cellulari, ed unipotente, quando da una cellula origina un solo tipo cellulare. Il mantenimento del comparto staminale e della sua progenie è possibile grazie all’abilità di ogni CS di andare incontro a due tipi di divisione cellulare, definiti asimmetrica e simmetrica 5-9. Nella prima modalità una cellula staminale genera una cellula identica a se stessa ed un’altra più differenziata (CP). Quell’identica provvede all’automantenimento del comparto staminale; quella diversa, attraverso svariati passaggi differenziativi e divisioni cellulari, dà luogo infine ad una popolazione cellulare matura. Nella divisione simmetrica, invece, la cellula staminale genera due cellule figlie identiche, una delle quali mantiene la caratteristica di CS e l’altra può successivamente acquisire la capacità di CP. Ne scaturisce che le CS possono ampliare il loro comparto utilizzando la divisione simmetrica e non indirizzando nessuna delle cellule figlie verso le CP. Le CS possono essere divise in due classi funzionali: la prima rappresentata da cellule adibite al rinnovo tissutale, la seconda rappresentata da CS che sono attivate solo in condizioni particolari. Nel primo caso – ad esempio nel midollo osseo, cute ed intestino – le cellule staminali hanno il ruolo di sostituire le cellule terminalmente differenziate, una volta che queste maturano e muoiono o sono eliminate (vedi ad esempio attraverso la superficie cutanea). Ne risulta che tali CS sono sempre attive sebbene a bassa attività. Nel secondo caso, come avviene ad esempio nella riparazione tissutale, esse sono attivate solo a seguito di stimoli e sono capaci di rimpiazzare il tessuto danneggiato o andato perduto. Corrispondenza Dr. Paolo Giovanni Nuciforo, Unità di Patologia Molecolare, IFOM, Istituto FIRC di Oncologia Molecolare, Via Adamello 16, 20139 Milano, Italy - Tel. +39 02 574303603 - Fax +39 02 574303231. P. NUCIFORO, F. FRAGGETTA 74 La capacità di una CS o di una CP di produrre cellule figlie che esprimono diversi fenotipi maturi è detta plasticità. La plasticità consente ad esempio ad una CS impiantata in tessuti già differenziati, di dar luogo a tipi cellulari non presenti nel tessuto di origine della CS stessa. Così, ad esempio, una CS del midollo osseo può dare origine ad una cellula epatica, cardiaca o nervosa. Questa capacità (detta transdifferenziazione) è strettamente dipendente dalle influenze del microambiente in cui la CS si trova a crescere. La produzione di fattori di crescita e di differenziazione da parte delle cellule del nuovo microambiente (per lo più cellule della matrice extracellulare) sembra determinante per il destino della CS 10 11. Tuttavia, alcuni ricercatori sostengono che tale processo derivi piuttosto dalla fusione di una cellula staminale o della sua progenie con una cellula di un altro organo 5 12-14. ziare il processo di differenziazione sono stati individuati geni quali Oct-4,Wnt/b-catenina, Notch, BMP, chinasi della famiglia Janus ecc. La perdita, le mutazioni, attivazioni, alterati funzionamenti di tali sistemi, necessari per una normale organogenesi, sono stati riportati strettamente correlati a sviluppo e progressione di molti tumori, come ad esempio quello del colon, della mammella, delle leucemie 22-27. In conclusione, l’esistenza di similitudini tra i meccanismi molecolari che controllano la proliferazione e la differenziazione delle CS e dei tumori, di per sé rappresenta solo una prova indiretta, seppur prova, di una relazione tra CS e cancro. Se davvero esiste una CS tumorale e se i tumori insorgono da essa è oggetto di dibattito, anche se recenti pubblicazioni sembrano supportare tale scenario. Cellule staminali e ciclo cellulare La cellula staminale tumorale (CST) La comprensione dei fattori che controllano la crescita delle CS e la loro capacità differenziativa potrà sicuramente far luce su quelli che sono i meccanismi di un’eventuale trasformazione neoplastica delle stesse e quindi suggerire nuovi approcci terapeutici. La capacità espansiva delle CS è sotto il controllo di costrizioni genetiche necessarie ad impedire un’espansione illimitata di questo compartimento 15-17. L’espansione illimitata, associata all’abilità delle cellule staminali di entrare in circolo (in poche parole, di “metastatizzare”) 12, si tradurrebbe, infatti, nella creazione di un fenotipo cellulare con caratteristiche biologiche sovrapponibili a quelle di una cellula neoplastica, eccezion fatta della capacità di invasione dei tessuti. In genere, la percentuale di CS in vivo proliferanti è nettamente inferiore a quella delle CP. Nel sistema emopoietico un incremento della divisione cellulare delle cellule staminali si verifica in particolari condizioni come ad esempio dopo trapianto o deplezione delle cellule in ciclo cellulare. Tuttavia la relativa quiescenza delle cellule staminali emopoietiche sembra essere essenziale per prevenirne una prematura scomparsa in corso di stress fisiologici 18. Tuttavia non sono ancora del tutto noti quali siano i segnali, extra- ed intracellulari che stabiliscono quale CS debba rimanere quiescente, quale e quando debba entrare in ciclo cellulare, quale rimanga CS o venga indirizzata verso una linea differenziativa. Ancor di più, esistono teorie che non prevedono necessariamente l’esistenza di una CS in tutti gli organi: tali teorie suggeriscono che esistono cellule con capacità simil-staminale, verosimilmente attivata dal microambiente che le circonda 10. Le attuali conoscenze della biologia delle cellule staminali si devono principalmente agli studi di ematologia ed oncoematologia sia per la facilità di accesso al sangue periferico e al midollo sia per tutti gli studi che sono stati condotti nei trapianti in ambito ematologico 19-21. Tra i geni che controllano i segnali necessari per stabilire quale cellula debba rimanere una CS e quale ini- Il termine CST definisce una cellula neoplastica capace di autorigenerarsi, cioè di dare origine ad un’altra cellula uguale a se stessa come anche generare una popolazione cellulare neoplastica più differenziata con capacità non-tumorigenica. Il concetto di cellula staminale tumorale nasce dall’osservazione che il processo di tumorigenesi ha molte similitudini con quello di organogenesi, dove una singola popolazione cellulare è in grado di orchestrare l’accrescimento e la differenziazione di un tessuto neoformato. La differenza sta nel fatto che nel tumore il normale programma organogenetico è alterato con la conseguente generazione di un “organo abnorme” contenente una popolazione di cellule tumorigeniche (o CST) responsabili della crescita tumorale, del mantenimento del compartimento staminale neoplastico e della sua progenie non-tumorigenica, che costituisce la massa del tumore, ma è priva di quelle caratteristiche proprie delle CST 28-30. Diverse osservazioni cliniche suggeriscono che il modello staminale, con il contributo dell’instabilità genetica e dei fattori ambientali, sarebbe il principale responsabile della estrema eterogeneità osservata nei tumori 31. Esistono davvero le CST? La scoperta che solo una piccola parte delle cellule tumorali nel contesto di una neoplasia ha capacità “clonogeniche” quando messe in coltura o iniettate in topi immunodeficienti ha portato il mondo scientifico a considerare la possibilità dell’esistenza delle CST 27-29 32. Pionieristici in questo ambito sono stati gli studi sulle leucemie ed in particolare sulle leucemie mieloidi acute (LMA). È stato possibile identificare e purificare dal midollo osseo di diversi pazienti una sottopopolazione di cellule leucemiche con capacità tumorigenica 33 34. Più recentemente Matsui et al. 35 hanno dimostrato la presenza di una sottopopolazione staminale mielomatosa anche nell’ambito dei mielomi multipli. Gli Auto- CELLULE STAMINALI TUMORALI ri hanno isolato, in un mieloma CD138+ (antigene di differenziazione plasmacellulare maturo), una piccola popolazione di cellule CD138- con la peculiare capacità di attecchire una volta impiantata in topi immunodeficienti e di generare una popolazione di cellule CD138+ con la stessa restrizione di catene leggere osservata nel tumore primitivo da cui erano state isolate. L’isolamento di cellule neoplastiche con capacità tumorigenica e di cellule non-tumorigeniche dal carcinoma della mammella ha rappresentato la prima evidenza dell’esistenza delle CST anche nell’ambito dei tumori solidi 1 2. Da uno studio di Al-Hajj et al. 1 su un modello “xenograft” è infatti emerso che solo un sottogruppo di cellule di carcinoma della mammella caratterizzate da un fenotipo CD44+CD24-/low (pari allo 0,1-1% dell’intera popolazione tumorale) aveva la capacità di formare un nuovo tumore quando iniettate nei topi. In seguito a passaggi seriali, questo sottogruppo di cellule era in grado di rigenerare nuovi tumori contenenti una quota addizionale di cellule tumorigeniche con lo stesso fenotipo CD44+CD24-/low mista ad una popolazione fenotipicamente eterogena, suggerendo che tali cellule possiedono quindi le caratteristiche biologiche di staminalità. Ancora più recentemente, due gruppi di ricerca hanno dimostrato che anche i tumori pediatrici di origine neuronale contengono una piccola popolazione di cellule clonogeniche in vitro 6 36. Il numero di cellule clonogeniche capaci di formare sfere variava dall’1 al 25% delle cellule tumorali. Cellule individuali separate dalle neurosfere erano capaci di formare nuove neurosfere in seguito a passaggi seriali in colture cellulari, dimostrando la capacità di autorigenerarsi tipica delle cellule staminali. Quando tali cellule venivano isolate in base all’espressione del CD133, un marker delle cellule staminali neurali normali, solo le cellule CD133+ erano capaci di riformare sfere. Questi studi suggeriscono che i tumori del SNC di origine neurale contengono una popolazione di cellule neoplastiche con caratteristiche staminali. Implicazioni del modello staminale in campo oncologico Se la stessa popolazione di cellule che è tumorigenica in vitro o sui modelli animali dovesse risultare tumorigenica anche nell’uomo, le implicazioni sull’attuale metodo di studio, diagnosi e trattamento delle neoplasie sarebbero notevoli. Le attuali strategie terapeutiche considerano il tumore come costituito da una popolazione cellulare omogenea, non tenendo conto quindi delle potenziali differenze in termini di sensibilità e/o di espressione del target di riferimento tra le CST e la restante popolazione tumorale. L’inabilità dei chemioterapici correntemente utilizzati nell’eradicare le neoplasie potrebbe essere spiegata dalle differenze esistenti nelle popolazioni cellulari all’interno di uno stesso tumore. 75 Uno dei parametri clinici di risposta alla terapia è rappresentato dalla riduzione della massa tumorale. Tuttavia, dato che in molti tumori le CST rappresentano la minoranza della popolazione neoplastica e che gli agenti terapeutici ad oggi usati agiscono sulla maggioranza delle cellule tumorali, il rischio che il chemioterapico possa risparmiare un significativo numero di CST è elevato parimenti al conseguente rischio di riformare il tumore localmente e/o a distanza. A favore di questa ipotesi, recenti studi hanno dimostrato una ridotta sensibilità alla danorubicina e citarabina delle cellule leucemiche con fenotipo CD34+CD38- rispetto all’intera popolazione blastica 37 38. Inoltre, la terapia potrebbe avere un effetto indirettamente promotore sulla crescita delle CST. È ipotizzabile che dato la stretto scambio di messaggi tra CST e restanti cellule tumorali, la distruzione di quest’ultima popolazione da parte del chemioterapico possa indurre una modificazione nei meccanismi di controllo e di crescita del compartimento staminale tali da favorirne l’espansione. Il modello staminale ha potenzialità per l’identificazione di futuri target terapeutici. I profili di espressione delle cellule staminali normali e quelli della loro progenie più differenziata possono essere estremamente differenti 39. Gli studi dei profili di espressione genica tramite i microarrays si sono fino ad oggi focalizzati sull’analisi dell’intera popolazione neoplastica rendendo improbabile l’identificazione di geni caratteristici della sottopopolazione di CST che rappresenta meno dell’1% dell’intera massa. L’identificazione di nuovi marker diagnostici e target terapeutici dovrebbe quindi passare attraverso lo studio dei profili di espressione delle CST. Il ruolo del patologo La dimostrazione dell’esistenza delle CST avrà come effetto immediato quello di cambiare l’attuale approccio alla malattia neoplastica sia in termini di diagnosi e prognosi, sia per il trattamento. Le figure professionali coinvolte nella gestione del paziente neoplastico dovranno modificare il loro punto di vista ed il modo di approcciarsi al tumore. La rivoluzione genomica ha già modificato il ruolo del patologo. Nella nostra pratica quotidiana, la formulazione di una corretta diagnosi non è più sufficiente a garantire al paziente tutte le informazioni necessarie per la prognosi ed il trattamento da seguire. La valutazione dell’espressione di markers molecolari quali l’erbB2 per il carcinoma della mammella e il c-Kit per i tumori stromali gastrointestinali rappresentano oggi un elemento chiave per il corretto management del paziente. Tuttavia, l’analisi immunoistochimica e/o molecolare di tali markers viene eseguita secondo un modello stocastico di neoplasia, cioè considerando il tumore come costituito da una popolazione omogenea di cellule. Se invece all’interno del tumore esiste realmente una gerarchia, dove le pur poche CST rappresentano la componente base dello P. NUCIFORO, F. FRAGGETTA 76 sviluppo e del mantenimento della neoplasia, stiamo forse concentrando i nostri sforzi verso bersagli non del tutto corretti 40. L’estrema eterogenità morfologica di un tumore (aspetto ben noto all’anatomopatologo) associata alla eterogeneità molecolare evidenziabile dalla variabilità di espressione di markers proliferativi, differenziativi ed oncogenici, rende a tutt’oggi estremamente difficile, se non impossibile, una corretta identificazione della cellula tumorale con fenotipo staminale. Conclusioni La presenza di CST all’interno delle neoplasie è una questione aperta, nonostante i recenti risultati ottenuti in vitro ed in vivo. Rimane ancora da chiarire se la capacità tumorigenica sia realmente una peculiarità di un ristretto gruppo di cellule neoplastiche o è posseduta da tutte le cellule all’interno di un tumore ma, in presenza di particolari circostanze in cui le cellule tumorali si vengono a trovare in vitro e/o in vivo (in agar, in xenograft), solo alcune di esse la manifestano 41. Qualora nuove definitive prove della loro esistenza venissero fornite dai sistemi sperimentali, ulteriori domande richiederanno una risposta 2. Le CST originano da una cellula staminale o da una cellula progenitrice normali? La progressione neoplastica è determinata da un’espansione del compartimento staminale neoplastico? La quantità di CST in un tumore ha un significato prognostico? Le mutazioni oncogeniche interessano le CST, la loro progenie non-tumorigenica, o entrambe? Sarà possibile sviluppare farmaci efficaci contro le CST senza allo stesso tempo arrecare danno alla popolazione staminale adulta normale? L’approfondimento dei pathways molecolari che regolano l’autorigenerarsi delle cellule staminali normali probabilmente ci consentiranno anche la comprensione della complessità dei meccanismi regolativi delle staminali tumorali fornendoci la risposta a queste stimolanti domande. Bibliografia 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Al-Hajj M, Wicha MS, Benito-Hernandez A, Morrison SJ, Clarke MF. Prospective identification of tumorigenic breast cancer cells. Proc Natl Acad Sci USA 2003;100:3983-8. Al-Hajj M, Clarke MF. Self-renewal and solid tumor stem cells. Oncogene 2004;23:7274-82. Galli R, Gritti A, Bonfanti L, Vescovi AL. Neural stem cells: an overview. Circ Res 2003;92:598-608. Galli R, Binda E, Orfanelli U, Cipelletti B, Gritti A, De Vitis S, et al. Isolation and characterization of tumorigenic, stem-like neural precursors from human glioblastoma. Cancer Res 2004;64:7011-21. Sell S. Stem cell origin of cancer and differentiation therapy. Crit Rev Oncol Hematol 2004;51:1-28. 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